Determinanti di genere nella scelta della carriera: un
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Determinanti di genere nella scelta della carriera: un
Dottorato di ricerca in PSICOLOGIA DELL’ORIENTAMENTO E DEI PROCESSI D’APPRENDIMENTO XXIV Ciclo Coordinatore Prof. Fiorenzo Laghi A.A. 2009/2010 Dottoranda: Dott.ssa Concetta Simona Nigito Tutor: Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti Prof.ssa Lina Pezzuti Prof.ssa Simona De Stasio Determinanti di genere nella scelta della carriera: un’indagine sul sessismo familiare 1 Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi. Rita Levi Montalcini 2 Indice - Introduzione.......................................................................p. 5 - Capitolo 1: Genere e sessismo 1.1 Stereotipi e pregiudizi......................................................p.7 1.2 Stereotipi di genere..........................................................p.10 1.3 Il sessismo ambivalente...................................................p.11 - Capitolo 2: La costruzione della carriera dell’adolescente 2.1. Gli interessi.....................................................................p.23 2.1.1. La costruzione dell’identità personale e professionale: il modello di Gottfredson..............................................p.24 2.2. Il contesto familiare........................................................p.26 2.3. Le interazioni genitori-figli.............................................p.27 2.4. L’influenza del sessismo nelle scelte universitarie.........p.29 2.5. Le competenze scolastiche e le aspirazioni di carriera...p.32 2.6. Decision-making: decisione ed indecisione....................p.35 - Capitolo 3: Il contesto familiare 3.1. Differenze di genere nelle pratiche di socializzazione.....p.39 3.2. Il ruolo dei genitori nella trasmissione del sessismo........p.42 3.3. Le aspettative dei genitori.................................................p.45 - Capitolo 4: La ricerca 4.1. Obiettivi e ipotesi..............................................................p.50 4.2. Metodo..............................................................................p.55 4.2.1. Soggetti............................................................................p.55 4.2.2. Strumenti e procedure di somministrazione....................p.56 4.2.3. Analisi dei dati.................................................................p.60 4.3. Risultati..............................................................................p.62 3 - Conclusioni..............................................................................p.70 - Bibliografia..............................................................................p.75 - Appendice (allegati degli strumenti utilizzati).....................p.89 4 Introduzione Il presente lavoro nasce all’interno del percorso del dottorato di ricerca in Orientamento e dei processi dell’Apprendimento, dall’interesse per lo studio delle differenze individuali rispetto alle scelte dell’adolescente riguardo al proprio futuro. In particolare, ci si focalizza sullo studio di un particolare fattore che potrebbe influenzare la scelta di un percorso piuttosto che un altro: il sessismo, inteso generalmente come l’insieme di credenze pregiudizievoli basate sul genere della persona. Ci si pone l’obiettivo di verificare se e quanto questo fattore possa essere trasmesso dai genitori e quanto possa influenzare il pensiero dell’adolescente, anche rispetto ai propri interessi e al proprio livello di decisione. Nel primo capitolo si parte ovviamente dagli assunti di base per differenziare lo stereotipo dal pregiudizio e nello specifico si analizza il concetto di sessismo ambivalente, una delle forme di sessismo che mostrano la complessità degli stereotipi verso le donne, descritto da Glick e Fiske (2001). Vengono citate molte ricerche in letteratura finalizzate a dimostrare come il sessismo ambivalente sia presente nelle varie culture, nelle sue diverse sfaccettature. Per capire quali tappe deve affrontare un adolescente per arrivare ad effettuare una scelta consapevole, nel secondo capitolo si affrontano vari fattori che riguardano questa fase, come ad esempio la definizione degli interessi. Tra le varie teorie dell’orientamento che hanno descritto i processi evolutivi e psicologici riguardanti il periodo in cui si costruisce l’identità personale e professionale, si fa riferimento a quella di Gottfredson, la cui idea fondamentale è che l’essere umano, man mano che si sviluppa dall’infanzia all’adolescenza, si forma una mappa cognitiva delle professioni all’interno della quale circoscrive quelle che gli interessano; poi, in funzione delle opportunità che coglie, effettua “compromessi”, la cui “logica” resta la stessa per tutta la vita. In questo intreccio di variabili non va dimenticato il supporto genitoriale, il contesto socio-culturale nel quale vive l’adolescente, il tipo di interazione che instaura con i genitori. Molti studi si sono occupati di valutare il tipo di scelta effettuata dall’adolescente rispetto all’ideologia sessista e al tipo di carriera 5 da intraprendere. Anche le competenze scolastiche possono avere un ruolo più o meno determinante durante la fase di decision making, la quale può risultare complicata e non del tutto lineare. Proprio per questo le figure di riferimento più vicine, quali sono i genitori, possono in qualche modo indirizzare le scelte dei figli, magari indirettamente, avendoli influenzati dal punto di vista culturale e ideologico, preferendo per loro un’attività piuttosto che un’altra, creando delle aspettative nei confronti del futuro dei loro figli in relazione al genere. Le pratiche di socializzazione sono alla base di ogni comunità e all’origine dell’ideologia di pensiero e azioni umane, così da non poter sfuggire dal plasmare il soggetto secondo un certo tipo di cultura e di mentalità. La trasmissione del sessismo, dunque, viene veicolata insieme al passaggio di altre informazioni, all’interno del nucleo comunitario nel quale il soggetto vive. Partendo da queste nozioni teoriche e dalle evidenze empiriche di numerose ricerche che in tutto il mondo hanno valutato in che modo il sessismo possa influenzare la scelta futura di un soggetto, il quarto capitolo presenta uno studio esplorativo al quale hanno preso parte 608 studenti dell’ultimo anno di scuole superiori e i rispettivi genitori, tutti del centro Italia. La singolarità della ricerca è rappresentata dal fatto che sono stati utilizzati due questionari recenti per valutare il sessismo, e quindi idonei al contesto socio-culturale che si evolve, il Social Roles Questionnaire (Baber, Tucker, 2006) e le Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar, Akrami, Araya, 2000), e che questi sono stati somministrati contemporaneamente sia agli adolescenti che ai rispettivi genitori, permettendo così una valutazione bilaterale del sessismo. Vengono inoltre analizzati anche gli interessi degli adolescenti, nonché il livello di decisione raggiunto rispetto alla scelta della carriera. Attraverso le opportune analisi statistiche si discutono i risultati alla luce della letteratura nazionale e internazionale, mettendone in luce i punti di forza e i limiti. 6 Capitolo 1 GENERE E SESSISMO 1.1 Stereotipi e pregiudizi Lo stereotipo è, nell'uso moderno, la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale o negativo e, in questo caso, rispecchia talvolta l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi. La parola stereotipo (greco steròs = “rigido” e týpos = “impronta”) proviene dal linguaggio verbale tipografico, ed indicava il nome dato agli stampi di cartapesta dove viene fatto calare il piombo fuso; essi possono essere utilizzati molte volte e le loro caratteristiche principali sono la fissità, la rigidità e la ripetitività . L'introduzione nelle scienze sociali del concetto di stereotipo si deve al giornalista Lippmann (1992). Egli sostiene che il rapporto conoscitivo con la realtà esterna non è diretto, bensì mediato dalle immagini mentali che di quella realtà ciascuno si forma, in ciò fortemente condizionato appunto dalla stampa, che andava allora assumendo i connotati moderni della comunicazione di massa. Secondo Lippmann, gli stereotipi sono parte della cultura del gruppo a cui appartiene e come tali vengono acquisiti dai singoli e utilizzati per comprendere la realtà. Gli stereotipi svolgono per l'individuo una funzione di tipo difensivo: contribuendo al mantenimento di una cultura e di determinate forme di organizzazione sociale essi garantiscono all'individuo la salvaguardia delle posizioni da lui acquisite. Tali stereotipi possono però diventare stereotipi sociali solo quando vengono condivisi da grandi masse di persone all'interno dei gruppi sociali (condivisione sociale). In sintesi per stereotipo si intende un insieme di opinioni su una classe di individui, di gruppi o di oggetti e che emettono un giudizio. Data una certa immagine negativa del gruppo, si può essere convinti che pressoché tutti gli individui di quel gruppo possiedano tali 7 caratteristiche nella stessa misura (livello di generalizzazione). Si può ritenere che essi siano difficilmente mutabili (rigidità degli stereotipi), in quanto ancorati nella cultura o nella personalità. Secondo Allport (1954), lo stereotipo nasce dalla combinazione di processi di categorizzazione e generalizzazione. La categorizzazione è quel processo secondo cui gli individui ordinano mentalmente il loro mondo sociale, riducendo la quantità di informazioni con cui si confrontano. Questo processo mentale permette di raggruppare persone, oggetti ed eventi simili o equivalenti. Le categorie vengono utilizzate dagli esseri umani per mettere in evidenza analogie e differenze che ci interessano. I processi di categorizzazione, una volta strutturati, tendono a rimanere stabili e possono condizionare la percezione e l’elaborazione delle successive informazioni che provengono dall’esterno. Questa stabilità è dovuta in parte alla condivisione sociale del sistema di categorie, e in parte al fatto che alla categorizzazione viene associata una connotazione affettiva e valutativa. Per generalizzazione si intende quel meccanismo per cui determinate osservazioni fatte in un determinato contesto vengono estese ad un’ampia serie di situazioni. Gli stereotipi, quindi, possono essere considerati delle scorciatoie che guidano i nostri giudizi, di cui siamo spesso inconsapevoli. Secondo Taylor e Moghaddam (1994) gli stereotipi sono un processo collettivo, in quanto solo quando vi è un accordo tra i membri di un gruppo sulle caratteristiche di un altro gruppo, un attributo può far parte di uno stereotipo. Gli stereotipi, in sintesi, riguardano le percezioni di un gruppo su un soggetto sociale e non le percezioni di un individuo singolarmente. Diversi studi hanno dimostrato che in generale percepiamo come maggiormente rilevanti e ricordiamo più facilmente le informazioni che concordano con gli stereotipi che abbiamo interiorizzato (Arcuri, Castelli, 2000); invece tendiamo a dimenticare le informazioni che non coincidono con lo schema di genere interiorizzato o a distorcerle (Martin, Halverson, 1981). Gli stereotipi, secondo la social cognition, hanno un importante ruolo nell’elaborazione delle informazioni. Questo meccanismo è definito da Mazzara (1996) come una tendenza alla conferma delle ipotesi. Una volta formulata una certa ipotesi, il processo di raccolta d’informazioni è in qualche modo condizionato dall’ipotesi stessa che gode del vantaggio di essere psicologicamente presente. Le informazioni che avvalorano 8 l’ipotesi sono in qualche modo più evidenti perché fanno parte di uno schema già posseduto, mentre le altre ipotesi necessiterebbero di un maggior lavoro cognitivo in quanto dovrebbero essere prima formulate e successivamente verificate. Spesso, quindi, i dati contrastanti rispetto allo schema cognitivo interiorizzato sono dimenticati o considerati irrilevanti. Un altro fenomeno che contribuisce alla riproduzione e rigidità degli stereotipi sono le profezie che si auto-adempiono. Le persone, interagendo con gli altri sulla base delle proprie aspettative, finiscono per fare in modo che esse si realizzino, interpretando la realtà alla luce di tali aspettative (Mazzara, 1996). Gli stereotipi si perpetuano perché si attivano anche secondo modalità fortemente automatiche. I processi di pensiero automatici si realizzano senza che il soggetto si impegni in uno sforzo intenzionale, senza che egli ne sia consapevole, senza che sia in grado di controllarne il flusso, quando richiedono un minimo investimento di risorse cognitive (Bargh, 1994). Cosa è che distingue uno stereotipo da un pregiudizio? La linea che differenzia i due concetti è sottile. Il concetto di stereotipo è strettamente connesso con quello di pregiudizio. In pratica esso costituisce quello che possiamo indicare come nucleo cognitivo del pregiudizio. Al pregiudizio possiamo dare diverse definizioni, a seconda del livello di generalità o di specificità che si decide di assumere. Il massimo livello di generalità corrisponde al significato etimologico, vale a dire giudizio precedente all'esperienza o in assenza di dati empirici, che può intendersi quindi più o meno errato. Al massimo livello di specificità, si intende, per pregiudizio la tendenza a considerare in modo ingiustamente sfavorevole le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale (Mazzara, 1997). Gli studi di Duckitt (2003) sottolineano come gli stereotipi di per sé non comportino atteggiamenti pregiudiziali, perché possono contenere valutazioni positive, negative o neutrali. Affinché si possano formare pregiudizi negativi è fondamentale che vi sia stato un processo di categorizzazione, in quanto è solo quando le persone non vengono più viste come individui ma sono categorizzate come membri di un gruppo, che si possono formare stereotipi attorno ad essi e, se questi hanno componenti cognitive e affettive negative, divenire pregiudizi. Sembra che gli stereotipi siano formati da due dimensioni: una basata sul un giudizio di competenza, 9 che attribuisce all’outgroup caratteristiche come abilità, prestigio, forza e potere oppure incompetenza, inferiorità e debolezza. L’altra dimensione è caratterizzata da benevolenza, calore e moralità e include attributi come essere attraenti, piacevoli, benevoli e moralmente buoni oppure al contrario spiacevoli, falsi, immorali, malevoli (Duckitt, 2003). Per Fiske (1998), il pregiudizio è caratterizzato soprattutto da sentimenti negativi verso l’outgroup. La componente affettiva degli stereotipi, più che quella cognitiva, sarebbe quella che meglio predice la tendenza a vedere in maniera favorevole od ostile altri gruppi etnici, religiosi o nazionali (Stangor et al., 1991). 1.2 Stereotipi di genere Le persone categorizzano all'istante gli individui come maschi o femmine. Il sesso è la categoria più importante con cui sono classificate le persone, più della razza, dell'età o dell'occupazione (Fiske, Haslam, Fiske, 1991). Classificare un individuo come “maschio” o “femmina” risveglia associazioni mentali, aspettative legate a qualità femminili o maschili, in modi anche automatici. Tali associazioni, infatti, sono pervasive e influenzano le persone anche quando non ne sono coscienti (Boca, Arcuri, Zuffi, 1994). Per “stereotipi di genere” si intendono quei meccanismi di categorizzazione ai quali gli individui ricorrono per elaborare, interpretare e decodificare la rappresentazione di ciò che è femminile o maschile. Gli stereotipi di genere si basano sulla credenza che, al di là delle differenze biologiche, gli uomini e le donne abbiano differenti caratteristiche (Schnabl, 1994). Le due categorie “maschile” e “femminile” sono in genere nettamente distinte, caratterizzate da precise immagini mentali socialmente condivise della differenza sessuale. Ognuno dei due costrutti è formato da un vero e proprio sistema di credenze e concezioni riguardanti l'identità maschile e femminile, secondo cui gli uomini e le donne dovrebbero dimostrare dei comportamenti, atteggiamenti e tratti che sono conformi al sesso di appartenenza. Una prima schematizzazione degli stereotipi era stata indicata da Bakan (1966) 10 basata sull’agency e la communion; la prima, attribuita ai maschi, è correlata ad esempio all’assertività e all’autoaffermazione, alla competenza e all’indipendenza, mentre la seconda alla predisposizione alla relazione sociale, all’altruismo, all’affettività e all’interdipendenza. Inoltre le donne coltiverebbero maggiormente relazioni di tipo duale, mentre gli uomini relazioni sociali composte da gruppi più ampi (relazioni di gruppo-relazione diadica). Taurino (2005) individua varie schematizzazioni stereotipiche, tra cui la strumentalità e l’emotività; la prima, tipicamente maschile, legata ad aspetti come l’operatività e la capacità d’azione; la seconda, tipicamente femminile, è correlata a caratteristiche come la capacità di comunicazione, l’emozionalità e la socialità. La maggior parte degli stereotipi di genere sarebbe complementare, nel senso che a ogni genere vengono attribuiti un “insieme di punti di forza che bilanciano i punti deboli e supplementano i punti di forza dell’altro gruppo” (Jost, Kay, 2005). Glick e Fiske (1996, 2001), sostengono che anche gli stereotipi tipicamente positivi come l’essere gentili e accoglienti possono avere conseguenze negative per le donne, in quanto esse generalmente vengono ritenute gentili, ma non competenti e ciò contribuisce a favorire la disuguaglianza di genere. Anker (1998), Melkas e Anker (2003) hanno sottolineato che gli stereotipi femminili sia positivi (ad esempio la maggiore capacità a prendersi cura dei bambini e degli anziani, a svolgere i lavori domestici e una maggiore abilità manuale), che negativi (ad esempio la minore forza fisica, la minore propensione a supervisionare gli altri, ad affrontare dei pericoli e la maggiore docilità) determinano un'immagine della donna come inferiore in molti aspetti in confronto all'uomo, e rendono difficile il raggiungimento di ruoli sociali di maggior prestigio e potere (Mebane, 2008). 1.3 Il sessismo ambivalente Diverse indagini sui pregiudizi e gli stereotipi di genere hanno consentito di individuare il sessismo inteso generalmente come l'insieme di credenze pregiudizievoli basate sul genere della persona (Benokraitis e Feagin, 1995; 11 Campbell et al., 1997; Eagly e Mladinic, 1989; Frable, 1989; Glick e Fiske, 1996; Reid, 1988; Swim et al., 1995). In modo più specifico, tale costrutto teorico è definito come un atteggiamento negativo o un comportamento discriminatorio basato su una presunta inferiorità o differenza delle donne come gruppo rispetto agli uomini (Sakalli- Ugurlu e Beydogan, 2002). Il sessismo è sicuramente un pregiudizio, ma una speciale forma di pregiudizio caratterizzata da una profonda ambivalenza verso le donne. Una delle forme di sessismo che mostrano la complessità degli stereotipi verso le donne è il sessismo ambivalente, descritto da Glick e Fiske (2001). Secondo questi studiosi, il sessismo ambivalente è la combinazione di due fattori: il sessismo ostile e quello benevolente. Essi mostrano come il sessismo ostile (ostilità e antipatia verso le donne che cercano di raggiungere l’eguaglianza o il potere alle spese degli uomini) possa coesistere con atteggiamenti positivi ma comunque stereotipici verso le donne come il sessismo benevolente (percezione delle donne come communal e con speciali qualità che le rendono uniche e che debbono essere protette dagli uomini forti). In particolar modo il sessismo benevolente è legato all’idealizzazione e valutazione positiva di una donna in ruoli tradizionali di genere (casalinga), mentre il sessismo ostile è connesso alla valutazione negativa della donna che viola i ruoli tradizionali di genere (femministe, donne in carriera, ecc…). In linea generale il sessismo ostile è correlato a stereotipi negativi, mentre quello benevolente a stereotipi positivi. Quindi, sebbene gli stereotipi femminili contengano molti tratti positivi, l'immagine che ne deriva è quella di una donna piacevole ma incompetente in molte funzioni importanti (ad esempio il pensiero analitico). Nonostante la positiva sensazione elicitata dal termine, il sessismo benevolente ha le sue radici nella dominanza stereotipicamente maschile, con delle conseguenze spesso dannose (l’uomo come il protettore e la donna come sua dipendente). Entrambe le dimensioni del costrutto hanno origine dalle condizioni biologiche e sociali che sono comuni alle diverse società e culture: il patriarcato e la riproduzione sessuale (Glick e Fiske, 1996). Secondo alcuni antropologi (Stockard e Johnson, 1992) il patriarcato (l'uomo possiede un controllo strutturale delle istituzioni economiche, legali e politiche), è prevalente tra le culture, a differenza del matriarcato la cui esistenza non ha caratterizzato le varie fasi della 12 storia dell'umanità (Harris, 1991). Questo preconcetto verso il patriarcato è probabilmente dovuto a diversi fattori relativi alla biologia della riproduzione sessuale: il dimorfismo sessuale (le maggiori dimensioni e forza dell'uomo potrebbero essere alcuni dei fattori che hanno consentito a quest’ultimo di dominare le società preindustriali) (Harris, 1991), la tendenza dell’uomo ad avere un maggiore orientamento dominante nella società rispetto alla donna (come risultato della selezione naturale) (Pratto et al., 1993), e la divisione dei ruoli di genere secondo cui la donna svolge la maggior parte dei lavori domestici (Stockard e Johnson, 1992). Gli antropologi Guttentang e Secord (1983) hanno sottolineato che la riproduzione sessuale attribuisce alla donna un potere diadico (potere che deriva dalla dipendenza in due tipi di relazioni) nel senso che obbliga l’uomo a fare affidamento sulla donna come “generatrice di bambini”, e per la soddisfazione dei bisogni sessuali. Inoltre, l’uomo potrebbe cercare di appagare i bisogni di intimità e vicinanza psicologica attraverso la relazione con la donna (Berscheid et al., 1989; Derlega et al., 1985), poiché tali necessità non sono facilmente soddisfatte con gli altri uomini che sono tipicamente in competizione tra loro per il potere e le risorse (Harris, 1991). Le numerose evidenze empiriche precedentemente citate dagli antropologi, mostrano che all’interno delle società patriarcali, il potere diadico della donna è riflesso in una particolare forma di ideologia sociale: un atteggiamento protettivo verso la donna, venerata nel suo ruolo di madre e di moglie, e una sua idealizzazione come oggetto d’amore. Questi sono appunto gli atteggiamenti che caratterizzano il sessismo benevolente (Guttentang e Secord, 1983). Il grado di sessismo ostile rispetto a quello benevolente potrebbe variare notevolmente da una società all’altra, e riflettere la coesistenza del potere strutturale maschile e del potere diadico femminile (Harris, 1991; Stockard e Johnson, 1992). Inoltre, anche se il sessismo benevolente suggerisce un giudizio apparentemente positivo della donna, questo condivide dei comuni presupposti con le credenze del sessismo ostile: la donna occupa limitati ruoli domestici ed è il sesso “debole”. In tal senso, entrambe le dimensioni del costrutto servono a giustificare il potere strutturale dell’uomo: le credenze del sessismo ostile contribuiscono a creare un’immagine della donna come incompetente 13 ed inadatta ad esercitare il potere economico, legale e politico; mentre il sessismo benevolente fornisce una soddisfacente razionalizzazione della restrizione della donna ai ruoli domestici. Quindi il sessismo benevolente potrebbe essere usato per compensare o per legittimare il sessismo ostile nella società (Glick e Fiske, 1996). Quest’ultimo, attraverso un sistema di ricompense e punizioni, serve a punire le donne che non si comportano secondo i loro ruoli tradizionali, ma piuttosto sfidano il potere e lo status maschile (le femministe). La dimensione benevolente è il premio riservato a quelle donne che rispettano i loro ruoli tradizionali. La visibilità del sessismo ostile lo rende facile da combattere, rispetto ai toni affettivi, apparentemente positivi, del sessismo benevolente, che potrebbe rappresentare una trappola per le donne, confondendo tale affetto con il rispetto e la stima (Fernàndez et al., 2004). La teoria del sessismo ambivalente postula che il sessismo benevolente ed il sessismo ostile formano un’ideologia integrata che giustifica e mantiene il maggiore status e potere dell’uomo nella società e idealizza la donna che aderisce ai ruoli sociali convenzionali (Abrams et al., 2003; Glick e Fiske, 1996; Jackman, 1994). In particolare, il sessismo benevolente, in quanto caratterizzato da toni positivi, è approvato da un gran numero di uomini e anche di donne (Glick e Fiske, 1996; 2000). L’aspetto soggettivamente attraente del sessismo benevolente disarma la resistenza delle donne di fronte l’elevato potere degli uomini, in quanto quest’ultimo viene considerato come forma di protezione maschile verso il genere femminile. Il risultato di questa concezione è il mantenimento della disuguaglianza di genere, la giustificazione dell’avversione e denigrazione verso quelle donne che non aderiscono ai tradizionali ruoli sessuali, e che potrebbero essere viste come competitive con gli uomini per la conquista del potere e delle varie risorse. In altre parole il sessismo benevolente legittima il sessismo ostile (Sibley et al., 2007). L’analisi proposta da Glick e Fiske (1996) rispetto alla natura multidimensionale (ostile e benevolente) del sessismo, suggerisce che le due dimensioni caratterizzanti il costrutto, ruotano intorno a questioni di potere sociale, identità di genere e sessualità (come già ampiamente dimostrato dagli antropologi). Per questo gli stessi autori hanno dichiarato che sia il sessismo ostile che il sessismo benevolente sono formati da tre componenti: il Paternalismo, la Differenziazione di 14 Genere e l'Eterosessualità. Il Paternalismo e il sessismo sono usati spesso come sinonimi. Paternalismo letteralmente significa “relazionarsi con gli altri allo stesso modo in cui un padre tratta i propri figli”. Questa definizione include una connotazione di dominazione (paternalismo dominante), così come una connotazione di affetto e protezione (paternalismo protettivo). Il paternalismo dominante vede la donna come un adulto non pienamente competente, giustificando e legittimando la necessità di una sovraordinata figura maschile. Il paternalismo protettivo considera la donna come un essere da amare, da rispettare e da proteggere, e quindi dipendente dall’uomo che riveste un maggiore potere economico e sociale. La Differenziazione di Genere si suddivide in due categorie: la differenziazione competitiva di genere e la differenziazione complementare di genere. La prima come il paternalismo dominante, presenta una giustificazione sociale per il potere strutturale maschile: solo gli uomini posseggono dei tratti che sono necessari per governare importanti istituzioni sociali (Tajfel, 1981). La seconda tende a descrivere la donna con una serie di tratti positivi: come oggetto d’amore, come madre e come moglie. Tale nozione, quindi, considera la donna come portatrice di tratti favorevoli e complementari (Eagly, 1987; Eagly e Mladinic, 1989; Peplau, 1983), che servono a compensare quelli che stereotipicamente mancano all’uomo (ad esempio la sensibilità) (Glick e Fiske, 1996). L’Eterosessualità è, senza dubbio, una delle fonti più potenti dell’ambivalenza dell’uomo nei confronti della donna e comprende anch’essa due aspetti (Berscheid e Peplau, 1983; Brehm, 1992). Da un lato, l’intimità eterosessuale si riferisce alla motivazione sessuale dell’uomo verso la donna e alla ricerca di una relazione eterosessuale romantica, che potrebbero essere connesse ad un genuino desiderio di vicinanza psicologica. Dall’altro lato, l’eterosessualità ostile è rappresentata dalla credenza che la donna usi il proprio fascino sessuale per dominare l’uomo ed è una credenza associata all’ostilità verso la donna. Infatti, l’immagine di una figura femminile come manipolatrice e tentatrice, tenderebbe ad intaccare ed indebolire quella maschile; per cui, alcuni uomini potrebbero dimostrare un’attrazione sessuale verso la donna, caratterizzata dal desiderio di dominarla (Bargh e Raymond, 1995; Pryor, Giedd e Williams, 1995). Infine, l’ambivalenza che caratterizza il costrutto teorico del sessismo vede l’aspetto ostile e quello benevolente 15 come positivamente correlati, diversificandosi da altre forme di ambivalenza che sono, invece, caratterizzate da valutazioni contrastanti (Glick e Fiske, 1996). Si potrebbe, allora, obiettare che, se i due insiemi di credenze (ostile e benevolente) sono positivamente correlati perché parlare di ambivalenza? Una simile scelta da parte degli autori si potrebbe spiegare per il fatto che le due forme di credenze verso le donne sono rese possibili proprio dalla natura multidimensionale del costrutto. Per esempio, un uomo potrebbe avere diverse convinzioni sulla donna che risultano essere in contrasto (“la donna è incompetente al lavoro”, accanto a “la donna deve essere protetta”), ma che egli considera del tutto coerenti tra loro. Un’altra ragione, secondo la quale gli uomini potrebbero essere ambivalenti verso il genere femminile senza provare confusione o conflitto, ipotizza la divisione delle donne in due sottotipi: quelle che abbracciano i ruoli tradizionali, che soddisfano il Paternalismo, la Differenziazione di Genere e le necessità sessuali ed affettive dell’uomo e quelle che disattendono tali aspettative e sfidano il potere maschile (le femministe). Quindi, questa differenziazione in sottotipi potrebbe aiutare le persone che mostrano un atteggiamento sessista ambivalente ad avvertire i loro atteggiamenti come coerenti e, allo stesso tempo, a giustificarli come non pregiudizievoli in quanto si riferiscono solo ad alcuni tipi di donne che non si conformano ai tradizionali ruoli di genere. La natura complessa ed ambivalente del sessismo è stata ampiamente dimostrata e confermata da uno studio condotto da Glick e Fiske (1996), che ha coinvolto nel complesso 2.250 soggetti, sia uomini che donne, sia studenti che non studenti. L’obiettivo della ricerca è stato quello di validare l’Ambivalent Sexism Inventory (ASI), uno strumento che consente di misurare gli atteggiamenti ostili e benevolenti del sessismo. Il questionario è composto da 22 item suddivisi in due scale: la Scala del sessismo benevolente, che misura gli atteggiamenti positivi verso la donna, e la Scala del sessismo ostile che misura gli atteggiamenti negativi verso la donna. I risultati hanno convalidato l’esistenza delle due forme di sessismo e dell’ambivalenza nella società, il possedere atteggiamenti contrastanti (positivi e 16 negativi) verso le donne. Le correlazioni positive tra le due scale supportano l’idea che queste due dimensioni sono aspetti collegati dell’ideologia sessista e che l’ambivalenza non è conflittuale e non provoca confusione o tensione tra le credenze e gli atteggiamenti rivolti al genere femminile. L’analisi fattoriale ha evidenziato una struttura tripartita della Scala del sessismo benevolente, confermando così l’idea relativa alle tre componenti dell’ambivalenza verso le donne (Paternalismo, Differenziazione di Genere ed Eterosessualità). In definitiva, l’analisi fattoriale ha anche evidenziato una corrispondenza tra la struttura delle credenze delle femmine con quella delle credenze dei maschi. Concettualmente, questa similarità sostiene l’importanza dell’apprendimento sociale (l’acquisizione di un comportamento attraverso l’osservazione di altre persone): sebbene alcuni aspetti delle credenze sessiste possano provenire da spinte maschili rivolte verso le donne (dominare la donna), queste credenze diventano culturalmente trasmesse e possono essere adottate anche dal genere femminile. Questo argomento sarebbe, inoltre, sostenuto dalle correlazioni generalmente forti e positive riguardanti le risposte degli uomini e delle donne fornite alle due scale (Glick e Fiske, 1996). Baretto e Ellemers (2005) ritengono che un pregiudizio deve prima essere percepito come tale, per poi essere contestato come la causa illegittima delle disuguaglianze di genere. Nel caso specifico del sessismo benevolente, essendo una forma di pregiudizio che passa inosservata per i suoi toni apparentemente positivi, è importante dimostrare che la sua percezione è alterata, e per questo tende a creare ed a mantenere le disuguaglianze di genere. Sulla base di questi concetti, questi due autori hanno presentato un’indagine particolarmente interessante, che si è occupata di studiare il processo psicologico alla base della percezione del sessismo benevolente. Le ipotesi di base sono che coloro che approvano il sessismo benevolente sarebbero meno propensi a vedere le loro idee come sessiste. È stato preso in considerazione un campione di 235 studenti universitari tedeschi di entrambi i sessi, ai quali è stato chiesto di valutare il grado di sessismo relativamente ad alcune opinioni, espresse in parte da maschi e in parte da femmine, sulla posizione della donna nella loro società. È emerso che sia gli uomini 17 che le donne hanno percepito le persone approvanti le opinioni ostili come più sessiste rispetto a quelle con idee benevolenti. Questa indagine ha dimostrato che, nonostante le donne siano il bersaglio principale degli atteggiamenti sessisti, ed esprimano maggiore rabbia per questa situazione, il processo psicologico di percezione del pregiudizio è uguale in entrambi i generi (Baretto e Ellemers, 2005). Glick, Fisck et al. (2000), hanno condotto una ricerca in vari Paesi (Spagna, Sud Corea, Paesi Bassi, Cile, Stati Uniti, Nigeria, Germania, Brasile, Inghilterra, Turchia, Giappone, Belgio, Sud Africa, Australia, Botswana, Italia, Portogallo, Cuba, Colombia) per verificare l’esistenza del sistema di giustificazione del mantenimento delle disuguaglianze di genere nelle diverse parti del mondo. Lo studio ha coinvolto 15.000 soggetti maschi e femmine, appartenenti a 19 nazioni ed è stato utilizzato l’Ambivalent Sexism Inventory (ASI). I risultati analizzati suggeriscono che nelle nazioni in cui gli uomini hanno espresso elevati livelli di sessismo ostile ovvero Cuba, Nigeria e Turchia, le donne sono più propense ad approvare il sessismo benevolente. Inoltre, nei paesi più sessisti, quali Botswana, Cuba, Nigeria, Sud Africa e Turchia, le donne hanno riportato punteggi di sessismo benevolente più elevati rispetto a quelli degli uomini. Per contro, nelle nazioni con elevati livelli di uguaglianza di genere e bassi livelli di sessismo, come Paesi Bassi, Stati Uniti, Australia ed Inghilterra, le donne hanno presentato bassi punteggi sia sulla scala del sessismo ostile che su quella del sessismo benevolente. Questi risultati indicano che le donne potrebbero essere motivate ad approvare il sessismo benevolente nelle nazioni in cui gli uomini tendono ad avere alti punteggi di sessismo ostile, per evitare maggiori forme di aggressività ed ostilità del genere maschile nei confronti del genere femminile. Un ulteriore dato ha mostrato che nelle nazioni con i più alti livelli di sessismo (per esempio Botswana, Cuba, Nigeria, Sud Africa), gli individui tendono a rigettare il sessismo ostile e allo stesso tempo a respingere meno la forma benevola non riconoscendola come sessista (Glick et al., 2000). Per capire le diverse dinamiche che caratterizzano i paesi con i più alti livelli di sessismo si può citare la ricerca di Sakalli-Ugurlu e Beydogan (2002) condotta in Turchia. 18 Questa nazione ha una società caratterizzata da un forte patriarcato e da nette differenze di genere. Le istituzioni del matrimonio e della famiglia sono altamente patriarcali. Gli uomini rappresentano il sesso dominante e i capo famiglia, mentre le donne sono subordinate e dipendenti dal marito. Inoltre, le donne che lavorano fuori casa sono impegnate nei settori dell’educazione, della salute e in lavori di segreteria che sono in linea con i ruoli di genere femminile. Per comprendere quali siano le percezioni sulle donne manager turche, si può fare riferimento ad una indagine condotta da Ciftçi (1979, citato in General Department of Women’s Status and Problems, 1996), dalla quale emergeva che gli uomini turchi sono percepiti come più dediti al lavoro, affidabili, precisi rispetto alle donne manager che sono, invece, considerate come più remissive. Uno studio (Atabek, 1994) ha mostrato che la bassa rappresentazione delle donne in posizioni manageriali è causata dalla definizione di lavoro basata sul genere, da un’organizzazione culturale che ha creato una barriera per l’avanzamento delle femmine nella loro carriera e dagli stereotipi patriarcali. Sakalli-Ugurglu e Beydogan (2002), sulla base di queste evidenze teoriche e sperimentali, hanno valutato attraverso dei questionari somministrati ad un campione di 183 studenti universitari maschi e femmine (età media 21 anni), sia gli atteggiamenti verso le donne manager, sia gli atteggiamenti del sessismo ostile, benevolente e il patriarcato. I risultati evidenziano che i partecipanti maschi presentano minori atteggiamenti positivi verso le donne managers rispetto alle partecipanti femmine. Questo dato è coerente con le altre ricerche nell’ambito delle quali le donne sono risultate essere meno sessiste rispetto agli uomini. Inoltre, gli studenti con elevati punteggi nelle misure del patriarcato e del sessismo ostile hanno avuto minori atteggiamenti positivi verso le donne manager rispetto agli studenti con bassi livelli in entrambe le dimensioni teoriche. Infine, i risultati hanno mostrato che il supporto per il patriarcato ed il sessismo ostile sono stati più importanti per spiegare gli atteggiamenti meno favorevoli verso le donne manager rispetto al sessismo benevolente. C’è una concordanza con lo studio effettuato da Glick e Fiske (1996), per cui il sessismo ostile, ma non quello benevolente, predice gli atteggiamenti 19 negativi verso le donne in carriera. Inoltre, l’approvazione del patriarcato comporta la giustificazione del potere maschile, la subordinazione della donna e l’ostilità verso le femmine che ricoprono posizioni manageriali. Come già riscontrato da Glick et al. (2000), gli individui che vivono in culture sessiste come la Nigeria, Cuba e la Turchia potrebbero non identificare il sessismo benevolente come una forma di sessismo, sebbene riconoscano immediatamente gli atteggiamenti ostili. Ciò ha importanti implicazioni sulla vita delle donne, in quanto rafforza maggiormente la visione della donna come casalinga e madre, a svantaggio di coloro che non rientrano in questi canoni. Le persone che vivono in società altamente ugualitarie come l’America e l’Australia sono più propense a riconoscere il sessismo benevolente come una forma di sessismo ed a rigettarlo insieme a quello ostile (Sakalli- Ugurglu e Beydogan, 2002). Un’interessante analisi è stata effettuata in una nazione con bassi livelli di sessismo da parte di Sibley et al. (2007). In questa ricerca, effettuata attraverso due studi longitudinali, si è mostrato quanto sia influente il sessismo benevolente sul sistema di giustificazione delle disuguaglianze di genere. Su due gruppi di donne partecipanti della Nuova Zelanda (età media 19 anni), attraverso l’Ambivalent Sexism Inventory (ASY), è stata esaminata l’associazione tra il sessismo benevolente e quello ostile a distanza di 6 e 12 mesi. In entrambe le ricerche, l’ipotesi di partenza era quella secondo cui, l’approvazione da parte delle partecipanti al sessismo benevolente avrebbe potuto esercitare un effetto significativo sui successivi livelli del sessismo ostile. Inoltre, è stato supposto che tale associazione tra le due forme di sessismo potesse essere unidirezionale, e che il sessismo ostile non sarebbe stato in grado di esercitare degli effetti su quello benevolente. I risultati dei due studi si sono mostrati coerenti con le ipotesi formulate: l’approvazione del sessismo benevolente da parte delle donne è stato in grado di predire il cambiamento e l’aumento del grado d’accordo verso il sessismo ostile dopo 6 e 12 mesi. L’approvazione del sessismo ostile non ha consentito di effettuare la stessa previsione sui successivi livelli di sessismo benevolente. Questi dati indicano, coerentemente con quanto detto da Glick e Fiske (2000), che l’accordo dato dalle donne alla forma benevolente di sessismo, consente loro di essere meno resistenti 20 verso la forma ostile e, conseguentemente, in grado di partecipare alla costruzione ed al mantenimento di un sistema di giustificazione delle disuguaglianze di genere. Ciò è evidente anche in una nazione estremamente egualitaria, come la Nuova Zelanda, a cui appartengono le donne dello studio citato (Sibley et al., 2007). Yakushko (2005) ha portato avanti la sua ricerca in un particolare sistema culturale: quello dell’Ucraina. La nazione dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, ha vissuto enormi difficoltà economiche e politiche. Secondo alcuni studiosi, i rappresentanti del governo hanno considerato l’emancipazione delle donne come una delle cause che ha portato al crollo dell’ex Repubblica Sovietica (Kay, 1997; Marsh, 1996). Quindi, dopo questo evento, si è verificato un aumento di atteggiamenti verso le donne che sono stati considerati come profondamente sessisti. Si è posta, così, nuova enfasi sulla figura femminile, venerata come moglie e come madre, inducendo le donne a non vedere gli stereotipi di genere e ad abbracciare questa visione sessista. Tale fenomeno è stato spiegato attraverso la teoria del sistema di giustificazione di Jost e Banaji (1994), secondo cui i gruppi subordinati fanno propria l’ideologia d’inferiorità promossa dal gruppo dominante per mantenere un senso di gruppo e una dignità personale. Lo studio è stato effettuato su un campione di 163 studenti universitari e giovani professionisti sia uomini che donne (fascia d'età 18-33 anni), cui è stato somministrato l’Ambivalent Sexism Invetory (ASI). Lo scopo di Yakushko (2005) era quello di verificare se le donne avrebbero mostrato degli atteggiamenti sessisti benevoli verso i loro ruoli di genere di più rispetto agli uomini. In secondo luogo, ha ipotizzato che le donne avrebbero presentato degli atteggiamenti ostili e benevolenti verso gli uomini in misura maggiore rispetto ai partecipanti maschi. La comparazione dei punteggi ottenuti dai partecipanti di entrambi i sessi nelle due scale del test, ha permesso di evidenziare che le donne hanno mostrato dei forti atteggiamenti di sessismo benevolente verso se stesse e forti atteggiamenti ostili verso gli uomini. Come già dimostrato da Glick e Fiske (1996) gli atteggiamenti sessisti potrebbero non essere esclusivamente percepiti come ostili, ma anche come includenti delle qualità benevole di idealizzazione e protezione delle donne. I dati di questo studio dimostrano, quindi, che l’approvazione del sessismo benevolente da 21 parte delle donne ucraine, potrebbe essere considerato come una forma di supporto degli stereotipi positivi dei ruoli femminili. Infine, i risultati si sono mostrati coerenti anche con la teoria del sistema di giustificazione di Jost e Banaji (1994), per cui il sessismo benevolo, come un’ideologia di pregiudizi, viene approvata dai membri del gruppo subordinato, ovvero le donne, poiché non sembra contraddire gli interessi di gruppo (Yakushko, 2005). Fernàndez et al. (2004) hanno approfondito ulteriormente il costrutto del sessismo ambivalente, indagando l’evoluzione storica e generazionale degli atteggiamenti sessisti ostili e benevolenti verso gli uomini e le donne, in un gruppo di 1003 soggetti spagnoli dai 18 ai 65 anni sia maschi che femmine. I risultati hanno mostrato che i due sessi esibiscono degli atteggiamenti ostili verso il genere opposto e che alle donne sono rivolti più atteggiamenti benevolenti rispetto agli uomini. Inoltre, è emerso che nella fascia d’età 38- 42 anni, sia gli uomini ma soprattutto le donne, presentano minori atteggiamenti sessisti rispetto agli altri partecipanti. Per contro, i giovani tra i 18 ed i 22 anni hanno mostrato i più alti livelli di sessismo. Una possibile spiegazione di questo risultato è che gli atteggiamenti dei soggetti più giovani riflettono una visione più che altro genitoriale ed una mancanza di esperienze soprattutto nel campo del lavoro, della competizione, ecc. È probabile che le persone, quando entrano a far parte del mercato del lavoro, acquistano familiarità con le problematiche relative al sessismo ambivalente, divenendo più capaci di mettere in discussione i modelli di genere stereotipati. In particolare, le donne nel corso dell’ultimo ventennio sono divenute meno sessiste, poiché hanno avuto un maggiore accesso ai vari ambiti professionali e, conseguentemente, la necessità di dividersi tra vita pubblica e familiare. Tali cambiamenti storici e personali hanno fatto sì che la donna abbia acquisito coscienza, non solo degli atteggiamenti ostili, ma anche di quelli più nascosti e benevolenti rivolti al suo genere di appartenenza (Fernàndez et al., 2004). 22 Capitolo 2 LA COSTRUZIONE DELLA CARRIERA 2.1. Gli interessi A livello terminologico la loro definizione è rimasta piuttosto vaga e non si è evoluta: gli interessi sono preferenze per classi di attività differenti che evocano professioni o gruppi di professioni. Può capitare che nella definizione di interessi si includano anche i tratti di personalità, e può persino capitare che gli interessi professionali vengano definiti direttamente a partire dagli interessi per delle professioni. L’interesse si riferisce ad un atteggiamento affettivo che stimola e mantiene l’attività dell’Io, e si colloca tra il bisogno e l’oggetto che lo soddisfa. Sono elementi cognitivo/affettivi che si frappongono tra i bisogni da soddisfare e gli oggetti che noi riteniamo possano costituire una risposta ai nostri bisogni. L’interesse ha una componente razionale che consiste nella consapevolezza del valore dell’oggetto atto a soddisfare il bisogno: senza la conoscenza dell’oggetto è, infatti, impossibile realizzare la “tendenza” verso quel determinato oggetto; e una componente istintivo-motivazionale che spiega la spinta dell’interesse generata da un bisogno (D’Alessio, Laghi, Pallini, 2005). Secondo Super (1953) gli interessi sono le attività e gli oggetti specifici attraverso i quali i valori possono essere raggiunti, e i bisogni possono essere soddisfatti. Sin dagli anni Trenta sono stati costantemente valutati per mezzo di questionari, al fine di aiutare prima i giovani e poi gli adulti a risolvere i loro problemi di orientamento professionale. Il primo questionario di interessi professionali è stato messo a punto da Edouard K. Strong nel 1927, ma il suo utilizzo restò assai limitato fino a quando non sopraggiunse lo sviluppo dell’informatica. Fu G.F. Kuder (1939) a definire grandi dimensioni di interessi che potessero essere messi in relazione con gruppi di professioni. Gli interessi si differenziano in funzione dell’età, ma si stabilizzano tardivamente. Solamente a partire dai 15-16 anni i 23 punteggi ai questionari di interessi raggiungono una fedeltà soddisfacente (Guichard, Huteau, 2003). 2.1.1.La costruzione dell’identità personale e professionale: il modello di Gottfredson Molti autori, attraverso varie teorie (Erickson 1968, Guichard 1987, Krumboltz, 1979, Kuder, 1939, Super, 1953) nel corso dell’ultimo secolo si sono occupati di definire al meglio concetti e paradigmi che riguardano l’orientamento scolastico e professionale, anche se non tutti hanno avuto la stessa diffusione e lo stesso successo nel campo dell’orientamento. Lo stato psicologico dell’interesse è stato descritto da Krapp et al. (1992) come un processo che richiede una grande attenzione, affetto positivo, concentrazione e la grande disponibilità ad essere pronto ad imparare. Hidi (1990) avanzò la definizione di interesse come qualcosa che influisce sull’apprendimento determinando “il come noi selezioniamo e persistiamo nell’elaborare alcuni tipi di informazioni preferendole ad altri”. (Ainley, Hillman, Hidi, 2002). Tra le maggiori sicuramente vi è la Teoria dei tipi di personalità e degli ambienti lavorativi di John Holland (1959), secondo la quale le scelte di orientamento dipendono dall’abbinamento, o dalla congruenza, tra la personalità degli individui e l’ambiente psicologico. In questa sede ci occuperemo in particolar modo dell’approccio di Linda Gottfredson, la cui idea fondamentale è che l’essere umano, man mano che si sviluppa dall’infanzia all’adolescenza, si forma una mappa cognitiva delle professioni su cui circoscrive quelle che gli interessano; poi, in funzione delle opportunità che coglie, effettua “compromessi”, la cui “logica” resta la stessa per tutta la vita. Il postulato fondamentale della teoria di Gottfredson è che le preferenze professionali e le scelte di carriera “costituiscono principalmente un tentativo di realizzare un sé sociale e, solo in modo secondario, un sé psicologico” (Gottfredson, 1996). Tre sono le nozioni centrali nella teoria di Gottfredson: la mappa cognitiva 24 unica delle professioni, la circoscrizione e il compromesso. La prima non è altro che un unico processo attraverso cui un giovane costruisce le dimensioni del concetto di sé relative alla scelta professionale secondo quattro tappe: l’orientamento verso la statura e la forza, l’orientamento verso i ruoli sessuali, l’orientamento verso la valutazione sociale e l’orientamento verso il sé unico. L’orientamento verso la statura e la forza si riferisce al periodo tra i 3 e i 5 anni del bambino, tipica fase in cui i bambini classificano la gente in modi semplici, non hanno ancora una concezione stabile e coerente dei ruoli sessuali, ma colgono già le differenze concrete tra i sessi: tendono a giocare con i bambini dello stesso sesso e, quando si domanda quali attività degli adulti li interessano, esprimono preferenze sessualmente caratterizzate. Tra i 6 e gli 8 anni circa c’è la fase dell’orientamento verso i ruoli sessuali, durante la quale il bambino prende coscienza dei ruoli sociali del sesso e categorizza le professioni in funzioni maschili e femminili ed esprime preferenze professionali, preoccupandosi di scegliere quelli adatti al suo sesso. A partire dai 9 anni e fino ai 13 circa, è in atto l’orientamento verso la valutazione sociale, in cui il bambino comincia a tener conto, nella valutazione dei mestieri, del loro status sociale e prestigio. Alla fine di questo percorso, essendo ormai adolescenti, i soggetti coordinano mentalmente questa dimensione con quella formata nella fase precedente, relativa alla mascolinità-femminilità delle professioni: costruiscono, così una mappa cognitiva delle professioni. Essa si struttura secondo due dimensioni su uno schema di assi cartesiani, dove la mascolinità-femminilità è l’ascissa e il livello di prestigio delle professioni è l’ordinata. Secondo Gottfredson le due dimensioni non sono esattamente correlate: solo la dimensione del prestigio, quindi l’ordinata, è comune a tutti i membri della società; le correlazioni tra i giudizi di persone appartenenti a gruppi sociali diversi si aggirano generalmente intorno ai .90, tanto per il grado di prestigio che per la mascolinità-femminilità (Gottfredson, 1981). La circoscrizione è il processo di delimitazione di un territorio sulla mappa cognitiva delle professioni, che serve all’adolescente ad orientarsi nella scelta professionale anche in base a due fattori: l’origine sociale e la riuscita scolastica. L’ultima tappa, quella dell’orientamento verso il sé unico, dai 14 anni in poi circa, è quella in cui l’adolescente affina i propri progetti professionali, considera le caratteristiche più 25 personali del proprio concetto di sé: gli interessi, la capacità e i valori. Infine, il compromesso, è il processo con il quale gli individui rinunciano alle aspirazioni professionali che preferiscono, quando non trovano o pensano di non trovare opportunità professionali o formazioni corrispondenti a tali aspirazioni. Il compromesso può essere anticipato o fondato sull’esperienza. Raramente gli individui dispongono di una corretta e completa informazione: essi danno prova di un’attenzione selettiva e cercano informazioni soltanto in merito alle professioni che giudicano a loro adatte; inoltre, effettuano tali ricerche solo quando ne sentono la necessità, cioè quando sono obbligati a scegliere; infine, cercano le informazioni soprattutto presso fonti accessibili di cui si fidano (in particolare i parenti e gli amici). Se l’individuo non arriva a trovare un compromesso che lo soddisfi, allora fa di tutto per evitare di scegliere. L’interesse principale del modello di Gottfredson è di sottolineare il ruolo delle rappresentazioni sociali delle professioni nella formazione delle preferenze e nelle scelte dell’attività professionale. 2.2. Il contesto familiare Oggi l’adolescente ha cambiato l’approccio alla scelta della scuola e della professione rispetto al passato e in questo processo di orientamento la famiglia occupa un posto importante. Spesso il ragazzo che si appresta a proseguire gli studi o a scegliere una professione si orienta basandosi sulle opzioni presenti nella famiglia. Le informazioni fornite dal nucleo familiare sono importanti per la loro connotazione emotiva. Tale connotazione risiede nel fatto che viene passato il messaggio che alcune professioni sono più appetibili di altre e quindi di maggiore interesse (De Stasio, Di Chiacchio, 2005). La situazione si complica quando i rapporti con i genitori sono particolarmente problematici; in tal caso, la scelta non sarebbe più basata su presupposti razionali e si correrebbe il pericolo di compiere scelte basate sull’acquiescenza o sulla reattività e contrapposizione ad uno o ad entrambi i genitori (Boncori L. e Boncori G., 2002). 26 Il processo di orientamento e scelta è un processo in cui continuamente si ridefiniscono obiettivi e finalità in interazione, in tal senso l’aspetto relazionale e di comunicazione diventano importanti. Anche le caratteristiche sociali, economiche e culturali della famiglia sono variabili di sfondo molto importanti. Queste variabili non solo influenzano il rendimento scolastico, ma intervengono a tutti i livelli del processo decisionale sia dal punto di vista psicologico che della comunicazione. Le famiglie della classe operaia tendono a delegare la scelta al figlio, anche perché si sentono incompetenti ad affrontare problematiche che essi non hanno affrontato. A livello relazionale, c’è dunque una minore conflittualità e un’apparente apertura. Le famiglie della classe media identificano all’interno della diade genitoriale l’esperto che, nella maggioranza dei casi, è la madre. La classe operaia e quella media sembrano differire anche per quello che riguarda la concezione della felicità del proprio figlio. I primi sembrano maggiormente concentrati sul qui ed ora, mentre i secondi sono più orientati verso il futuro: il progetto educativo è inteso in termini di successo e rispettabilità. I genitori della classe media sono quelli che maggiormente sentono la pressione della responsabilità della scelta e che gestiscono il rischio della scelta (De Stasio, Di Chiacchio, 2005). 2.3. Le interazioni genitori-figli I consulenti e gli studiosi dell’orientamento hanno da tempo riconosciuto il ruolo del contesto familiare nello sviluppo della carriera professionale degli adolescenti (Hagen, 1960; Herr e Lear, 1984; Peluchette, 1993). In particolare, l’approccio teorico proposto da Young et al. (1996) ha introdotto una nuova concettualizzazione di un aspetto dello sviluppo della carriera dell’adolescente. Nell’ambito di questa teoria, le interazioni genitore-figlio sono definite come un “progetto di carriera”, dove il termine “progetto” è inteso come una serie di azioni condivise esercitate dai genitori e dall’adolescente, rivolte verso un obiettivo e basate sulla definizione di un compito (Young et al., 2001). Lo studio dell’azione condivisa è particolarmente importante per comprendere l’influenza genitoriale sullo sviluppo 27 della carriera dei giovani. Gli adolescenti, infatti, considerano i genitori come una risorsa primaria per la discussione sulle prospettive future (Sebald, 1986, Wilks, 1985) e i genitori, da parte loro, cercano di aiutare i figli nell’ambito di questo processo decisionale (Young et al., 1997). In effetti, le conversazioni che i genitori ed i figli hanno sulla pianificazione della carriera di questi ultimi, sono considerate come azioni condivise poiché non riguardano le intenzioni individuali o le azioni di una persona ma sono determinate da ciò che accade tra i soggetti della conversazione (Young et al., 2001). Schotter (1993) riferendosi al concetto di azione condivisa, ritiene che le conversazioni consentono di stabilire un “terreno comune”, nell’ambito del quale i genitori ed i figli possono stabilire vicinanza, negoziare degli obiettivi e condividere accordi e disaccordi. Tali processi consentono di raggiungere all’interno della famiglia, una comprensione comune della carriera e del futuro dell’adolescente (Young et al., 1997). L’indagine condotta da Young e colleghi (2001) ha consentito di descrivere e di osservare lo sviluppo della carriera professionale dell’adolescente all’interno della famiglia. Sono state videoregistrate e monitorate le conversazioni sugli interessi attuali e gli obiettivi futuri dei giovani per un periodo di 6 mesi di 20 diadi genitori-figli adolescenti di entrambi i sessi (età media 14 anni) di nazionalità americana. I risultati indicano che le attività di sviluppo della carriera degli adolescenti sono costruite insieme ai genitori. In effetti, i membri delle diadi si sono impegnati, all’interno delle loro conversazioni, in compiti ed obiettivi condivisi quali esplorare le informazioni e le attività relative alle diverse professioni; discutere sugli interessi lavorativi dei giovani e, quindi, favorire un maggiore sviluppo personale degli adolescenti (Young, 2001). A tal proposito, lo studio di Hargrove et al. (2005) ha avuto come obiettivo quello di esplorare le possibili interrelazioni tra i modelli d’interazione familiare e la pianificazione della carriera degli adolescenti. I partecipanti, 123 studenti americani di entrambi i sessi (fascia d'età 14-18 anni), hanno completato la Family Environment Scale-Form R (FES-Form R; Moos, 1989). Questo strumento consente di misurare le percezioni delle interazioni familiari lungo tre dimensioni: la qualità delle relazioni familiari, gli obiettivi sostenuti dalla famiglia ed il grado di controllo e di organizzazione all’interno del sistema familiare. 28 I risultati dimostrano che la qualità percepita rispetto alle relazioni familiari (ad esempio il grado con cui i membri della famiglia sono incoraggiati ad esprimere sentimenti e problemi) ha un ruolo significativo nel predire gli atteggiamenti di pianificazione della carriera. Questi aspetti (discutere sui problemi ed i sentimenti) possono, infatti, essere direttamente legati al livello di curiosità dell’adolescente verso la carriera e gli sforzi per costruire dei possibili progetti futuri (Brachter, 1982; Lopez e Andrews, 1987; Zingaro, 1983). Rispetto alle differenze di genere, le adolescenti percepiscono le interazioni con le loro famiglie come caratterizzate da una più frequente espressione dei sentimenti (rabbia, aggressione e conflitto), dall’espressione di maggiori interessi nelle attività politiche, culturali e dei valori religiosi rispetto agli adolescenti. Inoltre le ragazze hanno riferito di aver intrapreso di più rispetto ai ragazzi delle conversazioni con i genitori sui progetti futuri relativi alla carriera (Hargrove et al., 2005). 2.4. L’influenza del sessismo nelle scelte universitarie Si ritiene che i fattori che sono alla base delle differenti scelte scolastiche e professionali degli uomini e delle donne in generale siano la motivazione, cioè una configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo (De Beni, Moè, 2000), e gli obiettivi vocazionali, ovvero gli obiettivi che si cerca di raggiungere attraverso la scelta degli studi e della carriera (Guichard e Huteau, 2003). Quando scelgono una professione, le femmine continuano a valutare gli obiettivi interpersonali (come l’autodeterminazione, l’aiutare gli altri e lavorare in un ambiente piacevole), di più rispetto ad altri tipi di obiettivi (Morgan et al., 2001; Morgan & Sansone, 1995; Strough, Berg & Sansone, 1996). I maschi, invece, si rifanno alla motivazione estrinseca aspirando ad altri valori quali avere un buon reddito e il raggiungere uno status professionale alto (Eccles, 1994). Di conseguenza, se le donne danno una grande importanza agli obiettivi interpersonali, sarà improbabile per loro percepire gli ambienti scientifici come attraenti, dato che questi 29 riguardano lavori individuali ed ambienti lavorativi impersonali. Per contro, gli individui, e più spesso gli uomini, che considerano gli aspetti estrinseci della motivazione tenderanno a trovare i campi scientifici e matematici come più gratificanti, poiché sono percepiti come ambiti professionali capaci di offrire maggiore prestigio e maggiori opportunità di elevato guadagno (Eccles, 1994). Sembra che gli obiettivi vocazionali a lungo termine giochino una parte importante nei differenti interessi dei maschi e delle femmine nei vari settori di studio e di lavoro. In generale, le persone non costruiscono le loro preferenze ed interessi in isolamento, ma piuttosto sono immersi in un ampio contesto sociale, che include norme e valori, in particolare quelli che sono considerati “appropriati” per ciascun sesso. Gli stereotipi di genere, quindi, sono un’importante variabile da considerare quando si esaminano le differenti aspettative ed interessi degli uomini e delle donne (Fernàndez et al., 2006). Uno studio di Fernàndez et al. (2006) in Spagna esamina quanto i giovani aderiscono agli atteggiamenti sessisti e come ciò possa influire sulle loro scelte di carriera, attraverso l’esistenza di una connessione tra le variabili che influenzano la scelta della specializzazione universitaria: la motivazione intrinseca, la motivazione estrinseca, gli obiettivi di lavoro e gli atteggiamenti sessisti verso le donne. I partecipanti erano 448 studenti maschi e femmine (età media 20 anni), ai quali sono stati somministrati: l’Ambivalent Sexism Inventory (ASI), il Work Preference Inventory (WPI, Amabile et al., 1994) e il Personal Importance of Vocational Goals (Morgan et al., 2001), che valutano rispettivamente gli atteggiamenti sessisti, la motivazione intrinseca ed estrinseca e gli obiettivi che si vorrebbero conseguire attraverso una professione. I risultati della ricerca hanno confermato che le donne e gli uomini di questo campione continuano per lo più a scegliere professioni in linea con gli stereotipi di genere: i maschi optano più per le specializzazioni tecniche e le femmine per le scienze sociali ed umanistiche. Inoltre, sono emerse chiare differenze negli atteggiamenti sessisti riportati dagli uomini e dalle donne: gli studenti hanno mostrato maggiori atteggiamenti sessisti verso le donne rispetto alle studentesse, indipendentemente dal loro ambito di studio. 30 Anche l’indirizzo di formazione scelto dai soggetti della ricerca era legato alla maggiore o minore aderenza agli atteggiamenti sessisti. Nello specifico, coloro che erano iscritti in campi tecnici (sia maschi che femmine) hanno riportato più atteggiamenti sessisti rispetto agli studenti di altri ambiti, sia nella forma ostile che benevolente. Gli studenti maschi iscritti nelle specializzazioni tecniche hanno mostrato maggiori atteggiamenti sessisti; inoltre, in modo sorprendente, è emerso che le femmine iscritte in specializzazioni tecniche hanno presentato maggiori atteggiamenti sessisti rispetto a quelle iscritte in altri ambiti di studio. Tale dato suggerisce che le donne che scelgono specializzazioni tecniche tendono ad identificarsi con gli stereotipi e gli atteggiamenti maschili, per poter godere degli stessi privilegi e dello stesso potere degli uomini. Infine, le analisi dei dati hanno mostrato poche differenze statisticamente significative tra le motivazioni e gli obiettivi vocazionali degli studenti iscritti alle varie specializzazioni. Nonostante ciò, coloro che hanno scelto gli ambiti scientifici e tecnici hanno presentato un orientamento motivazionale più estrinseco. Taylor e Betz (1983) hanno formulato e definito il concetto dell’auto-efficacia nella decisione di carriera (CDSE) come l’abilità di una persona ad impegnarsi efficacemente nei compiti di costruzione della decisione di carriera. Da alcuni studi è emerso che tale abilità ha un impatto sullo sviluppo degli interessi, degli obiettivi e delle scelte future (Betz e Hackett, 1981; Lent et al., 1994; O’Brien et al., 2000). Sempre nel 2006, Gushue e Whitson, facendo riferimento al concetto dell’autoefficacia nella decisione di carriera (CDSE) di Taylor e Betz hanno condotto una ricerca che ha evidenziato come le differenze degli atteggiamenti sui ruoli di genere influenzano gli obiettivi vocazionali delle persone. Questi studiosi hanno utilizzato l’Attitudes Toward Women Scale (ATWS; Spence et al., 1973) e la Career Decision Self-Efficacy Scale-Short Form (DCSES-SF; Betz et al., 1996) per valutare rispettivamente gli atteggiamenti sui ruoli di genere e le aspettative di auto-efficacia rispetto alle decisioni di carriera, su un campione di 104 studentesse afro-americane (di età compresa tra i 13 ed i 15 anni) nel nord est degli Stati Uniti. I risultati hanno evidenziato che le ragazze con atteggiamenti egualitari sul ruolo di genere hanno anche mostrato di credere fortemente nelle loro abilità ad 31 impegnarsi nei compiti di costruzione della carriera. In più, l’aumento dell’autoefficacia nella decisione di carriera è risultato correlato con gli obiettivi vocazionali relativi agli ambiti professionali non tradizionali. Le credenze egualitarie delle adolescenti sui ruoli di genere e la maggiore auto-efficacia, potrebbero determinare una maggiore conoscenza degli effetti del sessismo nel processo di costruzione della carriera e indurre le ragazze ad intraprendere traiettorie professionali non tradizionali (Gushue e Whitson, 2006). Gli atteggiamenti verso il ruolo genere si riferiscono alle credenze ed alle aspettative su cosa è appropriato per i maschi e le femmine in termini di comportamento e, in questo caso, di obiettivi vocazionali. Per esempio, una ragazza che ha degli atteggiamenti tradizionali sul ruolo di genere è meno propensa a perseguire una carriera che permette di avere un guadagno più elevato, che solitamente è ambita dai maschi. Alcuni studi hanno mostrato, a tal proposito, che le donne con atteggiamenti egualitari hanno elevati livelli di aspettative ed aspirazioni professionali, rispetto alle donne con atteggiamenti tradizionali sul ruolo di genere (Fitzgerald et al., 1995; McWhirter et al., 1998; O’Brien e Fassinger, 1993). 2.5. Le competenze scolastiche e le aspirazioni di carriera In generale, gli uomini che scelgono gli ambiti di studio e professionali tipicamente femminili sono relativamente pochi. Alcune ricerche hanno evidenziato che i maschi sono più orientati verso settori strumentali come la scienza e la tecnologia, piuttosto che verso ambiti socio-emotivi come la letteratura, l’arte e le scienze sociali (Leaper e Friedman, 2007; Watt, 2008). Inoltre, le persone associano generalmente ai lavori maschili uno status elevato, quindi, il modo in cui i ragazzi ed i giovani adulti sviluppano le loro aspirazioni di carriera, potrebbe dipendere, oltre che dalla motivazione estrinseca, come dimostrato da Fernàndez (2006), anche dal prestigio della professione. In particolare, uno dei fattori che potrebbe influenzare le scelte degli uomini è l’ideologia di mascolinità. Quest’ultima rileva tratti quali 32 l’aggressività, il conseguimento di uno status sociale elevato, la limitata emotività e l’evitare atteggiamenti tipicamente femminili. Nella ricerca di Wood ed Eagly (2002) sui ruoli di genere, è stato mostrato, da un lato, come la rigida adesione degli uomini alla nozione di mascolinità vada a limitare le loro scelte; dall’altro come la diminuzione delle pressioni a conformarsi a tale ideologia, abbia reso possibile il perseguire gli interessi non tradizionali. In supporto a questo modello, Tokar e Jome (1998) hanno suggerito che l’ideologia di mascolinità predice gli interessi vocazionali (scienza e tecnologia) e le scelte di carriera degli uomini (ambiti legati al business e alla tecnologia). Lo studio di Leaper e Van (2008) ha cercato di verificare queste ipotesi prendendo in considerazione diverse sfaccettature della motivazione accademica e delle credenze di genere. Le variabili indagate su un gruppo di 342 studenti maschi americani (età media 19 anni) sono state: l'auto- efficacia e gli interessi come componenti della motivazione accademica; il sessismo nascosto (ovvero la manifestazione degli atteggiamenti e delle credenze sessiste attraverso forme più nascoste, come ad esempio negare l’esistenza della discriminazione di genere o criticare il movimento femminista), la conformazione ai ruoli di genere e l’ideologia di mascolinità come aspetti delle credenze di genere degli uomini. Sono stati utilizzati il Male Role Norms Inventory (Levant et al., 1992) per la valutazione del grado di approvazione dell’ideologia di mascolinità, e la Neosexism Scale (Tougas et al., 1995) per misurare gli atteggiamenti sessisti nascosti. I risultati hanno messo in evidenza che le tre variabili considerate, ovvero l’ideologia di mascolinità, il sessismo nascosto e il conformarsi ai ruoli di genere sono state correlate negativamente con l’auto-efficacia negli ambiti di studio non tradizionalmente maschili. Inoltre, è emerso che gli studenti che hanno avuto elevati punteggi nell’ideologia di mascolinità hanno mostrato degli interessi accademici tradizionali. L’auto- efficacia per gli indirizzi non tradizionali è stata elevata tra i partecipanti che hanno avuto bassi punteggi di sessismo nascosto e una minore propensione a conformarsi ai ruoli di genere. In riferimento alle scelte accademiche, è emerso che la selezione degli ambiti di studio tradizionali è stata meno diffusa tra i maschi con bassi punteggi di sessismo nascosto e d’ideologia di mascolinità. Tali 33 risultati sono coerenti con l’idea secondo cui gli atteggiamenti di genere possono formare gli ambiti lavorativi che gli uomini scelgono come appropriati per il loro sesso. Inoltre, diverse ricerche (Kendall, 2000; Stockdale et al., 2004; Wade e Brittan-Powell, 2001) hanno suggerito che i campi della tecnologia e del business tendono a promuovere maggiormente la tradizionale ideologia di mascolinità (caratterizzata appunto dall’aggressività, dall’assertività e da scarsa emotività) e a contribuire a mantenere un clima sociale che è ostile sia verso le donne sia verso gli uomini che non aderiscono a tale modello (Leaper e Van, 2008). I cambiamenti sociali, che negli ultimi decenni hanno permesso una maggiore parità professionale tra i generi, non hanno quindi determinato la scomparsa di una rigida adesione all’ideologia di mascolinità, né degli atteggiamenti discriminatori verso quelle donne che attuano delle scelte scolastiche e professionali non tradizionali. Leaper e Brown (2008), a tal proposito, hanno condotto uno studio su 600 adolescenti americane (fascia d'età 12-18 anni) volto ad indagare la percezione del sessismo da parte delle ragazze in ambiti scolastici tradizionalmente maschili (come matematica, scienza, computer ed atletica), attraverso lo Schedule of Sexism Events (Klonoff e Landrine, 1995). Sono stati considerati i maltrattamenti sessuali come esperienze di atteggiamenti sessisti, caratterizzati da comportamenti e commenti indesiderati riguardanti le donne; l’immagine corporea, i risultati scolastici, l’adattamento e le credenze delle giovani adolescenti. L’attenzione è ricaduta sui maltrattamenti sessuali poiché numerose evidenze sperimentali hanno mostrato la pericolosità di tali esperienze, che possono provocare degli effetti negativi sull’autostima (Felix e McMahon, 2006; Goldstein et al., 2007; Hand e Sanchez, 2000; Harned e Fitzgerald, 2002; Holt e Espelage, 2003; Larkin e Popaleni, 1994). Dallo studio è emerso che la maggior parte del campione ha vissuto almeno una volta esperienze di maltrattamenti sessuali. Nello specifico, la metà delle partecipanti ha affermato di aver ricevuto dei commenti scoraggianti sulle loro abilità in matematica, scienza e computer, ed un quarto delle ragazze li ha ricevuti rispetto alle loro abilità atletiche. Il perpetrarsi di tali eventi potrebbe portare molte 34 adolescenti a minimizzare le loro competenze ed interessi nella matematica, scienza, computer ed atletica, a diminuire i risultati nei suddetti ambiti e a scoraggiare le scelte di facoltà riguardanti tali materie. In questo modo, le disuguaglianze di genere sarebbero perpetrate, favorendo una superiorità degli uomini in tali campi scolastici e successivamente professionali. Un altro interessante aspetto della ricerca è quello che riguarda l’analisi dei commenti sgradevoli nei confronti delle donne, che si verificano sia in ambito scolastico che all’interno della famiglia: a scuola le elevate abilità atletiche o tecniche delle ragazze potrebbero creare nei compagni un conflitto verso le compagne, mentre in ambito familiare i padri sono i maggiori autori dei commenti sgradevoli nei confronti delle figlie. 2.6. Decision-making: decisione ed indecisione In genere le persone riflettono sulle decisioni da prendere rispetto alla carriera futura durante l’adolescenza. La difficoltà nella presa di decisione è un aspetto rilevante per lo sviluppo della carriera futura degli adolescenti e dei giovani adulti. Sebbene molti adolescenti riescono in questo compito molto precocemente, altri si trovano di fronte molte difficoltà prima o durante la fase di decision-making. Queste difficoltà potrebbero portare il soggetto o a tentare di trasferire la responsabilità di prendere una decisione su qualcun altro o rinviarla o evitarla del tutto (Gati, Saka, 2001). Le difficoltà relative alle decisioni rispetto alla carriera futura sono state associate in passato alla nozione di “career indecision” (indecisione di carriera). Precedenti ricerche hanno posto l’accento nel categorizzare i vari tipi di problemi connessi all’indecisione (Campbell & Cellini, 1981; Crites, 1978; Fouad, 1994; Osipow & Fitzgerald, 1996; Rounds & Tinsley, 1984; Super, 1953). La ricerca empirica si è focalizzata sullo sviluppo di misure volte ad esaminare le differenze individuali nell’indecisione di carriera (Gati et al., 1996; Osipow, 1999; Slaney, 1988; Spokane & Jacob, 1996). 35 Una tassonomia delle difficoltà del processo di decision-making è stata sviluppata da Gati, Krausz e Osipow (1996). Le difficoltà sono basate sulle deviazioni dal modello di una “presa di decisione ideale di carriera”. Chi prende una decisione ideale di carriera è una persona che è consapevole della necessità di prendere una decisione, è disposto a prendere una decisione ed è capace di prendere la decisione “giusta” (ad esempio una decisione che è basata su un appropriato processo ed è compatibile con gli obiettivi e le risorse personali). Una qualsiasi deviazione dal modello della presa di decisione ideale è considerato come una potenziale difficoltà che potrebbe incidere sul processo individuale di decision-making in uno dei due seguenti modi possibili: a) ostacolando l’individuo nella presa di decisione b) o conducendolo verso una decisione non ottimale. La tassonomia proposta (Gati et al., 1996) include tre grandi categorie di difficoltà: 1) non essere pronto, che si verifica prima del processo della presa di decisione; 2) mancanza di informazione, che si verifica durante il processo di presa di decisione; 3) informazione incongruente, che è presente sempre durante il processo di decision-making. A loro volta queste categorie possono essere suddivise ulteriormente. La prima categoria, non essere pronto, include tre sottocategorie di difficoltà: - mancanza di motivazione ad intraprendere il processo di decision-making; - indecisione generale rispetto alle decisioni; - credenze disfunzionali, che includono aspettative irrazionali. La seconda categoria, mancanza di informazione, include quattro categorie di difficoltà: - mancanza di conoscenza degli step coinvolti nel processo di decisione; - mancanza di informazioni su se stessi; - mancanza di informazioni rispetto alle varie alternative di carriera; - mancanza di informazioni rispetto ai vari modi di ottenere maggiori informazioni. 36 La terza categoria di difficoltà, informazione incongruente, include: - informazione non attendibile; - conflitti interni; - conflitti esterni. Sono in tutto 10 le categorie che formano la tassonomia delle difficoltà del processo di decision-making. Vari studi hanno supportato empiricamente la validità della tassonomia (Gati et al., 2000; Gati & Saka, 2001; Mau, 2001), anche se l’aspetto delle implicazioni culturali nel processo di decision-making resta sempre poco esaminato. Ad esempio, nello studio di Gati e Saka (2001), è stata utilizzata la tassonomia delle difficoltà decisionali con un gruppo di adolescenti israeliani rispetto a tre scelte da effettuare: la scuola superiore, un corso opzionale successivo e decidere se scegliere o meno di intraprendere una carriera nelle forze armate. Dalle analisi effettuate sono emerse delle differenze di genere significative. In particolare i maschi mostrano più difficoltà delle femmine per quanto riguarda i conflitti esterni e le credenze disfunzionali, mentre le femmine riportano maggiori difficoltà rispetto ai maschi all’ultimo anno di scuola superiore in tre scale relative alla mancanza di informazione: - mancanza di conoscenza degli step coinvolti nel processo di decisione; - mancanza di informazioni rispetto alle varie alternative di carriera; - mancanza di informazioni rispetto ai vari modi di ottenere maggiori informazioni. Ciò potrebbe spiegarsi con il fatto che i genitori e la società si aspettano una maggiore istruzione e maggiori aspirazioni di carriera più per i maschi che per le femmine (Hoffman, 1977). Inoltre i maschi sono più soggetti alle pressioni dei pari per quanto riguarda la scelta della professione (McMahon e Patton, 1997). Tutto questo potrebbe portare i maschi ad avere maggiori conflitti con gli altri per la scelta. 37 Bisogna ricordare che il compito di decision-making richiede al soggetto che deve decidere di interagire con molte persone che potrebbero ostacolare o supportare le sue scelte. Queste persone potrebbero essere i genitori, gli insegnanti, i pari e gli amici, molti dei quali potrebbero anche creare barriere oppure facilitare la formulazione e la riuscita degli obiettivi del soggetto in questione. Altri potenziali facilitatori potrebbero essere le persone che hanno informazioni riguardanti i training offerti dalle varie università, lo staff degli uffici e degli studi che potrebbe fornire informazioni, e dati rispetto ad una prospettiva di occupazione e alle opportunità lavorative (Nota, Soresi, 2003). Figura1: Tassonomia delle difficoltà relative alla fase di Decision-Making (Gati et al., 1996). 38 Capitolo 3 IL CONTESTO FAMILIARE 3.1. Differenze di genere nelle pratiche di socializzazione La misura in cui i genitori adottano diverse pratiche di socializzazione tra ragazzi e ragazze è importante per comprendere le origini delle differenze di comportamento che esistono tra i maschi e le femmine. La teoria secondo cui, il comportamento stereotipato di genere si realizza attraverso il “modellamento” da parte dei genitori, è una visione molto diffusa tra gli scienziati sociali, nonché tra la gente in generale (Lytton e Romney, 1991). L’esistenza e l’importanza di tale comportamento di shaping (modellamento) sono in accordo con la teoria dell’apprendimento sociale (Bandura, 1997), che spiega l’acquisizione delle differenze sessuali nel comportamento e negli atteggiamenti attraverso gli stessi meccanismi che si applicano a tutti i tipi di comportamento, cioè il potenziamento (rinforzo di un comportamento che diviene così un’abitudine stabile del soggetto) ed il modellamento (ovvero un processo d’apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello). La famiglia, naturalmente, è il primo e forse il più importante agente di tale rafforzamento (Maccoby e Jacklin, 1974). Lytton e Romney (1991), sulla base di tali evidenze teoriche, hanno condotto una meta-analisi su 172 studi (che vanno dal 1952 al 1974) di diversa nazionalità, nella quale si sono occupati di indagare gli effetti del genere del figlio sui comportamenti di socializzazione dei genitori. Gli obiettivi sono stati comprendere in quali aree di socializzazione il padre e la madre trattano in modo diverso il figlio e la figlia, e capire se i padri attuano delle differenze tra i maschi e le femmine rispetto alle madri. Infine, indagare l’esistenza di fattori di moderazione (ad esempio l’età del/la figlio/a) che influenzano le dimensioni della differenza. 39 In riferimento al primo obiettivo, la maggior parte degli studi presi in considerazione hanno mostrato che le aree di socializzazione in cui i genitori attuano comportamenti diversi rispetto al genere dei figli sono le attività di gioco e le faccende domestiche. In relazione alla prima area, Caldera et al. (1989) hanno scoperto che i bambini, già a 18 mesi, ed i loro genitori mostrano un maggiore coinvolgimento con i giocattoli convenzionalmente associati al sesso di appartenenza del bambino stesso. Tuttavia, Block (1983) ha suggerito che l’incoraggiamento genitoriale verso alcune attività ludiche ha sicuramente delle implicazioni di vasta portata, ma si deve ricordare che i padri e le madri possono semplicemente rafforzare ed amplificare delle preferenze già esistenti nel bambino e biologicamente determinate. Differenti pratiche di trattamento genitoriale dei figli nelle faccende domestiche sono state riscontrate invece da Whiting ed Edwards (1975). Questi studiosi hanno osservato che in diverse culture, alle ragazze sono maggiormente assegnati i compiti domestici, di assistenza e di cura dei bambini, mentre ai maschi i compiti da svolgere fuori casa (ad esempio nutrire e portare a spasso gli animali). Dunque, le ragazze tendono ad interagire di più con gli adulti ed i bambini, e ad essere più responsabili rispetto ai ragazzi che, invece, interagiscono di più con i coetanei. Per quanto riguarda il secondo obiettivo della meta-analisi, è emerso che i padri tendono a fare maggiore differenza tra i figli e le figlie rispetto alle madri, soprattutto per quanto riguarda le pratiche restrittive dei comportamenti dei giovani. Infine, rispetto alla variabile età del figlio è stato dimostrata una generale diminuzione del trattamento differenziato dei genitori all’aumentare dell’età dei figli, in particolare nella disciplina (Lytton e Romney, 1991). Sebbene questa meta-analisi abbia esaminato la socializzazione differenziata dei ragazzi e delle ragazze e gli aspetti d’interazione tra il sesso del genitore ed il sesso del figlio, non ha però esplorato le caratteristiche delle diverse relazioni genitore-figlio (madre-figlia, madre-figlio, padre-figlia, padre-figlio). In effetti, lo studio delle relazioni tra i genitori ed i figli fornisce una conoscenza diversa sulle diadi, rispetto a quello delle pratiche di socializzazione 40 (Russel e Saebel, 1997). Le relazioni sono, infatti, bidirezionali, ovvero caratterizzate da interazioni reciproche, attraverso cui ciascun membro della diade può influenzare l'altro. La gender theory (la teoria del genere) (Ferree, 1990; Thompson e Walker, 1989; West e Zimmerman, 1987) presenta un’analisi delle differenze tra i ruoli familiari ed il comportamento dei padri e delle madri in termini di genere attraverso un’indagine dei ruoli familiari e dei comportamenti in cui il genere è un fattore dominante sia per i genitori che per i figli. La gender schema theory (la teoria sullo schema di genere) (Bem, 1985) è un altro contributo teorico che fornisce delle spiegazioni sul processo schematico di genere, in base al quale i maschi e le femmine si comportano in modo differente in base ad uno schema. Ciò è dovuto al fatto che ogni individuo percepisce, valuta e regola il comportamento proprio ed altrui, in accordo con le definizioni culturali del genere di appartenenza. Tale teoria ha anche postulato che queste definizioni sono acquisite fin dalla prima infanzia. Molti scienziati sociali si sono occupati di descrivere ciascuna delle quattro diadi (madre-figlia, madre-figlio, padre-figlia, padre-figlio), accettando o credendo l’esistenza delle diversità tra i quattro tipi di relazione. Bassoff (1987), per esempio, ha suggerito che le madri e le figlie sono strettamente legate, e che l’identità dell’una è collegata con l’identità dell’altra. Arcana (1983) è un’autrice che si è focalizzata sulla relazione madre-figlio, sottolineando che il sesso opposto dei due membri della diade è un aspetto importante nel determinare le caratteristiche della relazione. La diversità della relazione padre-figlia è stata spesso studiata rispetto all’importanza del padre nel processo di sviluppo della figlia. Questo senso di distinzione è specialmente marcato nella reciproca teoria di ruolo (Jhonson, 1963, 1975), secondo cui le ragazze apprendono i ruoli appartenenti al genere femminile interagendo con i comportamenti maschili attuati dal padre. Vogt e Sirridge (1991), in riferimento alla relazione padre-figlio hanno scritto: “ Il modello di questa relazione influenza ogni cosa nella vita di un uomo, dal modo di vedere se stesso al modo di vedere gli altri, il potere, l’economia, la politica e spesso la sua visione del mondo naturale”. Una simile argomentazione sull’acquisizione nei ragazzi delle caratteristiche maschili dai 41 loro padri, è spesso presentata nella letteratura sulla mascolinità ed il suo sviluppo (Balswick, 1988). A tal proposito, nella ricerca di Russell e Seabel (1997) sono state esaminate le differenze di genere e la misura in cui una o più diadi potrebbero essere distinte, nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Questa analisi, in generale, ha fornito un supporto empirico limitato, rispetto alle molte e chiare assunzioni presenti nella letteratura sull’argomento. Sono state riscontrate, come effetto dell’interazione tra il sesso del genitore e quello del figlio, delle differenze nelle relazioni fra due diadi (come madre-figlio versus madre-figlia), e tra coppie di diadi (come quelle dello stesso sesso versus quelle di sesso opposto) in riferimento alle misure di vicinanza/intimità e di reazioni affettive della relazione (Russel e Saebel, 1997). 3.2. Il ruolo dei genitori nella trasmissione del sessismo Il coinvolgimento genitoriale nell’educazione dei figli è stato oggetto di molte ricerche per diversi anni, e questo argomento continua a destare interesse (Bogenschneider, 1997; Eccels et al., 1990; Epstein, 1991; Muller, 1998; Smith, 1992; Schneider e Coleman, 1993). In generale è stata rilevata una relazione positiva tra il livello complessivo del coinvolgimento dei genitori e le performance accademiche degli studenti. Per esempio, alcuni autori hanno osservato che tale aspetto ha un’influenza positiva sui risultati dei figli ai test matematici (Muller, 1993, 1998), diminuisce la probabilità dell’abbandono scolastico nelle scuole superiori (Teachman et al., 1996), e ha degli effetti positivi sul grado di formazione raggiunto dai giovani (Fehrmann et al., 1987). Quindi, le indagini hanno mostrato che l’interesse dei genitori verso l’educazione dei figli è importante per sperimentare esperienze positive e successi scolastici. Tuttavia, sono state fornite poche informazioni su come questo aspetto differisce tra le figlie ed i figli. Esaminare le diversità nel coinvolgimento genitoriale è importante, poiché potrebbe aiutare a spiegare le differenti esperienze educative degli adolescenti e delle adolescenti, e 42 contribuire alla comprensione delle condizioni che promuovono la stratificazione di genere nel mondo del lavoro. Il coinvolgimento genitoriale può, inoltre, agire in vario modo su alcuni aspetti dell’educazione dei figli quali: le differenze di genere, le aspettative, la supervisione genitoriale, il coinvolgimento alle discussioni ed agli eventi scolastici dei figli. Rispetto alle differenze di genere, l’uguaglianza tra i sessi ha ottenuto, negli ultimi anni, una maggiore accettazione nella società, e la gente potrebbe aspettarsi una disponibilità dei genitori a trattare i figli e le figlie in modo uguale. In realtà, i risultati di numerose indagini hanno suggerito il contrario. Per esempio, alcuni ricercatori hanno verificato che le tradizionali pratiche di socializzazione presentano delle differenze in base al genere del figlio (Eccles et al., 1990; Entwisle et al., 1994; Saltiel, 1985). Nello specifico i maschi vengono educati ad essere assertivi, indipendenti e capaci di realizzarsi; mentre le femmine vengono educate alla dipendenza, alla sottomissione ed al conformismo (Block, 1983; Marini e Brinton, 1984). Da ciò, si può evincere che queste diverse modalità di trattamento possono avere degli effetti dannosi sulle femmine. Infatti, possono portare ad esperienze di riduzione dell’autostima durante l’adolescenza, influenzando negativamente le loro aspirazioni e risultati (Smith, 1992; Wigfield e Eccles, 1994). Le differenze di genere sono state riscontrate anche rispetto alle attività ed alla partecipazione degli studenti nei corsi di matematica e scienze (Catsambis, 1994; Entwisle et al., 1994), alla percezione delle abilità accademiche (Wigfield e Eccles, 1994), alle aspettative educative (Hanson, 1994), e alla percezione dei genitori delle abilità matematiche dei figli (Eccles e Jacobs, 1986; Eccles et al., 1990). In riferimento a quest’ultimo aspetto, è stato osservato che i genitori si aspettano che i maschi ottengano dei buoni risultati in matematica e scienze e che queste materie siano più difficili per le femmine. Uno studio di Catsambis (1994) ha riscontrato che la percentuale di studenti maschi che esprimono delle aspirazioni in campi matematici è maggiore rispetto alla percentuale delle studentesse. Inoltre, si è visto che le ragazze aspirano più dei ragazzi alla laurea, ma non credono di essere in grado di raggiungere questo obiettivo (Hanson, 1994). 43 Un altro sistema con cui i genitori possono contribuire all’educazione dei loro figli riguarda il contatto che instaurano con gli insegnanti e l’interesse verso gli eventi scolastici. Le ricerche che si sono occupate di studiare questo aspetto hanno riscontrato che la comunicazione dei genitori con la scuola si verifica più per i figli che per le figlie (Muller, 1998; Sui-Chu e Willms, 1996). Le differenze del coinvolgimento genitoriale verso l’educazione dei figli e delle figlie sono state analizzate nello studio di Carter e Wojtkiewicz (2000). I due autori hanno scelto un campione rappresentativo di 25.000 adolescenti americani della scuola pubblica e privata. Le informazioni fornite dagli studenti sono state usate per indagare il coinvolgimento genitoriale dell’educazione dei figli, visto dalla prospettiva dei giovani. I risultati hanno mostrato che i genitori aiutano i figli in modo diverso in base al genere. Tuttavia, i dati hanno messo in evidenza, contrariamente a quanto previsto, che le ragazze hanno ricevuto più attenzione dai loro genitori rispetti ai ragazzi. Ciò potrebbe essere spiegato in diversi modi. I genitori potrebbero essere più coinvolti con le figlie perché c’è una maggiore enfasi sui risultati scolastici e le aspirazioni professionali delle ragazze a causa delle attuali condizioni sociali, come il matrimonio posticipato e l’aumento dei divorzi. Tali eventi richiedono alle femmine di essere autonome da un punto di vista lavorativo ed economico, piuttosto che dipendenti dal marito. È anche possibile che i genitori attualmente educhino le figlie in modo da diminuire le disuguaglianze di genere; oppure, le elevate aspettative scolastiche nei confronti delle ragazze sono dovute alla forte influenza delle madri lavoratrici. Queste ultime, infatti, trasmettono alle figlie delle credenze e degli atteggiamenti circa i ruoli della donna nella società che sono diversi da quelli tradizionali, perché influenzati dalle esperienze che le madri fanno all’interno del mondo del lavoro. Quindi, l’idea di una donna che ricopre dei ruoli, non solo all’interno della famiglia, ma anche nei vari ambiti professionali, contribuisce a motivare l’importanza di raggiungere degli elevati gradi d’istruzione da parte delle figlie. Dall’altra parte, questi risultati potrebbero essere interpretati come le prove della persistenza delle tradizionali pratiche di socializzazione dei figli. Per cui, il maggiore coinvolgimento dei genitori verso le figlie potrebbe derivare dalla credenza 44 che le adolescenti sono più dipendenti dagli altri rispetto agli adolescenti. Le ragazze potrebbero, inoltre, riportare un maggiore coinvolgimento con i loro genitori, perché hanno con loro una relazione reciproca più positiva, rispetto ai ragazzi. Dunque lo studio piuttosto che confermare il fatto che le disuguaglianze di genere sono favorite da un diverso incoraggiamento genitoriale dei risultati scolastici dei figli, indica un maggiore coinvolgimento genitoriale con le figlie (Carter e Wojtkiewicz, 2000). 3.3. Le aspettative dei genitori Alcune ricerche hanno considerato le abilità innate per spiegare le disuguaglianze di genere in determinati ambiti professionali (Benbow e Lubinski, 1997). In particolare, sia negli Stati Uniti sia in Europa le donne sono sottorappresentate in ambito scientifico ed in quello ingegneristico (Dewandre, 2002; National Council for Research on Women, 2002; National Science Foundation, 2000). In realtà, i punteggi ottenuti dai soggetti di entrambi i sessi ai test delle abilità scientifiche, non sono stati molto differenti. Data la grande discrepanza tra il numero di uomini e di donne negli ambiti scientifici e la piccola differenza tra i risultati dei due generi nei test di performance, le abilità innate non possono essere considerate come un fattore che spiega l’esistenza della disuguaglianza tra i sessi. Lo studio delle credenze e delle pratiche di socializzazione si è rivelato più utile per comprendere la diversa percentuale degli uomini e delle donne negli ambiti scientifici. Il genere rappresenta uno dei fattori che influisce sullo sviluppo dei bambini (Bem, 1993). A prescindere dal reddito, dall’etnia e dal quartiere, le pratiche culturali tendono ad essere organizzate diversamente per i ragazzi e per le ragazze. Attraverso il processo di acculturazione, gli individui fanno propria l’ideologia di genere approvata dal sistema culturale di appartenenza. Questo processo d’internalizzazione fornisce alle persone uno schema di comportamenti e di credenze relative al proprio genere (Bem, 1993). In particolare, i genitori potrebbero formare lo schema in base al quale la matematica e la scienza sono delle attività più appropriate per i ragazzi che per le ragazze. A tal proposito, è stato verificato che le madri di figlie credono 45 che queste ultime debbano sforzarsi molto per ottenere dei buoni risultati in matematica, rispetto a quanto credono le madri di figli. Questo stesso modo di pensare potrebbe riguardare anche le diverse aspettative genitoriali per i maschi e le femmine nel campo della scienza (Goodnow, 1990; Kahle, 1988). È possibile, inoltre, che le attribuzioni stereotipate dei genitori riguardo gli interessi e le competenze dei bambini possano cambiare con la crescita. È stato osservato che durante l’adolescenza aumentano le pressioni dei genitori nei confronti dei figli a conformarsi al proprio ruolo di genere (Crouter et al., 1995; Hill e Lynch, 1983). Le credenze dei genitori sulle abilità dei figli potrebbero influenzare la loro motivazione ed i loro successi scolastici. Alcuni approcci teorici, tra cui la teoria sociale cognitiva (Bandura, 1997), hanno mostrato gli effetti della trasmissione delle credenze dei genitori ai propri figli. A tal proposito, Bandura (1997) ha sottolineato l’importanza dell’osservazione, dell’imitazione del comportamento e della motivazione stimolata dai genitori nei figli. Per esempio, se i genitori mostrano interesse nelle attività scientifiche, i bambini apprendono più facilmente queste attività e inferiscono i benefici di essere coinvolti nella scienza. In più, attraverso l’osservazione, i bambini imparano tramite la pratica. Se i genitori tendono a coinvolgere i loro figli nelle attività scientifiche in modo maggiore rispetto alle figlie, i ragazzi potrebbero essere più propensi delle ragazze a sviluppare una familiarità e delle competenze in queste attività. Per quanto riguarda la motivazione, se i genitori forniscono un maggiore incoraggiamento ai maschi a partecipare alle attività scientifiche, i ragazzi potrebbero essere più disposti a sviluppare una maggiore confidenza ed interesse nelle scienze, rispetto alle ragazze. Un altro mezzo efficace per la trasmissione delle pratiche culturali è il linguaggio (Leaper et al., 1998); attraverso di esso i genitori hanno la possibilità di comunicare dei concetti e di stimolare il pensiero dei figli. La ricerca di Tenenbaum e Leaper (2003) si è occupata di esaminare la famiglia come contesto per la creazione delle disuguaglianze di genere negli interessi e nei risultati scientifici, attraverso l’osservazione del linguaggio dei genitori in determinate attività. Gli autori hanno preso in considerazione tre tipi di discorso d’insegnamento: la spiegazione causale, le domande concettuali ed il vocabolario 46 scientifico. Tali forme di conversazione sono considerate cognitivamente stimolanti. La spiegazione causale fornisce una descrizione causa-effetto degli eventi ed è legata all’incremento della comprensione concettuale, soprattutto nell’ambito scientifico (Chi et al., 1994; Dunbar, 1995). Le domande concettuali impegnano il giovane in attività di pensiero. L’uso del vocabolario scientifico da parte di genitori consente, da un lato, di dimostrare i concetti scientifici, dall’altro lato, di aumentare nei figli la comprensione della scienza (Meyerson et al., 1991). La frequenza con cui i genitori usano la discussione scientifica è risultata essere in relazione con la frequenza con cui i figli utilizzano tale discussione. In questo senso, se i genitori utilizzano in modo maggiore il linguaggio cognitivamente impegnato con i figli piuttosto che con le figlie durante le attività scientifiche, i ragazzi e le ragazze potrebbero ricevere differenti opportunità di praticare il problem solving scientifico (insieme dei processi atti ad analizzare, affrontare e risolvere positivamente situazioni problematiche). Nello studio di Tenenbaum e Leaper (2003) 52 adolescenti americani di entrambi i sessi (fascia di età 11-13 anni) ed i loro genitori sono stati osservati durante quattro attività strutturate d’insegnamento: tre scientifiche quali biologia, computer e fisica, ritenuti ambiti tipicamente maschili; una non scientifica, ovvero, la negoziazione interpersonale (cioè la capacità di discutere e risolvere i conflitti interpersonali), dominio tipicamente femminile. I risultati indicano che in generale i genitori hanno avuto delle aspettative stereotipate riguardo agli interessi ed alle abilità scientifiche dei loro figli. Essi hanno anche usato il linguaggio cognitivamente impegnato in modo diverso in base al genere dell’adolescente. Per contro, non ci sono state differenze tra le ragazze ed i ragazzi nei loro interessi o nell’auto-efficacia nelle scienze. Quindi, mentre non si sono registrate delle diversità tra i comportamenti e le cognizioni scientifiche nei giovani, sono state riscontrate delle forti indicazioni del trattamento differenziato da parte dei padri e delle madri. Nello specifico, i genitori di figlie hanno creduto che queste ultime fossero meno interessate alla scienza e avessero più difficoltà in questo ambito, rispetto ai genitori di figli. Tale dato è simile alle attribuzioni stereotipate dei genitori sui risultati matematici dei figli, riscontrate da Parsons (1982). Ma perché i 47 genitori hanno delle attribuzioni stereotipate delle abilità dei giovani in assenza di differenze dei risultati? Forse le aspettative dei padri e delle madri potrebbero essere guidate da una prevalente visione culturale, secondo cui la scienza è più appropriata per gli uomini che per le donne (Goodnow, 1990). Ne consegue che i modelli e le ideologie sociali potrebbero essere più influenti delle performance attuali degli adolescenti, nel guidare alcune credenze genitoriali sui loro figli (Bem, 1993). Nella metà delle attività osservate, inoltre, l’uso del discorso cognitivamente impegnato da parte dei figli è risultato in relazione con l’uso dello stesso da parte dei genitori. In riferimento a ciò, le teorie socioculturali (Rogoff, 1995; Vygotsky, 1978) hanno sottolineato che lo sviluppo dei bambini si verifica attraverso le interazioni con i membri superiori della comunità, come i genitori. I figli, ascoltando l’uso del discorso cognitivamente impegnato da parte dei genitori durante le attività scientifiche, potrebbero apprendere questo tipo di linguaggio e, nello stesso tempo sviluppare delle competenze scientifiche più profonde. Un ulteriore dato ha mostrato che l’utilizzo da parte dei genitori del discorso cognitivamente impegnato è stato differente con i ragazzi e le ragazze, e in base al tipo di attività. In particolare i padri, ma non le madri, hanno agito in modo differente in base al sesso dei giovani. I padri di figli hanno usato maggiormente un linguaggio impegnato rispetto ai padri di figlie, durante le attività attinenti alla fisica; i padri degli adolescenti di entrambi i sessi hanno mostrato l’utilizzo del discorso cognitivamente impegnato durante le attività di negoziazione interpersonale allo stesso modo. Forse i genitori interpretano tali attività come neutre, cioè né maschili né femminili. Questo risultato è in accordo con lo studio di Siegal (1987), secondo cui il trattamento diversificato in base al genere è più osservabile nei padri piuttosto che nelle madri. Inoltre, sempre i padri si sono comportati in modo differente in base al genere del figlio all’interno di determinate attività. Nei compiti attinenti alla fisica essi hanno offerto meno insegnamenti alle figlie che non ai figli. Un simile comportamento, secondo gli autori, suggerisce l’esistenza di un pregiudizio, in base al quale i padri considerano appropriate queste attività per i maschi e non per le femmine, incoraggiando i figli in modo diverso. In tal modo, i ragazzi potrebbero sviluppare degli interessi e delle teorie scientifiche più avanzate, rispetto alle 48 ragazze. I padri potrebbero involontariamente contribuire al mantenimento delle disuguaglianze di genere nei risultati e negli interessi scientifici. In definitiva, questo studio ha dimostrato che i genitori, durante le interazioni, trasmettono l’ideologia di genere ai propri figli. Tale visione stereotipata dei sessi potrebbe influenzare in modo diverso gli interessi e l’auto-efficacia degli adolescenti in riferimento alle attività scientifiche. A tal proposito, Harter (1992), ha riportato che i giovani che si percepiscono come competenti in determinati domini, tenderanno ad abbracciare questi ambiti e ad essere maggiormente motivati. Per cui, lo sviluppo nei ragazzi e nelle ragazze di un senso di efficacia in alcune attività, in questo caso quelle scientifiche, grazie alla diversa azione dei genitori, potrebbe influenzare anche le successive scelte universitarie e professionali degli adolescenti (Tenenbaum e Leaper, 2003). 49 Capitolo 4 LA RICERCA 4.1. Obiettivi e ipotesi Sulla base di quanto è stato osservato sull’argomento in letteratura, ci si chiede quale importanza possano avere gli atteggiamenti di ruolo oggi nel contesto culturale italiano, caratterizzato da una forte tradizione familiare, dove la trasmissione dei valori avviene di generazione in generazione. Può dunque il sessismo essere parte di ciò che viene “appreso” culturalmente in famiglia? Può influenzare le scelte future dei giovani adulti? Può in qualche modo direzionare i loro interessi? Per poter rispondere a questi interrogativi si è ritenuto necessario indagare sul campo, attraverso uno studio empirico che verrà descritto di seguito. Gli obiettivi generali di questa ricerca sono: a) verificare innanzitutto dal punto di vista metodologico la coerenza interna degli strumenti Social Roles Questionnaire (Baber, Tucker, 2006) e Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar, Akrami, Araya, 2000) tradotti in italiano attraverso il metodo della back translation, per il conseguimento degli obiettivi b) e c); b) analizzare gli atteggiamenti di ruolo di genere degli studenti e dei rispettivi genitori; c) verificare se esiste una relazione tra gli atteggiamenti sessisti degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla carriera che intendono intraprendere. In riferimento all’obiettivo b) si definiscono le seguenti ipotesi: 50 b1) Studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e tra i padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere. I risultati delle ricerche confermano che le donne più degli uomini sostengono atteggiamenti ugualitari e che non dipendono dal genere. L’utilizzo delle Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar, Akrami, Araya, 2000) conferma che è possibile distinguere tra un’ideologia sessista classica, che comprende gli stereotipi condivisi da sempre nella società, e un’ideologia sessista moderna, che rispecchia i cambiamenti della società e i nuovi ruoli della donna, e che gli uomini riportano comunque punteggi più alti delle donne in entrambi i casi. Sulla base degli studi di Baber e Tucker (2006), ed Ekehammar, Akrami, Araya, (2000) si ipotizza che sia il genere maschile a mostrare maggiori atteggiamenti sessisti rispetto al genere femminile. b2) Studio del livello di sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli. Una meta-analisi di Lytton e Romney (1991) su 172 studi di diversi paesi ha indagato gli effetti del genere del figlio sui comportamenti di socializzazione dei genitori. In particolare Rouyer, Frascarolo, ZaoucheGaudron, Lavanchy (2007), nel loro studio confermano un differente atteggiamento dei padri in base al genere dei figli: i padri che hanno figli maschi sono più coinvolti nelle cure dei figli rispetto ai padri di figlie femmine, e in generale percepiscono di avere un maggiore ruolo nella socializzazione dei figli maschi rispetto alle figlie femmine. La ricerca di Suitor, Pillemer, Sechrist (2006) evidenzia che le madri supportano maggiormente le figlie adulte piuttosto che i figli. Quattro studi di Blakemore e Hill, (2007) si sono focalizzati sul confronto tra genitori con credenze tradizionaliste e genitori con credenze femministe. I risultati hanno dimostrato che attraverso i comportamenti legati al genere, le caratteristiche, le aspirazioni formative e occupazionali per i figli, si potesse distinguere tra genitori di figli maschi e genitori di figlie 51 femmine e tra genitori tradizionalisti e genitori femministi. A questo proposito lo studio di Tenenbaum e Leaper (2003) ha messo in evidenza come, soprattutto i padri, siano più propensi ad attuare una diversa socializzazione dei figli in base al loro sesso, in particolare che i genitori pensano che le scienze siano più adatte ai figli maschi piuttosto che alle figlie femmine. Altre analisi (Fredricks e Eccles, 2002; Jacobs et al., 2005; Leaper, 2002; Simpkins et al., 2005), hanno riscontrato come, in generale, molti genitori tendono ad avere elevate aspettative nei confronti dei figli maschi piuttosto che verso le figlie femmine per quanto riguarda le abilità matematiche, tecnologiche, scientifiche e sportive (Leaper e Brown, 2008). Sulla base di questi studi si ipotizza che il genere dei figli possa direzionare il comportamento sessista dei genitori. b3) Studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli. La teoria secondo cui il comportamento stereotipato di genere si realizza attraverso il “modellamento” da parte dei genitori, è una visione molto diffusa tra gli scienziati sociali, nonché tra la gente in generale (Lytton e Romney, 1991). L’esistenza e l’importanza di tale comportamento di shaping (modellamento) sono in accordo con la teoria dell'apprendimento sociale (Bandura, 1997), che spiega l’acquisizione delle differenze sessuali nel comportamento e negli atteggiamenti attraverso gli stessi meccanismi che si applicano a tutti i tipi di comportamento. La famiglia è il primo e forse il più importante agente di tale rafforzamento (Maccoby e Jacklin, 1974). In uno studio di Fernàndez et al. (2004), è stato riscontrato che i giovani tra i 18 ed i 22 anni mostrano i più alti livelli di sessismo. Una possibile spiegazione di questo risultato è che gli atteggiamenti dei soggetti più giovani riflettono una visione più che altro genitoriale ed una mancanza di esperienze soprattutto nel campo del lavoro e della competizione. Sulla scia di questi studi si ipotizza che gli atteggiamenti sessisti dei genitori partecipanti a questa ricerca predicano in modo significativo quello dei figli. 52 In riferimento all’obiettivo c): c1) Studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli studenti. Lo studio di Hargrove et al. (2005) ha esplorato la pianificazione della carriera di adolescenti americani tra i 14 e i 18 anni. Rispetto alle differenze di genere, le ragazze hanno riferito di aver intrapreso maggiormente rispetto ai ragazzi delle conversazioni con i genitori sui progetti futuri relativi alla carriera. Si ipotizza, dunque, una differenza di genere rispetto al livello di decisione degli studenti partecipanti. c2) Studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli studenti. I dati della ricerca di Gushue e Whitson (2006), hanno evidenziato che le ragazze con atteggiamenti egualitari sul ruolo di genere hanno anche mostrato di credere fortemente nelle loro abilità ad impegnarsi efficacemente nei compiti di costruzione della carriera. Si ipotizza un differente livello di decisione degli studenti in base al grado di sessismo espresso. c3) Studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi professionali. Alcune ricerche hanno evidenziato che i maschi sono più orientati verso settori strumentali come la scienza e la tecnologia, piuttosto che verso ambiti socio-emotivi come la letteratura, l’arte e le scienze sociali (Leaper e Friedman, 2007; Watt, 2008). Sulla scia di vari studi (D’Alessio, Laghi, Gurrieri, Baiocco, 2006; Fernàndez, Castro, Otero, Foltz, Lorenzo, 2006), si ipotizza che gli studenti maschi sceglieranno 53 maggiormente gli interessi tecnici-scientifici e le studentesse quelli sociali ed umanistici. c4) Studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti. Fernàndez et al. (2006) hanno condotto uno studio in Spagna che esamina, tra le varie ipotesi, quanto i giovani aderiscano agli atteggiamenti sessisti e come ciò possa influire sulle loro scelte di carriera. I risultati hanno evidenziato che i partecipanti di questa ricerca continuano per lo più a scegliere professioni in linea con gli stereotipi di genere: i maschi optano più per le specializzazioni tecniche e le femmine per le scienze sociali ed umanistiche. Tokar e Jome (1998) suggeriscono che l’ideologia di mascolinità possa predire gli interessi vocazionali (scienza e tecnologia) e le scelte di carriera degli uomini (ambiti legati al business e alla tecnologia). Si ipotizza che ci sia una differenza del grado di sessismo in base agli interessi espressi dagli studenti partecipanti. c5) Studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata. Anche l’indirizzo di formazione scelto dai soggetti della ricerca di Fernàndez et al. (2006) è legato alla maggiore o minore aderenza agli atteggiamenti sessisti. Nello specifico, coloro che erano iscritti in campi tecnici (sia maschi che femmine) hanno riportato più atteggiamenti sessisti rispetto agli studenti di altri ambiti, sia nella forma ostile che benevolente. Gli studenti maschi iscritti nelle specializzazioni tecniche hanno mostrato maggiori atteggiamenti sessisti; inoltre, in modo sorprendente, è emerso che le femmine iscritte in specializzazioni tecniche hanno presentato maggiori atteggiamenti sessisti rispetto a quelle iscritte in altri ambiti di studio. Tale dato suggerisce che le donne che scelgono specializzazioni tecniche tendono ad identificarsi con gli stereotipi e gli atteggiamenti maschili, per poter godere degli stessi privilegi e dello stesso potere degli uomini. Nel presente studio si 54 ipotizzano delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata. 4.2. Metodo La ricerca è stata suddivisa in due sezioni in base ai due obiettivi di studio principali: nella prima ci si è occupati di analizzare gli atteggiamenti di ruolo di genere degli studenti e dei rispettivi genitori. Nella seconda parte si sono analizzati gli interessi e il livello di decisione degli studenti per verificare eventuali relazioni con il grado di sessismo espresso. 4.2.1.Soggetti Hanno partecipato 608 studenti dell’ultimo anno di scuole superiori e i rispettivi genitori del centro Italia (262 di cui 122 coppie e 18 singoli). Statistiche descrittive Tabella Tabella 1:1: Descrizione dei partecipanti per genere e scuola frequentata Tipo di scuola Liceo scientifico Liceo classico Liceo linguistico Liceo delle scienze sociali Istituto alberghiero Istituto d'arte Istituto tecnico agrario Istituto tecnico commerciale Istituto tecnico industriale Totale Sesso Femmine 142 23 11 13 16 13 43 14 35 310 Maschi 139 10 3 2 21 9 10 9 95 298 55 Totale 281 33 14 15 37 22 53 23 130 608 Tabella 2: Tabella 2: Descrizione della variabile età studenti Partecipanti 608 Età minima 17 Età massima 25 Età media 18,49 Dev.St. 0,81 Tabella 3 : Descrizione della variabile età genitori partecipanti Partecipanti Madri Padri N 137 125 Età minima 40 40 Età massima 65,5 65,5 Età media 48 51,39 Dev.St. 5,25 6,05 Tabella 4: Tabella 4: Genitori partecipanti ai questionari del sessismo Partecipanti Padri Madri Totale N 125 137 262 4.2.2. Strumenti e procedure di somministrazione La somministrazione dei test è avvenuta previa autorizzazione dei dirigenti scolastici durante un’ora prestabilita con i docenti delle rispettive classi. La compilazione ha richiesto un’ora di tempo circa. Ai partecipanti è stato chiesto di compilare una scheda sui dati sociodemografici e di rispondere a quattro questionari: il Social Roles Questionnaire (Baber e Tucker, 2006), le Classical and Modern Sexism Scales (Ekehammar et al., 56 2001), I miei interessi (D'Alessio et al., 2006) e Ho deciso? (D'Alessio et al., 2005). I genitori hanno partecipato alla ricerca compilando a casa il Social Roles Questionnaire e le Classical and Modern Sexism Scales, riconsegnati a scuola dai rispettivi figli. 1. La scheda per la raccolta dei dati socio-demografici consente di ottenere una serie di informazioni sugli studenti e sui genitori quali: sesso, età, scuola frequentata dagli adolescenti, livello d'istruzione e professione dei genitori. Il Social Roles Questionnaire di Baber e Tucker (2006) e le Classical and Modern Sexism Scales di Ekehammar, Akrami e Araya (2000) (tradotti ed adattati alla lingua italiana attraverso il metodo della back translation) sono degli strumenti scelti appositamente, tra i tanti utilizzati in letteratura, per la possibilità di somministrazione sia sui genitori che sugli studenti, in quanto consentono di catturare i distinti e complessi modi attraverso cui adolescenti ed adulti pensano al genere ed ai ruoli sociali. 2. Il Social Roles Questionnaire è composto da 13 items suddivisi in due scale: la scala Gender- linked (SRQ Linked) centrata sulla valutazione dei ruoli genitoriali e relazionali, i ruoli sessuali ed i ruoli di comunità; la scala Gender Transcendent (SRQ Trascendent) che riflette gli atteggiamenti verso i ruoli e le responsabilità che non sono legati al genere. Ogni item valuta il grado di accordo (da 0 % “fortemente in disaccordo” a 100% “fortemente d'accordo”) dei soggetti in riferimento ad ogni affermazione. Gli alti punteggi su entrambe le scale del questionario indicano maggiori atteggiamenti sessisti. Il valore di ogni item è determinato a partire dallo 0, quindi 0%= 0, 10%= 1, 20%= 2, etc. Lo scoring per gli items codificati inversamente (cioè 1, 4, 8, 10, 13) è: 0%= 10, 10%= 9, 20%= 8, etc. I punteggi per ogni scala vengono calcolati sommando i valori di ogni singolo item e variano da 0 a 40 per la Gender-linked e da 0 a 25 per la Gender Trascendent. 57 3. Le Classical and Modern Sexism Scales sono formate da 15 items suddivisi in due scale: la Classical Sexism Scale comprendente le espressioni che si riferiscono alle vecchie credenze sessiste verso le donne; la Modern Sexism Scale composta dalle espressioni che si riferiscono alle attuali credenze sessiste verso le donne, conseguenti ai numerosi cambiamenti socio-politici degli ultimi anni. Ogni item valuta il grado d'accordo dei soggetti (da 0 “fortemente in disaccordo” a 5 “fortemente d'accordo”) in riferimento ad ogni affermazione. Gli alti punteggi su entrambe le scale indicano elevati atteggiamenti sessisti verso le donne. Il valore di ogni item è determinato a partire dallo 0, quindi 0= 0, 1= 1, 2= 2, etc. Per gli items codificati inversamente (4, 5, 7, 13, 14, 15) 0= 5, 1= 4, 2= 3, etc. Il punteggio della scala viene ottenuto sommando il valore di ogni singolo item e varia da 0 a 75. 4. Il questionario I miei interessi è composto da un elenco di 52 interessi professionali per ciascuno dei quali il soggetto deve segnare il suo grado di interesse, che va da 1 “Per niente” a 5 “Moltissimo”. Ogni aspirazione professionale rientra in una delle seguenti categorie di interessi: artistici, attività fisiche, aziendali, economici, legali, linguistici, medici, musicali, politico-sociali, educativi, realistici e tecnici, scientifici, umanistici. Il punteggio di ogni categoria di interessi varia da 0 a 20. Lo scoring viene effettuato sommando i punteggi dati ai quesiti delle diverse aree di interessi. Le categorie in cui il soggetto ha ottenuto il punteggio maggiore, rappresentano le aree cui appartengono i suoi interessi. 5. Il questionario Ho deciso? è composto da 20 affermazioni, per ognuna delle quali, lo studente deve segnare il grado di accordo (da 1 che indica “Assolutamente falso” a 5 “Assolutamente vero”). Le affermazioni sono suddivise in cinque aree: 58 a) Assenza di decisione: “non hai ancora pensato a quello che farai dopo la scuola secondaria. È un problema che non ti sei posto perché non hai tempo e perché non lo ritieni importante. Pensi anche che saranno gli avvenimenti a far accadere le cose e non ti assumi la responsabilità della scelta, che deve essere fatta in modo autonomo e consapevole”. b) Difficoltà nella decisione: “non hai le idee chiare su ciò che farai, allo stesso tempo, però, ti senti inadeguato a fare scelte che vanno nella direzione che desideri. Un altro elemento che emerge è la paura di sbagliare: dovrai procedere gradualmente per le fasi successive e non paralizzarti a causa di sentimenti di sfiducia. Se vuoi puoi recuperare!” c) Riflessione critica: “sei in una fase in cui devi ancora fare la scelta, rifletti sui vantaggi e gli svantaggi di varie opzioni, raccogli informazioni ed esamina i motivi che sottostanno alla tua scelta. È un momento di riflessione che ti permetterà di valutare le informazioni di cui sei in possesso, e anche gli aspetti più personali che ti guideranno verso una scelta”. d) Bisogno di informazioni: “in questa fase cerchi i pareri delle persone a te più vicine, gli insegnanti, i genitori e gli amici. Cerchi di sapere da loro che cosa pensano della tua scelta, se ti sostengono e se sono d'accordo. È importante però che tu faccia una scelta autonoma e utilizzi queste persone solo per acquisire nuove informazioni sulla tua scelta e il tuo futuro professionale”. e) Decisione presa: “hai deciso in modo autonomo cosa fare dopo le superiori. Non hai avuto nessuna difficoltà a decidere e pensi soprattutto che hai in mente la scelta giusta per te. Hai chiaro quale sarà il tuo lavoro futuro e il percorso formativo o l'immediata professione che ti aspettano”. Il punteggio totale per ogni area varia da 0 a 20 e si ottiene sommando i singoli punteggi dati alle affermazioni appartenenti ai diversi profili. 59 L’area in cui lo studente ottiene il punteggio maggiore corrisponde al suo livello di decisione. 4.2.3. Analisi dei dati Le risposte ai questionari di tutti i partecipanti sono state sottoposte ad analisi con l’ausilio del software statistico SPSS 19.0. Gli studenti sono stati considerati come un gruppo unico sia per valutare il livello di sessismo sia per gli interessi ed il livello di decisione rispetto al futuro. Un gruppo di analisi a parte è stato effettuato per quegli studenti che hanno partecipato allo studio insieme ai genitori. L’analisi dei dati è stata eseguita in base agli obiettivi. In particolare, in riferimento al primo obiettivo (a), si è reso necessario verificare la coerenza interna del Social Roles Questionnaire di Baber e Tucker (2006) e delle Classical and Modern Sexism Scales di Ekehammar, Akrami e Araya (2000), tradotti ed adattati alla lingua italiana attraverso il metodo della back translation. A tal fine è stata calcolata l’α di Cronbach su tutti gli item che compongono i due questionari, che è risultata rispettivamente di α =.77 (composto da 13 item) per il Social Roles Questionnaire, e di α =.78 per le Classical and Modern Sexism Scales (composto da 15 item). Per interpretare il coefficiente di attendibilità non esistono regole statistiche ma si segue una regola pratica (cfr. Nunnally, Bernstein, 1994) secondo la quale: 1. valori inferiori a .60 sono ritenuti inadeguati; 2. valori tra .60 e .70 sono ritenuti sufficienti; 3. valori tra .70 e .80 sono ritenuti discreti; 4. valori tra .80 e .90 sono ritenuti buoni. Per scopi di ricerca e soprattutto nella fase iniziale di validazione di un test è accettabile che un test possa avere un coefficiente di attendibilità modesto (intorno a .70) in ambito clinico o comunque in ambiti in cui i risultati di un test servono a prendere delle decisioni sugli individui è da privilegiare test che possiedono valori di attendibilità più elevati (Barbaranelli, Natali, 2005). 60 Per lo studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e tra i padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere (ipotesi b1) sono state effettuate due Manovas fattoriali, con variabile indipendente il genere dei ragazzi e dei genitori e variabili dipendenti i punteggi ai due questionari sul sessismo (SRQ e CMSS). Per lo studio del livello di sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli (ipotesi b2) è stata effettuata una Manova per misure ripetute e tra i soggetti (modello misto), con il genere dei genitori come variabile indipendente entro i soggetti, il genere dei figli come variabile indipendente tra i soggetti e i punteggi di sessismo come variabili dipendenti. Per lo studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli (ipotesi b3) sono state effettuate quattro regressioni multiple lineari (Metodo Enter) con i seguenti predittori (variabili indipendenti): i punteggi alla scala SRQ per madri e padri; i punteggi alla scala CMSS per madri e padri; e come criterio (variabile dipendente) i due punteggi di sessismo ai questionari, calcolati separatamente per maschi e femmine. In riferimento all’obiettivo c), cioè verificare se esiste una relazione tra gli atteggiamenti sessisti degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla carriera che intendono intraprendere, sono state effettuate ulteriori analisi. Nello specifico, per lo studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli studenti (ipotesi c1), è stata eseguita una Manova fattoriale che ha come variabile indipendente il genere degli studenti e variabili dipendenti i loro livelli di decisione. Per lo studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli studenti (ipotesi c2) è stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli studenti e il loro livello di decisione. Per lo studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi professionali (ipotesi c3) è stata utilizzata una Manova fattoriale che ha come variabile indipendente il genere degli studenti e variabili indipendenti i loro interessi. 61 Per lo studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti (ipotesi c4) è stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli studenti e i loro interessi. Per lo studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata (ipotesi c5) è stata effettuata una Manova tra il genere degli studenti, il grado di sessismo e la scuola frequentata. 4.3. Risultati b1) Studio delle differenze tra i figli maschi e le figlie femmine e tra i padri e le madri negli atteggiamenti di ruolo di genere. L’analisi effettuata tramite le due Anovas fattoriali per verificare la differenza tra i ragazzi e le ragazze (cfr. tab.5) e tra i padri e le madri (cfr tab.6) negli atteggiamenti di ruolo di genere, attraverso i due strumenti SRQ e CMSS, ha evidenziato che i soggetti di sesso maschile (figli e padri) ottengono punteggi significativamente maggiori rispetto ai soggetti di sesso femminile (figlie e madri). Tabella 5: Statistiche descrittive e Anova Sessismo figli SRQ CMSS Sesso femmina maschio femmina maschio Media 2,38 3,77 1,07 2,00 Ds 1,17 1,46 0,63 0,84 N 310 298 310 298 F(1;606) Sig. 166,879 .000 239,436 .000 Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales 62 Tabella 6: Statistiche descrittive e Anova Sessismo genitori SRQ CMSS Sesso madre padre madre padre Media 5,88 7,45 2,91 3,88 Ds 2,89 2,92 1,38 1,54 N 122 122 122 122 F(1;120) Sig. 285,889 .000 48,295 .000 Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales b2) Studio del livello di sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli. Per questo studio è stata utilizzata una Manova a misure ripetute (modello misto), i cui risultati sono riportati in tabella 7. Tabella 7: Manova misure ripetute (modello misto) Sessismo, Genere genitori, genere figli Effetto genere genitori F(1;120) Sesso Media Ds N Sig. figlia 5,82 2,85 80 figlio 6,01 2,99 42 30,585 figlia 7,37 2,95 80 SRQ padre figlio 7,61 2,88 42 figlia 2,87 1,39 80 CMSS madre figlio 2,99 1,36 42 37,828 figlia 3,77 1,63 80 CMSS padre figlio 4,10 1,36 42 Note: SRQ=Social Roles Questionnaire; CMSS=Classical and Modern Sexism Scales SRQ madre .000 .000 I risultati evidenziano che per quanto riguarda il sessismo c’è un effetto sul genere dei genitori, ma non c’è effetto di interazione tra il genere dei genitori e il genere dei figli: entrambi i genitori sono sessisti, indipendentemente dal fatto che abbiano un figlio o una figlia. b3) Studio del peso del sessismo dei genitori sul sessismo dei figli. 63 Per verificare se gli atteggiamenti sessisti dei genitori possano predire in modo significativo quello dei figli sono state effettuate quattro regressioni multiple lineari (Metodo Enter) presentate nella tabella 8. Tabella 8: Regressione lineare multipla- Metodo Enter - punteggi totali sessismo genitori e sessismo figli Varia bile Varia bile Genere n B E.S.B Beta dipendente indipendente SRQ Madre .125 .045 .299** Femmine SRQ 310 SRQ Padre .122 .044 .302** SRQ Madre .204 .086 .396* Maschi SRQ 298 SRQ Padre .091 .090 .170 CMSS Ma dre -,010 .047 -.025 Femmine CMSS 310 CMSS Pa dre .069 .040 .202 CMSS Ma dre .122 .106 .192 Maschi CMSS 298 CMSS Pa dre -.012 .106 -.020 Note.*p < .05; **p<.01 SRQ=Social Roles Questionnaire CMSS=Classical and Modern Sexism Scales R2 .257 .263 .038 .035 I risultati in tabella indicano che il sessismo delle madri, misurato tramite il Social Roles Questionnaire, predice sia il sessismo delle figlie che quello dei figli, mentre quello dei padri, sempre valutato con lo stesso strumento, predice solo quello delle figlie. c1) Studio delle differenze di genere sul livello di decisione degli studenti. Per quanto riguarda la verifica di eventuali differenze di genere negli studenti per il livello di decisione si riporta di seguito la tabella 9 con i relativi risultati della Manova effettuata. 64 Tabella 9: Manova Livello di decisione per Genere Livelli di decisione Assenza di decisione Difficoltà nella decisione Riflessione critica Bisogno di informazioni Decisione presa Gruppo Media Dev.St. Femmine 1,83 0,61 Maschi 2,07 0,67 Femmine 2,86 1,00 Maschi 2,72 0,97 Femmine 3,71 0,81 Maschi 3,54 0,77 Femmine 2,10 0,80 Maschi 2,21 0,81 Femmine 2,96 1,07 Maschi 2,93 0,99 F(1;605) Sig. 21,34 0,000 3,02 n.s. 7,16 0,008 3,10 n.s. 0,064 n.s. Come si evince dalla tabella 9, rispetto all’ipotesi c1) i maschi sembrano non aver preso una decisione rispetto al futuro, mentre le femmine hanno bisogno di riflettere ancora bene sulla scelta da effettuare. c2) Studio della relazione tra sessismo e livello di decisione degli studenti. È stata effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli studenti e il loro livello di decisione. I risultati delle tabelle (10 e 11) mostrano che sia i maschi che le femmine con punteggio più elevato di sessismo non hanno ancora deciso, mentre al diminuire del grado di sessismo aumenta la riflessione critica sia nei maschi che nelle femmine. 65 Tabella 10: Correlazione di Pearson tra Sessismo e Livello di decisione Femmine Femmine Livello di decisione SRQ Assenza di decisione 0,21** Difficoltà nella decisione -0,01 Riflessione critica -0,21** Bisogno di informazioni 0,09 Decisione presa -0,05 Note.*p < .05; **p<.01 . SRQ=Social Roles Questionnaire CMSS= Classical and Modern Sexism Scales CMSS 0,21** -0,00 -0,10 -0,02 -0,08 Tabella 11: Correlazione di Pearson tra Sessismo e Livello di decisione Maschi Maschi Livello di decisione As senza di decisione Difficoltà nella deci sione Ri flessione critica Bi sogno di informa zioni Decisione presa Note.*p < .05; **p<.01 . SRQ=Social Roles Questionnaire CMSS= Classical and Modern Sexism Scales SRQ 0,17** -0,04 -0,13* 0,13* -0,08 CMSS 0,11 -0,08 -0,17** 0,06 0,06 c3) Studio delle differenze di genere nella scelta degli interessi professionali. È stata effettuata una Manova tra la variabile genere e gli interessi degli studenti (vedi tab. 12). 66 Tabella 12: Manova Interessi per Genere Gruppo Femmine Interessi artistici Maschi Femmine Attività fisiche Maschi Femmine Aziendali Maschi Femmine Economici Maschi Femmine Legali Maschi Femmine Linguistici Maschi Femmine Medici Maschi Femmine Musicali Maschi Femmine Politico-sociali Maschi Femmine Prosociali-educativi Maschi Femmine Reali stici-Tecnici Maschi Femmine Scientifici Maschi Femmine Umanisitici Maschi Media 2,36 2,16 1,91 2,60 1,99 2,19 1,65 2,11 2,06 2,00 1,96 1,90 2,17 1,97 1,85 2,01 1,84 2,15 2,22 1,95 1,93 2,67 1,98 2,17 2,08 1,98 Dev.St. 0,90 0,74 1,07 1,29 0,98 0,89 0,95 1,06 1,04 0,90 0,98 0,90 1,04 0,94 1,01 1,11 0,80 0,92 0,90 0,76 1,12 1,26 0,84 0,89 0,88 0,84 F (1;605) Sig. 8,85 0,003 51,030 0.000 6,820 0,009 32,79 0,000 0,648 n.s 0,649 n.s 6,01 0,015 3,40 n.s 19,27 0,000 15,38 0,000 58,27 0,000 7,30 0,007 2,06 n.s. Per quanto riguarda la differenza di genere negli interessi professionali (ipotesi c3) sono i maschi ad avere maggiori punteggi nelle attività fisiche, negli interessi aziendali, economici, politico-sociali, realistici-tecnici e scientifici; mentre le femmine hanno maggiori interessi artistici, medici e prosociali-educativi. c4) Studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti. 67 La correlazione di Pearson effettuata per esaminare se il livello di sessismo degli studenti sia in qualche modo correlato agli interessi espressi ha dato i seguenti risultati (vedi tab.13 e 14): Tabella 13: Correlazione di Pearson Sessismo e Interessi fem mine Interessi Artis tici Attiv.Fis iche Aziendali Econom ici Legali Linguis tici Medici Mus icali Politico Sociali Pros ociali Educativi Realis tici Tecnici Scientifici Um anis tici Femmine SRQ CMSS -0,05 -0,05 0,19** 0,04 0,15** 0,11 0,13* 0,16 0,06 0,06 0,03 -0,05 -0,03 0,07 0,03 -0,07 -0,03 -0,02 0,06 0,00 -0,03 -0,08 -0,15* -0,14 -0,15* -0,11 Note.*p < .05; **p<.01 . SRQ= Social Roles Questionnaire CMSS= Classical and Modern Sexism Scales Tabella 14: Correlaz ione di Pearson Sessismo e Interessi maschi Interessi Artis tici Attiv.Fis iche Aziendali Econom ici Legali Linguis tici Medici Mus icali Politico Sociali Pros ociali Educativi Realis tici Tecnici Scientifici Um anis tici Maschi SRQ CMSS -0,14* -0,08 0,34** 0,21** 0,02 -0,02 0,13* 0,13* 0,11 0,10 -0,14* -0,01 -0,01 0,10 -0,12* -0,06 0,00 0,05* -0,17** -0,12 0,07 0,11* -0,13* 0,01 -0,26** -0,15** Note.*p < .05; **p<.01 . SRQ=Social Roles Questionnaire CMSS=Classical and Modern Sexism Scales 68 Sia nei maschi che nelle femmine gli alti punteggi di sessismo sono legati agli interessi per le attività fisiche e a bassi punteggi per gli interessi umanistici. I maschi con maggiori punteggi di sessismo hanno interessi economici, mentre quelli con bassi punteggi al sessismo hanno maggiori interessi umanistici e artistici. Le femmine maggiormente sessiste hanno più interessi aziendali, mentre quelle che risultano meno sessiste hanno maggiori interessi scientifici e umanistici. c5) Studio delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata. Di seguito viene presentata la tabella 15 con i risultati della Manova effettuata tra il livello di sessismo espresso dagli studenti, il genere e la tipologia di scuola frequentata (ipotesi c5). Tabella 15: Manova Sessismo per genere e tipologie scuole Strumento Tipologie istituti scolastici Istituti tecnici (N=265) Licei (N=343) N Media Ds N Media 121 2,90 1,09 189 2,06 144 4,14 1,29 154 3,41 121 1,23 0,56 189 0,97 144 2,17 0,80 154 1,85 Sesso Femmine (310) SRQ Maschi (298) Femmine (310) CMSS Maschi (298) SRQ = Social Roles Questionnaire CMSS= Classical and Modern Sexism Scales Effetto Sessismo Ds 1,10 1,52 0,65 0,86 F (2;606) p 80,059 .000 90,778 .000 L’analisi della varianza 2 x 2 (tipologia di scuola frequentata e genere) sui punteggi di sessismo ha mostrato un effetto principale del genere (i maschi sono più sessisti delle femmine), un effetto principale dell’istituto scolastico frequentato (chi frequenta gli istituti tecnici risulta più sessista di chi frequenta i licei), e nessun effetto di interazione. 69 Conclusioni Le persone non costruiscono le loro preferenze ed interessi in isolamento, ma piuttosto sono immerse in un ampio contesto sociale, che include norme e valori, in particolare quelli che sono considerati “appropriati” per ciascun sesso. Gli stereotipi di genere, quindi, sono un’importante variabile da considerare quando si esaminano le differenti aspettative ed interessi degli uomini e delle donne (Fernàndez et al., 2006). Il genere rappresenta uno dei fattori che influisce sullo sviluppo dei bambini (Bem, 1993). A prescindere dal reddito, dall’etnia e dal livello culturale, le pratiche educative tendono ad essere organizzate diversamente per i ragazzi e per le ragazze. Attraverso il processo di acculturazione, gli individui fanno propria l’ideologia di genere approvata dal sistema culturale di appartenenza. Questo processo d’internalizzazione fornisce alle persone uno schema di comportamenti e di credenze relative al proprio genere (Bem, 1993). Da questi presupposti teorici parte la lettura dei dati che sono emersi dalla presente ricerca. Il primo degli obiettivi generali di questo lavoro era quello di indagare gli atteggiamenti di ruolo di genere degli studenti e dei rispettivi genitori, e attraverso due Anovas fattoriali, è stato evidenziato che i soggetti di sesso maschile ottengono punteggi significativamente maggiori rispetto ai soggetti di sesso femminile sia all’ SRQ (figli maschi: F(1;606)=166.88, p<.001; padri: F(1;120)=285.89, p<.001) che al CMSS (figli maschi: CMSS= F(1;606)=239.44, p<.001; padri: F(1;120)=48.29, p<.001). Questi dati confermano ciò che è già presente in letteratura, cioè che il sessismo è più marcato e diffuso tra il genere maschile, ma il dato interessante che emerge in questa ricerca è come lo siano sia i padri che i figli. Di conseguenza è stato introdotto lo studio del livello del sessismo dei genitori in funzione del genere dei figli, per verificare se in qualche modo il genere dei figli potesse influenzarlo. I risultati della manova a misure ripetute evidenziano che per quanto riguarda il sessismo c’è un effetto sul genere dei genitori (SRQ: F(1;120)=30.58, p<.001; CMSS: F(1;120)=37.83, p<.001), ma non c’è effetto di interazione tra il genere dei genitori e il genere dei figli: entrambi i genitori sono sessisti, indipendentemente dal fatto che abbiano un 70 figlio o una figlia. Questo dato potrebbe indicare che i genitori convolti in questo studio sono inseriti in un contesto socio-culturale in cui il sessismo è radicato in quanto ideologia tradizionale, nella quale sono cresciuti, e che non è cambiato il loro modo di pensare nel momento in cui sono diventati genitori e hanno avuto un figlio piuttosto che una figlia. Ci si è chiesto poi se gli atteggiamenti sessisti dei genitori possano predire in modo significativo quello dei figli e per questo sono state effettuate quattro regressioni multiple lineari (Metodo Enter). I risultati indicano che il sessismo delle madri, misurato tramite il Social Roles Questionnaire, predice sia il sessismo delle figlie (R2 =.257; Beta=.299; p<.01) che quello dei figli (R2 =.263; Beta=.396; p<.05), mentre quello dei padri, valutato sempre con lo stesso strumento, predice solo quello delle figlie (R2 =.257; Beta=.122; p<.01). Questi risultati sono interessanti perchè oltre a confermare quanto già espresso da altri studi, e cioè che alcuni comportamenti e modi di pensare si tramandano all’interno della famiglia attraverso il modellamento (o shaping), ci indicano anche una tendenza trasversale di influenza: da madre a figlio e da padre a figlia. Per il secondo obiettivo generale, cioè verificare se esiste una relazione tra gli atteggiamenti sessisti degli studenti, gli interessi e il livello di decisione rispetto alla carriera che intendono intraprendere sono state effettuate varie analisi. Innanzitutto per attestare differenze di genere negli studenti nel livello di decisione è stata effettuata una Manova da cui si evidenzia che i maschi sembrano non aver preso una decisione rispetto al futuro (F(1,605)=21.34; p<.001), mentre le femmine hanno bisogno di riflettere ancora bene sulla scelta da effettuare (F(1,605)=7.16; p<.05). Facendo riferimento allo studio di Gati e Saka (2001) e Hargrove et al. (2005), si riscontrano risultati simili per quanto riguarda la fase di decision-making degli adolescenti coinvolti. In generale i ragazzi si trovano in una situazione di minor confronto con adulti esperti che possono consigliarli, siano anche i genitori stessi, e magari pensano che la scelta del proprio futuro possa essere rimandata ad un momento successivo. In realtà la fase di decision-making è un processo che necessita di diversi momenti e di vari fattori che possano aiutare l’adolescente a capire realmente cosa desidera per la propria vita. In questo le ragazze probabilmente sono più avvantaggiate in quanto si 71 confrontano maggiormente con le amiche, con i genitori, e come abbiamo avuto modo di verificare attraverso la letteratura, sono più aperte nelle conversazioni che rigurdano il proprio futuro e questo spiegherebbe perchè si trovano nella fase della riflessione critica, durante la quale si arricchiscono di informazioni utili alla presa di decisione finale. È stata anche effettuata una correlazione di Pearson tra il grado di sessismo degli studenti e il loro livello di decisione. I risultati mostrano che sia i maschi (SRQ =0.17, p<.01) che le femmine (SRQ= 0.21, p<.01; CMSS = 0.21, p<.01) con punteggio più elevato di sessismo non hanno ancora deciso, mentre al diminuire del grado di sessismo aumenta la riflessione critica sia nei maschi (SRQ =-0.13, p<.05; CMSS = 0.17, p<.01 ) che nelle femmine (SRQ= -0.21, p<.01). Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, e cioè che gli adolescenti più sessisti siano più decisi rispetto al loro futuro, i presenti dati, così come quelli già citati nello studio di Gushue e Witson (2006), porterebbero ad un’importante riflessione: al diminuire del grado di sessismo potrebbe innescarsi una modalità di apertura mentale maggiore rispetto alle possibili scelte future e ad una gamma più vasta di opportunità di carriera indipendenti dai ruoli di genere. Inoltre, il fatto che gli adolescenti con elevato sessismo non abbiano ancora deciso, potrebbe significare che forse le due cose non sono strettamente legate nel momento in cui il soggetto deve ancora prendere una decisione e che l’essere sessista sia, come già proposto prima, solo il frutto di una mentalità radicata nella cultura di provenienza dei soggetti, ma potrebbe non rappresentare un predittore della scelta futura. Sono state analizzate anche le differenze di genere nella scelta degli interessi professionali, attraverso una Manova tra la variabile genere e gli interessi degli studenti. Negli interessi professionali sono i maschi ad avere maggiori punteggi nelle attività fisiche (F (1,605)=51.03; p<.001), negli interessi aziendali (F(1,605)=6.82; p<.05), economici (F(1,605)=32.79; p<.001), politico-sociali (F(1,605)=19.27; p<.001), realisticitecnici (F(1,605)=58.27; p<.001) e scientifici (F(1,605)=7.30; p<.05); mentre le femmine hanno maggiori interessi artistici (F(1,605)=8.85; p<.05), medici (F(1,605)=6,01; p<.05) e prosociali-educativi (F(1,605)=15.38; p<.001). Questi dati sono in linea con quanto riportato dalla letteratura sull’argomento e con quanto ipotizzato nella nostra ricerca, 72 e cioè che i maschi hanno maggiori interessi tecnici e scientifici e le femmine invece sociali e umanistici. Per lo studio della relazione tra sessismo e interessi degli studenti la correlazione di Pearson effettuata per esaminare se il livello di sessismo degli studenti sia in qualche modo correlato agli interessi espressi ha dato i seguenti risultati: sia nei maschi che nelle femmine gli alti punteggi di sessismo sono legati agli interessi per le attività fisiche e a bassi punteggi per gli interessi umanistici. I maschi con maggiori punteggi di sessismo hanno interessi economici, mentre quelli con bassi punteggi al sessismo hanno maggiori interessi umanistici e artistici. Le femmine maggiormente sessiste hanno più interessi aziendali, mentre quelle che risultano meno sessiste hanno maggiori interessi scientifici e umanistici. E anche in questo caso si evidenzia una corrispondenza con quanto già evidenziato in letteratura. Nel presente studio si sono ipotizzate infine delle differenze di genere sul livello di sessismo degli studenti in base alla tipologia di scuola frequentata. Attraverso l’utilizzo di una Manova i risultati emersi sono stati i seguenti: sui punteggi di sessismo c’è un effetto principale del genere (i maschi sono più sessisti delle femmine: SRQ= F(2,606)=80.06; p<.001; CMSS=F(2,606)=90.78; p<.001), un effetto principale dell’istituto scolastico frequentato (chi frequenta gli istituti tecnici risulta più sessista di chi frequenta i licei), e nessun effetto di interazione. Il primo risultato era stato già constatato nelle analisi precedenti, mentre per quanto riguarda l’effetto tra sessismo e istituti frequentati, in ricerche presenti in letteratura (Fernandez et al, 2006) si era verificato che gli studenti più sessisti frequentavano gli istituti tecnici. In conclusione possiamo dire che anche nella nostra ricerca in cui hanno partecipato adolescenti e genitori, in un contesto culturale quale quello del centro Italia, il sessismo è ancora molto radicato, se non altro nelle modalità di pensiero che vengono trasmesse in famiglia. Dunque il modello dell’apprendimento sociale di Bandura è tutt’ora valido e presente. Sarebbe interessante estendere la stessa ricerca a soggetti del sud e del nord Italia per verificare le eventuali differenze e modalità di atteggiamento verso il ruolo di genere. L’originalità dello studio è dovuta all’utilizzo 73 dei due questionari sul sessismo molto recenti, il Social Roles Questionnaire di Baber e Tucker (2006) e le Classical and Modern Sexism Scales di Ekehammar, Akrami e Araya (2000), e per la prima volta utilizzati in Italia su adolescenti e rispettivi genitori. Sicuramente uno dei limiti di questo lavoro è il fatto di non avere avuto un elevato numero di genitori che rispondessero ai questionari, che sono comunque strumenti self-report e per questo andrebbero supportati con altri tipi di indagini. Si potrebbe indagare successivamente sul tipo di carriera che intraprenderanno in futuro i soggetti che hanno partecipato alla ricerca, per verificare la congruenza con quanto dichiarato attraverso i questionari. 74 Bibliografia • Abrams, D., Viki, G.T., Masser, B., & Bohner, G. (2003). Perceptions of stranger and acquaintance rape: the role of benevolent and hostile sexism in victim blame and rape proclivity. Journal of Personality and Social Psychology, 84, 111-125. • Ainley, M., Hillman, K., Hidi, S., (2002). Gender and interest processes in response to literary texts: situational and individual interest. Learning and Instruction, 12, 411-428. • Allport, G.W. (1954). The nature of prejudice. Reading, MA: Addison-Wesley. • Amabile, T.M., Hill, K.G., Hennessey, B.A., & Tighe, E.M. (1994). The work preference inventory: assessing intrinsic and extrinsic motivational orientations. Journal of Personal and Social Psychology, 66, 950-965. • Anker, R. (1998). 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