Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
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Traversata da Cima Grappa al fiume Piave
Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 1 Club Alpino Italiano Sezione di Padova Commissione per l’Escursionismo Domenica 25 Maggio 2014 Ricordando la Grande Guerra << Traversata da Cima Grappa al fiume Piave >> (EE) Commissione Escursionismo - Gruppo Naturalistico Culturale Conduttori dell’escursione: aiuto-AE GNC Antonio Di Chiara - ASE Pierpaolo Franco - GNC Dino Minotto aiuto-AE GNC Paolo Podestà – GNC Massimo Scarpa - GNC Eloisa Di Sipio GNC Alberta Veronese – AE Renato Beriotto – ASE Roberta Bettini Grado di difficoltà del percorso: EE Località di partenza: Piazzale del Museo Storico di Cima Grappa (1714 m) Località di arrivo: Sacrario Militare Francese di Pederobba (193 m) Dislivello complessivo in salita : 200 m Dislivello complessivo in discesa : 1800 m Lunghezza del percorso : 24 Km Quota massima raggiunta : 1775 m Cima Grappa Durata complessiva dell’escursione : 9:00 ore Orario di partenza da Padova : ore 6:00 Orario di rientro previsto a Padova : ore 22:00 Segnavia del percorso Presenza di acqua potabile lungo il percorso: Rifugi e altre strutture d'appoggio: Sentiero con segnavia CAI num. 156, 152, 212, 221, sentieri ben marcati, strade forestali Rifugio Bassano, Rifugio Pallone, Osteria alle Betulle, Trattoria Bastian, Pederobba Rifugio Bassano, Rifugio Pallone, Malga Barbeghera, Malga Miet, Osteria alle Betulle, Trattoria Bastian nella scala 1:25000 Cartografia: Edizioni Tabacco, Foglio n. 51 (<< Massiccio del Grappa, Bassano, Feltre >>) Equipaggiamento necessario: Scarponi con suola ben marcata, sono vietate assolutamente le scarpe da ginnastica; abbigliamento adatto alle condizioni e alla stagione in corso. Consigliati i bastoncini telescopici. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 2 Accettate con spirito di collaborazione quanto suggerito dai Conduttori dell'escursione e restate uniti alla comitiva di cui fate parte evitando “fughe” e “ritardi inutili”. Evitate, senza autorizzazione od avviso, percorsi diversi da quelli stabiliti e non create situazioni difficili e pericolose per la vostra ed altrui incolumità. Ricordate che il CAI propone la filosofia del “camminare di qualità”, cioè non inseguendo la performance o - tanto meno - la “lotta con l'Alpe”, ma ricercando la natura e la cultura dei luoghi. Rispettate la natura e non uscite dai sentieri; passate all'interno o vicino alle proprietà private mantenendo un comportamento civile e cortese. Non raccogliete fiori, vegetazione di varia natura od altro e non gettate od abbandonate rifiuti. Rispettate la montagna. Durata complessiva dell’escursione proposta e descrizione sintetica della stessa: 9:00 ore circa, così suddivise: tempo parziale km Descrizione della tappa (ore) dal piazzale del Museo Storico della Guerra 1915-18 (1714 m) fino al parcheggio sommitale di Cima Grappa (1745 m) dopo aver attraversato tutto il Sacrario salendo dalla gradinata di visita ingresso al Sacrario Italiano e passando per la Chiesetta della Madonnina del Grappa, la "Via Eroica", il "Portale Roma" e il Sacrario Austroungarico; dal parcheggio sommitale di Cima Grappa fino alla Croce dei Lebi (1571 m) per il sentiero 0:40 2,00 con segnavia CAI num.156; dalla Croce dei Lebi fino al Pian de la Bala (1381 m) in corrispondenza dell'inizio del Sentiero 0:40 1,80 del Boccaor per sentiero segnato e per strade carrozzabili; dall'inizio del Sentiero del Boccaor fino alla Sella delle Mure (1500) per il sentiero con 1:00 1,40 segnavia CAI num.156; dalla Sella delle Mure fino alla strada SP141 (1445 m) in prossimita di Malga Vedetta per il 1:00 2,00 sentiero con segnavia CAI num.156; 0:10 0,30 dalla strada suddetta fino alla Chiesetta di Cima Mandria (1482 m) per stradina carrozzabile; dalla chiesetta suddetta fino all'incrocio con la strada asfaltata della Val di Archeset in località 0:20 0,70 Bocca di Forca (1402 m) per il sentiero con segnavia CAI num. 212; 0:30 1,10 da Bocca di Forca fino a Cima Palon (1305 m) per il sentiero con segnavia CAI num.212; 0:10 0,50 da Cima Palon fino a Cima Pallone (1210 m) per il sentiero con segnavia CAI num.212; 0:15 0,70 da Cima Pallone fino a Malga Barbeghera (1200 m) per strada carrozzabile; da Malga Barbeghera fino alla dorsale del Monte Tomba in corrispondenza della stradina 1:00 3,00 asfaltata che porta a Malga il Doc (860 m) per sentiero nel prato e sentiero marcato nel bosco che si sviluppa alle pendici settentrionali di Castel Cesil; dall'inizio della dorsale del Monte Tomba fino al Monte Tomba (860 m) per strada asfaltata e 0:15 1,10 poi per sentiero marcato sulla dorsale; dal Monte Tomba fino all'inizio del sentiero con segnavia CAI num. 221 (712 m) passando 0:30 1,80 vicino all'Osteria alle Betulle seguendo la SP141 nella zona del Monfenera; dall'inizio del sentiero suddetto fino alla Chiesa di San Sebastiano (428 m) seguendo il sentiero 1:20 3,70 con segnavia CAI num.221 che attraversa ripetutamente la strada SP141 del Monfenera che sale da Pederobba; dalla Chiesa di San Sebastiano fino all'arrivo a Pederobba su via Roma (220 m) seguendo il 0:40 2,00 sentiero con segnavia CAI num. 221 e la strada SP141; da Pederobba fino al parcheggio del Sacrario Francese sulla strada statale Feltrina (193 m) 0:15 0,90 seguendo Via Roma e Via Fratelli Stramare; dal Sacrario Francese col pulmann si attraversa la strada statale Feltrina e dopo un centinaio di 0:05 0,30 metri si prende la strada a destra che porta alla Stazione Ferroviaria di Pederobba (170 m); dalla Stazione Ferroviaria di Pederobba fino alla riva destra del fiume Piave (165 m) seguendo 0:10 0,70 il sentiero naturalistico della "Città degli Aironi"; Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 3 Profilo altimetrico dell’escursione: 2000 1800 1600 (metri) 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 0:01 0:15 1:20 2:30 3:00 3:30 3:30 4:30 tempi di percorrenza (ore) 6:00 7:00 8:30 9:00 L'escursione proposta è una lunga traversata che vuole collegare tra loro due luoghi simbolo della Prima Guerra Mondiale in occasione del centenario del suo inizio. L'escursione vuole avere un significato storico e si propone di ricordare tutti i caduti di quella lontana guerra, di tutti i popoli e di tutte le nazioni, e che oggi sarebbero cittadini dell'Europa Unita. Il percorso inizia dal parcheggio di Cima Grappa, dopo una visita del Sacrario si segue il primo tratto della catena dei Salaroli per poi scendere nel sottostante Pian de la Bala. Da qui si sale sul bellissimo sentiero di arroccamento Boccaor-Meatte (che ricorda la "Strada delle Gallerie" del Monte Pasubio) e si prosegue sempre con un sentiero a mezza costa affacciato come un balcone sul versante meridionale del massiccio del Grappa, con continui panorami aperti sulla pianura del Veneto e del Friuli, con sullo sfondo in lontananza i riflessi del mare Adriatico. Il percorso arriva alla Chiesetta di Cima Mandria e poi in discesa per prati arriva alla Cima Palon dove il sentiero scorre affianco alle trincee italiane dell'antico caposaldo risistemate di recente dal Gruppo ANA degli Alpini di Possagno. Arrivati alla grande Croce del Monte Pallone il sentiero prosegue verso la malga Barbeghera per poi da qui scendere per prati agli inizi del bosco sottostante. Il sentiero attraversa il bosco ed esce sui prati in corrispondenza della dorsale del Monte Tomba seguendo la ampia sommità prativa. Dal monumento del Monte Tomba il sentiero segue rettilineo lungo la strada asfaltata del Monfenera fino alla prima curva a destra dove si lascia la strada e si prosegue dritti nel bosco lungo il sentiero CAI num. 221 del Monfenera. Il sentiero scende lungo il versante meridionale del Gruppo del Monfenera immerso nei celebri castagneti secolari, attraversando di continuo in diversi punti il tracciato della strada asfaltata che scende al paese di Pederobba. Poco prima di arrivare a Pederobba il sentiero passa per la Chiesetta di San Sebastiano con bel panorama sul sottostante fiume Piave. Il sentiero arriva infine sul corso principale di Pederobba, da qui si prosegue verso sinistra seguendo il corso principale e poi la strada che porta al Sacrario Militare Francese di Pederobba sulla strada statale per Feltre dove si trova il pullman. Dal Sacrario Francese col pulmann si attraversa la strada statale Feltrina e dopo solo un centinaio di metri si prende il primo bivio a destra che scende alla Stazione Ferroviaria di Pederobba. Si scende alla stazione e si segue un sentiero che porta alla “Città degli Aironi”, l'oasi della LIPU sulla riva destra del fiume Piave (poco oltre il grande cementificio) dove si ha modo di rinfrescarsi sulle acque del fiume. Percorso stradale completo: Padova – Cima Grappa (75 km): Padova – Bassano del Grappa – Romano d'Ezzelino – Romano Alto - Campo Solagna - Cima Grappa. Altitudini sul livello del mare (altezza s.l.m.) di alcuni luoghi attraversati dal percorso stradale: Padova (12 m) – Bassano del Grappa (133 m) – rifugio Bassano su Cima Grappa (1745 m). Partenza in pullman da Padova (ore 6:00 dal piazzale <<Azzurri d’Italia>> antistante il Palazzetto dello Sport all’Arcella) per Bassano del Grappa lungo la SS 47 della Valsugana, deviazione per Romano d'Ezzelino, da qui seguire le indicazioni per Cima Grappa (“Strada Cadorna”) lungo la SP 148 e poi SP 149. L’arrivo al punto di partenza dell’escursione è previsto per le ore 8:00 – 8:30 circa. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 4 Descrizione dettagliata dell’itinerario L'escursione ha inizio dal piazzale del parcheggio di Cima Grappa nello slargo (1714 m) dove si trovano il Museo Storico della Grande Guerra e la "Galleria Vittorio Emanuele III", pochi metri sotto il rifugio Bassano. Da qui ci si dirige in leggera salita lungo la stradina che conduce verso sud alla scalinata di ingresso del Sacrario. Si salgono le gradinate dei 5 gradoni del Sacrario e si arriva in cima alla chiesetta con la "Madonnina del Grappa" (1754 m), all'inizio della "Via Eroica". Si percorre la "Via Eroica" e si arriva al "Portale Roma". Dal "Portale Roma" ci si dirige verso nord verso l'Ossario Austroungarico. Da qui si scende per una lunga gradinata al piazzale sommitale del parcheggio delle auto situato poco sopra al rifugio Bassano (1745 m). Dal parcheggio si segue adesso il sentiero con segnavia CAI num. 156 (Altavia num. 8, “A.N.G. Anello Naturalistico del Grappa”) che conduce verso la Catena dei Salaroli e che passa a mezzacosta sotto il vecchio edificio della ex-caserma Nato (posto sul luogo piu' alto del Massiccio del Grappa, 1776 m, luogo chiamato la “Nave” per la forma che ha guardandolo dai colli sottostanti che si trovano a nord). Si segue il comodo sentiero che nel primo tratto è una comoda strada carrozzabile (mulattiera) per circa 1,7 km fino ad arrivare ad un bivio con le indicazioni a destra per la Croce dei Lebi (1620 m, 0:25 ore dalla partenza). Si lascia la strada e, sempre seguendo il sentiero con segnavia CAI num.156, si scende di un centinaio di metri fino ad arrivare alla Croce dei Lebi (1571 m, 0:40 ore dalla partenza) dove si trova il bivio con il sentiero che scende nella Val delle Mure. Durante la guerra l'esercito italiano era arroccato sulla cresta dei Salaroli e attraverso la Val delle Mure venivano trasportati sotto il fuoco nemico sia i rifornimenti che i feriti. Si segue proprio quest'ultimo sentiero che scende verso destra per prati fino ad arrivare alle rovine del Casone Val di Melin (1487 mt), da qui si scende per la strada carrozzabile fino al parcheggio del Pian de la Bala (1387 m) dove si trova il Crocifisso di legno del “Cristo del Boccaor”. Dal parcheggio ci si dirige verso sud per un centinaio di metri fino a trovare sulla sinistra le indicazioni per i sentieri con segnavia CAI num. 151 (che scende nella Valle del Lastego nella sottostante Valle di San Liberale) e con segnavia CAI num. 152 (sentiero A.N.G.). Si seguono le indicazioni del sentiero con segnavia CAI num. 152 e dopo un centinaio di metri si arriva all’inizio della strada militare di arroccamento che costeggia il versante sud del Monte Boccaor e successivamente del Monte Meatte (1381 m, 1:20 ore dalla partenza). Dalla Croce dei Lebi si diparte anche un'altro sentiero che scende in Val delle Mure e termina proprio a Pian de la Bala. Questo sentiero scende dalla Croce dei Lebi verso sinistra e per prati (seguendo un antico tracciato segnato con tracce di vernice di colore giallo poste sulle pietre ai lati) termina vicino al Crocefisso di legno del Boccaor e sulla SP141 in prossimita' della trincea del Boccaor a una decina di metri dall’inizio della omonima strada di arroccamento. Si percorre il tracciato lastricato di questa bellissima strada militare (che ricorda la “Strada delle 52 Gallerie” del Monte Pasubio), tutta scavata nella roccia (del Sass Brusai), che con una serie di curve e gallerie segue il profilo delle pareti del versante meridionale della montagna a precipizio sulla sottostante Valle di San Liberale. La strada è dotata nei punti piu’ esposti di una ringhiera metallica di protezione. Poco prima della fine della strada militare si transita sotto il ponte aereo della via ferrata del Sass Brusai che sale dalla valle sottostante. Dopo un centinaio di metri si arriva a quota 1500 m alla Sella delle Mure (2:20 ore dalla partenza) dove termina la strada militare lastricata. In corrispondenza di questa selletta si trovano delle indicazioni per alcuni sentieri interessanti da un punto di vista storico: un sentiero ridiscende giu’ in direzione nord nella sottostante Valle delle Mure seguendo il tracciato della mulattiera militare delle Meatte, mentre sulla sinistra si stacca il sentiero che in salita percorre la trincea che porta sulla cima del Boccaor (1532 m). La trincea segue il crinale del Monte Boccaor fino ad arrivare in cima al monte per poi scendere alla strada delle malghe al Pian de la Bala, questa era la estrema linea di difesa, questa trincea era stata predisposta nel caso fosse stata superata la prima linea. L’approvvigionamento idrico per le truppe fu assicurato da appositi impianti. Grandi serbatoi furono costruiti in caverne: contenevano fino a duecentomila litri d’acqua e dovevano assicurare un rifornimento alle truppe di oltre un milione di litri d’acqua al giorno. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 5 Si continua sempre sullo stesso sentiero con segnavia CAI num. 152 e pochi metri dopo la Sella delle Mure in corrispondenza di una curva del sentiero verso destra si trova una rara fonte di acqua e delle vasche scavate nella roccia (sempre costruite durante la Prima Guerra Mondiale), si continua a costeggiare il versante sud del massiccio proseguendo a mezzacosta sotto il sovrastante Monte Meatte. Poco piu’ avanti in una zona con alcuni alberi e in prossimita’ di una curva verso sinistra si puo’ vedere sulla destra e staccato dal sentiero una traccia di sentiero che conduce ad un antico osservatorio italiano ricavato su uno sperone roccioso a precipizio sulla sottostante Valle di San Liberale. Il sentiero continua a mezzacosta seguendo il profilo del versante meridionale del massiccio, supera (lasciandolo sulla destra) il sentiero con segnavia CAI num. 153 che scende nella Valle di San Liberale, e si arriva ad un bivio dove sulla sinistra si trova la stradina che conduce alla vicina Malga Archeson (1441 m, 2:50 ore dalla partenza). Si continua sempre lungo il sentiero num. 152 che da qui continua in leggera salita con una serie di tornanti e curve (alcuni ricoveri in caverna e cisterne di acqua, “Cisterna Archeson” e una piccola fontanella) sempre lungo il ciglio del massiccio fino ad arrivare sulla strada asfaltata della SP 141 del Grappa (1445 m, 3:20 ore dalla partenza). Alla vicina Malga Vedetta (che si vede poco piu' in basso della strada) durante la prima guerra mondiale arrivava una importantissima teleferica italiana e vicino alla malga si possono ancora vedere dei resti. Si attraversa la strada provinciale SP141 (è la “Strada delle Malghe” che collega Pederobba col Monfenera, con la Val delle Mure e arriva sotto il Sacrario del Grappa in località Piani di Ardosa) e si prosegue sulla stradina asfaltata di fronte che conduce in leggera salita alla chiesetta su Cima Mandria (1482 m, 3:30 ore dalla partenza) seguendo il sentiero con segnavia CAI num. 212. Da qui si scende sempre lungo il sentiero con segnavia CAI num. 212 dapprima lungo il ripido pendio erboso e poi lungo una cresta erbosa per circa un chilometro fino ad arrivare alla strada asfaltata in località Bocca di Forca (1402 m, 3:50 ore dalla partenza). Si attraversa la strada e si prosegue sempre sul sentiero num. 212 che continua dapprima in salita per prati e poi in discesa lungo un ripido pendio erboso (seguendo il recinto del bestiame) fino ad arrivare alla Cima Palon (1305 m, 4:20 ore dalla partenza). Da Cima Palon il sentiero segue in discesa parallelo alle linee delle trincee italiane (si puo’ scendere anche camminando dentro le trincee) fino ad arrivare al rifugio-bivacco degli Alpini costruito ai piedi della Croce del Monte Pallone (1210 m, 4:30 ore dalla partenza) e gestito dagli Alpini di Possagno, che hanno curato lo splendido restauro delle trincee del Palon. Da qui si prende la ampia strada carrozzabile che prosegue in direzione nord verso la Malga Barbeghera (1200 m, 4:45 ore dalla partenza). Dalla malga si scende in direzione sud-est lungo una strada sterrata che scende al prato sottostante (parallela per un tratto alla soprastante strada appena percorsa dalla Croce del Monte Pallone), alla fine di questo tratto di strada, dopo un ampio tornante sulla sinistra, si esce sul pendio prativo dove si trova il sentiero marcato che scende per un breve tratto ripidamente con una serie di curve lungo il prato per entrare infine nel bosco sottostante. Il sentiero nel bosco dopo un primo tratto sassoso e stretto diventa piano piano una strada che scende dolcemente a mezza costa lungo le pendici nord del Monte Castel Cesil e termina su un’altra strada forestale che conduce infine alla strada asfaltata (860 m, 5:45 ore dalla partenza) che porta a destra alla vicinissima Malga Miet (la antica Osteria del Monfenera, nelle vicinanze c'e' anche Malga Doc). Si prosegue verso sinistra lungo la strada asfaltata e dopo una decina di metri si trovano sulla destra delle indicazioni per il sentiero che scorre sulla dorsale prativa del Monte Tomba. Si prosegue sui prati della ampia panoramica dorsale pianeggiante fino ad arrivare al monumento sulla Cima del Monte Tomba (860 m, 6:00 ore dalla partenza). Sul Monte Tomba si trova una grande Croce a ricordo dei Caduti Italiani e Francesi e una suggestiva corona di pennoni di bandiera, una per ogni nazione impegnata nella guerra. Da qui si prosegue in discesa seguendo la stretta strada asfaltata SP141 che attraversa la zona del Monfenera in direzione est passando affianco all'osteria alle Betulle (712 m, 6:30 ore dalla partenza). Da qui si prosegue ancora per un centinaio di metri lungo la strada asfaltata fino ad arrivare al suo primo tornante verso destra, qui sul lato sinistra della strada si stacca il sentiero con segnavia CAI num. 221 che conduce a Pederobba. Si lascia la strada asfaltata e si prosegue dritti lungo l'ampio sentiero CAI num. 221 del Monfenera che attraversa in Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 6 questo primo tratto uno splendido e alto bosco. Il sentiero con segnavia CAI num. 221 scende lungo il versante meridionale del Gruppo del Monfenera passando attraverso splendidi boschi di castagni (rinomati sono i marroni del Monfenera, ci sono anche alcuni castagneti anche secolari). Si continua per circa 1,2 km lungo questo sentiero che è una ampia strada carrozzabile immersa in un alto bosco, fino ad arrivare ad alcuni recinti di proprietà private sulla sinistra, si costeggiano i recinti delle palizzate alla sinistra e si arriva, infine, ad una malga e ad uno slargo prativo dove si trova un Crocifisso piccolo di legno e un alto traliccio. Da qui il sentiero piega bruscamente a destra ad angolo retto e scende per un breve tratto di prato ripido fino al sentiero sterrato sottostante (sempre il sentiero con segnavia CAI num. 221). Si continua in discesa e si arriva di nuovo sulla strada asfaltata SP141 che scende a Pederobba. Proseguendo lungo la strada asfaltata in discesa per circa un centinaio di metri si trovano sulla destra le indicazioni (precedute da alcuni segni colorati sull'asfalto, delle frecce verdi e rosse) per il rientro del sentiero del bosco. Nota: prima di rientrare di nuovo nel bosco si puo' proseguire ancora lungo la strada per una decina di metri fino ad arrivare al tornante della strada dove si ha forse il piu' bel panorama sulla stretta del Piave tra Pederobba e Valdobbiadene con il Piave in basso e il Monte Cesen di fronte. Il sentiero attraversera' piu’ volte e di continuo in diversi punti il tracciato di questa strada asfaltata SP141 che scende al paese di Pederobba, ogni volta che attraversa la strada si trovano dipinte sull'asfalto una serie di frecce verdi e rosse che conducono al successivo punto di ingresso del sentiero nel bosco ai margini della strada. Il sentiero arriva pertanto dopo alcuni attraversamenti della strada al colle con la chiesetta di San Sebastiano (428 mt, 7:50 ore dalla partenza), nei pressi della quale si trova una sottostante galleria militare (chiusa al pubblico), recentemente ripristinata, che fora da parte a parte la montagna e si affaccia a precipizio sulla valle del Piave che guarda la stretta di Quero (postazione d’artiglieria nella Grande Guerra). La chiesetta venne costruita nel XV secolo come voto dei Pederobbesi a San Sebastiano per salvarli dalla terribile peste di quegli anni. Nel 1848 qui si verifico' una resistenza da parte della polazione di Pederobba che cerco' di impedire il passaggio delle truppe austriache che andavano in aiuto del generale Radetzky rintanato nel quadrilatero. Purtroppo i patrioti non riuscirono a vincere il nemico e furono uccisi (tra cui i fratelli Stramare) e il paese di Pederobba distrutto. La chiesetta venne distrutta dalla guerra nel novembre del 1917. Venne ricostruita molti anni dopo nel 1969 e dedicata a tutti i caduti della Prima Guerra Mondiale. Si scende dalla chiesetta e si arriva al ristorante sottostante Trattoria Bastian con ampio e bel panorama sulla zona di pianura dove scorre il fiume Piave, e piu’ precisamente su tutta la zona dove si sviluppo’ la controffensiva del Piave nella Grande Guerra. Si ritorna sulla strada asfaltata e in discesa alle prime frecce segnate verdi-rosse segnate sull'asfalto si lascia la strada e si riprende il sentiero. Dopo la seconda uscita dal bosco si prosegue per circa 1,4 km lungo la strada asfaltata in discesa per avere modo di vedere dei bei panorami sulla piana di Pederobba e del Piave che altrimenti non si vedrebbero proseguendo nel bosco (il sentiero num. 221 termina nel bosco dietro l’Ospedale di Pederobba vicino ad una chiesetta). Si arriva sul corso principale di Pederobba (via Roma) ai cui lati si sviluppa tutto il paese (220 mt, 8:40 ore dalla partenza). Arrivati su via Roma si prosegue verso sinistra seguendo sempre la strada, dopo una curva verso destra e poi una verso sinistra si arriva ad uno slargo dove sulla sinistra si vede il nome della via Molinetto e sulla destra il nome della via Fratelli Stramare. Nota: se si seguisse Via Molinetto si arriverebbe dopo un breve e ripido tratto in discesa ad un bivio finale da cui scendendo per la strada di destra si arriverebbe sulla strada SR 348 "Feltrina" esattamente di fronte alla stradina che scende alla Stazione Ferroviaria di Pederobba (0,4 km) che è la meta finale dell’escursione. Anzichè proseguire per Via Molinetto andiamo verso destra lungo via Fratelli Stramare che porta alla strada statale “Feltrina” e dopo 0,4 km arriviamo al parcheggio del Sacrario Militare Francese di Pederobba dove si ritrova il pullman. Dal Sacrario Militare Francese col pulmann ci si immette sulla strada statale “Feltrina” in direzione di sinistra verso Feltre e dopo solo 300 m il pulmann si accosta allo slargo della prima stradina a destra che conduce alla Stazione Ferroviaria di Pederobba (sulla linea ferroviaria Padova-Calalzo) (170 m), si scende dal pullmann e si Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 7 scende lungo questa stradina fino ad arrivare alla stazione ferroviara di Pederobba. Avendo le spalle alla stazione si prende il sentiero sulla destra (chiuso da una sbarra e con la scritta “percorso”) che porta alla “ Città degli Aironi “ (l'Oasi della LIPU sulla riva destra del fiume Piave) (220 mt, 8:50 ore dalla partenza). Si segue il corso della Brentella (il canale artificiale realizzato sotto la Serenissima che, prelevando le acque dal Piave, contribuisce ad irrigare la pianura sottostante, altrimenti arida e sterile), si passa affianco alla grande costruzione dell'ENEL e poi sotto il ponte della ferrovia e si arriva al piazzale antistante il grande cementificio Rossi, da qui si prende il sentierino di fronte che porta all'oasi della LIPU e alla sponda destra del fiume Piave dove si ha modo di rinfrescarsi sulle acque del fiume (165 mt, 9:00 ore circa dalla partenza). Si ritorna al piazzale antistante il cementificio dove si ritrova il pulmann e dove ha termine l’escursione. Numeri telefonici utili di enti e strutture e rifugi della zona dell’escursione: Soccorso Alpino Soccorso Alpino di Crespano del Grappa Comunità montana del Grappa Via Molinetto 15/17 Crespano del Grappa (TV) Rifugio Bassano (www.cimagrappa.it) nel sito ci sono 4 webcam in tempo reale che fanno vedere il massiccio del Grappa dal tetto del rifugio MUSEO STORICO DELLA GUERRA 1915 - 1918 (presidio dell'Esercito Italiano, Direzione Sacrario Militare di Cima Grappa) Bar ristorante pensione Camposolagna Bar ristorante Ponte San Lorenzo Bar ristorante Baita Monte Asolone Val dea Giara Osteria Cibara Rifugio Scarpon Rifugio Bocchette (www.rifugiobocchette.com) Albergo Forcelletto Bar ristorante Al Puppolo (www.alpuppolo.com) Albergo Campo Croce Agriturismo Baita Camol (www.baitacamol.it) Rifugio Ardosetta (www.rifugioardosetta.it) agriturismo Malga Valvecia agriturismo Malga Mure agriturismo Malga Cason del Sol agriturismo Malga Domador aula verde didattica Valpore (Associazione Monte Grappa) agriturismo Malga Archeson Malga Vedetta agriturismo Malga Archeset Malga Camparoneta Malga Paradiso Malga Camparona agriturismo Malga Il Piz Malga Barbeghera Malga Miet Osteria Monfenera Osteria alle Betulle Trattoria San Bastian 118 0423-538741 0423-53036 0423-53101 0423-544840 0424-556197, 0424-556000 0424-559034, 0424-80454 0424-559000 0424-559063 347-4794653, 340-3403773 0439-075323, 338-6817136 0439-44149, 349-8850800 0423-561824 0423 538400 0423-567910 0423-538131, 366-5348843 338-4804229 0423-560062, 0423-538470, 320-7748386 0423-563368 0439-779276 340-6996889 0423-538470, 320-3617173, 049-8889010, 338-7508532 0423-567266, 339-8472183 348-5616706, 335-5245575, 329-1880128 0423-53545, 0423-538515 0439-779189 0423-563644 0423-697705 339-3787890 0423-69042 Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 8 Appunti e note dell’Escursione Il Massiccio del Grappa Il Massiccio del Grappa, culminante a 1776 m di quota con Cima Grappa, è profondamente inciso dalle valli torrentizie/glaciali di Seren del Grappa, di Alano e Schievenin-Mure, della valle San Liberale, della valle di Santa Felicita e della Val Cesilla. La sua origine, circa dieci milioni di anni fa è da attribuire allo scontro tuttora in atto - fra la zolla del continente africano e quella europea che ha innalzato strati di calcare dolomitizzato, biancone e Scaglia Rossa. L'origine del nome non è ben definita, si sa che si chiamava "Alpe Madre". E’ un altopiano carsico, prativo, ricco di pascoli e scarsamente popolato poiché privo di risorse di acque (tutte assorbite nel sottosuolo), non vi sono nè fiumi nè laghi e nel corso della Prima Guerra Mondiale per l’approvvigionamento idrico per i soldati si usavano cisterne e complessi sistemi di pompaggio dalla pianura. La storia della Prima Guerra Mondiale sul Massiccio del Grappa Prima della Prima Guerra Mondiale il Massiccio del Grappa non era "famoso", era un altopiano prativo disabitato, la sua fama è dovuta alla Prima Guerra Mondiale, perchè dopo la disfatta di Caporetto l'esercito italiano dovette ripiegare sul fiume Piave e sul Massiccio del Grappa, che erano dei luoghi dove non era stata prima approntata alcuna fortificazione difensiva perchè il fronte della guerra era molto lontano, scorreva, infatti, sull'Isonzo e sulle Dolomiti. Il fiume Piave e il Massiccio del Grappa (che rappresentava il nodo di saldatura fra la linea del Piave e quella degli Altopiani Asiago, Tonezza, Pasubio) divennero subito i baluardi difensivi superati i quali l'Austria avrebbe avuto accesso alla pianura veneta. Il Piave e il Grappa divennero il simbolo della resistenza e del sacrificio e furono anche i luoghi da dove parti' la controffensiva finale italiana che pose termine alla guerra (la “Battaglia di Vittorio Veneto”). Il massiccio del Grappa allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si presentava ancora come una zona di prati e pascoli, disabitata, i confini della guerra erano infatti lontani, sul Pasubio, sull'Altopiano di Asiago, sui Lagorai e sulle Dolomiti e sull'Isonzo. Solo nel 1916, un anno dopo l'inizio della guerra, sali' sulla cima del Monte Grappa il generale Luigi Cadorna, ivi sostò a lungo pensoso ed ebbe la “preveggenza” di pensare di fortificare il Massiccio del Grappa (considerava il monte Grappa come perno di una eventuale difesa arretrata per le sue funzioni naturali di raccordo fra l’altopiano di Asiago e il corso del Piave nel settore di pianura). Infatti, se doveva succedere qualcosa di disastroso sul fronte dell'Isonzo, l'esercito italiano doveva ripiegare dapprima sulla prima linea difensiva del fiume Tagliamento e successivamente su quella del fiume Piave, ma tra il fiume Piave e l'Altopiano di Asiago si trovava il Massiccio del Grappa che in quel periodo era completamento sguarnito di qualunque sbarramento difensivo. In caso di un rovescio militare sull'Isonzo la linea difensiva italiana doveva essere arretrata sul Massiccio del Grappa e sul fiume Piave. Cadorna aveva intuito la necessità di armare a difesa il massiccio del Grappa, con una matita tracciò su una carta topografica il segno di una strada da realizzare che dalla pianura arrivava alla cima del monte, affidando al colonnello Dal Fabbro, comandante del genio delle truppe degli Altipiani, il compito di dar attuazione al disegno (ordino’ anche la costruzione di due teleferiche e un impianto idrico). In origine essa doveva servire all’armamento del settore occidentale del massiccio. Il 7 ottobre 1917 (soltanto due settimane prima dell'imminente disastro di Caporetto) il generale Cadorna poteva inaugurarla percorrendola in automobile sino quasi fino alla vetta del monte. Dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) il Massiccio del Grappa venne fortificato velocemente, costruendo caverne nella roccia e postazioni fisse di artiglieria, dalla cima gli italiani dominavano e tenevano sotto controllo tutto il fronte sino a giu' verso il Piave fino al Montello, lungo una linea che parte dal monte Valderoa e va fino a colle Caprile. Furono poi costruite altre strade, cinque camionabili e due carrarecce. Battaglie sanguinose si svolsero sui dossi e contrafforti che caratterizzano il massiccio, i 14 luoghi simbolo della guerra sul Massiccio del Grappa sono riportati nelle 14 steli che si trovano ai lati della "Via Eroica" del Sacrario di Cima Grappa. L’ala orientale del massiccio del Grappa ha visto gli scontri più sanguinosi e feroci, particolarmente nell’area di giunzione tra i Solaroli ed il Valderoa con le truppe germaniche arroccate sul Fontanasecca. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 9 Più complessa risultò la sistemazione difensiva in corrispondenza del Piave, articolata in un sistema di fortificazioni campali a ridosso del fiume e in un sistema arretrato a carattere semipermanente che comprendeva anche il “campo trincerato di Treviso”. Il primo sistema era costituito da una fascia cosiddetta d’attrito profonda circa due chilometri e compresa fra il corso del fiume e la linea dei capisaldi. Reticolati, nidi di mitragliatrici e posti di vigilanza proteggevano sul davanti i capisaldi, costituiti da opere in terra o da abitati rurali presidiati da forze a livello di battaglione con adeguato supporto di mitragliatrici e bombarde. le riserve erano dislocate lungo una linea – detta appunto delle riserve o di contrattacco – che si sviluppava a una profondità di quattro-cinque chilometri dalla linea di contatto. Analogo scaglionamento in profondità fu previsto per le artiglierie in funzione della loro gittata utile. L’allestimento del campo trincerato di Treviso era stato iniziato da Cadorna durante la Spedizione punitiva del 1917 ed era stato praticamente completato nell’ottobre di quell’anno. Il sistema era articolato su tre linee di difesa intorno alla città che si appoggiavano al corso del fiume Sile a nord e est, lasciando aperto il lato sud. La profondità complessiva del sistema era di circa nove chilometri. In sistema con il campo trincerato furono poi poste le fortificazioni del Montello, con una linea di collegamento fra il rilievo e la pianura a Montebelluna a supporto di eventuali ripiegamenti e successivi contrattacchi. Furono inoltre previsti due schieramenti di artiglieria – a nord-ovest e a sudest – in grado di convergere il fuoco dal margine orientale del Montello alla sua sommità nel caso il nemico fosse riuscito a guadagnarne l’accesso. Da dopo la disfatta di Caporetto e fino alla firma dell'Armistizio (3 novembre 1918), cioè nel periodo di un solo anno, si svolsero sul Massiccio del Grappa e sul Piave tre grandi battaglie, ovvero tre periodi di combattimenti, i primi due furono di tipo difensivo per gli Italiani mentre l'ultimo fu invece l'offensiva finale che l'esercito italiano inizio' sul Grappa e dopo qualche giorno si sviluppò in pianura sul fiume Piave. Il problema dei rifornimenti di acqua sul Massiccio del Grappa I punti più importanti di approvvigionamento di acqua dell'esercito italiano erano a San Liberale, Col Campeggia, Madonna del Covolo, Caniezza, Borso del Grappa. Efficienti impianti di pompaggio sollevavano l’acqua, che veniva trasportata a Cima Grappa mediante lunghe tubature in due serbatoi incavernati (da 110 mc e 50 mc) e in un altro, sempre da 110 mc, situato nella “Galleria Vittorio Emanuele III”. Oltre a numerose piccole cisterne c'erano anche altri importanti serbatoi a Cason di Meda (da 20 mc) e presso l’Archeson (da 150 mc). Nell'ottobre 1918 le stazioni di pompaggio fornirono ai settori sulle alture oltre 1000 mc d'acqua al giorno. Maggiori difficoltà incontrarono gli austriaci. Approviggionare il settore destro si rivelo' particolarmente arduo perché l'acqua doveva essere pompata dal basso, dal Canale del Brenta; quindi, dalle stazioni, l'acqua da distribuire veniva affidata a dei portatori. La razione quotidiana era di una borraccia a testa, sempre che i portatori riuscissero a raggiungere le postazioni. La Battaglia di Caporetto La battaglia della Bainsizza (“Undicesima Battaglia dell'Isonzo”) aveva quasi esaurito la capacità di resistenza dell’esercito austriaco; ne è conferma questa frase del maresciallo Hindenburg: “Il nostro alleato austroungarico ci dichiarò che non avrebbe più avuto la forza di resistere a un dodicesimo attacco sulla fronte dell’Isonzo”. Alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 ebbe luogo la battaglia di Caporetto, o “Dodicesima Battaglia dell'Isonzo”, la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano. Nella zona di Caporetto venne fatta affluire nei giorni antecedenti la battaglia una parte di quel milione di soldati austroungarici (con un apporto di reparti d'élite tedeschi) provenienti dal fronte russo dopo che la Russia sconfitta dall'Austria-Ungheria aveva firmato la resa. L’uscita di scena definitiva della Russia nel 1917 (anche se la pace verra’ sancita piu’ tardi con la pace di Brest-Litowsk del 3 marzo 1918) consentì di recuperare unità tedesche e austro-ungariche fino allora impegnate sul fronte orientale. L'esercito italiano a causa di errori strategici imputati principalmente al generale Badoglio venne colto di sorpresa e travolto dall'offensiva nemica. L'esercito italiano si ritiro' in preda al caos ed in disordine sulla linea difensiva del fiume Tagliamento perdendo per intero un'intera armata (la IIª Armata accerchiata e sopraffatta, costituita da ben otto corpi d'armata) di circa 300.000 uomini con tutti gli aeroplani (150), i cannoni (5000), gli armamenti, gli autocarri (600) e con circa 30.000 caduti (in totale più di 600.000 uomini fra morti, feriti, prigionieri e sbandati), oltre ad un milione di profughi civili. I profughi vennero sistemati in seguito un po' in tutta Italia in maniera inadatta, causando loro notevoli disagi, venne garantito loro un sussidio e una abitazione. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 10 Ricordiamo l'eroica resistenza a Pozzuolo del Friuli dove la I e la II divisione di cavalleria, e gli aviatori si sacrificarono per coprire la ritirata della IIIª Armata sulla riva destra del Tagliamento. La sera del 27 ottobre 1917, dopo aver raggiunto Treviso, Cadorna emise il bollettino di guerra con il quale imputava la sconfitta alla "mancata resistenza di reparti della IIª Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico". Così facendo egli addossava alla truppa la responsabilità della rotta di Caporetto e non invece a manchevolezze ed errori del suo Comando. Le cause della disfatta di caporetto furono l'inettitudine dei vertici militari e il mancato uso dell'artiglieria. Le colpe maggiori di ordine strategico e tattico vennero attribuite in ordine al comando supremo (Cadorna), al comando d'armata interessato (Capello e poi al suo sostituto Montuori), ed ai tre comandanti dei corpi d'armata coinvolti (Cavaciocchi, Badoglio e Bongiovanni). Dietro pressione degli Alleati (che non avrebbero visto di buon occhio ulteriori invii di loro truppe) la sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che aveva osato imputare l'esito infausto della battaglia alla viltà dei suoi soldati) con il generale Armando Diaz (capo del XXIII Corpo d'armata della IIIª Armata), assistito dal generale Gaetano Giardino e dal generale Badoglio (le cui colpe di Caporetto non erano ancora state notate) in qualità di sottocapi di Stato Maggiore. Le truppe italiane, dopo una drammatica ritirata, pervennero alla nuova linea (fiume Piave – Massiccio del Grappa) logore e stremate e, malgrado la stanchezza e le gravi condizioni logistiche e tattiche, si prodigarono alacremente per costruire una nuova barriera difensiva atta ad arrestare definitivamente il nemico che, imbaldanzito dal successo, puntava alla totale distruzione dell'esercito italiano. La conquista del Grappa, infatti, avrebbe consentito agli austro-ungarici di dilagare nella sottostante pianura veneta e colpire alle spalle lo schieramento italiano-alleato sul Piave, dal Montello al mare. Le unità italiane riorganizzate velocemente riuscirono a fermare le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva “Prima Battaglia del Piave” riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva. Il primo segno di riscossa avvenne per merito della IVª Armata del generale Mario Nicolis di Robilant, che, stanziata sul Cadore e sulle Dolomiti, si era ritirata il 31 ottobre con l'ordine di organizzare la difesa del monte Grappa e di realizzare la saldatura tra le truppe dell'Altopiano di Asiago e quelle schierate lungo il fiume Piave. La IVª Armata si distribui' su quattro zone da difendere che erano rispettivamente da ovest verso est: sulla parte occidentale del Grappa dal Col Caprile fino a Cima Asolone c'era il IX Corpo d'Armata (la sede del Comando Tattico era sul Col Campeggia), da Cima Asolone a Cima Grappa e alla Croce dei Lebi era schierato il VI Corpo d'Armata, dalla Croce dei Lebi fino alla dorsale dal Monte Tomba era schierato il XVIII Corpo d'Armata, restavano poi il I Corpo d'Armata che venne dislocato dal Monfenera fin giu' sul Piave presso Pederobba. Vennero costituite due nuove armate, la 12ª al comando del generale francese César Graziani e la 10ª al comando del generale britannico Cavan schierate rispettivamente sulla sinistra e sulla destra dell’8ª Armata italiana. La 10ª Armata inquadrava due divisioni britanniche, due italiane e il reggimento statunitense; la 12ª Armata tre divisioni italiane e una francese (l’altra era rimasta con la 6ª armata). Le due armate avrebbero dovuto sviluppare manovre concorrenti a quella principale condotta dall’8ª Armata; anche l’organizzazione di comando era stata adeguata a questo scopo. Caviglia afferma che “la creazione delle armate 10ª e 12ª, dovuta unicamente al comando supremo, rispondeva, probabilmente, a sensi di cameratismo verso gli eserciti alleati. Il dispositivo austro-ungarico era stato modificato dopo la battaglia del Solstizio con l’inserimento fra il gruppo di armate del Tirolo e quello del Piave anche del nuovo “Gruppo Belluno”, schierato di fronte al Grappa fra il Brenta e Valdobbiadene. La 6ª Armata, schierata fra Valdobbiadene e il Ponte della Priula, contava solo quattro divisioni in prima linea e costituiva il punto debole individuato dal comando supremo italiano. Dalle pendici del Monte Tomba fino al Ponte della Priula vennero dislocate in ordine di posizione le Armate 12ª, 8ª, 10ª. I resti della IIª Armata furono impiegati sul Montello in prima linea nel tratto tra Vidor e il Ponte della Priula. La IIIª Armata (soprannominata l’Invitta) ai comandi del Duca d’Aosta si attestò sulla sinistra del Piave dal Ponte della Priula fino al mare. In linea d'aria Cima Grappa dista 8 km dal fiume Brenta e 12 km dal fiume Piave. Una delle cose piu' importanti da scrivere sul "dopo Caporetto" è che l'Italia riusci' a ricostituire in breve un esercito grazie ad uno sforzo industriale prodigioso, se ne stupì per primo proprio il nemico che pensava di aver messo in ginocchio l'esercito italiano. Grazie alle materie prime fornite dagli alleati l'Italia sviluppo' in un tempo brevissimo una grandissima industria bellica, ci fu una specie di "boom industriale", centinaia di migliaia di italiani uomini e tantissime donne lavorarono alla fabbricazione dei nuovi armamenti, la tecnologia e la qualita' dei cannoni fabbricati aveva fatto un "salto" prodigioso a volte superiore persino a quello nemico (ricordiamo che l'Italia scese in guerra con armamenti vecchissimi). Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 11 Le tre “Battaglie del Piave-Grappa” Il terzo anno di guerra, l’autunno del 1917 Dopo la disfatta di Caporetto e dopo che la ritirata si stabilizzò definitivamente sulla linea del monte Grappa e del Piave, il 9 novembre il generale Cadorna venne rimosso dal comando dell'esercito e venne sostituito con il generale Armando Diaz, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio Emanuele Orlando dietro forte pressione degli Alleati (gli Alleati condizionarono i loro aiuti al rinnovamento del vertice dell’esercito). Gli Alleati, dopo la sostituzione del generale Cadorna, inviarono delle divisioni in aiuto dell'Italia. Le divisioni francesi inviate in aiuto aumentarono a sei e quelle inglesi a cinque entro l'8 dicembre 1917 e, sebbene non entrarono subito in azione, funsero da riserva permettendo al Regio Esercito di distogliere le proprie truppe da questo compito. La Strada “Cadorna” cominciò a lavorare negli ultimi giorni di ottobre. Mentre centurie di territoriali, scaglionate lungo i suoi 32 chilometri, ne correggevano febbrilmente il tracciato e ne rinforzavano le opere, processioni di autocarri salivano su coi primi battaglioni. Poi fu la volta delle artiglierie, dei servizi, dei rifornimenti, una intera armata doveva passare di là. La nuova Strada “Cadorna” non aveva un attimo di riposo: giorno e notte, autocarri, cavalli, i cingoli delle trattrici. I territoriali dovevano correre ovunque con badili e picconi a gettar terra e sassi sulle buche, a smussare sporgenze di roccia che impacciavano le manovre, a puntellare scarpate pericolanti. di notte, dalla pianura, essa appariva tutta una luminaria, come se vi salisse una fiaccolata per una gran sagra, l’indomani, intorno alla Cappellina della Madonnina del Grappa. La prima battaglia di “Arresto” dal 14 al 26 novembre 1917 e dall’ 11 al 21 dicembre 1917 La prima battaglia difensiva (quella di "arresto" dell'avanzata nemica) si svolse in due fasi: dal 14 al 26 novembre e dall'11 al 21 dicembre 1917, ed è quella maggiormente legata alla memoria popolare. Nei primi giorni le truppe dovettero battersi allo scoperto: le difese, apprestate in seguito, furono scavate e allestite sotto il cannoneggiamento incessante e, spesso, fra un assalto e l’altro. I reparti erano abbarbicati al terreno, senza trincee e senza reticolati, attaccati a ogni pietrone e a ogni cespuglio. Esisteva qualche elemento di trincea, una strada e una teleferica dalla cima del monte fino al Santuario della Madonna del Covolo sopra Crespano (un'altra teleferica da San Nazario in Valsugana arrivava sul Col Raniero sui Colli Alti). Niente reticolati, niente camminamenti, niente ricoveri. Gli austro-ungarici (provenienti da nord, dalle direttrici Feltre e Belluno), dopo una massiccia e violenta preparazione di artiglieria, il 14 novembre attaccano in forze le nuove linee avanzate italiane, tra Cismon e il fiume Piave con granate di grosso calibro, lancia fiamme, e anche gas asfissianti. Il nemico tentò dapprima di sboccare in pianura verso il Piave attraverso il Monte Tomba e il Monfenera. La dorsale dal Monte Tomba al Monfenèra divenne ben presto scenario di infernali bombardamenti. Il 18 novembre cominciano i massicci attacchi tedeschi, compreso anche quello del battaglione alpino del Württemberg guidato dal tenente Erwin Rommel, ma nessuno raggiunge i successi sperati, grande fu l'erosimo dei soldati italiani. Sul Tomba aumentarono gli intensi bombardamenti di artiglieria austriaca che resero praticamente insostenibile la difesa delle trincee sommitali e le truppe italiane si ritirarono verso sud di qualche centinaio di metri. Il 22 novembre i tedeschi si impossessarono di tutta la dorsale tra Osteria di Monfenèra (oggi Malga Miet), Monte Tomba e Monfenèra, le Sturmtruppen tedesche fecero grande uso dei lanciafiamme e dopo vari attacchi riuscirono a conquistare la dorsale. Le truppe italiane si difesero accanitamente lungo il fianco meridionale dove si attestarono e trattennero l'attaco nemico (località La Castella poco sopra la chiesetta di San Sebastiano, tutta la zona venne fortificata con trincee che ora stanno venendo alla luce grazie ai lavori di volontari e degli alpini di pederobba e di Treviso). Fallito così il tentativo dalla parte del Piave, lo sforzo avversario si concentrò contro il Massiccio del Grappa, e più specialmente contro la sua parte occidentale, dove la zona d’attacco si presentava meno ardua, e dove le alture (dolci e formate da prati, Col della Berretta, Col del Miglio, Monte Asolone, Cima Grappa) una volta espugnate avrebbero fatto crollare tutto l’impianto difensivo e avrebbero aperto lo sbocco in Pianura alle spalle della linea del Piave. Il 21 novembre, mentre reparti nemici guadagnavano qualche centinaio di metri in Val Brenta, dense colonne, attaccavano monte Pertica e Col della Berretta, riuscendo a mantenersi sulla cresta del monte Pertica (saranno cacciati solo l’anno dopo nell’ottobre del 1918). Per più volte il nemico viene respinto, ma ripetè gli attacchi accanitamente, con forze sempre maggiori. Il nemico mirava a scardinare l’ala sinistra dello schieramento italiano sul Grappa. Il 26 novembre, con un violento combattimento venne riconquistato il Col della Beretta ed ebbe così termine la prima fase della battaglia di arresto. Essa era stata la più dura e la più importante, perché venne sostenuta dai soldati italiani quando non era stata ancora superata la terribile crisi della ritirata. Fu solo dopo questa dura prova che, riacquistata la fiducia nelle reali capacità Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 12 italiane, il 5 dicembre le truppe Alleate affluite in Italia entrarono in linea dal Monfenera a Nervesa con il XXXI Corpo d’Armata Francese (dislocato nella zona del Monte Tomba, Pederobba, Onìgo e Cornuda) ed il XIV Corpo d’Armata Britannico (dislocato nella zona del Montello). Dal Monte Tomba fino ai ponti di Vidor sul Piave si trovava la XIIª Armata guidata dal generale francese Jean César Graziani, formazione costituita da un corpo d'armata italiano e da uno francese. Riordinate le sue forze, l'11 dicembre il nemico riprese senza sosta e con rinnovato vigore una seconda fase offensiva: nel vivo della lotta erano ancora Col della Beretta, Col dell'Orso, Monte Spinoncia, Col Caprile, Monte Asolone. Gli Austroungarici conquistarono il Col della Berretta (11 dicembre) grazie anche all'aiuto della loro artiglieria posizionata sul gruppo delle Melette di Gallio (appena conquistate) sull’altopiano di Asiago, e il 13 dicembre la cima del Monte Asolone. La battaglia dell’Asolone fu la battaglia per la difesa della “Strada” (la Strada “Cadorna”). Essa, in un primo tempo, aveva salvato il Grappa, ora bisognava salvar “lei” la strada. Sulle sue bianche serpentine piombavano le grosse granate da 210 e da 305 mm, sollevando colonne gigantesche di terra, di pietre e di schegge, spalancando crateri. Subito sbucavano dalla terra i drappelli di zappatori coi badili e i picconi: la ferita era medicata, una chiazza di detriti pigiati coi piedi cicatrizzava la via, sulla quale qualche attimo dopo riprendeva la faticosa spola degli autocarri e delle corvées. Si dovette all’esistenza della strada Cadorna il successo di quella difesa alla quale fu attaccata come ad un filo, per un mese di seguito, l‘esistenza dell’Italia. Nonostante la strenua resistenza italiana, il nemico riuscì a strappare i monti Valderoa e Asolone (controllando cosi' gli accessi alla Cima Grappa), giungendo ad affacciarsi sulla piana di Bassano. Ulteriori attacchi furono ovunque respinti ed il 21 dicembre il nemico fu costretto a desistere da ogni ulteriore tentativo. Il 23 novembre erano arrivate a Costalunga di Cavaso del Tomba le artiglierie francesi. Il 30 dicembre sul Monte Tomba cominciò nella mattinata e si intensificò sempre di più nelle prime ore del pomeriggio un accurato, continuo e devastante fuoco delle artiglierie italiana e francese. Sul Monte Tomba e sul Monfenera, è stato scritto dagli storici, si abbatte uno dei piu' grandi bombardamenti della Prima Guerra Mondiale (450 pezzi d'artiglieria!), alle ore 16.00 la fanteria francese passa all'attacco del Monte Tomba. E' questo il primo combattimento sostenuto dalle truppe francesi sul Massiccio del Grappa, erano soprattutto truppe alpine scelte, gli “Chasseurs des Alpes” (i “Cacciatori delle Alpi”), i “Diavoli Blu” (alcuni Caduti riposano oggi nel Sacrario Militare Francese di Pederobba). Lo sfondamento del fronte austroungarico (i Tedeschi erano stati sostituiti da truppe austroungariche da pochi giorni perché vennero trasferiti sul fronte occidentale) è massiccio ed immediato su tutta la dorsale tra Osteria di Monfenèra Monte Tomba e Monfenera. Con la riconquista della dorsale del Monte Tomba e della Monfenèra, si riassesta il fronte ad est del Monte Grappa. La Prima Battaglia del Grappa era finita, non meno di 80.000 uomini s’erano avvicendati nella strenua difesa del Grappa. Nonostante l'accanimento degli attacchi, condotti con netta superiorità di forza, il nemico venne fermato dal disperato eroismo dei soldati italiani e alleati. Poiché le perdite erano state tantissime in quell’anno vennero chiamati alle armi in anticipo i ragazzi nati nel 1899, che verranno poi soprannominati “ i Ragazzi del 99 ”. La seconda battaglia difensiva, la “Battaglia del Solstizio” dal 15 al 25 giugno 1918 L'esercito italiano sentì istantaneamente il mutamento delle condizioni di combattimento, della riorganizzazione e del morale elevato derivante dalla caparbia resistenza sul Piave e sul Grappa. Durante la stasi invernale, l'organizzazione difensiva venne rafforzata con lavori in roccia, trinceramenti, postazioni e reticolati, in previsione di altri e più massicci attacchi. Venne aperta nella viva roccia, al di sotto della cima del massiccio, la famosa galleria “Vittorio Emanuele III”. L'opera - vero capolavoro d'ingegneria militare - fu dotata di formidabili postazioni di artiglieria in caverna e di sbocchi offensivi per contrattacchi e venne completata prima dell'offensiva del giugno 1918. Passato l'inverno e la primavera l'esercito austroungarico progettava l'offensiva definitiva che in pochi giorni potesse fare crollare l'esercito italiano. Il 24 aprile 1918 il generale Gaetano Giardino assume il comando della 4ª Armata del Grappa (in quel mese istituita). Il piano d'attacco soffriva in effetti degli scontri, personali e ideologici, tra i due capi dei corpi d'armata, Conrad e Boroevic. Lo sforzo, anziché essere concentrato in un punto come a Caporetto, venne suddiviso tra i due corpi d'armata. Il piano era stato infatti suddiviso in tre operazioni distinte. Un iniziale attacco diversivo sul Passo del Tonale, denominato Lawine (valanga), avrebbe anticipato quello dall'altopiano di Asiago verso Vicenza da parte della 10ª e 11ª armata di Conrad (operazione Radetzky) ed uno attraverso il Piave verso Treviso da parte della 5ª e 6ª armata di Boroevic (operazione Albrecht). Queste due penetrazioni avrebbero dovuto costruire i bracci di una tenaglia da chiudersi nella zona di Padova. La mancanza di una chiara superiorità, della concentrazione delle forze su un punto del fronte e la ricostituita forza dell'esercito italiano, fisica e morale, attuata da Diaz condannavano l'offensiva al fallimento. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 13 Il piano nemico prevedeva di sferrare l'attacco principale dall'Altopiano di Asiago e dal Grappa per giungere attraverso la piana di Vicenza, alle spalle dell'esercito italiano schierato sul Piave, mentre le altre armate avrebbero attaccato frontalmente sul fiume Piave. Il generale Conrad (comandante delle armate degli Altipiani) voleva che l’attacco principale si sviluppasse sull’Altopiano di Asiago e sul Grappa, Boroevic (comandante delle armate di pianura del Piave) riteneva che l’attacco principale doveva avere come direttrice principale il Montello e la direttrice Oderzo-Treviso. L'Arciduca Giuseppe Augusto d'Asburgo-Lorena decise di accontentare entrambi conducendo un attacco su due direttive e quindi diluendo tutte le forze lungo tutto il fronte e questo fu l’errore del nemico e la fortuna degli eserciti italiano-alleato. La diversità di vedute e dall’antagonismo fra Conrad e Boroevic e l’incapacità del comando supremo austro-ungarico di imporre una propria decisione, la mancanza di un disegno unitario furono la causa del fallimento dell’offensiva. La grande battaglia, dal fiume Astico al mare, che prese poi il nome di “Battaglia del Solstizio”, si accese nella notte del 15 giugno 1918, e divampò furiosamente tra il 15 e il 25 giugno 1918. L'offensiva inizio' con un finto attacco diversivo presso il passo del Tonale, che fu facilmente respinto dagli italiani. Gli obiettivi dell'offensiva erano stati, in realtà', rivelati agli italiani da alcuni disertori austriaci. La gigantesca offensiva non giunse, quindi, improvvisa al Comando Supremo Italiano che, avuta conoscenza delle intenzioni del nemico, riuscì a far scatenare sulla linea del fiume Piave un potente tiro di contropreparazione quasi contemporaneamente a quello di preparazione delle artiglierie nemiche, riducendone sensibilmente gli effetti distruttivi. La battaglia fu subito particolarmente accanita sul Grappa, chiave del sistema difensivo. Il nemico attaccò anche al centro direttamente Cima Grappa da più direzioni: a destra, dopo ripetuti attacchi e contrattacchi, riuscì ad affermarsi sulla linea monte Solarolo-monte Valderoa. Sul Grappa, dopo un forte bombardamento (l'artiglieria era posizionata sotto la sommita' del Monte Prassolan e del Col Bonato), nell'attacco che ne seguì, le truppe tedesche (tutte truppe scelte di montagna, tra cui la celebre divisione "Edelweiss") e austroungariche conquistarono subito il monte Pertica e tutta la cresta monte Pertica-Cima Grappa arrivando a soli 200 metri dallo sbocco nord della Galleria “Vittorio Emanuele III”. La strategia di difesa italiana del Massiccio del Grappa prevedeva di dividere la linea di difesa delle trincee in tre successivi livelli: al primo livello, le POSIZIONI DI OSSERVAZIONE con pochi soldati; in profondità, la LINEA DI RESISTENZA, che costituiva la forza d'arresto con le truppe preparate a resistere in attesa del contrattacco; ancora più in profondità, la LINEA Dl MASSIMA RESISTENZA, con ricoveri protetti per le truppe destinate a sferrare il contrattacco. Il settore ovest del Grappa, per quattro chilometri dal Canal di Brenta all’Asolone, rimaneva il più esposto, in quanto gli austroungarici occupavano posizioni sovrastanti (Col Caprile, Col del Vecchio, e successivamente il Monte Asolone), per cui per difendersi fu necessario scavare tre ordini di trincee, la “linea Alba”, la “linea Bianca” e la “linea Clelia”, davanti alla linea di massima resistenza che andava da Col del Gallo al Monte Oro, al Monte Rivon. Gli Austriaci protetti da una fitta nebbia, riuscirono ad irrompere nelle prime linee italiane e raggiungere Col Moschin, conquistarono anche le prime trincee del monte Coston di fronte al monte Asolone, dal lato sinistro il Grappa si poteva dire completamente girato e tagliato fuori da quasi tutte le sue strade. Gli Italiani persero anche i capisaldi di Col del Miglio e del Roccolo, vitali per la difesa. Gli austriaci puntavano verso i Colli Alti, marciavano oramai sulla strada di Solagna, stavano per arrivare alla linea di massima resistenza italiana e rischiare così di conquistare l'intera pianura. Gli Austroungarici, in particolare le truppe ungheresi, arrivarono fino alla località di Ponte San Lorenzo sulla Strada Cadorna, la “vena giugulare” del sistema logistico italiano del Grappa, l'interruzione della Strada Cadorna avrebbe isolato tutti corpi d'armata italiani sul Massiccio del Grappa con conseguenza ben intuibili. A Ponte San Lorenzo si trovava inoltre un importantissimo punto di rifornimento e smistamento con un grande posto di pronto soccorso (una lapide qui ricorda i “Poeti di Harvard” della Sezione Uno della Croce Rossa Americana che qui operavano) e baracche per alloggiamenti, cucine e magazzini. Grazie all'eroismo delle truppe italiane sostenute da una grande ed efficace azione dell'artiglieria (dopo che la nebbia si dissolse) e grazie all'arrivo degli “Arditi” (trasportati subito in camion da Bassano), il nemico venne ricacciato da Ponte San Lorenzo, dalla “Strada Cadorna” e vennero riconquistate tutti le cime perse nella giornata oltre a un gran numero di prigionieri. La minacciosa “falla” di Ponte San Lorenzo era otturata, sul basamento della colonna romana collocata dopo la guerra a Ponte San Lorenzo, la vittoriosa reazione è ricordata dall'epigrafe: "Qui giunse il nemico e fu respinto per sempre il 15 giugno 1918”. Nell'opera di riconquista delle posizione perse furono chiamati gli “Arditi”, il nuovo corpo nato da poco (sul Carso nel 1917) e formato da volontari che si adoperavano per azioni difficilissime al limite col sacrificio. Grazie ad essi, precisamente gli Arditi del IX Reparto d’Assalto, gli Italiani riconquistarono quasi tutte le posizioni perse. Gli Arditi venivano richiesti dai comandi militari nelle operazioni piu' temerarie. Per incentivare l'arruolamento volontario negli Arditi il comando riservava ad essi un diverso trattamento, non erano impiegati nelle trincee nella guerra di posizione (ma dopo ogni azione rischiosa venivano inviati subito su Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 14 un altro fronte per un'altra missione), avevano migliori vitto e alloggio, maggiore retribuzione monetaria e soprattutto un regime disciplinare meno rigido e formale. Dopo dura selezione e preparazione al corpo a corpo, e dimostrazione di grandi prove di coraggio erano pronti per essere il corpo piu' temuto dall'esercito avversario. Rimasero in mano nemica a fine battaglia ancora le cime del Monte Asolone, il Monte Pertica, e il settore Salaroli-Valderoa. ll Monte Asolone fu conquistato dagli austroungarici grazie alla fitta nebbia il giorno 18 dicembre 1917. Da questo momento fino alla fine della guerra la cima a quota 1522 rimase sempre in mano austriaca nonostante numerosi tentativi italiani. infatti questo monte era saldamente difeso da numerosi nidi di mitragliatrici e dall'artiglieria posizionata in caverne nella vicina Val delle Saline. Anche i tentativi di conquista mediante i lanciafiamme miseramente fallirono lasciando sul posto migliaia di caduti. La cima passò in mano italiana solamente dopo la ritirata dell’esercito austroungarico. Il Comando Supremo, nel citare all'ordine del giorno l'eroico comportamento dell'Armata del Grappa, affermò, nel bollettino di guerra del 18 giugno 1918: “Ciascun soldato, difendendo il Grappa, sentì che ogni palmo del monte era sacro alla patria!”. Le 640 medaglie al valor militare concesse sul campo dal generale Giardino ai difensori del Grappa per quella battaglia, di cui 486 a soldati semplici, ne sono testimonianza. Lo slancio offensivo austroungarico venne bloccato e nelle giornate successive, i contrattacchi italiani riuscirono a ricacciare il nemico da quasi tutte le posizioni conquistate. L'attacco austriaco sul fronte del Piave aveva come obiettivi il superare il Piave di fronte al Montello, conquistare il Montello, attaccare in direzione da Oderzo verso Treviso attraverso gli abitati di Postioma, Paese e Preganziol. La mancata contropreparazione di artiglieria e le operazioni del cambio delle truppe in linea consentirono al nemico nella mattina del 15 giugno 1918 (arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave) di passare indisturbato sulla riva destra del Piave e raggiungere le pendici orientali del Montello fino all’allineamento Casa Serena, Giavera, Nervesa (Fagarè fu il punto di massima avanzata degli austriaci) conquistando cosi' circa la meta' del Montello. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla pesante controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno. Pur avendo guadagnato una importante porzione di terreno oltre il Piave, l’attacco dovette fermarsi; l’alimentazione dello sforzo era resa precaria dalle difficoltà incontrate nel gittamento dei ponti sul Piave e dalle artiglierie italiane che, superata la sorpresa iniziale, intervennero dai loro schieramenti particolarmente idonei al fuoco di interdizione sulle unità nemiche. L’attacco fu arrestato anche grazie alla reazione italiana che fermò il tentativo nemico di scendere lungo la riva destra del Piave verso il Ponte della Priula. I combattimenti nella zona di Nervesa continuarono fino al 18 giugno ma la situazione si era ormai stabilizzata. All’azione dell’artiglieria si unì quella dell’aeronautica iniziata il 15 e proseguita con efficacia per tutta la durata della battaglia (gli aviatori guidavano, correggevano e dirigevano il fuoco delle artiglierie). Determinante per le forze italiane fu l'apporto dell'aviazione soprattutto nelle azioni d'appoggio tattico, di bombardamento e d'interdizione. Il Servizio Aeronautico italiano mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata e nel corso di queste operazioni, il 19 giugno fu abbattuto sul Montello il maggiore Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana che aveva raccolto ben 34 vittorie. La conquista della supremazia aerea da parte italiana venne confermata dalla pacifica incursione di 7 biplani monomotori SVA sulla capitale austriaca Vienna il 9 agosto 1918 dove la formazione italiana lanciò migliaia di manifesti tricolori (il celebre “Volo su Vienna”). L’attacco nel settore del Piave dal Ponte della Priula al mare riusci' anche qui grazie al ritardo nell’intervento delle artiglierie italiane che consentirono alle divisioni nemiche di occupare con relativa facilità la riva destra. Gli Austriaci attraversarono il Piave alla Grave di Papadopoli ma non poterono alimentare lo sforzo offensivo e furono costretti a ripiegare nella stessa giornata. Analoga sorte toccò al corpo d’armata che attaccava sulla direttrice Oderzo-Treviso. Furono invece migliori i risultati ottenuti dal corpo d’armata che stabilì una testa di ponte a nord dell’abitato di Zenson profonda circa un chilometro (passarono il Piave anche a Candelù, da Salgareda raggiunsero Zenson; Monastier, Fossalta di Piave, Meolo). Nel settore più a sud un altro corpo d’armata realizzò una testa di ponte profonda quasi quattro chilometri in corrispondenza di San Donà di Piave. Nel frattempo gli italiani, alla foce del fiume, avevano allagato il territorio di Caposile, per impedire agli austriaci ogni tentativo di avanzata. Dal fiume Sile i cannoni di grosso calibro della Marina Italiana, caricati su chiatte, che si spostavano in continuazione per non essere individuati, tenevano occupato il nemico da San Donà di Piave a Cavazuccherina (Jesolo). La piena del Piave nella notte sul 16 giugno impedì la messa in opera del materiale necessario per alimentare le teste di ponte. I lavori furono ostacolati anche dal fuoco delle artiglierie e degli aerei italiani, ma nonostante queste difficoltà il nemico riuscì fra il 16 e il 17 a congiungere le due teste di ponte e a estenderne la profondità a circa sette chilometri verso l’abitato di Meolo. Si trattò Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 15 comunque dell’unico vantaggio ottenuto a fronte di una reazione difensiva che si faceva sempre più efficace, grazie alla disponibilità di forze in riserva in grado di intervenire con tempestività. Boroevich riteneva che fosse ancora possibile proseguire l’offensiva, anche se non erano stati raggiunti gli obiettivi previsti. L’ottimismo era incoraggiato dal decrescere della piena del Piave, ma non sostenuto da un’adeguata disponibilità di riserve. Nel frattempo il comando supremo italiano stava organizzando la sua controffensiva. Fu data priorità al Montello, punto di saldatura fra il settore di pianura e quello del Grappa tralasciando le teste di ponte del basso Piave che non erano pericolose ed erano di difficile alimentazione da parte del nemico. L’offensiva italiana fu pianificata seguendo le due linee pedemontane del Montello: una lungo il margine nord partendo dalle posizioni di Casa Serena e l'altra lungo il margine sud avrebbe dovuto riguadagnare le posizioni di Nervesa. Gli attacchi italiani, preceduti da un potente tiro di artiglieria, non diedero pero' i risultati sperati e ben presto la situazione trasformo' in una logorante guerra di posizione. Gli austroungarici pero' ben presto capirono che erano in posizioni difficili da difendere, a causa della difficolta' di rifornimenti di viveri e di munizioni e di isolamento dalle armate di sinistra Piave. Il 20 giugno fu diramato l’ordine di ritirata sulla riva sinistra del Piave. Con la ripresa dell’iniziativa da parte italiana furono successivamente ripristinate completamente le posizioni del Montello il 23 giugno, e nei giorni successivi anche quelle sulla destra del Piave. La tentata offensiva austriaca costo’ tra morti, feriti e prigionieri quasi 150.000 uomini, le perdite italiane ammontarono a circa 90.000 uomini. Già alla fine del primo giorno i comandi austriaci si resero conto che l'attacco era fallito e nonostante sulle varie teste di ponte si continuasse a insistere nella speranza di un cedimento della linea italiana, questo non avverrà mai. Gli ultimi strascichi della battaglia si trascineranno inutilmente fino al 26 con un nulla di fatto per gli imperi centrali che date le enormi perdite subite (da ambo le parti), perdono definitivamente l’iniziativa. In tale situazione la Battaglia del Solstizio era l'ultima possibilità per gli austriaci di volgere a proprio favore le sorti della guerra, ma il suo fallimento, con un bilancio così pesante e nelle disastrose condizioni socio-economiche in cui versava l'Impero, significò in pratica l'inizio della fine. La sconfitta dell'Austria-Ungheria nella battaglia del Solstizio ebbe importanza sull'esito complessivo della guerra mondiale. Nelle sue memorie di guerra il generale tedesco Erich Ludendorff sostenne che la Germania risentì fortemente del fallimento dell'offensiva sul Piave, affermando che "per la prima volta avemmo la sensazione della nostra sconfitta" e che la disfatta dell'alleato sul fronte italiano, preludio al crollo dell'Impero asburgico, influì sul morale e sulla determinazione anche dell'esercito tedesco impegnato a organizzare gli ultimi tentativi di offensiva sul fronte occidentale. Nell'Impero austro-ungarico la sconfitta provocò una irreversibile caduta della fiducia nelle truppe e i primi segni di allentamento delle coesione politico-militare. Lo stesso imperatore Carlo I, recatosi il 21 giugno a Bolzano ad esaminare la situazione con il generale Conrad, poté rilevare le deplorevoli condizioni morali e materiali dei suoi soldati, delusi e scoraggiati dopo il fallimento e scarsamente riforniti di vettovagliamento ed equipaggiamento. Forti critiche vennero rivolte ai vertici militari e il 13 luglio il generale Conrad, ritenuto tra i responsabili del fallimento dell'ultima offensiva in Italia, venne rimosso dal comando del "gruppo d'armate del Tirolo" e sostituito dall'arciduca Giuseppe. Il feldmaresciallo Franz Conrad von Hoetzendorf fu l’unico a pagare per la sconfitta subita dall’esercito austro-ungarico nella battaglia del Solstizio; destituito dal comando del gruppo di armate il 14 luglio 1918, il giorno successivo gli fu conferito il titolo di conte. La ricorrenza della "Battaglia del Solstizio" viene ricordata ogni anno il 15 giugno e celebrata come la festa dell'Artiglieria. Ricordiamo Tra tutti i caduti vanno ricordati anche quei soldati cecoslovacchi che passarono dalla parte dell'esercito italiano. Essendo costoro cittadini dell'Impero austro-ungarico, se catturati venivano giustiziati, in quanto considerati traditori della patria. Sul viale alberato che portava da Conegliano a San Vendemiano, ne vennero impiccati a decine. A Fagarè della Battaglia, sulla provinciale Oderzo-Treviso, c'è l'Ossario dei caduti della Grande Guerra. Fu edificato nel punto in cui gli austriaci raggiunsero la massima avanzata. Ai lati dell'Ossario sono stati trasportati i muri su cui figurano alcune celebri scritte, opera probabilmente dei propagandisti di guerra, come: "Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati" e "Meglio un giorno da leone che 100 da pecora". A Nervesa si trova l'Ossario ai caduti italiani sul Montello, con piccolo museo storico annesso. A Tezze di Piave si trova il cimitero militare britannico e nel tempio votivo di Ponte della Priula, ci sono i resti di diversi soldati trovati anche di recente, sul greto del Piave. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 16 Proprio in quel periodo si trovava nella zona di Fossalta di Piave il futuro premio Nobel per la letteratura Ernest Hemingway, allora diciottenne, che si era arruolato volontario con la Croce Rossa degli Stati Uniti e prestava servizio in zona come autista di autoambulanze. Ferito dalle schegge di una bomba e da un proiettile di mitragliatrice, sarà poi decorato con la medaglia d'argento per essersi prodigato, anche dopo essere stato colpito, nel salvataggio di altri militari feriti. Da questa personale esperienza e dal successivo ricovero in un ospedale milanese trarrà il suo celebre romanzo "Addio alle Armi". Nel Sacrario di Fagarè, fra i tanti militari sepolti, vi è l'unico statunitense, un tenente amico di Hemingway, caduto in battaglia lungo il Piave, a cui lo scrittore dedicò una poesia, riportata sulla lapide ancora oggi visibile. Ai "Soldati del Grappa" “Alle 10 si era sul punto di essere perduti, a metà pomeriggio si era salvi, a sera era già la vittoria. Nella dura battaglia del giorno 15 giugno voi avete compiuto azioni da grandi soldati ed avete riportata sul nemico una bella e grande vittoria, per il nemico sanguinosa. lo ve l'ho detto. Ora, lo confessa anche il nemico nei suoi bollettini, riconoscendo la vostra fiera resistenza e la furia vittoriosa dei vostri contrattacchi che lo hanno ricacciato subito dai punti da principio conquistati. E, se lo dice lui, voi potete essere tranquilli che lo avete bastonato di santa ragione davvero! Ma è avvenuto qualche cosa di ancora più grande, che vi copre d'onore! Il servizio d'ordine, stabilito a tergo delle nostre linee ci segnala oggi, con la fede dei rapporti raccolti da tutti i settori, che, durante l'infuriare delle artiglierie e delle fanterie nemiche nella lunga battaglia, non ha avuto da prendere e da ricondurre sulle linee neppure un uomo in tutta l'Armata! Figli miei, lo non posso che dirvi: Bravi! e rilasciarvi questo diploma di onore. Vi addito tutti all'ammirazione ed all'amore della Patria!" (generale della IV Armata generale Gaetano Giardino). La battaglia “Offensiva” 24 ottobre 1918 Superato l'urto di giugno, il comando supremo italiano cominciò a pianificare l'offensiva sotto le incalzanti richieste dei ministri Orlando e Sonnino pressati dai comandi Alleati Francesi, Inglesi e Americani. Armando Diaz progettò l'offensiva seguendo le innovazioni introdotte dai generali tedeschi ad occidente e che nell'ottobre 1917 rischiò di eliminare l'Italia stessa dal conflitto. Diaz elaborò un piano di attacco massiccio su un unico punto invece che su tutta la linea (come invece avevano fatto l’esercito austroungarico a giugno nella Battaglia del Solstizio), nel tentativo di sfondare le linee e tagliare le vie di collegamento con le retrovie. Il comando supremo studio’ tutto il fronte alla ricerca del punto piu’ debole della difesa nemica e individuo’ questo punto nella zona del fronte del Piave compresa tra la zona poco a nord del Montello (Santa Croce – Falzè) e la Grave di Papadopoli. La scelta ricadde sulla cittadina di Vittorio Veneto, considerata un probabile punto di rottura, la cui fragilità era costituita dal fatto che in questa città si trovava la congiunzione tra la Vª e la VIª armata austro-ungarica. Il Massiccio del Grappa, contro il quale per due volte di seguito gli austriaci avevano cozzato inutilmente, doveva servire da falso scopo, doveva trattenere più battaglioni nemici che fosse possibile sulle sue pendici settentrionali. Per ottenere ciò, non c’era altro mezzo che impegnare l’avversario, cioè attaccarlo, attaccarlo iniziando da Cima Grappa. Quello sul Grappa fu quindi un attacco secondario, dato che quello principale sarebbe dovuto avvenire sul Piave tra Vidor e la Grave di Papadopoli. Non appena il Comando Supremo Italiano avrebbe avuto la certezza che l’armata austroungarica del Grappa era tutta inchiodata lassù e non poteva trasferire le sue riserve sul fronte del Piave o addirittura richiedeva rinforzi dalle altre armate dislocate lungo il Piave, allora avrebbe dato ordine alle proprie armate di attaccare nei pressi di Valdobbiadene, Sernaglia e la Grave di Papadopoli, forzando il Piave, deviando poi verso Vittorio Veneto, incuneandosi nel fronte del nemico, spezzandolo in due la difesa austroungarica, e la guerra sarebbe stata vinta. Cosi' successe! La decisione venne infine presa: si attaccava il 17 ottobre. Gli studi idrografici sul Piave, anche ad autunno avanzato, permettevano di gestire un passaggio improvvisato su ponti di barche in condizioni estreme. Proprio in quei giorni però le “cataratte del cielo” sembrarono aprirsi per congiurare sulla offensiva finale. L'operazione venne rimandata di una settimana. Il 22 ottobre Croati e Ungheresi si erano ammutinati. Nell'esercito austroungarico cominciavano a sentirsi gli effetti della scarsezza di rifornimenti, cibo e acqua, l'impero era ormai in uno stato di declino grazie anche al blocco dei rifornimenti che gli "Alleati dell'Intesa" avevano organizzato, avevano isolato per mare gli Imperi Centrali e la penuria di risorse si faceva sentire. Cinque giorni dopo, a offensiva iniziata, su 51 reggimenti imperiali, 13 rifiutarono di marciare dalle retrovie verso il fronte. La spagnola aveva spazzato via, oltre che la truppa austroungarica, l'intera vecchia classe di Ufficiali Superiori. Alle 10 del mattino del 19 ottobre il generale Gaetano Giardino ricevette l'ordine dal comando supremo di attaccare ad oltranza a partire dal giorno 24 ottobre (nell'esatta ricorrenza della “rotta” di Caporetto). Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 17 Preparazione, mutamento dello schieramento delle artiglierie, arrivo di nuove batterie, aggiustamento dei tiri; tutto doveva essere compresso in quei cinque giorni. Alla IVª armata (l'"Armata del Grappa") del generale Giardino venne affidato l'importante compito di dividere l'esercito austriaco del Trentino da quello del Piave, doveva, cioè, irrompere nella conca di Feltre per facilitare l'azione di rottura delle Armate italiane 8ª, 10ª, 12ª che avrebbero attaccato lungo il fiume Piave per puntare poi verso Vittorio Veneto. La manovra centrale di sfondamento delle linee nemiche verso Vittorio Veneto era affidata all'8ª armata, mentre la 10ª e la 12ª armata sarebbero avanzate per proteggerne i fianchi e impedire eventuali tentativi nemici di tagliare l'offensiva. L'alto comando italiano era riuscito a concentrare nel settore del Piave tra Vidor e le Grave di Papadopoli una grande forza offensiva, in grado di raggiungere gli obiettivi strategici previsti e molto superiore alle forze austro-ungariche presenti nel settore. La situazione era, invece, molto diversa nel settore del Monte Grappa dove il generale Giardino doveva attaccare su un terreno impervio contro forze piu' numerose (per soldati e artiglierie) e tenaci, il compito si presentava molto difficile. Il generale Giardino deplorò ripetutamente il sacrificio richiesto ai suoi soldati costretti a un attacco frontale. Nelle sue memorie (in parte da lui bruciate) il generale Giardino si lamentava con i comandi italiani che dovette improvvisare una battaglia, senza una preparazione e neppure una superiorità numerica, e a guerra conclusa forte fu il suo rimorso nei confronti di quelli che amava definire i suoi “Soldatini del Grappa” ! Il piano di attacco iniziale prevedeva la costruzione di otto ponti sul Piave: uno a Vidor, tre nella zona a nord del Montello compresa tra Fontana del Buoro e Moriago, uno fra Santa Croce e Falzé, due nei pressi di Nervesa e l'ultimo più a sud, nella zona della Grave di Papadopoli. Il diario dei giorni delle ultime due settimane di guerra dell'ottobre 1918 sul Piave e sul Grappa: 20 inaspettatamente il Piave in quel periodo era in piena a causa della tanta pioggia, era impossibile da attraversare e saltava ogni progetto militare di poterlo attraversare con la posa di ponti di barche, la corrente era troppo forte, continuava a piovere 24 nella notte tra il 23 e il 24 ottobre le truppe inglesi della 10ª Armata (schierate sul Piave da Ponte della Priula fino a Ponte di Piave) del generale irlandese Lambert conte di Cavan (i Gordon Highlanders) sbarcarono sulla Grave di Papadopoli (la grande isola nel centro del fiume Piave a sud del Montello) su ponti costruiti dai genieri e pontieri. Gli Inglesi occuparono una parte dell'isola e furono gettati quattro ponti di collegamento con la riva destra sul Grappa il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina l’inizio dell’offensiva alle ore 3 di notte con un potente fuoco di preparazione di artiglieria, e dalla prima mattinata iniziarono gli attacchi verso le principali cime del massiccio ma furono tutti respinti. Alle ore 15:00 il generale Giardino fece sospendere gli attacchi, consapevole ormai che "l'attacco generale era fallito" e che quindi si prospettava una cruenta battaglia di logoramento, la sua armata aveva già perso oltre 3.000 uomini. L'offensiva del primo giorno (come quelle dei giorni successivi) non ebbe successo, costrinse pero’ gli austriaci a logorare le loro riserve (stazionanti a Feltre e a Belluno) attraendo su quel tratto di fronte una notevole aliquota di divisioni di riserva del "Gruppo Belluno”, che in tal modo non erano più disponibili per fronteggiare l’attacco principale dell’8ª Armata sul Piave. Cominciò allora quella durissima battaglia che parve non dare i primi giorni altro risultato che quello di sprecare vite umane come sul Monte Pertica e sul Monte Asolone, sembravano ripetersi gli attacchi del Carso Triestino delle dodici Battaglie dell'Isonzo! il Piave era ancora in piena e pericoloso da attraversare, la corrente era troppo impetuosa il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa. Si ripeterono gli stessi inutili attacchi del giorno precedente, altre migliaia di morti nella IV Armata e solo la cima del Monte Pertica e del Monte Valderoa vennero conquistate. Il comando austriaco del Grappa quel giorno chiese al proprio comando generale rinforzi per consolidare le difese, si dovettero impegnare le truppe di riserva per arginare gli attacchi italiani sul Grappa (l'obiettivo del comando italiano era sottrarre le riserve al fronte del Piave) la piena del Piave iniziò finalmente a diminuire nella sera anche se l’acqua continuava a scorrere vorticosamente, e quindi il generale Caviglia diede ordine di cominciare le operazioni di traghettamento e la costruzione dei ponti. Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre dalla Grave di Papadopoli gli Inglesi e gli Italiani iniziarono a gettare, sotto la copertura della nebbia serale, i ponti verso la riva sinistra del Piave (dal ponte di Salettuol scesero di fronte a Cimadolmo) e riuscirono ad arrivare sulla sponda sinistra del Piave (Cimadolmo, Stabiuzzo). Alle ore 21:00 tra Pederobba e le Grave di Papadopoli iniziarono le 25 26 Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 27 28 18 operazioni per traghettare i reparti d'assalto il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa. Dalla prima mattinata iniziarono gli attacchi verso le principali cime del massiccio ma furono tutti respinti. Nel primo pomeriggio il generale Giardino dopo un ultimo tentativo con la artiglieria fece sospendere gli attacchi, consapevole ormai che l'attacco generale era fallito ed erano morti altre migliaia di soldati. Al termine dei combattimenti del 26 ottobre il generale Giardino dovette ammettere che tre giorni di cruente battaglie non avevano consentito di raggiunge alcun risultato tattico decisivo, le truppe erano stanche e molto logorate dopo i ripetuti assalti frontali costati pesanti perdite, non erano disponibili forze fresche, mentre le truppe austro-ungariche avevano dimostrato una sorprendente coesione e grande combattività. Il generale Giardino richiese al Comando Supremo di poter interrompere gli attacchi sul massiccio del Grappa e impiegare la giornata del 27 ottobre per far riposare le truppe e riorganizzare lo schieramento; il generale Diaz si recò nel pomeriggio al posto di comando della IVª Armata e alle ore 18:00 autorizzò l'interruzione dell'offensiva ordinando di rafforzare le posizioni in attesa degli sviluppi delle operazioni sulla linea del Piave. L'alto comando austro-ungarico continuò a valutare con un certo ottimismo la situazione: nel settore del Grappa la IVª Armata italiana aveva subito oltre 15.000 perdite in tre giorni e il comando austroungarico del "Gruppo Belluno", pur avendo mobilitato tutte le sue riserve, non aveva avuto bisogno di aiuti da altri settori per respingere gli attacchi Nelle prime ore della notte le prime truppe italiane attraversano il Piave (fra Pederobba e Ponte del Piave) sui ponti di barche gettati con difficolta’ dai genieri a causa della corrente e della pioggia. I genieri riuscivano con enorme fatica e gravi perdite a costruire due ponti dei sette previsti, che venivano ripetutamente cannoneggiati e distrutti dagli austroungarici ma prontamente ricostruiti dai genieri. Riuscì la costruzione del ponte a Fontana del Buoro (costruito di fronte alla XIIIª strada o “presa” del Montello). Reparti di arditi a bordo di barconi raggiunsero la sponda sinistra di sorpresa. Gli attraversamenti avvennero nell'oscurità della notte dalle ore 01:30 e con un tempo in peggioramento. Ben presto la situazione divenne difficile, i reparti nella testa di ponte furono sottoposti all'intenso fuoco dell'artiglieria austro-ungarica che cercava di distruggere il ponte, mentre i riflettori scandagliavano le posizioni italiane. La 12ª Armata del generale francese Graziani riuscì con molta difficoltà a gettare un ponte ad est di Pederobba, e alle ore 3 attraversarono il fiume un reggimento francese e due battaglioni alpini, ma alle ore 6 il ponte venne colpito dal fuoco dei cannoni e dalle ore 9, quasi demolito, divenne inutilizzabile. Di conseguenza i reparti italo-francesi passati sulla riva sinistra, che avrebbero dovuto avanzare verso Valdobbiadene, furono contrattaccati e rimasero bloccati nella loro piccola testa di ponte. Nessuna testa di ponte fu stabilita lungo la direttrice principale d’attacco, fra Nervesa a Ponte della Priula, i ponti vennero distrutti dall’artiglieria nemica prima che potessero essere utilizzati. Le compagnie d’assalto che avevano preceduto il grosso sulla sponda sinistra del Piave vi rimasero isolate. In quella notte si riuscirono a creare sulla riva destra del Piave in totale tre teste di ponte italiane (Valdobbiadene, Moriago-Mosnigo-Sernaglia, Cimadolmo-Grave di Papadopoli). In questo giorno fallirono molte delle costruzioni dei ponti previsti o per la forte corrente o per il fuoco dei cannoni austro-ungarici, alcune imbarcazioni dei reparti d'assalto furono affondate. Nonostante tutto circa 29 battaglioni si trovarono a fine giornata sulla riva sinistra appoggiati dalla potente artiglieria situata sul Montello. Il comando decise di fare passare piu’ a sud, utilizzando i ponti della 10ª Armata Inglese (di Salettuol e Palazzon), una grande parte delle truppe dell’VIII Armata perché i ponti nella zona del Montello non si riuscivano a costruire il generale Giardino riuscì ad ottenere dal comando supremo di sospendere per un giorno l’offensiva, sul massiccio del Grappa furono gli Austroungarici che attaccarono per riprendere le posizioni perse, attaccarono il Monte Pertica e il Monte Valderoa e solo quest'ultimo riuscirono a riconquistare Prima dell'alba i pontieri costruirono un ponte di barche e rimisero in funzione il ponte principale di Pederobba. Alle ore 9 tuttavia i cannoni austro-ungarici danneggiarono di nuovo i ponti e la testa di ponte fu di nuovo isolata. Nonostante queste difficoltà, i reparti sulla riva sinistra passarono all'attacco, i francesi avanzarono a sinistra in direzione della conca di Alano di Piave, mentre sulla destra gli alpini, pur incontrando una tenace resistenza austriaca, raggiunsero al termine della giornata Valdobbiadene. Le comunicazioni con la testa di ponte di Sernaglia si effettuavano per mezzo di nuotatori e aeroplani che lanciavano sacchi di munizioni e vettovaglie. Sui ponti della 10ª Armata di Salettuol e sul nuovo ponte di Palazzon iniziarono a passare intanto molte delle brigate italiane. I ponti di Nervesa e della Priula erano sempre fuori uso, il quarto ponte a Casa Biadene era stato parzialmente riaperto, le truppe italiane superato il Piave sui ponti della Grave di Papadopoli si dirigono verso nord. Le tre teste di ponte italiane sulla riva sinistra del Piave riuscirono a saldarsi costituendo un unico ampio saliente nel settore nemico. Le truppe Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 29 30 31 19 italiane, francesi e inglesi cominciarono cosi’ a dirigersi verso Vittorio Veneto, verso la linea del fiume Monticano dove si stavano ritirando le truppe austriache (in preda a grandi diserzioni soprattutto tra le truppe ungheresi e croate) e iniziarono a risalire il Piave verso nord verso Alano di Piave per aggirare l’armata austriaca sul Grappa il generale Giardino ottiene dal comando supremo di sospendere per un giorno l’offensiva, sul massiccio del Grappa sono gli Austroungarici che attaccano per riprendere le posizioni perse nella notte la corrente del fiume era diminuita e l'artiglieria austro-ungarica, messa in pericolo dall'avanzata delle teste di ponte, aveva molto ridotto la sua attività. In queste condizioni i reparti pontieri poterono attivare due nuovi attraversamenti a Fontana del Buoro (di fronte alla strada numero 12 del Montello) e a valle dei ponti della Priula mentre venne potenziato il ponte di Salettuol utilizzato dalle truppe britanniche. Nella mattinata, con il passaggio delle ultime brigate, l'intera VIIIª Armata del generale Caviglia passò cosi’ sulla riva sinistra del Piave. Tutte le truppe e le artiglierie attraversano il Piave su tutti i ponti di barche che si riusci’ a costruire. Intanto gli attacchi italiani e alleati sono fortissimi e stanno scompigliando le armate austriache (viene conquistato il Monte Cesen). Le truppe austroungariche incalzate, e attaccate, in preda a grandi defezioni, diserzioni lasciano le zone del Piave e del fiume Monticano e si ritirano in disordine sul fiume Livenza, cosi’ smembrandosi perdono il contatto con la armata austroungarica sul Grappa. Anche sul Grappa il comando austriaco nel pomeriggio ordinò i primi ripiegamenti per coprire le Prealpi Bellunesi per la successiva ritirata. L’obiettivo del supremo comando austriaco è ora quello di salvare e di portare nella madrepatria la maggior parte del suo esercito. L’Alto Comando Austriaco ordinò l'evacuazione "in modo ordinato" del Veneto, ma il comando del Gruppo d'Armate del Tirolo comunicò che a causa delle condizioni delle truppe questa manovra di ritirata era inattuabile e consigliò un armistizio immediato senza condizioni. La situazione delle truppe austroungariche era disastrosa e anche la volontà combattiva era compromessa, una serie di attacchi aerei italiani per bombardare e mitragliare le truppe in ritirata aumentarono il disordine e la demoralizzazione tra i reparti il generale Giardino, dietro ordine del comando supremo, ordina un nuovo giorno di offensiva sul Grappa. Si ripeterono gli attacchi inutili con gravissime perdite italiane senza ottenere nessuna conquista. La 12ª Armata francese del generale Graziani stava facendo, invece, buoni progressi e minacciava di aggirare da est le difese del massiccio del Grappa avanzando verso la conca di Alano di Piave Le prime truppe italiane entrano a Vittorio Veneto. Anche la IIIª Armata a sud riceve l’ordine di attraversare il fiume Piave (sui ponti di Salgareda, Romanziol, Chiesanuova e Revedoli) e proseguire verso il fiume Livenza a mezzanotte del 30 ottobre il comando austriaco da' ordine alle divisioni austroungariche presenti sul Massiccio del Grappa di iniziare la ritirata bruciando i magazzini e facendo saltare in aria gli armamenti. 70.000 soldati austro-ungarici abbandonarono le posizioni tenacemente difese per giorni, iniziando una difficile ritirata e lasciando sul posto gran parte dell'artiglieria. Effettivamente la 12ª Armata agli ordini del generale francese Graziani stava risalendo il Piave, stava per arrivare a Feltre aggirando cosi' l'armata austroungarica ancora arroccata sul Massiccio del Grappa. Le posizioni austriache sul Grappa avevano il fianco sinistro scoperto e le ore contate. Il generale Giardino venne avvertito al mattino del 30 ottobre di limitarsi momentaneamente ad azioni minori ma di prepararsi ad avanzare risolutamente con la IVª Armata in caso di sviluppi risolutivi della situazione. Nel corso della giornata quindi nel settore del massiccio del Grappa le truppe italiane non sferrarono altri attacchi, mentre l'aviazione iniziò a individuare colonne nemiche in marcia nelle retrovie verso nord Il generale Diaz diramò la prima direttiva generale per l'inseguimento finale del nemico indicando obiettivi dettagliati alle varie armate, che avrebbero dovuto avanzare su tutto il fronte per guadagnare più terreno possibile nel poco tempo rimasto prima della conclusione della guerra. Da ora in poi le operazioni delle divisioni italiane assunsero il carattere di un inseguimento dell'esercito austro-ungarico in rotta verso i confini dell'impero e della conquista del maggior territorio possibile. L’8ª Armata arrivò a Belluno e prosegui’ verso la Val Pusteria. La 10ª e la 3ª Armata dovevano avanzare verso l’Isonzo precedute dalle divisioni di cavalleria. il 31 ottobre la IVª Armata avanzò in tutti i settori, riconquisto’ tutto il Massiccio del Grappa, raggiunse Feltre precedendo la 12ª Armata, e si mise all'inseguimento dell'esercito austroungarico in ritirata dirigendosi verso la Valsugana e poi verso la valle dell’Adige Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 20 La “Battaglia di Vittorio Veneto” costo’ all’esercito italiano e ai suoi alleati circa 36000 caduti, la maggioranza dei quali sul Grappa. Colpiscono le forti perdite subite dalla 4ª armata sul Grappa, “ 5.000 morti, 20000 feriti e 3000 prigionieri, vale a dire i due terzi delle perdite dell’intera offensiva”. Il 5 novembre 1918 viene sciolta l'”Armata del Grappa”, il comandante ne scrisse il testamento. La ritirata dell'esercito austroungarico (29 ottobre) e la fine della guerra (4 novembre 1918) Il 28 ottobre l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati l'armistizio. In serata l'esercito asburgico ricevette l'ordine di ritirarsi. L'impero era al collasso, oramai i diversi movimenti indipendentisti stavano facendo di tutto per sfruttare la situazione. Il 29 ottobre le truppe autriache si ritirarono dal Piave al Tagliamento; le lunghe colonne di uomini, rifornimenti e artiglierie in ritirata, furono bersagliate da oltre 600 aerei italiani, francesi e britannici. Fu un bombardamento e mitragliamento feroce, e gli uomini in ritirata non avevano modo di difendersi. « Lungo la strada c'erano rottami di veicoli, cavalli morti, cadaveri di uomini sulla strada e nei campi dove erano fuggiti per sfuggire alle mitragliatrici e alle bombe degli aerei ... ». Il 30 ottobre vennero fatti prigionieri più di 33.000 soldati austriaci, mentre a Vienna, il governo austro-ungarico continuava ad adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati. Nel frattempo il porto austriaco di Fiume, che due giorni prima era stato dichiarato parte dello stato slavo meridionale, proclamò la propria indipendenza chiedendo di unirsi all'Italia. Quella sera una delegazione austriaca per l'armistizio arrivò in Italia, a Villa Giusti nei pressi di Padova. L’Italia rinviava il giorno di “cessate il fuoco” perché memore delle rivendicazioni geografiche da sempre richieste cercava in quei giorni di ritirata dell’esercito austroungarico di conquistare il maggior territorio possibile e sedersi cosi’ alla firma dell’armistizio possedendo i territori desiderati. Il 3 novembre l'Austria firmò a Padova l'armistizio che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo. Lo stesso giorno gli italiani entrarono a Trento e la Regia Marina sbarcò a Trieste. Era il 4 novembre 1918 e il comandante in capo dell’esercito d’Italia, Maresciallo Armando Diaz, dava notizia all'intero paese della conclusione del conflitto, firmando l'ultimo bollettino di guerra che sarebbe passato alla storia come il "Bollettino della Vittoria". Alle ore 15:00 del 4 novembre sul fronte italiano le armi cessarono di sparare; quella notte: « ... il cielo era illuminato dalla luce dei falò e dagli spari di razzi colorati. ... Dietro di noi, in direzione di Treviso, si sentiva un lontano ritocco di campane, e canti ed esplosioni di gioia ovunque. Era un momento di perfezione e compimento ». storia partigiana Nel corso della Seconda Guerra mondiale il Grappa fu rifugio delle formazioni partigiane. Proprio sul Grappa venne effettuata una sanguinosa retata dai nazisti e dai fascisti fedeli alla Repubblica di Salò. I combattenti che non vennero uccisi sul posto, vennero impiccati pubblicamente nella vicina Bassano del Grappa. I nazifascisti impiegarono nell'operazione da 15.000 a 20.000 uomini, per scovare e affrontare i 1.500 partigiani celati nei borghi e nelle pendici della montagna. A pochi metri dal sacrario, nei pressi di una caverna nella quale, fino a poco tempo fa, si credeva che alcuni partigiani fossero stati arsi vivi dai nazifascisti, sorge dal 1974 una statua in bronzo "al Partigiano". La vecchia caserma NATO Sulla cima a nord del Sacrario si trova una vecchia Base dell'Aeronautica Militare operativa negli anni '70. Ospitava l'Area Controllo (radar) di una Batteria di missili antiarei Nike-Hercules del 64º Gruppo I.T. (Intercettori Teleguidati) e successivamente un centro per la sorveglianza delle telecomunicazioni dell'Esercito Italiano. Oggi lo stabile versa in pessime condizioni. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 21 La Canzone del Grappa Fu composta nel 1918 dal generale Emilio De Bono prendendo spunto da una scritta anonima apparsa sui muri di una casa della Val Cismon, allora occupata dall'esercito austriaco, che recitava appunto: "Monte Grappa tu sei la mia Patria". Gli autori della canzone furono il capitano Antonio Meneghetti che su sollecitazione del generale Emilio De Bono, Comandante del IX Corpo D'Armata (successivo quadriumviro della Rivoluzione Fascista, fucilato a Verona nel 1944), scrisse la musica della Canzone del Grappa in mezz'ora esatta il 5 agosto 1918 presso Villa Dolfin di Rosà e lo stesso De Bono scrisse il testo del brano. Prendevano così corpo e vita quelle parole che in breve tempo erano sulle labbra di tutti i soldati italiani impegnati sul fronte di guerra contro l'esercito austro-ungarico. La mattina del 24 agosto 1918, sul grande prato davanti a Villa Dolfin, alla presenza del Re d'Italia, Vittorio Emanuele III e delle autorità militari, l'inno fu eseguito per la prima volta. « Monte Grappa, tu sei la mia patria, sovra te il nostro sole risplende, a te mira chi spera ed attende, i fratelli che a guardia vi stan. Contro a te già s'infranse il nemico, che all'Italia tendeva lo sguardo: non si passa un cotal baluardo, affidato agli italici cuor. Monte Grappa, tu sei la mia Patria, sei la stella che addita il cammino, sei la gloria, il volere, il destino, che all'Italia ci fa ritornar. Le tue cime fur sempre vietate, per il pie' dell'odiato straniero, dei tuoi fianchi egli ignora il sentiero che pugnando più volte tentò. Quale candida neve che al verno ti ricopre di splendido ammanto, tu sei puro ed invitto col vanto che il nemico non lasci passar. O montagna, per noi tu sei sacra; giù di lì scenderanno le schiere che irrompenti, a spiegate bandiere, l'invasore dovranno scacciar. Ed i giorni del nostro servaggio che scontammo mordendo nel freno, in un forte avvenire sereno noi ben presto vedremo mutar. » La Madonnina del Grappa Prima della Prima Guerra Mondiale sulla cima del Monte Grappa, nel posto dove ora si trova l'Ossario, esistevano solo bellissimi prati, un piccolo Sacello contenente una cappellina con la statua della Madonnina del Grappa e piu’ in basso una capanna rifugio costruita dal CAI di Bassano nel 1897. Il Sacello della Madonna Ausiliatrice venne inaugurato il 4 agosto 1901 e la Sacra Effigie, a simbolo della fede cristiana nel Veneto, venne in quell’occasione benedetta dal patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (poi papa Pio X). Nella attuale cappella, elevata a Santuario, è ancora custodita quella statua della Madonnina del Grappa. La statua ha avuto una storia dolorosa perché venne mutilata da una granata nemica il 14 gennaio 1918, ferita pure Lei dalla guerra la grande statua cadde per terra danneggiandosi ma senza perdere il Bambino che teneva tra le braccia. Fu raccolta dai soldati e trasportata a valle dove fu venerata dalla popolazione locale. Durante la prima guerra mondiale, la Madonnina del Grappa divenne simbolo della Patria e della protezione divina, al punto che una volta riparata dall'esplosione della granata, prima di esser riposta nel nuovo sacello fece il giro dell'Italia su un vagone ferroviario al cui passaggio tutti lanciavano fiori, pregavano, piangevano, si inginocchiavano. Dopo la guerra fu restaurata e venne ricostruito il nuovo sacello e la statua vi fu ricollocata il 4 agosto del 1921. Particolarmente cara agli alpini e ai valligiani della zona, è ora meta di devoto pellegrinaggio la prima domenica d'agosto. Il Rifugio “Bassano” (Casa “Armata del Grappa” e rifugio Bassano) La capanna rifugio “Capanna Bassano” costruita dal CAI di Bassano nel 1897 era stata costruita in alto vicino alla cima del Grappa, veniva custodito solo nei mesi estivi per rifocillare i viandanti. L'attuale Rifugio “Bassano” originariamente sorgeva, vicino a dove oggi si trova il Sacrario e venne abbattuto per far posto all'Ossario, venne spostato e ricostruito dove è oggi solo nel 1935. Il rifugio ospita un piccolo presidio militare posto a cura della Zona Monumentale del Grappa, una stazione meteorologica e 4 webcam aggiornatissime che si possono vedere sul sito www.cimagrappa.it. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 22 Il Sacrario Militare di Cima Grappa Una volta conclusa la Grande Guerra sul massiccio del Grappa rimanevano molti cimiteri militari dislocati in diversi punti della montagna, tutti i caduti venivano tumulati in cimiteri che sorgevano vicino ai luoghi di battaglia oppure nelle retrovie vicino agli ospedali militari. Così durante il periodo fascista si progettò di costruire un unico cimitero monumentale sulla vetta del monte che raccogliesse i resti di tutti i caduti. Progettato dallo stesso architetto del sacrario militare di Redipuglia, Giovanni Greppi e da Giannino Castiglioni scultore, venne iniziato nel 1932 ed inaugurato il 22 settembre 1935 in presenza del re Vittorio Emanuele III. Sulla sommità del Sacrario sorge il santuario della "Madonnina del Grappa". Il sacrario contiene i resti di 22.910 soldati ed è così disposto (da nord a sud): Settore nord, ossario austroungarico con 10.295 morti di cui 295 identificati. Settore sud, ossario italiano con 12.615 morti di cui 2.283 identificati. Le Spoglie dei Caduti italiani identificati sono disposte in ordine alfabetico e custodite in loculi coperti da lastre di bronzo dove sono incisi il nome e le decorazioni al valor militare del Caduto. Quelle dei 10.332 Ignoti sono raccolte in urne comuni più grandi che si alternano alle tombe singole. La sistemazione a loculi dei 295 Caduti austriaci identificati, su due ripiani sovrapposti, è analoga a quella dei Caduti italiani. I 10.000 Caduti rimasti ignoti sono raccolti in due urne ai lati della cappella centrale. Tra le lapidi del sacrario austro-ungarico, vi è il loculo del soldato rumeno "Peter Pan". “Su quel loculo non mancano mai i fiori ... Sono i bambini che lasciano un segno sulla lapide di un Bambino soldato come nella favola”. Il Sacrario Italiano è costituito da una serie di 5 gradoni semicircolari, posizionati uno sopra all'altro in modo da formare una piramide, che si sviluppano sul pendio che dalla strada conduce alla cima del sacrario. I cinque gradoni sono collegati da un'ampia gradinata centrale a cinque rampe che dalla base del monumento porta alla sommità dove sorge il sacello, Santuario della Madonnina del Grappa. Tra il 4° e il 5° gradone, in posizione centrale, alla sommità della gradinata, è la tomba del Maresciallo d'Italia Gaetano Giardino, che comandò l'"Armata del Grappa", e che prima di morire (nel 1935) aveva espresso il desiderio di essere sepolto lassù tra i suoi soldati della IVa Armata, passata alla storia col nome di «ARMATA DEL GRAPPA». Poco piu' sopra, al centro dell'ossario italiano c'è il sacello della famosa Madonnina del Grappa. Dal piazzale del sacello della Madonnina del Grappa e fino al "Portale Roma" si snoda (tra i due ossari quello italiano e quello austriaco), come un bianco tappeto in pietra squadrata del Grappa, la suggestiva "Via Eroica" che corre, per 250 metri circa, tra due file di cippi in pietra (7 a destra e 7 a sinistra) nei quali sono scolpiti i nomi delle 14 cime/località legate alle più famose battaglie per la difesa del Grappa. Da ovest ad est e da nord a sud questi sono i 14 nomi delle montagne e dei luoghi delle battaglie: Col Moschin, Col del Miglio, Col della Berretta, Monte Asolone, Monte Pertica, Monte Prassolan, Ca Tasson, Col dell'Orso, Monte Salarolo, Monte Valderoa, Monte Fontanasecca, Porte di Salton, Monte Spinoncia, Monfenera Le 14 stele della “Via Eroica” sono cosi’ ordinate: Monte Prassolan Monte Fontanasecca Ca Tasson Monte Spinoncia Monte Asolone Monte Valderoa Col della Berretta Monte Salarolo Monte Pertica Porte di Salton Col del Miglio Col dell'Orso Col Moschin Monfenera Percorrendo la "Via Eroica" si giunge al "Portale Roma", sulla cui sommità è stato costruito l’Osservatorio con la sua ampia terrazza panoramica. Vi si accede mediante scale interne e permette di osservare l'ampio panorama circostante individuando i punti di maggiore interesse storico mediante l'ausilio di una planimetria in bronzo, Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 23 dove sono indicati i luoghi delle battaglie e la posizione del fronte nel Giugno 1918. Uno sguardo all’intorno basterà per cogliere l’estensione della pianura veneta fino alla Laguna di Venezia e al Mare Adriatico verso sud, oltre all’arco alpino con le Dolomiti a nord. Il portale venne offerto dalla città di Roma come ingresso principale della preesistente sistemazione del Sacrario (lavori iniziati nel 1925) che doveva essere sotterraneo (ipogeo). Il Sacrario inizialmente era previsto quale sacrario in caverna al di sotto della cima del Monte Grappa ma a causa delle infiltrazioni di acqua e dell'umido venne costruito all'aperto sulla cima della montagna (percorrendo la “Galleria Vittorio Emanuele III” si puo' visitare la zona sotterranea dove si è iniziato a costruire il sacrario sotterraneo). Nell'attuale collocazione, il Portale Roma che doveva essere l'ingresso per il Sacrario sotterraneo (sopra doveva essere costruita una torre-faro alta 25 m) resta come un semplice monumento storico. Sul portale è scolpito: "Monte Grappa tu sei la mia patria", il primo verso della famosa canzone del monte Grappa. La costruzione dell’Ossario di Cima Grappa: le “lacrime” di un Generale “Settemila ignoti Con una voce prossima a rompere in pianto, il Generale Vanzo, che presiede il comitato per l'Ossario Monumentale, ha ricordato che lassù ci sono settemila spoglie di sconosciuti, un migliaio delle quali non hanno ancora la loro nicchia. “Ogni loculo viene a costare un centinaio di lire - ha aggiunto, quasi vergognandosi di questa richiesta d'elemosina — ricordatelo, ditelo ai vostri amici, non dimenticate questi poveri morti, che non hanno più nessuno, nemmeno la madre che venga ogni tanto con un pugno di fiori, a tappe dalla pianura lontana, salendo a piedi e dormendo nei casolari come fanno le madri degli altri, di quelli conosciuti; e se a questi, che non hanno ne piastrina né medaglia, non pensiamo noi, signori, nessuno ...”. Voleva dire che nessuno ci pensa: ma non ando' piu' oltre. E, poichè un generale non puo' piangere, si allontano' fendendo la calca del pellegrinaggio, sul quale gravavano la pietà del luogo e la solennita' delle memorie” (dal Corriere della Sera del 25 maggio 1930). Vari enti e associazioni nel dopoguerra adottarono idealmente uno o piu' militi ignoti, avevano offerto l'importo della spesa di costruzione di un loculo. Museo Storico della Guerra 1915-1918 di Cima Grappa (tel. 0423-544840) Sulla cima del Monte Grappa all'inizio della stradina che sale al Sacrario, nello ampio slargo della strada (poco sotto la stradina di salita al rifugio Bassano e al parcheggio terminale) si trova il Museo Storico della Guerra 1915-1918, allestito negli ambienti dell'ex Caserma Milano (costruita durante la guerra per ospitare i soldati lavoratori), ora museo storico con due sale espositive (al primo e al secondo piano) con annessa sala di proiezione di un documentario sulla Grande Guerra. Il museo raccoglie al suo interno documenti, foto, armi e cimeli della Prima Guerra Mondiale raccolti sulle zone di battaglia del Grappa e dell’Altipiano di Asiago. Accanto al Museo si trova l'entrata alla Galleria "Vittorio Emanuele III" a cui in tempo di guerra era collegato. la Galleria " Vittorio Emanuele III " L'ingresso della galleria si trova nello stesso piazzale a pochi metri dal Museo Storico della Guerra 1915-1918. Durante la Prima Guerra Mondiale sulla cima del Grappa si pensò di costruire una lunga galleria armata (scavata nella roccia non molto solida del calcare della montagna) che sarebbe dovuta servire ad arrestare l’avanzata austroungarica. È l'opera bellica più rilevante (visitabile) di tutto il Massiccio del Grappa, attrezzata con cisterne d'acqua (per un totale di 1000 mc d'acqua al giorno), infermerie, alloggiamenti, che attraversa tutto il sottosuolo di Cima Grappa da nord a sud. La galleria poneva in comunicazione l'estremo sperone nord della cima poco oltre la ex-caserma NATO con il versante scendente a sud verso il Cason d'Ardosa, e si affacciava sulle linee nemiche con innumerevoli cannoniere e osservatòri di tiro, riflettori. La sua costruzione iniziò nel novembre 1917 (e duro' da gennaio a giugno del 1918) su progetto del Colonnello Nicola Gavotti, ufficiale del Genio Militare. Si trattò di un'opera di fortificazione veramente grandiosa, con il suo sviluppo di 5 chilometri interamente in galleria. Essa è strutturata su di un corridoio principale, lungo circa 1,5 chilometri, da cui si dipartono numerosi corridoi laterali destinati ad ospitare bocche di artiglieria, osservatori e postazioni per mitragliatrici. La galleria, ricavata al di sotto della Cima Grappa, è alta mt. 3 e larga da 1.80 a 2.50 - fu necessario asportare circa 40.000 mt cubi di roccia impiegando 24 perforatrici meccaniche. Per facilitare eventuali azioni offensive vennero ricavati diversi corridoi di sbocco, attraverso i quali le truppe potevano raggiungere l'esterno con notevole effetto sorpresa, e in tutta sicurezza. La sua costruzione fu portata a termine Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 24 a tempo di record, appena dieci mesi, e a pieno regime vi potevano essere ospitati 15.000 uomini, dotati di tutti gli apparati tecnici e logistici. Al suo interno trovarono posto 26 batterie da campagna, da montagna e pesanti campali, per un totale di 104 pezzi, che con le 70 postazioni per mitragliatrice erano in grado di far fuoco su entrambi i versanti della cima, 6 fotoelettriche, 10 osservatori. Il ricambio d'aria era assicurato da ventilatori e depuratori (che servivano anche quando imperversavano gli attacchi con i gas, in tale occasione venivano chiuse tutte le aperture della gallerie con particolari triplici tendine antigas), vi era anche un'infermeria oltre a centralini e posti telefonici. Numerosi depositi di munizioni di viveri e di acqua potabile per ben 15 gironi di autonomia. Gli approntamenti difensivi della galleria concorsero efficacemente a mantenere saldamente il possesso dell'imponente massiccio nel corso della seconda e della terza battaglia del Grappa. L'ingresso della Galleria Vittorio Emanuele III si trova sul fianco desto della Caserma Milano, e in origine i due manufatti erano comunicanti per mezzo di un cunicolo interno che permetteva il passaggio in tutta sicurezza delle truppe e del personale. Oggi la Galleria Vittorio Emanuele III è visitabile per metà della sua lunghezza, circa 800 metri, in assoluta sicurezza, in quanto è dotata di un impianto di illuminazione che ne permette un agevole transito, purtroppo non è possibile la visita completa della galleria a causa di alcune frane e sbarramenti artificiali. Una diramazione della galleria porta al vecchio sacrario sotterraneo costruito nel 1925 ed abbandonato per le troppe infiltrazioni d'acqua e poi costruito all'aperto dove è oggi. L'ingresso alla galleria ha un orario di apertura per la visita al pubblico ed è gestita dai militari di servizio al vicino museo che la aprono e danno tutte le spiegazioni necessarie. Accanto all'ingresso della galleria sorge il cippo che ricorda i tantissimi (circa 600) partigiani caduti sul Grappa nel periodo 1943-1945. Le strade del Massiccio del Grappa, le attuali Strade Statali “SP 148”, “SP 149”, “SP 140” La "Strada Cadorna" "Giunti a Col Campeggia e all’osteria del Campo, la grande strada carrozzabile, scrive Angelo Gatti (collaboratore diretto di Cadorna), si biforcava: e un ramo saliva alla vetta, mentre l’altro, per Col del Gallo, Col Rainero, Col Caprile, Col della Berretta giungeva a Col Bonato. La strada era comoda, con pochissimi tratti che superassero la pendenza del 7%: la diramazione di Col Bonato era larga tre metri: il collegamento stradale fra le posizioni occidentali del Grappa era così comodamente ottenuto. Fu chiamata dalle popolazioni della zona la strada “Cadorna”". Da Bassano del Grappa per arrivare al Sacrario Militare di Cima Grappa si percorre la Strada Cadorna, costruita su ordine del generale Luigi Cadorna per dare supporto logistico alle linee difensive. Da Romano Alto (5 km a nord-est di Bassano) la strada portava fino alla sommità del massiccio. Essa si sviluppava costantemente sul versante sud, al riparo del fuoco nemico tranne che in un breve tratto tra il Monte Coston e Cima Grappa dove esisteva il “giro della morte” perchè era sottoposta al fuoco nemico. Nel caso in cui gli austriaci fossero riusciti a pervenire sulla strada Cadorna, venne costruita una strada di arroccamento più a sud, che si diparte in Val Santa Felicita dalla strada Cadorna, si snoda alle spalle della linea “di massima resistenza", protetta dal Monte Oro e dai Colli Vecchi, si collega con la strada proveniente da Semonzo e poi prosegue verso Cima Grappa. Altre strade camionabili di secondaria importanza e un numero rilevante di carreggiabili e mulattiere completavano poi la rete viaria del massiccio. Accesso da Bassano del Grappa 29,7 Km cosi’ distribuiti: Bassano del Grappa (122 m) - Romano d'Ezzelino (129 m, 3,0 km) - Romano Alto (169 m) - Camposolagna (1027 m, 16,3 km) - Ponte San Lorenzo (1062 m, 20,1 km) – Cima Monte Grappa (1776 m, 29,7 km). L’odierna Strada Statale SP 148 (ex SS 141) "Strada Cadorna" La ex strada statale SS 141 Strada Cadorna, ora strada provinciale SP 148 Cadorna, è una strada provinciale italiana che inizia a Romano Alto e termina a Caupo sulla vecchia SS 50 presso Seren del Grappa (lunghezza 55,427 km). Da Romano Alto la strada inizia la sua ascesa al monte Grappa con una serie di tornanti fino a raggiungere Ponte San Lorenzo, frazione di Solagna. Il percorso procede quindi in direzione est, sconfinando nella provincia trevigiana, dove si diparte la ex strada statale 141 dir Strada Cadorna in direzione del Sacrario Militare del Monte Grappa. La strada, proseguendo in direzione nord, segue grossomodo il confine tra la provincia di Vicenza e la provincia di Belluno, fino ad iniziare la discesa verso il Feltrino. Il percorso termina dopo aver lambito Seren del Grappa, innestandosi sul vecchio tracciato della strada statale SS 50 del Grappa e del Passo Rolle nella frazione di Santa Lucia. La strada viene mantenuta aperta tutto l'anno mentre altri tracciati Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 25 sono chiusi per neve nella stagione invernale e si snodano su strade più strette e disagevoli. L’attuale SP 148 coincide con la vecchia Strada Cadorna fino al bivio con la nuova SP 149 (che conduce al Sacrario Miliare di Cima Grappa), il tratto che conduce all’Albergo Forcelletto è stato, invece, realizzato nuovo dopo la guerra, mentre il tratto finale che dall’Albergo Forcelletto arriva a Caupo è in realta’ la vecchia strada di guerra austroungarica (equivalente alla Strada Cadorna italiana) che riforniva le difese austroungariche sul massiccio e che terminava all’Albergo Forcelletto. L’odierna Strada Statale SP 149 (ex SS 141 dir) ultimo tratto stradale per la salita a Cima Grappa Inizia dal bivio con la SP 148 e termine al Sacrario Militare del Monte Grappa (lunghezza 3,435 km). La strada del "Generale Giardino" (SP 140) La strada non fu importante come la Strada Cadorna perchè venne costruita verso la fine del conflitto. Da Semonzo (214 m), frazione del comune di Borso del Grappa situata sulle pendici meridionali del Monte Grappa, parte una stradina inizialmente ripida che si snoda sul tracciato di una vecchia camionabile militare, la strada Generale Giardino; intorno a quota 1000 metri si incontra un tratto più facile ma dopo Campo Croce (1048 m) la salita diventa durissima con pendenze quasi sempre superiori al 10%; si incontra il tracciato delle malghe al 26° tornante, si continua tra i prati e, dopo il 27° tornante, si supera la zona di decollo dei deltaplani; dopo un tratto durissimo si affronta il 28° ed ultimo tornante e, subito dopo, si sbuca sulla strada Cadorna che si segue fino in vetta. La strada viene aperta in primavera verso fine aprile e i primi giorni di maggio dopo la chiusura invernale dovuta alla neve. La “Strada delle Malghe” (SP 141) La strada collega la città di Pederobba con la Cima del Monte Grappa dopo circa 20 km di strada asfaltata in alcuni tratti stretta e chiusa ai camion e ai pullmann. La strada attraversa il Monfenera-Monte Tomba e sale alle malghe alte del Massiccio del Grappa, attraversa il Pian de la Bala e i Pianori di Ardosa e si immette sulla SP 140 circa 2 km prima del bivio della SP 140 con la SP 149. La strada viene aperta in primavera verso fine aprile e i primi giorni di maggio dopo la chiusura invernale dovuta alla neve. La strada “Direttissima” Durante la guerra l’altra strada che veniva spesso usata era la carrareccia del Grappa, la strada “direttissima” che iniziava da Crespano, arrivava al Santuario della Madonna del Covolo e poi con una serie fitta di tornanti e serpentine arrivava in cima, venne costruita nello stesso periodo della Strada Cadorna. Mulattiera militare di arroccamento, il Sentiero del Boccaor - Meatte Il sentiero del “Boccaor-Meatte” (segnavia CAI n. 152) è una strada militare carreggiabile (in alcuni tratti è una mulattiera lastricata) realizzata durante la Prima Guerra Mondiale nell'anno 1918 come strada di arroccamento per assicurare i movimenti e per rifornire le truppe di prima linea. La mulattiera servi’ anche come valido punto di appoggio per costruire teleferiche utilizzate per i rifornimenti e il trasferimento dei feriti in fondo valle e verso la pianura. Gran parte dei trasporti, sia di materiali come di uomini, era affidata alle teleferiche: opere ingegneristiche di elevata complessità che superavano i pendii più scoscesi. È un’opera ardita e ammirevole, realizzata incidendo e forando le rocce strapiombanti del versante sud scosceso dei monti Boccaor e Meatte, è un sentiero-cengia-balcone sulla testata della scoscesa Val di San Liberale che aggira le testate delle dirupate vallette secondarie. Il sentiero è altamente panoramico con belle vedute verso la valle e la pianura sottostante ed a volte esposto. Nei tratti più pericolosi è stato predisposto un cavo d'acciaio di protezione. Il sentiero inizia dal pianoro di Pian de la Bala (il sentiero di guerra iniziava dal pianoro di Ardosa sotto la cima del Monte Grappa) e inizia a salire come strada lastricata seguendo il profilo delle pareti sud del monte Boccaor, scorre in falso piano con qualche tratto in leggera salita, attraversa le ardite pareti del massiccio, e, dopo aver attraversato alcune gallerie e la parte più “impegnativa” del sentiero, giunge alla Sella delle Mure (1500 m), dopo essere passati poco prima sotto il ponte tibetano della ferrata Sas Brusai che sale da San Liberale. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 26 Santuario della Madonna del Covolo (Crespano del Grappa) Il Santuario si trova a 600 metri, sulle pendici del Monte Grappa all'inizio della Valle di San Liberale. Verso la metà del XII secolo, la Madonna è apparsa ad una pastorella sordomuta di Crespano che, sola al pascolo con le pecore, durante un temporale si era rifugiata in una grotta (da qui il nome Covolo), dove stava pregando. La Vergine le parlò e le disse di andare a Crespano per dire a tutti che in quel posto desiderava una cappella. La ragazza, che aveva sentito per la prima volta nella sua vita, acquistò la voce e l’udito per fare quanto le era stato ordinato. La prima cappella risale al 1300 e venne ampliata nel 1541 e nel 1605. L’attuale costruzione è opera dell’architetto Antonio Canova di Possagno che realizzò il nuovo Santuario del Covolo dal 1804 al 1809, senza demolire la precedente antica chiesetta, che sussiste ancora dietro l'abside incastonata nella roccia e costruendo a sud un’elegante rotonda con atrio sostenuto da otto colonne di stile ionico. Canova sperimentò qui per la prima volta le linee del Pantheon, realizzando un edificio neoclassico a pianta circolare, una "prova generale" per il successivo Tempio di Possagno. Nel 1844 venne costruita l’attuale strada grazie al contributo di numerosi gruppi di volontari provenienti da decine di paesi fra il Brenta e il Piave. Il Venerdì Santo dell’anno successivo (1845) un masso si staccò dal Monte cadendo sul Santuario, distruggendo sacrestia e presbiterio. Fu ritenuto miracoloso il fatto che la statua della Madonna, tuttora esposta presso l'altare maggiore, venne recuperata in fondo alla valle intatta. Nella Valle detta della Madonna, poco a sud del Santuario, si trova la sorgente dei Tre Busi: quest’acqua, da sempre oggetto di grande devozione, scaturì per facilitare i lavori di costruzione della prima cappella. Nel 1927 nella Valle della Madonna (a sud del Santuario) venne inaugurata la scena sacra dell'Apparizione della Madonna e sulle pendici del Monte Frontal fu formato il monogramma WM (Viva Maria) con dei sempreverdi. "Museo Diffuso del Grappa - dal Brenta al Piave" Monte Palon Il Monte Palon con i suoi 1306 metri sovrasta il Monte Tomba, il Monfenera e domina la linea del Piave fino al Montello. In particolare la stretta di Quero, che fu zona strenuamente contesa durante la Battaglia d’Arresto nella Prima Guerra Mondiale, diede modo al Monte Palon di far valere la sua posizione strategica: venne trasformato in una vera fortezza, con postazioni d’artiglieria in caverna, postazioni di mitragliatrici fortificate, postazioni di bombarde e di fotoelettriche, importantissimi osservatori e molto altro. Nella zona compresa tra la cima del Monte Palon e Bocca di Forca erano situate numerose batterie italiane con il compito di difendere l'ala orientale del Settore del Grappa. Lungo tutto il percorso sono chiaramente visibili numerosi resti di baracche, trincee e caverne. Erwin Rommel (meglio noto come la “volpe del deserto” nella Seconda Guerra Mondiale), era impegnato allora proprio in questo settore come tenente di un battaglione della Württemberg (inserito nell’Alpenkorps) e tentò ripetutamente e inutilmente di prendere questa importante linea fortificata (come si può apprendere dalle dettagliate relazioni nei suoi diari corredati da schizzi della zona). Egli stesso citava il Monte Palon come osso duro da espugnare conferendogli l’attributo di “spina dorsale” della linea di difesa italiana in quel tratto di fronte: infatti la posizione strategica del Monte Palon permetteva di tener sotto costante osservazione le posizioni nemiche integrando l’azione delle artiglierie di cima Grappa su zone (non viste e non battibili da questa) del tratto Tomba – Monfenera e dell’intera valle del torrente Ornic, oltre che alla stretta del Piave. Per questo motivo intere divisioni Austro-Tedesche nella Battaglia d’Arresto nel novembre-dicembre del 1917, seguendo varie direttrici, cercarono di prenderlo invano. Il Monte Palon divenne, pertanto, la posizione da cui l'artiglieria italiana riusci' a compromettere molte azioni nemiche. L'eccezionale e splendido lavoro svolto dai volontari del Gruppo Alpini di Possagno permette oggi di visitare questo importantissimo caposaldo completamente ripulito e risistemato in modo da poter camminare nelle trincee e nelle caverne e capire come doveva essere quella guerra. Sono state risistemate tutte le postazioni di artiglieria, mitragliatrici e fucilieri, il tutto arricchito da tanti cartelli tematici e storici esplicativi. I lavori sono stati resi possibili grazie al Programma di Iniziativa Comunitaria Interreg III A Italia–Austria 2000–2006 il quale aveva come obiettivo il recupero delle opere risalenti alla Grande Guerra. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 27 Il Sacrario Militare Francese di Pederobba Lungo la Strada Statale SS 348 “Feltrina” che porta da Treviso a Feltre è possibile vedere l'unico sacrario militare francese della Grande Guerra. Si trova all'interno del Comune di Pederobba, vicino al corso del fiume Piave e non lontano dalle pendici del Monte Tomba. Il sacrario ricorda la fratellanza militare italo-francese, voluto dal Maresciallo Petain, venne inaugurato nel giugno 1937 in contemporanea a quello italiano di Bligny, un monumento funebre nei pressi di Verdun (Francia) che raccoglie 3453 caduti italiani del II corpo d’armata italiano morti in Francia sul fronte occidentale. Il Sacrario Militare Francese di Pederobba raccoglie i resti mortali di 1000 soldati francesi appartenenti alla 47ª divisione Francese (erano truppe alpine, gli “Chasseurs des Alpes”, “Cacciatori delle Alpi”) ai comandi del generale Dilleman che combattè aspramente e con successo sul Monte Tomba (che riconquistò d'impeto il 30 dicembre 1917) e durante la fase iniziale della Battaglia di Vittorio Veneto con il passaggio del Piave e l'attacco al Monte Perlo, sopra Valdobbiadene. Le salme dei caduti vennero a suo tempo raccolte dai vari cimiteri di guerra esistenti presso le stesse zone in cui operarono le unità francesi dal dicembre 1917 al novembre 1918. Tra il 1917 e il 1918 il contingente francese raggiunse circa 130.000 uomini e offrì un sostegno importante all'esercito italiano, soprattutto sulla dorsale del Monte Tomba. I fanti francesi, assieme agli italiani, tra il 27 ed il 28 ottobre 1918, forzarono il Piave, liberarono Valdobbiadene, conquistando poi il Monte Cesen. Il monumento antistante, rivolto al Piave, propone una particolare evocazione della Grande Guerra: il gigantesco gruppo di statue in primo piano formato da due statue, la Madre Francia e la Madre Italia, unite nel dolore, mentre sorreggono sulle ginocchia il loro Figlio morto. Oggi l'imponente sacrario simile ad una surreale parete rocciosa rimane a costante ricordo del sacrificio dei giovani francesi che sul Tomba e sul Piave persero la loro vita. Il fiume Piave Il Piave scorre interamente in Veneto nell'omonima valle (lunghezza 231,25 km). È noto in tutta la Penisola come il "Fiume Sacro alla Patria" in memoria dei combattimenti di cui fu teatro durante la Prima Guerra Mondiale. Il Piave nasce nelle Alpi Orientali e più precisamente nelle Alpi Carniche, alle pendici meridionali del Monte Peralba, nel comune di Sappada, in provincia di Belluno, a quota 2037 m. La sua foce è nel Mar Adriatico, a nord-est di Venezia, presso il porto di Cortellazzo fra Eraclea e Jesolo. È il quinto fiume d'Italia per lunghezza fra quelli direttamente sfocianti in mare. Nel tratto pianeggiante il fiume perde molta della sua acqua a causa dei prelievi idrici (lungo il suo corso sono stati costruite diverse dighe e sbarramenti e canali) e dell'infiltrazione (il letto può allargarsi fino a diversi chilometri di larghezza). Nell'ultimo tratto il Piave è come canalizzato, a seguito degli interventi dei Veneziani che ne deviarono il corso a est per salvare la laguna. Il vecchio ramo del Piave esiste ancora oggi, giunge nei pressi della laguna di Venezia e si mescola con le acque del Sile prima di sfociare nell'Adriatico tra i comuni di Jesolo e Cavallino Treporti. Noto per la turbolenza del suo corso, il Piave fino a tutta l'età romana sfociava in corrispondenza dell'estremità settentrionale dell'odierna Laguna di Venezia, unendo le proprie acque a quelle del Brenta e del Sile e raggiungendo il mare attraverso l'odierno canale di San Felice in corrispondenza del porto di Lido. In seguito alla spaventosa alluvione di cui parla lo storico Paolo Diacono del 589 il fiume deviò verso nord il tratto finale del proprio corso, sfociando poco a sud di Jesolo, in corrispondenza dell'attuale foce del Sile, detta anche per l'appunto Piave Vecchia. A partire dal 1642 la Repubblica di Venezia intraprese alcune opere idrauliche sul basso corso del fiume in modo da allontanarne le acque dalla Laguna Veneta, ovviando così agli annosi problemi di interramento e di salubrità ambientale. L'alveo originale (Piave Vecchia) venne utilizzato per accogliere le acque del Sile attraverso il cosiddetto Taglio del Sile, mentre il Piave fu fatto sfociare in un'area paludosa a sud-est di Grisolera (l'attuale Eraclea) detta Lago della Piave. Ma nel 1683, a seguito di una piena eccezionale, la cosiddetta Rotta della Landrona portò il Piave a sfociare poco più a est di Cortellazzo. Il 5 ottobre 1935 una nuova alluvione avrebbe portato il fiume nell'attuale foce, mentre il vecchio estuario andò a formare la Laguna del Mort. Sotto la Repubblica di Venezia lungo il Piave venivano trasportati i grandi tronchi degli alberi segati nelle varie foreste del Cadore necessari per la costruzione delle navi della flotta e per le opere di Venezia. I tronchi d'albero arrivavano via acqua a Venezia e venivano raccolti nelle darsene e poi lavorate all'interno dell'Arsenale. A Longarone esiste un museo che descrive il lavoro degli "zatterieri" del Piave nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 28 La Canzone del Piave La leggenda del Piave, conosciuta anche come la canzone del Piave, (inno nazionale italiano dal 1943 al 1946) fu scritta nel 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), il quale rinunciò ai diritti d'autore sulla canzone. La leggenda del Piave fu composta nel giugno 1918 subito dopo la battaglia del Solstizio, e ben presto venne fatta conoscere ai soldati dal cantante Enrico Demma. L'inno contribuì a ridare morale alle truppe italiane, al punto che il generale Armando Diaz inviò un telegramma all'autore nel quale sosteneva che aveva giovato alla riscossa nazionale più di quanto avesse potuto fare lui stesso: «La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!». Venne poi pubblicata da E. A. Mario il 20 settembre del 1918, a guerra ormai ultimata. Dal 1943 al 1946 la Canzone del Piave divenne l'inno nazionale dello stato italiano. La melodia fu poi sostituita da Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli. La Leggenda del Piave (Inno d'Italia dal 1943 al 1946 ) Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio; l'esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera! Muti passaron quella notte i fanti, tacere bisognava andare avanti. S'udiva intanto dalle amate sponde sommesso e lieve il tripudiar de l'onde. Era un presagio dolce e lusinghiero. il Piave mormorò: Non passa lo straniero! Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento e il Piave udiva l'ira e lo sgomento. Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, poiché il nemico irruppe a Caporetto. Profughi ovunque dai lontani monti, venivano a gremir tutti i suoi ponti. S'udiva allor dalle violate sponde sommesso e triste il mormorio de l'onde. Come un singhiozzo in quell'autunno nero il Piave mormorò: Ritorna lo straniero! E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame volea sfogare tutte le sue brame, vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora sfamarsi e tripudiare come allora! No, disse il Piave, no, dissero i fanti, mai più il nemico faccia un passo avanti! Si vide il Piave rigonfiar le sponde e come i fanti combattevan l'onde. Rosso del sangue del nemico altero, il Piave comandò: Indietro va, o straniero! Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento e la Vittoria sciolse l'ali al vento! Fu sacro il patto antico, tra le schiere futon visti risorgere Oberdan, Sauro e Battisti! Infranse alfin l'italico valore le forche e l'armi dell'Impiccatore! Sicure l'Alpi, libere le sponde, e tacque il Piave, si placaron l'onde. Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi, la Pace non trovò né oppressi, né stranieri! La "Citta' degli Aironi" di Pederobba (www.lipupedemontanatrevigiana.it) "La Città degli Aironi" con sede presso l'ex stazione ferroviaria di Pederobba (tel. 3394683136) è un’oasi naturalistica gestita dalla Lipu Pedemontana Trevigiana per conto dell'Amministrazione comunale di Pederobba. Con sei ettari di bosco nel greto del fiume Piave, 121 specie di uccelli (nidificanti, svernanti, migratrici, irregolari e accidentali), la “Città degli Aironi” (questo il nome della garzaia) è un’ampia area verde situata sulle grave del Piave, tra la stretta di Quero e la Spiaggia di Pederobba a ridosso del Cementificio Rossi. È meta di numerosi visitatori, birdwatchers, escursionisti, naturalisti, studenti e scolaresche che, guidati dagli esperti della LIPU, possono carpire i segreti faunistici presenti nel Piave, ma soprattutto possono osservare da vicino i comportamenti del "maestoso"Airone Cenerino e della Garzetta, aiutati da binocoli e cannocchiali che la LIPU mette a disposizione dei visitatori. La Garzaia di Pederobba sita sul fiume Piave ai piedi del Monte Grappa tra boschi, prati, siepi, risorgive, uno scrigno di biodiversità è considerata importante a livello europeo per l'avifauna e la biodiversità. Nell'ambito delle ricerche IBA (Important Bird Areas) l'area è classificata di importanza Europea per l'avifauna (Medio Piave). Sull'ampio letto del fiume Piave, tra i meandri dei corsi d'acqua e le golene ricche di salici, pioppi ed ontani, si è insediato un numero consistente di aironi formando, da oltre 15 anni, una Garzaia nella quale nidificano circa 100 coppie di Airone Cenerino e 28-30 coppie di Garzetta. Nel periodo migratorio si possono osservare specie molto rare come la Cicogna nera, la Cicogna bianca, il Falco pescatore e numerosi Falchi Cuculo. Il ‘Centro di Educazione Ambientale - Centro Visite’ è sempre aperto al pubblico. Le visite guidate sono gratuite. All'interno sono presenti aule didattico-museali, Traversata da Cima Grappa al fiume Piave 29 un'aula audiovideo e una fornita biblioteca naturalistica. Dal Centro è possibile visitare la Garzaia e percorrere quattro percorsi naturalistici (i sentieri sono tutti mantenuti dai volontari della LIPU Pedemontana Trevigiana). Ricordiamo che questa zona dove sorge la Città degli Aironi è stata da sempre una zona di passaggio poichè è uno sbocco dalle montagne alla pianura, in periodo romano si ritiene che questa fosse una importante zona di transito, visto il passaggio della via Claudia Augusta Altinate, forse coincidente con l'attuale strada statale Feltrina. Questa zona importante ebbe un grande sviluppo agricolo con la costruzione della Brentella (è il canale che si attraversa proprio di fronte alla stazione ferroviaria di Pederobba), canale artificiale realizzato sotto la Serenissima che, prelevando le acque dal Piave, contribuisce ad irrigare la pianura sottostante, altrimenti arida e sterile. Note su film e siti web sulla Prima Guerra Mondiale Siti storici su internet sulla Prima Guerra Mondiale: www.cimeetrincee.it (vedere la sezione “links” dove sono riportati tantissimi link di altri bellissimi siti) www.guerrabianca.net www.museodellaguerra.it www.it-au-1915-1918.com www.lagrandeguerra.net www.lagrandeguerra.too.it www.firstworldwar.com www.kaiserjaeger.com www.esercito.difesa.it www.worldwar1.com/itafront www.artiglieria.net film e documentari: “All'ovest niente di nuovo” (All Quiet on the Western Front) film del 1930 USA, premio Oscar “Orizzonti di Gloria”, regia di Stanley Kubrick, 90 min., USA 1957, premio Oscar “La Grande Guerra”, regia di Mario Monicelli, 130 min., Italia Francia 1959, Leone d’Oro di Venezia “Uomini contro”, regia di Francesco Rosi, Italia 1970 “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, regia di Delbert Mann, 128 min., USA 1979 La grande illusione, regia di Jean Renoir, Francia 1937 I recuperanti, regia di Ermanno Olmi, Italia 1969 Mata Hari, regia di George Fitzmaurice, 89 min., USA 1931 Gli anni spezzati, regia di Peter Weir, 107 min., Australia 1981 La Grande guerra sull'altopiano di Asiago, regia di Andrea Koslovic, 79 min., Italia 1990 Caporetto 1917: dall'Isonzo al Piave, l'ultimo volo delle aquile imperiali, Enrico Folisi, 60 min., Italia Alpini, schutzen e kaiserjager nella Grande guerra : vivere e morire in alta quota, Enrico Folisi, 30 min., Italia