Determinanti di genere nella scelta della carriera: un

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Determinanti di genere nella scelta della carriera: un
Dottorato di ricerca in
PSICOLOGIA DELL’ORIENTAMENTO
E DEI PROCESSI D’APPRENDIMENTO
XXIV Ciclo
Coordinatore Prof. Fiorenzo Laghi
A.A. 2009/2010
Dottoranda: Dott.ssa Concetta Simona Nigito
Tutor:
Co-Tutor:
Prof.ssa Valeria Schimmenti
Prof.ssa Lina Pezzuti
Prof.ssa Simona De Stasio
Determinanti di genere nella scelta della carriera:
un’indagine sul sessismo familiare
1
Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità,
bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine
e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.
Rita Levi Montalcini
2
Indice
- Introduzione.......................................................................p. 5
- Capitolo 1: Genere e sessismo
1.1 Stereotipi e pregiudizi......................................................p.7
1.2 Stereotipi di genere..........................................................p.10
1.3 Il sessismo ambivalente...................................................p.11
- Capitolo 2: La costruzione della carriera dell’adolescente
2.1. Gli interessi.....................................................................p.23
2.1.1. La costruzione dell’identità personale e professionale:
il modello di Gottfredson..............................................p.24
2.2. Il contesto familiare........................................................p.26
2.3. Le interazioni genitori-figli.............................................p.27
2.4. L’influenza del sessismo nelle scelte universitarie.........p.29
2.5. Le competenze scolastiche e le aspirazioni di carriera...p.32
2.6. Decision-making: decisione ed indecisione....................p.35
- Capitolo 3: Il contesto familiare
3.1. Differenze di genere nelle pratiche di socializzazione.....p.39
3.2. Il ruolo dei genitori nella trasmissione del sessismo........p.42
3.3. Le aspettative dei genitori.................................................p.45
- Capitolo 4: La ricerca
4.1. Obiettivi e ipotesi..............................................................p.50
4.2. Metodo..............................................................................p.55
4.2.1. Soggetti............................................................................p.55
4.2.2. Strumenti e procedure di somministrazione....................p.56
4.2.3. Analisi dei dati.................................................................p.60
4.3. Risultati..............................................................................p.62
3
- Conclusioni..............................................................................p.70
- Bibliografia..............................................................................p.75
- Appendice (allegati degli strumenti utilizzati).....................p.89
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Introduzione
Il presente lavoro nasce all’interno del percorso del dottorato di ricerca in
Orientamento e dei processi dell’Apprendimento, dall’interesse per lo studio delle
differenze individuali rispetto alle scelte dell’adolescente riguardo al proprio futuro.
In particolare, ci si focalizza sullo studio di un particolare fattore che potrebbe
influenzare la scelta di un percorso piuttosto che un altro: il sessismo, inteso
generalmente come l’insieme di credenze pregiudizievoli basate sul genere della
persona. Ci si pone l’obiettivo di verificare se e quanto questo fattore possa essere
trasmesso dai genitori e quanto possa influenzare il pensiero dell’adolescente, anche
rispetto ai propri interessi e al proprio livello di decisione.
Nel primo capitolo si parte ovviamente dagli assunti di base per differenziare lo
stereotipo dal pregiudizio e nello specifico si analizza il concetto di sessismo
ambivalente, una delle forme di sessismo che mostrano la complessità degli
stereotipi verso le donne, descritto da Glick e Fiske (2001). Vengono citate molte
ricerche in letteratura finalizzate a dimostrare come il sessismo ambivalente sia
presente nelle varie culture, nelle sue diverse sfaccettature.
Per capire quali tappe deve affrontare un adolescente per arrivare ad effettuare
una scelta consapevole, nel secondo capitolo si affrontano vari fattori che riguardano
questa fase, come ad esempio la definizione degli interessi. Tra le varie teorie
dell’orientamento che hanno descritto i processi evolutivi e psicologici riguardanti il
periodo in cui si costruisce l’identità personale e professionale, si fa riferimento a
quella di Gottfredson, la cui idea fondamentale è che l’essere umano, man mano che
si sviluppa dall’infanzia all’adolescenza, si forma una mappa cognitiva delle
professioni all’interno della quale circoscrive quelle che gli interessano; poi, in
funzione delle opportunità che coglie, effettua “compromessi”, la cui “logica” resta
la stessa per tutta la vita. In questo intreccio di variabili non va dimenticato il
supporto genitoriale, il contesto socio-culturale nel quale vive l’adolescente, il tipo di
interazione che instaura con i genitori. Molti studi si sono occupati di valutare il tipo
di scelta effettuata dall’adolescente rispetto all’ideologia sessista e al tipo di carriera
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da intraprendere. Anche le competenze scolastiche possono avere un ruolo più o
meno determinante durante la fase di decision making, la quale può risultare
complicata e non del tutto lineare.
Proprio per questo le figure di riferimento più vicine, quali sono i genitori,
possono in qualche modo indirizzare le scelte dei figli, magari indirettamente,
avendoli influenzati dal punto di vista culturale e ideologico, preferendo per loro
un’attività piuttosto che un’altra, creando delle aspettative nei confronti del futuro
dei loro figli in relazione al genere. Le pratiche di socializzazione sono alla base di
ogni comunità e all’origine dell’ideologia di pensiero e azioni umane, così da non
poter sfuggire dal plasmare il soggetto secondo un certo tipo di cultura e di mentalità.
La trasmissione del sessismo, dunque, viene veicolata insieme al passaggio di altre
informazioni, all’interno del nucleo comunitario nel quale il soggetto vive.
Partendo da queste nozioni teoriche e dalle evidenze empiriche di numerose
ricerche che in tutto il mondo hanno valutato in che modo il sessismo possa
influenzare la scelta futura di un soggetto, il quarto capitolo presenta uno studio
esplorativo al quale hanno preso parte 608 studenti dell’ultimo anno di scuole
superiori e i rispettivi genitori, tutti del centro Italia. La singolarità della ricerca è
rappresentata dal fatto che sono stati utilizzati due questionari recenti per valutare il
sessismo, e quindi idonei al contesto socio-culturale che si evolve, il Social Roles
Questionnaire (Baber, Tucker, 2006) e le Classical and Modern Sexism Scales
(Ekehammar, Akrami, Araya, 2000), e che questi sono stati somministrati
contemporaneamente sia agli adolescenti che ai rispettivi genitori, permettendo così
una valutazione bilaterale del sessismo. Vengono inoltre analizzati anche gli interessi
degli adolescenti, nonché il livello di decisione raggiunto rispetto alla scelta della
carriera. Attraverso le opportune analisi statistiche si discutono i risultati alla luce
della letteratura nazionale e internazionale, mettendone in luce i punti di forza e i
limiti.
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Capitolo 1
GENERE E SESSISMO
1.1 Stereotipi e pregiudizi
Lo stereotipo è, nell'uso moderno, la visione semplificata e largamente
condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di
persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto
e schematico che può avere un significato neutrale o negativo e, in questo caso,
rispecchia talvolta l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi. La parola
stereotipo (greco steròs = “rigido” e týpos = “impronta”) proviene dal linguaggio
verbale tipografico, ed indicava il nome dato agli stampi di cartapesta dove viene
fatto calare il piombo fuso; essi possono essere utilizzati molte volte e le loro
caratteristiche
principali
sono
la
fissità,
la
rigidità
e
la
ripetitività .
L'introduzione nelle scienze sociali del concetto di stereotipo si deve al giornalista
Lippmann (1992). Egli sostiene che il rapporto conoscitivo con la realtà esterna non
è diretto, bensì mediato dalle immagini mentali che di quella realtà ciascuno si
forma, in ciò fortemente condizionato appunto dalla stampa, che andava allora
assumendo i connotati moderni della comunicazione di massa. Secondo Lippmann,
gli stereotipi sono parte della cultura del gruppo a cui appartiene e come tali vengono
acquisiti dai singoli e utilizzati per comprendere la realtà. Gli stereotipi svolgono per
l'individuo una funzione di tipo difensivo: contribuendo al mantenimento di una
cultura e di determinate forme di organizzazione sociale essi garantiscono
all'individuo la salvaguardia delle posizioni da lui acquisite. Tali stereotipi possono
però diventare stereotipi sociali solo quando vengono condivisi da grandi masse di
persone all'interno dei gruppi sociali (condivisione sociale). In sintesi per stereotipo
si intende un insieme di opinioni su una classe di individui, di gruppi o di oggetti e
che emettono un giudizio. Data una certa immagine negativa del gruppo, si può
essere convinti che pressoché tutti gli individui di quel gruppo possiedano tali
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caratteristiche nella stessa misura (livello di generalizzazione). Si può ritenere che
essi siano difficilmente mutabili (rigidità degli stereotipi), in quanto ancorati nella
cultura o nella personalità. Secondo Allport (1954), lo stereotipo nasce dalla
combinazione
di
processi
di
categorizzazione
e
generalizzazione.
La
categorizzazione è quel processo secondo cui gli individui ordinano mentalmente il
loro mondo sociale, riducendo la quantità di informazioni con cui si confrontano.
Questo processo mentale permette di raggruppare persone, oggetti ed eventi simili o
equivalenti. Le categorie vengono utilizzate dagli esseri umani per mettere in
evidenza analogie e differenze che ci interessano. I processi di categorizzazione, una
volta strutturati, tendono a rimanere stabili e possono condizionare la percezione e
l’elaborazione delle successive informazioni che provengono dall’esterno. Questa
stabilità è dovuta in parte alla condivisione sociale del sistema di categorie, e in parte
al fatto che alla categorizzazione viene associata una connotazione affettiva e
valutativa. Per generalizzazione si intende quel meccanismo per cui determinate
osservazioni fatte in un determinato contesto vengono estese ad un’ampia serie di
situazioni. Gli stereotipi, quindi, possono essere considerati delle scorciatoie che
guidano i nostri giudizi, di cui siamo spesso inconsapevoli.
Secondo Taylor e
Moghaddam (1994) gli stereotipi sono un processo collettivo, in quanto solo quando
vi è un accordo tra i membri di un gruppo sulle caratteristiche di un altro gruppo, un
attributo può far parte di uno stereotipo. Gli stereotipi, in sintesi, riguardano le
percezioni di un gruppo su un soggetto sociale e non le percezioni di un individuo
singolarmente. Diversi studi hanno dimostrato che in generale percepiamo come
maggiormente rilevanti e ricordiamo più facilmente le informazioni che concordano
con gli stereotipi che abbiamo interiorizzato (Arcuri, Castelli, 2000); invece
tendiamo a dimenticare le informazioni che non coincidono con lo schema di genere
interiorizzato o a distorcerle (Martin, Halverson, 1981). Gli stereotipi, secondo la
social cognition, hanno un importante ruolo nell’elaborazione delle informazioni.
Questo meccanismo è definito da Mazzara (1996) come una tendenza alla conferma
delle ipotesi. Una volta formulata una certa ipotesi, il processo di raccolta
d’informazioni è in qualche modo condizionato dall’ipotesi stessa che gode del
vantaggio di essere psicologicamente presente. Le informazioni che avvalorano
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l’ipotesi sono in qualche modo più evidenti perché fanno parte di uno schema già
posseduto, mentre le altre ipotesi necessiterebbero di un maggior lavoro cognitivo in
quanto dovrebbero essere prima formulate e successivamente verificate. Spesso,
quindi, i dati contrastanti rispetto allo schema cognitivo interiorizzato sono
dimenticati o considerati irrilevanti. Un altro fenomeno che contribuisce alla
riproduzione e rigidità degli stereotipi sono le profezie che si auto-adempiono. Le
persone, interagendo con gli altri sulla base delle proprie aspettative, finiscono per
fare in modo che esse si realizzino, interpretando la realtà alla luce di tali aspettative
(Mazzara, 1996). Gli stereotipi si perpetuano perché si attivano anche secondo
modalità fortemente automatiche. I processi di pensiero automatici si realizzano
senza che il soggetto si impegni in uno sforzo intenzionale, senza che egli ne sia
consapevole, senza che sia in grado di controllarne il flusso, quando richiedono un
minimo investimento di risorse cognitive (Bargh, 1994).
Cosa è che distingue uno stereotipo da un pregiudizio? La linea che differenzia
i due concetti è sottile. Il concetto di stereotipo è strettamente connesso con quello di
pregiudizio. In pratica esso costituisce quello che possiamo indicare come nucleo
cognitivo del pregiudizio. Al pregiudizio possiamo dare diverse definizioni, a
seconda del livello di generalità o di specificità che si decide di assumere. Il massimo
livello di generalità corrisponde al significato etimologico, vale a dire giudizio
precedente all'esperienza o in assenza di dati empirici, che può intendersi quindi più
o meno errato. Al massimo livello di specificità, si intende, per pregiudizio la
tendenza a considerare in modo ingiustamente sfavorevole le persone che
appartengono ad un determinato gruppo sociale (Mazzara, 1997).
Gli studi di Duckitt (2003) sottolineano come gli stereotipi di per sé non
comportino atteggiamenti pregiudiziali, perché possono contenere valutazioni
positive, negative o neutrali. Affinché si possano formare pregiudizi negativi è
fondamentale che vi sia stato un processo di categorizzazione, in quanto è solo
quando le persone non vengono più viste come individui ma sono categorizzate come
membri di un gruppo, che si possono formare stereotipi attorno ad essi e, se questi
hanno componenti cognitive e affettive negative, divenire pregiudizi. Sembra che gli
stereotipi siano formati da due dimensioni: una basata sul un giudizio di competenza,
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che attribuisce all’outgroup caratteristiche come abilità, prestigio, forza e potere
oppure incompetenza, inferiorità e debolezza. L’altra dimensione è caratterizzata da
benevolenza, calore e moralità e include attributi come essere attraenti, piacevoli,
benevoli e moralmente buoni oppure al contrario spiacevoli, falsi, immorali, malevoli
(Duckitt, 2003). Per Fiske (1998), il pregiudizio è caratterizzato soprattutto da
sentimenti negativi verso l’outgroup. La componente affettiva degli stereotipi, più
che quella cognitiva, sarebbe quella che meglio predice la tendenza a vedere in
maniera favorevole od ostile altri gruppi etnici, religiosi o nazionali (Stangor et al.,
1991).
1.2 Stereotipi di genere
Le persone categorizzano all'istante gli individui come maschi o femmine. Il
sesso è la categoria più importante con cui sono classificate le persone, più della
razza, dell'età o dell'occupazione (Fiske, Haslam, Fiske, 1991). Classificare un
individuo come “maschio” o “femmina” risveglia associazioni mentali, aspettative
legate a qualità femminili o maschili, in modi anche automatici. Tali associazioni,
infatti, sono pervasive e influenzano le persone anche quando non ne sono coscienti
(Boca, Arcuri, Zuffi, 1994).
Per “stereotipi di genere” si intendono quei meccanismi di categorizzazione ai
quali gli individui ricorrono per elaborare, interpretare e decodificare la
rappresentazione di ciò che è femminile o maschile. Gli stereotipi di genere si basano
sulla credenza che, al di là delle differenze biologiche, gli uomini e le donne abbiano
differenti caratteristiche (Schnabl, 1994). Le due categorie “maschile” e “femminile”
sono in genere nettamente distinte, caratterizzate da precise immagini mentali
socialmente condivise della differenza sessuale. Ognuno dei due costrutti è formato
da un vero e proprio sistema di credenze e concezioni riguardanti l'identità maschile
e femminile, secondo cui gli uomini e le donne dovrebbero dimostrare dei
comportamenti, atteggiamenti e tratti che sono conformi al sesso di appartenenza.
Una prima schematizzazione degli stereotipi era stata indicata da Bakan (1966)
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basata sull’agency e la communion; la prima, attribuita ai maschi, è correlata ad
esempio all’assertività e all’autoaffermazione, alla competenza e all’indipendenza,
mentre la seconda alla predisposizione alla relazione sociale, all’altruismo,
all’affettività e all’interdipendenza. Inoltre le donne coltiverebbero maggiormente
relazioni di tipo duale, mentre gli uomini relazioni sociali composte da gruppi più
ampi (relazioni di gruppo-relazione diadica). Taurino (2005) individua varie
schematizzazioni stereotipiche, tra cui la strumentalità e l’emotività; la prima,
tipicamente maschile, legata ad aspetti come l’operatività e la capacità d’azione; la
seconda, tipicamente femminile, è correlata a caratteristiche come la capacità di
comunicazione, l’emozionalità e la socialità. La maggior parte degli stereotipi di
genere sarebbe complementare, nel senso che a ogni genere vengono attribuiti un
“insieme di punti di forza che bilanciano i punti deboli e supplementano i punti di
forza dell’altro gruppo” (Jost, Kay, 2005).
Glick e Fiske (1996, 2001), sostengono che anche gli stereotipi tipicamente
positivi come l’essere gentili e accoglienti possono avere conseguenze negative per
le donne, in quanto esse generalmente vengono ritenute gentili, ma non competenti e
ciò contribuisce a favorire la disuguaglianza di genere.
Anker (1998), Melkas e Anker (2003) hanno sottolineato che gli stereotipi
femminili sia positivi (ad esempio la maggiore capacità a prendersi cura dei bambini
e degli anziani, a svolgere i lavori domestici e una maggiore abilità manuale), che
negativi (ad esempio la minore forza fisica, la minore propensione a supervisionare
gli altri, ad affrontare dei pericoli e la maggiore docilità) determinano un'immagine
della donna come inferiore in molti aspetti in confronto all'uomo, e rendono difficile
il raggiungimento di ruoli sociali di maggior prestigio e potere (Mebane, 2008).
1.3 Il sessismo ambivalente
Diverse indagini sui pregiudizi e gli stereotipi di genere hanno consentito di
individuare il sessismo inteso generalmente come l'insieme di credenze
pregiudizievoli basate sul genere della persona (Benokraitis e Feagin, 1995;
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Campbell et al., 1997; Eagly e Mladinic, 1989; Frable, 1989; Glick e Fiske, 1996;
Reid, 1988; Swim et al., 1995).
In modo più specifico, tale costrutto teorico è definito come un atteggiamento
negativo o un comportamento discriminatorio basato su una presunta inferiorità o
differenza delle donne come gruppo rispetto agli uomini (Sakalli- Ugurlu e
Beydogan, 2002). Il sessismo è sicuramente un pregiudizio, ma una speciale forma di
pregiudizio caratterizzata da una profonda ambivalenza verso le donne. Una delle
forme di sessismo che mostrano la complessità degli stereotipi verso le donne è il
sessismo ambivalente, descritto da Glick e Fiske (2001). Secondo questi studiosi, il
sessismo ambivalente è la combinazione di due fattori: il sessismo ostile e quello
benevolente. Essi mostrano come il sessismo ostile (ostilità e antipatia verso le donne
che cercano di raggiungere l’eguaglianza o il potere alle spese degli uomini) possa
coesistere con atteggiamenti positivi ma comunque stereotipici verso le donne come
il sessismo benevolente (percezione delle donne come communal e con speciali
qualità che le rendono uniche e che debbono essere protette dagli uomini forti). In
particolar modo il sessismo benevolente è legato all’idealizzazione e valutazione
positiva di una donna in ruoli tradizionali di genere (casalinga), mentre il sessismo
ostile è connesso alla valutazione negativa della donna che viola i ruoli tradizionali di
genere (femministe, donne in carriera, ecc…). In linea generale il sessismo ostile è
correlato a stereotipi negativi, mentre quello benevolente a stereotipi positivi. Quindi,
sebbene gli stereotipi femminili contengano molti tratti positivi, l'immagine che ne
deriva è quella di una donna piacevole ma incompetente in molte funzioni importanti
(ad esempio il pensiero analitico). Nonostante la positiva sensazione elicitata dal
termine, il sessismo benevolente ha le sue radici nella dominanza stereotipicamente
maschile, con delle conseguenze spesso dannose (l’uomo come il protettore e la
donna come sua dipendente). Entrambe le dimensioni del costrutto hanno origine
dalle condizioni biologiche e sociali che sono comuni alle diverse società e culture: il
patriarcato e la riproduzione sessuale (Glick e Fiske, 1996). Secondo alcuni
antropologi (Stockard e Johnson, 1992) il patriarcato (l'uomo possiede un controllo
strutturale delle istituzioni economiche, legali e politiche), è prevalente tra le culture,
a differenza del matriarcato la cui esistenza non ha caratterizzato le varie fasi della
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storia dell'umanità (Harris, 1991). Questo preconcetto verso il patriarcato è
probabilmente dovuto a diversi fattori relativi alla biologia della riproduzione
sessuale: il dimorfismo sessuale (le maggiori dimensioni e forza dell'uomo
potrebbero essere alcuni dei fattori che hanno consentito a quest’ultimo di dominare
le società preindustriali) (Harris, 1991), la tendenza dell’uomo ad avere un maggiore
orientamento dominante nella società rispetto alla donna (come risultato della
selezione naturale) (Pratto et al., 1993), e la divisione dei ruoli di genere secondo cui
la donna svolge la maggior parte dei lavori domestici (Stockard e Johnson, 1992).
Gli antropologi Guttentang e Secord (1983) hanno sottolineato che la
riproduzione sessuale attribuisce alla donna un potere diadico (potere che deriva
dalla dipendenza in due tipi di relazioni) nel senso che obbliga l’uomo a fare
affidamento sulla donna come “generatrice di bambini”, e per la soddisfazione dei
bisogni sessuali. Inoltre, l’uomo potrebbe cercare di appagare i bisogni di intimità e
vicinanza psicologica attraverso la relazione con la donna (Berscheid et al., 1989;
Derlega et al., 1985), poiché tali necessità non sono facilmente soddisfatte con gli
altri uomini che sono tipicamente in competizione tra loro per il potere e le risorse
(Harris, 1991).
Le numerose evidenze empiriche precedentemente citate dagli antropologi,
mostrano che all’interno delle società patriarcali, il potere diadico della donna è
riflesso in una particolare forma di ideologia sociale: un atteggiamento protettivo
verso la donna, venerata nel suo ruolo di madre e di moglie, e una sua idealizzazione
come oggetto d’amore. Questi sono appunto gli atteggiamenti che caratterizzano il
sessismo benevolente (Guttentang e Secord, 1983). Il grado di sessismo ostile
rispetto a quello benevolente potrebbe variare notevolmente da una società all’altra, e
riflettere la coesistenza del potere strutturale maschile e del potere diadico femminile
(Harris, 1991; Stockard e Johnson, 1992). Inoltre, anche se il sessismo benevolente
suggerisce un giudizio apparentemente positivo della donna, questo condivide dei
comuni presupposti con le credenze del sessismo ostile: la donna occupa limitati
ruoli domestici ed è il sesso “debole”. In tal senso, entrambe le dimensioni del
costrutto servono a giustificare il potere strutturale dell’uomo: le credenze del
sessismo ostile contribuiscono a creare un’immagine della donna come incompetente
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ed inadatta ad esercitare il potere economico, legale e politico; mentre il sessismo
benevolente fornisce una soddisfacente razionalizzazione della restrizione della
donna ai ruoli domestici. Quindi il sessismo benevolente potrebbe essere usato per
compensare o per legittimare il sessismo ostile nella società (Glick e Fiske, 1996).
Quest’ultimo, attraverso un sistema di ricompense e punizioni, serve a punire le
donne che non si comportano secondo i loro ruoli tradizionali, ma piuttosto sfidano il
potere e lo status maschile (le femministe). La dimensione benevolente è il premio
riservato a quelle donne che rispettano i loro ruoli tradizionali. La visibilità del
sessismo ostile lo rende facile da combattere, rispetto ai toni affettivi,
apparentemente positivi, del sessismo benevolente, che potrebbe rappresentare una
trappola per le donne, confondendo tale affetto con il rispetto e la stima (Fernàndez
et al., 2004). La teoria del sessismo ambivalente postula che il sessismo benevolente
ed il sessismo ostile formano un’ideologia integrata che giustifica e mantiene il
maggiore status e potere dell’uomo nella società e idealizza la donna che aderisce ai
ruoli sociali convenzionali (Abrams et al., 2003; Glick e Fiske, 1996; Jackman,
1994). In particolare, il sessismo benevolente, in quanto caratterizzato da toni
positivi, è approvato da un gran numero di uomini e anche di donne (Glick e Fiske,
1996; 2000). L’aspetto soggettivamente attraente del sessismo benevolente disarma
la resistenza delle donne di fronte l’elevato potere degli uomini, in quanto
quest’ultimo viene considerato come forma di protezione maschile verso il genere
femminile. Il risultato di questa concezione è il mantenimento della disuguaglianza
di genere, la giustificazione dell’avversione e denigrazione verso quelle donne che
non aderiscono ai tradizionali ruoli sessuali, e che potrebbero essere viste come
competitive con gli uomini per la conquista del potere e delle varie risorse. In altre
parole il sessismo benevolente legittima il sessismo ostile (Sibley et al., 2007).
L’analisi
proposta
da
Glick
e
Fiske
(1996)
rispetto
alla
natura
multidimensionale (ostile e benevolente) del sessismo, suggerisce che le due
dimensioni caratterizzanti il costrutto, ruotano intorno a questioni di potere sociale,
identità di genere e sessualità (come già ampiamente dimostrato dagli antropologi).
Per questo gli stessi autori hanno dichiarato che sia il sessismo ostile che il sessismo
benevolente sono formati da tre componenti: il Paternalismo, la Differenziazione di
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Genere e l'Eterosessualità. Il Paternalismo e il sessismo sono usati spesso come
sinonimi. Paternalismo letteralmente significa “relazionarsi con gli altri allo stesso
modo in cui un padre tratta i propri figli”. Questa definizione include una
connotazione di dominazione (paternalismo dominante), così come una connotazione
di affetto e protezione (paternalismo protettivo). Il paternalismo dominante vede la
donna come un adulto non pienamente competente, giustificando e legittimando la
necessità di una sovraordinata figura maschile. Il paternalismo protettivo considera
la donna come un essere da amare, da rispettare e da proteggere, e quindi dipendente
dall’uomo che riveste un maggiore potere economico e sociale. La Differenziazione
di Genere si suddivide in due categorie: la differenziazione competitiva di genere e la
differenziazione complementare di genere. La prima come il paternalismo
dominante, presenta una giustificazione sociale per il potere strutturale maschile:
solo gli uomini posseggono dei tratti che sono necessari per governare importanti
istituzioni sociali (Tajfel, 1981). La seconda tende a descrivere la donna con una
serie di tratti positivi: come oggetto d’amore, come madre e come moglie. Tale
nozione, quindi, considera la donna come portatrice di tratti favorevoli e
complementari (Eagly, 1987; Eagly e Mladinic, 1989; Peplau, 1983), che servono a
compensare quelli che stereotipicamente mancano all’uomo (ad esempio la
sensibilità) (Glick e Fiske, 1996). L’Eterosessualità è, senza dubbio, una delle fonti
più potenti dell’ambivalenza dell’uomo nei confronti della donna e comprende
anch’essa due aspetti (Berscheid e Peplau, 1983; Brehm, 1992). Da un lato, l’intimità
eterosessuale si riferisce alla motivazione sessuale dell’uomo verso la donna e alla
ricerca di una relazione eterosessuale romantica, che potrebbero essere connesse ad
un genuino desiderio di vicinanza psicologica. Dall’altro lato, l’eterosessualità ostile
è rappresentata dalla credenza che la donna usi il proprio fascino sessuale per
dominare l’uomo ed è una credenza associata all’ostilità verso la donna. Infatti,
l’immagine di una figura femminile come manipolatrice e tentatrice, tenderebbe ad
intaccare ed indebolire quella maschile; per cui, alcuni uomini potrebbero dimostrare
un’attrazione sessuale verso la donna, caratterizzata dal desiderio di dominarla
(Bargh e Raymond, 1995; Pryor, Giedd e Williams, 1995). Infine, l’ambivalenza che
caratterizza il costrutto teorico del sessismo vede l’aspetto ostile e quello benevolente
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come positivamente correlati, diversificandosi da altre forme di ambivalenza che
sono, invece, caratterizzate da valutazioni contrastanti (Glick e Fiske, 1996). Si
potrebbe, allora, obiettare che, se i due insiemi di credenze (ostile e benevolente)
sono positivamente correlati perché parlare di ambivalenza? Una simile scelta da
parte degli autori si potrebbe spiegare per il fatto che le due forme di credenze verso
le donne sono rese possibili proprio dalla natura multidimensionale del costrutto. Per
esempio, un uomo potrebbe avere diverse convinzioni sulla donna che risultano
essere in contrasto (“la donna è incompetente al lavoro”, accanto a “la donna deve
essere protetta”), ma che egli considera del tutto coerenti tra loro.
Un’altra ragione, secondo la quale gli uomini potrebbero essere ambivalenti
verso il genere femminile senza provare confusione o conflitto, ipotizza la divisione
delle donne in due sottotipi: quelle che abbracciano i ruoli tradizionali, che
soddisfano il Paternalismo, la Differenziazione di Genere e le necessità sessuali ed
affettive dell’uomo e quelle che disattendono tali aspettative e sfidano il potere
maschile (le femministe).
Quindi, questa differenziazione in sottotipi potrebbe aiutare le persone che
mostrano un atteggiamento sessista ambivalente ad avvertire i loro atteggiamenti
come coerenti e, allo stesso tempo, a giustificarli come non pregiudizievoli in quanto
si riferiscono solo ad alcuni tipi di donne che non si conformano ai tradizionali ruoli
di genere.
La natura complessa ed ambivalente del sessismo è stata ampiamente
dimostrata e confermata da uno studio condotto da Glick e Fiske (1996), che ha
coinvolto nel complesso 2.250 soggetti, sia uomini che donne, sia studenti che non
studenti. L’obiettivo della ricerca è stato quello di validare l’Ambivalent Sexism
Inventory (ASI), uno strumento che consente di misurare gli atteggiamenti ostili e
benevolenti del sessismo. Il questionario è composto da 22 item suddivisi in due
scale: la Scala del sessismo benevolente, che misura gli atteggiamenti positivi verso
la donna, e la Scala del sessismo ostile che misura gli atteggiamenti negativi verso la
donna.
I risultati hanno convalidato l’esistenza delle due forme di sessismo e
dell’ambivalenza nella società, il possedere atteggiamenti contrastanti (positivi e
16
negativi) verso le donne. Le correlazioni positive tra le due scale supportano l’idea
che queste due dimensioni sono aspetti collegati dell’ideologia sessista e che
l’ambivalenza non è conflittuale e non provoca confusione o tensione tra le credenze
e gli atteggiamenti rivolti al genere femminile.
L’analisi fattoriale ha evidenziato una struttura tripartita della Scala del
sessismo benevolente, confermando così l’idea relativa alle tre componenti
dell’ambivalenza verso le donne (Paternalismo, Differenziazione di Genere ed
Eterosessualità). In definitiva, l’analisi fattoriale ha anche evidenziato una
corrispondenza tra la struttura delle credenze delle femmine con quella delle
credenze dei maschi. Concettualmente, questa similarità sostiene l’importanza
dell’apprendimento sociale (l’acquisizione di un comportamento attraverso
l’osservazione di altre persone): sebbene alcuni aspetti delle credenze sessiste
possano provenire da spinte maschili rivolte verso le donne (dominare la donna),
queste credenze diventano culturalmente trasmesse e possono essere adottate anche
dal genere femminile. Questo argomento sarebbe, inoltre, sostenuto dalle
correlazioni generalmente forti e positive riguardanti le risposte degli uomini e delle
donne fornite alle due scale (Glick e Fiske, 1996).
Baretto e Ellemers (2005) ritengono che un pregiudizio deve prima essere
percepito come tale, per poi essere contestato come la causa illegittima delle
disuguaglianze di genere. Nel caso specifico del sessismo benevolente, essendo una
forma di pregiudizio che passa inosservata per i suoi toni apparentemente positivi, è
importante dimostrare che la sua percezione è alterata, e per questo tende a creare ed
a mantenere le disuguaglianze di genere.
Sulla base di questi concetti, questi due autori hanno presentato un’indagine
particolarmente interessante, che si è occupata di studiare il processo psicologico alla
base della percezione del sessismo benevolente. Le ipotesi di base sono che coloro
che approvano il sessismo benevolente sarebbero meno propensi a vedere le loro idee
come sessiste. È stato preso in considerazione un campione di 235 studenti
universitari tedeschi di entrambi i sessi, ai quali è stato chiesto di valutare il grado di
sessismo relativamente ad alcune opinioni, espresse in parte da maschi e in parte da
femmine, sulla posizione della donna nella loro società. È emerso che sia gli uomini
17
che le donne hanno percepito le persone approvanti le opinioni ostili come più
sessiste rispetto a quelle con idee benevolenti. Questa indagine ha dimostrato che,
nonostante le donne siano il bersaglio principale degli atteggiamenti sessisti, ed
esprimano maggiore rabbia per questa situazione, il processo psicologico di
percezione del pregiudizio è uguale in entrambi i generi (Baretto e Ellemers, 2005).
Glick, Fisck et al. (2000), hanno condotto una ricerca in vari Paesi (Spagna,
Sud Corea, Paesi Bassi, Cile, Stati Uniti, Nigeria, Germania, Brasile, Inghilterra,
Turchia, Giappone, Belgio, Sud Africa, Australia, Botswana, Italia, Portogallo, Cuba,
Colombia) per verificare l’esistenza del sistema di giustificazione del mantenimento
delle disuguaglianze di genere nelle diverse parti del mondo. Lo studio ha coinvolto
15.000 soggetti maschi e femmine, appartenenti a 19 nazioni ed è stato utilizzato
l’Ambivalent Sexism Inventory (ASI).
I risultati analizzati suggeriscono che nelle nazioni in cui gli uomini hanno
espresso elevati livelli di sessismo ostile ovvero Cuba, Nigeria e Turchia, le donne
sono più propense ad approvare il sessismo benevolente. Inoltre, nei paesi più
sessisti, quali Botswana, Cuba, Nigeria, Sud Africa e Turchia, le donne hanno
riportato punteggi di sessismo benevolente più elevati rispetto a quelli degli uomini.
Per contro, nelle nazioni con elevati livelli di uguaglianza di genere e bassi livelli di
sessismo, come Paesi Bassi, Stati Uniti, Australia ed Inghilterra, le donne hanno
presentato bassi punteggi sia sulla scala del sessismo ostile che su quella del
sessismo benevolente. Questi risultati indicano che le donne potrebbero essere
motivate ad approvare il sessismo benevolente nelle nazioni in cui gli uomini
tendono ad avere alti punteggi di sessismo ostile, per evitare maggiori forme di
aggressività ed ostilità del genere maschile nei confronti del genere femminile.
Un ulteriore dato ha mostrato che nelle nazioni con i più alti livelli di sessismo
(per esempio Botswana, Cuba, Nigeria, Sud Africa), gli individui tendono a rigettare
il sessismo ostile e allo stesso tempo a respingere meno la forma benevola non
riconoscendola come sessista (Glick et al., 2000).
Per capire le diverse dinamiche che caratterizzano i paesi con i più alti livelli
di sessismo si può citare la ricerca di Sakalli-Ugurlu e Beydogan (2002) condotta in
Turchia.
18
Questa nazione ha una società caratterizzata da un forte patriarcato e da nette
differenze di genere. Le istituzioni del matrimonio e della famiglia sono altamente
patriarcali. Gli uomini rappresentano il sesso dominante e i capo famiglia, mentre le
donne sono subordinate e dipendenti dal marito. Inoltre, le donne che lavorano fuori
casa sono impegnate nei settori dell’educazione, della salute e in lavori di segreteria
che sono in linea con i ruoli di genere femminile.
Per comprendere quali siano le percezioni sulle donne manager turche, si può
fare riferimento ad una indagine condotta da Ciftçi (1979, citato in General
Department of Women’s Status and Problems, 1996), dalla quale emergeva che gli
uomini turchi sono percepiti come più dediti al lavoro, affidabili, precisi rispetto alle
donne manager che sono, invece, considerate come più remissive. Uno studio
(Atabek, 1994) ha mostrato che la bassa rappresentazione delle donne in posizioni
manageriali è causata dalla definizione di lavoro basata sul genere, da
un’organizzazione culturale che ha creato una barriera per l’avanzamento delle
femmine nella loro carriera e dagli stereotipi patriarcali.
Sakalli-Ugurglu e Beydogan (2002), sulla base di queste evidenze teoriche e
sperimentali, hanno valutato attraverso dei questionari somministrati ad un campione
di 183 studenti universitari maschi e femmine (età media 21 anni), sia gli
atteggiamenti verso le donne manager, sia gli atteggiamenti del sessismo ostile,
benevolente e il patriarcato.
I risultati evidenziano che i partecipanti maschi presentano minori
atteggiamenti positivi verso le donne managers rispetto alle partecipanti femmine.
Questo dato è coerente con le altre ricerche nell’ambito delle quali le donne sono
risultate essere meno sessiste rispetto agli uomini. Inoltre, gli studenti con elevati
punteggi nelle misure del patriarcato e del sessismo ostile hanno avuto minori
atteggiamenti positivi verso le donne manager rispetto agli studenti con bassi livelli
in entrambe le dimensioni teoriche. Infine, i risultati hanno mostrato che il supporto
per il patriarcato ed il sessismo ostile sono stati più importanti per spiegare gli
atteggiamenti meno favorevoli verso le donne manager rispetto al sessismo
benevolente. C’è una concordanza con lo studio effettuato da Glick e Fiske (1996),
per cui il sessismo ostile, ma non quello benevolente, predice gli atteggiamenti
19
negativi verso le donne in carriera. Inoltre, l’approvazione del patriarcato comporta
la giustificazione del potere maschile, la subordinazione della donna e l’ostilità verso
le femmine che ricoprono posizioni manageriali.
Come già riscontrato da Glick et al. (2000), gli individui che vivono in culture
sessiste come la Nigeria, Cuba e la Turchia potrebbero non identificare il sessismo
benevolente come una forma di sessismo, sebbene riconoscano immediatamente gli
atteggiamenti ostili. Ciò ha importanti implicazioni sulla vita delle donne, in quanto
rafforza maggiormente la visione della donna come casalinga e madre, a svantaggio
di coloro che non rientrano in questi canoni. Le persone che vivono in società
altamente ugualitarie come l’America e l’Australia sono più propense a riconoscere il
sessismo benevolente come una forma di sessismo ed a rigettarlo insieme a quello
ostile (Sakalli- Ugurglu e Beydogan, 2002).
Un’interessante analisi è stata effettuata in una nazione con bassi livelli di
sessismo da parte di Sibley et al. (2007). In questa ricerca, effettuata attraverso due
studi longitudinali, si è mostrato quanto sia influente il sessismo benevolente sul
sistema di giustificazione delle disuguaglianze di genere. Su due gruppi di donne
partecipanti della Nuova Zelanda (età media 19 anni), attraverso l’Ambivalent
Sexism Inventory (ASY), è stata esaminata l’associazione tra il sessismo benevolente
e quello ostile a distanza di 6 e 12 mesi. In entrambe le ricerche, l’ipotesi di partenza
era quella secondo cui, l’approvazione da parte delle partecipanti al sessismo
benevolente avrebbe potuto esercitare un effetto significativo sui successivi livelli
del sessismo ostile. Inoltre, è stato supposto che tale associazione tra le due forme di
sessismo potesse essere unidirezionale, e che il sessismo ostile non sarebbe stato in
grado di esercitare degli effetti su quello benevolente.
I risultati dei due studi si sono mostrati coerenti con le ipotesi formulate:
l’approvazione del sessismo benevolente da parte delle donne è stato in grado di
predire il cambiamento e l’aumento del grado d’accordo verso il sessismo ostile dopo
6 e 12 mesi. L’approvazione del sessismo ostile non ha consentito di effettuare la
stessa previsione sui successivi livelli di sessismo benevolente. Questi dati indicano,
coerentemente con quanto detto da Glick e Fiske (2000), che l’accordo dato dalle
donne alla forma benevolente di sessismo, consente loro di essere meno resistenti
20
verso la forma ostile e, conseguentemente, in grado di partecipare alla costruzione ed
al mantenimento di un sistema di giustificazione delle disuguaglianze di genere. Ciò
è evidente anche in una nazione estremamente egualitaria, come la Nuova Zelanda, a
cui appartengono le donne dello studio citato (Sibley et al., 2007).
Yakushko (2005) ha portato avanti la sua ricerca in un particolare sistema
culturale: quello dell’Ucraina. La nazione dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel
1991, ha vissuto enormi difficoltà economiche e politiche. Secondo alcuni studiosi, i
rappresentanti del governo hanno considerato l’emancipazione delle donne come una
delle cause che ha portato al crollo dell’ex Repubblica Sovietica (Kay, 1997; Marsh,
1996). Quindi, dopo questo evento, si è verificato un aumento di atteggiamenti verso
le donne che sono stati considerati come profondamente sessisti. Si è posta, così,
nuova enfasi sulla figura femminile, venerata come moglie e come madre, inducendo
le donne a non vedere gli stereotipi di genere e ad abbracciare questa visione sessista.
Tale fenomeno è stato spiegato attraverso la teoria del sistema di giustificazione di
Jost e Banaji (1994), secondo cui i gruppi subordinati fanno propria l’ideologia
d’inferiorità promossa dal gruppo dominante per mantenere un senso di gruppo e una
dignità personale.
Lo studio è stato effettuato su un campione di 163 studenti universitari e
giovani professionisti sia uomini che donne (fascia d'età 18-33 anni), cui è stato
somministrato l’Ambivalent Sexism Invetory (ASI). Lo scopo di Yakushko (2005) era
quello di verificare se le donne avrebbero mostrato degli atteggiamenti sessisti
benevoli verso i loro ruoli di genere di più rispetto agli uomini. In secondo luogo, ha
ipotizzato che le donne avrebbero presentato degli atteggiamenti ostili e benevolenti
verso gli uomini in misura maggiore rispetto ai partecipanti maschi.
La comparazione dei punteggi ottenuti dai partecipanti di entrambi i sessi
nelle due scale del test, ha permesso di evidenziare che le donne hanno mostrato dei
forti atteggiamenti di sessismo benevolente verso se stesse e forti atteggiamenti ostili
verso gli uomini. Come già dimostrato da Glick e Fiske (1996) gli atteggiamenti
sessisti potrebbero non essere esclusivamente percepiti come ostili, ma anche come
includenti delle qualità benevole di idealizzazione e protezione delle donne. I dati di
questo studio dimostrano, quindi, che l’approvazione del sessismo benevolente da
21
parte delle donne ucraine, potrebbe essere considerato come una forma di supporto
degli stereotipi positivi dei ruoli femminili.
Infine, i risultati si sono mostrati coerenti anche con la teoria del sistema di
giustificazione di Jost e Banaji (1994), per cui il sessismo benevolo, come
un’ideologia di pregiudizi, viene approvata dai membri del gruppo subordinato,
ovvero le donne, poiché non sembra contraddire gli interessi di gruppo (Yakushko,
2005).
Fernàndez et al. (2004) hanno approfondito ulteriormente il costrutto del
sessismo ambivalente, indagando l’evoluzione storica e generazionale degli
atteggiamenti sessisti ostili e benevolenti verso gli uomini e le donne, in un gruppo di
1003 soggetti spagnoli dai 18 ai 65 anni sia maschi che femmine.
I risultati hanno mostrato che i due sessi esibiscono degli atteggiamenti ostili
verso il genere opposto e che alle donne sono rivolti più atteggiamenti benevolenti
rispetto agli uomini. Inoltre, è emerso che nella fascia d’età 38- 42 anni, sia gli
uomini ma soprattutto le donne, presentano minori atteggiamenti sessisti rispetto agli
altri partecipanti. Per contro, i giovani tra i 18 ed i 22 anni hanno mostrato i più alti
livelli di sessismo. Una possibile spiegazione di questo risultato è che gli
atteggiamenti dei soggetti più giovani riflettono una visione più che altro genitoriale
ed una mancanza di esperienze soprattutto nel campo del lavoro, della competizione,
ecc. È probabile che le persone, quando entrano a far parte del mercato del lavoro,
acquistano familiarità con le problematiche relative al sessismo ambivalente,
divenendo più capaci di mettere in discussione i modelli di genere stereotipati. In
particolare, le donne nel corso dell’ultimo ventennio sono divenute meno sessiste,
poiché hanno avuto un maggiore accesso ai vari ambiti professionali e,
conseguentemente, la necessità di dividersi tra vita pubblica e familiare. Tali
cambiamenti storici e personali hanno fatto sì che la donna abbia acquisito coscienza,
non solo degli atteggiamenti ostili, ma anche di quelli più nascosti e benevolenti
rivolti al suo genere di appartenenza (Fernàndez et al., 2004).
22
Capitolo 2
LA COSTRUZIONE DELLA CARRIERA
2.1. Gli interessi
A livello terminologico la loro definizione è rimasta piuttosto vaga e non si è
evoluta: gli interessi sono preferenze per classi di attività differenti che evocano
professioni o gruppi di professioni. Può capitare che nella definizione di interessi si
includano anche i tratti di personalità, e può persino capitare che gli interessi
professionali vengano definiti direttamente a partire dagli interessi per delle
professioni. L’interesse si riferisce ad un atteggiamento affettivo che stimola e
mantiene l’attività dell’Io, e si colloca tra il bisogno e l’oggetto che lo soddisfa. Sono
elementi cognitivo/affettivi che si frappongono tra i bisogni da soddisfare e gli
oggetti che noi riteniamo possano costituire una risposta ai nostri bisogni.
L’interesse ha una componente razionale che consiste nella consapevolezza del
valore dell’oggetto atto a soddisfare il bisogno: senza la conoscenza dell’oggetto è,
infatti, impossibile realizzare la “tendenza” verso quel determinato oggetto; e una
componente istintivo-motivazionale che spiega la spinta dell’interesse generata da un
bisogno (D’Alessio, Laghi, Pallini, 2005). Secondo Super (1953) gli interessi sono le
attività e gli oggetti specifici attraverso i quali i valori possono essere raggiunti, e i
bisogni possono essere soddisfatti.
Sin dagli anni Trenta sono stati costantemente valutati per mezzo di
questionari, al fine di aiutare prima i giovani e poi gli adulti a risolvere i loro
problemi di orientamento professionale. Il primo questionario di interessi
professionali è stato messo a punto da Edouard K. Strong nel 1927, ma il suo utilizzo
restò assai limitato fino a quando non sopraggiunse lo sviluppo dell’informatica. Fu
G.F. Kuder (1939) a definire grandi dimensioni di interessi che potessero essere
messi in relazione con gruppi di professioni. Gli interessi si differenziano in funzione
dell’età, ma si stabilizzano tardivamente. Solamente a partire dai 15-16 anni i
23
punteggi ai questionari di interessi raggiungono una fedeltà soddisfacente (Guichard,
Huteau, 2003).
2.1.1.La costruzione dell’identità personale e professionale: il modello di
Gottfredson
Molti autori, attraverso varie teorie (Erickson 1968, Guichard 1987, Krumboltz,
1979, Kuder, 1939, Super, 1953) nel corso dell’ultimo secolo si sono occupati di
definire al meglio concetti e paradigmi che riguardano l’orientamento scolastico e
professionale, anche se non tutti hanno avuto la stessa diffusione e lo stesso successo
nel campo dell’orientamento.
Lo stato psicologico dell’interesse è stato descritto da Krapp et al. (1992) come
un processo che richiede una grande attenzione, affetto positivo, concentrazione e la
grande disponibilità ad essere pronto ad imparare. Hidi (1990) avanzò la definizione
di interesse come qualcosa che influisce sull’apprendimento determinando “il come
noi selezioniamo e persistiamo nell’elaborare alcuni tipi di informazioni preferendole
ad altri”. (Ainley, Hillman, Hidi, 2002).
Tra le maggiori sicuramente vi è la Teoria dei tipi di personalità e degli
ambienti lavorativi di John Holland (1959), secondo la quale le scelte di
orientamento dipendono dall’abbinamento, o dalla congruenza, tra la personalità
degli individui e l’ambiente psicologico.
In questa sede ci occuperemo in particolar modo dell’approccio di Linda
Gottfredson, la cui idea fondamentale è che l’essere umano, man mano che si
sviluppa dall’infanzia all’adolescenza, si forma una mappa cognitiva delle
professioni su cui circoscrive quelle che gli interessano; poi, in funzione delle
opportunità che coglie, effettua “compromessi”, la cui “logica” resta la stessa per
tutta la vita. Il postulato fondamentale della teoria di Gottfredson è che le preferenze
professionali e le scelte di carriera “costituiscono principalmente un tentativo di
realizzare un sé sociale e, solo in modo secondario, un sé psicologico” (Gottfredson,
1996). Tre sono le nozioni centrali nella teoria di Gottfredson: la mappa cognitiva
24
unica delle professioni, la circoscrizione e il compromesso. La prima non è altro che
un unico processo attraverso cui un giovane costruisce le dimensioni del concetto di
sé relative alla scelta professionale secondo quattro tappe: l’orientamento verso la
statura e la forza, l’orientamento verso i ruoli sessuali, l’orientamento verso la
valutazione sociale e l’orientamento verso il sé unico. L’orientamento verso la
statura e la forza si riferisce al periodo tra i 3 e i 5 anni del bambino, tipica fase in
cui i bambini classificano la gente in modi semplici, non hanno ancora una
concezione stabile e coerente dei ruoli sessuali, ma colgono già le differenze concrete
tra i sessi: tendono a giocare con i bambini dello stesso sesso e, quando si domanda
quali attività degli adulti li interessano, esprimono preferenze sessualmente
caratterizzate. Tra i 6 e gli 8 anni circa c’è la fase dell’orientamento verso i ruoli
sessuali, durante la quale il bambino prende coscienza dei ruoli sociali del sesso e
categorizza le professioni in funzioni maschili e femminili ed esprime preferenze
professionali, preoccupandosi di scegliere quelli adatti al suo sesso. A partire dai 9
anni e fino ai 13 circa, è in atto l’orientamento verso la valutazione sociale, in cui il
bambino comincia a tener conto, nella valutazione dei mestieri, del loro status sociale
e prestigio. Alla fine di questo percorso, essendo ormai adolescenti, i soggetti
coordinano mentalmente questa dimensione con quella formata nella fase precedente,
relativa alla mascolinità-femminilità delle professioni: costruiscono, così una mappa
cognitiva delle professioni. Essa si struttura secondo due dimensioni su uno schema
di assi cartesiani, dove la mascolinità-femminilità è l’ascissa e il livello di prestigio
delle professioni è l’ordinata. Secondo Gottfredson le due dimensioni non sono
esattamente correlate: solo la dimensione del prestigio, quindi l’ordinata, è comune a
tutti i membri della società; le correlazioni tra i giudizi di persone appartenenti a
gruppi sociali diversi si aggirano generalmente intorno ai .90, tanto per il grado di
prestigio che per la mascolinità-femminilità (Gottfredson, 1981). La circoscrizione è
il processo di delimitazione di un territorio sulla mappa cognitiva delle professioni,
che serve all’adolescente ad orientarsi nella scelta professionale anche in base a due
fattori: l’origine sociale e la riuscita scolastica. L’ultima tappa, quella
dell’orientamento verso il sé unico, dai 14 anni in poi circa, è quella in cui
l’adolescente affina i propri progetti professionali, considera le caratteristiche più
25
personali del proprio concetto di sé: gli interessi, la capacità e i valori. Infine, il
compromesso, è il processo con il quale gli individui rinunciano alle aspirazioni
professionali che preferiscono, quando non trovano o pensano di non trovare
opportunità professionali o formazioni corrispondenti a tali aspirazioni. Il
compromesso può essere anticipato o fondato sull’esperienza. Raramente gli
individui dispongono di una corretta e completa informazione: essi danno prova di
un’attenzione selettiva e cercano informazioni soltanto in merito alle professioni che
giudicano a loro adatte; inoltre, effettuano tali ricerche solo quando ne sentono la
necessità, cioè quando sono obbligati a scegliere; infine, cercano le informazioni
soprattutto presso fonti accessibili di cui si fidano (in particolare i parenti e gli
amici). Se l’individuo non arriva a trovare un compromesso che lo soddisfi, allora fa
di tutto per evitare di scegliere. L’interesse principale del modello di Gottfredson è di
sottolineare il ruolo delle rappresentazioni sociali delle professioni nella formazione
delle preferenze e nelle scelte dell’attività professionale.
2.2. Il contesto familiare
Oggi l’adolescente ha cambiato l’approccio alla scelta della scuola e della
professione rispetto al passato e in questo processo di orientamento la famiglia
occupa un posto importante. Spesso il ragazzo che si appresta a proseguire gli studi o
a scegliere una professione si orienta basandosi sulle opzioni presenti nella famiglia.
Le informazioni fornite dal nucleo familiare sono importanti per la loro connotazione
emotiva. Tale connotazione risiede nel fatto che viene passato il messaggio che
alcune professioni sono più appetibili di altre e quindi di maggiore interesse (De
Stasio, Di Chiacchio, 2005).
La situazione si complica quando i rapporti con i genitori sono particolarmente
problematici; in tal caso, la scelta non sarebbe più basata su presupposti razionali e si
correrebbe il pericolo di compiere scelte basate sull’acquiescenza o sulla reattività e
contrapposizione ad uno o ad entrambi i genitori (Boncori L. e Boncori G., 2002).
26
Il processo di orientamento e scelta è un processo in cui continuamente si
ridefiniscono obiettivi e finalità in interazione, in tal senso l’aspetto relazionale e di
comunicazione diventano importanti. Anche le caratteristiche sociali, economiche e
culturali della famiglia sono variabili di sfondo molto importanti. Queste variabili
non solo influenzano il rendimento scolastico, ma intervengono a tutti i livelli del
processo decisionale sia dal punto di vista psicologico che della comunicazione. Le
famiglie della classe operaia tendono a delegare la scelta al figlio, anche perché si
sentono incompetenti ad affrontare problematiche che essi non hanno affrontato. A
livello relazionale, c’è dunque una minore conflittualità e un’apparente apertura. Le
famiglie della classe media identificano all’interno della diade genitoriale l’esperto
che, nella maggioranza dei casi, è la madre. La classe operaia e quella media
sembrano differire anche per quello che riguarda la concezione della felicità del
proprio figlio. I primi sembrano maggiormente concentrati sul qui ed ora, mentre i
secondi sono più orientati verso il futuro: il progetto educativo è inteso in termini di
successo e rispettabilità. I genitori della classe media sono quelli che maggiormente
sentono la pressione della responsabilità della scelta e che gestiscono il rischio della
scelta (De Stasio, Di Chiacchio, 2005).
2.3. Le interazioni genitori-figli
I consulenti e gli studiosi dell’orientamento hanno da tempo riconosciuto il
ruolo del contesto familiare nello sviluppo della carriera professionale degli
adolescenti (Hagen, 1960; Herr e Lear, 1984; Peluchette, 1993). In particolare,
l’approccio teorico proposto da Young et al. (1996) ha introdotto una nuova
concettualizzazione di un aspetto dello sviluppo della carriera dell’adolescente.
Nell’ambito di questa teoria, le interazioni genitore-figlio sono definite come un
“progetto di carriera”, dove il termine “progetto” è inteso come una serie di azioni
condivise esercitate dai genitori e dall’adolescente, rivolte verso un obiettivo e basate
sulla definizione di un compito (Young et al., 2001). Lo studio dell’azione condivisa
è particolarmente importante per comprendere l’influenza genitoriale sullo sviluppo
27
della carriera dei giovani. Gli adolescenti, infatti, considerano i genitori come una
risorsa primaria per la discussione sulle prospettive future (Sebald, 1986, Wilks,
1985) e i genitori, da parte loro, cercano di aiutare i figli nell’ambito di questo
processo decisionale (Young et al., 1997). In effetti, le conversazioni che i genitori ed
i figli hanno sulla pianificazione della carriera di questi ultimi, sono considerate
come azioni condivise poiché non riguardano le intenzioni individuali o le azioni di
una persona ma sono determinate da ciò che accade tra i soggetti della conversazione
(Young et al., 2001). Schotter (1993) riferendosi al concetto di azione condivisa,
ritiene che le conversazioni consentono di stabilire un “terreno comune”, nell’ambito
del quale i genitori ed i figli possono stabilire vicinanza, negoziare degli obiettivi e
condividere accordi e disaccordi. Tali processi consentono di raggiungere all’interno
della famiglia, una comprensione comune della carriera e del futuro dell’adolescente
(Young et al., 1997). L’indagine condotta da Young e colleghi (2001) ha consentito di
descrivere e di osservare lo sviluppo della carriera professionale dell’adolescente
all’interno della famiglia. Sono state videoregistrate e monitorate le conversazioni
sugli interessi attuali e gli obiettivi futuri dei giovani per un periodo di 6 mesi di 20
diadi genitori-figli adolescenti di entrambi i sessi (età media 14 anni) di nazionalità
americana. I risultati indicano che le attività di sviluppo della carriera degli
adolescenti sono costruite insieme ai genitori. In effetti, i membri delle diadi si sono
impegnati, all’interno delle loro conversazioni, in compiti ed obiettivi condivisi quali
esplorare le informazioni e le attività relative alle diverse professioni; discutere sugli
interessi lavorativi dei giovani e, quindi, favorire un maggiore sviluppo personale
degli adolescenti (Young, 2001).
A tal proposito, lo studio di Hargrove et al. (2005) ha avuto come obiettivo
quello di esplorare le possibili interrelazioni tra i modelli d’interazione familiare e la
pianificazione della carriera degli adolescenti. I partecipanti, 123 studenti americani
di entrambi i sessi (fascia d'età 14-18 anni), hanno completato la Family
Environment Scale-Form R (FES-Form R; Moos, 1989). Questo strumento consente
di misurare le percezioni delle interazioni familiari lungo tre dimensioni: la qualità
delle relazioni familiari, gli obiettivi sostenuti dalla famiglia ed il grado di controllo e
di organizzazione all’interno del sistema familiare.
28
I risultati dimostrano che la qualità percepita rispetto alle relazioni familiari
(ad esempio il grado con cui i membri della famiglia sono incoraggiati ad esprimere
sentimenti e problemi) ha un ruolo significativo nel predire gli atteggiamenti di
pianificazione della carriera. Questi aspetti (discutere sui problemi ed i sentimenti)
possono, infatti, essere direttamente legati al livello di curiosità dell’adolescente
verso la carriera e gli sforzi per costruire dei possibili progetti futuri (Brachter, 1982;
Lopez e Andrews, 1987; Zingaro, 1983). Rispetto alle differenze di genere, le
adolescenti percepiscono le interazioni con le loro famiglie come caratterizzate da
una più frequente espressione dei sentimenti (rabbia, aggressione e conflitto),
dall’espressione di maggiori interessi nelle attività politiche, culturali e dei valori
religiosi rispetto agli adolescenti. Inoltre le ragazze hanno riferito di aver intrapreso
di più rispetto ai ragazzi delle conversazioni con i genitori sui progetti futuri relativi
alla carriera (Hargrove et al., 2005).
2.4. L’influenza del sessismo nelle scelte universitarie
Si ritiene che i fattori che sono alla base delle differenti scelte scolastiche e
professionali degli uomini e delle donne in generale siano la motivazione, cioè una
configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio,
la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo
(De Beni, Moè, 2000), e gli obiettivi vocazionali, ovvero gli obiettivi che si cerca di
raggiungere attraverso la scelta degli studi e della carriera (Guichard e Huteau,
2003). Quando scelgono una professione, le femmine continuano a valutare gli
obiettivi interpersonali (come l’autodeterminazione, l’aiutare gli altri e lavorare in un
ambiente piacevole), di più rispetto ad altri tipi di obiettivi (Morgan et al., 2001;
Morgan & Sansone, 1995; Strough, Berg & Sansone, 1996). I maschi, invece, si
rifanno alla motivazione estrinseca aspirando ad altri valori quali avere un buon
reddito e il raggiungere uno status professionale alto (Eccles, 1994). Di conseguenza,
se le donne danno una grande importanza agli obiettivi interpersonali, sarà
improbabile per loro percepire gli ambienti scientifici come attraenti, dato che questi
29
riguardano lavori individuali ed ambienti lavorativi impersonali. Per contro, gli
individui, e più spesso gli uomini, che considerano gli aspetti estrinseci della
motivazione tenderanno a trovare i campi scientifici e matematici come più
gratificanti, poiché sono percepiti come ambiti professionali capaci di offrire
maggiore prestigio e maggiori opportunità di elevato guadagno (Eccles, 1994).
Sembra che gli obiettivi vocazionali a lungo termine giochino una parte importante
nei differenti interessi dei maschi e delle femmine nei vari settori di studio e di
lavoro.
In generale, le persone non costruiscono le loro preferenze ed interessi in
isolamento, ma piuttosto sono immersi in un ampio contesto sociale, che include
norme e valori, in particolare quelli che sono considerati “appropriati” per ciascun
sesso. Gli stereotipi di genere, quindi, sono un’importante variabile da considerare
quando si esaminano le differenti aspettative ed interessi degli uomini e delle donne
(Fernàndez et al., 2006).
Uno studio di Fernàndez et al. (2006) in Spagna esamina quanto i giovani
aderiscono agli atteggiamenti sessisti e come ciò possa influire sulle loro scelte di
carriera, attraverso l’esistenza di una connessione tra le variabili che influenzano la
scelta della specializzazione universitaria: la motivazione intrinseca, la motivazione
estrinseca, gli obiettivi di lavoro e gli atteggiamenti sessisti verso le donne.
I partecipanti erano 448 studenti maschi e femmine (età media 20 anni), ai
quali sono stati somministrati: l’Ambivalent Sexism Inventory (ASI), il Work
Preference Inventory (WPI, Amabile et al., 1994) e il Personal Importance of
Vocational Goals (Morgan et al., 2001), che valutano rispettivamente gli
atteggiamenti sessisti, la motivazione intrinseca ed estrinseca e gli obiettivi che si
vorrebbero conseguire attraverso una professione. I risultati della ricerca hanno
confermato che le donne e gli uomini di questo campione continuano per lo più a
scegliere professioni in linea con gli stereotipi di genere: i maschi optano più per le
specializzazioni tecniche e le femmine per le scienze sociali ed umanistiche. Inoltre,
sono emerse chiare differenze negli atteggiamenti sessisti riportati dagli uomini e
dalle donne: gli studenti hanno mostrato maggiori atteggiamenti sessisti verso le
donne rispetto alle studentesse, indipendentemente dal loro ambito di studio.
30
Anche l’indirizzo di formazione scelto dai soggetti della ricerca era legato
alla maggiore o minore aderenza agli atteggiamenti sessisti. Nello specifico, coloro
che erano iscritti in campi tecnici (sia maschi che femmine) hanno riportato più
atteggiamenti sessisti rispetto agli studenti di altri ambiti, sia nella forma ostile che
benevolente. Gli studenti maschi iscritti nelle specializzazioni tecniche hanno
mostrato maggiori atteggiamenti sessisti; inoltre, in modo sorprendente, è emerso che
le femmine iscritte in specializzazioni tecniche hanno presentato maggiori
atteggiamenti sessisti rispetto a quelle iscritte in altri ambiti di studio. Tale dato
suggerisce che le donne che scelgono specializzazioni tecniche tendono ad
identificarsi con gli stereotipi e gli atteggiamenti maschili, per poter godere degli
stessi privilegi e dello stesso potere degli uomini.
Infine, le analisi dei dati hanno mostrato poche differenze statisticamente
significative tra le motivazioni e gli obiettivi vocazionali degli studenti iscritti alle
varie specializzazioni. Nonostante ciò, coloro che hanno scelto gli ambiti scientifici e
tecnici hanno presentato un orientamento motivazionale più estrinseco.
Taylor e Betz (1983) hanno formulato e definito il concetto dell’auto-efficacia
nella decisione di carriera (CDSE) come l’abilità di una persona ad impegnarsi
efficacemente nei compiti di costruzione della decisione di carriera. Da alcuni studi è
emerso che tale abilità ha un impatto sullo sviluppo degli interessi, degli obiettivi e
delle scelte future (Betz e Hackett, 1981; Lent et al., 1994; O’Brien et al., 2000).
Sempre nel 2006, Gushue e Whitson, facendo riferimento al concetto dell’autoefficacia nella decisione di carriera (CDSE) di Taylor e Betz
hanno condotto una
ricerca che ha evidenziato come le differenze degli atteggiamenti sui ruoli di genere
influenzano gli obiettivi vocazionali delle persone. Questi studiosi hanno utilizzato
l’Attitudes Toward Women Scale (ATWS; Spence et al., 1973) e la Career Decision
Self-Efficacy Scale-Short Form (DCSES-SF; Betz et al., 1996) per valutare
rispettivamente gli atteggiamenti sui ruoli di genere e le aspettative di auto-efficacia
rispetto alle decisioni di carriera, su un campione di 104 studentesse afro-americane
(di età compresa tra i 13 ed i 15 anni) nel nord est degli Stati Uniti.
I risultati hanno evidenziato che le ragazze con atteggiamenti egualitari sul
ruolo di genere hanno anche mostrato di credere fortemente nelle loro abilità ad
31
impegnarsi nei compiti di costruzione della carriera. In più, l’aumento dell’autoefficacia nella decisione di carriera è risultato correlato con gli obiettivi vocazionali
relativi agli ambiti professionali non tradizionali. Le credenze egualitarie delle
adolescenti sui ruoli di genere e la maggiore auto-efficacia, potrebbero determinare
una maggiore conoscenza degli effetti del sessismo nel processo di costruzione della
carriera e indurre le ragazze ad intraprendere traiettorie professionali non tradizionali
(Gushue e Whitson, 2006).
Gli atteggiamenti verso il ruolo genere si riferiscono alle credenze ed alle
aspettative su cosa è appropriato per i maschi e le femmine in termini di
comportamento e, in questo caso, di obiettivi vocazionali. Per esempio, una ragazza
che ha degli atteggiamenti tradizionali sul ruolo di genere è meno propensa a
perseguire una carriera che permette di avere un guadagno più elevato, che
solitamente è ambita dai maschi. Alcuni studi hanno mostrato, a tal proposito, che le
donne con atteggiamenti egualitari hanno elevati livelli di aspettative ed aspirazioni
professionali, rispetto alle donne con atteggiamenti tradizionali sul ruolo di genere
(Fitzgerald et al., 1995; McWhirter et al., 1998; O’Brien e Fassinger, 1993).
2.5. Le competenze scolastiche e le aspirazioni di carriera
In generale, gli uomini che scelgono gli ambiti di studio e professionali
tipicamente femminili sono relativamente pochi. Alcune ricerche hanno evidenziato
che i maschi sono più orientati verso settori strumentali come la scienza e la
tecnologia, piuttosto che verso ambiti socio-emotivi come la letteratura, l’arte e le
scienze sociali (Leaper e Friedman, 2007; Watt, 2008). Inoltre, le persone associano
generalmente ai lavori maschili uno status elevato, quindi, il modo in cui i ragazzi ed
i giovani adulti sviluppano le loro aspirazioni di carriera, potrebbe dipendere, oltre
che dalla motivazione estrinseca, come dimostrato da Fernàndez (2006), anche dal
prestigio della professione. In particolare, uno dei fattori che potrebbe influenzare le
scelte degli uomini è l’ideologia di mascolinità. Quest’ultima rileva tratti quali
32
l’aggressività, il conseguimento di uno status sociale elevato, la limitata emotività e
l’evitare atteggiamenti tipicamente femminili.
Nella ricerca di Wood ed Eagly (2002) sui ruoli di genere, è stato mostrato,
da un lato, come la rigida adesione degli uomini alla nozione di mascolinità vada a
limitare le loro scelte; dall’altro come la diminuzione delle pressioni a conformarsi a
tale ideologia, abbia reso possibile il perseguire gli interessi non tradizionali. In
supporto a questo modello, Tokar e Jome (1998) hanno suggerito che l’ideologia di
mascolinità predice gli interessi vocazionali (scienza e tecnologia) e le scelte di
carriera degli uomini (ambiti legati al business e alla tecnologia).
Lo studio di Leaper e Van (2008) ha cercato di verificare queste ipotesi
prendendo in considerazione diverse sfaccettature della motivazione accademica e
delle credenze di genere. Le variabili indagate su un gruppo di 342 studenti maschi
americani (età media 19 anni) sono state: l'auto- efficacia e gli interessi come
componenti della motivazione accademica; il sessismo nascosto (ovvero la
manifestazione degli atteggiamenti e delle credenze sessiste attraverso forme più
nascoste, come ad esempio negare l’esistenza della discriminazione di genere o
criticare il movimento femminista), la conformazione ai ruoli di genere e l’ideologia
di mascolinità come aspetti delle credenze di genere degli uomini. Sono stati
utilizzati il Male Role Norms Inventory (Levant et al., 1992) per la valutazione del
grado di approvazione dell’ideologia di mascolinità, e la Neosexism Scale (Tougas et
al., 1995) per misurare gli atteggiamenti sessisti nascosti.
I risultati hanno messo in evidenza che le tre variabili considerate, ovvero
l’ideologia di mascolinità, il sessismo nascosto e il conformarsi ai ruoli di genere
sono state correlate negativamente con l’auto-efficacia negli ambiti di studio non
tradizionalmente maschili. Inoltre, è emerso che gli studenti che hanno avuto elevati
punteggi nell’ideologia di mascolinità hanno mostrato degli interessi accademici
tradizionali. L’auto- efficacia per gli indirizzi non tradizionali è stata elevata tra i
partecipanti che hanno avuto bassi punteggi di sessismo nascosto e una minore
propensione a conformarsi ai ruoli di genere. In riferimento alle scelte accademiche,
è emerso che la selezione degli ambiti di studio tradizionali è stata meno diffusa tra i
maschi con bassi punteggi di sessismo nascosto e d’ideologia di mascolinità. Tali
33
risultati sono coerenti con l’idea secondo cui gli atteggiamenti di genere possono
formare gli ambiti lavorativi che gli uomini scelgono come appropriati per il loro
sesso. Inoltre, diverse ricerche (Kendall, 2000; Stockdale et al., 2004; Wade e
Brittan-Powell, 2001) hanno suggerito che i campi della tecnologia e del business
tendono a promuovere maggiormente la tradizionale ideologia di mascolinità
(caratterizzata appunto dall’aggressività, dall’assertività e da scarsa emotività) e a
contribuire a mantenere un clima sociale che è ostile sia verso le donne sia verso gli
uomini che non aderiscono a tale modello (Leaper e Van, 2008).
I cambiamenti sociali, che negli ultimi decenni hanno permesso una maggiore
parità professionale tra i generi, non hanno quindi determinato la scomparsa di una
rigida adesione all’ideologia di mascolinità, né degli atteggiamenti discriminatori
verso quelle donne che attuano delle scelte scolastiche e professionali non
tradizionali.
Leaper e Brown (2008), a tal proposito, hanno condotto uno studio su 600
adolescenti americane (fascia d'età 12-18 anni) volto ad indagare la percezione del
sessismo da parte delle ragazze in ambiti scolastici tradizionalmente maschili (come
matematica, scienza, computer ed atletica), attraverso lo Schedule of Sexism Events
(Klonoff e Landrine, 1995).
Sono stati considerati i maltrattamenti sessuali come esperienze di
atteggiamenti sessisti, caratterizzati da comportamenti e commenti indesiderati
riguardanti le donne; l’immagine corporea, i risultati scolastici, l’adattamento e le
credenze delle giovani adolescenti. L’attenzione è ricaduta sui maltrattamenti
sessuali poiché numerose evidenze sperimentali hanno mostrato la pericolosità di tali
esperienze, che possono provocare degli effetti negativi sull’autostima (Felix e
McMahon, 2006; Goldstein et al., 2007; Hand e Sanchez, 2000; Harned e Fitzgerald,
2002; Holt e Espelage, 2003; Larkin e Popaleni, 1994).
Dallo studio è emerso che la maggior parte del campione ha vissuto almeno
una volta esperienze di maltrattamenti sessuali. Nello specifico, la metà delle
partecipanti ha affermato di aver ricevuto dei commenti scoraggianti sulle loro abilità
in matematica, scienza e computer, ed un quarto delle ragazze li ha ricevuti rispetto
alle loro abilità atletiche. Il perpetrarsi di tali eventi potrebbe portare molte
34
adolescenti a minimizzare le loro competenze ed interessi nella matematica, scienza,
computer ed atletica, a diminuire i risultati nei suddetti ambiti e a scoraggiare le
scelte di facoltà riguardanti tali materie. In questo modo, le disuguaglianze di genere
sarebbero perpetrate, favorendo una superiorità degli uomini in tali campi scolastici e
successivamente professionali.
Un altro interessante aspetto della ricerca è quello che riguarda l’analisi dei
commenti sgradevoli nei confronti delle donne, che si verificano sia in ambito
scolastico che all’interno della famiglia: a scuola le elevate abilità atletiche o
tecniche delle ragazze potrebbero creare nei compagni un conflitto verso le
compagne, mentre in ambito familiare i padri sono i maggiori autori dei commenti
sgradevoli nei confronti delle figlie.
2.6. Decision-making: decisione ed indecisione
In genere le persone riflettono sulle decisioni da prendere rispetto alla carriera
futura durante l’adolescenza. La difficoltà nella presa di decisione è un aspetto
rilevante per lo sviluppo della carriera futura degli adolescenti e dei giovani adulti.
Sebbene molti adolescenti riescono in questo compito molto precocemente, altri si
trovano di fronte molte difficoltà prima o durante la fase di decision-making. Queste
difficoltà potrebbero portare il soggetto o a tentare di trasferire la responsabilità di
prendere una decisione su qualcun altro o rinviarla o evitarla del tutto (Gati, Saka,
2001).
Le difficoltà relative alle decisioni rispetto alla carriera futura sono state
associate in passato alla nozione di “career indecision” (indecisione di carriera).
Precedenti ricerche hanno posto l’accento nel categorizzare i vari tipi di problemi
connessi all’indecisione (Campbell & Cellini, 1981; Crites, 1978; Fouad, 1994;
Osipow & Fitzgerald, 1996; Rounds & Tinsley, 1984; Super, 1953). La ricerca
empirica si è focalizzata sullo sviluppo di misure volte ad esaminare le differenze
individuali nell’indecisione di carriera (Gati et al., 1996; Osipow, 1999; Slaney,
1988; Spokane & Jacob, 1996).
35
Una tassonomia delle difficoltà del processo di decision-making è stata sviluppata da
Gati, Krausz e Osipow (1996). Le difficoltà sono basate sulle deviazioni dal modello
di una “presa di decisione ideale di carriera”. Chi prende una decisione ideale di
carriera è una persona che è consapevole della necessità di prendere una decisione, è
disposto a prendere una decisione ed è capace di prendere la decisione “giusta” (ad
esempio una decisione che è basata su un appropriato processo ed è compatibile con
gli obiettivi e le risorse personali). Una qualsiasi deviazione dal modello della presa
di decisione ideale è considerato come una potenziale difficoltà che potrebbe incidere
sul processo individuale di decision-making in uno dei due seguenti modi possibili:
a) ostacolando l’individuo nella presa di decisione b) o conducendolo verso una
decisione non ottimale.
La tassonomia proposta (Gati et al., 1996) include tre grandi categorie di
difficoltà: 1) non essere pronto, che si verifica prima del processo della presa di
decisione; 2) mancanza di informazione, che si verifica durante il processo di presa
di decisione; 3) informazione incongruente, che è presente sempre durante il
processo di decision-making. A loro volta queste categorie possono essere suddivise
ulteriormente.
La prima categoria, non essere pronto, include tre sottocategorie di difficoltà:
-
mancanza di motivazione ad intraprendere il processo di
decision-making;
-
indecisione generale rispetto alle decisioni;
-
credenze disfunzionali, che includono aspettative irrazionali.
La seconda categoria, mancanza di informazione, include quattro categorie di
difficoltà:
-
mancanza di conoscenza degli step coinvolti nel processo di
decisione;
-
mancanza di informazioni su se stessi;
-
mancanza di informazioni rispetto alle varie alternative di
carriera;
-
mancanza di informazioni rispetto ai vari modi di ottenere
maggiori informazioni.
36
La terza categoria di difficoltà, informazione incongruente, include:
-
informazione non attendibile;
-
conflitti interni;
-
conflitti esterni.
Sono in tutto 10 le categorie che formano la tassonomia delle difficoltà del
processo di decision-making. Vari studi hanno supportato empiricamente la validità
della tassonomia (Gati et al., 2000; Gati & Saka, 2001; Mau, 2001), anche se
l’aspetto delle implicazioni culturali nel processo di decision-making resta sempre
poco esaminato.
Ad esempio, nello studio di Gati e Saka (2001), è stata utilizzata la tassonomia
delle difficoltà decisionali con un gruppo di adolescenti israeliani rispetto a tre scelte
da effettuare: la scuola superiore, un corso opzionale successivo e decidere se
scegliere o meno di intraprendere una carriera nelle forze armate. Dalle analisi
effettuate sono emerse delle differenze di genere significative. In particolare i maschi
mostrano più difficoltà delle femmine per quanto riguarda i conflitti esterni e le
credenze disfunzionali, mentre le femmine riportano maggiori difficoltà rispetto ai
maschi all’ultimo anno di scuola superiore in tre scale relative alla mancanza di
informazione:
-
mancanza di conoscenza degli step coinvolti nel processo di
decisione;
-
mancanza di informazioni rispetto alle varie alternative di
carriera;
-
mancanza di informazioni rispetto ai vari modi di ottenere
maggiori informazioni.
Ciò potrebbe spiegarsi con il fatto che i genitori e la società si aspettano una
maggiore istruzione e maggiori aspirazioni di carriera più per i maschi che per le
femmine (Hoffman, 1977). Inoltre i maschi sono più soggetti alle pressioni dei pari
per quanto riguarda la scelta della professione (McMahon e Patton, 1997). Tutto
questo potrebbe portare i maschi ad avere maggiori conflitti con gli altri per la scelta.
37
Bisogna ricordare che il compito di decision-making richiede al soggetto che
deve decidere di interagire con molte persone che potrebbero ostacolare o supportare
le sue scelte. Queste persone potrebbero essere i genitori, gli insegnanti, i pari e gli
amici, molti dei quali potrebbero anche creare barriere oppure facilitare la
formulazione e la riuscita degli obiettivi del soggetto in questione. Altri potenziali
facilitatori potrebbero essere le persone che hanno informazioni riguardanti i training
offerti dalle varie università, lo staff degli uffici e degli studi che potrebbe fornire
informazioni, e dati rispetto ad una prospettiva di occupazione e alle opportunità
lavorative (Nota, Soresi, 2003).
Figura1: Tassonomia delle difficoltà relative alla fase di Decision-Making (Gati et
al., 1996).
38
Capitolo 3
IL CONTESTO FAMILIARE
3.1. Differenze di genere nelle pratiche di socializzazione
La misura in cui i genitori adottano diverse pratiche di socializzazione tra
ragazzi e ragazze è importante per comprendere le origini delle differenze di
comportamento che esistono tra i maschi e le femmine. La teoria secondo cui, il
comportamento stereotipato di genere si realizza attraverso il “modellamento” da
parte dei genitori, è una visione molto diffusa tra gli scienziati sociali, nonché tra la
gente in generale (Lytton e Romney, 1991). L’esistenza e l’importanza di tale
comportamento di shaping (modellamento) sono in accordo con la teoria
dell’apprendimento sociale (Bandura, 1997), che spiega l’acquisizione delle
differenze sessuali nel comportamento e negli atteggiamenti attraverso gli stessi
meccanismi che si applicano a tutti i tipi di comportamento, cioè il potenziamento
(rinforzo di un comportamento che diviene così un’abitudine stabile del soggetto) ed
il modellamento (ovvero un processo d’apprendimento che si attiva quando il
comportamento di un individuo si modifica in funzione del comportamento di un
altro individuo che ha la funzione di modello). La famiglia, naturalmente, è il primo
e forse il più importante agente di tale rafforzamento (Maccoby e Jacklin, 1974).
Lytton e Romney (1991), sulla base di tali evidenze teoriche, hanno condotto
una meta-analisi su 172 studi (che vanno dal 1952 al 1974) di diversa nazionalità,
nella quale si sono occupati di indagare gli effetti del genere del figlio sui
comportamenti di socializzazione dei genitori. Gli obiettivi sono stati comprendere in
quali aree di socializzazione il padre e la madre trattano in modo diverso il figlio e la
figlia, e capire se i padri attuano delle differenze tra i maschi e le femmine rispetto
alle madri. Infine, indagare l’esistenza di fattori di moderazione (ad esempio l’età
del/la figlio/a) che influenzano le dimensioni della differenza.
39
In riferimento al primo obiettivo, la maggior parte degli studi presi in
considerazione hanno mostrato che le aree di socializzazione in cui i genitori attuano
comportamenti diversi rispetto al genere dei figli sono le attività di gioco e le
faccende domestiche. In relazione alla prima area, Caldera et al. (1989) hanno
scoperto che i bambini, già a 18 mesi, ed i loro genitori mostrano un maggiore
coinvolgimento con i giocattoli convenzionalmente associati al sesso di appartenenza
del bambino stesso. Tuttavia, Block (1983) ha suggerito che l’incoraggiamento
genitoriale verso alcune attività ludiche ha sicuramente delle implicazioni di vasta
portata, ma si deve ricordare che i padri e le madri possono semplicemente rafforzare
ed amplificare delle preferenze già esistenti nel bambino e biologicamente
determinate.
Differenti pratiche di trattamento genitoriale dei figli nelle faccende
domestiche sono state riscontrate invece da Whiting ed Edwards (1975). Questi
studiosi hanno osservato che in diverse culture, alle ragazze sono maggiormente
assegnati i compiti domestici, di assistenza e di cura dei bambini, mentre ai maschi i
compiti da svolgere fuori casa (ad esempio nutrire e portare a spasso gli animali).
Dunque, le ragazze tendono ad interagire di più con gli adulti ed i bambini, e ad
essere più responsabili rispetto ai ragazzi che, invece, interagiscono di più con i
coetanei.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo della meta-analisi, è emerso che i
padri tendono a fare maggiore differenza tra i figli e le figlie rispetto alle madri,
soprattutto per quanto riguarda le pratiche restrittive dei comportamenti dei giovani.
Infine, rispetto alla variabile età del figlio è stato dimostrata una generale
diminuzione del trattamento differenziato dei genitori all’aumentare dell’età dei figli,
in particolare nella disciplina (Lytton e Romney, 1991).
Sebbene questa meta-analisi abbia esaminato la socializzazione differenziata
dei ragazzi e delle ragazze e gli aspetti d’interazione tra il sesso del genitore ed il
sesso del figlio, non ha però esplorato le caratteristiche delle diverse relazioni
genitore-figlio (madre-figlia, madre-figlio, padre-figlia, padre-figlio).
In effetti, lo studio delle relazioni tra i genitori ed i figli fornisce una
conoscenza diversa sulle diadi, rispetto a quello delle pratiche di socializzazione
40
(Russel e Saebel, 1997). Le relazioni sono, infatti, bidirezionali, ovvero caratterizzate
da interazioni reciproche, attraverso cui ciascun membro della diade può influenzare
l'altro.
La gender theory (la teoria del genere) (Ferree, 1990; Thompson e Walker,
1989; West e Zimmerman, 1987) presenta un’analisi delle differenze tra i ruoli
familiari ed il comportamento dei padri e delle madri in termini di genere attraverso
un’indagine dei ruoli familiari e dei comportamenti in cui il genere è un fattore
dominante sia per i genitori che per i figli.
La gender schema theory (la teoria sullo schema di genere) (Bem, 1985) è un
altro contributo teorico che fornisce delle spiegazioni sul processo schematico di
genere, in base al quale i maschi e le femmine si comportano in modo differente in
base ad uno schema. Ciò è dovuto al fatto che ogni individuo percepisce, valuta e
regola il comportamento proprio ed altrui, in accordo con le definizioni culturali del
genere di appartenenza. Tale teoria ha anche postulato che queste definizioni sono
acquisite fin dalla prima infanzia.
Molti scienziati sociali si sono occupati di descrivere ciascuna delle quattro
diadi (madre-figlia, madre-figlio, padre-figlia, padre-figlio), accettando o credendo
l’esistenza delle diversità tra i quattro tipi di relazione. Bassoff (1987), per esempio,
ha suggerito che le madri e le figlie sono strettamente legate, e che l’identità dell’una
è collegata con l’identità dell’altra. Arcana (1983) è un’autrice che si è focalizzata
sulla relazione madre-figlio, sottolineando che il sesso opposto dei due membri della
diade è un aspetto importante nel determinare le caratteristiche della relazione. La
diversità della relazione padre-figlia è stata spesso studiata rispetto all’importanza
del padre nel processo di sviluppo della figlia. Questo senso di distinzione è
specialmente marcato nella reciproca teoria di ruolo (Jhonson, 1963, 1975), secondo
cui le ragazze apprendono i ruoli appartenenti al genere femminile interagendo con i
comportamenti maschili attuati dal padre. Vogt e Sirridge (1991), in riferimento alla
relazione padre-figlio hanno scritto: “ Il modello di questa relazione influenza ogni
cosa nella vita di un uomo, dal modo di vedere se stesso al modo di vedere gli altri, il
potere, l’economia, la politica e spesso la sua visione del mondo naturale”. Una
simile argomentazione sull’acquisizione nei ragazzi delle caratteristiche maschili dai
41
loro padri, è spesso presentata nella letteratura sulla mascolinità ed il suo sviluppo
(Balswick, 1988).
A tal proposito, nella ricerca di Russell e Seabel (1997) sono state esaminate
le differenze di genere e la misura in cui una o più diadi potrebbero essere distinte,
nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Questa analisi, in generale, ha fornito un
supporto empirico limitato, rispetto alle molte e chiare assunzioni presenti nella
letteratura sull’argomento. Sono state riscontrate, come effetto dell’interazione tra il
sesso del genitore e quello del figlio, delle differenze nelle relazioni fra due diadi
(come madre-figlio versus madre-figlia), e tra coppie di diadi (come quelle dello
stesso sesso versus quelle di sesso opposto) in riferimento alle misure di
vicinanza/intimità e di reazioni affettive della relazione (Russel e Saebel, 1997).
3.2. Il ruolo dei genitori nella trasmissione del sessismo
Il coinvolgimento genitoriale nell’educazione dei figli è stato oggetto di molte
ricerche per diversi anni, e questo argomento continua a destare interesse
(Bogenschneider, 1997; Eccels et al., 1990; Epstein, 1991; Muller, 1998; Smith,
1992; Schneider e Coleman, 1993). In generale è stata rilevata una relazione positiva
tra il livello complessivo del coinvolgimento dei genitori e le performance
accademiche degli studenti. Per esempio, alcuni autori hanno osservato che tale
aspetto ha un’influenza positiva sui risultati dei figli ai test matematici (Muller, 1993,
1998), diminuisce la probabilità dell’abbandono scolastico nelle scuole superiori
(Teachman et al., 1996), e ha degli effetti positivi sul grado di formazione raggiunto
dai giovani (Fehrmann et al., 1987). Quindi, le indagini hanno mostrato che
l’interesse dei genitori verso l’educazione dei figli è importante per sperimentare
esperienze positive e successi scolastici. Tuttavia, sono state fornite poche
informazioni su come questo aspetto differisce tra le figlie ed i figli. Esaminare le
diversità nel coinvolgimento genitoriale è importante, poiché potrebbe aiutare a
spiegare le differenti esperienze educative degli adolescenti e delle adolescenti, e
42
contribuire alla comprensione delle condizioni che promuovono la stratificazione di
genere nel mondo del lavoro.
Il coinvolgimento genitoriale può, inoltre, agire in vario modo su alcuni
aspetti dell’educazione dei figli quali: le differenze di genere, le aspettative, la
supervisione genitoriale, il coinvolgimento alle discussioni ed agli eventi scolastici
dei figli.
Rispetto alle differenze di genere, l’uguaglianza tra i sessi ha ottenuto, negli
ultimi anni, una maggiore accettazione nella società, e la gente potrebbe aspettarsi
una disponibilità dei genitori a trattare i figli e le figlie in modo uguale. In realtà, i
risultati di numerose indagini hanno suggerito il contrario. Per esempio, alcuni
ricercatori hanno verificato che le tradizionali pratiche di socializzazione presentano
delle differenze in base al genere del figlio (Eccles et al., 1990; Entwisle et al., 1994;
Saltiel, 1985). Nello specifico i maschi vengono educati ad essere assertivi,
indipendenti e capaci di realizzarsi; mentre le femmine vengono educate alla
dipendenza, alla sottomissione ed al conformismo (Block, 1983; Marini e Brinton,
1984). Da ciò, si può evincere che queste diverse modalità di trattamento possono
avere degli effetti dannosi sulle femmine. Infatti, possono portare ad esperienze di
riduzione dell’autostima durante l’adolescenza, influenzando negativamente le loro
aspirazioni e risultati (Smith, 1992; Wigfield e Eccles, 1994).
Le differenze di genere sono state riscontrate anche rispetto alle attività ed
alla partecipazione degli studenti nei corsi di matematica e scienze (Catsambis, 1994;
Entwisle et al., 1994), alla percezione delle abilità accademiche (Wigfield e Eccles,
1994), alle aspettative educative (Hanson, 1994), e alla percezione dei genitori delle
abilità matematiche dei figli (Eccles e Jacobs, 1986; Eccles et al., 1990). In
riferimento a quest’ultimo aspetto, è stato osservato che i genitori si aspettano che i
maschi ottengano dei buoni risultati in matematica e scienze e che queste materie
siano più difficili per le femmine. Uno studio di Catsambis (1994) ha riscontrato che
la percentuale di studenti maschi che esprimono delle aspirazioni in campi
matematici è maggiore rispetto alla percentuale delle studentesse. Inoltre, si è visto
che le ragazze aspirano più dei ragazzi alla laurea, ma non credono di essere in grado
di raggiungere questo obiettivo (Hanson, 1994).
43
Un altro sistema con cui i genitori possono contribuire all’educazione dei loro
figli riguarda il contatto che instaurano con gli insegnanti e l’interesse verso gli
eventi scolastici. Le ricerche che si sono occupate di studiare questo aspetto hanno
riscontrato che la comunicazione dei genitori con la scuola si verifica più per i figli
che per le figlie (Muller, 1998; Sui-Chu e Willms, 1996).
Le differenze del coinvolgimento genitoriale verso l’educazione dei figli e
delle figlie sono state analizzate nello studio di Carter e Wojtkiewicz (2000). I due
autori hanno scelto un campione rappresentativo di 25.000 adolescenti americani
della scuola pubblica e privata. Le informazioni fornite dagli studenti sono state usate
per indagare il coinvolgimento genitoriale dell’educazione dei figli, visto dalla
prospettiva dei giovani.
I risultati hanno mostrato che i genitori aiutano i figli in modo diverso in base
al genere. Tuttavia, i dati hanno messo in evidenza, contrariamente a quanto previsto,
che le ragazze hanno ricevuto più attenzione dai loro genitori rispetti ai ragazzi. Ciò
potrebbe essere spiegato in diversi modi. I genitori potrebbero essere più coinvolti
con le figlie perché c’è una maggiore enfasi sui risultati scolastici e le aspirazioni
professionali delle ragazze a causa delle attuali condizioni sociali, come il
matrimonio posticipato e l’aumento dei divorzi. Tali eventi richiedono alle femmine
di essere autonome da un punto di vista lavorativo ed economico, piuttosto che
dipendenti dal marito. È anche possibile che i genitori attualmente educhino le figlie
in modo da diminuire le disuguaglianze di genere; oppure, le elevate aspettative
scolastiche nei confronti delle ragazze sono dovute alla forte influenza delle madri
lavoratrici. Queste ultime, infatti, trasmettono alle figlie delle credenze e degli
atteggiamenti circa i ruoli della donna nella società che sono diversi da quelli
tradizionali, perché influenzati dalle esperienze che le madri fanno all’interno del
mondo del lavoro. Quindi, l’idea di una donna che ricopre dei ruoli, non solo
all’interno della famiglia, ma anche nei vari ambiti professionali, contribuisce a
motivare l’importanza di raggiungere degli elevati gradi d’istruzione da parte delle
figlie. Dall’altra parte, questi risultati potrebbero essere interpretati come le prove
della persistenza delle tradizionali pratiche di socializzazione dei figli. Per cui, il
maggiore coinvolgimento dei genitori verso le figlie potrebbe derivare dalla credenza
44
che le adolescenti sono più dipendenti dagli altri rispetto agli adolescenti. Le ragazze
potrebbero, inoltre, riportare un maggiore coinvolgimento con i loro genitori, perché
hanno con loro una relazione reciproca più positiva, rispetto ai ragazzi. Dunque lo
studio piuttosto che confermare il fatto che le disuguaglianze di genere sono favorite
da un diverso incoraggiamento genitoriale dei risultati scolastici dei figli, indica un
maggiore coinvolgimento genitoriale con le figlie (Carter e Wojtkiewicz, 2000).
3.3. Le aspettative dei genitori
Alcune ricerche hanno considerato le abilità innate per spiegare le
disuguaglianze di genere in determinati ambiti professionali (Benbow e Lubinski,
1997). In particolare, sia negli Stati Uniti sia in Europa le donne sono
sottorappresentate in ambito scientifico ed in quello ingegneristico (Dewandre, 2002;
National Council for Research on Women, 2002; National Science Foundation,
2000). In realtà, i punteggi ottenuti dai soggetti di entrambi i sessi ai test delle abilità
scientifiche, non sono stati molto differenti. Data la grande discrepanza tra il numero
di uomini e di donne negli ambiti scientifici e la piccola differenza tra i risultati dei
due generi nei test di performance, le abilità innate non possono essere considerate
come un fattore che spiega l’esistenza della disuguaglianza tra i sessi. Lo studio delle
credenze e delle pratiche di socializzazione si è rivelato più utile per comprendere la
diversa percentuale degli uomini e delle donne negli ambiti scientifici.
Il genere rappresenta uno dei fattori che influisce sullo sviluppo dei bambini
(Bem, 1993). A prescindere dal reddito, dall’etnia e dal quartiere, le pratiche culturali
tendono ad essere organizzate diversamente per i ragazzi e per le ragazze. Attraverso
il processo di acculturazione, gli individui fanno propria l’ideologia di genere
approvata dal sistema culturale di appartenenza. Questo processo d’internalizzazione
fornisce alle persone uno schema di comportamenti e di credenze relative al proprio
genere (Bem, 1993). In particolare, i genitori potrebbero formare lo schema in base
al quale la matematica e la scienza sono delle attività più appropriate per i ragazzi
che per le ragazze. A tal proposito, è stato verificato che le madri di figlie credono
45
che queste ultime debbano sforzarsi molto per ottenere dei buoni risultati in
matematica, rispetto a quanto credono le madri di figli. Questo stesso modo di
pensare potrebbe riguardare anche le diverse aspettative genitoriali per i maschi e le
femmine nel campo della scienza (Goodnow, 1990; Kahle, 1988). È possibile,
inoltre, che le attribuzioni stereotipate dei genitori riguardo gli interessi e le
competenze dei bambini possano cambiare con la crescita. È stato osservato che
durante l’adolescenza aumentano le pressioni dei genitori nei confronti dei figli a
conformarsi al proprio ruolo di genere (Crouter et al., 1995; Hill e Lynch, 1983).
Le credenze dei genitori sulle abilità dei figli potrebbero influenzare la loro
motivazione ed i loro successi scolastici. Alcuni approcci teorici, tra cui la teoria
sociale cognitiva (Bandura, 1997), hanno mostrato gli effetti della trasmissione delle
credenze dei genitori ai propri figli. A tal proposito, Bandura (1997) ha sottolineato
l’importanza
dell’osservazione, dell’imitazione
del comportamento e della
motivazione stimolata dai genitori nei figli. Per esempio, se i genitori mostrano
interesse nelle attività scientifiche, i bambini apprendono più facilmente queste
attività e inferiscono i benefici di essere coinvolti nella scienza. In più, attraverso
l’osservazione, i bambini imparano tramite la pratica. Se i genitori tendono a
coinvolgere i loro figli nelle attività scientifiche in modo maggiore rispetto alle figlie,
i ragazzi potrebbero essere più propensi delle ragazze a sviluppare una familiarità e
delle competenze in queste attività. Per quanto riguarda la motivazione, se i genitori
forniscono un maggiore incoraggiamento ai maschi a partecipare alle attività
scientifiche, i ragazzi potrebbero essere più disposti a sviluppare una maggiore
confidenza ed interesse nelle scienze, rispetto alle ragazze.
Un altro mezzo efficace per la trasmissione delle pratiche culturali è il
linguaggio (Leaper et al., 1998); attraverso di esso i genitori hanno la possibilità di
comunicare dei concetti e di stimolare il pensiero dei figli.
La ricerca di Tenenbaum e Leaper (2003) si è occupata di esaminare la
famiglia come contesto per la creazione delle disuguaglianze di genere negli interessi
e nei risultati scientifici, attraverso l’osservazione del linguaggio dei genitori in
determinate attività. Gli autori hanno preso in considerazione tre tipi di discorso
d’insegnamento: la spiegazione causale, le domande concettuali ed il vocabolario
46
scientifico. Tali forme di conversazione sono considerate cognitivamente stimolanti.
La spiegazione causale fornisce una descrizione causa-effetto degli eventi ed è legata
all’incremento della comprensione concettuale, soprattutto nell’ambito scientifico
(Chi et al., 1994; Dunbar, 1995). Le domande concettuali impegnano il giovane in
attività di pensiero. L’uso del vocabolario scientifico da parte di genitori consente, da
un lato, di dimostrare i concetti scientifici, dall’altro lato, di aumentare nei figli la
comprensione della scienza (Meyerson et al., 1991).
La frequenza con cui i genitori usano la discussione scientifica è risultata
essere in relazione con la frequenza con cui i figli utilizzano tale discussione. In
questo senso, se i genitori utilizzano in modo maggiore il linguaggio cognitivamente
impegnato con i figli piuttosto che con le figlie durante le attività scientifiche, i
ragazzi e le ragazze potrebbero ricevere differenti opportunità di praticare il problem
solving scientifico (insieme dei processi atti ad analizzare, affrontare e risolvere
positivamente situazioni problematiche).
Nello studio di Tenenbaum e Leaper (2003) 52 adolescenti americani di
entrambi i sessi (fascia di età 11-13 anni) ed i loro genitori sono stati osservati
durante quattro attività strutturate d’insegnamento: tre scientifiche quali biologia,
computer e fisica, ritenuti ambiti tipicamente maschili; una non scientifica, ovvero, la
negoziazione interpersonale (cioè la capacità di discutere e risolvere i conflitti
interpersonali), dominio tipicamente femminile.
I risultati indicano che in generale i genitori hanno avuto delle aspettative
stereotipate riguardo agli interessi ed alle abilità scientifiche dei loro figli. Essi hanno
anche usato il linguaggio cognitivamente impegnato in modo diverso in base al
genere dell’adolescente. Per contro, non ci sono state differenze tra le ragazze ed i
ragazzi nei loro interessi o nell’auto-efficacia nelle scienze. Quindi, mentre non si
sono registrate delle diversità tra i comportamenti e le cognizioni scientifiche nei
giovani, sono state riscontrate delle forti indicazioni del trattamento differenziato da
parte dei padri e delle madri. Nello specifico, i genitori di figlie hanno creduto che
queste ultime fossero meno interessate alla scienza e avessero più difficoltà in questo
ambito, rispetto ai genitori di figli. Tale dato è simile alle attribuzioni stereotipate dei
genitori sui risultati matematici dei figli, riscontrate da Parsons (1982). Ma perché i
47
genitori hanno delle attribuzioni stereotipate delle abilità dei giovani in assenza di
differenze dei risultati? Forse le aspettative dei padri e delle madri potrebbero essere
guidate da una prevalente visione culturale, secondo cui la scienza è più appropriata
per gli uomini che per le donne (Goodnow, 1990). Ne consegue che i modelli e le
ideologie sociali potrebbero essere più influenti delle performance attuali degli
adolescenti, nel guidare alcune credenze genitoriali sui loro figli (Bem, 1993).
Nella metà delle attività osservate, inoltre, l’uso del discorso cognitivamente
impegnato da parte dei figli è risultato in relazione con l’uso dello stesso da parte dei
genitori. In riferimento a ciò, le teorie socioculturali (Rogoff, 1995; Vygotsky, 1978)
hanno sottolineato che lo sviluppo dei bambini si verifica attraverso le interazioni
con i membri superiori della comunità, come i genitori. I figli, ascoltando l’uso del
discorso cognitivamente impegnato da parte dei genitori durante le attività
scientifiche, potrebbero apprendere questo tipo di linguaggio e, nello stesso tempo
sviluppare delle competenze scientifiche più profonde.
Un ulteriore dato ha mostrato che l’utilizzo da parte dei genitori del discorso
cognitivamente impegnato è stato differente con i ragazzi e le ragazze, e in base al
tipo di attività. In particolare i padri, ma non le madri, hanno agito in modo differente
in base al sesso dei giovani. I padri di figli hanno usato maggiormente un linguaggio
impegnato rispetto ai padri di figlie, durante le attività attinenti alla fisica; i padri
degli adolescenti di entrambi i sessi hanno mostrato l’utilizzo del discorso
cognitivamente impegnato durante le attività di negoziazione interpersonale allo
stesso modo. Forse i genitori interpretano tali attività come neutre, cioè né maschili
né femminili. Questo risultato è in accordo con lo studio di Siegal (1987), secondo
cui il trattamento diversificato in base al genere è più osservabile nei padri piuttosto
che nelle madri. Inoltre, sempre i padri si sono comportati in modo differente in base
al genere del figlio all’interno di determinate attività. Nei compiti attinenti alla fisica
essi hanno offerto meno insegnamenti alle figlie che non ai figli. Un simile
comportamento, secondo gli autori, suggerisce l’esistenza di un pregiudizio, in base
al quale i padri considerano appropriate queste attività per i maschi e non per le
femmine, incoraggiando i figli in modo diverso. In tal modo, i ragazzi potrebbero
sviluppare degli interessi e delle teorie scientifiche più avanzate, rispetto alle
48
ragazze. I padri potrebbero involontariamente contribuire al mantenimento delle
disuguaglianze di genere nei risultati e negli interessi scientifici.
In definitiva, questo studio ha dimostrato che i genitori, durante le interazioni,
trasmettono l’ideologia di genere ai propri figli. Tale visione stereotipata dei sessi
potrebbe influenzare in modo diverso gli interessi e l’auto-efficacia degli adolescenti
in riferimento alle attività scientifiche. A tal proposito, Harter (1992), ha riportato
che i giovani che si percepiscono come competenti in determinati domini, tenderanno
ad abbracciare questi ambiti e ad essere maggiormente motivati. Per cui, lo sviluppo
nei ragazzi e nelle ragazze di un senso di efficacia in alcune attività, in questo caso
quelle scientifiche, grazie alla diversa azione dei genitori, potrebbe influenzare anche
le successive scelte universitarie e professionali degli adolescenti (Tenenbaum e
Leaper, 2003).
49
Capitolo 4
LA RICERCA
4.1. Obiettivi e ipotesi
Sulla base di quanto è stato osservato sull’argomento in letteratura, ci si chiede
quale importanza possano avere gli atteggiamenti di ruolo oggi nel contesto culturale
italiano, caratterizzato da una forte tradizione familiare, dove la trasmissione dei
valori avviene di generazione in generazione. Può dunque il sessismo essere parte di
ciò che viene “appreso” culturalmente in famiglia? Può influenzare le scelte future
dei giovani adulti? Può in qualche modo direzionare i loro interessi? Per poter
rispondere a questi interrogativi si è ritenuto necessario indagare sul campo,
attraverso uno studio empirico che verrà descritto di seguito.
Gli obiettivi generali di questa ricerca sono:
a)
verificare innanzitutto dal punto di vista metodologico la
coerenza interna degli strumenti Social Roles Questionnaire (Baber,
Tucker, 2006) e Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar,
Akrami, Araya, 2000) tradotti in italiano attraverso il metodo della back
translation, per il conseguimento degli obiettivi b) e c);
b)
analizzare gli atteggiamenti di ruolo di genere degli studenti e
dei rispettivi genitori;
c)
verificare se esiste una relazione tra gli atteggiamenti sessisti
degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla carriera
che intendono intraprendere.
In riferimento all’obiettivo b) si definiscono le seguenti ipotesi:
50
b1)
Studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e
tra i padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere.
I risultati delle ricerche confermano che le donne più degli uomini
sostengono atteggiamenti ugualitari e che non dipendono dal genere.
L’utilizzo delle Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar,
Akrami, Araya, 2000) conferma che è possibile distinguere tra
un’ideologia sessista classica, che comprende gli stereotipi condivisi da
sempre nella società, e un’ideologia sessista moderna, che rispecchia i
cambiamenti della società e i nuovi ruoli della donna, e che gli uomini
riportano comunque punteggi più alti delle donne in entrambi i casi. Sulla
base degli studi di Baber e Tucker (2006), ed Ekehammar, Akrami,
Araya, (2000) si ipotizza che sia il genere maschile a mostrare maggiori
atteggiamenti sessisti rispetto al genere femminile.
b2)
Studio del livello di sessismo dei genitori in
funzione del genere dei figli.
Una meta-analisi di Lytton e Romney (1991) su 172 studi di diversi
paesi ha indagato gli effetti del genere del figlio sui comportamenti di
socializzazione dei genitori. In particolare Rouyer, Frascarolo, ZaoucheGaudron, Lavanchy (2007), nel loro studio confermano un differente
atteggiamento dei padri in base al genere dei figli: i padri che hanno figli
maschi sono più coinvolti nelle cure dei figli rispetto ai padri di figlie
femmine, e in generale percepiscono di avere un maggiore ruolo nella
socializzazione dei figli maschi rispetto alle figlie femmine. La ricerca di
Suitor, Pillemer, Sechrist (2006) evidenzia che le madri supportano
maggiormente le figlie adulte piuttosto che i figli. Quattro studi di
Blakemore e Hill, (2007) si sono focalizzati sul confronto tra genitori con
credenze tradizionaliste e genitori con credenze femministe. I risultati
hanno dimostrato che attraverso i comportamenti legati al genere, le
caratteristiche, le aspirazioni formative e occupazionali per i figli, si
potesse distinguere tra genitori di figli maschi e genitori di figlie
51
femmine e tra genitori tradizionalisti e genitori femministi. A questo
proposito lo studio di Tenenbaum e Leaper (2003) ha messo in evidenza
come, soprattutto i padri, siano più propensi ad attuare una diversa
socializzazione dei figli in base al loro sesso, in particolare che i genitori
pensano che le scienze siano più adatte ai figli maschi piuttosto che alle
figlie femmine. Altre analisi (Fredricks e Eccles, 2002; Jacobs et al.,
2005; Leaper, 2002; Simpkins et al., 2005), hanno riscontrato come, in
generale, molti genitori tendono ad avere elevate aspettative nei confronti
dei figli maschi piuttosto che verso le figlie femmine per quanto riguarda
le abilità matematiche, tecnologiche, scientifiche e sportive (Leaper e
Brown, 2008). Sulla base di questi studi si ipotizza che il genere dei figli
possa direzionare il comportamento sessista dei genitori.
b3)
Studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli.
La teoria secondo cui il comportamento stereotipato di genere si
realizza attraverso il “modellamento” da parte dei genitori, è una visione
molto diffusa tra gli scienziati sociali, nonché tra la gente in generale
(Lytton e Romney, 1991). L’esistenza e l’importanza di tale
comportamento di shaping (modellamento) sono in accordo con la teoria
dell'apprendimento sociale (Bandura, 1997), che spiega l’acquisizione
delle differenze sessuali nel comportamento e negli atteggiamenti
attraverso gli stessi meccanismi che si applicano a tutti i tipi di
comportamento. La famiglia è il primo e forse il più importante agente di
tale rafforzamento (Maccoby e Jacklin, 1974). In uno studio di Fernàndez
et al. (2004), è stato riscontrato che i giovani tra i 18 ed i 22 anni
mostrano i più alti livelli di sessismo. Una possibile spiegazione di
questo risultato è che gli atteggiamenti dei soggetti più giovani riflettono
una visione più che altro genitoriale ed una mancanza di esperienze
soprattutto nel campo del lavoro e della competizione. Sulla scia di questi
studi si ipotizza che gli atteggiamenti sessisti dei genitori partecipanti a
questa ricerca predicano in modo significativo quello dei figli.
52
In riferimento all’obiettivo c):
c1)
Studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli
studenti.
Lo studio di Hargrove et al. (2005) ha esplorato la pianificazione della
carriera di adolescenti americani tra i 14 e i 18 anni. Rispetto alle
differenze di genere, le ragazze hanno riferito di aver intrapreso
maggiormente rispetto ai ragazzi delle conversazioni con i genitori sui
progetti futuri relativi alla carriera. Si ipotizza, dunque, una differenza di
genere rispetto al livello di decisione degli studenti partecipanti.
c2)
Studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli
studenti.
I dati della ricerca di Gushue e Whitson (2006), hanno evidenziato
che le ragazze con atteggiamenti egualitari sul ruolo di genere hanno
anche mostrato di credere fortemente nelle loro abilità ad impegnarsi
efficacemente nei compiti di costruzione della carriera. Si ipotizza un
differente livello di decisione degli studenti in base al grado di sessismo
espresso.
c3)
Studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi
professionali.
Alcune ricerche hanno evidenziato che i maschi sono più orientati verso
settori strumentali come la scienza e la tecnologia, piuttosto che verso
ambiti socio-emotivi come la letteratura, l’arte e le scienze sociali
(Leaper e Friedman, 2007; Watt, 2008). Sulla scia di vari studi
(D’Alessio, Laghi, Gurrieri, Baiocco, 2006; Fernàndez, Castro, Otero,
Foltz, Lorenzo, 2006), si ipotizza che gli studenti maschi sceglieranno
53
maggiormente gli interessi tecnici-scientifici e le studentesse quelli
sociali ed umanistici.
c4)
Studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti.
Fernàndez et al. (2006) hanno condotto uno studio in Spagna che
esamina, tra le varie ipotesi, quanto i giovani aderiscano agli
atteggiamenti sessisti e come ciò possa influire sulle loro scelte di
carriera. I risultati hanno evidenziato che i partecipanti di questa ricerca
continuano per lo più a scegliere professioni in linea con gli stereotipi di
genere: i maschi optano più per le specializzazioni tecniche e le femmine
per le scienze sociali ed umanistiche. Tokar e Jome (1998) suggeriscono
che l’ideologia di mascolinità possa predire gli interessi vocazionali
(scienza e tecnologia) e le scelte di carriera degli uomini (ambiti legati al
business e alla tecnologia). Si ipotizza che ci sia una differenza del grado
di sessismo in base agli interessi espressi dagli studenti partecipanti.
c5)
Studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli
studenti in base alla tipologia di scuola frequentata.
Anche l’indirizzo di formazione scelto dai soggetti della ricerca di
Fernàndez et al. (2006) è legato alla maggiore o minore aderenza agli
atteggiamenti sessisti. Nello specifico, coloro che erano iscritti in campi
tecnici (sia maschi che femmine) hanno riportato più atteggiamenti
sessisti rispetto agli studenti di altri ambiti, sia nella forma ostile che
benevolente. Gli studenti maschi iscritti nelle specializzazioni tecniche
hanno mostrato maggiori atteggiamenti sessisti; inoltre, in modo
sorprendente, è emerso che le femmine iscritte in specializzazioni
tecniche hanno presentato maggiori atteggiamenti sessisti rispetto a
quelle iscritte in altri ambiti di studio. Tale dato suggerisce che le donne
che scelgono specializzazioni tecniche tendono ad identificarsi con gli
stereotipi e gli atteggiamenti maschili, per poter godere degli stessi
privilegi e dello stesso potere degli uomini. Nel presente studio si
54
ipotizzano delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti
in base alla tipologia di scuola frequentata.
4.2. Metodo
La ricerca è stata suddivisa in due sezioni in base ai due obiettivi di studio
principali: nella prima ci si è occupati di analizzare gli atteggiamenti di ruolo di
genere degli studenti e dei rispettivi genitori. Nella seconda parte si sono analizzati
gli interessi e il livello di decisione degli studenti per verificare eventuali relazioni
con il grado di sessismo espresso.
4.2.1.Soggetti
Hanno partecipato 608 studenti dell’ultimo anno di scuole superiori e i
rispettivi genitori del centro Italia (262 di cui 122 coppie e 18 singoli).
Statistiche descrittive
Tabella
Tabella 1:1:
Descrizione dei partecipanti per genere e scuola frequentata
Tipo di scuola
Liceo scientifico
Liceo classico
Liceo linguistico
Liceo delle scienze sociali
Istituto alberghiero
Istituto d'arte
Istituto tecnico agrario
Istituto tecnico commerciale
Istituto tecnico industriale
Totale
Sesso
Femmine
142
23
11
13
16
13
43
14
35
310
Maschi
139
10
3
2
21
9
10
9
95
298
55
Totale
281
33
14
15
37
22
53
23
130
608
Tabella
2:
Tabella 2:
Descrizione della variabile età studenti
Partecipanti
608
Età minima
17
Età massima
25
Età media
18,49
Dev.St.
0,81
Tabella 3 :
Descrizione della variabile età genitori partecipanti
Partecipanti
Madri
Padri
N
137
125
Età minima
40
40
Età massima
65,5
65,5
Età media
48
51,39
Dev.St.
5,25
6,05
Tabella
4:
Tabella 4:
Genitori partecipanti ai questionari del sessismo
Partecipanti
Padri
Madri
Totale
N
125
137
262
4.2.2. Strumenti e procedure di somministrazione
La somministrazione dei test è avvenuta previa autorizzazione dei dirigenti
scolastici durante un’ora prestabilita con i docenti delle rispettive classi. La
compilazione ha richiesto un’ora di tempo circa.
Ai partecipanti è stato chiesto di compilare una scheda sui dati sociodemografici e di rispondere a quattro questionari: il Social Roles Questionnaire
(Baber e Tucker, 2006), le Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar et al.,
56
2001), I miei interessi (D'Alessio et al., 2006) e Ho deciso? (D'Alessio et al., 2005). I
genitori hanno partecipato alla ricerca compilando a casa il Social Roles
Questionnaire e le Classical and Modern Sexism Scales, riconsegnati a scuola dai
rispettivi figli.
1. La scheda per la raccolta dei dati socio-demografici consente di
ottenere una serie di informazioni sugli studenti e sui genitori quali:
sesso, età, scuola frequentata dagli adolescenti, livello d'istruzione e
professione dei genitori. Il Social Roles Questionnaire di Baber e
Tucker (2006) e le Classical and Modern Sexism Scales di
Ekehammar, Akrami e Araya (2000) (tradotti ed adattati alla lingua
italiana attraverso il metodo della back translation) sono degli
strumenti scelti appositamente, tra i tanti utilizzati in letteratura, per la
possibilità di somministrazione sia sui genitori che sugli studenti, in
quanto consentono di catturare i distinti e complessi modi attraverso
cui adolescenti ed adulti pensano al genere ed ai ruoli sociali.
2. Il Social Roles Questionnaire è composto da 13 items suddivisi in due
scale: la scala Gender- linked (SRQ Linked) centrata sulla valutazione
dei ruoli genitoriali e relazionali, i ruoli sessuali ed i ruoli di comunità;
la scala Gender Transcendent (SRQ Trascendent) che riflette gli
atteggiamenti verso i ruoli e le responsabilità che non sono legati al
genere. Ogni item valuta il grado di accordo (da 0 % “fortemente in
disaccordo” a 100% “fortemente d'accordo”) dei soggetti in riferimento
ad ogni affermazione. Gli alti punteggi su entrambe le scale del
questionario indicano maggiori atteggiamenti sessisti.
Il valore di ogni item è determinato a partire dallo 0, quindi 0%=
0, 10%= 1, 20%= 2, etc. Lo scoring per gli items codificati
inversamente (cioè 1, 4, 8, 10, 13) è: 0%= 10, 10%= 9, 20%= 8, etc. I
punteggi per ogni scala vengono calcolati sommando i valori di ogni
singolo item e variano da 0 a 40 per la Gender-linked e da 0 a 25 per la
Gender Trascendent.
57
3. Le Classical and Modern Sexism Scales sono formate da 15 items
suddivisi in due scale: la Classical Sexism Scale comprendente le
espressioni che si riferiscono alle vecchie credenze sessiste verso le
donne; la Modern Sexism Scale composta dalle espressioni che si
riferiscono alle attuali credenze sessiste verso le donne, conseguenti ai
numerosi cambiamenti socio-politici degli ultimi anni. Ogni item
valuta il grado d'accordo dei soggetti (da 0 “fortemente in disaccordo”
a 5 “fortemente d'accordo”) in riferimento ad ogni affermazione. Gli
alti punteggi su entrambe le scale indicano elevati atteggiamenti
sessisti verso le donne.
Il valore di ogni item è determinato a partire dallo 0, quindi 0= 0,
1= 1, 2= 2, etc. Per gli items codificati inversamente (4, 5, 7, 13, 14,
15) 0= 5, 1= 4, 2= 3, etc. Il punteggio della scala viene ottenuto
sommando il valore di ogni singolo item e varia da 0 a 75.
4. Il questionario I miei interessi è composto da un elenco di 52 interessi
professionali per ciascuno dei quali il soggetto deve segnare il suo
grado di interesse, che va da 1 “Per niente” a 5 “Moltissimo”. Ogni
aspirazione professionale rientra in una delle seguenti categorie di
interessi: artistici, attività fisiche, aziendali, economici, legali,
linguistici, medici, musicali, politico-sociali, educativi, realistici e
tecnici, scientifici, umanistici.
Il punteggio di ogni categoria di interessi varia da 0 a 20. Lo
scoring viene effettuato sommando i punteggi dati ai quesiti delle
diverse aree di interessi. Le categorie in cui il soggetto ha ottenuto il
punteggio maggiore, rappresentano le aree cui appartengono i suoi
interessi.
5. Il questionario Ho deciso? è composto da 20 affermazioni, per ognuna
delle quali, lo studente deve segnare il grado di accordo (da 1 che
indica “Assolutamente falso” a 5
“Assolutamente vero”). Le
affermazioni sono suddivise in cinque aree:
58
a) Assenza di decisione: “non hai ancora pensato a quello che farai
dopo la scuola secondaria. È un problema che non ti sei posto perché
non hai tempo e perché non lo ritieni importante. Pensi anche che
saranno gli avvenimenti a far accadere le cose e non ti assumi la
responsabilità della scelta, che deve essere fatta in modo autonomo e
consapevole”.
b) Difficoltà nella decisione: “non hai le idee chiare su ciò che farai,
allo stesso tempo, però, ti senti inadeguato a fare scelte che vanno nella
direzione che desideri. Un altro elemento che emerge è la paura di
sbagliare: dovrai procedere gradualmente per le fasi successive e non
paralizzarti a causa di sentimenti di sfiducia. Se vuoi puoi recuperare!”
c) Riflessione critica: “sei in una fase in cui devi ancora fare la scelta,
rifletti sui vantaggi e gli svantaggi di varie opzioni, raccogli
informazioni ed esamina i motivi che sottostanno alla tua scelta. È un
momento di riflessione che ti permetterà di valutare le informazioni di
cui sei in possesso, e anche gli aspetti più personali che ti guideranno
verso una scelta”.
d) Bisogno di informazioni: “in questa fase cerchi i pareri delle persone
a te più vicine, gli insegnanti, i genitori e gli amici. Cerchi di sapere da
loro che cosa pensano della tua scelta, se ti sostengono e se sono
d'accordo. È importante però che tu faccia una scelta autonoma e
utilizzi queste persone solo per acquisire nuove informazioni sulla tua
scelta e il tuo futuro professionale”.
e) Decisione presa: “hai deciso in modo autonomo cosa fare dopo le
superiori. Non hai avuto nessuna difficoltà a decidere e pensi
soprattutto che hai in mente la scelta giusta per te. Hai chiaro quale
sarà il tuo lavoro futuro e il percorso formativo o l'immediata
professione che ti aspettano”.
Il punteggio totale per ogni area varia da 0 a 20 e si ottiene
sommando i singoli punteggi dati alle affermazioni appartenenti ai
diversi profili.
59
L’area in cui lo studente ottiene il punteggio maggiore
corrisponde al suo livello di decisione.
4.2.3. Analisi dei dati
Le risposte ai questionari di tutti i partecipanti sono state sottoposte ad analisi
con l’ausilio del software statistico SPSS 19.0. Gli studenti sono stati considerati
come un gruppo unico sia per valutare il livello di sessismo sia per gli interessi ed il
livello di decisione rispetto al futuro. Un gruppo di analisi a parte è stato effettuato
per quegli studenti che hanno partecipato allo studio insieme ai genitori. L’analisi dei
dati è stata eseguita in base agli obiettivi.
In particolare, in riferimento al primo obiettivo (a), si è reso necessario
verificare la coerenza interna del Social Roles Questionnaire di Baber e Tucker
(2006) e delle Classical and Modern Sexism Scales di Ekehammar, Akrami e Araya
(2000), tradotti ed adattati alla lingua italiana attraverso il metodo della back
translation. A tal fine è stata calcolata l’α di Cronbach su tutti gli item che
compongono i due questionari, che è risultata rispettivamente di α =.77 (composto da
13 item) per il Social Roles Questionnaire, e di α =.78 per le Classical and Modern
Sexism Scales (composto da 15 item). Per interpretare il coefficiente di attendibilità
non esistono regole statistiche ma si segue una regola pratica (cfr. Nunnally,
Bernstein, 1994) secondo la quale:
1.
valori inferiori a .60 sono ritenuti inadeguati;
2.
valori tra .60 e .70 sono ritenuti sufficienti;
3.
valori tra .70 e .80 sono ritenuti discreti;
4.
valori tra .80 e .90 sono ritenuti buoni.
Per scopi di ricerca e soprattutto nella fase iniziale di validazione di un test è
accettabile che un test possa avere un coefficiente di attendibilità modesto (intorno
a .70) in ambito clinico o comunque in ambiti in cui i risultati di un test servono a
prendere delle decisioni sugli individui è da privilegiare test che possiedono valori di
attendibilità più elevati (Barbaranelli, Natali, 2005).
60
Per lo studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e tra i padri e
le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere (ipotesi b1) sono state effettuate due
Manovas fattoriali, con variabile indipendente il genere dei ragazzi e dei genitori e
variabili dipendenti i punteggi ai due questionari sul sessismo (SRQ e CMSS).
Per lo studio del livello di sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli
(ipotesi b2) è stata effettuata una Manova per misure ripetute e tra i soggetti (modello
misto), con il genere dei genitori come variabile indipendente entro i soggetti, il
genere dei figli come variabile indipendente tra i soggetti e i punteggi di sessismo
come variabili dipendenti.
Per lo studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli (ipotesi
b3) sono state effettuate quattro regressioni multiple lineari (Metodo Enter) con i
seguenti predittori (variabili indipendenti):

i punteggi alla scala SRQ per madri e padri;

i punteggi alla scala CMSS per madri e padri;
e come criterio (variabile dipendente) i due punteggi di sessismo ai questionari,
calcolati separatamente per maschi e femmine.
In riferimento all’obiettivo c), cioè verificare se esiste una relazione tra gli
atteggiamenti sessisti degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla
carriera che intendono intraprendere, sono state effettuate ulteriori analisi. Nello
specifico, per lo studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli
studenti (ipotesi c1), è stata eseguita una Manova fattoriale che ha come variabile
indipendente il genere degli studenti e variabili dipendenti i loro livelli di decisione.
Per lo studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli studenti
(ipotesi c2) è stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo
degli studenti e il loro livello di decisione.
Per lo studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi professionali
(ipotesi c3) è stata utilizzata una Manova fattoriale che ha come variabile
indipendente il genere degli studenti e variabili indipendenti i loro interessi.
61
Per lo studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti (ipotesi c4) è
stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli studenti e i
loro interessi.
Per lo studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in
base alla tipologia di scuola frequentata (ipotesi c5) è stata effettuata una Manova
tra il genere degli studenti, il grado di sessismo e la scuola frequentata.
4.3. Risultati
b1)
Studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e tra i
padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere.
L’analisi effettuata tramite le due Anovas fattoriali per verificare la differenza
tra i ragazzi e le ragazze (cfr. tab.5) e tra i padri e le madri (cfr tab.6) negli
atteggiamenti di ruolo di genere, attraverso i due strumenti SRQ e CMSS, ha
evidenziato che i soggetti di sesso maschile (figli e padri) ottengono punteggi
significativamente maggiori rispetto ai soggetti di sesso femminile (figlie e
madri).
Tabella 5:
Statistiche descrittive e Anova Sessismo figli
SRQ
CMSS
Sesso
femmina
maschio
femmina
maschio
Media
2,38
3,77
1,07
2,00
Ds
1,17
1,46
0,63
0,84
N
310
298
310
298
F(1;606)
Sig.
166,879
.000
239,436
.000
Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales
62
Tabella 6:
Statistiche descrittive e Anova Sessismo genitori
SRQ
CMSS
Sesso
madre
padre
madre
padre
Media
5,88
7,45
2,91
3,88
Ds
2,89
2,92
1,38
1,54
N
122
122
122
122
F(1;120)
Sig.
285,889
.000
48,295
.000
Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales
b2)
Studio del livello di sessismo dei genitori in funzione del genere dei
figli.
Per questo studio è stata utilizzata una Manova a misure ripetute (modello
misto), i cui risultati sono riportati in tabella 7.
Tabella 7:
Manova misure ripetute (modello misto) Sessismo, Genere genitori, genere figli
Effetto genere genitori
F(1;120)
Sesso
Media
Ds
N
Sig.
figlia
5,82
2,85
80
figlio
6,01
2,99
42
30,585
figlia
7,37
2,95
80
SRQ padre
figlio
7,61
2,88
42
figlia
2,87
1,39
80
CMSS madre
figlio
2,99
1,36
42
37,828
figlia
3,77
1,63
80
CMSS padre
figlio
4,10
1,36
42
Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales
SRQ madre
.000
.000
I risultati evidenziano che per quanto riguarda il sessismo c’è un effetto sul
genere dei genitori, ma non c’è effetto di interazione tra il genere dei genitori e il
genere dei figli: entrambi i genitori sono sessisti, indipendentemente dal fatto che
abbiano un figlio o una figlia.
b3) Studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli.
63
Per verificare se gli atteggiamenti sessisti dei genitori possano predire in
modo significativo quello dei figli sono state effettuate quattro regressioni
multiple lineari (Metodo Enter) presentate nella tabella 8.
Tabella 8:
Regressione lineare multipla- Metodo Enter - punteggi totali sessismo genitori e sessismo figli
Varia bile
Varia bile
Genere
n
B
E.S.B
Beta
dipendente
indipendente
SRQ Madre
.125
.045
.299**
Femmine
SRQ
310
SRQ Padre
.122
.044
.302**
SRQ Madre
.204
.086
.396*
Maschi
SRQ
298
SRQ Padre
.091
.090
.170
CMSS Ma dre
-,010
.047
-.025
Femmine
CMSS
310
CMSS Pa dre
.069
.040
.202
CMSS Ma dre
.122
.106
.192
Maschi
CMSS
298
CMSS Pa dre
-.012
.106
-.020
Note.*p < .05; **p<.01
SRQ=Social Roles Questionnaire
CMSS=Classical and Modern Sexism Scales
R2
.257
.263
.038
.035
I risultati in tabella indicano che il sessismo delle madri, misurato tramite il
Social Roles Questionnaire, predice sia il sessismo delle figlie che quello dei figli,
mentre quello dei padri, sempre valutato con lo stesso strumento, predice solo quello
delle figlie.
c1) Studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli studenti.
Per quanto riguarda la verifica di eventuali differenze di genere negli studenti
per il livello di decisione si riporta di seguito la tabella 9 con i relativi risultati
della Manova effettuata.
64
Tabella 9:
Manova Livello di decisione per Genere
Livelli di decisione
Assenza di decisione
Difficoltà nella decisione
Riflessione critica
Bisogno di informazioni
Decisione presa
Gruppo
Media
Dev.St.
Femmine
1,83
0,61
Maschi
2,07
0,67
Femmine
2,86
1,00
Maschi
2,72
0,97
Femmine
3,71
0,81
Maschi
3,54
0,77
Femmine
2,10
0,80
Maschi
2,21
0,81
Femmine
2,96
1,07
Maschi
2,93
0,99
F(1;605)
Sig.
21,34
0,000
3,02
n.s.
7,16
0,008
3,10
n.s.
0,064
n.s.
Come si evince dalla tabella 9, rispetto all’ipotesi c1) i maschi sembrano non
aver preso una decisione rispetto al futuro, mentre le femmine hanno bisogno di
riflettere ancora bene sulla scelta da effettuare.
c2)
Studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli
studenti.
È stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli
studenti e il loro livello di decisione.
I risultati delle tabelle (10 e 11) mostrano che sia i maschi che le femmine con
punteggio più elevato di sessismo non hanno ancora deciso, mentre al diminuire del
grado di sessismo aumenta la riflessione critica sia nei maschi che nelle femmine.
65
Tabella 10:
Correlazione di Pearson tra Sessismo e Livello di decisione Femmine
Femmine
Livello di decisione
SRQ
Assenza di decisione
0,21**
Difficoltà nella decisione
-0,01
Riflessione critica
-0,21**
Bisogno di informazioni
0,09
Decisione presa
-0,05
Note.*p < .05; **p<.01 .
SRQ=Social Roles Questionnaire
CMSS= Classical and Modern Sexism Scales
CMSS
0,21**
-0,00
-0,10
-0,02
-0,08
Tabella 11:
Correlazione di Pearson tra Sessismo e Livello di decisione Maschi
Maschi
Livello di decisione
As senza di decisione
Difficoltà nella deci sione
Ri flessione critica
Bi sogno di informa zioni
Decisione presa
Note.*p < .05; **p<.01 .
SRQ=Social Roles Questionnaire
CMSS= Classical and Modern Sexism Scales
SRQ
0,17**
-0,04
-0,13*
0,13*
-0,08
CMSS
0,11
-0,08
-0,17**
0,06
0,06
c3) Studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi professionali.
È stata effettuata una Manova tra la variabile genere e gli interessi degli
studenti (vedi tab. 12).
66
Tabella 12:
Manova Interessi per Genere
Gruppo
Femmine
Interessi artistici
Maschi
Femmine
Attività fisiche
Maschi
Femmine
Aziendali
Maschi
Femmine
Economici
Maschi
Femmine
Legali
Maschi
Femmine
Linguistici
Maschi
Femmine
Medici
Maschi
Femmine
Musicali
Maschi
Femmine
Politico-sociali
Maschi
Femmine
Prosociali-educativi
Maschi
Femmine
Reali stici-Tecnici
Maschi
Femmine
Scientifici
Maschi
Femmine
Umanisitici
Maschi
Media
2,36
2,16
1,91
2,60
1,99
2,19
1,65
2,11
2,06
2,00
1,96
1,90
2,17
1,97
1,85
2,01
1,84
2,15
2,22
1,95
1,93
2,67
1,98
2,17
2,08
1,98
Dev.St.
0,90
0,74
1,07
1,29
0,98
0,89
0,95
1,06
1,04
0,90
0,98
0,90
1,04
0,94
1,01
1,11
0,80
0,92
0,90
0,76
1,12
1,26
0,84
0,89
0,88
0,84
F (1;605)
Sig.
8,85
0,003
51,030
0.000
6,820
0,009
32,79
0,000
0,648
n.s
0,649
n.s
6,01
0,015
3,40
n.s
19,27
0,000
15,38
0,000
58,27
0,000
7,30
0,007
2,06
n.s.
Per quanto riguarda la differenza di genere negli interessi professionali (ipotesi
c3) sono i maschi ad avere maggiori punteggi nelle attività fisiche, negli interessi
aziendali, economici, politico-sociali, realistici-tecnici e scientifici; mentre le
femmine hanno maggiori interessi artistici, medici e prosociali-educativi.
c4) Studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti.
67
La correlazione di Pearson effettuata per esaminare se il livello di sessismo
degli studenti sia in qualche modo correlato agli interessi espressi ha dato i
seguenti risultati (vedi tab.13 e 14):
Tabella 13:
Correlazione di Pearson
Sessismo e Interessi fem mine
Interessi
Artis tici
Attiv.Fis iche
Aziendali
Econom ici
Legali
Linguis tici
Medici
Mus icali
Politico Sociali
Pros ociali Educativi
Realis tici Tecnici
Scientifici
Um anis tici
Femmine
SRQ
CMSS
-0,05
-0,05
0,19**
0,04
0,15**
0,11
0,13*
0,16
0,06
0,06
0,03
-0,05
-0,03
0,07
0,03
-0,07
-0,03
-0,02
0,06
0,00
-0,03
-0,08
-0,15*
-0,14
-0,15*
-0,11
Note.*p < .05; **p<.01 .
SRQ= Social Roles Questionnaire
CMSS= Classical and Modern Sexism Scales
Tabella 14:
Correlaz ione di Pearson
Sessismo e Interessi maschi
Interessi
Artis tici
Attiv.Fis iche
Aziendali
Econom ici
Legali
Linguis tici
Medici
Mus icali
Politico Sociali
Pros ociali Educativi
Realis tici Tecnici
Scientifici
Um anis tici
Maschi
SRQ
CMSS
-0,14*
-0,08
0,34**
0,21**
0,02
-0,02
0,13*
0,13*
0,11
0,10
-0,14*
-0,01
-0,01
0,10
-0,12*
-0,06
0,00
0,05*
-0,17**
-0,12
0,07
0,11*
-0,13*
0,01
-0,26**
-0,15**
Note.*p < .05; **p<.01 .
SRQ=Social Roles Questionnaire
CMSS=Classical and Modern Sexism Scales
68
Sia nei maschi che nelle femmine gli alti punteggi di sessismo sono legati agli
interessi per le attività fisiche e a bassi punteggi per gli interessi umanistici. I maschi
con maggiori punteggi di sessismo hanno interessi economici, mentre quelli con
bassi punteggi al sessismo hanno maggiori interessi umanistici e artistici. Le
femmine maggiormente sessiste hanno più interessi aziendali, mentre quelle che
risultano meno sessiste hanno maggiori interessi scientifici e umanistici.
c5) Studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in
base alla tipologia di scuola frequentata.
Di seguito viene presentata la tabella 15 con i risultati della Manova effettuata
tra il livello di sessismo espresso dagli studenti, il genere e la tipologia di
scuola frequentata (ipotesi c5).
Tabella 15:
Manova Sessismo per genere e tipologie scuole
Strumento
Tipologie istituti scolastici
Istituti tecnici (N=265)
Licei (N=343)
N
Media
Ds
N
Media
121
2,90
1,09
189
2,06
144
4,14
1,29
154
3,41
121
1,23
0,56
189
0,97
144
2,17
0,80
154
1,85
Sesso
Femmine (310)
SRQ
Maschi (298)
Femmine (310)
CMSS
Maschi (298)
SRQ = Social Roles Questionnaire
CMSS= Classical and Modern Sexism Scales
Effetto Sessismo
Ds
1,10
1,52
0,65
0,86
F (2;606)
p
80,059
.000
90,778
.000
L’analisi della varianza 2 x 2 (tipologia di scuola frequentata e genere) sui punteggi di sessismo ha mostrato un effetto principale del genere (i maschi sono più sessisti delle femmine), un effetto principale dell’istituto scolastico frequentato (chi frequenta gli istituti tecnici risulta più sessista di chi frequenta i licei), e nessun effetto
di interazione.
69
Conclusioni
Le persone non costruiscono le loro preferenze ed interessi in isolamento, ma
piuttosto sono immerse in un ampio contesto sociale, che include norme e valori, in
particolare quelli che sono considerati “appropriati” per ciascun sesso. Gli stereotipi
di genere, quindi, sono un’importante variabile da considerare quando si esaminano
le differenti aspettative ed interessi degli uomini e delle donne (Fernàndez et al.,
2006). Il genere rappresenta uno dei fattori che influisce sullo sviluppo dei bambini
(Bem, 1993). A prescindere dal reddito, dall’etnia e dal livello culturale, le pratiche
educative tendono ad essere organizzate diversamente per i ragazzi e per le ragazze.
Attraverso il processo di acculturazione, gli individui fanno propria l’ideologia di
genere approvata dal sistema culturale di appartenenza. Questo processo
d’internalizzazione fornisce alle persone uno schema di comportamenti e di credenze
relative al proprio genere (Bem, 1993). Da questi presupposti teorici parte la lettura
dei dati che sono emersi dalla presente ricerca.
Il primo degli obiettivi generali di questo lavoro era quello di indagare gli
atteggiamenti di ruolo di genere degli studenti e dei rispettivi genitori, e attraverso
due Anovas fattoriali, è stato evidenziato che i soggetti di sesso maschile ottengono
punteggi significativamente maggiori rispetto ai soggetti di sesso femminile sia all’
SRQ
(figli
maschi:
F(1;606)=166.88,
p<.001;
padri:
F(1;120)=285.89, p<.001) che al CMSS (figli maschi: CMSS= F(1;606)=239.44, p<.001;
padri: F(1;120)=48.29, p<.001).
Questi dati confermano ciò che è già presente in letteratura, cioè che il sessismo
è più marcato e diffuso tra il genere maschile, ma il dato interessante che emerge in
questa ricerca è come lo siano sia i padri che i figli. Di conseguenza è stato introdotto
lo studio del livello del sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli, per
verificare se in qualche modo il genere dei figli potesse influenzarlo. I risultati della
manova a misure ripetute evidenziano che per quanto riguarda il sessismo c’è un
effetto sul genere dei genitori (SRQ: F(1;120)=30.58, p<.001; CMSS: F(1;120)=37.83,
p<.001), ma non c’è effetto di interazione tra il genere dei genitori e il genere dei
figli: entrambi i genitori sono sessisti, indipendentemente dal fatto che abbiano un
70
figlio o una figlia. Questo dato potrebbe indicare che i genitori convolti in questo
studio sono inseriti in un contesto socio-culturale in cui il sessismo è radicato in
quanto ideologia tradizionale, nella quale sono cresciuti, e che non è cambiato il loro
modo di pensare nel momento in cui sono diventati genitori e hanno avuto un figlio
piuttosto che una figlia.
Ci si è chiesto poi se gli atteggiamenti sessisti dei genitori possano predire in
modo significativo quello dei figli e per questo sono state effettuate quattro
regressioni multiple lineari (Metodo Enter). I risultati indicano che il sessismo delle
madri, misurato tramite il Social Roles Questionnaire, predice sia il sessismo delle
figlie (R2 =.257; Beta=.299; p<.01) che quello dei figli (R2 =.263; Beta=.396; p<.05),
mentre quello dei padri, valutato sempre con lo stesso strumento, predice solo quello
delle figlie (R2 =.257; Beta=.122; p<.01).
Questi risultati sono interessanti perchè oltre a confermare quanto già espresso
da altri studi, e cioè che alcuni comportamenti e modi di pensare si tramandano
all’interno della famiglia attraverso il modellamento (o shaping), ci indicano anche
una tendenza trasversale di influenza: da madre a figlio e da padre a figlia.
Per il secondo obiettivo generale, cioè verificare se esiste una relazione tra gli
atteggiamenti sessisti degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla
carriera che intendono intraprendere sono state effettuate varie analisi. Innanzitutto
per attestare differenze di genere negli studenti nel livello di decisione è stata
effettuata una Manova da cui si evidenzia che i maschi sembrano non aver preso una
decisione rispetto al futuro (F(1,605)=21.34; p<.001), mentre le femmine hanno bisogno
di riflettere ancora bene sulla scelta da effettuare (F(1,605)=7.16; p<.05). Facendo
riferimento allo studio di Gati e Saka (2001) e Hargrove et al. (2005), si riscontrano
risultati simili per quanto riguarda la fase di decision-making degli adolescenti
coinvolti. In generale i ragazzi si trovano in una situazione di minor confronto con
adulti esperti che possono consigliarli, siano anche i genitori stessi, e magari pensano
che la scelta del proprio futuro possa essere rimandata ad un momento successivo. In
realtà la fase di decision-making è un processo che necessita di diversi momenti e di
vari fattori che possano aiutare l’adolescente a capire realmente cosa desidera per la
propria vita. In questo le ragazze probabilmente sono più avvantaggiate in quanto si
71
confrontano maggiormente con le amiche, con i genitori, e come abbiamo avuto
modo di verificare attraverso la letteratura, sono più aperte nelle conversazioni che
rigurdano il proprio futuro e questo spiegherebbe perchè si trovano nella fase della
riflessione critica, durante la quale si arricchiscono di informazioni utili alla presa di
decisione finale.
È stata anche effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo
degli studenti e il loro livello di decisione. I risultati mostrano che sia i maschi (SRQ
=0.17, p<.01) che le femmine (SRQ= 0.21, p<.01; CMSS = 0.21, p<.01) con
punteggio più elevato di sessismo non hanno ancora deciso, mentre al diminuire del
grado di sessismo aumenta la riflessione critica sia nei maschi (SRQ =-0.13, p<.05;
CMSS = 0.17, p<.01 ) che nelle femmine (SRQ= -0.21, p<.01).
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, e cioè che gli adolescenti più
sessisti siano più decisi rispetto al loro futuro, i presenti dati, così come quelli già
citati nello studio di Gushue e Witson (2006), porterebbero ad un’importante
riflessione: al diminuire del grado di sessismo potrebbe innescarsi una modalità di
apertura mentale maggiore rispetto alle possibili scelte future e ad una gamma più
vasta di opportunità di carriera indipendenti dai ruoli di genere. Inoltre, il fatto che
gli adolescenti con elevato sessismo non abbiano ancora deciso, potrebbe significare
che forse le due cose non sono strettamente legate nel momento in cui il soggetto
deve ancora prendere una decisione e che l’essere sessista sia, come già proposto
prima, solo il frutto di una mentalità radicata nella cultura di provenienza dei
soggetti, ma potrebbe non rappresentare un predittore della scelta futura.
Sono state analizzate anche le differenze di genere nella scelta degli interessi
professionali, attraverso una Manova tra la variabile genere e gli interessi degli
studenti. Negli interessi professionali sono i maschi ad avere maggiori punteggi nelle
attività fisiche (F (1,605)=51.03; p<.001), negli interessi aziendali (F(1,605)=6.82; p<.05),
economici (F(1,605)=32.79; p<.001), politico-sociali (F(1,605)=19.27; p<.001), realisticitecnici (F(1,605)=58.27; p<.001) e scientifici (F(1,605)=7.30; p<.05); mentre le femmine
hanno maggiori interessi artistici (F(1,605)=8.85; p<.05), medici (F(1,605)=6,01; p<.05) e
prosociali-educativi (F(1,605)=15.38; p<.001). Questi dati sono in linea con quanto
riportato dalla letteratura sull’argomento e con quanto ipotizzato nella nostra ricerca,
72
e cioè che i maschi hanno maggiori interessi tecnici e scientifici e le femmine invece
sociali e umanistici.
Per lo studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti la
correlazione di Pearson effettuata per esaminare se il livello di sessismo degli
studenti sia in qualche modo correlato agli interessi espressi ha dato i seguenti
risultati: sia nei maschi che nelle femmine gli alti punteggi di sessismo sono legati
agli interessi per le attività fisiche e a bassi punteggi per gli interessi umanistici. I
maschi con maggiori punteggi di sessismo hanno interessi economici, mentre quelli
con bassi punteggi al sessismo hanno maggiori interessi umanistici e artistici. Le
femmine maggiormente sessiste hanno più interessi aziendali, mentre quelle che
risultano meno sessiste hanno maggiori interessi scientifici e umanistici. E anche in
questo caso si evidenzia una corrispondenza con quanto già evidenziato in
letteratura.
Nel presente studio si sono ipotizzate infine delle differenze di genere sul
livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata.
Attraverso l’utilizzo di una Manova i risultati emersi sono stati i seguenti: sui
punteggi di sessismo c’è un effetto principale del genere (i maschi sono più sessisti
delle femmine: SRQ= F(2,606)=80.06; p<.001; CMSS=F(2,606)=90.78; p<.001), un
effetto principale dell’istituto scolastico frequentato (chi frequenta gli istituti tecnici
risulta più sessista di chi frequenta i licei), e nessun effetto di interazione. Il primo
risultato era stato già constatato nelle analisi precedenti, mentre per quanto riguarda
l’effetto tra sessismo e istituti frequentati, in ricerche presenti in letteratura
(Fernandez et al, 2006) si era verificato che gli studenti più sessisti frequentavano gli
istituti tecnici.
In conclusione possiamo dire che anche nella nostra ricerca in cui hanno
partecipato adolescenti e genitori, in un contesto culturale quale quello del centro
Italia, il sessismo è ancora molto radicato, se non altro nelle modalità di pensiero che
vengono trasmesse in famiglia. Dunque il modello dell’apprendimento sociale di
Bandura è tutt’ora valido e presente. Sarebbe interessante estendere la stessa ricerca a
soggetti del sud e del nord Italia per verificare le eventuali differenze e modalità di
atteggiamento verso il ruolo di genere. L’originalità dello studio è dovuta all’utilizzo
73
dei due questionari sul sessismo molto recenti, il Social Roles Questionnaire di
Baber e Tucker (2006) e le Classical and Modern Sexism Scales di Ekehammar,
Akrami e Araya (2000), e per la prima volta utilizzati in Italia su adolescenti e
rispettivi genitori. Sicuramente uno dei limiti di questo lavoro è il fatto di non avere
avuto un elevato numero di genitori che rispondessero ai questionari, che sono
comunque strumenti self-report e per questo andrebbero supportati con altri tipi di
indagini. Si potrebbe indagare successivamente sul tipo di carriera che
intraprenderanno in futuro i soggetti che hanno partecipato alla ricerca, per verificare
la congruenza con quanto dichiarato attraverso i questionari.
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Appendici
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Social Roles Questionnaire (Baber e Tucker, 2006)............................................................I
•
Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar et al., 2001) …...................................III
•
I miei interessi (D'Alessio et al., 2006) …..........................................................................V
•
Ho deciso? (D'Alessio et al., 2005)...................................................................................VIII
89