Traversata da Cima Grappa al fiume Piave

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Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Club Alpino Italiano
Sezione di Padova
Commissione per l’Escursionismo
Domenica 25 Maggio 2014
Ricordando la Grande Guerra
<< Traversata da Cima Grappa al fiume Piave >> (EE)
Commissione Escursionismo - Gruppo Naturalistico Culturale
Conduttori dell’escursione:
aiuto-AE GNC Antonio Di Chiara - ASE Pierpaolo Franco - GNC Dino Minotto
aiuto-AE GNC Paolo Podestà – GNC Massimo Scarpa - GNC Eloisa Di Sipio
GNC Alberta Veronese – AE Renato Beriotto – ASE Roberta Bettini
Grado di difficoltà del percorso:
EE
Località di partenza:
Piazzale del Museo Storico di Cima Grappa (1714 m)
Località di arrivo:
Sacrario Militare Francese di Pederobba (193 m)
Dislivello complessivo in salita :
200 m
Dislivello complessivo in discesa :
1800 m
Lunghezza del percorso :
24 Km
Quota massima raggiunta :
1775 m Cima Grappa
Durata complessiva dell’escursione :
9:00 ore
Orario di partenza da Padova :
ore 6:00
Orario di rientro previsto a Padova :
ore 22:00
Segnavia del percorso
Presenza di acqua potabile
lungo il percorso:
Rifugi e altre strutture d'appoggio:
Sentiero con segnavia CAI num. 156, 152, 212, 221, sentieri
ben marcati, strade forestali
Rifugio Bassano, Rifugio Pallone, Osteria alle Betulle,
Trattoria Bastian, Pederobba
Rifugio Bassano, Rifugio Pallone, Malga Barbeghera, Malga
Miet, Osteria alle Betulle, Trattoria Bastian
nella scala 1:25000
Cartografia: Edizioni Tabacco, Foglio n. 51 (<< Massiccio del Grappa, Bassano, Feltre >>)
Equipaggiamento necessario:
Scarponi con suola ben marcata, sono vietate assolutamente le scarpe da ginnastica;
abbigliamento adatto alle condizioni e alla stagione in corso. Consigliati i bastoncini telescopici.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Accettate con spirito di collaborazione quanto suggerito dai Conduttori dell'escursione e restate uniti alla
comitiva di cui fate parte evitando “fughe” e “ritardi inutili”.
Evitate, senza autorizzazione od avviso, percorsi diversi da quelli stabiliti e non create situazioni difficili e
pericolose per la vostra ed altrui incolumità.
Ricordate che il CAI propone la filosofia del “camminare di qualità”, cioè non inseguendo la
performance o - tanto meno - la “lotta con l'Alpe”, ma ricercando la natura e la cultura dei luoghi.
Rispettate la natura e non uscite dai sentieri; passate all'interno o vicino alle proprietà private
mantenendo un comportamento civile e cortese.
Non raccogliete fiori, vegetazione di varia natura od altro e non gettate od abbandonate rifiuti.
Rispettate la montagna.
Durata complessiva dell’escursione proposta e descrizione sintetica della stessa:
9:00 ore circa, così suddivise:
tempo
parziale km
Descrizione della tappa
(ore)
dal piazzale del Museo Storico della Guerra 1915-18 (1714 m) fino al parcheggio sommitale
di Cima Grappa (1745 m) dopo aver attraversato tutto il Sacrario salendo dalla gradinata di
visita
ingresso al Sacrario Italiano e passando per la Chiesetta della Madonnina del Grappa, la
"Via Eroica", il "Portale Roma" e il Sacrario Austroungarico;
dal parcheggio sommitale di Cima Grappa fino alla Croce dei Lebi (1571 m) per il sentiero
0:40
2,00
con segnavia CAI num.156;
dalla Croce dei Lebi fino al Pian de la Bala (1381 m) in corrispondenza dell'inizio del Sentiero
0:40
1,80
del Boccaor per sentiero segnato e per strade carrozzabili;
dall'inizio del Sentiero del Boccaor fino alla Sella delle Mure (1500) per il sentiero con
1:00
1,40
segnavia CAI num.156;
dalla Sella delle Mure fino alla strada SP141 (1445 m) in prossimita di Malga Vedetta per il
1:00
2,00
sentiero con segnavia CAI num.156;
0:10
0,30 dalla strada suddetta fino alla Chiesetta di Cima Mandria (1482 m) per stradina carrozzabile;
dalla chiesetta suddetta fino all'incrocio con la strada asfaltata della Val di Archeset in località
0:20
0,70
Bocca di Forca (1402 m) per il sentiero con segnavia CAI num. 212;
0:30
1,10 da Bocca di Forca fino a Cima Palon (1305 m) per il sentiero con segnavia CAI num.212;
0:10
0,50 da Cima Palon fino a Cima Pallone (1210 m) per il sentiero con segnavia CAI num.212;
0:15
0,70 da Cima Pallone fino a Malga Barbeghera (1200 m) per strada carrozzabile;
da Malga Barbeghera fino alla dorsale del Monte Tomba in corrispondenza della stradina
1:00
3,00 asfaltata che porta a Malga il Doc (860 m) per sentiero nel prato e sentiero marcato nel bosco
che si sviluppa alle pendici settentrionali di Castel Cesil;
dall'inizio della dorsale del Monte Tomba fino al Monte Tomba (860 m) per strada asfaltata e
0:15
1,10
poi per sentiero marcato sulla dorsale;
dal Monte Tomba fino all'inizio del sentiero con segnavia CAI num. 221 (712 m) passando
0:30
1,80
vicino all'Osteria alle Betulle seguendo la SP141 nella zona del Monfenera;
dall'inizio del sentiero suddetto fino alla Chiesa di San Sebastiano (428 m) seguendo il sentiero
1:20
3,70 con segnavia CAI num.221 che attraversa ripetutamente la strada SP141 del Monfenera che
sale da Pederobba;
dalla Chiesa di San Sebastiano fino all'arrivo a Pederobba su via Roma (220 m) seguendo il
0:40
2,00
sentiero con segnavia CAI num. 221 e la strada SP141;
da Pederobba fino al parcheggio del Sacrario Francese sulla strada statale Feltrina (193 m)
0:15
0,90
seguendo Via Roma e Via Fratelli Stramare;
dal Sacrario Francese col pulmann si attraversa la strada statale Feltrina e dopo un centinaio di
0:05
0,30
metri si prende la strada a destra che porta alla Stazione Ferroviaria di Pederobba (170 m);
dalla Stazione Ferroviaria di Pederobba fino alla riva destra del fiume Piave (165 m) seguendo
0:10
0,70
il sentiero naturalistico della "Città degli Aironi";
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Profilo altimetrico dell’escursione:
2000
1800
1600
(metri)
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0:01
0:15
1:20
2:30
3:00
3:30
3:30
4:30
tempi di percorrenza (ore)
6:00
7:00
8:30
9:00
L'escursione proposta è una lunga traversata che vuole collegare tra loro due luoghi simbolo della Prima
Guerra Mondiale in occasione del centenario del suo inizio. L'escursione vuole avere un significato storico
e si propone di ricordare tutti i caduti di quella lontana guerra, di tutti i popoli e di tutte le nazioni, e che
oggi sarebbero cittadini dell'Europa Unita. Il percorso inizia dal parcheggio di Cima Grappa, dopo una
visita del Sacrario si segue il primo tratto della catena dei Salaroli per poi scendere nel sottostante Pian de
la Bala. Da qui si sale sul bellissimo sentiero di arroccamento Boccaor-Meatte (che ricorda la "Strada delle
Gallerie" del Monte Pasubio) e si prosegue sempre con un sentiero a mezza costa affacciato come un
balcone sul versante meridionale del massiccio del Grappa, con continui panorami aperti sulla pianura del
Veneto e del Friuli, con sullo sfondo in lontananza i riflessi del mare Adriatico. Il percorso arriva alla
Chiesetta di Cima Mandria e poi in discesa per prati arriva alla Cima Palon dove il sentiero scorre affianco
alle trincee italiane dell'antico caposaldo risistemate di recente dal Gruppo ANA degli Alpini di Possagno.
Arrivati alla grande Croce del Monte Pallone il sentiero prosegue verso la malga Barbeghera per poi da qui
scendere per prati agli inizi del bosco sottostante. Il sentiero attraversa il bosco ed esce sui prati in
corrispondenza della dorsale del Monte Tomba seguendo la ampia sommità prativa. Dal monumento del
Monte Tomba il sentiero segue rettilineo lungo la strada asfaltata del Monfenera fino alla prima curva a
destra dove si lascia la strada e si prosegue dritti nel bosco lungo il sentiero CAI num. 221 del Monfenera.
Il sentiero scende lungo il versante meridionale del Gruppo del Monfenera immerso nei celebri castagneti
secolari, attraversando di continuo in diversi punti il tracciato della strada asfaltata che scende al paese di
Pederobba. Poco prima di arrivare a Pederobba il sentiero passa per la Chiesetta di San Sebastiano con bel
panorama sul sottostante fiume Piave. Il sentiero arriva infine sul corso principale di Pederobba, da qui si
prosegue verso sinistra seguendo il corso principale e poi la strada che porta al Sacrario Militare Francese
di Pederobba sulla strada statale per Feltre dove si trova il pullman. Dal Sacrario Francese col pulmann si
attraversa la strada statale Feltrina e dopo solo un centinaio di metri si prende il primo bivio a destra che
scende alla Stazione Ferroviaria di Pederobba. Si scende alla stazione e si segue un sentiero che porta alla
“Città degli Aironi”, l'oasi della LIPU sulla riva destra del fiume Piave (poco oltre il grande cementificio)
dove si ha modo di rinfrescarsi sulle acque del fiume.
Percorso stradale completo:
Padova – Cima Grappa (75 km):
Padova – Bassano del Grappa – Romano d'Ezzelino – Romano Alto - Campo Solagna - Cima Grappa.
Altitudini sul livello del mare (altezza s.l.m.) di alcuni luoghi attraversati dal percorso stradale:
Padova (12 m) – Bassano del Grappa (133 m) – rifugio Bassano su Cima Grappa (1745 m).
Partenza in pullman da Padova (ore 6:00 dal piazzale <<Azzurri d’Italia>> antistante il Palazzetto dello
Sport all’Arcella) per Bassano del Grappa lungo la SS 47 della Valsugana, deviazione per Romano
d'Ezzelino, da qui seguire le indicazioni per Cima Grappa (“Strada Cadorna”) lungo la SP 148 e poi SP 149.
L’arrivo al punto di partenza dell’escursione è previsto per le ore 8:00 – 8:30 circa.
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Descrizione dettagliata dell’itinerario
L'escursione ha inizio dal piazzale del parcheggio di Cima Grappa nello slargo (1714 m) dove si trovano il
Museo Storico della Grande Guerra e la "Galleria Vittorio Emanuele III", pochi metri sotto il rifugio Bassano.
Da qui ci si dirige in leggera salita lungo la stradina che conduce verso sud alla scalinata di ingresso del
Sacrario. Si salgono le gradinate dei 5 gradoni del Sacrario e si arriva in cima alla chiesetta con la "Madonnina
del Grappa" (1754 m), all'inizio della "Via Eroica". Si percorre la "Via Eroica" e si arriva al "Portale Roma".
Dal "Portale Roma" ci si dirige verso nord verso l'Ossario Austroungarico. Da qui si scende per una lunga
gradinata al piazzale sommitale del parcheggio delle auto situato poco sopra al rifugio Bassano (1745 m).
Dal parcheggio si segue adesso il sentiero con segnavia CAI num. 156 (Altavia num. 8, “A.N.G. Anello
Naturalistico del Grappa”) che conduce verso la Catena dei Salaroli e che passa a mezzacosta sotto il vecchio
edificio della ex-caserma Nato (posto sul luogo piu' alto del Massiccio del Grappa, 1776 m, luogo chiamato la
“Nave” per la forma che ha guardandolo dai colli sottostanti che si trovano a nord). Si segue il comodo sentiero
che nel primo tratto è una comoda strada carrozzabile (mulattiera) per circa 1,7 km fino ad arrivare ad un bivio
con le indicazioni a destra per la Croce dei Lebi (1620 m, 0:25 ore dalla partenza). Si lascia la strada e, sempre
seguendo il sentiero con segnavia CAI num.156, si scende di un centinaio di metri fino ad arrivare alla Croce
dei Lebi (1571 m, 0:40 ore dalla partenza) dove si trova il bivio con il sentiero che scende nella Val delle Mure.
Durante la guerra l'esercito italiano era arroccato sulla cresta dei Salaroli e attraverso la Val delle Mure
venivano trasportati sotto il fuoco nemico sia i rifornimenti che i feriti.
Si segue proprio quest'ultimo sentiero che scende verso destra per prati fino ad arrivare alle rovine del Casone
Val di Melin (1487 mt), da qui si scende per la strada carrozzabile fino al parcheggio del Pian de la Bala (1387
m) dove si trova il Crocifisso di legno del “Cristo del Boccaor”. Dal parcheggio ci si dirige verso sud per un
centinaio di metri fino a trovare sulla sinistra le indicazioni per i sentieri con segnavia CAI num. 151 (che
scende nella Valle del Lastego nella sottostante Valle di San Liberale) e con segnavia CAI num. 152 (sentiero
A.N.G.). Si seguono le indicazioni del sentiero con segnavia CAI num. 152 e dopo un centinaio di metri si
arriva all’inizio della strada militare di arroccamento che costeggia il versante sud del Monte Boccaor e
successivamente del Monte Meatte (1381 m, 1:20 ore dalla partenza).
Dalla Croce dei Lebi si diparte anche un'altro sentiero che scende in Val delle Mure e termina proprio a Pian
de la Bala. Questo sentiero scende dalla Croce dei Lebi verso sinistra e per prati (seguendo un antico tracciato
segnato con tracce di vernice di colore giallo poste sulle pietre ai lati) termina vicino al Crocefisso di legno del
Boccaor e sulla SP141 in prossimita' della trincea del Boccaor a una decina di metri dall’inizio della omonima
strada di arroccamento.
Si percorre il tracciato lastricato di questa bellissima strada militare (che ricorda la “Strada delle 52 Gallerie”
del Monte Pasubio), tutta scavata nella roccia (del Sass Brusai), che con una serie di curve e gallerie segue il
profilo delle pareti del versante meridionale della montagna a precipizio sulla sottostante Valle di San Liberale.
La strada è dotata nei punti piu’ esposti di una ringhiera metallica di protezione. Poco prima della fine della
strada militare si transita sotto il ponte aereo della via ferrata del Sass Brusai che sale dalla valle sottostante.
Dopo un centinaio di metri si arriva a quota 1500 m alla Sella delle Mure (2:20 ore dalla partenza) dove termina
la strada militare lastricata.
In corrispondenza di questa selletta si trovano delle indicazioni per alcuni sentieri interessanti da un punto di
vista storico: un sentiero ridiscende giu’ in direzione nord nella sottostante Valle delle Mure seguendo il
tracciato della mulattiera militare delle Meatte, mentre sulla sinistra si stacca il sentiero che in salita percorre
la trincea che porta sulla cima del Boccaor (1532 m). La trincea segue il crinale del Monte Boccaor fino ad
arrivare in cima al monte per poi scendere alla strada delle malghe al Pian de la Bala, questa era la estrema
linea di difesa, questa trincea era stata predisposta nel caso fosse stata superata la prima linea.
L’approvvigionamento idrico per le truppe fu assicurato da appositi impianti. Grandi serbatoi furono costruiti
in caverne: contenevano fino a duecentomila litri d’acqua e dovevano assicurare un rifornimento alle truppe di
oltre un milione di litri d’acqua al giorno.
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Si continua sempre sullo stesso sentiero con segnavia CAI num. 152 e pochi metri dopo la Sella delle Mure in
corrispondenza di una curva del sentiero verso destra si trova una rara fonte di acqua e delle vasche scavate
nella roccia (sempre costruite durante la Prima Guerra Mondiale), si continua a costeggiare il versante sud del
massiccio proseguendo a mezzacosta sotto il sovrastante Monte Meatte.
Poco piu’ avanti in una zona con alcuni alberi e in prossimita’ di una curva verso sinistra si puo’ vedere sulla
destra e staccato dal sentiero una traccia di sentiero che conduce ad un antico osservatorio italiano ricavato
su uno sperone roccioso a precipizio sulla sottostante Valle di San Liberale.
Il sentiero continua a mezzacosta seguendo il profilo del versante meridionale del massiccio, supera
(lasciandolo sulla destra) il sentiero con segnavia CAI num. 153 che scende nella Valle di San Liberale, e si
arriva ad un bivio dove sulla sinistra si trova la stradina che conduce alla vicina Malga Archeson (1441 m, 2:50
ore dalla partenza). Si continua sempre lungo il sentiero num. 152 che da qui continua in leggera salita con una
serie di tornanti e curve (alcuni ricoveri in caverna e cisterne di acqua, “Cisterna Archeson” e una piccola
fontanella) sempre lungo il ciglio del massiccio fino ad arrivare sulla strada asfaltata della SP 141 del Grappa
(1445 m, 3:20 ore dalla partenza).
Alla vicina Malga Vedetta (che si vede poco piu' in basso della strada) durante la prima guerra mondiale
arrivava una importantissima teleferica italiana e vicino alla malga si possono ancora vedere dei resti.
Si attraversa la strada provinciale SP141 (è la “Strada delle Malghe” che collega Pederobba col Monfenera, con
la Val delle Mure e arriva sotto il Sacrario del Grappa in località Piani di Ardosa) e si prosegue sulla stradina
asfaltata di fronte che conduce in leggera salita alla chiesetta su Cima Mandria (1482 m, 3:30 ore dalla
partenza) seguendo il sentiero con segnavia CAI num. 212.
Da qui si scende sempre lungo il sentiero con segnavia CAI num. 212 dapprima lungo il ripido pendio erboso e
poi lungo una cresta erbosa per circa un chilometro fino ad arrivare alla strada asfaltata in località Bocca di
Forca (1402 m, 3:50 ore dalla partenza). Si attraversa la strada e si prosegue sempre sul sentiero num. 212 che
continua dapprima in salita per prati e poi in discesa lungo un ripido pendio erboso (seguendo il recinto del
bestiame) fino ad arrivare alla Cima Palon (1305 m, 4:20 ore dalla partenza). Da Cima Palon il sentiero segue
in discesa parallelo alle linee delle trincee italiane (si puo’ scendere anche camminando dentro le trincee) fino
ad arrivare al rifugio-bivacco degli Alpini costruito ai piedi della Croce del Monte Pallone (1210 m, 4:30 ore
dalla partenza) e gestito dagli Alpini di Possagno, che hanno curato lo splendido restauro delle trincee del
Palon.
Da qui si prende la ampia strada carrozzabile che prosegue in direzione nord verso la Malga Barbeghera (1200
m, 4:45 ore dalla partenza). Dalla malga si scende in direzione sud-est lungo una strada sterrata che scende al
prato sottostante (parallela per un tratto alla soprastante strada appena percorsa dalla Croce del Monte Pallone),
alla fine di questo tratto di strada, dopo un ampio tornante sulla sinistra, si esce sul pendio prativo dove si trova
il sentiero marcato che scende per un breve tratto ripidamente con una serie di curve lungo il prato per entrare
infine nel bosco sottostante. Il sentiero nel bosco dopo un primo tratto sassoso e stretto diventa piano piano una
strada che scende dolcemente a mezza costa lungo le pendici nord del Monte Castel Cesil e termina su un’altra
strada forestale che conduce infine alla strada asfaltata (860 m, 5:45 ore dalla partenza) che porta a destra alla
vicinissima Malga Miet (la antica Osteria del Monfenera, nelle vicinanze c'e' anche Malga Doc). Si prosegue
verso sinistra lungo la strada asfaltata e dopo una decina di metri si trovano sulla destra delle indicazioni per il
sentiero che scorre sulla dorsale prativa del Monte Tomba. Si prosegue sui prati della ampia panoramica dorsale
pianeggiante fino ad arrivare al monumento sulla Cima del Monte Tomba (860 m, 6:00 ore dalla partenza).
Sul Monte Tomba si trova una grande Croce a ricordo dei Caduti Italiani e Francesi e una suggestiva corona
di pennoni di bandiera, una per ogni nazione impegnata nella guerra.
Da qui si prosegue in discesa seguendo la stretta strada asfaltata SP141 che attraversa la zona del Monfenera in
direzione est passando affianco all'osteria alle Betulle (712 m, 6:30 ore dalla partenza). Da qui si prosegue
ancora per un centinaio di metri lungo la strada asfaltata fino ad arrivare al suo primo tornante verso destra, qui
sul lato sinistra della strada si stacca il sentiero con segnavia CAI num. 221 che conduce a Pederobba. Si lascia
la strada asfaltata e si prosegue dritti lungo l'ampio sentiero CAI num. 221 del Monfenera che attraversa in
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questo primo tratto uno splendido e alto bosco. Il sentiero con segnavia CAI num. 221 scende lungo il versante
meridionale del Gruppo del Monfenera passando attraverso splendidi boschi di castagni (rinomati sono i
marroni del Monfenera, ci sono anche alcuni castagneti anche secolari). Si continua per circa 1,2 km lungo
questo sentiero che è una ampia strada carrozzabile immersa in un alto bosco, fino ad arrivare ad alcuni recinti
di proprietà private sulla sinistra, si costeggiano i recinti delle palizzate alla sinistra e si arriva, infine, ad una
malga e ad uno slargo prativo dove si trova un Crocifisso piccolo di legno e un alto traliccio. Da qui il sentiero
piega bruscamente a destra ad angolo retto e scende per un breve tratto di prato ripido fino al sentiero sterrato
sottostante (sempre il sentiero con segnavia CAI num. 221). Si continua in discesa e si arriva di nuovo sulla
strada asfaltata SP141 che scende a Pederobba. Proseguendo lungo la strada asfaltata in discesa per circa un
centinaio di metri si trovano sulla destra le indicazioni (precedute da alcuni segni colorati sull'asfalto, delle
frecce verdi e rosse) per il rientro del sentiero del bosco.
Nota: prima di rientrare di nuovo nel bosco si puo' proseguire ancora lungo la strada per una decina di metri
fino ad arrivare al tornante della strada dove si ha forse il piu' bel panorama sulla stretta del Piave tra
Pederobba e Valdobbiadene con il Piave in basso e il Monte Cesen di fronte.
Il sentiero attraversera' piu’ volte e di continuo in diversi punti il tracciato di questa strada asfaltata SP141 che
scende al paese di Pederobba, ogni volta che attraversa la strada si trovano dipinte sull'asfalto una serie di
frecce verdi e rosse che conducono al successivo punto di ingresso del sentiero nel bosco ai margini della
strada. Il sentiero arriva pertanto dopo alcuni attraversamenti della strada al colle con la chiesetta di San
Sebastiano (428 mt, 7:50 ore dalla partenza), nei pressi della quale si trova una sottostante galleria militare
(chiusa al pubblico), recentemente ripristinata, che fora da parte a parte la montagna e si affaccia a precipizio
sulla valle del Piave che guarda la stretta di Quero (postazione d’artiglieria nella Grande Guerra).
La chiesetta venne costruita nel XV secolo come voto dei Pederobbesi a San Sebastiano per salvarli dalla
terribile peste di quegli anni. Nel 1848 qui si verifico' una resistenza da parte della polazione di Pederobba che
cerco' di impedire il passaggio delle truppe austriache che andavano in aiuto del generale Radetzky rintanato
nel quadrilatero. Purtroppo i patrioti non riuscirono a vincere il nemico e furono uccisi (tra cui i fratelli
Stramare) e il paese di Pederobba distrutto. La chiesetta venne distrutta dalla guerra nel novembre del 1917.
Venne ricostruita molti anni dopo nel 1969 e dedicata a tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale.
Si scende dalla chiesetta e si arriva al ristorante sottostante Trattoria Bastian con ampio e bel panorama sulla
zona di pianura dove scorre il fiume Piave, e piu’ precisamente su tutta la zona dove si sviluppo’ la
controffensiva del Piave nella Grande Guerra. Si ritorna sulla strada asfaltata e in discesa alle prime frecce
segnate verdi-rosse segnate sull'asfalto si lascia la strada e si riprende il sentiero. Dopo la seconda uscita dal
bosco si prosegue per circa 1,4 km lungo la strada asfaltata in discesa per avere modo di vedere dei bei
panorami sulla piana di Pederobba e del Piave che altrimenti non si vedrebbero proseguendo nel bosco (il
sentiero num. 221 termina nel bosco dietro l’Ospedale di Pederobba vicino ad una chiesetta). Si arriva sul corso
principale di Pederobba (via Roma) ai cui lati si sviluppa tutto il paese (220 mt, 8:40 ore dalla partenza).
Arrivati su via Roma si prosegue verso sinistra seguendo sempre la strada, dopo una curva verso destra e poi
una verso sinistra si arriva ad uno slargo dove sulla sinistra si vede il nome della via Molinetto e sulla destra il
nome della via Fratelli Stramare.
Nota: se si seguisse Via Molinetto si arriverebbe dopo un breve e ripido tratto in discesa ad un bivio finale da
cui scendendo per la strada di destra si arriverebbe sulla strada SR 348 "Feltrina" esattamente di fronte alla
stradina che scende alla Stazione Ferroviaria di Pederobba (0,4 km) che è la meta finale dell’escursione.
Anzichè proseguire per Via Molinetto andiamo verso destra lungo via Fratelli Stramare che porta alla strada
statale “Feltrina” e dopo 0,4 km arriviamo al parcheggio del Sacrario Militare Francese di Pederobba dove si
ritrova il pullman.
Dal Sacrario Militare Francese col pulmann ci si immette sulla strada statale “Feltrina” in direzione di sinistra
verso Feltre e dopo solo 300 m il pulmann si accosta allo slargo della prima stradina a destra che conduce alla
Stazione Ferroviaria di Pederobba (sulla linea ferroviaria Padova-Calalzo) (170 m), si scende dal pullmann e si
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scende lungo questa stradina fino ad arrivare alla stazione ferroviara di Pederobba. Avendo le spalle alla
stazione si prende il sentiero sulla destra (chiuso da una sbarra e con la scritta “percorso”) che porta alla “ Città
degli Aironi “ (l'Oasi della LIPU sulla riva destra del fiume Piave) (220 mt, 8:50 ore dalla partenza). Si segue il
corso della Brentella (il canale artificiale realizzato sotto la Serenissima che, prelevando le acque dal Piave,
contribuisce ad irrigare la pianura sottostante, altrimenti arida e sterile), si passa affianco alla grande
costruzione dell'ENEL e poi sotto il ponte della ferrovia e si arriva al piazzale antistante il grande cementificio
Rossi, da qui si prende il sentierino di fronte che porta all'oasi della LIPU e alla sponda destra del fiume Piave
dove si ha modo di rinfrescarsi sulle acque del fiume (165 mt, 9:00 ore circa dalla partenza).
Si ritorna al piazzale antistante il cementificio dove si ritrova il pulmann e dove ha termine l’escursione.
Numeri telefonici utili di enti e strutture e rifugi della zona dell’escursione:
Soccorso Alpino
Soccorso Alpino di Crespano del Grappa
Comunità montana del Grappa Via Molinetto 15/17
Crespano del Grappa (TV)
Rifugio Bassano (www.cimagrappa.it) nel sito ci sono 4 webcam in tempo
reale che fanno vedere il massiccio del Grappa dal tetto del rifugio
MUSEO STORICO DELLA GUERRA 1915 - 1918 (presidio
dell'Esercito Italiano, Direzione Sacrario Militare di Cima Grappa)
Bar ristorante pensione Camposolagna
Bar ristorante Ponte San Lorenzo
Bar ristorante Baita Monte Asolone Val dea Giara
Osteria Cibara
Rifugio Scarpon
Rifugio Bocchette (www.rifugiobocchette.com)
Albergo Forcelletto
Bar ristorante Al Puppolo (www.alpuppolo.com)
Albergo Campo Croce
Agriturismo Baita Camol (www.baitacamol.it)
Rifugio Ardosetta (www.rifugioardosetta.it)
agriturismo Malga Valvecia
agriturismo Malga Mure
agriturismo Malga Cason del Sol
agriturismo Malga Domador
aula verde didattica Valpore (Associazione Monte Grappa)
agriturismo Malga Archeson
Malga Vedetta
agriturismo Malga Archeset
Malga Camparoneta
Malga Paradiso
Malga Camparona
agriturismo Malga Il Piz
Malga Barbeghera
Malga Miet
Osteria Monfenera
Osteria alle Betulle
Trattoria San Bastian
118
0423-538741
0423-53036
0423-53101
0423-544840
0424-556197, 0424-556000
0424-559034, 0424-80454
0424-559000
0424-559063
347-4794653, 340-3403773
0439-075323, 338-6817136
0439-44149, 349-8850800
0423-561824
0423 538400
0423-567910
0423-538131, 366-5348843
338-4804229
0423-560062, 0423-538470,
320-7748386
0423-563368
0439-779276
340-6996889
0423-538470, 320-3617173,
049-8889010, 338-7508532
0423-567266, 339-8472183
348-5616706, 335-5245575,
329-1880128
0423-53545, 0423-538515
0439-779189
0423-563644
0423-697705
339-3787890
0423-69042
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
8
Appunti e note dell’Escursione
Il Massiccio del Grappa
Il Massiccio del Grappa, culminante a 1776 m di quota con Cima Grappa, è profondamente inciso dalle valli
torrentizie/glaciali di Seren del Grappa, di Alano e Schievenin-Mure, della valle San Liberale, della valle di
Santa Felicita e della Val Cesilla. La sua origine, circa dieci milioni di anni fa è da attribuire allo scontro tuttora in atto - fra la zolla del continente africano e quella europea che ha innalzato strati di calcare
dolomitizzato, biancone e Scaglia Rossa. L'origine del nome non è ben definita, si sa che si chiamava "Alpe
Madre". E’ un altopiano carsico, prativo, ricco di pascoli e scarsamente popolato poiché privo di risorse di
acque (tutte assorbite nel sottosuolo), non vi sono nè fiumi nè laghi e nel corso della Prima Guerra Mondiale
per l’approvvigionamento idrico per i soldati si usavano cisterne e complessi sistemi di pompaggio dalla
pianura.
La storia della Prima Guerra Mondiale sul Massiccio del Grappa
Prima della Prima Guerra Mondiale il Massiccio del Grappa non era "famoso", era un altopiano prativo
disabitato, la sua fama è dovuta alla Prima Guerra Mondiale, perchè dopo la disfatta di Caporetto l'esercito
italiano dovette ripiegare sul fiume Piave e sul Massiccio del Grappa, che erano dei luoghi dove non era stata
prima approntata alcuna fortificazione difensiva perchè il fronte della guerra era molto lontano, scorreva,
infatti, sull'Isonzo e sulle Dolomiti. Il fiume Piave e il Massiccio del Grappa (che rappresentava il nodo di
saldatura fra la linea del Piave e quella degli Altopiani Asiago, Tonezza, Pasubio) divennero subito i baluardi
difensivi superati i quali l'Austria avrebbe avuto accesso alla pianura veneta. Il Piave e il Grappa divennero il
simbolo della resistenza e del sacrificio e furono anche i luoghi da dove parti' la controffensiva finale italiana
che pose termine alla guerra (la “Battaglia di Vittorio Veneto”).
Il massiccio del Grappa allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si presentava ancora come una zona di prati
e pascoli, disabitata, i confini della guerra erano infatti lontani, sul Pasubio, sull'Altopiano di Asiago, sui
Lagorai e sulle Dolomiti e sull'Isonzo. Solo nel 1916, un anno dopo l'inizio della guerra, sali' sulla cima del
Monte Grappa il generale Luigi Cadorna, ivi sostò a lungo pensoso ed ebbe la “preveggenza” di pensare di
fortificare il Massiccio del Grappa (considerava il monte Grappa come perno di una eventuale difesa arretrata
per le sue funzioni naturali di raccordo fra l’altopiano di Asiago e il corso del Piave nel settore di pianura).
Infatti, se doveva succedere qualcosa di disastroso sul fronte dell'Isonzo, l'esercito italiano doveva ripiegare
dapprima sulla prima linea difensiva del fiume Tagliamento e successivamente su quella del fiume Piave, ma
tra il fiume Piave e l'Altopiano di Asiago si trovava il Massiccio del Grappa che in quel periodo era
completamento sguarnito di qualunque sbarramento difensivo. In caso di un rovescio militare sull'Isonzo la
linea difensiva italiana doveva essere arretrata sul Massiccio del Grappa e sul fiume Piave. Cadorna aveva
intuito la necessità di armare a difesa il massiccio del Grappa, con una matita tracciò su una carta topografica il
segno di una strada da realizzare che dalla pianura arrivava alla cima del monte, affidando al colonnello Dal
Fabbro, comandante del genio delle truppe degli Altipiani, il compito di dar attuazione al disegno (ordino’
anche la costruzione di due teleferiche e un impianto idrico). In origine essa doveva servire all’armamento del
settore occidentale del massiccio. Il 7 ottobre 1917 (soltanto due settimane prima dell'imminente disastro di
Caporetto) il generale Cadorna poteva inaugurarla percorrendola in automobile sino quasi fino alla vetta del
monte.
Dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) il Massiccio del Grappa venne fortificato velocemente,
costruendo caverne nella roccia e postazioni fisse di artiglieria, dalla cima gli italiani dominavano e tenevano
sotto controllo tutto il fronte sino a giu' verso il Piave fino al Montello, lungo una linea che parte dal monte
Valderoa e va fino a colle Caprile. Furono poi costruite altre strade, cinque camionabili e due carrarecce.
Battaglie sanguinose si svolsero sui dossi e contrafforti che caratterizzano il massiccio, i 14 luoghi simbolo
della guerra sul Massiccio del Grappa sono riportati nelle 14 steli che si trovano ai lati della "Via Eroica" del
Sacrario di Cima Grappa. L’ala orientale del massiccio del Grappa ha visto gli scontri più sanguinosi e feroci,
particolarmente nell’area di giunzione tra i Solaroli ed il Valderoa con le truppe germaniche arroccate sul
Fontanasecca.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Più complessa risultò la sistemazione difensiva in corrispondenza del Piave, articolata in un sistema di
fortificazioni campali a ridosso del fiume e in un sistema arretrato a carattere semipermanente che comprendeva
anche il “campo trincerato di Treviso”. Il primo sistema era costituito da una fascia cosiddetta d’attrito
profonda circa due chilometri e compresa fra il corso del fiume e la linea dei capisaldi. Reticolati, nidi di
mitragliatrici e posti di vigilanza proteggevano sul davanti i capisaldi, costituiti da opere in terra o da abitati
rurali presidiati da forze a livello di battaglione con adeguato supporto di mitragliatrici e bombarde. le riserve
erano dislocate lungo una linea – detta appunto delle riserve o di contrattacco – che si sviluppava a una
profondità di quattro-cinque chilometri dalla linea di contatto. Analogo scaglionamento in profondità fu
previsto per le artiglierie in funzione della loro gittata utile. L’allestimento del campo trincerato di Treviso era
stato iniziato da Cadorna durante la Spedizione punitiva del 1917 ed era stato praticamente completato
nell’ottobre di quell’anno. Il sistema era articolato su tre linee di difesa intorno alla città che si appoggiavano al
corso del fiume Sile a nord e est, lasciando aperto il lato sud. La profondità complessiva del sistema era di circa
nove chilometri. In sistema con il campo trincerato furono poi poste le fortificazioni del Montello, con una linea
di collegamento fra il rilievo e la pianura a Montebelluna a supporto di eventuali ripiegamenti e successivi
contrattacchi. Furono inoltre previsti due schieramenti di artiglieria – a nord-ovest e a sudest – in grado di
convergere il fuoco dal margine orientale del Montello alla sua sommità nel caso il nemico fosse riuscito a
guadagnarne l’accesso.
Da dopo la disfatta di Caporetto e fino alla firma dell'Armistizio (3 novembre 1918), cioè nel periodo di un solo
anno, si svolsero sul Massiccio del Grappa e sul Piave tre grandi battaglie, ovvero tre periodi di combattimenti,
i primi due furono di tipo difensivo per gli Italiani mentre l'ultimo fu invece l'offensiva finale che l'esercito
italiano inizio' sul Grappa e dopo qualche giorno si sviluppò in pianura sul fiume Piave.
Il problema dei rifornimenti di acqua sul Massiccio del Grappa
I punti più importanti di approvvigionamento di acqua dell'esercito italiano erano a San Liberale, Col
Campeggia, Madonna del Covolo, Caniezza, Borso del Grappa. Efficienti impianti di pompaggio sollevavano
l’acqua, che veniva trasportata a Cima Grappa mediante lunghe tubature in due serbatoi incavernati (da 110 mc
e 50 mc) e in un altro, sempre da 110 mc, situato nella “Galleria Vittorio Emanuele III”. Oltre a numerose
piccole cisterne c'erano anche altri importanti serbatoi a Cason di Meda (da 20 mc) e presso l’Archeson (da 150
mc). Nell'ottobre 1918 le stazioni di pompaggio fornirono ai settori sulle alture oltre 1000 mc d'acqua al giorno.
Maggiori difficoltà incontrarono gli austriaci. Approviggionare il settore destro si rivelo' particolarmente arduo
perché l'acqua doveva essere pompata dal basso, dal Canale del Brenta; quindi, dalle stazioni, l'acqua da
distribuire veniva affidata a dei portatori. La razione quotidiana era di una borraccia a testa, sempre che i
portatori riuscissero a raggiungere le postazioni.
La Battaglia di Caporetto
La battaglia della Bainsizza (“Undicesima Battaglia dell'Isonzo”) aveva quasi esaurito la capacità di resistenza
dell’esercito austriaco; ne è conferma questa frase del maresciallo Hindenburg: “Il nostro alleato austroungarico ci dichiarò che non avrebbe più avuto la forza di resistere a un dodicesimo attacco sulla fronte
dell’Isonzo”. Alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 ebbe luogo la battaglia di Caporetto, o “Dodicesima Battaglia
dell'Isonzo”, la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano. Nella zona di Caporetto venne fatta affluire
nei giorni antecedenti la battaglia una parte di quel milione di soldati austroungarici (con un apporto di reparti
d'élite tedeschi) provenienti dal fronte russo dopo che la Russia sconfitta dall'Austria-Ungheria aveva firmato la
resa. L’uscita di scena definitiva della Russia nel 1917 (anche se la pace verra’ sancita piu’ tardi con la pace di
Brest-Litowsk del 3 marzo 1918) consentì di recuperare unità tedesche e austro-ungariche fino allora impegnate
sul fronte orientale. L'esercito italiano a causa di errori strategici imputati principalmente al generale Badoglio
venne colto di sorpresa e travolto dall'offensiva nemica. L'esercito italiano si ritiro' in preda al caos ed in
disordine sulla linea difensiva del fiume Tagliamento perdendo per intero un'intera armata (la IIª Armata
accerchiata e sopraffatta, costituita da ben otto corpi d'armata) di circa 300.000 uomini con tutti gli aeroplani
(150), i cannoni (5000), gli armamenti, gli autocarri (600) e con circa 30.000 caduti (in totale più di 600.000
uomini fra morti, feriti, prigionieri e sbandati), oltre ad un milione di profughi civili. I profughi vennero
sistemati in seguito un po' in tutta Italia in maniera inadatta, causando loro notevoli disagi, venne garantito loro
un sussidio e una abitazione.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Ricordiamo l'eroica resistenza a Pozzuolo del Friuli dove la I e la II divisione di cavalleria, e gli aviatori si
sacrificarono per coprire la ritirata della IIIª Armata sulla riva destra del Tagliamento.
La sera del 27 ottobre 1917, dopo aver raggiunto Treviso, Cadorna emise il bollettino di guerra con il quale
imputava la sconfitta alla "mancata resistenza di reparti della IIª Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o
ignominiosamente arresisi al nemico". Così facendo egli addossava alla truppa la responsabilità della rotta di
Caporetto e non invece a manchevolezze ed errori del suo Comando. Le cause della disfatta di caporetto furono
l'inettitudine dei vertici militari e il mancato uso dell'artiglieria. Le colpe maggiori di ordine strategico e tattico
vennero attribuite in ordine al comando supremo (Cadorna), al comando d'armata interessato (Capello e poi al
suo sostituto Montuori), ed ai tre comandanti dei corpi d'armata coinvolti (Cavaciocchi, Badoglio e
Bongiovanni). Dietro pressione degli Alleati (che non avrebbero visto di buon occhio ulteriori invii di loro
truppe) la sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che aveva osato imputare l'esito infausto
della battaglia alla viltà dei suoi soldati) con il generale Armando Diaz (capo del XXIII Corpo d'armata della
IIIª Armata), assistito dal generale Gaetano Giardino e dal generale Badoglio (le cui colpe di Caporetto non
erano ancora state notate) in qualità di sottocapi di Stato Maggiore.
Le truppe italiane, dopo una drammatica ritirata, pervennero alla nuova linea (fiume Piave – Massiccio del
Grappa) logore e stremate e, malgrado la stanchezza e le gravi condizioni logistiche e tattiche, si prodigarono
alacremente per costruire una nuova barriera difensiva atta ad arrestare definitivamente il nemico che,
imbaldanzito dal successo, puntava alla totale distruzione dell'esercito italiano. La conquista del Grappa, infatti,
avrebbe consentito agli austro-ungarici di dilagare nella sottostante pianura veneta e colpire alle spalle lo
schieramento italiano-alleato sul Piave, dal Montello al mare. Le unità italiane riorganizzate velocemente
riuscirono a fermare le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva “Prima Battaglia del Piave”
riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva. Il primo segno di riscossa avvenne per merito della
IVª Armata del generale Mario Nicolis di Robilant, che, stanziata sul Cadore e sulle Dolomiti, si era ritirata il
31 ottobre con l'ordine di organizzare la difesa del monte Grappa e di realizzare la saldatura tra le truppe
dell'Altopiano di Asiago e quelle schierate lungo il fiume Piave. La IVª Armata si distribui' su quattro zone da
difendere che erano rispettivamente da ovest verso est: sulla parte occidentale del Grappa dal Col Caprile fino a
Cima Asolone c'era il IX Corpo d'Armata (la sede del Comando Tattico era sul Col Campeggia), da Cima
Asolone a Cima Grappa e alla Croce dei Lebi era schierato il VI Corpo d'Armata, dalla Croce dei Lebi fino alla
dorsale dal Monte Tomba era schierato il XVIII Corpo d'Armata, restavano poi il I Corpo d'Armata che venne
dislocato dal Monfenera fin giu' sul Piave presso Pederobba. Vennero costituite due nuove armate, la 12ª al
comando del generale francese César Graziani e la 10ª al comando del generale britannico Cavan schierate
rispettivamente sulla sinistra e sulla destra dell’8ª Armata italiana. La 10ª Armata inquadrava due divisioni
britanniche, due italiane e il reggimento statunitense; la 12ª Armata tre divisioni italiane e una francese (l’altra
era rimasta con la 6ª armata). Le due armate avrebbero dovuto sviluppare manovre concorrenti a quella
principale condotta dall’8ª Armata; anche l’organizzazione di comando era stata adeguata a questo scopo.
Caviglia afferma che “la creazione delle armate 10ª e 12ª, dovuta unicamente al comando supremo, rispondeva,
probabilmente, a sensi di cameratismo verso gli eserciti alleati. Il dispositivo austro-ungarico era stato
modificato dopo la battaglia del Solstizio con l’inserimento fra il gruppo di armate del Tirolo e quello del Piave
anche del nuovo “Gruppo Belluno”, schierato di fronte al Grappa fra il Brenta e Valdobbiadene. La 6ª Armata,
schierata fra Valdobbiadene e il Ponte della Priula, contava solo quattro divisioni in prima linea e costituiva il
punto debole individuato dal comando supremo italiano.
Dalle pendici del Monte Tomba fino al Ponte della Priula vennero dislocate in ordine di posizione le Armate
12ª, 8ª, 10ª. I resti della IIª Armata furono impiegati sul Montello in prima linea nel tratto tra Vidor e il Ponte
della Priula. La IIIª Armata (soprannominata l’Invitta) ai comandi del Duca d’Aosta si attestò sulla sinistra del
Piave dal Ponte della Priula fino al mare.
In linea d'aria Cima Grappa dista 8 km dal fiume Brenta e 12 km dal fiume Piave.
Una delle cose piu' importanti da scrivere sul "dopo Caporetto" è che l'Italia riusci' a ricostituire in breve un
esercito grazie ad uno sforzo industriale prodigioso, se ne stupì per primo proprio il nemico che pensava di aver
messo in ginocchio l'esercito italiano. Grazie alle materie prime fornite dagli alleati l'Italia sviluppo' in un
tempo brevissimo una grandissima industria bellica, ci fu una specie di "boom industriale", centinaia di migliaia
di italiani uomini e tantissime donne lavorarono alla fabbricazione dei nuovi armamenti, la tecnologia e la
qualita' dei cannoni fabbricati aveva fatto un "salto" prodigioso a volte superiore persino a quello nemico
(ricordiamo che l'Italia scese in guerra con armamenti vecchissimi).
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Le tre “Battaglie del Piave-Grappa”
Il terzo anno di guerra, l’autunno del 1917
Dopo la disfatta di Caporetto e dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del monte Grappa e
del Piave, il 9 novembre il generale Cadorna venne rimosso dal comando dell'esercito e venne sostituito con il
generale Armando Diaz, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando dietro forte
pressione degli Alleati (gli Alleati condizionarono i loro aiuti al rinnovamento del vertice dell’esercito). Gli
Alleati, dopo la sostituzione del generale Cadorna, inviarono delle divisioni in aiuto dell'Italia. Le divisioni
francesi inviate in aiuto aumentarono a sei e quelle inglesi a cinque entro l'8 dicembre 1917 e, sebbene non
entrarono subito in azione, funsero da riserva permettendo al Regio Esercito di distogliere le proprie truppe da
questo compito. La Strada “Cadorna” cominciò a lavorare negli ultimi giorni di ottobre. Mentre centurie di
territoriali, scaglionate lungo i suoi 32 chilometri, ne correggevano febbrilmente il tracciato e ne rinforzavano le
opere, processioni di autocarri salivano su coi primi battaglioni. Poi fu la volta delle artiglierie, dei servizi, dei
rifornimenti, una intera armata doveva passare di là. La nuova Strada “Cadorna” non aveva un attimo di riposo:
giorno e notte, autocarri, cavalli, i cingoli delle trattrici. I territoriali dovevano correre ovunque con badili e
picconi a gettar terra e sassi sulle buche, a smussare sporgenze di roccia che impacciavano le manovre, a
puntellare scarpate pericolanti. di notte, dalla pianura, essa appariva tutta una luminaria, come se vi salisse una
fiaccolata per una gran sagra, l’indomani, intorno alla Cappellina della Madonnina del Grappa.
La prima battaglia di “Arresto” dal 14 al 26 novembre 1917 e dall’ 11 al 21 dicembre 1917
La prima battaglia difensiva (quella di "arresto" dell'avanzata nemica) si svolse in due fasi: dal 14 al 26
novembre e dall'11 al 21 dicembre 1917, ed è quella maggiormente legata alla memoria popolare.
Nei primi giorni le truppe dovettero battersi allo scoperto: le difese, apprestate in seguito, furono scavate e
allestite sotto il cannoneggiamento incessante e, spesso, fra un assalto e l’altro. I reparti erano abbarbicati al
terreno, senza trincee e senza reticolati, attaccati a ogni pietrone e a ogni cespuglio. Esisteva qualche elemento
di trincea, una strada e una teleferica dalla cima del monte fino al Santuario della Madonna del Covolo sopra
Crespano (un'altra teleferica da San Nazario in Valsugana arrivava sul Col Raniero sui Colli Alti). Niente
reticolati, niente camminamenti, niente ricoveri.
Gli austro-ungarici (provenienti da nord, dalle direttrici Feltre e Belluno), dopo una massiccia e violenta
preparazione di artiglieria, il 14 novembre attaccano in forze le nuove linee avanzate italiane, tra Cismon e il
fiume Piave con granate di grosso calibro, lancia fiamme, e anche gas asfissianti. Il nemico tentò dapprima di
sboccare in pianura verso il Piave attraverso il Monte Tomba e il Monfenera. La dorsale dal Monte Tomba al
Monfenèra divenne ben presto scenario di infernali bombardamenti. Il 18 novembre cominciano i massicci
attacchi tedeschi, compreso anche quello del battaglione alpino del Württemberg guidato dal tenente Erwin
Rommel, ma nessuno raggiunge i successi sperati, grande fu l'erosimo dei soldati italiani. Sul Tomba
aumentarono gli intensi bombardamenti di artiglieria austriaca che resero praticamente insostenibile la difesa
delle trincee sommitali e le truppe italiane si ritirarono verso sud di qualche centinaio di metri. Il 22 novembre i
tedeschi si impossessarono di tutta la dorsale tra Osteria di Monfenèra (oggi Malga Miet), Monte Tomba e
Monfenèra, le Sturmtruppen tedesche fecero grande uso dei lanciafiamme e dopo vari attacchi riuscirono a
conquistare la dorsale. Le truppe italiane si difesero accanitamente lungo il fianco meridionale dove si
attestarono e trattennero l'attaco nemico (località La Castella poco sopra la chiesetta di San Sebastiano, tutta la
zona venne fortificata con trincee che ora stanno venendo alla luce grazie ai lavori di volontari e degli alpini di
pederobba e di Treviso). Fallito così il tentativo dalla parte del Piave, lo sforzo avversario si concentrò contro il
Massiccio del Grappa, e più specialmente contro la sua parte occidentale, dove la zona d’attacco si presentava
meno ardua, e dove le alture (dolci e formate da prati, Col della Berretta, Col del Miglio, Monte Asolone, Cima
Grappa) una volta espugnate avrebbero fatto crollare tutto l’impianto difensivo e avrebbero aperto lo sbocco in
Pianura alle spalle della linea del Piave. Il 21 novembre, mentre reparti nemici guadagnavano qualche centinaio
di metri in Val Brenta, dense colonne, attaccavano monte Pertica e Col della Berretta, riuscendo a mantenersi
sulla cresta del monte Pertica (saranno cacciati solo l’anno dopo nell’ottobre del 1918). Per più volte il nemico
viene respinto, ma ripetè gli attacchi accanitamente, con forze sempre maggiori. Il nemico mirava a scardinare
l’ala sinistra dello schieramento italiano sul Grappa. Il 26 novembre, con un violento combattimento venne
riconquistato il Col della Beretta ed ebbe così termine la prima fase della battaglia di arresto. Essa era stata la
più dura e la più importante, perché venne sostenuta dai soldati italiani quando non era stata ancora superata la
terribile crisi della ritirata. Fu solo dopo questa dura prova che, riacquistata la fiducia nelle reali capacità
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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italiane, il 5 dicembre le truppe Alleate affluite in Italia entrarono in linea dal Monfenera a Nervesa con il
XXXI Corpo d’Armata Francese (dislocato nella zona del Monte Tomba, Pederobba, Onìgo e Cornuda) ed il
XIV Corpo d’Armata Britannico (dislocato nella zona del Montello). Dal Monte Tomba fino ai ponti di Vidor
sul Piave si trovava la XIIª Armata guidata dal generale francese Jean César Graziani, formazione costituita da
un corpo d'armata italiano e da uno francese.
Riordinate le sue forze, l'11 dicembre il nemico riprese senza sosta e con rinnovato vigore una seconda fase
offensiva: nel vivo della lotta erano ancora Col della Beretta, Col dell'Orso, Monte Spinoncia, Col Caprile,
Monte Asolone. Gli Austroungarici conquistarono il Col della Berretta (11 dicembre) grazie anche all'aiuto
della loro artiglieria posizionata sul gruppo delle Melette di Gallio (appena conquistate) sull’altopiano di
Asiago, e il 13 dicembre la cima del Monte Asolone. La battaglia dell’Asolone fu la battaglia per la difesa della
“Strada” (la Strada “Cadorna”). Essa, in un primo tempo, aveva salvato il Grappa, ora bisognava salvar “lei” la
strada. Sulle sue bianche serpentine piombavano le grosse granate da 210 e da 305 mm, sollevando colonne
gigantesche di terra, di pietre e di schegge, spalancando crateri. Subito sbucavano dalla terra i drappelli di
zappatori coi badili e i picconi: la ferita era medicata, una chiazza di detriti pigiati coi piedi cicatrizzava la via,
sulla quale qualche attimo dopo riprendeva la faticosa spola degli autocarri e delle corvées. Si dovette
all’esistenza della strada Cadorna il successo di quella difesa alla quale fu attaccata come ad un filo, per un
mese di seguito, l‘esistenza dell’Italia. Nonostante la strenua resistenza italiana, il nemico riuscì a strappare i
monti Valderoa e Asolone (controllando cosi' gli accessi alla Cima Grappa), giungendo ad affacciarsi sulla
piana di Bassano. Ulteriori attacchi furono ovunque respinti ed il 21 dicembre il nemico fu costretto a desistere
da ogni ulteriore tentativo. Il 23 novembre erano arrivate a Costalunga di Cavaso del Tomba le artiglierie
francesi. Il 30 dicembre sul Monte Tomba cominciò nella mattinata e si intensificò sempre di più nelle prime
ore del pomeriggio un accurato, continuo e devastante fuoco delle artiglierie italiana e francese. Sul Monte
Tomba e sul Monfenera, è stato scritto dagli storici, si abbatte uno dei piu' grandi bombardamenti della Prima
Guerra Mondiale (450 pezzi d'artiglieria!), alle ore 16.00 la fanteria francese passa all'attacco del Monte
Tomba. E' questo il primo combattimento sostenuto dalle truppe francesi sul Massiccio del Grappa, erano
soprattutto truppe alpine scelte, gli “Chasseurs des Alpes” (i “Cacciatori delle Alpi”), i “Diavoli Blu” (alcuni
Caduti riposano oggi nel Sacrario Militare Francese di Pederobba). Lo sfondamento del fronte austroungarico (i
Tedeschi erano stati sostituiti da truppe austroungariche da pochi giorni perché vennero trasferiti sul fronte
occidentale) è massiccio ed immediato su tutta la dorsale tra Osteria di Monfenèra Monte Tomba e Monfenera.
Con la riconquista della dorsale del Monte Tomba e della Monfenèra, si riassesta il fronte ad est del Monte
Grappa. La Prima Battaglia del Grappa era finita, non meno di 80.000 uomini s’erano avvicendati nella strenua
difesa del Grappa. Nonostante l'accanimento degli attacchi, condotti con netta superiorità di forza, il nemico
venne fermato dal disperato eroismo dei soldati italiani e alleati. Poiché le perdite erano state tantissime in
quell’anno vennero chiamati alle armi in anticipo i ragazzi nati nel 1899, che verranno poi soprannominati “ i
Ragazzi del 99 ”.
La seconda battaglia difensiva, la “Battaglia del Solstizio” dal 15 al 25 giugno 1918
L'esercito italiano sentì istantaneamente il mutamento delle condizioni di combattimento, della riorganizzazione
e del morale elevato derivante dalla caparbia resistenza sul Piave e sul Grappa. Durante la stasi invernale,
l'organizzazione difensiva venne rafforzata con lavori in roccia, trinceramenti, postazioni e reticolati, in
previsione di altri e più massicci attacchi. Venne aperta nella viva roccia, al di sotto della cima del massiccio, la
famosa galleria “Vittorio Emanuele III”. L'opera - vero capolavoro d'ingegneria militare - fu dotata di
formidabili postazioni di artiglieria in caverna e di sbocchi offensivi per contrattacchi e venne completata prima
dell'offensiva del giugno 1918. Passato l'inverno e la primavera l'esercito austroungarico progettava l'offensiva
definitiva che in pochi giorni potesse fare crollare l'esercito italiano. Il 24 aprile 1918 il generale Gaetano
Giardino assume il comando della 4ª Armata del Grappa (in quel mese istituita).
Il piano d'attacco soffriva in effetti degli scontri, personali e ideologici, tra i due capi dei corpi d'armata, Conrad
e Boroevic. Lo sforzo, anziché essere concentrato in un punto come a Caporetto, venne suddiviso tra i due corpi
d'armata. Il piano era stato infatti suddiviso in tre operazioni distinte. Un iniziale attacco diversivo sul Passo del
Tonale, denominato Lawine (valanga), avrebbe anticipato quello dall'altopiano di Asiago verso Vicenza da
parte della 10ª e 11ª armata di Conrad (operazione Radetzky) ed uno attraverso il Piave verso Treviso da parte
della 5ª e 6ª armata di Boroevic (operazione Albrecht). Queste due penetrazioni avrebbero dovuto costruire i
bracci di una tenaglia da chiudersi nella zona di Padova. La mancanza di una chiara superiorità, della
concentrazione delle forze su un punto del fronte e la ricostituita forza dell'esercito italiano, fisica e morale,
attuata da Diaz condannavano l'offensiva al fallimento.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Il piano nemico prevedeva di sferrare l'attacco principale dall'Altopiano di Asiago e dal Grappa per giungere
attraverso la piana di Vicenza, alle spalle dell'esercito italiano schierato sul Piave, mentre le altre armate
avrebbero attaccato frontalmente sul fiume Piave. Il generale Conrad (comandante delle armate degli Altipiani)
voleva che l’attacco principale si sviluppasse sull’Altopiano di Asiago e sul Grappa, Boroevic (comandante
delle armate di pianura del Piave) riteneva che l’attacco principale doveva avere come direttrice principale il
Montello e la direttrice Oderzo-Treviso. L'Arciduca Giuseppe Augusto d'Asburgo-Lorena decise di
accontentare entrambi conducendo un attacco su due direttive e quindi diluendo tutte le forze lungo tutto il
fronte e questo fu l’errore del nemico e la fortuna degli eserciti italiano-alleato. La diversità di vedute e
dall’antagonismo fra Conrad e Boroevic e l’incapacità del comando supremo austro-ungarico di imporre una
propria decisione, la mancanza di un disegno unitario furono la causa del fallimento dell’offensiva. La grande
battaglia, dal fiume Astico al mare, che prese poi il nome di “Battaglia del Solstizio”, si accese nella notte del
15 giugno 1918, e divampò furiosamente tra il 15 e il 25 giugno 1918. L'offensiva inizio' con un finto attacco
diversivo presso il passo del Tonale, che fu facilmente respinto dagli italiani. Gli obiettivi dell'offensiva erano
stati, in realtà', rivelati agli italiani da alcuni disertori austriaci. La gigantesca offensiva non giunse, quindi,
improvvisa al Comando Supremo Italiano che, avuta conoscenza delle intenzioni del nemico, riuscì a far
scatenare sulla linea del fiume Piave un potente tiro di contropreparazione quasi contemporaneamente a quello
di preparazione delle artiglierie nemiche, riducendone sensibilmente gli effetti distruttivi.
La battaglia fu subito particolarmente accanita sul Grappa, chiave del sistema difensivo. Il nemico attaccò
anche al centro direttamente Cima Grappa da più direzioni: a destra, dopo ripetuti attacchi e contrattacchi, riuscì
ad affermarsi sulla linea monte Solarolo-monte Valderoa. Sul Grappa, dopo un forte bombardamento
(l'artiglieria era posizionata sotto la sommita' del Monte Prassolan e del Col Bonato), nell'attacco che ne seguì,
le truppe tedesche (tutte truppe scelte di montagna, tra cui la celebre divisione "Edelweiss") e austroungariche
conquistarono subito il monte Pertica e tutta la cresta monte Pertica-Cima Grappa arrivando a soli 200 metri
dallo sbocco nord della Galleria “Vittorio Emanuele III”. La strategia di difesa italiana del Massiccio del
Grappa prevedeva di dividere la linea di difesa delle trincee in tre successivi livelli: al primo livello, le
POSIZIONI DI OSSERVAZIONE con pochi soldati; in profondità, la LINEA DI RESISTENZA, che costituiva
la forza d'arresto con le truppe preparate a resistere in attesa del contrattacco; ancora più in profondità, la
LINEA Dl MASSIMA RESISTENZA, con ricoveri protetti per le truppe destinate a sferrare il contrattacco. Il
settore ovest del Grappa, per quattro chilometri dal Canal di Brenta all’Asolone, rimaneva il più esposto, in
quanto gli austroungarici occupavano posizioni sovrastanti (Col Caprile, Col del Vecchio, e successivamente il
Monte Asolone), per cui per difendersi fu necessario scavare tre ordini di trincee, la “linea Alba”, la “linea
Bianca” e la “linea Clelia”, davanti alla linea di massima resistenza che andava da Col del Gallo al Monte Oro,
al Monte Rivon. Gli Austriaci protetti da una fitta nebbia, riuscirono ad irrompere nelle prime linee italiane e
raggiungere Col Moschin, conquistarono anche le prime trincee del monte Coston di fronte al monte Asolone,
dal lato sinistro il Grappa si poteva dire completamente girato e tagliato fuori da quasi tutte le sue strade. Gli
Italiani persero anche i capisaldi di Col del Miglio e del Roccolo, vitali per la difesa. Gli austriaci puntavano
verso i Colli Alti, marciavano oramai sulla strada di Solagna, stavano per arrivare alla linea di massima
resistenza italiana e rischiare così di conquistare l'intera pianura. Gli Austroungarici, in particolare le truppe
ungheresi, arrivarono fino alla località di Ponte San Lorenzo sulla Strada Cadorna, la “vena giugulare” del
sistema logistico italiano del Grappa, l'interruzione della Strada Cadorna avrebbe isolato tutti corpi d'armata
italiani sul Massiccio del Grappa con conseguenza ben intuibili. A Ponte San Lorenzo si trovava inoltre un
importantissimo punto di rifornimento e smistamento con un grande posto di pronto soccorso (una lapide qui
ricorda i “Poeti di Harvard” della Sezione Uno della Croce Rossa Americana che qui operavano) e baracche per
alloggiamenti, cucine e magazzini. Grazie all'eroismo delle truppe italiane sostenute da una grande ed efficace
azione dell'artiglieria (dopo che la nebbia si dissolse) e grazie all'arrivo degli “Arditi” (trasportati subito in
camion da Bassano), il nemico venne ricacciato da Ponte San Lorenzo, dalla “Strada Cadorna” e vennero
riconquistate tutti le cime perse nella giornata oltre a un gran numero di prigionieri. La minacciosa “falla” di
Ponte San Lorenzo era otturata, sul basamento della colonna romana collocata dopo la guerra a Ponte San
Lorenzo, la vittoriosa reazione è ricordata dall'epigrafe: "Qui giunse il nemico e fu respinto per sempre il 15
giugno 1918”. Nell'opera di riconquista delle posizione perse furono chiamati gli “Arditi”, il nuovo corpo nato
da poco (sul Carso nel 1917) e formato da volontari che si adoperavano per azioni difficilissime al limite col
sacrificio. Grazie ad essi, precisamente gli Arditi del IX Reparto d’Assalto, gli Italiani riconquistarono quasi
tutte le posizioni perse. Gli Arditi venivano richiesti dai comandi militari nelle operazioni piu' temerarie. Per
incentivare l'arruolamento volontario negli Arditi il comando riservava ad essi un diverso trattamento, non
erano impiegati nelle trincee nella guerra di posizione (ma dopo ogni azione rischiosa venivano inviati subito su
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
14
un altro fronte per un'altra missione), avevano migliori vitto e alloggio, maggiore retribuzione monetaria e
soprattutto un regime disciplinare meno rigido e formale. Dopo dura selezione e preparazione al corpo a corpo,
e dimostrazione di grandi prove di coraggio erano pronti per essere il corpo piu' temuto dall'esercito avversario.
Rimasero in mano nemica a fine battaglia ancora le cime del Monte Asolone, il Monte Pertica, e il settore
Salaroli-Valderoa. ll Monte Asolone fu conquistato dagli austroungarici grazie alla fitta nebbia il giorno 18
dicembre 1917. Da questo momento fino alla fine della guerra la cima a quota 1522 rimase sempre in mano
austriaca nonostante numerosi tentativi italiani. infatti questo monte era saldamente difeso da numerosi nidi di
mitragliatrici e dall'artiglieria posizionata in caverne nella vicina Val delle Saline. Anche i tentativi di conquista
mediante i lanciafiamme miseramente fallirono lasciando sul posto migliaia di caduti. La cima passò in mano
italiana solamente dopo la ritirata dell’esercito austroungarico. Il Comando Supremo, nel citare all'ordine del
giorno l'eroico comportamento dell'Armata del Grappa, affermò, nel bollettino di guerra del 18 giugno 1918:
“Ciascun soldato, difendendo il Grappa, sentì che ogni palmo del monte era sacro alla patria!”. Le 640 medaglie
al valor militare concesse sul campo dal generale Giardino ai difensori del Grappa per quella battaglia, di cui
486 a soldati semplici, ne sono testimonianza. Lo slancio offensivo austroungarico venne bloccato e nelle
giornate successive, i contrattacchi italiani riuscirono a ricacciare il nemico da quasi tutte le posizioni
conquistate.
L'attacco austriaco sul fronte del Piave aveva come obiettivi il superare il Piave di fronte al Montello,
conquistare il Montello, attaccare in direzione da Oderzo verso Treviso attraverso gli abitati di Postioma, Paese
e Preganziol. La mancata contropreparazione di artiglieria e le operazioni del cambio delle truppe in linea
consentirono al nemico nella mattina del 15 giugno 1918 (arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave) di
passare indisturbato sulla riva destra del Piave e raggiungere le pendici orientali del Montello fino
all’allineamento Casa Serena, Giavera, Nervesa (Fagarè fu il punto di massima avanzata degli austriaci)
conquistando cosi' circa la meta' del Montello. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla
direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla pesante controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria
francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno. Pur
avendo guadagnato una importante porzione di terreno oltre il Piave, l’attacco dovette fermarsi; l’alimentazione
dello sforzo era resa precaria dalle difficoltà incontrate nel gittamento dei ponti sul Piave e dalle artiglierie
italiane che, superata la sorpresa iniziale, intervennero dai loro schieramenti particolarmente idonei al fuoco di
interdizione sulle unità nemiche. L’attacco fu arrestato anche grazie alla reazione italiana che fermò il tentativo
nemico di scendere lungo la riva destra del Piave verso il Ponte della Priula. I combattimenti nella zona di
Nervesa continuarono fino al 18 giugno ma la situazione si era ormai stabilizzata. All’azione dell’artiglieria si
unì quella dell’aeronautica iniziata il 15 e proseguita con efficacia per tutta la durata della battaglia (gli aviatori
guidavano, correggevano e dirigevano il fuoco delle artiglierie). Determinante per le forze italiane fu l'apporto
dell'aviazione soprattutto nelle azioni d'appoggio tattico, di bombardamento e d'interdizione. Il Servizio
Aeronautico italiano mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata e nel corso di queste
operazioni, il 19 giugno fu abbattuto sul Montello il maggiore Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana
che aveva raccolto ben 34 vittorie. La conquista della supremazia aerea da parte italiana venne confermata dalla
pacifica incursione di 7 biplani monomotori SVA sulla capitale austriaca Vienna il 9 agosto 1918 dove la
formazione italiana lanciò migliaia di manifesti tricolori (il celebre “Volo su Vienna”).
L’attacco nel settore del Piave dal Ponte della Priula al mare riusci' anche qui grazie al ritardo nell’intervento
delle artiglierie italiane che consentirono alle divisioni nemiche di occupare con relativa facilità la riva destra.
Gli Austriaci attraversarono il Piave alla Grave di Papadopoli ma non poterono alimentare lo sforzo offensivo e
furono costretti a ripiegare nella stessa giornata. Analoga sorte toccò al corpo d’armata che attaccava sulla
direttrice Oderzo-Treviso. Furono invece migliori i risultati ottenuti dal corpo d’armata che stabilì una testa di
ponte a nord dell’abitato di Zenson profonda circa un chilometro (passarono il Piave anche a Candelù, da
Salgareda raggiunsero Zenson; Monastier, Fossalta di Piave, Meolo). Nel settore più a sud un altro corpo
d’armata realizzò una testa di ponte profonda quasi quattro chilometri in corrispondenza di San Donà di Piave.
Nel frattempo gli italiani, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli
austriaci ogni tentativo di avanzata. Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su
chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San
Donà di Piave a Cavazuccherina (Jesolo). La piena del Piave nella notte sul 16 giugno impedì la messa in opera
del materiale necessario per alimentare le teste di ponte. I lavori furono ostacolati anche dal fuoco delle
artiglierie e degli aerei italiani, ma nonostante queste difficoltà il nemico riuscì fra il 16 e il 17 a congiungere le
due teste di ponte e a estenderne la profondità a circa sette chilometri verso l’abitato di Meolo. Si trattò
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
15
comunque dell’unico vantaggio ottenuto a fronte di una reazione difensiva che si faceva sempre più efficace,
grazie alla disponibilità di forze in riserva in grado di intervenire con tempestività. Boroevich riteneva che fosse
ancora possibile proseguire l’offensiva, anche se non erano stati raggiunti gli obiettivi previsti. L’ottimismo era
incoraggiato dal decrescere della piena del Piave, ma non sostenuto da un’adeguata disponibilità di riserve. Nel
frattempo il comando supremo italiano stava organizzando la sua controffensiva. Fu data priorità al Montello,
punto di saldatura fra il settore di pianura e quello del Grappa tralasciando le teste di ponte del basso Piave che
non erano pericolose ed erano di difficile alimentazione da parte del nemico. L’offensiva italiana fu pianificata
seguendo le due linee pedemontane del Montello: una lungo il margine nord partendo dalle posizioni di Casa
Serena e l'altra lungo il margine sud avrebbe dovuto riguadagnare le posizioni di Nervesa. Gli attacchi italiani,
preceduti da un potente tiro di artiglieria, non diedero pero' i risultati sperati e ben presto la situazione
trasformo' in una logorante guerra di posizione. Gli austroungarici pero' ben presto capirono che erano in
posizioni difficili da difendere, a causa della difficolta' di rifornimenti di viveri e di munizioni e di isolamento
dalle armate di sinistra Piave. Il 20 giugno fu diramato l’ordine di ritirata sulla riva sinistra del Piave. Con la
ripresa dell’iniziativa da parte italiana furono successivamente ripristinate completamente le posizioni del
Montello il 23 giugno, e nei giorni successivi anche quelle sulla destra del Piave. La tentata offensiva austriaca
costo’ tra morti, feriti e prigionieri quasi 150.000 uomini, le perdite italiane ammontarono a circa 90.000
uomini.
Già alla fine del primo giorno i comandi austriaci si resero conto che l'attacco era fallito e nonostante sulle varie
teste di ponte si continuasse a insistere nella speranza di un cedimento della linea italiana, questo non avverrà
mai. Gli ultimi strascichi della battaglia si trascineranno inutilmente fino al 26 con un nulla di fatto per gli
imperi centrali che date le enormi perdite subite (da ambo le parti), perdono definitivamente l’iniziativa. In tale
situazione la Battaglia del Solstizio era l'ultima possibilità per gli austriaci di volgere a proprio favore le sorti
della guerra, ma il suo fallimento, con un bilancio così pesante e nelle disastrose condizioni socio-economiche
in cui versava l'Impero, significò in pratica l'inizio della fine. La sconfitta dell'Austria-Ungheria nella battaglia
del Solstizio ebbe importanza sull'esito complessivo della guerra mondiale. Nelle sue memorie di guerra il
generale tedesco Erich Ludendorff sostenne che la Germania risentì fortemente del fallimento dell'offensiva sul
Piave, affermando che "per la prima volta avemmo la sensazione della nostra sconfitta" e che la disfatta
dell'alleato sul fronte italiano, preludio al crollo dell'Impero asburgico, influì sul morale e sulla determinazione
anche dell'esercito tedesco impegnato a organizzare gli ultimi tentativi di offensiva sul fronte occidentale.
Nell'Impero austro-ungarico la sconfitta provocò una irreversibile caduta della fiducia nelle truppe e i primi
segni di allentamento delle coesione politico-militare. Lo stesso imperatore Carlo I, recatosi il 21 giugno a
Bolzano ad esaminare la situazione con il generale Conrad, poté rilevare le deplorevoli condizioni morali e
materiali dei suoi soldati, delusi e scoraggiati dopo il fallimento e scarsamente riforniti di vettovagliamento ed
equipaggiamento. Forti critiche vennero rivolte ai vertici militari e il 13 luglio il generale Conrad, ritenuto tra i
responsabili del fallimento dell'ultima offensiva in Italia, venne rimosso dal comando del "gruppo d'armate del
Tirolo" e sostituito dall'arciduca Giuseppe. Il feldmaresciallo Franz Conrad von Hoetzendorf fu l’unico a pagare
per la sconfitta subita dall’esercito austro-ungarico nella battaglia del Solstizio; destituito dal comando del
gruppo di armate il 14 luglio 1918, il giorno successivo gli fu conferito il titolo di conte.
La ricorrenza della "Battaglia del Solstizio" viene ricordata ogni anno il 15 giugno e celebrata come la festa
dell'Artiglieria.
Ricordiamo
Tra tutti i caduti vanno ricordati anche quei soldati cecoslovacchi che passarono dalla parte dell'esercito
italiano. Essendo costoro cittadini dell'Impero austro-ungarico, se catturati venivano giustiziati, in quanto
considerati traditori della patria. Sul viale alberato che portava da Conegliano a San Vendemiano, ne vennero
impiccati a decine.
A Fagarè della Battaglia, sulla provinciale Oderzo-Treviso, c'è l'Ossario dei caduti della Grande Guerra. Fu
edificato nel punto in cui gli austriaci raggiunsero la massima avanzata. Ai lati dell'Ossario sono stati trasportati
i muri su cui figurano alcune celebri scritte, opera probabilmente dei propagandisti di guerra, come: "Tutti eroi!
O il Piave o tutti accoppati" e "Meglio un giorno da leone che 100 da pecora".
A Nervesa si trova l'Ossario ai caduti italiani sul Montello, con piccolo museo storico annesso. A Tezze di
Piave si trova il cimitero militare britannico e nel tempio votivo di Ponte della Priula, ci sono i resti di diversi
soldati trovati anche di recente, sul greto del Piave.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Proprio in quel periodo si trovava nella zona di Fossalta di Piave il futuro premio Nobel per la letteratura Ernest
Hemingway, allora diciottenne, che si era arruolato volontario con la Croce Rossa degli Stati Uniti e prestava
servizio in zona come autista di autoambulanze. Ferito dalle schegge di una bomba e da un proiettile di
mitragliatrice, sarà poi decorato con la medaglia d'argento per essersi prodigato, anche dopo essere stato
colpito, nel salvataggio di altri militari feriti. Da questa personale esperienza e dal successivo ricovero in un
ospedale milanese trarrà il suo celebre romanzo "Addio alle Armi". Nel Sacrario di Fagarè, fra i tanti militari
sepolti, vi è l'unico statunitense, un tenente amico di Hemingway, caduto in battaglia lungo il Piave, a cui lo
scrittore dedicò una poesia, riportata sulla lapide ancora oggi visibile.
Ai "Soldati del Grappa"
“Alle 10 si era sul punto di essere perduti, a metà pomeriggio si era salvi, a sera era già la vittoria. Nella dura
battaglia del giorno 15 giugno voi avete compiuto azioni da grandi soldati ed avete riportata sul nemico una
bella e grande vittoria, per il nemico sanguinosa. lo ve l'ho detto. Ora, lo confessa anche il nemico nei suoi
bollettini, riconoscendo la vostra fiera resistenza e la furia vittoriosa dei vostri contrattacchi che lo hanno
ricacciato subito dai punti da principio conquistati. E, se lo dice lui, voi potete essere tranquilli che lo avete
bastonato di santa ragione davvero! Ma è avvenuto qualche cosa di ancora più grande, che vi copre d'onore! Il
servizio d'ordine, stabilito a tergo delle nostre linee ci segnala oggi, con la fede dei rapporti raccolti da tutti i
settori, che, durante l'infuriare delle artiglierie e delle fanterie nemiche nella lunga battaglia, non ha avuto da
prendere e da ricondurre sulle linee neppure un uomo in tutta l'Armata! Figli miei, lo non posso che dirvi:
Bravi! e rilasciarvi questo diploma di onore. Vi addito tutti all'ammirazione ed all'amore della Patria!"
(generale della IV Armata generale Gaetano Giardino).
La battaglia “Offensiva” 24 ottobre 1918
Superato l'urto di giugno, il comando supremo italiano cominciò a pianificare l'offensiva sotto le incalzanti
richieste dei ministri Orlando e Sonnino pressati dai comandi Alleati Francesi, Inglesi e Americani.
Armando Diaz progettò l'offensiva seguendo le innovazioni introdotte dai generali tedeschi ad occidente e che
nell'ottobre 1917 rischiò di eliminare l'Italia stessa dal conflitto. Diaz elaborò un piano di attacco massiccio su
un unico punto invece che su tutta la linea (come invece avevano fatto l’esercito austroungarico a giugno nella
Battaglia del Solstizio), nel tentativo di sfondare le linee e tagliare le vie di collegamento con le retrovie. Il
comando supremo studio’ tutto il fronte alla ricerca del punto piu’ debole della difesa nemica e individuo’
questo punto nella zona del fronte del Piave compresa tra la zona poco a nord del Montello (Santa Croce –
Falzè) e la Grave di Papadopoli. La scelta ricadde sulla cittadina di Vittorio Veneto, considerata un probabile
punto di rottura, la cui fragilità era costituita dal fatto che in questa città si trovava la congiunzione tra la Vª e la
VIª armata austro-ungarica. Il Massiccio del Grappa, contro il quale per due volte di seguito gli austriaci
avevano cozzato inutilmente, doveva servire da falso scopo, doveva trattenere più battaglioni nemici che fosse
possibile sulle sue pendici settentrionali. Per ottenere ciò, non c’era altro mezzo che impegnare l’avversario,
cioè attaccarlo, attaccarlo iniziando da Cima Grappa. Quello sul Grappa fu quindi un attacco secondario, dato
che quello principale sarebbe dovuto avvenire sul Piave tra Vidor e la Grave di Papadopoli. Non appena il
Comando Supremo Italiano avrebbe avuto la certezza che l’armata austroungarica del Grappa era tutta
inchiodata lassù e non poteva trasferire le sue riserve sul fronte del Piave o addirittura richiedeva rinforzi dalle
altre armate dislocate lungo il Piave, allora avrebbe dato ordine alle proprie armate di attaccare nei pressi di
Valdobbiadene, Sernaglia e la Grave di Papadopoli, forzando il Piave, deviando poi verso Vittorio Veneto,
incuneandosi nel fronte del nemico, spezzandolo in due la difesa austroungarica, e la guerra sarebbe stata vinta.
Cosi' successe!
La decisione venne infine presa: si attaccava il 17 ottobre. Gli studi idrografici sul Piave, anche ad autunno
avanzato, permettevano di gestire un passaggio improvvisato su ponti di barche in condizioni estreme. Proprio
in quei giorni però le “cataratte del cielo” sembrarono aprirsi per congiurare sulla offensiva finale. L'operazione
venne rimandata di una settimana. Il 22 ottobre Croati e Ungheresi si erano ammutinati. Nell'esercito
austroungarico cominciavano a sentirsi gli effetti della scarsezza di rifornimenti, cibo e acqua, l'impero era
ormai in uno stato di declino grazie anche al blocco dei rifornimenti che gli "Alleati dell'Intesa" avevano
organizzato, avevano isolato per mare gli Imperi Centrali e la penuria di risorse si faceva sentire. Cinque giorni
dopo, a offensiva iniziata, su 51 reggimenti imperiali, 13 rifiutarono di marciare dalle retrovie verso il fronte.
La spagnola aveva spazzato via, oltre che la truppa austroungarica, l'intera vecchia classe di Ufficiali Superiori.
Alle 10 del mattino del 19 ottobre il generale Gaetano Giardino ricevette l'ordine dal comando supremo di
attaccare ad oltranza a partire dal giorno 24 ottobre (nell'esatta ricorrenza della “rotta” di Caporetto).
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Preparazione, mutamento dello schieramento delle artiglierie, arrivo di nuove batterie, aggiustamento dei tiri;
tutto doveva essere compresso in quei cinque giorni. Alla IVª armata (l'"Armata del Grappa") del generale
Giardino venne affidato l'importante compito di dividere l'esercito austriaco del Trentino da quello del Piave,
doveva, cioè, irrompere nella conca di Feltre per facilitare l'azione di rottura delle Armate italiane 8ª, 10ª, 12ª
che avrebbero attaccato lungo il fiume Piave per puntare poi verso Vittorio Veneto.
La manovra centrale di sfondamento delle linee nemiche verso Vittorio Veneto era affidata all'8ª armata, mentre
la 10ª e la 12ª armata sarebbero avanzate per proteggerne i fianchi e impedire eventuali tentativi nemici di
tagliare l'offensiva. L'alto comando italiano era riuscito a concentrare nel settore del Piave tra Vidor e le Grave
di Papadopoli una grande forza offensiva, in grado di raggiungere gli obiettivi strategici previsti e molto
superiore alle forze austro-ungariche presenti nel settore. La situazione era, invece, molto diversa nel settore del
Monte Grappa dove il generale Giardino doveva attaccare su un terreno impervio contro forze piu' numerose
(per soldati e artiglierie) e tenaci, il compito si presentava molto difficile. Il generale Giardino deplorò
ripetutamente il sacrificio richiesto ai suoi soldati costretti a un attacco frontale. Nelle sue memorie (in parte da
lui bruciate) il generale Giardino si lamentava con i comandi italiani che dovette improvvisare una battaglia,
senza una preparazione e neppure una superiorità numerica, e a guerra conclusa forte fu il suo rimorso nei
confronti di quelli che amava definire i suoi “Soldatini del Grappa” !
Il piano di attacco iniziale prevedeva la costruzione di otto ponti sul Piave: uno a Vidor, tre nella zona a nord
del Montello compresa tra Fontana del Buoro e Moriago, uno fra Santa Croce e Falzé, due nei pressi di Nervesa
e l'ultimo più a sud, nella zona della Grave di Papadopoli.
Il diario dei giorni delle ultime due settimane di guerra dell'ottobre 1918 sul Piave e sul Grappa:
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inaspettatamente il Piave in quel periodo era in piena a causa della tanta pioggia, era impossibile da
attraversare e saltava ogni progetto militare di poterlo attraversare con la posa di ponti di barche, la
corrente era troppo forte, continuava a piovere
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nella notte tra il 23 e il 24 ottobre le truppe inglesi della 10ª Armata (schierate sul Piave da Ponte della
Priula fino a Ponte di Piave) del generale irlandese Lambert conte di Cavan (i Gordon Highlanders)
sbarcarono sulla Grave di Papadopoli (la grande isola nel centro del fiume Piave a sud del Montello) su
ponti costruiti dai genieri e pontieri. Gli Inglesi occuparono una parte dell'isola e furono gettati quattro
ponti di collegamento con la riva destra
sul Grappa il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina l’inizio dell’offensiva alle ore
3 di notte con un potente fuoco di preparazione di artiglieria, e dalla prima mattinata iniziarono gli attacchi
verso le principali cime del massiccio ma furono tutti respinti. Alle ore 15:00 il generale Giardino fece
sospendere gli attacchi, consapevole ormai che "l'attacco generale era fallito" e che quindi si prospettava
una cruenta battaglia di logoramento, la sua armata aveva già perso oltre 3.000 uomini. L'offensiva del
primo giorno (come quelle dei giorni successivi) non ebbe successo, costrinse pero’ gli austriaci a logorare
le loro riserve (stazionanti a Feltre e a Belluno) attraendo su quel tratto di fronte una notevole aliquota di
divisioni di riserva del "Gruppo Belluno”, che in tal modo non erano più disponibili per fronteggiare
l’attacco principale dell’8ª Armata sul Piave. Cominciò allora quella durissima battaglia che parve non
dare i primi giorni altro risultato che quello di sprecare vite umane come sul Monte Pertica e sul Monte
Asolone, sembravano ripetersi gli attacchi del Carso Triestino delle dodici Battaglie dell'Isonzo!
il Piave era ancora in piena e pericoloso da attraversare, la corrente era troppo impetuosa
il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa.
Si ripeterono gli stessi inutili attacchi del giorno precedente, altre migliaia di morti nella IV Armata e solo
la cima del Monte Pertica e del Monte Valderoa vennero conquistate. Il comando austriaco del Grappa
quel giorno chiese al proprio comando generale rinforzi per consolidare le difese, si dovettero impegnare
le truppe di riserva per arginare gli attacchi italiani sul Grappa (l'obiettivo del comando italiano era
sottrarre le riserve al fronte del Piave)
la piena del Piave iniziò finalmente a diminuire nella sera anche se l’acqua continuava a scorrere
vorticosamente, e quindi il generale Caviglia diede ordine di cominciare le operazioni di traghettamento e
la costruzione dei ponti. Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre dalla Grave di Papadopoli gli Inglesi e gli
Italiani iniziarono a gettare, sotto la copertura della nebbia serale, i ponti verso la riva sinistra del Piave
(dal ponte di Salettuol scesero di fronte a Cimadolmo) e riuscirono ad arrivare sulla sponda sinistra del
Piave (Cimadolmo, Stabiuzzo). Alle ore 21:00 tra Pederobba e le Grave di Papadopoli iniziarono le
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operazioni per traghettare i reparti d'assalto
il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa.
Dalla prima mattinata iniziarono gli attacchi verso le principali cime del massiccio ma furono tutti respinti.
Nel primo pomeriggio il generale Giardino dopo un ultimo tentativo con la artiglieria fece sospendere gli
attacchi, consapevole ormai che l'attacco generale era fallito ed erano morti altre migliaia di soldati. Al
termine dei combattimenti del 26 ottobre il generale Giardino dovette ammettere che tre giorni di cruente
battaglie non avevano consentito di raggiunge alcun risultato tattico decisivo, le truppe erano stanche e
molto logorate dopo i ripetuti assalti frontali costati pesanti perdite, non erano disponibili forze fresche,
mentre le truppe austro-ungariche avevano dimostrato una sorprendente coesione e grande combattività. Il
generale Giardino richiese al Comando Supremo di poter interrompere gli attacchi sul massiccio del
Grappa e impiegare la giornata del 27 ottobre per far riposare le truppe e riorganizzare lo schieramento; il
generale Diaz si recò nel pomeriggio al posto di comando della IVª Armata e alle ore 18:00 autorizzò
l'interruzione dell'offensiva ordinando di rafforzare le posizioni in attesa degli sviluppi delle operazioni
sulla linea del Piave. L'alto comando austro-ungarico continuò a valutare con un certo ottimismo la
situazione: nel settore del Grappa la IVª Armata italiana aveva subito oltre 15.000 perdite in tre giorni e il
comando austroungarico del "Gruppo Belluno", pur avendo mobilitato tutte le sue riserve, non aveva avuto
bisogno di aiuti da altri settori per respingere gli attacchi
Nelle prime ore della notte le prime truppe italiane attraversano il Piave (fra Pederobba e Ponte del Piave)
sui ponti di barche gettati con difficolta’ dai genieri a causa della corrente e della pioggia. I genieri
riuscivano con enorme fatica e gravi perdite a costruire due ponti dei sette previsti, che venivano
ripetutamente cannoneggiati e distrutti dagli austroungarici ma prontamente ricostruiti dai genieri. Riuscì
la costruzione del ponte a Fontana del Buoro (costruito di fronte alla XIIIª strada o “presa” del Montello).
Reparti di arditi a bordo di barconi raggiunsero la sponda sinistra di sorpresa. Gli attraversamenti
avvennero nell'oscurità della notte dalle ore 01:30 e con un tempo in peggioramento. Ben presto la
situazione divenne difficile, i reparti nella testa di ponte furono sottoposti all'intenso fuoco dell'artiglieria
austro-ungarica che cercava di distruggere il ponte, mentre i riflettori scandagliavano le posizioni italiane.
La 12ª Armata del generale francese Graziani riuscì con molta difficoltà a gettare un ponte ad est di
Pederobba, e alle ore 3 attraversarono il fiume un reggimento francese e due battaglioni alpini, ma alle ore
6 il ponte venne colpito dal fuoco dei cannoni e dalle ore 9, quasi demolito, divenne inutilizzabile. Di
conseguenza i reparti italo-francesi passati sulla riva sinistra, che avrebbero dovuto avanzare verso
Valdobbiadene, furono contrattaccati e rimasero bloccati nella loro piccola testa di ponte. Nessuna testa di
ponte fu stabilita lungo la direttrice principale d’attacco, fra Nervesa a Ponte della Priula, i ponti vennero
distrutti dall’artiglieria nemica prima che potessero essere utilizzati. Le compagnie d’assalto che avevano
preceduto il grosso sulla sponda sinistra del Piave vi rimasero isolate. In quella notte si riuscirono a creare
sulla riva destra del Piave in totale tre teste di ponte italiane (Valdobbiadene, Moriago-Mosnigo-Sernaglia,
Cimadolmo-Grave di Papadopoli). In questo giorno fallirono molte delle costruzioni dei ponti previsti o
per la forte corrente o per il fuoco dei cannoni austro-ungarici, alcune imbarcazioni dei reparti d'assalto
furono affondate. Nonostante tutto circa 29 battaglioni si trovarono a fine giornata sulla riva sinistra
appoggiati dalla potente artiglieria situata sul Montello. Il comando decise di fare passare piu’ a sud,
utilizzando i ponti della 10ª Armata Inglese (di Salettuol e Palazzon), una grande parte delle truppe
dell’VIII Armata perché i ponti nella zona del Montello non si riuscivano a costruire
il generale Giardino riuscì ad ottenere dal comando supremo di sospendere per un giorno l’offensiva, sul
massiccio del Grappa furono gli Austroungarici che attaccarono per riprendere le posizioni perse,
attaccarono il Monte Pertica e il Monte Valderoa e solo quest'ultimo riuscirono a riconquistare
Prima dell'alba i pontieri costruirono un ponte di barche e rimisero in funzione il ponte principale di
Pederobba. Alle ore 9 tuttavia i cannoni austro-ungarici danneggiarono di nuovo i ponti e la testa di ponte
fu di nuovo isolata. Nonostante queste difficoltà, i reparti sulla riva sinistra passarono all'attacco, i francesi
avanzarono a sinistra in direzione della conca di Alano di Piave, mentre sulla destra gli alpini, pur
incontrando una tenace resistenza austriaca, raggiunsero al termine della giornata Valdobbiadene. Le
comunicazioni con la testa di ponte di Sernaglia si effettuavano per mezzo di nuotatori e aeroplani che
lanciavano sacchi di munizioni e vettovaglie. Sui ponti della 10ª Armata di Salettuol e sul nuovo ponte di
Palazzon iniziarono a passare intanto molte delle brigate italiane. I ponti di Nervesa e della Priula erano
sempre fuori uso, il quarto ponte a Casa Biadene era stato parzialmente riaperto, le truppe italiane superato
il Piave sui ponti della Grave di Papadopoli si dirigono verso nord. Le tre teste di ponte italiane sulla riva
sinistra del Piave riuscirono a saldarsi costituendo un unico ampio saliente nel settore nemico. Le truppe
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italiane, francesi e inglesi cominciarono cosi’ a dirigersi verso Vittorio Veneto, verso la linea del fiume
Monticano dove si stavano ritirando le truppe austriache (in preda a grandi diserzioni soprattutto tra le
truppe ungheresi e croate) e iniziarono a risalire il Piave verso nord verso Alano di Piave per aggirare
l’armata austriaca sul Grappa
il generale Giardino ottiene dal comando supremo di sospendere per un giorno l’offensiva, sul massiccio
del Grappa sono gli Austroungarici che attaccano per riprendere le posizioni perse
nella notte la corrente del fiume era diminuita e l'artiglieria austro-ungarica, messa in pericolo
dall'avanzata delle teste di ponte, aveva molto ridotto la sua attività. In queste condizioni i reparti pontieri
poterono attivare due nuovi attraversamenti a Fontana del Buoro (di fronte alla strada numero 12 del
Montello) e a valle dei ponti della Priula mentre venne potenziato il ponte di Salettuol utilizzato dalle
truppe britanniche. Nella mattinata, con il passaggio delle ultime brigate, l'intera VIIIª Armata del generale
Caviglia passò cosi’ sulla riva sinistra del Piave. Tutte le truppe e le artiglierie attraversano il Piave su tutti
i ponti di barche che si riusci’ a costruire. Intanto gli attacchi italiani e alleati sono fortissimi e stanno
scompigliando le armate austriache (viene conquistato il Monte Cesen). Le truppe austroungariche
incalzate, e attaccate, in preda a grandi defezioni, diserzioni lasciano le zone del Piave e del fiume
Monticano e si ritirano in disordine sul fiume Livenza, cosi’ smembrandosi perdono il contatto con la
armata austroungarica sul Grappa. Anche sul Grappa il comando austriaco nel pomeriggio ordinò i primi
ripiegamenti per coprire le Prealpi Bellunesi per la successiva ritirata. L’obiettivo del supremo comando
austriaco è ora quello di salvare e di portare nella madrepatria la maggior parte del suo esercito. L’Alto
Comando Austriaco ordinò l'evacuazione "in modo ordinato" del Veneto, ma il comando del Gruppo
d'Armate del Tirolo comunicò che a causa delle condizioni delle truppe questa manovra di ritirata era
inattuabile e consigliò un armistizio immediato senza condizioni. La situazione delle truppe austroungariche era disastrosa e anche la volontà combattiva era compromessa, una serie di attacchi aerei italiani
per bombardare e mitragliare le truppe in ritirata aumentarono il disordine e la demoralizzazione tra i
reparti
il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa.
Si ripeterono gli attacchi inutili con gravissime perdite italiane senza ottenere nessuna conquista. La 12ª
Armata francese del generale Graziani stava facendo, invece, buoni progressi e minacciava di aggirare da
est le difese del massiccio del Grappa avanzando verso la conca di Alano di Piave
Le prime truppe italiane entrano a Vittorio Veneto. Anche la IIIª Armata a sud riceve l’ordine di
attraversare il fiume Piave (sui ponti di Salgareda, Romanziol, Chiesanuova e Revedoli) e proseguire verso
il fiume Livenza
a mezzanotte del 30 ottobre il comando austriaco da' ordine alle divisioni austroungariche presenti sul
Massiccio del Grappa di iniziare la ritirata bruciando i magazzini e facendo saltare in aria gli armamenti.
70.000 soldati austro-ungarici abbandonarono le posizioni tenacemente difese per giorni, iniziando una
difficile ritirata e lasciando sul posto gran parte dell'artiglieria. Effettivamente la 12ª Armata agli ordini del
generale francese Graziani stava risalendo il Piave, stava per arrivare a Feltre aggirando cosi' l'armata
austroungarica ancora arroccata sul Massiccio del Grappa. Le posizioni austriache sul Grappa avevano il
fianco sinistro scoperto e le ore contate. Il generale Giardino venne avvertito al mattino del 30 ottobre di
limitarsi momentaneamente ad azioni minori ma di prepararsi ad avanzare risolutamente con la IVª Armata
in caso di sviluppi risolutivi della situazione. Nel corso della giornata quindi nel settore del massiccio del
Grappa le truppe italiane non sferrarono altri attacchi, mentre l'aviazione iniziò a individuare colonne
nemiche in marcia nelle retrovie verso nord
Il generale Diaz diramò la prima direttiva generale per l'inseguimento finale del nemico indicando obiettivi
dettagliati alle varie armate, che avrebbero dovuto avanzare su tutto il fronte per guadagnare più terreno
possibile nel poco tempo rimasto prima della conclusione della guerra. Da ora in poi le operazioni delle
divisioni italiane assunsero il carattere di un inseguimento dell'esercito austro-ungarico in rotta verso i
confini dell'impero e della conquista del maggior territorio possibile. L’8ª Armata arrivò a Belluno e
prosegui’ verso la Val Pusteria. La 10ª e la 3ª Armata dovevano avanzare verso l’Isonzo precedute dalle
divisioni di cavalleria.
il 31 ottobre la IVª Armata avanzò in tutti i settori, riconquisto’ tutto il Massiccio del Grappa, raggiunse
Feltre precedendo la 12ª Armata, e si mise all'inseguimento dell'esercito austroungarico in ritirata
dirigendosi verso la Valsugana e poi verso la valle dell’Adige
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La “Battaglia di Vittorio Veneto” costo’ all’esercito italiano e ai suoi alleati circa 36000 caduti, la maggioranza
dei quali sul Grappa. Colpiscono le forti perdite subite dalla 4ª armata sul Grappa, “ 5.000 morti, 20000 feriti e
3000 prigionieri, vale a dire i due terzi delle perdite dell’intera offensiva”. Il 5 novembre 1918 viene sciolta
l'”Armata del Grappa”, il comandante ne scrisse il testamento.
La ritirata dell'esercito austroungarico (29 ottobre) e la fine della guerra (4 novembre 1918)
Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati l'armistizio. In serata l'esercito asburgico ricevette l'ordine di
ritirarsi. L'impero era al collasso, oramai i diversi movimenti indipendentisti stavano facendo di tutto per
sfruttare la situazione. Il 29 ottobre le truppe autriache si ritirarono dal Piave al Tagliamento; le lunghe colonne
di uomini, rifornimenti e artiglierie in ritirata, furono bersagliate da oltre 600 aerei italiani, francesi e britannici.
Fu un bombardamento e mitragliamento feroce, e gli uomini in ritirata non avevano modo di difendersi. «
Lungo la strada c'erano rottami di veicoli, cavalli morti, cadaveri di uomini sulla strada e nei campi dove erano
fuggiti per sfuggire alle mitragliatrici e alle bombe degli aerei ... ». Il 30 ottobre vennero fatti prigionieri più di
33.000 soldati austriaci, mentre a Vienna, il governo austro-ungarico continuava ad adoperarsi per giungere
all'armistizio con gli Alleati. Nel frattempo il porto austriaco di Fiume, che due giorni prima era stato dichiarato
parte dello stato slavo meridionale, proclamò la propria indipendenza chiedendo di unirsi all'Italia. Quella sera
una delegazione austriaca per l'armistizio arrivò in Italia, a Villa Giusti nei pressi di Padova. L’Italia rinviava il
giorno di “cessate il fuoco” perché memore delle rivendicazioni geografiche da sempre richieste cercava in quei
giorni di ritirata dell’esercito austroungarico di conquistare il maggior territorio possibile e sedersi cosi’ alla
firma dell’armistizio possedendo i territori desiderati. Il 3 novembre l'Austria firmò a Padova l'armistizio che
sarebbe entrato in vigore il giorno successivo. Lo stesso giorno gli italiani entrarono a Trento e la Regia Marina
sbarcò a Trieste. Era il 4 novembre 1918 e il comandante in capo dell’esercito d’Italia, Maresciallo Armando
Diaz, dava notizia all'intero paese della conclusione del conflitto, firmando l'ultimo bollettino di guerra che
sarebbe passato alla storia come il "Bollettino della Vittoria". Alle ore 15:00 del 4 novembre sul fronte italiano
le armi cessarono di sparare; quella notte: « ... il cielo era illuminato dalla luce dei falò e dagli spari di razzi
colorati. ... Dietro di noi, in direzione di Treviso, si sentiva un lontano ritocco di campane, e canti ed esplosioni
di gioia ovunque. Era un momento di perfezione e compimento ».
storia partigiana
Nel corso della Seconda Guerra mondiale il Grappa fu rifugio delle formazioni partigiane. Proprio sul Grappa
venne effettuata una sanguinosa retata dai nazisti e dai fascisti fedeli alla Repubblica di Salò. I combattenti che
non vennero uccisi sul posto, vennero impiccati pubblicamente nella vicina Bassano del Grappa. I nazifascisti
impiegarono nell'operazione da 15.000 a 20.000 uomini, per scovare e affrontare i 1.500 partigiani celati nei
borghi e nelle pendici della montagna.
A pochi metri dal sacrario, nei pressi di una caverna nella quale, fino a poco tempo fa, si credeva che alcuni
partigiani fossero stati arsi vivi dai nazifascisti, sorge dal 1974 una statua in bronzo "al Partigiano".
La vecchia caserma NATO
Sulla cima a nord del Sacrario si trova una vecchia Base dell'Aeronautica Militare operativa negli anni '70.
Ospitava l'Area Controllo (radar) di una Batteria di missili antiarei Nike-Hercules del 64º Gruppo I.T.
(Intercettori Teleguidati) e successivamente un centro per la sorveglianza delle telecomunicazioni dell'Esercito
Italiano. Oggi lo stabile versa in pessime condizioni.
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La Canzone del Grappa
Fu composta nel 1918 dal generale Emilio De Bono prendendo spunto da una scritta anonima apparsa sui muri
di una casa della Val Cismon, allora occupata dall'esercito austriaco, che recitava appunto: "Monte Grappa tu
sei la mia Patria". Gli autori della canzone furono il capitano Antonio Meneghetti che su sollecitazione del
generale Emilio De Bono, Comandante del IX Corpo D'Armata (successivo quadriumviro della Rivoluzione
Fascista, fucilato a Verona nel 1944), scrisse la musica della Canzone del Grappa in mezz'ora esatta il 5 agosto
1918 presso Villa Dolfin di Rosà e lo stesso De Bono scrisse il testo del brano. Prendevano così corpo e vita
quelle parole che in breve tempo erano sulle labbra di tutti i soldati italiani impegnati sul fronte di guerra contro
l'esercito austro-ungarico. La mattina del 24 agosto 1918, sul grande prato davanti a Villa Dolfin, alla presenza
del Re d'Italia, Vittorio Emanuele III e delle autorità militari, l'inno fu eseguito per la prima volta.
« Monte Grappa, tu sei la mia patria,
sovra te il nostro sole risplende,
a te mira chi spera ed attende,
i fratelli che a guardia vi stan.
Contro a te già s'infranse il nemico,
che all'Italia tendeva lo sguardo:
non si passa un cotal baluardo,
affidato agli italici cuor.
Monte Grappa, tu sei la mia Patria,
sei la stella che addita il cammino,
sei la gloria, il volere, il destino,
che all'Italia ci fa ritornar.
Le tue cime fur sempre vietate,
per il pie' dell'odiato straniero,
dei tuoi fianchi egli ignora il sentiero
che pugnando più volte tentò.
Quale candida neve che al verno
ti ricopre di splendido ammanto,
tu sei puro ed invitto col vanto
che il nemico non lasci passar.
O montagna, per noi tu sei sacra;
giù di lì scenderanno le schiere
che irrompenti, a spiegate bandiere,
l'invasore dovranno scacciar.
Ed i giorni del nostro servaggio
che scontammo mordendo nel freno,
in un forte avvenire sereno
noi ben presto vedremo mutar. »
La Madonnina del Grappa
Prima della Prima Guerra Mondiale sulla cima del Monte Grappa, nel posto dove ora si trova l'Ossario,
esistevano solo bellissimi prati, un piccolo Sacello contenente una cappellina con la statua della Madonnina del
Grappa e piu’ in basso una capanna rifugio costruita dal CAI di Bassano nel 1897. Il Sacello della Madonna
Ausiliatrice venne inaugurato il 4 agosto 1901 e la Sacra Effigie, a simbolo della fede cristiana nel Veneto,
venne in quell’occasione benedetta dal patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (poi papa Pio X). Nella attuale
cappella, elevata a Santuario, è ancora custodita quella statua della Madonnina del Grappa. La statua ha avuto
una storia dolorosa perché venne mutilata da una granata nemica il 14 gennaio 1918, ferita pure Lei dalla guerra
la grande statua cadde per terra danneggiandosi ma senza perdere il Bambino che teneva tra le braccia. Fu
raccolta dai soldati e trasportata a valle dove fu venerata dalla popolazione locale. Durante la prima guerra
mondiale, la Madonnina del Grappa divenne simbolo della Patria e della protezione divina, al punto che una
volta riparata dall'esplosione della granata, prima di esser riposta nel nuovo sacello fece il giro dell'Italia su un
vagone ferroviario al cui passaggio tutti lanciavano fiori, pregavano, piangevano, si inginocchiavano. Dopo la
guerra fu restaurata e venne ricostruito il nuovo sacello e la statua vi fu ricollocata il 4 agosto del 1921.
Particolarmente cara agli alpini e ai valligiani della zona, è ora meta di devoto pellegrinaggio la prima
domenica d'agosto.
Il Rifugio “Bassano” (Casa “Armata del Grappa” e rifugio Bassano)
La capanna rifugio “Capanna Bassano” costruita dal CAI di Bassano nel 1897 era stata costruita in alto vicino
alla cima del Grappa, veniva custodito solo nei mesi estivi per rifocillare i viandanti. L'attuale Rifugio
“Bassano” originariamente sorgeva, vicino a dove oggi si trova il Sacrario e venne abbattuto per far posto
all'Ossario, venne spostato e ricostruito dove è oggi solo nel 1935. Il rifugio ospita un piccolo presidio militare
posto a cura della Zona Monumentale del Grappa, una stazione meteorologica e 4 webcam aggiornatissime che
si possono vedere sul sito www.cimagrappa.it.
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Il Sacrario Militare di Cima Grappa
Una volta conclusa la Grande Guerra sul massiccio del Grappa rimanevano molti cimiteri militari dislocati in
diversi punti della montagna, tutti i caduti venivano tumulati in cimiteri che sorgevano vicino ai luoghi di
battaglia oppure nelle retrovie vicino agli ospedali militari. Così durante il periodo fascista si progettò di
costruire un unico cimitero monumentale sulla vetta del monte che raccogliesse i resti di tutti i caduti.
Progettato dallo stesso architetto del sacrario militare di Redipuglia, Giovanni Greppi e da Giannino Castiglioni
scultore, venne iniziato nel 1932 ed inaugurato il 22 settembre 1935 in presenza del re Vittorio Emanuele III.
Sulla sommità del Sacrario sorge il santuario della "Madonnina del Grappa".
Il sacrario contiene i resti di 22.910 soldati ed è così disposto (da nord a sud):
Settore nord, ossario austroungarico con 10.295 morti di cui 295 identificati.
Settore sud, ossario italiano con 12.615 morti di cui 2.283 identificati.
Le Spoglie dei Caduti italiani identificati sono disposte in ordine alfabetico e custodite in loculi coperti da lastre
di bronzo dove sono incisi il nome e le decorazioni al valor militare del Caduto. Quelle dei 10.332 Ignoti sono
raccolte in urne comuni più grandi che si alternano alle tombe singole.
La sistemazione a loculi dei 295 Caduti austriaci identificati, su due ripiani sovrapposti, è analoga a quella dei
Caduti italiani. I 10.000 Caduti rimasti ignoti sono raccolti in due urne ai lati della cappella centrale. Tra le
lapidi del sacrario austro-ungarico, vi è il loculo del soldato rumeno "Peter Pan". “Su quel loculo non mancano
mai i fiori ... Sono i bambini che lasciano un segno sulla lapide di un Bambino soldato come nella favola”.
Il Sacrario Italiano è costituito da una serie di 5 gradoni semicircolari, posizionati uno sopra all'altro in modo da
formare una piramide, che si sviluppano sul pendio che dalla strada conduce alla cima del sacrario. I cinque
gradoni sono collegati da un'ampia gradinata centrale a cinque rampe che dalla base del monumento porta alla
sommità dove sorge il sacello, Santuario della Madonnina del Grappa. Tra il 4° e il 5° gradone, in posizione
centrale, alla sommità della gradinata, è la tomba del Maresciallo d'Italia Gaetano Giardino, che comandò
l'"Armata del Grappa", e che prima di morire (nel 1935) aveva espresso il desiderio di essere sepolto lassù tra i
suoi soldati della IVa Armata, passata alla storia col nome di «ARMATA DEL GRAPPA».
Poco piu' sopra, al centro dell'ossario italiano c'è il sacello della famosa Madonnina del Grappa.
Dal piazzale del sacello della Madonnina del Grappa e fino al "Portale Roma" si snoda (tra i due ossari quello
italiano e quello austriaco), come un bianco tappeto in pietra squadrata del Grappa, la suggestiva "Via Eroica"
che corre, per 250 metri circa, tra due file di cippi in pietra (7 a destra e 7 a sinistra) nei quali sono scolpiti i
nomi delle 14 cime/località legate alle più famose battaglie per la difesa del Grappa. Da ovest ad est e da nord a
sud questi sono i 14 nomi delle montagne e dei luoghi delle battaglie:
Col Moschin, Col del Miglio, Col della Berretta, Monte Asolone,
Monte Pertica, Monte Prassolan, Ca Tasson,
Col dell'Orso, Monte Salarolo, Monte Valderoa, Monte Fontanasecca,
Porte di Salton, Monte Spinoncia,
Monfenera
Le 14 stele della “Via Eroica” sono cosi’ ordinate:
Monte Prassolan
Monte Fontanasecca
Ca Tasson
Monte Spinoncia
Monte Asolone
Monte Valderoa
Col della Berretta
Monte Salarolo
Monte Pertica
Porte di Salton
Col del Miglio
Col dell'Orso
Col Moschin
Monfenera
Percorrendo la "Via Eroica" si giunge al "Portale Roma", sulla cui sommità è stato costruito l’Osservatorio con
la sua ampia terrazza panoramica. Vi si accede mediante scale interne e permette di osservare l'ampio panorama
circostante individuando i punti di maggiore interesse storico mediante l'ausilio di una planimetria in bronzo,
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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dove sono indicati i luoghi delle battaglie e la posizione del fronte nel Giugno 1918. Uno sguardo all’intorno
basterà per cogliere l’estensione della pianura veneta fino alla Laguna di Venezia e al Mare Adriatico verso sud,
oltre all’arco alpino con le Dolomiti a nord. Il portale venne offerto dalla città di Roma come ingresso
principale della preesistente sistemazione del Sacrario (lavori iniziati nel 1925) che doveva essere sotterraneo
(ipogeo). Il Sacrario inizialmente era previsto quale sacrario in caverna al di sotto della cima del Monte Grappa
ma a causa delle infiltrazioni di acqua e dell'umido venne costruito all'aperto sulla cima della montagna
(percorrendo la “Galleria Vittorio Emanuele III” si puo' visitare la zona sotterranea dove si è iniziato a costruire
il sacrario sotterraneo). Nell'attuale collocazione, il Portale Roma che doveva essere l'ingresso per il Sacrario
sotterraneo (sopra doveva essere costruita una torre-faro alta 25 m) resta come un semplice monumento storico.
Sul portale è scolpito: "Monte Grappa tu sei la mia patria", il primo verso della famosa canzone del monte
Grappa.
La costruzione dell’Ossario di Cima Grappa: le “lacrime” di un Generale
“Settemila ignoti
Con una voce prossima a rompere in pianto, il Generale Vanzo, che presiede il comitato per l'Ossario
Monumentale, ha ricordato che lassù ci sono settemila spoglie di sconosciuti, un migliaio delle quali non hanno
ancora la loro nicchia. “Ogni loculo viene a costare un centinaio di lire - ha aggiunto, quasi vergognandosi di
questa richiesta d'elemosina — ricordatelo, ditelo ai vostri amici, non dimenticate questi poveri morti, che non
hanno più nessuno, nemmeno la madre che venga ogni tanto con un pugno di fiori, a tappe dalla pianura
lontana, salendo a piedi e dormendo nei casolari come fanno le madri degli altri, di quelli conosciuti; e se a
questi, che non hanno ne piastrina né medaglia, non pensiamo noi, signori, nessuno ...”. Voleva dire che
nessuno ci pensa: ma non ando' piu' oltre. E, poichè un generale non puo' piangere, si allontano' fendendo la
calca del pellegrinaggio, sul quale gravavano la pietà del luogo e la solennita' delle memorie” (dal Corriere
della Sera del 25 maggio 1930).
Vari enti e associazioni nel dopoguerra adottarono idealmente uno o piu' militi ignoti, avevano offerto l'importo
della spesa di costruzione di un loculo.
Museo Storico della Guerra 1915-1918 di Cima Grappa (tel. 0423-544840)
Sulla cima del Monte Grappa all'inizio della stradina che sale al Sacrario, nello ampio slargo della strada (poco
sotto la stradina di salita al rifugio Bassano e al parcheggio terminale) si trova il Museo Storico della Guerra
1915-1918, allestito negli ambienti dell'ex Caserma Milano (costruita durante la guerra per ospitare i soldati
lavoratori), ora museo storico con due sale espositive (al primo e al secondo piano) con annessa sala di
proiezione di un documentario sulla Grande Guerra. Il museo raccoglie al suo interno documenti, foto, armi e
cimeli della Prima Guerra Mondiale raccolti sulle zone di battaglia del Grappa e dell’Altipiano di Asiago.
Accanto al Museo si trova l'entrata alla Galleria "Vittorio Emanuele III" a cui in tempo di guerra era collegato.
la Galleria " Vittorio Emanuele III "
L'ingresso della galleria si trova nello stesso piazzale a pochi metri dal Museo Storico della Guerra 1915-1918.
Durante la Prima Guerra Mondiale sulla cima del Grappa si pensò di costruire una lunga galleria armata
(scavata nella roccia non molto solida del calcare della montagna) che sarebbe dovuta servire ad arrestare
l’avanzata austroungarica. È l'opera bellica più rilevante (visitabile) di tutto il Massiccio del Grappa, attrezzata
con cisterne d'acqua (per un totale di 1000 mc d'acqua al giorno), infermerie, alloggiamenti, che attraversa tutto
il sottosuolo di Cima Grappa da nord a sud. La galleria poneva in comunicazione l'estremo sperone nord della
cima poco oltre la ex-caserma NATO con il versante scendente a sud verso il Cason d'Ardosa, e si affacciava
sulle linee nemiche con innumerevoli cannoniere e osservatòri di tiro, riflettori. La sua costruzione iniziò nel
novembre 1917 (e duro' da gennaio a giugno del 1918) su progetto del Colonnello Nicola Gavotti, ufficiale del
Genio Militare. Si trattò di un'opera di fortificazione veramente grandiosa, con il suo sviluppo di 5 chilometri
interamente in galleria. Essa è strutturata su di un corridoio principale, lungo circa 1,5 chilometri, da cui si
dipartono numerosi corridoi laterali destinati ad ospitare bocche di artiglieria, osservatori e postazioni per
mitragliatrici. La galleria, ricavata al di sotto della Cima Grappa, è alta mt. 3 e larga da 1.80 a 2.50 - fu
necessario asportare circa 40.000 mt cubi di roccia impiegando 24 perforatrici meccaniche. Per facilitare
eventuali azioni offensive vennero ricavati diversi corridoi di sbocco, attraverso i quali le truppe potevano
raggiungere l'esterno con notevole effetto sorpresa, e in tutta sicurezza. La sua costruzione fu portata a termine
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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a tempo di record, appena dieci mesi, e a pieno regime vi potevano essere ospitati 15.000 uomini, dotati di tutti
gli apparati tecnici e logistici. Al suo interno trovarono posto 26 batterie da campagna, da montagna e pesanti
campali, per un totale di 104 pezzi, che con le 70 postazioni per mitragliatrice erano in grado di far fuoco su
entrambi i versanti della cima, 6 fotoelettriche, 10 osservatori. Il ricambio d'aria era assicurato da ventilatori e
depuratori (che servivano anche quando imperversavano gli attacchi con i gas, in tale occasione venivano
chiuse tutte le aperture della gallerie con particolari triplici tendine antigas), vi era anche un'infermeria oltre a
centralini e posti telefonici. Numerosi depositi di munizioni di viveri e di acqua potabile per ben 15 gironi di
autonomia. Gli approntamenti difensivi della galleria concorsero efficacemente a mantenere saldamente il
possesso dell'imponente massiccio nel corso della seconda e della terza battaglia del Grappa. L'ingresso della
Galleria Vittorio Emanuele III si trova sul fianco desto della Caserma Milano, e in origine i due manufatti erano
comunicanti per mezzo di un cunicolo interno che permetteva il passaggio in tutta sicurezza delle truppe e del
personale. Oggi la Galleria Vittorio Emanuele III è visitabile per metà della sua lunghezza, circa 800 metri, in
assoluta sicurezza, in quanto è dotata di un impianto di illuminazione che ne permette un agevole transito,
purtroppo non è possibile la visita completa della galleria a causa di alcune frane e sbarramenti artificiali. Una
diramazione della galleria porta al vecchio sacrario sotterraneo costruito nel 1925 ed abbandonato per le troppe
infiltrazioni d'acqua e poi costruito all'aperto dove è oggi. L'ingresso alla galleria ha un orario di apertura per la
visita al pubblico ed è gestita dai militari di servizio al vicino museo che la aprono e danno tutte le spiegazioni
necessarie.
Accanto all'ingresso della galleria sorge il cippo che ricorda i tantissimi (circa 600) partigiani caduti sul Grappa
nel periodo 1943-1945.
Le strade del Massiccio del Grappa, le attuali Strade Statali “SP 148”, “SP 149”, “SP 140”
La "Strada Cadorna"
"Giunti a Col Campeggia e all’osteria del Campo, la grande strada carrozzabile, scrive Angelo Gatti
(collaboratore diretto di Cadorna), si biforcava: e un ramo saliva alla vetta, mentre l’altro, per Col del Gallo,
Col Rainero, Col Caprile, Col della Berretta giungeva a Col Bonato. La strada era comoda, con pochissimi
tratti che superassero la pendenza del 7%: la diramazione di Col Bonato era larga tre metri: il collegamento
stradale fra le posizioni occidentali del Grappa era così comodamente ottenuto. Fu chiamata dalle popolazioni
della zona la strada “Cadorna”".
Da Bassano del Grappa per arrivare al Sacrario Militare di Cima Grappa si percorre la Strada Cadorna, costruita
su ordine del generale Luigi Cadorna per dare supporto logistico alle linee difensive. Da Romano Alto (5 km a
nord-est di Bassano) la strada portava fino alla sommità del massiccio. Essa si sviluppava costantemente sul
versante sud, al riparo del fuoco nemico tranne che in un breve tratto tra il Monte Coston e Cima Grappa dove
esisteva il “giro della morte” perchè era sottoposta al fuoco nemico. Nel caso in cui gli austriaci fossero riusciti
a pervenire sulla strada Cadorna, venne costruita una strada di arroccamento più a sud, che si diparte in Val
Santa Felicita dalla strada Cadorna, si snoda alle spalle della linea “di massima resistenza", protetta dal Monte
Oro e dai Colli Vecchi, si collega con la strada proveniente da Semonzo e poi prosegue verso Cima Grappa.
Altre strade camionabili di secondaria importanza e un numero rilevante di carreggiabili e mulattiere
completavano poi la rete viaria del massiccio.
Accesso da Bassano del Grappa 29,7 Km cosi’ distribuiti:
Bassano del Grappa (122 m) - Romano d'Ezzelino (129 m, 3,0 km) - Romano Alto (169 m) - Camposolagna
(1027 m, 16,3 km) - Ponte San Lorenzo (1062 m, 20,1 km) – Cima Monte Grappa (1776 m, 29,7 km).
L’odierna Strada Statale SP 148 (ex SS 141) "Strada Cadorna"
La ex strada statale SS 141 Strada Cadorna, ora strada provinciale SP 148 Cadorna, è una strada provinciale
italiana che inizia a Romano Alto e termina a Caupo sulla vecchia SS 50 presso Seren del Grappa (lunghezza
55,427 km). Da Romano Alto la strada inizia la sua ascesa al monte Grappa con una serie di tornanti fino a
raggiungere Ponte San Lorenzo, frazione di Solagna. Il percorso procede quindi in direzione est, sconfinando
nella provincia trevigiana, dove si diparte la ex strada statale 141 dir Strada Cadorna in direzione del Sacrario
Militare del Monte Grappa. La strada, proseguendo in direzione nord, segue grossomodo il confine tra la
provincia di Vicenza e la provincia di Belluno, fino ad iniziare la discesa verso il Feltrino. Il percorso termina
dopo aver lambito Seren del Grappa, innestandosi sul vecchio tracciato della strada statale SS 50 del Grappa e
del Passo Rolle nella frazione di Santa Lucia. La strada viene mantenuta aperta tutto l'anno mentre altri tracciati
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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sono chiusi per neve nella stagione invernale e si snodano su strade più strette e disagevoli. L’attuale SP 148
coincide con la vecchia Strada Cadorna fino al bivio con la nuova SP 149 (che conduce al Sacrario Miliare di
Cima Grappa), il tratto che conduce all’Albergo Forcelletto è stato, invece, realizzato nuovo dopo la guerra,
mentre il tratto finale che dall’Albergo Forcelletto arriva a Caupo è in realta’ la vecchia strada di guerra
austroungarica (equivalente alla Strada Cadorna italiana) che riforniva le difese austroungariche sul massiccio e
che terminava all’Albergo Forcelletto.
L’odierna Strada Statale SP 149 (ex SS 141 dir) ultimo tratto stradale per la salita a Cima Grappa
Inizia dal bivio con la SP 148 e termine al Sacrario Militare del Monte Grappa (lunghezza 3,435 km).
La strada del "Generale Giardino" (SP 140)
La strada non fu importante come la Strada Cadorna perchè venne costruita verso la fine del conflitto. Da
Semonzo (214 m), frazione del comune di Borso del Grappa situata sulle pendici meridionali del Monte
Grappa, parte una stradina inizialmente ripida che si snoda sul tracciato di una vecchia camionabile militare, la
strada Generale Giardino; intorno a quota 1000 metri si incontra un tratto più facile ma dopo Campo Croce
(1048 m) la salita diventa durissima con pendenze quasi sempre superiori al 10%; si incontra il tracciato delle
malghe al 26° tornante, si continua tra i prati e, dopo il 27° tornante, si supera la zona di decollo dei deltaplani;
dopo un tratto durissimo si affronta il 28° ed ultimo tornante e, subito dopo, si sbuca sulla strada Cadorna che si
segue fino in vetta. La strada viene aperta in primavera verso fine aprile e i primi giorni di maggio dopo la
chiusura invernale dovuta alla neve.
La “Strada delle Malghe” (SP 141)
La strada collega la città di Pederobba con la Cima del Monte Grappa dopo circa 20 km di strada asfaltata in
alcuni tratti stretta e chiusa ai camion e ai pullmann. La strada attraversa il Monfenera-Monte Tomba e sale alle
malghe alte del Massiccio del Grappa, attraversa il Pian de la Bala e i Pianori di Ardosa e si immette sulla SP
140 circa 2 km prima del bivio della SP 140 con la SP 149. La strada viene aperta in primavera verso fine aprile
e i primi giorni di maggio dopo la chiusura invernale dovuta alla neve.
La strada “Direttissima”
Durante la guerra l’altra strada che veniva spesso usata era la carrareccia del Grappa, la strada “direttissima”
che iniziava da Crespano, arrivava al Santuario della Madonna del Covolo e poi con una serie fitta di tornanti e
serpentine arrivava in cima, venne costruita nello stesso periodo della Strada Cadorna.
Mulattiera militare di arroccamento, il Sentiero del Boccaor - Meatte
Il sentiero del “Boccaor-Meatte” (segnavia CAI n. 152) è una strada militare carreggiabile (in alcuni tratti è una
mulattiera lastricata) realizzata durante la Prima Guerra Mondiale nell'anno 1918 come strada di arroccamento
per assicurare i movimenti e per rifornire le truppe di prima linea. La mulattiera servi’ anche come valido punto
di appoggio per costruire teleferiche utilizzate per i rifornimenti e il trasferimento dei feriti in fondo valle e
verso la pianura. Gran parte dei trasporti, sia di materiali come di uomini, era affidata alle teleferiche: opere
ingegneristiche di elevata complessità che superavano i pendii più scoscesi. È un’opera ardita e ammirevole,
realizzata incidendo e forando le rocce strapiombanti del versante sud scosceso dei monti Boccaor e Meatte, è
un sentiero-cengia-balcone sulla testata della scoscesa Val di San Liberale che aggira le testate delle dirupate
vallette secondarie. Il sentiero è altamente panoramico con belle vedute verso la valle e la pianura sottostante ed
a volte esposto. Nei tratti più pericolosi è stato predisposto un cavo d'acciaio di protezione. Il sentiero inizia dal
pianoro di Pian de la Bala (il sentiero di guerra iniziava dal pianoro di Ardosa sotto la cima del Monte Grappa)
e inizia a salire come strada lastricata seguendo il profilo delle pareti sud del monte Boccaor, scorre in falso
piano con qualche tratto in leggera salita, attraversa le ardite pareti del massiccio, e, dopo aver attraversato
alcune gallerie e la parte più “impegnativa” del sentiero, giunge alla Sella delle Mure (1500 m), dopo essere
passati poco prima sotto il ponte tibetano della ferrata Sas Brusai che sale da San Liberale.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Santuario della Madonna del Covolo (Crespano del Grappa)
Il Santuario si trova a 600 metri, sulle pendici del Monte Grappa all'inizio della Valle di San Liberale. Verso la
metà del XII secolo, la Madonna è apparsa ad una pastorella sordomuta di Crespano che, sola al pascolo con le
pecore, durante un temporale si era rifugiata in una grotta (da qui il nome Covolo), dove stava pregando. La
Vergine le parlò e le disse di andare a Crespano per dire a tutti che in quel posto desiderava una cappella. La
ragazza, che aveva sentito per la prima volta nella sua vita, acquistò la voce e l’udito per fare quanto le era stato
ordinato. La prima cappella risale al 1300 e venne ampliata nel 1541 e nel 1605. L’attuale costruzione è opera
dell’architetto Antonio Canova di Possagno che realizzò il nuovo Santuario del Covolo dal 1804 al 1809, senza
demolire la precedente antica chiesetta, che sussiste ancora dietro l'abside incastonata nella roccia e costruendo
a sud un’elegante rotonda con atrio sostenuto da otto colonne di stile ionico. Canova sperimentò qui per la
prima volta le linee del Pantheon, realizzando un edificio neoclassico a pianta circolare, una "prova generale"
per il successivo Tempio di Possagno. Nel 1844 venne costruita l’attuale strada grazie al contributo di numerosi
gruppi di volontari provenienti da decine di paesi fra il Brenta e il Piave. Il Venerdì Santo dell’anno successivo
(1845) un masso si staccò dal Monte cadendo sul Santuario, distruggendo sacrestia e presbiterio. Fu ritenuto
miracoloso il fatto che la statua della Madonna, tuttora esposta presso l'altare maggiore, venne recuperata in
fondo alla valle intatta. Nella Valle detta della Madonna, poco a sud del Santuario, si trova la sorgente dei Tre
Busi: quest’acqua, da sempre oggetto di grande devozione, scaturì per facilitare i lavori di costruzione della
prima cappella. Nel 1927 nella Valle della Madonna (a sud del Santuario) venne inaugurata la scena sacra
dell'Apparizione della Madonna e sulle pendici del Monte Frontal fu formato il monogramma WM (Viva
Maria) con dei sempreverdi.
"Museo Diffuso del Grappa - dal Brenta al Piave"
Monte Palon
Il Monte Palon con i suoi 1306 metri sovrasta il Monte Tomba, il Monfenera e domina la linea del Piave fino al
Montello. In particolare la stretta di Quero, che fu zona strenuamente contesa durante la Battaglia d’Arresto
nella Prima Guerra Mondiale, diede modo al Monte Palon di far valere la sua posizione strategica: venne
trasformato in una vera fortezza, con postazioni d’artiglieria in caverna, postazioni di mitragliatrici fortificate,
postazioni di bombarde e di fotoelettriche, importantissimi osservatori e molto altro. Nella zona compresa tra la
cima del Monte Palon e Bocca di Forca erano situate numerose batterie italiane con il compito di difendere l'ala
orientale del Settore del Grappa. Lungo tutto il percorso sono chiaramente visibili numerosi resti di baracche,
trincee e caverne. Erwin Rommel (meglio noto come la “volpe del deserto” nella Seconda Guerra Mondiale),
era impegnato allora proprio in questo settore come tenente di un battaglione della Württemberg (inserito
nell’Alpenkorps) e tentò ripetutamente e inutilmente di prendere questa importante linea fortificata (come si
può apprendere dalle dettagliate relazioni nei suoi diari corredati da schizzi della zona). Egli stesso citava il
Monte Palon come osso duro da espugnare conferendogli l’attributo di “spina dorsale” della linea di difesa
italiana in quel tratto di fronte: infatti la posizione strategica del Monte Palon permetteva di tener sotto costante
osservazione le posizioni nemiche integrando l’azione delle artiglierie di cima Grappa su zone (non viste e non
battibili da questa) del tratto Tomba – Monfenera e dell’intera valle del torrente Ornic, oltre che alla stretta del
Piave. Per questo motivo intere divisioni Austro-Tedesche nella Battaglia d’Arresto nel novembre-dicembre del
1917, seguendo varie direttrici, cercarono di prenderlo invano. Il Monte Palon divenne, pertanto, la posizione
da cui l'artiglieria italiana riusci' a compromettere molte azioni nemiche. L'eccezionale e splendido lavoro
svolto dai volontari del Gruppo Alpini di Possagno permette oggi di visitare questo importantissimo caposaldo
completamente ripulito e risistemato in modo da poter camminare nelle trincee e nelle caverne e capire come
doveva essere quella guerra. Sono state risistemate tutte le postazioni di artiglieria, mitragliatrici e fucilieri, il
tutto arricchito da tanti cartelli tematici e storici esplicativi. I lavori sono stati resi possibili grazie al Programma
di Iniziativa Comunitaria Interreg III A Italia–Austria 2000–2006 il quale aveva come obiettivo il recupero
delle opere risalenti alla Grande Guerra.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Il Sacrario Militare Francese di Pederobba
Lungo la Strada Statale SS 348 “Feltrina” che porta da Treviso a Feltre è possibile vedere l'unico sacrario
militare francese della Grande Guerra. Si trova all'interno del Comune di Pederobba, vicino al corso del fiume
Piave e non lontano dalle pendici del Monte Tomba. Il sacrario ricorda la fratellanza militare italo-francese,
voluto dal Maresciallo Petain, venne inaugurato nel giugno 1937 in contemporanea a quello italiano di Bligny,
un monumento funebre nei pressi di Verdun (Francia) che raccoglie 3453 caduti italiani del II corpo d’armata
italiano morti in Francia sul fronte occidentale. Il Sacrario Militare Francese di Pederobba raccoglie i resti
mortali di 1000 soldati francesi appartenenti alla 47ª divisione Francese (erano truppe alpine, gli “Chasseurs des
Alpes”, “Cacciatori delle Alpi”) ai comandi del generale Dilleman che combattè aspramente e con successo sul
Monte Tomba (che riconquistò d'impeto il 30 dicembre 1917) e durante la fase iniziale della Battaglia di
Vittorio Veneto con il passaggio del Piave e l'attacco al Monte Perlo, sopra Valdobbiadene. Le salme dei caduti
vennero a suo tempo raccolte dai vari cimiteri di guerra esistenti presso le stesse zone in cui operarono le unità
francesi dal dicembre 1917 al novembre 1918. Tra il 1917 e il 1918 il contingente francese raggiunse circa
130.000 uomini e offrì un sostegno importante all'esercito italiano, soprattutto sulla dorsale del Monte Tomba. I
fanti francesi, assieme agli italiani, tra il 27 ed il 28 ottobre 1918, forzarono il Piave, liberarono Valdobbiadene,
conquistando poi il Monte Cesen. Il monumento antistante, rivolto al Piave, propone una particolare evocazione
della Grande Guerra: il gigantesco gruppo di statue in primo piano formato da due statue, la Madre Francia e la
Madre Italia, unite nel dolore, mentre sorreggono sulle ginocchia il loro Figlio morto. Oggi l'imponente sacrario
simile ad una surreale parete rocciosa rimane a costante ricordo del sacrificio dei giovani francesi che sul
Tomba e sul Piave persero la loro vita.
Il fiume Piave
Il Piave scorre interamente in Veneto nell'omonima valle (lunghezza 231,25 km). È noto in tutta la Penisola
come il "Fiume Sacro alla Patria" in memoria dei combattimenti di cui fu teatro durante la Prima Guerra
Mondiale. Il Piave nasce nelle Alpi Orientali e più precisamente nelle Alpi Carniche, alle pendici meridionali
del Monte Peralba, nel comune di Sappada, in provincia di Belluno, a quota 2037 m. La sua foce è nel Mar
Adriatico, a nord-est di Venezia, presso il porto di Cortellazzo fra Eraclea e Jesolo. È il quinto fiume d'Italia per
lunghezza fra quelli direttamente sfocianti in mare. Nel tratto pianeggiante il fiume perde molta della sua acqua
a causa dei prelievi idrici (lungo il suo corso sono stati costruite diverse dighe e sbarramenti e canali) e
dell'infiltrazione (il letto può allargarsi fino a diversi chilometri di larghezza). Nell'ultimo tratto il Piave è come
canalizzato, a seguito degli interventi dei Veneziani che ne deviarono il corso a est per salvare la laguna. Il
vecchio ramo del Piave esiste ancora oggi, giunge nei pressi della laguna di Venezia e si mescola con le acque
del Sile prima di sfociare nell'Adriatico tra i comuni di Jesolo e Cavallino Treporti. Noto per la turbolenza del
suo corso, il Piave fino a tutta l'età romana sfociava in corrispondenza dell'estremità settentrionale dell'odierna
Laguna di Venezia, unendo le proprie acque a quelle del Brenta e del Sile e raggiungendo il mare attraverso
l'odierno canale di San Felice in corrispondenza del porto di Lido. In seguito alla spaventosa alluvione di cui
parla lo storico Paolo Diacono del 589 il fiume deviò verso nord il tratto finale del proprio corso, sfociando
poco a sud di Jesolo, in corrispondenza dell'attuale foce del Sile, detta anche per l'appunto Piave Vecchia. A
partire dal 1642 la Repubblica di Venezia intraprese alcune opere idrauliche sul basso corso del fiume in modo
da allontanarne le acque dalla Laguna Veneta, ovviando così agli annosi problemi di interramento e di salubrità
ambientale. L'alveo originale (Piave Vecchia) venne utilizzato per accogliere le acque del Sile attraverso il
cosiddetto Taglio del Sile, mentre il Piave fu fatto sfociare in un'area paludosa a sud-est di Grisolera (l'attuale
Eraclea) detta Lago della Piave. Ma nel 1683, a seguito di una piena eccezionale, la cosiddetta Rotta della
Landrona portò il Piave a sfociare poco più a est di Cortellazzo. Il 5 ottobre 1935 una nuova alluvione avrebbe
portato il fiume nell'attuale foce, mentre il vecchio estuario andò a formare la Laguna del Mort.
Sotto la Repubblica di Venezia lungo il Piave venivano trasportati i grandi tronchi degli alberi segati nelle varie
foreste del Cadore necessari per la costruzione delle navi della flotta e per le opere di Venezia. I tronchi d'albero
arrivavano via acqua a Venezia e venivano raccolti nelle darsene e poi lavorate all'interno dell'Arsenale. A
Longarone esiste un museo che descrive il lavoro degli "zatterieri" del Piave nel corso dei secoli fino ai giorni
nostri.
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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La Canzone del Piave
La leggenda del Piave, conosciuta anche come la canzone del Piave, (inno nazionale italiano dal 1943 al 1946)
fu scritta nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), il quale
rinunciò ai diritti d'autore sulla canzone. La leggenda del Piave fu composta nel giugno 1918 subito dopo la
battaglia del Solstizio, e ben presto venne fatta conoscere ai soldati dal cantante Enrico Demma. L'inno
contribuì a ridare morale alle truppe italiane, al punto che il generale Armando Diaz inviò un telegramma
all'autore nel quale sosteneva che aveva giovato alla riscossa nazionale più di quanto avesse potuto fare lui
stesso: «La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!». Venne poi pubblicata da E. A. Mario il 20
settembre del 1918, a guerra ormai ultimata. Dal 1943 al 1946 la Canzone del Piave divenne l'inno nazionale
dello stato italiano. La melodia fu poi sostituita da Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli.
La Leggenda del Piave (Inno d'Italia dal 1943 al 1946 )
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: Non passa lo straniero!
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: Ritorna lo straniero!
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: Indietro va, o straniero!
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere futon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
La "Citta' degli Aironi" di Pederobba
(www.lipupedemontanatrevigiana.it)
"La Città degli Aironi" con sede presso l'ex stazione ferroviaria di Pederobba (tel. 3394683136) è un’oasi
naturalistica gestita dalla Lipu Pedemontana Trevigiana per conto dell'Amministrazione comunale di
Pederobba. Con sei ettari di bosco nel greto del fiume Piave, 121 specie di uccelli (nidificanti, svernanti,
migratrici, irregolari e accidentali), la “Città degli Aironi” (questo il nome della garzaia) è un’ampia area verde
situata sulle grave del Piave, tra la stretta di Quero e la Spiaggia di Pederobba a ridosso del Cementificio Rossi.
È meta di numerosi visitatori, birdwatchers, escursionisti, naturalisti, studenti e scolaresche che, guidati dagli
esperti della LIPU, possono carpire i segreti faunistici presenti nel Piave, ma soprattutto possono osservare da
vicino i comportamenti del "maestoso"Airone Cenerino e della Garzetta, aiutati da binocoli e cannocchiali che
la LIPU mette a disposizione dei visitatori. La Garzaia di Pederobba sita sul fiume Piave ai piedi del Monte
Grappa tra boschi, prati, siepi, risorgive, uno scrigno di biodiversità è considerata importante a livello europeo
per l'avifauna e la biodiversità. Nell'ambito delle ricerche IBA (Important Bird Areas) l'area è classificata di
importanza Europea per l'avifauna (Medio Piave). Sull'ampio letto del fiume Piave, tra i meandri dei corsi
d'acqua e le golene ricche di salici, pioppi ed ontani, si è insediato un numero consistente di aironi formando, da
oltre 15 anni, una Garzaia nella quale nidificano circa 100 coppie di Airone Cenerino e 28-30 coppie di
Garzetta. Nel periodo migratorio si possono osservare specie molto rare come la Cicogna nera, la Cicogna
bianca, il Falco pescatore e numerosi Falchi Cuculo. Il ‘Centro di Educazione Ambientale - Centro Visite’ è
sempre aperto al pubblico. Le visite guidate sono gratuite. All'interno sono presenti aule didattico-museali,
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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un'aula audiovideo e una fornita biblioteca naturalistica. Dal Centro è possibile visitare la Garzaia e percorrere
quattro percorsi naturalistici (i sentieri sono tutti mantenuti dai volontari della LIPU Pedemontana Trevigiana).
Ricordiamo che questa zona dove sorge la Città degli Aironi è stata da sempre una zona di passaggio poichè è
uno sbocco dalle montagne alla pianura, in periodo romano si ritiene che questa fosse una importante zona di
transito, visto il passaggio della via Claudia Augusta Altinate, forse coincidente con l'attuale strada statale
Feltrina. Questa zona importante ebbe un grande sviluppo agricolo con la costruzione della Brentella (è il
canale che si attraversa proprio di fronte alla stazione ferroviaria di Pederobba), canale artificiale realizzato
sotto la Serenissima che, prelevando le acque dal Piave, contribuisce ad irrigare la pianura sottostante,
altrimenti arida e sterile.
Note su film e siti web sulla Prima Guerra Mondiale
Siti storici su internet sulla Prima Guerra Mondiale:
www.cimeetrincee.it (vedere la sezione “links” dove sono riportati tantissimi link di altri bellissimi siti)
www.guerrabianca.net
www.museodellaguerra.it
www.it-au-1915-1918.com
www.lagrandeguerra.net
www.lagrandeguerra.too.it
www.firstworldwar.com
www.kaiserjaeger.com
www.esercito.difesa.it
www.worldwar1.com/itafront
www.artiglieria.net
film e documentari:
“All'ovest niente di nuovo” (All Quiet on the Western Front) film del 1930 USA, premio Oscar
“Orizzonti di Gloria”, regia di Stanley Kubrick, 90 min., USA 1957, premio Oscar
“La Grande Guerra”, regia di Mario Monicelli, 130 min., Italia Francia 1959, Leone d’Oro di Venezia
“Uomini contro”, regia di Francesco Rosi, Italia 1970
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, regia di Delbert Mann, 128 min., USA 1979
La grande illusione, regia di Jean Renoir, Francia 1937
I recuperanti, regia di Ermanno Olmi, Italia 1969
Mata Hari, regia di George Fitzmaurice, 89 min., USA 1931
Gli anni spezzati, regia di Peter Weir, 107 min., Australia 1981
La Grande guerra sull'altopiano di Asiago, regia di Andrea Koslovic, 79 min., Italia 1990
Caporetto 1917: dall'Isonzo al Piave, l'ultimo volo delle aquile imperiali, Enrico Folisi, 60 min., Italia
Alpini, schutzen e kaiserjager nella Grande guerra : vivere e morire in alta quota, Enrico Folisi, 30 min., Italia