Regolamentazione delle Telecomunicazioni

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Regolamentazione delle Telecomunicazioni
Regolamentazione delle Telecomunicazioni
Giuseppe De Feo e Alfredo Del Monte
May 21, 2012
Versione reliminare
non citare senza il permesso degli autori
Contents
1 Caratteristiche strutturali del settore delle TLC
4
2 Dal monopolio alla liberalizzazione dei servizi di TLC
6
3 Politica regolamentare e sviluppo della concorrenza
3.1 Regolamentazione della condotta . . . . . . . . . . . .
3.1.1 estensione verticale del potere di mercato . . .
3.1.2 estensione orizzontale del potere di mercato . .
3.1.3 Dominanza in un singolo mercato . . . . . . . .
3.1.4 Dominanza nel servizio di terminazione . . . .
3.2 La separazione della rete . . . . . . . . . . . . . . . . .
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4 La regolamentazione dell’accesso alla rete
4.1 La regola dell’Efficient Component Pricing (ECPR) . . . . . . . . . . . . . . .
4.1.1 Vantaggi e svantaggi dell’ECPR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.1.2 Applicazione dell’ECPR: Retail minus e price squeeze . . . . . . . . . .
4.2 Prezzi di accesso tipo Ramsey per l’incumbent verticalmente integrato . . . . .
4.2.1 Incumbent in concorrenza perfetta con altri operatori . . . . . . . . . .
4.2.2 Incumbent non in concorrenza con altri operatori . . . . . . . . . . . . .
4.2.3 Concorrenza tra incumbent e altri operatori con servizi sostituti imperfetti
4.2.4 Concorrenza tra incumbent e altri operatori con servizi sostituti imperfetti e costo fisso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Problemi dell’applicazione dei prezzi di accesso ottimali . . . . . . . . . . . . .
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5 Effetti della regolamentazione sugli investimenti infrastrutturali (efficienza
dinamica)
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5.1 Critica all’approccio dell’essential facility e dell’unbundling generalizzato . . . 30
5.2 Effetti sugli investimenti della regolamentazione dei prezzi di accesso in un
contesto strategico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
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6 Interconnessione tra reti
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6.1 Concorrenza tra reti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
7 Il Servizio Universale
7.1 La presenza di sussidi incrociati nelle comunicazioni . . . . . .
7.2 Definizione e obiettivi del servizio universale . . . . . . . . . . .
7.3 Efficienza dei sussidi incrociati in presenza di esternalità di rete
7.4 Crisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.5 La riforma del servizio Universale . . . . . . . . . . . . . . . . .
8 La regolamentazione dell’accesso in Europa
8.1 L’introduzione della liberalizzazione in Europa . .
8.2 Il nuovo quadro regolatorio del 2002 . . . . . . . .
8.3 Commissione Europea e Autorità nazionali . . . .
8.4 I mercati rilevanti ed il quadro regolatorio del 2002
8.5 Convergenza regolamentare . . . . . . . . . . . . .
8.6 La riforma del 2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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9 La regolamentazione della banda larga
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10 La regolamentazione dell’accesso alle NGN
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Bibliografia
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2
L’industria delle telecomunicazioni è stato tra i settori più dinamici dell’economia globale
ed anzi ha rappresentato il motore dei processi di integrazione internazionali e di globalizzazione. Il peso del settore sull’economia nel suo complesso, misurato come percentuale dei
ricavi del settore sul Prodotto Interno Lordo, ha segnato una forte crescita in tutti gli anni
’90 passando dal 2.16% del 1990 al 3.28% del 2001 nei paesi OCSE. In particolare in Italia
si è passati nello stesso periodo dall’1.46% al 2.43%. Tuttavia gli anni 2000 hanno visto un
consolidamento del settore che ha mantenuto costante il suo peso nell’economia attestandosi
nel 2007 al 2.92% e al 2.32% per la media dei paesi OCSE e per l’Italia rispettivamente.1
L’industria delle telecomunicazioni include: la telefonia fissa e mobile, l’industria radiotelevisiva, Internet e tutte le reti fisiche utilizzate per scambiare suoni immagini e dati. Al fine di
descrivere le principali caratteristiche del settore, potrebbe essere utile distinguere tra la rete
fisica ed il suo funzionamento, ed i servizi che utilizzano il network.
La rete è quel complesso sistema formato da linee e commutatori necessario per stabilire
una comunicazione tra due punti distanti nello spazio.
Le reti di telecomunicazione sono generalmente configurate in maniera gerarchica. Ad
esempio, per quanto riguarda la rete di telefonia fissa, gli utenti sono connessi al network
attraverso il local loop (doppino telefonico), che collega l’utente alla stazione di commutazione
locale che a sua volta è connessa da linee di lunga distanza o dorsali a stazioni di commutazione
regionali ed infine alla rete internazionale.
Diversi sono invece i servizi che utilizzano l’infrastruttura di rete e che vengono forniti
agli utenti finali. I servizi possono essere offerti dalla stessa impresa proprietaria della rete
fisica, ma anche da altre imprese. Molti sono i servizi che utilizzano le moderni rete di
telecomunicazione, ad esempio,
• chiamate telefoniche (che sono comunicazioni voce in entrambe le direzioni);
• servizi Internet a banda larga;
• servizi televisivi;
• servizi dedicati come ad esempio quelli degli sportelli automatici bancari (Bancomat) che
utilizzano un network dedicato che collega le varie postazioni con i sistemi informatici
delle banche;
Sono passati più di tre decenni dall’inizio dei processi di liberalizzazione del settore delle
Telecomunicazioni e il panorama del settore oggi è profondamente cambiato rispetto al tradizionale
monopolio verticalmente integrato che era dominante sino all’inizio degli anni ’80. La concorrenza tra operatori alternativi è cresciuta in (quasi) tutti i segmenti dell’industria e i processi di convergenza tecnologica hanno reso possibile l’utilizzo di infrastrutture diverse per
fornire i medesimi servizi. Tuttavia questo resta uno dei settori più fortemente regolamentati
dell’economia. Lo scopo del presente lavoro è quello di dare una visione aggiornata delle ragioni che ancora giustificano le presenza di una forte regolamentazione del settore e le sfide
1
Questi dati sono tratti riportati in OECD (2009). AGGIORNARE I DATI ALL’OUTLOOK 2011
3
che si trovano davanti le Autorità di regolamentazione. Nella Sezione 1 analizziamo le principali caratteristiche strutturali dell’industria mentre nella sezione 2 si analizza sinteticamente
l’evoluzione della regolamentazione del settore il cui obiettivo principale si è progressivamente
spostato dalla regolamentazione dei prezzi per gli utenti finali alla creazione di condizioni favorevoli alla concorrenza tra operatori alternativi soprattutto in presenza di essential facilities.
Le diverse opzioni in termini di proprietà e di gestione dell’infrastruttura essenziale utilizzabili
ai fini di garantire l’accesso agli operatori alternativi sono analizzate nella Sezione 3. Ai fini di
garantire un accesso efficiente all’infrastruttura essenziale le autorità regolamentano il prezzo
di accesso. Nella sezione 4 si analizzano le diverse regole definite dalla teoria economica per la
fissazione della tariffa di accesso e discuteremo la loro applicazione. Se da un lato la regolamentazione del prezzo di accesso è finalizzata al miglioramento dell’efficienza allocativa (statica)
in un mercato in cui vi sono strozzature monopolistiche, dall’altro è importante considerare
gli effetti che tale regolamentazione ha sull’incentivo ad investire sia del proprietario della rete
che degli operatori alternativi (efficienza dinamica). Questo sarà l’oggetto della Sezione 5 I
problemi della regolamentazione non si esauriscono, tuttavia, quando le infrastrutture non
sono più monopolio di un solo operatore. Infatti altri problemi, legati essenzialmente alla possibilità di collusione, si presentano quando diversi operatori sono in concorrenza connettere
con reti locali proprie i consumatori al network delle telecomunicazioni. Questo problema sarà
analizzato nella Sezione 6, mentre obiettivi e problemi legati al Servizio Universale saranno
analizzati nella sezione 7. L’ultima parte di questo lavoro f̀ocalizzata su un’analisi più approfondita dell’evoluzione del quadro regolatorio europeo (Sezione 8), e dell’applicazione alla
regolamentazione della banda larga e delle reti NGN di ultima generazione (Sezioni 9 e 10).
1
Caratteristiche strutturali del settore delle telecomunicazioni
L’industria delle telecomunicazioni è stata storicamente caratterizzata in tutti i paesi sin dalla
sua nascita dal rapido consolidamento in un’unica impresa, un monopolista, verticalmente
integrato che generalmente produceva gli elementi della rete di telecomunicazione, installava e
gestiva l’infrastruttura di rete, e infine forniva tutti i servizi di telecomunicazione. Si andava
insomma dal finanziamento della ricerca, alla produzione degli apparecchi telefonici, alla fornitura dei servizi di comunicazione anche accessori, come elenchi telefonici, meteo ed oroscopo. I
motivi della presenza di un’unica impresa possono essere individuati nella presenza di rilevanti
economie di scale e di scopo in molti stadi della produzione (rete locale, commutazione, long
distance) e dall’importanza del coordinamento tra le diverse attività che più facilmente veniva
assolto all’interno dell’azienda rispetto al mercato. Il settore tendeva a caratterizzarsi nella
sua complessità come un monopolio naturale. Parliamo di monopolio naturale quando la
domanda per un particolare bene o servizio è soddisfatta in maniera più efficiente da una sola
impresa piuttosto che da due o più imprese. In altre parole avremo un monopolio naturale
quando il costo di produrre la quantità richiesta dal mercato è più basso quando una sola
impresa produce l’intera quantità piuttosto che due o più imprese. Nel caso delle telecomunicazioni, la presenza di economie di scala, di scopo e di densità, la presenza di costi fissi di
4
connessione e la rilevanza di costi di investimento irrecuperabili, come ad esempio quelli di
installazione ed interramento dei cavi, sono stati indicati come la giustificazione principale per
la presenza di un monopolio. L’elevatissimo grado di integrazione verticale è stato spiegato
anche da motivi di efficienza in quanto l’integrazione verticale in settori monopolistici evita il
problema della doppia marginalizzazione.
Un’altra caratteristica del settore è la presenza di esternalità di rete. Le esternalità di
rete sono un caso particolare di esternalità positiva nel consumo per il quale il valore derivante
dalla scelta di entrare in una rete di comunicazione dipende dal numero di utenti che fanno
parte della rete. Nel caso della rete di telecomunicazioni il valore di avere la connessione
telefonica per un utente dipende dalla numero di altri utenti che possono essere contattati
e da cui si può essere contattati. Si pensi al caso estremo di un unico utente di un servizio
di comunicazione: costui non avrà alcun beneficio dal servizio in quanto non sarà possibile
contattare nessun altro. Questo significa che più grande è il network maggiore è il beneficio
di entrare.2
La presenza di esternalità è causa di fallimento del mercato. Infatti un individuo che deve
scegliere se entrare o meno in una rete prende la propria decisione confrontando il proprio
beneficio privato derivante dall’utilizzo del servizio con il prezzo da pagare. Tuttavia la sua
decisione influenzerà tutti gli altri utenti, ma questo beneficio “esterno” della scelta di consumo non è preso in considerazione dall’individuo. Si determina cosı̀ un livello subottimale di
adesioni al network. Un monopolista è, a differenza di un mercato competitivo, in grado di
internalizzare questa esternalità favorendo la membership di nuovi utenti in quanto è in grado
di appropriarsi del surplus cosı̀ generato.
Questi elementi hanno fatto si che il mercato delle telecomunicazioni, in particolare telefoniche, si sia caratterizzato per le presenza di un monopolio verticalmente integrato che ha
assunto le caratteristiche di un’impresa privata regolamentata negli Stati Uniti, mentre in
Europa è prevalso il modello dell’impresa monopolista pubblica.
Una caratteristica del monopolio naturale è però che esso non permane necessariamente
per qualsiasi livello di produzione e quindi una crescita sostenuta della domanda può portare
all’esaurimento delle economie di scala nella produzione. Allo stesso modo, la saturazione del
mercato che avviene quando pressoché tutte i possibili utenti sono entrati nella rete può portare
all’esaurimento delle esternalità di rete. Questi elementi, congiuntamente all’evoluzione tecnologica che ha modificato anche le caratteristiche infrastrutturali della rete, con l’introduzione
dei commutatori digitali (che hanno fortemente ridotto i costi fissi di commutazione) e, soprattutto, con l’introduzione delle microonde per le comunicazioni a lunga distanza (che hanno
ridotto drasticamente i costi fissi delle telefonate interurbane) hanno portato all’esaurimento
delle economie di scala in diversi stadi della produzione dei servizi di telecomunicazione.
Questo ha portato alla possibilità di introdurre la concorrenza a diversi livelli: inizial2
Si pensi anche al successo di un social network ; la scelta di un utente di aggregarsi ad un social network
dipende chiaramente dal numero di persone contattabili attraverso questo strumento di comunicazione. La
scelta tra diversi social network dipende chiaramente da quanti amici, conoscenti, colleghi sono già in uno
piuttosto che in un altro network.
5
mente introdotta nel settori della produzione degli apparecchi telefonici ed in generale nella
produzione degli elementi infrastrutturali della rete, è stata estesa ai servizi telefonici, prima le
telefonate interurbane poi quelle urbane, i servizi Internet ed i servizi accessori. Attualmente
solo le reti locali (l’ultimo miglio) delle reti telefoniche e di quelle broadband sono considerati
elementi con le caratteristiche del monopolio naturale.
Nonostante l’introduzione della concorrenza permangono ancora caratteristiche che possono giustificare la regolamentazione; si possono citare la residuale presenza di reti locali
con caratteristiche di monopolio naturale, la necessità di garantire l’accesso a queste infrastrutture essenziali, la necessità di garantire la compatibilità tra le reti al fine di promuovere l’interconnessione tra le reti, l’inerzia nei consumatori dovuta alla difficoltà di cambiare
provider, l’importanza delle esternalità di rete per lo sviluppo delle reti di nuova generazione
(ultra-broad band ).
La regolamentazione ha accompagnato l’evoluzione della struttura dell’industria delle telecomunicazioni. Si è passati dalla regolamentazione delle tariffe per gli utenti alla regolamentazione dell’accesso alle infrastrutture essenziali al fine di proteggere e sostenere la concorrenza
tra operatori diversi.
2
Dalla regolamentazione del monopolio naturale alla liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione
Il processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni con il superamento del monopolio (pubblico o privato) nell’offerta dei servizi di telecomunicazioni ha inizio negli Stati
Uniti nel 1984 con lo smembramento dell’ATT in 7 imprese che gestivano la rete locale (Bell
Companies) ed una, l’ATT, che gestiva la lunga distanza. Da quel momento inizia il processo di liberalizzazione in numerosi mercati mondiali ed una sempre più massiccia dose di
concorrenza in tali mercati.
Prima della liberalizzazione le imprese erano fortemente integrate verticalmente dall’attività
manifatturiera delle attrezzature alla produzione di servizi. Nei laboratori pubblici o in laboratori dell’operatore monopolista dei servizi di rete, come i Bell Laboratories di ATT, BT
Martlesham, il CNET di France Telecom, e gli Electrical Communications Laboratories di
NTT, e in Italia lo CSELT di Telecom3 si svilupparono i sistemi di commutazione, di trasmissione, e le altre attrezzature per le reti di telecomunicazioni. Il laser, il transistor, i sistemi
di telefonia mobile ed in particolare i linguaggi di software, furono inventati in tali laboratori.
Il controllo della tecnologia della rete da parte dell’impresa verticalmente integrata era senza
dubbio una barriera invalicabile per ogni processo competitivo nei servizi di telecomunicazione.
Esso era d’altronde rafforzato dalle politiche regolamentari. I terminali, ad esempio, dovevano
essere forniti dal monopolista; solamente nel 1978 la FCC concesse al consumatore il diritto di
3
Fino al 1996 ATT ha mantenuto la proprietà della Western Elettrica per la produzione di attrezzature
e i Bells Lab., la sua unità di ricerca. Poi ATT ha scorporato le due unità di cui sopra, dando vita ad una
nuova impresa indipendente chiamata Lucent Technologies che da tempo non è più leader nemmeno sul mercato
statunitense degli apparati per telecomunicazione, preceduta da Cisco System e Motorola.
6
interconnettere alla rete pubblica ogni tipo di terminale che soddisfacesse gli standard previsti
dalla FCC e che fosse compatibile con gli standard delle interfacce. In Europa questo diritto
fu concesso più tardi. Con la possibilità data al consumatore di scegliere il proprio terminale,
iniziò un mercato concorrenziale per quanto riguardava la produzione di terminali e ciò favorı̀
l’innovazione.
L’esistenza di concorrenza nel mercato delle attrezzature ha due effetti positivi: il primo
è che abbassa le barriere all’entrata in quanto il nuovo entrante non deve aver sviluppato al
proprio interno conoscenze relative alla produzione delle attrezzature. Il secondo è che il nuovo
entrante non deve dipendere per l’offerta dei propri servizi dalle attrezzature fornite dall’ex
monopolista.
I nuovi produttori nel settore delle attrezzature per le TLC svilupparono un’elevata capacità di innovazione e si mostrarono estremamente competitivi rispetto ai produttori verticalmente integrati, per cui a metà degli anni ’90 era completato il processo di deverticalizzazione.
Gli ex monopolisti ormai avevano decentrato a produttori specializzati buona parte della propria attività di ricerca e manifatturiera. La produzione di attrezzature di telecomunicazioni si
è spostata al di fuori degli operatori, ed anche il processo di apprendimento ha riguardato l’uso
della tecnologia e non la produzione della stessa. Nuovi operatori di telecomunicazione entrarono nella produzione dei servizi di telecomunicazioni senza avere la necessità di conoscere la
tecnologia di produzione delle attrezzature di telecomunicazioni, divenendo egualmente operatori di grande successo. La concorrenza fra gli operatori riguarda ormai la capacità di usare la
nuova tecnologia per individuare nuovi prodotti e nuovi mercati e non una concorrenza basata
sulla capacità di utilizzare nuova tecnologia.
La prima fase del processo di liberalizzazione nel settore si presentava, dal punto di
vista del regolamentatore, abbastanza complessa. Le autorità preposte alla regolamentazione
non solo dovevano predisporre meccanismi di fissazione dei prezzi dei servizi al consumatore, come avveniva allorché vi era un solo operatore monopolista, ma anche regolamentare
l’interconnessione. Il problema era quello di evitare che l’ex monopolista mantenesse la situazione di dominanza ed impedisse il nascere della concorrenza.4
Le infrastrutture che costituiscono la rete sono molto complesse. Alcune parti di queste
infrastrutture sono potenzialmente competitive, mentre in altre prevalgono situazioni di monopolio naturale. Il costo della duplicazione dell’intera infrastruttura è cosı̀ elevato che, almeno
per la rete fissa, le nuove imprese saranno inclini a sviluppare la propria attività solo se potranno utilizzare parti della rete del precedente monopolista. Nella seconda fase del processo
di liberalizzazione, al fine di sviluppare la concorrenza nei segmenti competitivi si è introdotto
l’unbundling. L’unbundling consiste nella possibilità di utilizzare da parte di un operatore
segmenti di cui è costituita una rete e appartenenti a un altro operatore, per costruire una
4
In Italia Wind (il terzo gestore della telefonia cellulare) ebbe, in quest’ottica, la possibilità di commercializzare il nuovo sistema radiomobili GSM-DCS, in anticipo di sei mesi su TIM e OMNITEL. La Wind ha goduto
delle asimmetrie previste dalla legge sulla concorrenza nei sistemi radiomobili. Un altro vantaggio previsto dalle
asimmetrie è stato l’uso temporaneo a prezzi agevolati delle reti radiomobili TIM e OMNITEL, per iniziare ad
attivare allacciamenti anche se in roaming.
7
propria rete. I nuovi entranti potranno, invece di duplicare l’intera rete, scegliere alcuni segmenti, generalmente quelli che hanno le caratteristiche di monopolio naturale per costruire la
propria rete.
Il grado con cui un nuovo operatore può scegliere dall’infrastruttura dell’operatore dominante è determinato dalle regole dell’unbundling. Queste regole influiscono sull’ampiezza, la
localizzazione e la disaggregazione dei servizi di interconnessione.
• L’ampiezza riguarda l’ammontare di infrastrutture che è resa disponibile per quanto
riguarda la interconnessione.
• La localizzazione riguarda i punti della rete in cui l’interconnessione può avvenire.
• La disaggregazione si riferisce alla scomposizione dell’infrastruttura di rete ai fini dell’interconnessione.
Nel caso l’ampiezza della interconnessione e il grado di disaggregazione siano elevati, vi sarà
un alto grado di unbundling.
In questo caso un nuovo operatore può scegliere fra un ampio spettro di possibilità di
servizi di interconnessione sia per quanto riguarda l’entrata che l’uscita.
Abbiamo detto che una rete di telecomunicazione connette gli utenti tramite una combinazione di centrali di commutazione e reti di trasmissione. Nella figura 1 abbiamo schematizzato una rete di comunicazione facendo riferimento alla situazione italiana. La rete si
caratterizza in modo gerarchico, con gli utenti connessi alla centrale locale TI (SGU) con il
doppino di rame. Il collegamento alla centrale locale è quello che viene chiamato local loop. La
centrale locale è poi collegata ad una o più centrali di transito (SGT) che sono poi collegate
fra loro, fino al collegamento internazionale.
La scelta dell’intensità di unbundling, insieme al prezzo di accesso, è di grande importanza
per la determinazione del grado di concorrenza del breve e del lungo periodo. Un elevato
livello di unbundling accompagnato da bassi prezzi di interconnessione può stimolare nel breve
periodo la concorrenza sul servizio finale.
Il proprietario dell’infrastruttura (nel caso delle telecomunicazioni la rete telefonica locale)
è di fatto proprietario di un input senza il quale la produzione di servizi al consumatore
in regime di concorrenza non può essere reso. Il proprietario di una rete di lunga distanza
deve accedere alla rete di breve distanza posseduta dall’ex monopolista per fornire il servizio
telefonico; o un ISP, per dare ai consumatori l’accesso ad Internet, deve prevedere il fitto di
circuiti dedicati con cui collegarsi alla rete dei backbone principali, ecc.. In un mondo ideale
il regolamentatore dovrebbe assicurare che ci si trovi in una situazione di efficienza allocativa
e produttiva. Ciò accade allorchè tutti i prezzi, compresi i prezzi di accesso, sono posti eguali
al costo marginale dei vari servizi. Nel caso in cui il prezzo di accesso è al di sopra del costo
marginale, l’impresa che utilizza l’accesso acquisterà troppo poco del servizio rispetto a quello
ottimale. D’altronde nel caso in cui l’impresa proprietaria della rete gode di economie di scala
e di scopo, per cui si trova in una situazione di costi decrescenti, la regola dell’eguaglianza
8
Figure 1: Schema di una rete di telecomunicazione
del prezzo con il costo marginale comporterà, per la stessa, una perdita. Si pone quindi,
un problema di regolamentazione dell’accesso che riguarda sia il caso in cui il proprietario
della rete non può operare nei settori a valle, sia il caso in cui il proprietario della rete è
verticalmente integrato.
Il regolamentatore deve evitare, nella determinazione dei prezzi, sia comportamenti anticoncorrenziali dell’impresa dominante che può o fissare un prezzo troppo elevato per l’accesso
o addirittura negare l’entrata, sia che prezzi di accesso troppo bassi possano indurre l’entrata
di imprese inefficienti ed indurre un comportamento di cream-skimming. Un prezzo di accesso
troppo basso può fornire bassi incentivi per gli investimenti in infrastrutture sia per le nuove
imprese, che preferiscono utilizzare la rete del precedente monopolista piuttosto che costruirne una nuova sia per il proprietario che, non vedendo remunerati i propri investimenti, non
effettuerà spese per migliorare e allargare l’infrastruttura.
Inoltre può essere necessario stabilire regole che possono essere tali da penalizzare per un
limitato periodo di tempo l’operatore ex monopolista in modo tale che esso non mantenga nel
lungo periodo una posizione dominante pur in presenza di operatori egualmente efficienti.
3
Politica regolamentare e sviluppo della concorrenza
La regolamentazione dei servizi di telecomunicazione è stata caratterizzata da una prima lunga
fase durante la quale il monopolio verticalmente integrato era considerata diretta conseguenza
delle caratteristiche di monopolio naturale del mercato e quindi i poteri pubblici hanno mirato
ad evitare che l’impresa utilizzasse il proprio potere di mercato per massimizzare i profitti a
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scapito dei consumatori e dell’efficienza allocativa in generale. Questo obiettivo è stato perseguito sia attraverso una regolamentazione stringente delle tariffe fatte pagare dell’impresa monopolista privata per i servizi agli utenti finali (negli Stati Uniti), sia direttamente attraverso
un’impresa monopolista pubblica (in Europa occidentale).
I processi di privatizzazione e liberalizzazione che hanno investito l’industria delle telecomunicazioni a partire dagli anni ’80 hanno sostato l’accento sulla concorrenza come strumento
per ridurre il potere di mercato dell’ex monopolista e favorire i consumatori. Di conseguenza le
autorità di regolamentazione (che nel frattempo sono state create in tutta Europa per sovrintendere al processo di liberalizzazione) hanno spostato la loro attenzione sulla creazione delle
condizioni per favorire la concorrenza.
Uno dei problemi principali che il regolatore deve affrontare per favorire lo sviluppo della
concorrenza nei servizi di telecomunicazione riguarda la gestione dell’infrastruttura in rete
fissa. Tre erano le possibili alternative per introdurre la liberalizzazione:
1. La proprietà della rete rimane all’ex monopolista che gestisce con una unica società
l’infrastruttura ed i servizi al dettaglio.
2. La proprietà della rete rimane all’ex monopolista, che gestisce con società separate
l’infrastruttura ed i servizi al dettaglio.
3. Vi è una separazione proprietaria per quanto riguarda l’infrastruttura e la gestione dei
servizi al dettaglio.
Negli Stati Uniti questo obiettivo è stato perseguito utilizzando rimedi strutturali, quali
la separazione proprietaria e la disintegrazione verticale dell’ex monopolista.
In altri paesi, soprattutto Europei, l’accento è stato posto sulla regolamentazione della
condotta lasciando la proprietà della rete all’ex monopolista ma definendo condizioni affinché
questo non limitasse lo sviliuppo della concorrenza sui servizi.
3.1
Regolamentazione della condotta
La prima alternativa implica la regolamentazione dell’accesso disaggregato. I servizi di accesso
disaggregato sono quei servizi che consentono agli operatori alternativi l’utilizzo disaggregato
delle risorse fisiche della rete dell’operatore notificato, nonché i relativi servizi accessori e
sostitutivi:
• offerta di accesso disaggregato alla rete locale (local loop unbundling ): l’OLO
noleggia dall’incumbent l’ultimo miglio per fornire servizi di telefonia e accesso xDSL;
• offerta di accesso condiviso (shared access): l’OLO/ISP noleggia dall’incumbent
la parte dello spettro del doppino di rame utilizzata dalle tecnologie xDSL, per fornire
questi servizi agli utenti (e lasciando all’incumbent la fonia);
10
• offerta di accesso in modalità bitstream (bitstream access): l’OLO/ISP acquista
dall’incumbent capacità trasmissiva in BL per rivenderla al cliente finale. L’incumbent,
in questo caso, installa le proprie attrezzature e configura la propria rete locale in modo
che l’OLO/ISP possa fornire servizi in BL ai propri clienti;
• offerta di rivendita all’ingrosso (resale). E’ simile all’offerta di accesso in modalità
bitstream, solo che limita le possibilità di scelta e la flessibilità dell’OLO/ISP a quel tipo
di servizi (e velocità di servizio) che l’incumbent fornisce sul mercato finale.
Il servizio di accesso disaggregato e il servizio di accesso condiviso richiedono maggiori
infrastrutture rispetto al servizio bitstream e il resale. Per questo, in alcunipaesi europei,
le ANR hanno introdotto obblighi di fornitura dell’offerta resale e/o bitstream agli opratori
Incumbent, per permettere ai concorrenti di replicare le offerte per DSL dei primi.
Questa alternativa che lascia all’incumbent la proprietà dell’infrastruttura di rete rende
possibile da parte dell’ex monopolista (incumbent) una serie di comportamenti anticompetitivi.
Nelle proprie guidelines sul tema dei remedies l’ERG (European Regulators Group) identifica quattro macro categorie di problemi competitivi che danno luogo a specifici comportamenti
anticompetitivi nel settore delle TLC:
1. estensione verticale del potere di mercato;
2. estensione orizzontale del potere di mercato;
3. dominanza in un singolo mercato;
4. dominanza nei servizio di terminazione.
L’ERG chiarisce che gli obblighi ex ante devono prevenire l’insorgere di problemi competitivi (ovvero per imporre gli obblighi ex ante non è necessario che l’abuso sia stato già
commesso ma che sussistano le condizioni affinchè possa essere commesso).
L’ERG elenca per ognuna delle macro categorie evidenziate, l’insieme delle possibili azioni
regolamentari a sostegno e tutela della concorrenza. Analizziamo gli specifici comportamenti
anticompetitivi che nascono nelle quattro differenti situazioni, in precedenza indicate.
3.1.1
estensione verticale del potere di mercato
In quanto l’operatore è contemporaneamente presente sia nel mercato all’ingrosso che nel
mercato finale esso può tentare di trasferire il potere di mercato detenuto su uno dei due
mercati nell’altro.
Tale situazione è tipica di quei settori industriali caratterizzati dalla presenza di bottleneck
facilities specialmente se le stesse sono non economicamente replicabili ( come la rete di accesso
nelle telecomunicazioni di rete fissa, la rete di trasporto nel settore energetico, etc..).
11
3.1.2
estensione orizzontale del potere di mercato
Se contemporaneamente presente in più mercati finali tra loro correlati, un operatore può
tentare di trasferire o estendere il potere di mercato detenuto su uno dei due mercati nell’altro.
Tale strategia è tipica dei settori industriali caratterizzati dall’esistenza di servizi/mercati finali
per i quali sussistono condizioni di monopolio legale e/o di fatto accanto a servizi/mercati ove
è presente un certo livello di concorrenza nel mercato (e.g. settore postale, telecomunicazioni
di rete fissa). Tra le strategie anticompetitive (competitive problems) utilizzabili dall’operatore
dominante, il documento ERG ricorda: il Bundling/tying e i sussidi incrociati.
3.1.3
Dominanza in un singolo mercato
Un operatore che detiene una posizione di dominanza su di in un singolo mercato è incentivato a
porre in atto un insieme di azioni atte a rafforzare il proprio potere di mercato e incrementare
i propri profitti di medio periodo. Tra le strategie anticompetitve (competitive problems)
utilizzabili dall’operatore dominante, il documento ERG ricorda:
1. Design strategico del prodotto per aumentare i costi di passaggio
2. Definizione di termini contrattuali per aumentare i costi di passaggio
3. Accordi di esclusiva
4. Investimenti eccessivi
5. Prezzi predatori
6. Prezzi eccessivi
7. Discriminazione di prezzo
8. Mancanza di investimenti
9. Costi eccessivi/inefficienza
10. Bassa qualità
3.1.4
Dominanza nel servizio di terminazione
Secondo l’ERG e la Commissione, gli operatori di telecomunicazioni che operano in contesti
di mercato nei quali vige il principio del CPP (calling party pays) possono sfruttare la ridotta elasticità al prezzo di terminazione delle chiamate dei clienti per porre in atto strategie
anticompetitive quali:
1. Tacita Collusione
2. Prezzi eccessivi
12
3. Discriminazione di prezzo
4. Rifiuto di trattare/rifiuto dell’interconnessione
3.2
La separazione della rete
Le ragioni a favore della creazione di una società separata per la gestione dell’infrastruttura
in situazione di monopolio naturale sono legate al fatto che esiste un incentivo da parte
dell’incumbent a comportamenti anticompetitivi.
Abbiamo individuato nel precedente paragrafo una serie di comportamenti del proprietario
della rete che opera sia all’ingrosso che nel mercato al dettaglio che danneggiano i concorrenti
nel mercato al dettaglio.
La separazione strutturale, ma non proprietaria, ha il vantaggio di permettere un più
accurato monitoraggio sia dei costi sia delle condizioni di vendita del servizio all’ingrosso da
parte dell’Autorità di Regolamentazione. D’altro canto questa separazione amministrativa
rende ancora possibile il coordinamento delle attività al dettaglio ed all’ingrosso e quindi
limita la perdita delle economie di scopo che sono ritenute molto elevate allorché si gestisce
una rete in modo unitario.
Ovviamente nel caso di separazione proprietaria non vi è alcuno incentivo da parte dell’operatore
nel mercato all’ingrosso a danneggiare gli operatori a valle in quanto riducendo la qualità dei
fattori offerti si riduce la domanda del servizio all’ingrosso e quindi i ricavi. Il problema è
che la separazione proprietaria molto più di quella amministrativa può sacrificare sostanziali
economie di scopo ed economie associate alla pianificazione delle operazioni all’ingrosso ed al
dettaglio,aumentando i costi per gli operatori.
Vi è poi da notare che la preclusione all’operatore all’ingrosso ad essere presente anche
nel mercato al dettaglio può escludere un concorrente che, anche per motivi storici è particolarmente efficiente, e quindi aumentare i costi dell’industria ed i prezzi al dettaglio. Risulta
quindi che vi è un trade-off (Vickers, 1995; Weisman, 2003) tra i maggiori costi che comporta
la separazione proprietaria per la perdita di economie di scopo e di coordinamento, oltre alle
spese connesse al fatto che l’operatore storico deve effettuare una serie di attività di disinvestimento, ed i vantaggi connessi alla possibilità di una concorrenza più intensa nel mercato al
dettaglio. Crew e altri (2005) analizzano, nel caso di concorrenza alla Cournot nel mercato
al dettaglio il trade-off fra economie di scopo e livello di sabotaggio da parte dell’operatore
storico e concludono che, se la separazione verticale fa perdere economie di scopo in misura
limitata ma elimina un ammontare sostanziale di sabotaggio, la separazione verticale è superiore all’integrazione verticale. Questo risultato è precisato e rafforzato da Sappington (2006)
che mostra che la separazione verticale determina un livello atteso del surplus del consumatore
più elevato che nel caso dell’integrazione verticale se le imprese che operano nel mercato al
dettaglio competono alla Bertrand ed i costi delle imprese non integrate sono sostanzialmente
simili. Questo risultato vale anche nel caso vi siano elevate economie di scopo ed il rischio del
sabotaggio è limitato con l’integrazione verticale. Un punto importante dell’analisi di Sappington (op. cit.) è che i vantaggi della separazione sono tanto maggiori quanto più intensa è
13
la concorrenza nel mercato al dettaglio.
Un altro aspetto che può incidere sulla convenienza o meno alla separazione della rete
è l’efficienza del regolatore. Armstrong e Sappington (2006) sostengono che, nel caso di un
regolatore efficiente, (ampie risorse, esperienza notevole e capacità di ottenere le informazioni
necessarie ad impedire all’operatore verticalmente integrato di agire in modo scorretto nei
confronti dei rivali), i vantaggi del processo di smembramento sono inferiori agli svantaggi.
L’opposto accade allorché il regolatore è relativamente debole, ha risorse limitate, limitata
esperienza e informazione limitata .
La scelta della separazione può quindi essere opportuna nel caso la concorrenza nel settore
finale sia notevolmente intensa ,ed il regolatore, sia perchè il meccanismo delle sanzioni non
è particolarmente efficace, sia perchè non ha adeguate capacità di monitoraggio non riesce ad
impedire all’operatore verticalmente integrato di agire in modo scorretto. In ogni caso anche
se si sceglie l’ipotesi di regolamentazione strutturale non si può evitare di regolamentare il
mercato a monte fissando il prezzo di accesso, Weisman (2003).
La separazione strutturale, d’altronde, necessita accordi contrattuali estremamente elaborati e non sempre, come sappiamo dalla teoria dei costi di transazione, ciò è possibile. Sappiamo infatti che, nel caso le parti di un contratto si possano comportare in maniera opportunistica, l’integrazione verticale può convenire anche se essa non è tecnicamente più efficiente
di altre strutture organizzative. Un problema sollevato nel rapporto dell’OECD è che la separazione, privando l’operatore dal godere dei ricavi e dagli incentivi derivanti dall’integrazione
verticale, potrebbe non assicurare un incentivo ad investire adeguatamente nella rete.. Questo
problema degli effetti della regolamentazione della rete sul livello degli investimenti è stato
ripreso in un recente lavoro apparso sul JEL(2006)5 che mostra come, a causa della perdita
di clienti nel settore a valle dovuto alla regolamentazione, l’operatore dominante può ridurre
il proprio livello di investimenti. Se i concorrenti non possono spiazzare l’operatore dominante con i propri investimenti, quest’ultimo ridurrà la sua attività di investimento, in caso
contrario esso la accentuerà. Il risultato può cambiare da settore e settore. D’altra parte
dalla teoria dei costi di transazione di Williamson (1985) sappiamo che, nel caso di incertezza
sulle potenzialità di un dato investimento effettuato a monte sui servizi realizzati a valle, il
benessere della società ed il livello di investimento saranno maggiori, a parità di efficienza, nel
caso di un’impresa verticalmente integrata rispetto al caso in cui l’impresa a monte e quella
valle entrano in un rapporto contrattuale (Tirole, 1988) Ma anche se l’impresa verticalmente
integrata è meno efficiente dell’operatore a valle l’integrazione verticale può determinare un
benessere maggiore per la società.
Dall’insieme del dibattito emerge che
• La separazione ha un beneficio evidente, l’eliminazione di un potenziale comportamento
anticompetitivo.
• Essa può avere un costo (perdita di economie di scopo e di coordinamento).
5
G. Guthire, 2006, pp.925-972
14
• Essa può comportare un livello di investimento inferiore a quello ottimale.
• I costi ed i benefici della separazione sono diversi a seconda del settore.
La regolamentazione quindi, nel caso di separazione strutturale, ha l’ulteriore ruolo di favorire
contratti fra le parti che escludano comportamenti opportunistici che possano portare a livelli
di investimento inferiori a quelli ottimali.
4
La regolamentazione dell’accesso alla rete
La determinazione del prezzo di accesso rappresenta uno degli aspetti più importanti della
regolamentazione del settore delle Telecomunicazioni, qualsiasi sia la scelta relativamente alla
proprietà della rete decisa dal regolatore. L’obiettivo è quello di permettere lo sviluppo delle
concorrenza laddove possibile, evitando da un lato i comportamenti potenzialmente anticompetitivi del proprietario della rete ma anche, dall’altro, prezzi di accesso troppo bassi al fine
di evitare le inefficienze descritte nelle precedenti sezioni.
In questa sezione analizzeremo solamente il caso più interessante in cui il proprietario
della rete è l’ex monopolista che è verticalmente integrato e gestisce la rete ed offre i servizi
al dettaglio o con un’unica società o con società separate.
Due sono i principali approcci per regolamentare i prezzi di accesso: la regola dell’efficient
component pricing rule (ECPR) proposta da Baumol (1983) e Willig (1979) e l’analisi sui
prezzi di accesso à la Ramsey proposta da Laffont and Tirole (1994).
4.1
La regola dell’Efficient Component Pricing (ECPR)
La regolamentazione tramite la efficient component pricing rule è un metodo volto a individuare prezzi di accesso che assicurino un’entrata efficiente. Tale regola è stata formulata da
Baumol (1983) and Baumol and Sidak (1994). Tale regola fissa il prezzo di accesso eguale
al costo marginale di accesso più un termine che esprime il costo opportunità dell’entrata. Il
costo marginale è il maggior costo unitario causato direttamente dall’aumento di produzione
del servizio sulla rete. Il costo opportunità è dato dal contributo alle spese fisse, che il gestore
verticalmente integrato avrebbe guadagnato se avesse continuato ad offrire quel servizio al
consumatore. Il costo opportunità, in base alla formula di Baumol, è calcolato assumendo un
mercato contendibile nel quale il prezzo del servizio finale eguaglia il costo medio, sottraendo
dal prezzo del servizio finale del gestore verticalmente integrato il costo marginale di accesso.
In un mercato contendibile quindi il problema del calcolo del prezzo di accesso è abbastanza
semplificato. Nel caso il mercato non sia contendibile ed il prezzo del servizio finale diverga
dal costo medio permettendo extra profitti, il problema è molto più complicato.
Vediamo ora in modo più preciso le assunzioni e le implicazioni di tale regola.
Si assume che la regolamentazione dei prezzi avvenga in due stadi, per cui i prezzi nello
stadio finale sono regolamentati prima, e poi i prezzi di accesso sono fissati in modo da massimizzare il benessere dato il prezzo del bene finale. Giacché i prezzi del bene finale sono fissati
15
dal regolamentatore, il benessere del consumatore e la politica allocativa non sono influenzati
dai prezzi di accesso. Quindi il regolamentatore si può concentrare sulla minimizzazione dei
costi di produzione. In altre parole il prezzo di accesso deve essere scelto cosı̀ da permettere
l’entrata solo se l’entrante è almeno altrettanto efficiente dell’impresa dominante. Facciamo
le seguenti assunzioni:
1. il prodotto offerto nel mercato finale è omogeneo per tutte le imprese;
2. vi è una tecnologia a coefficienti fissi per cui vi è un valore fisso dell’unità di servizio
dell’infrastruttura per unità di prodotto finale (per esempio, per fornire il servizio di una
telefonata interurbana di un minuto è necessario un minuto di accesso alla rete locale);
3. l’infrastruttura è esclusivamente di proprietà dell’impresa dominante.
Consideriamo un’impresa I verticalmente integrata che offre un prodotto finale e un input a
monte (l’accesso alla rete).
Sia b il costo marginale di accesso al network e sia c il costo marginale relativo alla produzione del bene nella fase finale. F è il costo fisso irrecuperabile che l’impresa M ha pagato
per essere in grado di produrre sia il bene intermedio (servizio di accesso alla rete), sia il bene
finale. Il costo marginale totale per fornire il servizio finale ai consumatori è per l’impresa
verticalmente integrata I uguale a b + c.
Sia a il prezzo chiesto da I alle nuove entranti per l’accesso al network necessario per offrire
lo stesso bene finale. Il problema principale per il regolamentatore è scegliere a tale che solo i
produttori che sono almeno efficienti quanto I posso entrare sul mercato.
Sia cE il costo marginale di produzione del bene finale per una nuova impresa e. Dato
il prezzo di accesso a, il costo marginale complessivo per l’impresa e sarà dato da a + cE e
l’entrata è conveniente sole se il prezzo p per il bene finale eccede il costo, cioè se p ≥ a + cE .
Quindi dato p, il valore di a che incoraggia l’entrata efficiente è dato da
a=p−c
(1)
dove c è il costo marginale del servizio per l’impresa I. In tal modo, se cE > c, il cost per
l’impresa e sarà cE + a = cE + (p − c) > p e l’entrata non avrà luogo. Al contrario, se cE ≤ c
, si avrà l’entrata.
In base all’equazione (1), il margine tra il prezzo finale e il prezzo di accesso deve essere
uguale al costo marginale dell’impresa dominante. Questa regola assicura che l’entrata avrà
luogo se, e solo se, cE ≤ c. Se l’entrata avviene l’impresa dominante dovrà ricevere un
contributo pari a p − (b + c) per la copertura dei costi fissi. L’espressione [p − (b + c)] è il costo
opportunità per l’incumbent dell’entrata di nuove imprese ed è pari al profitto che l’impresa
dominante perde a causa dell’entrata del concorrente. Il prezzo di accesso ECPR può essere
scritto nella seguente formulazione:
a = b + [p − (b + c)]
16
(2)
Il prezzo di accesso è uguale al costo diretto di fornire l’accesso più il costo opportunità.
Il prezzo di accesso che soddisfa la (2) garantisce l’efficienza produttiva, per cui solo imprese
almeno efficienti come l’impresa dominante entreranno nel mercato.
Poiché si assume che il prezzo p è dato, l’ECPR non può tenere conto del problema
dell’efficienza allocativa. Essa cioè non permette di evitare l’inefficienza allocativa nel caso il
prezzo del bene finale è superiore al costo. L’obiettivo dell’efficienza allocativa, invece, può
venire raggiunto attraverso la regolamentazione del prezzo del bene finale.
Il vantaggio dell’ECPR è che esso è basato su dati relativi ai costi e non è necessario
avere informazioni sulla elasticità della domanda. Il problema che pone l’utilizzo della regola
dell’ECPR è che il costo di accesso viene calcolato assumendo p dato. Ma facendo cosı̀ si ignora
il problema dell’efficienza allocativa. La massimizzazione del benessere, invece, dovrebbe tener
conto sia dell’efficienza allocativa sia dell’efficienza produttiva. Questo significa che p ed a
devono essere fissati congiuntamente in modo da massimizzare il benessere, dato il vincolo che
l’impresa dominante deve coprire i costi con i ricavi.
4.1.1
Vantaggi e svantaggi dell’ECPR
Se da un lato il modello dell’ECPR si basa principalmente su di un approccio legato al problema dell’efficienza delle imprese entranti nel mercato analizzando in modo particolare il costo
opportunità, esso risulta essere troppo semplicistico in quanto considera il prezzo d’accesso
come un elemento dato ed ignora il problema della copertura dei costi fissi. Al contrario
il modello basato sull’approccio dei prezzi Ramsey è in grado di fornire sia l’ottimo prezzo
d’accesso che il prezzo dell’output; ma sebbene tale modello sia più completo in quanto considera i costi fissi e l’omogeneità dei prodotti offerti, è stato tuttavia oggetto di una serie di
critiche in quanto necessita di una serie di informazioni (in particolare dati relativi alla elasticità della domanda) che il Regolatore non possiede. D’altronde, dobbiamo considerare che
in molti settori a rete, come quello delle telecomunicazioni, si sta avviando verso un processo
di liberalizzazione per cui se il mercato delle infrastrutture è dominato da una sola impresa,
ed è quindi ancora necessario regolamentare il prezzo dell’accesso, il mercato dei servizi risulta
essere caratterizzato da un certo grado di concorrenza e dunque potrebbe richiedere non particolari controlli sul prezzo; tali prezzi retail dunque possono essere considerati delle variabili
endogene p(a) influenzate dal prezzo d’accesso. Dunque in un contesto caratterizzato da asimmetrie informative e da una prospettiva di liberalizzazione dei mercati, l’utilizzo del modello
dell’ECPR, sebbene semplicistico, risulta adatto alle esigenze del mercato.
4.1.2
Applicazione dell’ECPR: Retail minus e price squeeze
L’approccio ECPR è stato adottato in pratica nella forma del retail-minus. In base a tale
principio il prezzo dell’input offerto nel mercato all’ingrosso (accesso) deve essere pari a quello
offerto dall’incumbent nel mercato retail, al quale però devono essere sottratti i cosiddetti costi
evitabili, cioè quei costi che l’ operatore dominante non sopporta se non vende direttamente il
servizio.
17
Il principio del retail-minus lascia l’incumbent libero di scegliere il prezzo retail più adatto
alle esigenze della domanda: Se il prezzo finale fosse regolato dall’Autorità si correrebbe il
rischio di porre un freno alla flessibilità delle tariffe, danneggiando cosı̀ il consumatore finale.
D’altronde, molti operatori hanno espresso la loro preoccupazione sulla possibilità da parte
dell’incumbent (o anche operatore notificato, ON) di fissare nel mercato un prezzo retail tale
da impedire l’entrata ai nuovi operatori. Vi è cioè il rischio che l’ON ponendo un prezzo retail
troppo basso possa attuare una strategia di schiacciamento dei profitti.
Uno strumento proposto per verificare l’eventuale esistenza di price squeeze, ovvero di
prezzi che ”schiacciano” la concorrenza, è rappresentato da una serie di Test (Imputation
Test) che verificano l’ assenza di questi fenomeni. Secondo Crocioni and Veljanovski (2003):
A price squeeze arises when a vertically integrated undertaking, with market power
in the provision of an “essential” upstream input, prices it, and/or its downstream
product or service, in such a way and for a sufficiently long period of time to deny
an equally or more efficient downstream rival a sufficient profit to remain in the
market. (Crocioni and Veljanovski 2003, p.30)
La teoria dell’ECPR aveva proposto un prezzo di accesso
a = b + [p − (b + c)]
tale prezzo a doveva essere tale da coprire i costi marginali per la fornitura dell’accesso alla
rete b più il costo opportunità di offrire l’input al concorrente (i mancati guadagni derivanti
dall’entrata del concorrente), p − (b + c).
In questo contesto si era tuttavia ipotizzato che i costi marginali per la fornitura dell’input
erano uguali sia se il bene fosse fornito ai concorrenti sia che fosse servito all’impresa stessa.
Nella realtà sappiamo che questi due costi sono diversi proprio a causa dell’integrazione verticale dell’incumbent.
In particolare se consideriamo:
• c = costo di produzione del bene finale dell’operatore con SMP (significativo potere di
mercato)
• b0 = costo marginale per fornire il bene intermedio all’impresa concorrente
• b = costo marginale per fornire il bene intermedio a se stessa
abbiamo che la formula diventa
a = b0 + p − (b + c)
Partendo dall’ipotesi in cui il prezzo finale p non sia sottoposto a regolamentazione,
vogliamo trovare un limite al di sotto del quale si verifica una situazione di price squeeze.
Nel caso in cui assumiamo che b0 = b, la condizione di assenza di price squeeze, è P ≥ a + c.
Nel caso in cui b0 6= b l’assenza di price squeeze in una specifica offerta commerciale
presuppone la verifica della seguente condizione
P ≥ a + c − (b0 − b)
18
(3)
Raggruppando i termini della (3) avremo
p − c − b ≥ a − b0
(4)
Dalla (4) si evince che il test risulta soddisfatto quando il margine conseguito dall’ON nel
mercato retail non è inferiore al margine che lo stesso operatore ricava nel mercato wholesale
per i servizi intermedi richiesti dai concorrenti affinché questi possano configurare un’offerta
analoga.
Secondo alcuni entranti OLO (Other Licenced Operator ) la verifica delle eventuali pratiche
anticompetitive dell’operatore dominante è da ricercare in un test simile a quello proposto dallo
stesso ON ma nel quale si dovrebbe riconsiderare il ruolo del fattore (b0 − b). Infatti mentre
per l’ON la differenza tra i costi totali di fornitura degli input intermedi ai nuovi operatori
e costi totali di fornitura di uguali input allo stesso incumbent va sottratta al prezzo finale
(vedi la condizione 3) permettendo cosı̀ di ridurre il prezzo retail, per gli OLO tale differenza
dovrebbe essere sommata al prezzo finale.
P ≥ a + c + (b0 − b)
(5)
P ≥ (c + b0 ) + (a − b)
(6)
da cui
Sommando al prezzo retail il risparmio di costo che l’ON ottiene fornendo a se stesso il bene
intermedio pari a (b0 − b), il vantaggio strutturale dovuto all’integrazione verticale andrebbe a
favore della parte dell’ON che produce l’input di accesso e non verrebbe trasferito alla parte
che vende il bene finale.
Inoltre gli OLO fanno notare che se i prezzi di accesso wholesale sono regolamentati in
base al principio cost-based a = b e la condizione (6) diviene
P ≥ b0 + c.
(7)
La (7) indica che il prezzo retail proposto dall’ON dovrebbe essere sempre maggiore della
somma data dal costo di fornitura esterno dell’input e dal costo evitato non fornendo il servizio
retail ma fornendo invece l’input intermedio.
Confrontando la (4) e la (6) si può verificare che il price floor, ovvero il prezzo base al di
sotto del quale si verificano fenomeni di “compressione” della concorrenza, è diverso nei due
test.
0
Dato che b 0 > b a causa dell’integrazione verticale, il prezzo base proposto dagli OLO è
più alto rispetto a quello proposto dall’ON.
Secondo l’ON sarebbe economicamente inefficiente e contrario alle condizioni di un mercato
concorrenziale impedire ad un’impresa integrata di trasferire sui prezzi finali i risparmi di
costo ottenuti in virtù dell’integrazione verticale. Dunque la soglia minima di prezzo (pricefloor ) applicabile ad un’impresa dominante verticalmente integrata deve essere individuata
dal regolatore tenendo conto di tutte le economie di produzione di cui tale impresa dispone,
comprese quelle derivanti dall’integrazione verticale. Elevando la soglia minima di prezzo e
19
non tenendo conto di questi risparmi di costo si avrebbe il solo risultano di imporre prezzi più
alti ai consumatori e di favorire la presenza sul mercato di imprese inefficienti. Un’applicazione
non corretta del test, che non considerasse gli effetti dell’efficienza derivanti dall’integrazione
verticale ridurrebbe gli incentivi per i concorrenti ad investire in proprie infrastrutture.
Questa conclusione non implica necessariamente che l’unico mezzo per i nuovi operatori di
competere nel lungo periodo con l’incumbent sia quella di integrarsi a loro volta. In alternativa
possono scegliere di compensare la mancata integrazione attuando una pluralità di strategie
tra cui quelle rivolte a perseguire una maggiore efficienza nelle attività produttive dei settori
a valle (includendo innovazione di prodotto e marketing) o focalizzare l’offerta in particolari
nicchie di mercato.
Secondo gli OLO invece queste attività influiscono in maniera poco rilevante sul profitto ed
il problema dell’integrazione verticale rappresenta il vero ostacolo ad una concorrenza sostenibile nel tempo. Se l’ON può trasferire sui prezzi finali le proprie economie da integrazione
verticale, gli OLO, a parità di efficienza, non potrebbero mai essere in grado di competere con
l’operatore dominante.
Come si può inoltre notare confrontando la (4) e la (6) i due test proposti risultano uguali
solo nel caso in cui b0 = b, ovvero se i costi sopportati dall’ON per fornire i servizi a se stesso
sono uguali ai costi dei medesimi input forniti agli operatori concorrenti.
A tal proposito gli OLO hanno proposto di introdurre un obbligo di compensazione addizionale sull’ accesso (access dominance fee o ADF) che “ON Commerciale” dovrebbe corrispondere a “ON Rete” in modo da consentire che i vantaggi di costo dovuti all’integrazione
verticale non vengano trasmessi a “ON Commerciale”.
Alcuni OLO hanno inoltre proposto la separazione strutturale tra ON Rete e ON Commerciale ma l’operatore dominante ha più volte replicato che l’applicazione di un corretto
accounting regolamentato può essere un mezzo sufficiente per la corretta determinazione dei
costi.
L’integrazione verticale non rappresenta solo un ostacolo per il risparmio dei costi che offre
all’incumbent, ma costituisce un mezzo per influire sulle strategie dei concorrenti. Ricordiamo
infatti che ogni qual volta gli operatori desiderano entrare in un particolare mercato geografico,
dovendo rivolgersi necessariamente all’ON per la fornitura della rete, quest’ultimo, quindi, è
in grado di conoscere in anticipo le strategie commerciali del rivale, e, come si è già più volte
verificato, può agire in anticipo offrendo condizioni particolarmente favorevoli ai futuri clienti
degli operatori.
Secondo molti OLO dunque, la strada per raggiungere una reale “parità di trattamento” è
ancora piuttosto lontana ed in particolare è sentita l’esigenza di agire sulle condizioni d’accesso,
che rappresentano ancora un forte vincolo allo sviluppo della concorrenza nei mercati dei
servizi.
Riassumendo possiamo indicare i due prezzi finali minimi secondo l’impresa dominante e
gli OLO.
Secondo l’impresa dominante il prezzo del bene finale al di sotto del quale si verifica una
20
situazione di price squeeze è
P = a + c − (b0 − b) = (c + b) + (a − b0 )
Quindi se a = b0 (cioè il prezzo di accesso è uguale al costo marginale per produrre il bene
intermedio per il concorrente) il prezzo corretto di retail è
p ≥ c + b.
Secondo gli OLO la condizione per la quale non si verifica price squeeze è
p ≥ a + c + (b0 − b) = (c + b0 ) + (a − b).
Se b0 > b il tetto minimo del prezzo sarà maggiore del prezzo che porrebbe l’ON, giacché b > b0 ;
ma ciò non è efficiente.
4.2
Prezzi di accesso tipo Ramsey per l’incumbent verticalmente integrato
Il problema che pone l’utilizzo della regola dell’ECPR è che il costo di accesso viene calcolato
assumendo p dato. Non si tiene conto né del fatto che il monopolista sopporta un costo fisso
per la rete che deve essere ripartito anche con l’entrante, né che i servizi prodotti dall’entrante
e dall’incumbent possano essere solo parzialmente sostituibili. Ma facendo cosı̀ si ignora il
problema dell’efficienza allocativa. La massimizzazione del benessere, invece, dovrebbe tener
conto sia dell’efficienza allocativa sia dell’efficienza produttiva. Questo significa che p ed a devono essere fissati congiuntamente in modo da massimizzare il benessere, l’impresa dominante
deve coprire i costi con i ricavi.
Di seguito analizzeremo la fissazione dei prezzi d’accesso in diversi casi
4.2.1
Incumbent in concorrenza perfetta con altri operatori
Il caso più semplice da esaminare è quello relativo al calcolo del prezzo di accesso allorché
l’impresa I è verticalmente integrata e nel settore a valle opera in condizioni di concorrenza.
Il costo di produrre il servizio di rete (intermedio) è dato da C(q) = F + bq, dove b è il
costo marginale dell’accesso. La tecnologia per la fornitura del servizio finale è a coefficienti
fissi: una unità del servizio di accesso alla rete è necessaria per fornire un’unità del bene finale.
F
La curva di costo medio è data da C(q)
q = q + b + c e quindi il costo medio all’infinito tende a
b + c.
Sia q(p) la domanda per il bene finale. p0 è il prezzo per il bene finale che copre i costi
di produzione. Un prezzo uguale al costo medio totale massimizza il welfare dato il vincolo
di bilancio in pareggio per l’impresa dominante. Tale prezzo è un prezzo Ramsey. Un prezzo
di accesso a = p0 − c permetterà l’entrata solo a concorrenti che producono il bene finale
almeno con la stessa efficienza dell’impresa dominante. Quindi questo prezzo permetterà la
realizzazione dell’efficienza produttiva. I prezzi p ed a che massimizzano il benessere, allorché
21
i costi fissi F devono essere coperti dai ricavi, si trovano risolvendo il seguente sistema di
equazioni:
a = p−c
p = (b + c) +
F
q
(8)
q = q(p)
In questo caso si ottiene lo stesso prezzo di accesso che si otterrebbe con l’ECPR assumendo
che il prezzo del bene finale è uguale al costo medio totale
Il caso considerato è quello di un’impresa monoprodotto, con tecnologia a coefficienti fissi
che offre un servizio la cui domanda è indipendente da quella degli altri servizi. Nelle sezioni
seguenti saranno analizzati casi più complessi.
4.2.2
Incumbent non in concorrenza con altri operatori
Consideriamo il caso in cui ci sono diverse nuove imprese in concorrenza tra loro che hanno
bisogno di utilizzare il network dell’incumbent per fornire un servizio agli utenti finali. Si
assuma che la domanda per il servizio dei nuovi entranti sia indipendente da quella per il
servizio offerto dall’incumbent verticalemente integrato.
Sia qE (pE ) la funzione di domanda per il servizio offerto dalle nuove entranti e qI (PI ) la
funzione di domanda per il servizio dell’incumbent.
le funzioni di costo sono quindi
CI (qI , qE ) = (b + cI )qI + bqE + F per l’incumbent
Ce (qe ) = (a + cE )qe per ogni operatore alternativo e
I profitti delle imprese saranno
ΠI
= (pI − b − cI )qI (pI ) + (a − b)qE (pE ) − F
Πe = (p − a − cE )qe (pE )
dove (a − b) è il margine guadagnato dall’incumbent sull’accesso fornito agli altri operatori
e (pI − b − cI ) è il margine di profitto derivante dalla vendita del servizio finale ai consumatori.
Assumendo che il mercato per il servizio fornito dai nuovi entranti sia perfettamente competitivo, si avrà che Πe (p, a) = 0 ed il prezzo sarà
p = cE + a
(9)
Si assuma, inoltre, che il costo fisso F è sostenuto solo per la fornitura dei due servizi
oggetto di analisi e che la tecnologia sia a coefficienti fissi come nel precedente caso. Il regolamentatore, quindi, con riferimento al bene finale, cercherà di massimizzare il benessere sociale
sotto il vincolo del pareggio di bilancio per l’incumbent verticalmente integrato, cioè ΠI ≥ 0.
22
Con λ ≥ 0 indichiamo il beneficio marginale per la società derivante dall’allentamento del
vincolo di bilancio per l’impresa I. Quindi la funzione di benessere sociale da massimizzare
sarà:
W (pI , pE , a) = VI (pI ) + VE (pE ) + (1 + λ)ΠI
= VI (pI ) + VE (pE ) + (1 + λ)[(pI − b − cI )qI (pI ) + (a − b)qE − F ]
dove VI (pI ) e VE (pE ) indicano rispettivamente il surplus del consumatore per il bene prodotto
da I e per quello prodotto dalle nove entranti. Poiché pE è anche funzione del prezzo di accesso
a come visto nell’equazione (9), la condizione del primo ordine rispetto al prezzo d’accesso è:6
dW (pI , pE , a)
da
=
∂W
∂W ∂pE
+
=0
∂a
∂pE ∂a
(10)
dove:
∂W
∂a
∂W
∂pE
∂pE
∂a
∂VE (pE )
∂pE
∂ΠI
∂pE
= (1 + λ) qE (pE ) ;
=
∂VE (pE )
∂ΠI
+ (1 + λ)
;
∂pE
∂pE
= 1;
= −qE (pE ) ;
= (a − b)
∂qE (pE )
.
∂pE
Sostituendo queste espressioni nella (10) abbiamo che:
∂qE (pE )
∂pE
∂qE (pE )
λqE (pE ) + (1 + λ) (a − b)
∂pE
(1 + λ) qE (pE ) − qE (pE ) + (1 + λ) (a − b)
= 0
= 0
E (pE )
Ora, sottraendo (1 + λ) (a − b) ∂q∂p
da entrambi i lati e dividendo per qE (pE ) abbiamo:
E
0
Now, subtracting q (p) (a − b) (1 + λ) on both sides and dividing by q (p) both sides of the
equation:
1 ∂qE (pE )
(a − b) (1 + λ)
λ=−
q (p) ∂pE
pE ∂qE (pE )
Moltiplicando per pE e ricordando che ηE = − q(p)
è l’elasticità della domanda per il
∂pE
bene offerto dalle nuove imprese:
λpE = ηE (a − b) (1 + λ)
6
Poiché siamo interessati essenzialmente alla regolamentazione del prezzo di accesso tralasciamo la determinazione del prezzo del bene finale pE . Tuttavia quest’ultimo, il prezzo di accesso a ed il valore del moltiplicatore
λ si ottengono simultaneamente risolvendo il sistema di tre equazioni dato dalle due condizioni del primo ordine
rispetto ad a e pE e dal vincolo di bilancio.
23
da cui
θ
(a − b)
=
ppE
ηE
(11)
λ
dove θ = 1+λ
.
Questa è un’espressione standard del prezzo Ramsey e dice che il prezzo di accesso a deve
essere maggiore del costo marginale di provvedere l’accesso ed il mark-up deve essere tanto
più alto quanto più bassa è l’elasticità della domanda del consumatore per quel servizio.
Il prezzo di accesso a è superiore al costo marginale di fornire l’accesso ed il mark-up è
tanto maggiore quanto meno elastica è la domanda per il servizio. La (11) dice che nel calcolo
del prezzo di accesso si deve tener conto anche del costo fisso.
Questo risultato cambia se assumiamo sostituibilità fra il servizio offerto da I e dall’entrante.
4.2.3
Concorrenza tra incumbent e altri operatori con servizi sostituti imperfetti
Consideriamo il caso in cui l’impresa I non debba sostenere costi fissi per la produzione
del servizio legato all’infrastruttura, ma produca un servizio (telefonata sulla distanza internazionale), che è offerto anche da altri concorrenti.
Per offrire questo servizio, le imprese concorrenti di I sopportano un costo (ad esempio
devono prendere in fitto linee telefoniche fra il paese d’origine e i paesi esteri da un operatore
internazionale) e usare la rete (locale) di I per collegare la chiamata del proprio utente al
punto di collegamento con le linee prese in fitto.
Sia pI il prezzo del servizio offerto da I e sia pE il prezzo del servizio offerto dal concorrente.
Si assuma che il servizio offerto dalle nuove entranti (identico per tutte queste imprese) non
sia perfettamente sostituto di quello offerto da I; ad esempio la qualità del servizio è inferiore.
Le domande per i due beni servizi saranno quindi:
qI (pI , pE ) con
∂qI
∂pI
qE (pE , pI ) con
∂qE
∂pE
< 0;
< 0;
∂qI
∂pE
∂qE
∂pI
>0
>0
Sia cE il costo per offrire questo servizio internazionale da parte di e, una delle nuove
entranti concorrenti dell’incumbent. A questo occorre sommare il prezzo a del servizio di
accesso pagato ad I per usare la rete urbana. La funzione di costo di ciascuna impresa e sarà
quindi:
Ce (qe ) = (a + cE )qe .
Per quanto riguarda I, il costo incrementale per il servizio internazionale sia pari a cI , a cui
occorre sommare il costo marginale per l’utilizzo della rete locale b. Il costo totale sopportato
da I deve tener conto anche del costo sopportato per assicurare l’accesso all’infrastruttura da
parte dei concorrenti. Di conseguenza la funzione di costo totale di I è:
CI (qI , qE ) = (b + cI )qI + bqE
24
Possiamo quindi scrivere le funzioni di profitto che sono:
ΠI
= (pI − b − cI )qI + (a − b)qE
Πe = (p − a − cE )qe
(12)
(13)
Nell’equazione (12) (pI − b − cI ) è il margine che l’incumbent guadagna sul servizio di telefonia
venduto direttamente all’utente finale, mentre (a − b) è il margine guadagnato sul servizio di
accesso fornito agli altri operatori.
Giacché il mercato per il bene offerto dalle nuove entranti è concorrenziale, dall’equazione
(13) si deriva il prezzo il prezzo del servizio internazionale offerto da tali operatori che è pari
a:
pE = a + cE .
(14)
Indichiamo con V (pI , pE ) il surplus del consumatore per il servizio internazionale offerto da
I ,pE )
= −qE . Possiamo quindi scrivere l’espressione per il welfare
tutti gli operatori con ∂V (p
∂pE
7
complessivo:
W (pI , pE , a) = V (pI , pE ) + ΠI
(15)
Per individuare il prezzo di accesso che massimizza il welfare differenziamo l’espressione (15)
rispetto ad a.8 La relativa condizione del primo ordine è:
dW (pI , pE , a)
∂W
∂W ∂pE
=
+
=0
da
∂a
∂pE ∂a
(16)
dove:
∂W
∂a
∂W
∂pE
∂pE
∂a
∂V (pI , pE )
∂pE
∂ΠI
∂pE
= qE (pE , pI ) ;
=
∂V (pI , pE ) ∂ΠI
+
;
∂pE
∂pE
= 1;
= −qE (pE , pI );
= (pI − b − cI )
∂qI (pI , pE )
∂qE (pE , pI )
+ (a − b)
.
∂pE
∂pE
Sostituendo le espressioni precedenti nella condizione del primo ordine (16) abbiamo che:
dW (pI , pE , a)
∂qI (pI , pE )
∂qE (pE , pI )
= (pI − b − cI )
+ (a − b)
=0
da
∂pE
∂pE
7
In assenza di costo fisso e con costi marginali non decrescenti il vincolo di bilancio non è più stingente per
il problema di massimizzazione del welfare in quanto sarà sempre rispettato per ogni p ≥ M C che è sempre
vero quando il welfare è massimo. Di conseguenza il beneficio sociale derivante da un allentamento del vincolo
di bilancio, misurato da λ, è pari a zero.
8
Come nel caso precedente tralasciamo la determinazione dei prezzi pE e pI e ci concentriamo sulla determinazione del prezzo di accesso ottimo all’infrastruttura di rete.
25
da cui con opportune trasformazioni:
(a − b)
∂qI (pI , pE )
(pI − b − cI )
∂pE
∂qI (pI , pE )/∂pE
a−b = −
(pI − b − cI )
∂qE (pE , pI )/∂pE
∂qE (pE , pI )
∂pE
= −
da cui
a = b + σ(pI − b − cI )
(17)
∂qI (pI ,pE )/∂pE
è il rapporto di spiazzamento che misura il grado di sostituibilità
dove σ = − ∂q
E (pE ,pI )/∂pE
tra i due servizi.
Si noti che il prezzo ottimo di accesso alla Ramsey è pari alla somma del costo marginale
dell’accesso e del costo opportunità dell’accesso, ponderato per il grado di sostituibilità tra i
prodotti. Quest’ultimo è una misura della perdita di profitto per l’incumbent dovuta al fatto
che una unità in più è venduta dalle nuove entranti. Questa espressione differisce da quella
dell’ECPR vista in precedenza quando σ 6= 1. Solo nel caso in cui i due servizi sono sostituti
perfetti σ = 1 e l’espressione dei prezzi Ramsey ottimi coincide con quelli ottenuti con la
regola dell’ECPR. Si noti che l’ipotesi generalmente accettata è che
∂qI ∂qE ∂pE < ∂pE e di conseguenza σ < 1 e l’equazione (17) definisce un prezzo alla Ramsey minore di quello
ECPR.
4.2.4
Concorrenza tra incumbent e altri operatori con servizi sostituti imperfetti
e costo fisso
Assumiamo che oltre alla differenziazione fra i prodotti vi siano costi fissi. Questo modifica le
funzioni di costo e di profitto per l’incumbent rispetto al caso precedente. Esse diventano:
CI (qI , qE ) = (b + cI )qI + bqE − F
ΠI
= (pI − b − cI )qI + (a − b)qE − F
(18)
Assumendo che il regolamentatore voglia che l’impresa I copra i costi con i ricavi, la
funzione del benessere da massimizzare sarà:
W (pI , pE , a) = V (pI , pE ) + (1 + λ)ΠI
(19)
La condizione del primo ordine rispetto al prezzo di accesso a è:
dW (pI , pE , a)
da
=
∂W
∂W ∂pE
+
=0
∂a
∂pE ∂a
26
(20)
dove:
∂W
∂a
∂W
∂pE
∂pE
∂a
∂V (pI , pE )
∂pE
∂ΠI
∂pE
= (1 + λ)qE (pE , pI ) ;
=
∂V (pI , pE ) ∂ΠI
+
;
∂pE
∂pE
= 1;
= −qE (pE , pI );
∂qI (pI , pE )
∂qE (pE , pI )
= (1 + λ) (pI − b − cI )
+ (a − b)
.
∂pE
∂pE
Sostituendo le espressioni precedenti nella condizione del primo ordine (20) abbiamo che:
dW (pI , pE , a)
∂qE (pE , pI )
∂qI (pI , pE )
+ (a − b)
=0
= λqE + (1 + λ) (pI − b − cI )
da
∂pE
∂pE
da cui con opportune trasformazioni:
∂qE
∂qI
+ (a − b)
(1 + λ) (pI − b − cI )
= −λqE
∂pE
∂pE
∂qI
∂qE
λ
(pI − b − cI )
+ (a − b)
= −
qE
∂pE
∂pE
1+λ
∂qI
λ
∂qE
= −(pI − b − cI )
−
qE
(a − b)
∂pE
∂pE
1+λ
∂qI /∂pE
λ
∂pE
(a − b) = −
(pI − b − cI ) +
−
qE
∂qE /∂pE
1+λ
∂qE
∂pE qE
(a − b) = σ(pI − b − cI ) + θ −
pE
∂qE pE
θ
(a − b) = σ(pI − b − cI ) +
pE
ηE
da cui
a = b + σ(pI − b − cI ) +
θ
pE
ηE
(21)
∂qI (pI ,pE )/∂pE
è il rapporto di spiazzamento che misura il grado di sostituibilità tra
dove σ− ∂q
E (pE ,pI )/∂pE
i due servizi, ηE è l’elasticità della domanda per il servizio offerto dagli operatori alternativi,
λ
e θ = 1+λ
è crescente in λ, la misura del beneficio derivante da un allentamento al margine
del vincolo di bilancio per l’incumbent. Più grande è theta, più eleavato è il margine sui costi
da conseguire al fine di pareggiare il bilancio.
Armstrong et al. (1996) mostrano che l’espressione (21) è equivalente all’ottimo prezzi
di accesso derivato da Laffont and Tirole (1994). Confrontando il prezzo ottimale definito
dall’ECPR con quello di Ramsey
ECP R
a
a
RAM SEY
= b + [p − (b + c)]
= b + σ(pI − b − cI ) +
27
θ
pE
ηE
possiamo fare le seguenti riflessioni.
Nel caso i beni siano perfettamente sostituibili per cui σ = 1 e nel caso non vi siano
RAM SEY
spese fisse a
diventa equivalente all’ECPR. Questo mette in evidenza come il prezzo di
accesso deve tener conto sia del costo fisso sia del grado di sostituibilità trai prodotti. L’ECPR
ignora questi due aspetti.
RAM SEY
La presenza del costo fisso comporta la presenza del termine ηθE pE in a
che è
certamente positivo e che implica che l’ottimo valore del prezzo di accesso sia maggiore del
livello posto dall’ECPR.
D’altronde se i due beni sono parzialmente sostituibili σ < 1 e ciò tende a porre un prezzo
ottimo di accesso inferiore a quello indicato dall’ECPR.
In base alla formula trovata l’ottimo prezzo di accesso avrà un mark-up rispetto al costo
b tanto maggiore per
1. i servizi con minor elasticità della domanda;
2. i servizi che sono buoni sostituti dei servizi dell’impresa dominante;
3. i servizi sostituti di quelli per i quali l’impresa dominante realizza margini maggiori.
Ad esempio se vi è un solo proprietario della rete sulla breve distanza e più proprietari di rete
sulla lunga distanza il prezzo ottimo di accesso alla Ramsey per l’uso della rete locale è dato
RAM SEY
dalla espressione a
ove b è il prezzo unitario di raccogliere e inoltrare le chiamate sulla
rete della lunga distanza, σ misura il grado di sostituibilità fra i vari operatori ed i servizi di
I sulla lunga distanza, (pI − b − cI ) è il margine di profitto che I ottiene sulla lunga distanza,
e η è l’elasticità della domanda dei servizi dei nuovi entranti. La diversa qualità del servizio
sulla lunga distanza può essere dovuta al fatto che il consumatore per accedere alla rete del
concorrente deve digitare cifre addizionali (00) e ciò comporta la necessità di avere uno sconto
per invogliare a cambiare operatore.
Per concludere, abbiamo visto che la presenza di una serie di vincoli quali la necessità di
recuperare i costi fissi e la presenza di non omogeneità dei servizi offerti dal monopolio e dai
competitori fa si che il prezzo di accesso ottimalè diverga dal costo marginale.
4.3
Problemi dell’applicazione dei prezzi di accesso ottimali
In realtà l’applicazione delle tariffe di accesso ottimali presenta notevoli difficoltà. Anzitutto
il regolamentatore non conosce l’elasticità della domanda dei vari servizi né i costi. Viene
utilizzato quindi un approccio contabile sia per i prezzi al dettaglio che per i prezzi di accesso.
In pratica questo significa che il costo di accesso è posto uguale al costo incrementale di fornire
l’accesso più una quota dei costi comuni (costi fissi+costi generali) ai vari servizi dell’impresa
dominante. Ovviamente le formule relative ai prezzi di accesso diventano più complesse nelcaso
si introduca il problema dell’asimmetria informativa (Laffont and Tirole, 1994).9
9
Nel caso la funzione di costo del monopolista relativamente al servizio che viene prodotto da più operatori
è del tipo Ce (B, ee , qe ) ove B è un fattore comune di produttività, ee è lo sforzo esercitato nel produrre il
28
L’idea è quella di porre il prezzo eguale al costo marginale atteso di lungo periodo. E’ chiaro
che questo metodo di allocazione implica un certo grado di arbitrarietà. L’approccio basato sui
costi contabili è più semplice da applicare e corrisponde all’idea che tutti i consumatori devono
contribuire a coprire i conti totali dell’impresa. D’altronde l’idea di chiedere a operatori locali
(che offrono servizi diversi) un prezzo diverso per il fitto di circuiti in base alla elasticità della
domanda del servizio offerto se può rispecchiare esigenze di efficienza allocative certamente
non soddisfa esigenze di equità.
5
Effetti della regolamentazione sugli investimenti infrastrutturali (efficienza dinamica)
La regolamentazione dell’accesso (ma anche i rimedi strutturali) ha l’obiettivo di aumentare
l’efficienza allocativa e produttiva del mercato. Tuttavia l’ottica con la quale questo obiettivo è
perseguito è prettamente statica. Ovvero, date le infrastrutture esistenti, la regolamentazione
persegue l’obiettivo di stimolare e proteggere la concorrenza al fine di aumentare il surplus
sociale. Tuttavia la regolamentazione influenza anche l’evoluzione dell’infrastruttura stessa,
la rapidità con cui essa viene ammodernata e gli investimenti in tecnologie e reti alternative.
Valletti (2003) discute l’esistenza di un trade-off tra la regolamentazione ottimale in senso
statico ed in senso dinamico. Se si promuove la concorrenza nel breve periodo si riduce il potere
di monopolio dell’incumbent ma anche i profitti derivanti dal possesso dell’infrastruttura.
Questo significa quindi che anche i profitti generati dagli investimenti nell’infrastruttura di
rete diminuiscono. Di conseguenza la regolamentazione dell’accesso ha come effetto quello
di scoraggiare investimenti, innovazioni e di conseguenza si ridurranno i benefici di lungo
periodo per i consumatori. Anche Le nuove imprese fanno minori investimenti per effetto della
regolamentazione dell’accesso di quanti ne farebberero in assenza di acceso regolamentato. La
natura della regolamentazione ex post influenza le scelte di investimento ex ante (Valletti,
2003). Kotakorpi (2006) sottolinea l’effetto negativo generato dal sottoinvestimento in quanto
investimenti insufficienti generano perdite di benessere per i consumatori e minore concorrenza.
I critici dell’approccio dell’essential facility sostengono che la regolamentazione sia un freno
agli investimenti, riducendo sia l’efficienza dell’industria nel lungo periodo che la possibilità di
sviluppare un’effettiva concorrenza tra infrastrutture alternative (facility-based competition).
Mentre i sostenitori della regolamentazione dell’accesso evidenziano i vantaggi di lungo periodo
derivanti dall’introdurre la concorrenza sui servizi e sottolineano come l’effetto dei prezzi
regolamentati sugli investimenti sia tutt’altro che scontato.
servizio y, e C(.) è separabile in B, ee , qe , il prezzo di accesso non è influenzato dalla presenza di asimmetria
informativa.
29
5.1
Critica all’approccio dell’essential facility e dell’unbundling generalizzato
L’approccio intrapreso dalla FCC in seguito al Telecommunications Act del 1996 è stato quello
di rendere disponibile per l’unbundling non solo i segmenti della rete considerati essential
facility, ma di prevedere l’obbligo di accesso a qualsiasi livello possibile dell’infrastruttura,
quando richiesto dai nuovi entranti. Hausman (1999) evidenzia come questo approccio riduce
l’incentivo ad investire in infrastrutture proprie visto che l’accesso a quelle dell’incumbent è
imposto a prezzi regolamentati.
La scelta del prezzo di accesso è inoltre causa per Hausman (1999) di un’ulteriore disincentivo ad investire, questa volta per l’incumbent. La scelta di prezzi del tipo ECPR o
Ramsey che sono orientati ai costi, non tengono conto della natura di costo irrecuperabile
della gran parte degli investimenti fissi in infrastrutture di rete e del rischio di insuccesso di
investimenti in nuove tecnologie. L’incertezza ha un effetto importante sugli investimenti irrecuperabili in quanto, se la domanda è inferiore alle attese o i prezzi per i servizi sono bassi,
l’investitore subisce una perdita non recuperabile. Questo non accade quando l’investimento
non è irreversibile in quanto l’impresa può sempre riutilizzarlo nella produzione di beni e
servizi alternativi. Di conseguenza la fissazione da parte delle autorità di prezzi regolamentati
orientati ai costi comporta una riduzione dell’incentivo ad investire nell’ammodernamento
dell’infrastruttura e nell’introduzione di innovazioni.10 Il ragionamento è il seguente. Se
l’incumbent decide di effettuare un investimento (si pensi, ad esempio, all’installazione di
reti di fibra ottica) e quest’investimento ha successo in quanto si genera un’elevata domanda
di accesso broadband, i concorrenti possono godere dei vantaggi dell’investimento ottenendo
l’accesso a prezzi regolamentati all’infrastruttura ed offrendo la banda larga a prezzi regolamentati. Al contrario, se l’investimento non ha successo, l’incumbent sopporterà tutte le
perdite mentre i concorrenti non sopporteranno alcun costo di quest’investimento. Più precisamente la natura ci costo irrecuperabile dell’investimento genera un rischio che non è remunerato dalla scelta di regolamentare l’accesso con prezzi orientati al costo.
Una critica iù radicale viene formulata da altri autori (si veda il teso di Spulber and Yoo,
2009 per una completa caratterizzazione di questa critica) che può essere riassunta in tre
argomenti principali. Il primo sottolinea come le autorità di regolamentazione si siano concentrate sullo sviluppo della concorrenza tra servizi, che è stata stimolata rendendo obbligatorio
per il proprietario dell’infrastruttura di rete l’accesso a prezzi regolamentati alle nuove imprese produttrici di servizi. Ma questo approccio ha frenato lo sviluppo una concorrenza tra
infrastrutture, con imprese capaci di fornire il servizio di telecomunicazioni completamente
con reti proprie (competition between rival end-to-end infrastructures). Eppure il processo
di convergenza tecnologica ha reso possibile la fornitura dei medesimi servizi attraverso reti
10
Si noti come questa interpretazione sia opposta a quella illustrata nell’analisi della regolamentazione del
Rate of return. Nell’analisi di Averch e Jonson (1960), quel tipo di regolamentazione portava ad un eccesso
di investimenti, mentre nell’analisi di Hausman (1999) la fissazione di prezzi orientati ai costi comporta un
disincentivo all’investimento.In entrambi i casi, comunque, la distorsione delle scelte di investimento determinata
dalla regolamentazione porta ad inefficienze.
30
alternative. Oltre la tradizionale rete telefonica, le reti delle TV via cavo e le reti di telefonia mobile possono fornire servizi molto simili. La conseguenza di una regolamentazione che
impone l’accesso a prezzi regolamentati alla rete dell’ operatore incumbent di telefonia fissa
rischia cosı̀ di essere la causa e non il rimedio della presenza di strozzature monopolistiche nel
mercato.
Spulber and Yoo (2009) criticano anche la scelta del prezzo fatta dalle autorità di regolamentazione come l’FCC negli USA. La scelta di un prezzo legato al costo degli elementi
dell’infrastruttura di rete cui l’operatore alternativo ottiene l’accesso, non tiene in considerazione il costo opportunità in termini di perdita di profitto per l’incumbent dovuto al fatto che
un operatore alternativo, utilizzando la sua infrastruttura, fornisca servizi alternativi ai suoi.
I prezzi dovrebbero essere determinati dal mercato e non dall’autorità di regolamentazione:
solo in questo modo le decisioni investimento sia dell’incumbent che dell’operatore alternativo
non sono distorte e sono efficienti.
Questa necessità di ridurre il ruolo della regolamentazione e di espandere il ruolo del mercato è, evidenziano Spulber and Yoo (2009), stata riconosciuta dalla autorità di regolamentazione. L’evoluzione della regolamentazione dal controllo dei prezzi per i consumatori finali
praticati dal monopolista verticalmente integrato, alla separazione strutturale tra segmento
monopolistico (la rete locale) e segmenti concorrenziali, fino all’introduzione della regolamentazione della condotta (prezzi di accesso alla rete) al posto di rimedi strutturali, evidenzia il
riconoscimento che sempre minori segmenti dell’industria sono essential facilities. È tra l’altro
interessante sottolineare come l’unbundling sia stato introdotto come un’alternativa alla separazione strutturale riconoscendo che quest’ultima poteva far perdere efficienze in termini di
economie di scopo e di scala nell’industria. D’altronde le imprese di telelcomunicazioni si sono
caratterizzate sin dall’inizio per un elevato livello di integrazione verticale che, sebbene possa
essere stato in qualche modo influenzato dalla regolamentazione, ha avuto sicuramente anche
ragioni di efficienza, come ad esempio l’importanza che informazioni sull’utilizzo della rete
hanno sia per la gestione e l’ammodernamento della rete tessa, sia per i servizi commerciali
delle imprese stesse. Lunbundling stesso, insieme al processo di convergenza tecnologica rende
oggi possibile, secondo gli autori, la concorrenza basata sulle infrastrutture e prezzi di accesso
basati su transazioni di mercato che non alterino il formarsi di configurazioni efficienti delle
reti.
5.2
Effetti sugli investimenti della regolamentazione dei prezzi di accesso
in un contesto strategico
Le critiche analizzate in precedenza hanno messo in discussione il ruolo della regolamentazione
dell’accesso nelle reti di telecomunicazioni ed in generale nelle industrie a rete. Tuttavia
ulteriori contributi teorici hanno sostenuto il limitato effetto del livello del prezzo di accesso
sulle decisioni di investimento del nuovo entrante e problematizzato l’effetto sugli investimenti
dell’incumbent.
Se il regolatore ha scelto la separazione strutturale con regolamentazione dell’accesso...
31
Quando economie di scopo e problemi di coordinamento rendono il rimedio strutturale non
desiderabile, la regolamentazione dell’infrastruttura essenziale impone generalmente l’accesso
a prezzi regolamentati all’infrastruttura. Le nuove imprese che entrano nel mercato delle
telecomunicazioni hanno, in presenza di regolamentazione dell’accesso all’infrastruttura di
rete, una notevole flessibilità nella scelta di quali parti dell’infrastruttura costruire e quali
parti affittare dall’incumbent. Soprattutto con l’introduzione dell’unbundling a tutti i possibili
livelli dell’infrastruttura (introdotto nel 1996 negli USA e nel 2000 in Europa) la scelta delle
nuove imprese è resa estremamente flessibile e queste ultime si troveranno in posizione di
vantaggio rispetto all’incumbent. 11
È generalmente accettato che l’imposizione di prezzi bassi di accesso favorisca ed acceleri
l’ingresso di nuove imprese nel mercato che faranno concorrenza all’incumbent utilizzando
l’infrastruttura di quest’ultimo. Tuttavia è opinione diffusa che avere prezzi bassi di accesso
ritardi gli investimenti in infrastrutture alternative da parte delle nuove imprese. Al contrario,
se i prezzi di accesso sono fissati a livelli troppo elevati, le imprese potrebbero non trovare
mai conveniente entrare nel mercato utilizzando parti dell’infrastruttura esistente e solo con
la costruzione di infrastruttre alternative sarà possibile avere concorrenza nel mercato.12
Tuttavia questa analisi non tiene nella dovuta considerazione il mercato a valle e gli effetti
che la concorrenza tra le nuove imprese e l’incumbent hanno sulla scelta di investimento delle
prime. Utilizzando l’analisi di Sappington (2005) ipotizziamo che una nuova entrante debba
decidere se investire nell’infrastruttura di rete o utilizzare quella dell’incumbent ad un prezzo
di accesso regolamentato a. Se la nuova impresa investe nell’infrastruttura di rete il suo costo
marginale dell’utilizzo della rete sarà ce , mentre il costo marginale dell’incumbent è ci .13 La
scelta di make-or-buy da parte della nuova impresa sarà efficiente se si sceglie di costruire
l’infrastruttura quando ce − ci < 0 mentre si scegli di utilizzare la rete dell’incumbent quando
ce − ci > 0.
Nel mercato a valle l’incumbent sceglierà la quantità che massimizza i suoi profitti tenendo
conto del fatto che all’aumentare della sua produzione la quantità prodotta dalla nuova impresa
si riduce e, se quest’ultima utilizza l’infrastruttura dell’incumbent, anche i ricavi dall’accesso
per l’incumbent si riducono. Se, ad esempio, l’aumento di un’unità venduta dall’incumbent
riduce la quantità venduta dalla nuova impresa di λ unità, il costo per l’incumbent di tale
incremento sarà pari a (1 − λ) ci + λa dove il primo termine è il costo di produzione della
variazione netta della produzione, mentre λa è il costo opportunità della perdita dei ricavi
derivanti dall’accesso. Quindi, nelle sue scelte nel mercato a valle l’incumbent considera non
solo il costo di produzione diretto ma anche il costo opportunità derivante da una riduzione
dei ricavi d’accesso.
11
Quest’ultimo infatti sopporterà tutto il rischio dell’introduzione di innovazioni, mentre le nuove entranti
potranno attendere per verificarne il successo.
12
si veda Woroch (2004) che deriva questo risultato formalmente in un modello di concorrenza sugli investimenti.
13
Per semplicità assumiamo che il costo di fornitura del servizio sia nullo e solo il costo dell’utilizzo
dell’infrastruttura sia positivo.
32
Nella scelta di make-or-buy la nuova impresa sceglierà l’alternativa che minimizza il differenziale di costi con l’incumbent. Tale differenziale di costi è ce − ci se la nuova impresa
sceglie di costruire l’infrastruttura, mentre è pari a a − [(1 − λ) ci + λa] se sceglie di utilizzare
quella dell’incumbent. Confrontando i due differenziali di costi, la nuova impresa sceglierà di
costruire la propria rete se:
ce − ci > a − [(1 − λ) ci + λa]
ce > a − [(1 − λ) ci + λa] + ci
ce > (1 − λ) a − λci
Quanto più vicino all’unità sarà λ tanto minore è il peso del prezzo di accesso nella scelta
di make-or-buy. Al limite, nel caso di concorrenza alla Hotelling analizzato da Sappington
(2005), quando λ = 1, il livello dei prezzo di accesso non ha alcuna influenza sulla scelta di
investimento della nuova impresa. In tal caso la scelta di investimento sarà efficiente in quanto
la nuova entrante effettuerà l’investimento quando ce < ci mentre utilizzerà infrastruttura
dell’incumbent solo se ce > ci .
Un altro aspetto fondamentale da considerare è l’effetto della regolamentazione dell’accesso
sul rischio dell’investimento. In tal senso se la regolamentazione impone l’obbligo di accesso,
l’incumbent si trova a dover sportare l’intero rischio dell’investimento, mentre le nuove imprese
hanno a disposizione un’opzione senza rischio, ovvero quella di affittare l’infrastruttura fare
arbitraggio tra i prezzi all’ingrosso e al dettaglio quando l’incertezza relativa alla domanda si
risolve. Questa opzione a rischio zero influisce negativamente anche sull’incentivo delle nuove
entranti ad investire, cosı̀ come, in assenza di una remunerazione del rischio di investimento nel
prezzo di accesso, anche lincentivo ad investire da parte dell’incumbent viene ad essere ridotto.
Inoltre, quando la domanda incerta si rivela debole, gli entranti hanno un incentivo a rchiedere
in affitto le linne telefoniche, mentre con una domanda forte hanno un maggiore incentivo ad
investire nel proprio network. Poiché la regolamentazione generalmente utilizzata è basata
sui costi, gli investimento non sono compensati adeguatamente e quindi quando la domanda
è bassa profitti dell’incumbent soffrono, mentre recuperano solo in tempi di espansione. La
conseguenza è che gli coloro che investono dell’incumbent devono essere compensati per la
maggiore volatilità dei rendimenti degli investimenti con un tasso di rendimento più alto che
determina in generale un’aumento del costo del capitale di rischio (Ingraham and Sidak, 2003).
Vareda (2010) distingue tra due tipi di investimento: quello sulla qualit del servizio offerto,
e quello sul costo di fornitura del servizio. I due investimenti sono complementi, ma reagiscono
in modo diverso a cambiamenti nel prezzo di accesso. Quanto più alto è il prezzo di accesso,
tanto maggiori saranno i profitti che l’incumbent fa con i clienti delle altre imprese e tanto
maggiore sarà l’incentivo ad investire in qualità. Tuttavia Vareda(2010) dimostra che gli effetti
del prezzo di accesso dipendono dal costo marginale degli investimenti. Qando il prezzo di
accesso aumenta e il costo marginale dell’investimento in qualità e molto basso, allora aumenta
l’incentivo ad investire per entrambi i tipi di investimento. Al contrario, se l’investimento in
riduzione dei costi è molto basso, un aumento del prezzo di accesso genera una riduzione di
33
entrambi i tipi di investimento. Ma in generale, l’effetto di un incremento del prezzo di accesso
è quello di aumentare l’incentivo ad investire in qualità, ma di ridurre l’incentivo ad investire
in risparmi di costo.
Altri contributi teorici hanno tuttavia suggerito un effetto positivo della regolamentazione
dell’accesso sugli investimenti. Foros(2004) e Kotakorpi (2006) hanno dimostrato come una
concorrenza basata sui servizi e non sulle nfrastrutture può incoraggiare gli investimenti
dell’incumbent se tale concorrenza genera un aumento delle varietà di servizi disponibili,
dell’innovazione e, quindi, della domanda. Tuttavia un aspetto cruciale di queste conclusioni risede nella necessità che lı́ncumbent sia in grado di appropriarsi dei profitti derivanti
dall’incremento della domanda attraverso elevati prezzi di interconnessione, anche non regolamentati.
Secondo la teoria dell’ ”investment ladder (Cave and Vogelsang, 2003; Cave 2006), gli
entranti a cui è consentito, grazie al basso costo di terminazione, di costruire la propria
azienda sulla base di un network già operante, e di accrescere quindi conoscenza del mercato, dell’evoluzione della domanda e dei costi, saranno successivamente incoraggiati da una
crescita dei costi di accesso a mettere in piedi un proprio network ed iniziare qiundi una
concorrenza centrata sulle infrastrutture.
Studi empirici sull’effetto dell’obbligo di accesso ottengono risultati non univoci. Chang
ed altri (2003), analizzando la relazione tra prezzo di accesso e investimenti sull’infrastruttura
dell’incumbent concludono che a prezzi bassi corrispondono maggiori investimenti. Hausman
and Sidak (2005) con una analisi basato sullo studio dei mercati delle telecomunicazioni in
Canada, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti, concludono che l’unbundling
obbligatorio non incentiva gli investimenti da parte dell’incumbent o dei nuovi entranti.
Il lavoro più dettagliato di Grajek e Roller (2009) infine trova che la regolamentazione
dell’accesso scoraggia gli investimenti nell’infrastruttura da parte sia dell’incumbent che dei
singoli entranti, anche se l’investimento totale da parte degli entranti aumenta. Inoltre essi
suggeriscono che i regolatori sono soggetti ad un problema di committment: quando lo stock di
infrastrutture è eleaato, i regolatori tendono a concedere facile accesso a tali infrastrutture, e
questo rappresenta un disincentivo all’investimento dell’incumbent. Tuttavia essi dimostrano
come gli investimenti infrastrutturali di incumbents e nuovi entranti sono complementi strategici: all’aumentare dell’investimento delle nuove imprese, aumentano gli investimenti degli
incumbents, e viceversa. Questo effetto strategico riduce quindi l’impatto negativo della regolamentazione sugli incentivi all’investimento. Sebbeneuna regolamentazione più interventista
che favorisce l’accesso all’infrastruttura dell’incumbent ha un effetto negativo diretto sugli incentivi all’investimento dell’incumbent, essa ha anche un effetto positivo sull’incentivo ad investire dei nuovi entranti. Quest’ultimo genera un effetto strategico positivo sull’investimento
ad investire da parte dell’incumbent grazie alla complementarità strategica tra i due.
34
6
Interconnessione tra reti
6.1
Concorrenza tra reti
L’obiettivo della politica della concorrenza della Comunità europea è quello di incoraggiare
la concorrenza tra operatori in modo tale da ridurre l’intervento delle autorità di regolamentazione e favorire la concorrenza. Ciò può essere fatto sia con la costruzione di reti sia favorendo
il meccanismo della “rivendita” Questo meccanismo è basato sul principio dell’unbundling e
sulla possibilità che un operatore, usando la rete dell’impresa dominante, possa dar vita ad una
propria rete senza realizzare investimenti per la costruzione di una nuova. Mentre allorché si
parla di interconnessione si considera il collegamento della infrastruttura fisica dell’operatore
dominante con quella del nuovo entrante, nel caso della mera “rivendita” è possibile che la
rete dell’operatore alternativo possa essere solo virtuale. Le condizione poste dall’attività di
regolamentazione sui prezzi, qualità del servizio, ecc. influiranno sulle caratteristiche della
concorrenza. E’ possibile che condizioni che governano l’unbundling e la rivendita siano tali
da non incoraggiare lo sviluppo della concorrenza dal momento che l’operatore potenziale può
decidere di non investire nella costruzione di una rete, anche se il costo di offrire il servizio
attraverso la costruzione di una propria rete “stand-alone cost’ ’ può essere inferiore a quello
dell’attuale operatore dominante. In Italia solo Infostrada, Albacom e Wind si appoggiano
su una rete fissa sulla lunga distanza, anche se limitata. Tiscali ha una propria rete, basata
su ponti radio e quindi con capacità di trasmissione di un numero limitato di telefonate in
contemporanea, solo in Sardegna, per il resto del territorio nazionale è un “rivenditore”.
In relazione a problemi di promozione della concorrenza vi sono due aspetti rilevanti:
1. Un operatore dominante può abusare della propria posizione ponendo prezzi di accesso
troppo elevati alla propria rete?
2. È possibile che nell’accordarsi sui prezzi di interconnessione si metta in atto un comportamento collusivo?
Le risposte ad entrambe le domande sono positive. I clienti di un operatore alternativo
devono sia poter raggiungere gli utenti degli altri operatori tramite l’interconnessione diretta,
sia essere raggiunti dagli utenti di altri operatori, interconnessione inversa.
Per ogni chiamata fatta da un cliente di un operatore e terminata su un cliente di un
altro operatore, quest’ultimo riceve un compenso per il traffico su propria numerazione. Le
condizioni economiche fatte dall’operatore dominante (Telecom) sono soggette a regolamentazione mentre le condizioni economiche dei servizi offerti da OLO (operatori alternativi) sono
registrati liberamente su base commerciale. L’utilizzazione di interconnessione inversa per i
servizi di fonia terminanti verso clienti direttamente connessi agli operatori, è attualmente
marginale a causa della scarsa diffusione di reti alternative di local loop.
La connessione inversa è invece alla base del fenomeno dell’accesso gratuito ad Internet.
Gli ISP, aventi specifici accordi economici con i vari operatori, grazie ai ricavi derivanti dalla
interconnessione inversa riescono a non far pagare più l’abbonamento.
35
Per quanto riguarda il comportamento dell’operatore dominante si dimostra (Armstrong,
1998; Laffont et al., 1998a) che l’operatore dominante, nel caso di prezzi non regolamentati,
ha un incentivo ad abusare della propria posizione dominante, non accettando l’accordo di
interconnessione e chiedendo spese di interconnessione elevate per l’allacciamento della propria
rete. Come conseguenza di ciò, l’operatore alternativo può investire nella costruzione di una
rete di dimensione un investimento maggiore di quanto avrebbe desiderato. Il risultato è
un eccesso di investimenti nella rete. Nel caso in cui l’interconnessione è obbligatoria ed i
prezzi finali del regolamentatore non tengono conto dei rischi connessi alla introduzione del
progresso tecnico nella rete, gli incentivi ex ante per gli investimenti possono essere influenzati
negativamente, l’OLO può sotto-investire per quanto riguarda la costruzione della propria rete
e l’operatore dominante può decidere di non investire quanto necessario per modernizzare la
rete.
Per quanto riguarda il secondo punto, gli operatori possono a fissare accordi di interconnessione ad un livello maggiore dei costi per ottenere una massimizzazione congiunta dei profitti
oppure possono ciascuno comportarsi da monopolista, determinando il fenomeno della doppia
marginalizzazione. In tal caso il risultato sarà quello di prezzi al dettaglio maggiori di quelli
di un unico monopolista. Ogni operatore è monopolista rispetto ai clienti della propria rete
e porrà il prezzo per i propri utenti, eguagliando costo e ricavo marginale tenuto conto del
prezzo di terminazione che dovrà pagare all’altro operatore.
Consideriamo due operatori A e B ciascuno con una propria rete. Ipotizziamo che ogni
utente a causa della presenza del costo fisso di allacciamento è connesso ad una sola rete.
Quindi le due reti devono essere interconnesse se gli utenti delle due reti vogliono comunicare
fra di loro.
Assumiamo che l’Autorità di Regolamentazione abbia imposto le condizioni di “reciprocità”.
Questo significa che i due operatori chiederanno l’un l’altro la tariffa di interconnessione (vedi
figura 2).
A
Sia cA
0 il costo unitario per instradare la chiamata dalla postazione originaria e c1 il costo
B
di terminazione per l’operatore A e cB
0 e c1 per l’operatore B. Sia F il costo fisso per connettere
l’utente alla rete. Quindi se l’utente α di A vuole collegarsi con l’utente γ di A il costo della
A
chiamata sarà cA
0 + c1 , mentre nel caso sia l’utente ψ di B che vuole collegarsi all’utente φ di
B
B, il costo sarà cB
0 + c1 .
Nel caso invece la telefonata viene terminata presso l’altro operatore, il costo marginale
B
sarà rispettivamente pari a cA
0 + t e c0 + t, ove t è il costo di terminazione fatto pagare
dall’operatore sulla cui rete termina la chiamata.
Consideriamo ora il lato della domanda. I prezzi offerti dai due operatori sono rispettivamente pA e pB . Assumiamo per semplicità che i due operatori possano scegliere solo tra
un prezzo alto piH ed uno basso piL con i = A, B. I consumatori osservano i due prezzi e
decidono quale operatore scegliere. Assumiamo che i beni offerti dai due operatori non siano
perfettamente sostituibili, e quindi anche se un operatore offre un prezzo più basso dell’altro,
l’operatore che chiede il prezzo più alto otterrà egualmente utenti.
36
Figure 2: Interconnessione delle reti di due operatori in concorrenza tra loro.
Assumiamo che vi siano N utenti e che questi utenti si ripartiscano fra i due operatori14 .
Assumiamo che la domanda sia simmetrica, per cui se gli operatori offrono lo stesso prezzo, gli
N utenti si divideranno equamente fra le due reti. Invece se un operatore offre il prezzo basso
e l’altro quello alto, il primo operatore otterrà NL > N2 sottoscrittori, mentre l’operatore che
offre il prezzo alto avrà (N − NL ) sottoscrittori. Una volta che un utente ha sottoscritto con
un operatore esso farà un numero di chiamate che dipenderà solo dal prezzo dell’operatore,
ma non da quello del rivale. Il numero delle chiamate fatto da ogni singolo utente è qL se il
prezzo è basso, e qH se il prezzo è alto.
Dobbiamo fare un’ipotesi per individuare quante chiamate originate da una rete termineranno sull’altra rete. L’ipotesi che viene fatta è che il modello di consumo è “isotropico”.
Questo significa che la frazione di propri abbonati che chiama l’altra rete è eguale alla frazione
di abbonati dell’altra rete sul totale (la frazione di chiamate alla propria rete e eguale alla
frazione di abbonati alla propria rete). Questo implica che se i due operatori offrono i servizi
allo stesso prezzo avranno la metà di abbonati totali, ed ogni abbonato farà metà delle chiamate ad abbonati alla propria rete e metà agli abbonati dell’altra rete. Nel caso invece in cui
un operatore offre servizi a prezzo basso e l’altro a prezzo alto, l’abbonato del primo operatore
L
farà una percentuale di telefonate N −N
< 21 agli abbonati dell’altro operatore (in quanto
N
quest’ultimo avrà una minore percentuale di abbonati).
B
A
B
Assumiamo che i costi siano eguali per i due operatori, cioè che cA
0 = c0 = c0 e c1 = c1 = c1
siano rispettivamente il costo unitario per instradare la chiamata dalla postazione originaria
e il costo di terminazione. Calcoliamo i profitti nel caso entrambi pongano un prezzo alto pH .
Per ipotesi gli N abbonati si dividono in parti eguali fra i due operatori. I profitti saranno
14
L’ipotesi è che il prezzo non sia mai cosı̀ alto da convincere un utente a non chiedere il servizio.
37
dati da:
i
πHH
=
N
N
N
N
qH (pH − c0 − c1 ) + qH (pH − c0 − t) + qH (t − c1 ) − F
4
4
4
2
i = A, B
(22)
Ogni operatore avrà N/2 sottoscrittori, ognuno dei quali fa qH chiamate, metà delle quali
terminano sulla rete dell’altro operatore. Il primo termine esprime i profitti derivanti dalle
chiamate di origine e che terminano nella rete di origine. Il secondo termine indica il profitto
derivante dalle chiamate che terminano sull’altra rete. Il terzo termine sono i profitti che
derivano dalle chiamate fatte dagli abbonati dell’altra rete agli abbonati della rete analizzata.
L’ultimo termine indica l’ammontare dei costi fissi.
L’espressione di cui sopra si semplifica e diviene
N qH
N
(pH − c0 − c1 ) − F
(23)
2
2
In questa espressione non appare il termine t. Quindi i profitti non dipendono dal costo
dell’interconnessione t. La ragione è evidente dal momento che il numero di chiamate fatte da
utenti appartenenti al network A ad utenti appartenenti al network B è eguale al numero di
telefonate fatte nell’altra direzione e quindi i costi ed i ricavi derivanti dall’interconnessione si
annullano. In modo analogo se gli operatori chiedono prezzi bassi, il profitto sarà dato da
i
πHH
=
N
N qL
(pL − c0 − c1 ) − F.
(24)
2
2
Nel caso che gli operatori scelgano prezzi differenti, l’operatore che chiede il prezzo basso
realizza un profitto pari a
i
πL,L
=
i
πLH = NL qL
N − NL
NL
NL
(pL − c0 − c1 ) +
(pL − c0 − t) + (N − NL )
q (t − c1 ) − NL F
N
N
N H
(25)
Il termine
NL
(pL − c0 − c1 )
N
rappresenta i profitti derivanti dalle chiamate che restano sulla stessa rete,
N L qL
NL qL
(N − NL )
(pL − c1 − t)
N
rappresenta i profitti derivanti dalle chiamate che terminano nell’altra rete, e il termine
(N − NL )
NL
q (t − c1 )
N H
rappresenta il profitto derivante dai pagamenti di terminazione effettuato dall’altro operatore
relativamente agli utenti della propria rete. L’ultimo termine rappresenta i costi fissi.
38
L’espressione (25) può essere riscritta:
NL
N − NL
i
πLH
= NL qL
(pL − c0 − c1 ) +
(pL − c0 − c1 − t + c1 ) +
N
N
N − NL
+
NL qH (t − c1 ) − NL F
N
NL N − NL
N − NL
= NL qL
(pL − c0 − c1 ) −
+
(t − c1 ) +
N
N
N
N − NL
NL qH (t − c1 ) − NL F
+
N
N − NL
N − NL
= NL qL (pL − c0 − c1 ) −
(t − c1 ) +
NL qH (t − c1 ) − NL F
N
N
N − NL
N − NL
NL qL (t − c1 ) +
NL qH (t − c1 ) − NL F
= NL qL (pL − c0 − c1 ) −
N
N
N − NL
= NL qL (pL − c0 − c1 ) −
NL (qL − qH ) (t − c1 ) − NL F
(26)
N
e quello ad alto prezzo
i
πHL
= (N − NL ) qH (pH − c0 − c1 ) +
N − NL
NL (qL − qH ) (t − c1 ) − (N − NL ) F
N
(27)
Nel caso che i prezzi posti dai due concorrenti siano differenti essi si preoccupano del livello
del costo di terminazione giacché vi è un flusso netto di chiamate dal network a basso prezzo
a quello ad alto prezzo in quanto i sottoscrittori della rete a basso prezzo fanno più chiamate
degli altri.
Confrontando i casi in cui le due imprese scelgono gli stessi prezzi, assumiamo che i profitti
siano maggiori con prezzi alti, cioè πLL < πHH ma che il benessere complessivo è maggiore
con prezzi bassi che con alti prezzi. Quindi pL può essere visto come il prezzo competitivo e
pH come quello collusivo. Il problema è che nel momento con cui le imprese possono scegliere
il prezzo di interconnessione esse si accorderanno su un t alto, cioè sceglieranno il valore di t
in modo tale che
πLH < πHH
In questo caso infatti le due imprese non hanno un incentivo a deviare dal prezzo collusivo
pH : se l’impresa A sceglie pH , l’impresa B non ha incentivo a deviare verso il prezzo più
basso in quanto πLH < πHH ). Quindi se t è lasciato alla scelta delle due imprese, è possibile
prevedere che sarà scelto un valore di t alto, in quanto questo permette di mantenere un prezzo
di collusione. Nel caso di un costo di interconnessione elevato, abbassare il prezzo comporta
uno svantaggio in quanto i sottoscrittori della società a basso prezzo, faranno molte chiamate
ai sottoscrittori dell’altra rete e ciò provocherà alti costi di terminazione.
D’altro canto, il regolamentatore preferirebbe che le due imprese ponessero bassi prezzi.
Regolamentando l’accesso e ponendo il valore di t in modo che
πLH > πHH
39
il regolamentatore riuscirà ad ottenere la soluzione di equilibrio corrispondente ai prezzi bassi.
Infatti l’impresa che pone il prezzo basso avrà profitti maggiori che in caso di collusione.
Giacché πLL > πHL l’altra impresa abbasserà il prezzo e l’equilibrio sarà quello di concorrenza
{pL , pL }.
Questo risultato non è necessariamente valido nel caso di imprese non simmetriche. In
tal caso l’interesse delle due imprese può non concordare dal momento che vi è un flusso di
chiamate terminali molto più forte verso la rete dell’impresa dominante che nel senso inverso.
Quindi l’impresa dominante preferirà un prezzo di interconnessione più alto di quello posto
dall’entrante.
7
7.1
Il Servizio Universale
La presenza di sussidi incrociati nelle comunicazioni
I servizi di comunicazione sono stati a lungo caratterizzati dalla presenza di sussidi incrociati,
ovvero dalla distorsione della struttura dei prezzi rispetto a quella dei costi. Ad esempio,
una tariffa postale uniforme per la corrispondenza nazionale è un caso di sussidio incrociato
in quanto la corrispondenza locale, che ha un costo minore, sussidia quella interregionale,
caratterizzata da costi di trasporto minori.
Nel settore delle telecomunicazioni tariffe di allacciamento uniformi sul territorio nazionale
determinano un sussidio dagli utenti delle città, dove il costo unitario di connessione alla rete
è basso, verso gli utenti rurali o abitanti di aree ad alto costo di fornitura del servizio.
Tariffe differenziate tra utenti business e utenti domestici (generalmente più basse) rappresentano un ulteriore esempio di sussidio incrociato.
Inoltre, tariffe agevolate per anziani, portatori d’handicap, o famiglie a basso reddito,
qualora finanziate dalle tariffe pagate dagli altri utenti, sono anch’esse un esempio di sussidio
incrociato.
Il sistema di sussidi incrociati opera attraverso distorsioni del sistema dei prezzi rispetto
ai prezzi Ramsey calcolati massimizzando il welfare come somma non ponderata del surplus
dei consumatori e del profitto dell’impresa sotto il vincolo del bilancio in pareggio.
Si supponga che il costo di fornitura del servizio telefonico sia
c (q1 , q2 ) = c1 q1 + c2 q2 + F
e q1 (p1 ) e q2 (p2 ) siano le domande dei due gruppi di consumatori caratterizzati da costi di
fornitura del servizio differenti.
I prezzi Ramsey sono la soluzione del seguente programma di massimizzazione:
Z
max W
p1 ,p2
tale che
∞
=
Z
∞
q2 (t) dt + [(p1 − c1 ) q1 (p1 ) + (p2 − c2 ) q2 (p2 ) − F ]
q1 (s) ds +
p1
p2
(p1 − c1 ) q1 (p1 ) + (p2 − c2 ) q2 (p2 ) − F ≥ 0
40
dove i due integrali misurano il surplus dei due gruppi di consumatori ed il termine in parentesi
quadra è il profitto dell’impresa.
Utilizzando il metodo di Lagrange, il problema precedente è equivalente al seguente programma di massimizzazione:
Z
∞
max L (p1 , p2 , λ) =
p1 ,p2 ,λ
Z
q1 (s) ds+
p1
∞
q2 (t) dt+(1 + λ) [(p1 − c1 ) q1 (p1 ) + (p2 − c2 ) q2 (p2 ) − F ]
p2
(28)
Le condizioni del primo ordine sono le seguenti:
∂L(.)
∂p1
∂L(.)
∂p2
∂L(.)
∂λ
∂q1
= 0;
∂p1
∂q
= −q2 + (1 + λ) q2 + (1 + λ) (p2 − c2 ) 2 = 0;
∂p2
= −q1 + (1 + λ) q1 + (1 + λ) (p1 − c1 )
= (p1 − c1 ) q1 (p1 ) + (p2 − c2 ) q2 (p2 ) − F = 0.
(29)
(30)
(31)
dalla (29) otteniamo che:
(p1 − c1 ) =
p1 − c1
p1
p1 − c1
p1
=
=
λ
∂p1
q
1 + λ 1 ∂q1
λ q1 ∂p1
1 + λ p1 ∂q1
θ
.
η1
(32)
Allo stesso modo, dalla (30) otteniamo che
p2 − c2
θ
= .
p2
η2
(33)
dove θ è una costante che dipende dal beneficio marginale di allentare il vincolo di bilancio e
η1 e η2 sono le elasticità della domanda.15
Supponiamo ora che q1 sia la domanda di utenti residenti in aree urbane e q2 sia la domanda
di utenti residenti in aree rurali. Per semplicità assumiamo che le funzioni di domanda siano
identiche ed isoelastiche con η1 = η2 = η. dalla (32) e dalla (33) otteniamo che:
p1 − c1
θ
p − c2
= = 2
p1
η
p2
Di conseguenza i mark-up (e non i prezzi) devono essere uguali. Se ad esempio c2 = 2c1 , allora
i prezzi alla Ramsey che massimizzano il welfare sono tali che p2 = 2p1 . Prezzi uniformi sono
quindi inefficienti quando i costi divergono.
15
Si noti che il valore di λ dipende anche da F , ovvero dal costo fisso da recuperare. se F = 0 il vincolo di
bilancio non è più stringente, λ = 0 e la struttura dei prezzi che massimizza il welfare è p1 = c1 e p2 = c2 dato
che θ = 0.
41
A parità di costi (e di elasticità della domanda) i prezzi dovrebbero invece essere uguali.
Supponiamo che q1 costituisca la domanda di utenti residenziali e q2 sia la domanda di utenti
business a parità di costi. Allora, dalle due condizioni (32) e (33) discende che anche i prezzi
devono essere uguali per massimizzare il welfare. Tuttavia in molti paesi le tariffe sono state
fino a poco tempo fa differenziate tra utenza residenziale ed utenza business dove quest’ultima
pagava tariffe più elevate. Anche in questo caso tale struttura tariffaria contraddice la regola
di Ramsey per la massimizzazione del welfare.
Un’altra caratteristica delle tariffe in vigore in molti paesi prima della liberalizzazione
era un mark-up più elevato sulle telefonate interurbane rispetto a quelle urbane. Tuttavia è
generalmente condivisa l’idea che l’elasticità della domanda per le telefonate interurbane sia
più levata di quella delle tariffe urbane. Di conseguenza, seconda l’approccio à la Ramsey,
indicando q1 la domanda di telefonate urbane e q2 quella di telefonate interurbane, abbiamo
che:
θ
θ
p − c2
p1 − c1
=
>
= 2
p1
η1
η2
p2
dato che η2 > η1 . Di conseguenza la regola dei prezzi alla Ramsey suggerirebbe mark-up più
elevati sulle tariffe urbane ce su quelle interurbane. Le tariffe uniche, molto diffuse negli ultimi
anni, per cui le telefonate verso i telefono fissi hanno un prezzo uguale indipendentemente dal
fatto che siano urbane o interurbane sembrerebbero essere più coerenti con l’approccio alla
Ramsey. Infatti, poiché il costo marginale delle telefonate urbane è minore di quello delle
interurbane, un prezzo uguale porta ad un mark-up maggiore sulle telefonate urbane.
7.2
Definizione e obiettivi del servizio universale
La US FCC afferma che il servizio universale consiste nel
ensuring quality telecommunications services at affordable rates to consumers, including low-income consumers, in all regions of the nation, including rural, insular,
and high-cost areas.
La Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 relativa
al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione
elettronica (direttiva servizio universale) afferma che:
La liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, l’intensificazione della concorrenza e la pi ampia scelta di servizi di comunicazione implicano un’azione parallela volta a istituire un quadro normativo armonizzato che garantisca la prestazione
di un servizio universale.[...] Il fatto di assicurare un servizio universale (ossia
la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a
prezzo abbordabile) pu comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali
condizioni di mercato.[...]Una delle esigenze fondamentali del servizio universale
consiste nel garantire agli utenti che ne fanno richiesta un allacciamento alla rete
42
telefonica pubblica in postazione fissa ad un prezzo abbordabile.[...]Per prezzo abbordabile si intende un prezzo definito a livello nazionale dagli Stati membri in
base alle specifiche circostanze nazionali, che pu comprendere la definizione di una
tariffa comune indipendente dall’ubicazione geografica o formule tariffarie speciali
destinate a rispondere alle esigenze degli utenti a basso reddito.[...]
Secondo tale direttiva il Servizio Universale include il diritto per tutti gli utenti finali
indipendentemente dalla propria localizzazione geografica ed a prezzi abbordabili:
• ad una connessione alla rete telefonica pubblica in postazione fissa che dia la possibilità
di fare e ricevere telefonate locali, nazionali, internazionali, inviare e ricevere fax e dati,
accedere ai servizi di emergenza;
• all’accesso all’elenco abbonati e ai servizi di consultazione;
• alla disponibilità di telefoni pubblici a pagamento;
• a misure speciali destinate agli utenti disabili.
Due sono quindi i motivi principali a supporto di un servizio universale:
• redistribuzione a favore di poveri, anziani, portatori d’handicap, abitanti di zone rurali
• sviluppo regionale al fine di non penalizzare aree che già sopportano svantaggi localizzativi
Altri paesi europei hanno assegnato ulteriori compiti al servizio pubblico. Ad esempio la
Francia richiede ai servizi pubblici di assicurare i servizi essenziali per la sicurezza nazionale,
difendere le generazioni future che non sono rappresentate, rafforzare i legami di cittadinanza
per rafforzare la nazione.
Sono questi motivi sufficienti per sostenere la necessita del servizio universale?
Atkinson and Stiglitz (1976) dimostrano come questi motivi non siano sufficienti in quanto
il miglior modo per effettuare una politica redistributiva è attraverso la tassazione diretta del
reddito. Al contrario, politiche che utilizzano tasse e sussidi sui consumi (compresi i sussidi
incrociati) sono distorsive e riducono il welfare. Questo loro risultato si basa su 5 assunzioni
principali:
• i consumatori differiscono nel salario che percepiscono
• il loro reddito è perfettamente verificabile dalle autorità
• non ci sono vincoli alla definizione dello schema di tassazione
• le preferenze per i beni di consumo sono identiche e separabili dal livello del reddito
• non ci sono esternalità nel consumo
43
Di conseguenza, assumendo che le ipotesi del modello siano verificate, il regolamentatore
dovrebbe limitarsi a fissare prezzi uguali ai costi marginali con un sussidio finanziato dalle
tasse sul reddito per coprire i costi fissi, mentre i consumi dovrebbero essere tassati nel modo
meno distorsivo possibile, adesempio con tasse uniformi (meglio nulle), cosı̀ da non introdurre
alcuna distorsione dei prezzi relativi per non distorcere le scelte di consumo. Inoltre le politiche
di sviluppo regionale non devono essere basate su politiche tariffarie favorevoli, ma sull’utilizzo
di agevolazioni fiscali sul reddito basate sulla residenza.
Tuttavia, quando le ipotesi del modello non sono verificate allora si possono identificare
le condizioni che possono giustificare la taxation by Regulation: ovvero la possibilità che distorsione dei prezzi dei servizi pubblici possa essere il miglior modo per perseguire politiche
redistributive e di sviluppo territoriale. Cioè, la violazione di almeno una delle assunzioni del
modello può giustificare l’adozione di politiche di Servizio Universale.
Ad esempio, quando il reddito non è perfettamente osservabile, oppure quando l’evasione
limita la progressività delle tasse sul reddito e se le preferenze variano a seconda del reddito,
allora tassare i beni consumati dai ricchi e sussidiare i beni consumati dai poveri può essere
una politica efficace per la redistribuzione.
Nel campo dei servizi di telecomunicazione questo potrebbe tradursi in politiche di sussidio
ai meccanismi che limitano le telefonate che può essere un modo per discriminare tra ricchi e
poveri quando il reddito non è osservabile utilizzando l’offerta di servizi di qualità differente.
Inoltre, sussidiare le utilities nelle zone rurali è preferibile alle agevolazioni fiscali per favorire
lo sviluppo rurale quando la residenza effettiva non è perfettamente osservabile.
Politiche fatte di tasse e sussidi al consumo possono essere giustificate anche in presenza
di limiti alla redistribuzione attraverso la progressività delle imposte sul reddito e quando
politiche di bilancio restrittive impediscono l’uso di sussidi pubblici imponendo quindi alle
imprese fornitrici di servizi di pubblica utilità vincoli stringenti di bilancio.
7.3
Efficienza dei sussidi incrociati in presenza di esternalità di rete
La presenza di sussidi incrociati può essere tuttavia anche motivata da ragioni di efficienza in
presenza di esternalità di rete.
Si consideri il caso in cui gli utenti differiscano tra loro solo per il costo di fornitura
del servizio; ad esempio si supponga che il costo di fornitura del servizio sia uniformemente
distribuito nell’intervallo [0, 1].16
Si supponga, inoltre, che la valutazione, uguale per ogni utente, del servizio di rete dipenda
dal numero di utenti che utilizzano il network per cui la disponibilità a pagare per il servizio
sia pari a:
v = u0 [1 + G (c)]
(34)
dove u0 è la valutazione stand alone del servizio e G (c) è la proporzione di utenti (identificati
16
Per semplicità ipotizziamo che il costo fisso di fornitura del servizio sia nullo.
44
dal costo di fornitura del servizio) che decidono di pagare il prezzo e di unirsi al network.17
Nella figura 3 rappresentiamo sull’asse orizzontale il costo di fornitura del servizio. Di
conseguenza la retta M C, con pendenza pari ad 1, rappresenta il costo marginale di fornitura
dell’accesso alla rete ad un utente con costo c. La retta v con intercetta u0 rappresenta invece
la valutazione del servizio di rete comune a tutti gli utenti sotto l’ipotesi che tutti gli utenti
con costi minori o uguali a c acquistino l’accesso alla rete.
Figure 3: Equilibrio con prezzi Ramsey in presenza di esternalità di rete
In questo contesto semplificato, con domanda unitaria e senza costi fissi, la struttura dei
ressi Ramsey impone che:
p (c) = c
∀c ∈ [0, 1]
(35)
Di conseguenza la corva M C rappresenta anche la curva dei prezzi Ramsey a cui l’accesso è
offerto ai singoli utenti; ad esempio, il prezzo di accesso per un utente il cui costo di fornitura
del servizio è 0.8 sarà p(0.8) = 0.8, che è maggiore del prezzo a cui il servizio viene offerto ad
un utente il cui costo di fornitura del servizio è 0.4 a cui l’accesso viene offerto a p(0.4) = 0.4.
Non tutti gli utenti saranno disposti ad acquistare il servizio di rete. Più precisamente
solo gli utenti il cui prezzo è inferiore alla valutazione v del servizio di rete lo acquisteranno.
R
L’equilibrio nel mercato sarà caratterizzato dal fatto che solo gli utenti con c < c acquisteranno il servizio.
17
In questa versione semplificata del modello non consideriamo il prezzo pagato per usufruire del servizio
(fare telefonate), ma solo il prezzo pagato per unirsi al network (il canone).
45
Figure 4: Equilibrio con prezzo uniforme in presenza di esternalità di rete
Dal punto di vista statico l’equilibrio sembra efficiente in quanto il servizio verrà prodotto
fino a quando il beneficio marginale dell’ultimo utente è pari al costo marginale per produrlo.
Il surplus sociale è misurato dall’area del triangolo 0AB.
Tuttavia, in presenza di esternalità – in questo caso di rete – questo ragionamento non
è corretto in quanto non tiene conto del beneficio addizionale per tutti gli altri utenti di un
aumento del numero di utenti della rete. Infatti è facile vedere come in questo equilibrio solo
una percentuale piccola della popolazione entra nel network e di conseguenza anche l’utilità
che ne deriva (e di conseguenza la valutazione del servizio da parte degli utenti) è bassa.
Un’alternativa è quella di fornire il servizio ad un prezzo uniforme che sia in grado di
coprire i costi complessivi di fornitura del servizio. Questo è possibile se il servizio è offerto a
tutti gli utenti, indipendentemente dal costo individuale, ad un prezzo pari al costo medio.
Nella figura 4 introduciamo AC che è il costo medio di fornire l’accesso a tutti gli utenti con
costo minore o uguale a c. Se tutti i consumatori acquistano l’accesso alla rete la valutazione
di ogni consumatore è superiore ad un prezzo uguale al costo medio. In tal caso il prezzo di
mercato sarà pari ad AC e c? = 1, ovvero tutti i consumatori acquisteranno il servizio di rete.
In tal caso la valutazione del servizio di rete è pari a 0D ed il surplus sociale è dato dalla
differenza tra le aree 0DE − EF G. L’incremento di surplus rispetto all’uso dei prezzi Ramsey
è pari alla differenza tra le aree ADEB − EF G che è positiva; ovvero vi è un incremento di
welfare passando dai prezzi Ramsey al prezzo uniforme p(c) = AC.
Come è facile intuire dalla figura
h 50 iquesti prezzi generano un sussidio incrociatoh 0dagli
i
utenti con costi più bassi, con c ∈ 0, c , verso gli utenti con costi più alti, con c ∈ c , 1 .
46
Questo sussidio è giustificabile con il fatto che anche gli utenti con costi bassi beneficiano
dell’allargamento del network agli altri utenti.
Figure 5: Sussidi incrociati con prezzo uniforme in presenza di esternalità di rete
7.4
Cause di crisi del sistema dei sussidi incrociati
Il sistema dei sussidi incrociati è stato messo in crisi dall’introduzione della concorrenza e dai
cambiamenti del sistema di regolamentazione che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del
secolo scorso.
Analizziamo ora l’effetto dell’introduzione di concorrenza in mercati caratterizzati da sussidi incrociati dove alcuni gruppi di consumatori pagano prezzi più elevati che generano extraprofitti utilizzati per compensare le perdite derivanti da prezzi inferiori ai costi corrisposti
da gruppi di utenti sussidiati. Si supponga, ad esempio, che l’incumbent abbia l’obbligo di
fornire a tutti gli utenti che ne facciano richiesta la connessione alla rete telefonica pubblica
a prezzi uniformi (Servizio Universale). Poiché i costi di connessione in città sono inferiori ai costi in aree rurali i consumatori che risiedono nelle aree urbane sussidiano di fatto i
consumatori nelle aree rurali.
Con la liberalizzazione dei servizi telefonici alle nuove imprese concorrenti dell’ex monopolista sarà possibile entrare sul mercato senza alcun obbligo di servizio universale. Di
conseguenza esse potranno decidere il proprio target e la propria politica dei prezzi che non
deve essere necessariamente valida per tutti i consumatori. Di conseguenza le nuove imprese
troveranno l’entrata nel mercato degli utenti urbani molto profittevole in quanto l’incumbent
pratica prezzi maggiori dei costi per questi utenti. Anche imprese meno efficienti del mo47
nopolista potranno facilmente entrare su quel mercato in quanto non soggette all’obbligo di
Servizio Universale. Il mercato degli utenti urbani sarà quindi caratterizzato da un eccesso
di entrata che riduce l’efficienza produttiva su questi mercati.
Al contrario, i mercati sussidiati per effetto dell’obbligo del servizio universale saranno
mercati di difficile penetrazione per i nuovi concorrenti dell’ex monopolista. Infatti, con prezzi
inferiori ai costi praticati dall’incumbent sarà molto difficile anche per imprese più efficienti
entrare sul mercato dei residenti in aree rurali. Questo mercato sarà quindi caratterizzato da
un livello di entrata inferiore a quello efficiente.
Quindi l’obbligo di Servizio Universale non permette alla concorrenza di dispiegare i suoi
possibili effetti benefici in termini di efficienza in quanto la presenza di sussidi incrociati
distorce le scelte di entrata delle imprese con troppe imprese (anche inefficienti) nei segmenti
di mercato a basso costo e troppe poche imprese in quelli con costi più elevati. In altre parole
la presenza di sussidi incrociati ha un effetto negativo sulla concorrenza.
Anche la concorrenza, d’altra parte, avrà un impatto negativo sugli obietti del servizio
universale. Se con l’obbligo di Servizio Universale il potere pubblico persegue un obiettivo
di sviluppo rurale al fine di non penalizzare aree che già sopportano svantaggi localizzativi,
l’introduzione della concorrenza mette a rischio la possibilità di utilizzare i sussidi incrociati
a tal fine. Infatti, con la liberalizzazione del mercato l’ingresso di nuove imprese si indirizzerà
soprattutto in quei segmenti del mercato (gli utenti urbani) dove l’incumbent genera le risorse
per finanziare i prezzi bassi per le aree rurali, riducendo quindi le risorse disponibili per il
sussidio implicito nelle tariffe uniformi.
Anche la modifica dell’approccio delle autorità di regolamentazione rendo più difficoltoso
il perseguimento di finalità sociali e di sviluppo regionale attraverso il Servizio Universale. Il
passaggio da un controllo diretto delle tariffe ad un sistema di price-cap regulation basato su
indici di prezzo e sulla possibilità delle imprese di articolare le tariffe liberamente entra in
contrasto con gli obiettivi redistributivi del servizio universale.
7.5
La riforma del servizio Universale
il problema del servizio universale è stato, è e sarà uno dei problemi più spinosi quando si
affronta la riforma delle public utilities in quanto no vi sono interessi univoci nella società in
quanto gli interessi di diversi gruppi sociali sono divergenti.
Se si analizza il lato della domanda (i consumatori) i consumatori sussidiati vorrebbero
mantenere i sussidi di cui godevano quando il mercato non era liberalizzato. Tra questi si
possono citare gli utenti residenziali, quelli delle aree rurali e svantaggiate, ed i consumatori
anziani, portatori d’handicap o a basso reddito che in molti paesi godono di agevolazioni
tariffarie aggiuntive. Dall’altro lato, altri gruppi sociali sono favorevoli alla riduzione dei
sussidi incrociati ed alle liberalizzazioni che hanno un effetto positivo soprattutto per coloro
che pagano tariffe superiori ai costi come utenti business e residenti nelle città.
Ma anche dal lato dell’offerta si possono evidenziare gli interessi contrastanti tra l’incumbent
che utilizza l’argomento del servizio universale per contrastare le liberalizzazioni e ridurre la
48
pressione competitiva di nuove imprese. Dall’altro lato, la nuove imprese non vogliono accollarsi alcun obbligo di servizio universale che ricadrebbe solo sull’ex monopolista che sarebbe
un concorrente meno temibile se gravato in via esclusiva del peso del servizio universale. In tal
modo i nuovi operatori potrebbero entrare profittevolmente concentrandosi sui segmenti più
redditizi (cream-skimming behaviour ) senza dover essere necessariamente più efficienti dell’ex
monopolista.
Un progetto di riforma del Servizio Universale è stato proposto da Laffont and Tirole
(2001) definendo quattro fasi necessari alla sua costruzione.
Innanzitutto è necessaria una formulazione precisa, adeguata all’attuale sviluppo tecnologico e alle moderne necessità di comunicazione, dei servizi da sussidiare. Tuttavia bisogna
anche tenere in considerazione che si ha un’effetto distorsivo complessivo sulle scelte di consumo degli individui che si genera incoraggiando i consumatori a consumare servizi di telecomunicazione rispetto ad altri beni. La FCC statunitense ha individuato i seguenti servizi di
telecomunicazioni come meritevoli di sussidio: accesso alla rete pubblica di servizi telefonici,
disponibilità di una linea autonoma, telefono a toni (per utilizzare la segreteria telefonica ed
i servizi informativi), servizi con operatore, elenchi, servizi di emergenza ed accesso ai servizi
long-distance.
Anche la scelta dei servizi non deve essere necessariamente la stessa quando l’obiettivo è il
sostegno alle famiglie a basso reddito, anziani o portatori d’handicap e quando invece si vuole
promuovere lo sviluppo regionale.
Tuttavia vi sono alcuni nodi da sciogliere relativamente alla necessità di definire uno standard di qualità dei servizi che non deve essere necessariamente uguale in tutto il paese (standard minimi e non uniformi di qualità) che diventa rilevante soprattutto per le comunicazioni
digitali e l’accesso ad Internet (affidabilità e velocità della connessione). Anche la misurazione
ed il controllo degli standard può essere un problema, specialmente in presenza di tecnologie
alternative (connessioni fisse o wireless, ad esempio).
Inoltre la scelta dei prezzi è anch’essa rilevante soprattutto in presenza di articolate strutture tariffarie per telefonia fissa, e/o mobile, accesso ad Internet, TV via cavo. Qual è il prezzo
rilevante nei casi in cui si applica discriminazione dei prezzi in base al numero ed alla tipologia
di servizi utilizzati?
Infine, ed è il problema principale, è necessaria una proposta relativamente a chi e come
deve pagare per finanziare i sussidi impliciti nel Sussidio Universale. La definizione della
base imponibile deve vedere coinvolti i clienti di tutti gli operatori e non solo dell’incumbent
al fine di risolvere l’attuale asimmetria nel mercato che non favorisce l’efficienza e provoca
problemi di sostenibilità del sistema dei sussidi incrociati. La scelta dei servizi da “tassare”
è particolarmente importante e dovrebbe essere definita utilizzano la regola di Ramsey per
minimizzare la perdita di benessere sociale. Visto l’elevato costo ombra delle tasse sui servizi
telefonici interurbani dovuto sia alla presenza di altre tasse, di un già elevato mark-up e di
una maggiore elasticità della domanda, tassare il canone mensile potrebbe essere la soluzione
con minori ricadute sul piano dell’efficienza allocativa.
49
8
La regolamentazione dell’accesso in Europa
8.1
L’introduzione della liberalizzazione in Europa
Il processo di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni con il superamento del monopolio (pubblico o privato) nell’offerta dei servizi di telecomunicazioni comincia a livello europeo
con notevole ritardo rispetto agli Stati Uniti. La liberalizzazione del mercato in Europa è
iniziata nella prima metà degli anni ‘80 ma riguardava solo i servizi ad alto valore aggiunto
o gli utenti business. I servizi base furono lasciati nelle mani del monopolista. La completa
liberalizzazione ha avuto inizio dal 1◦ gennaio 1998.
Nella Tabella 8.1 è indicato lo stato della concorrenza al 1◦ gennaio 1999, per i paesi
della UE a 15. Già nel 1999, con le eccezioni di Portogallo e Grecia, i vari paesi europei si
erano aperti alla concorrenza sia nella telefonia fissa che in quella mobile. Il numero di licenze
(indicato in parentesi nella tabella 8.1) concesse a operatori alternativi nei vari mercati era
quindi abbastanza elevato. Tale numero è indicativo dello stato, da un punto di vista legale,
della concorrenza.
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Olanda
Portogallo
Spagna
Svezia
U.K.
Locale
C (2)
C (11)
C
C (64)
C (23)
C (49)
M
C (29)
C (5)
C (160)
M
C (3)
C (15)
C (134)
Fissoa
Lunga distanza
C (11)
C (11)
C
C (20)
C (13)
C (49)
M
C (29)
C (4)
C (3)
M
C (3)
C (15)
C (20)
Internazionale
C (13)
C (11)
C
C (16)
C (14)
C (49)
M
C
C (4)
C (3)
M
C (3)
C (15)
C (7)
Mobilea
Analogico Digitale
M
C (3)
M
C
M
C (4)
M
C (2)
C (2)
C (3)
M
C (4)
C (3)
M
D
C (1)
C (6)
M
C
M
D
C (1)
C (4)
C (2)
C (4)
Table 1: Status della concorrenza nell’UE a 15 al 1◦ gennaio 1999 nel settore delle TLC. Fonte:
OECD - Communication Outlook 1999, pag. 12.
a
Legenda: in parentesi il numero di licenze concesse. C = Concorrenza; D = Duopolio; M = Monopolio.
Nonostante l’alto numero di licenze concesse, eccetto che in pochi paesi come Regno Unito,
Svezia e Finlandia, nel settore della telefonia fissa l’ex monopolista aveva quote molto vicine
al 100%. Per quanto riguardo il settore mobile la possibilità di costruire reti mobili in con50
correnza, invece, ha permesso fin dagli stadi iniziali la presenza di più di un operatore(si veda
Tabella 8.1). L’ex monopolista pur avendo una quota sostanziale del mercato, era in concorrenza, invece, con almeno un altro operatore. In tale settore la regolamentazione ex ante ha
riguardato solo il mercato della terminazione nella rete dell’operatore.
Quote di mercato
dell’ex monopolista su rete fissa
per tipologia chiamate
del principale
operatore nella
telef. mobile
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lux
Olanda
Portogallo
Spagna
Svezia
U.K.
Euro 15
Locali
2001 2003 2005
55b
51
86
81
68
b
83
95
b
83
81
80
97
90
56
100
91
78
92
95
83
b
74
70
71
b
90
76
75
88
80
78
68
57
60
b
82
71
69
Nazionali
2001 2003 2005
74b
73
59
86
81
68
b
62
35
45c
70b
69
68
67
62
57
100
84
73
65
70
63
70
72
73
75
61
75
c
79
78
82
76
75
63
61
52
b
70
67
63
Internazionali USA
1997a
100
100
42
100
100
100
100
100
100
100
100
100
88
78
-
2003
50
61
26
69
57
76
70
61
46
82b
65
40
58
60
2008
52
62
41d
56
35d
74d
54
47
74d
86d
55
48
44
-
1997a
75
50
50
66
36
52
72
71
100
60
50
64
52
36
-
2008
42
43
46
40
44
36
43
42
39
54
38
48
45
43
25
-
Table 2: Andamento quote di mercato principale operatore nel periodo 1997-2008. Fonte:
Eurostat.
a
European Commission 1998 Third Report in the Implementation of the Regulatory Package, 25 febbraio
1998.
b
Valori per l’anno 2002.
c
Valori per l’anno 2004.
d
Valori per l’anno 2006.
Per quanto riguarda l’Italia, come si vede dalla Tabella 8.1, nella telefonia fissa vi era un
solo operatore con significativo potere di mercato(S.P.M.), mentre nella telefonia mobile era
già possibile individuare due operatori S.P.M.
Nella telefonia fissa, seguendo l’approccio in vigore negli UK, l’infrastruttura rimaneva di
proprietà del vecchio operatore, ma furono stabilite regole per l’accesso di un terzo operatore.
51
Mercati nazionali di riferimento
Rete e servizi di telefonia pubblica fissa
Linee affittate
Rete e servizi pubblici di telefonia mobile
Interconnessioni di reti pubbliche fisse e mobili
Servizi di accesso commutato ad Internet
da rete fissa
Terminazione delle chiamate destinate
ad Internet in modalità dial-up
TI
x
x
x
x
TIM
Vodafone
x
x
x
x
x
Wind
x
Table 3: Operatori con Significativo Potere di Mercato (SPM) in Italia nel 1998.
Quindi oltre a regolamentare ex ante i prezzi al dettaglio le Autorità Nazionali dovevano, in
base alla Direttiva 97/33/CEE, stabilire le regole relative all’interconnessione. Tale direttiva:
1. Definisce le modalità di individuazione dell’ Operatore con Significativo Potere di Mercato SPM). La notifica di Operatore SMP è il presupposto per l’imposizione di obblighi
asimmetrici di regolamentazione ex ante.18 Con la direttiva si stabilisce che un organismo
che detenga oltre il 25% della quota di un particolare mercato delle telecomunicazioni
ha una significativa forza di mercato. Questa notifica, sotto particolari condizioni, può
riguardare anche operatori con quote inferiori al 25%.19
2. Individua i mercati rilevanti (Telefonia fissa, Linee affittate, Telefonia mobile, Interconnessione).
3. Individua gli obblighi in materia di interconnessione degli operatori notificati della telefonia fissa e della telefonia mobile.
Per evitare comportamenti anticompetitivi vengono imposti all’SMP una serie di obblighi, fra
cui i principali:
1. Non discriminazione riguardo all’interconnessione offerta a terzi;
2. Disponibilità delle informazioni alle organizzazione che si interconnettono;
3. Trasparenza delle tariffe di interconnessione e orientamento ai costi;
4. Obbligo di pubblicazione di una RIO (Offerta di riferimento);
5. Disaggregazione delle tariffe di interconnessione;
18
Il riconoscimento che un operatore ha un significativo potere di mercato comporta una regolamentazione
ex ante ed una serie di obblighi per l’accesso.
19
In alcuni casi l’autorità può anche stabilire che un organismo detentore di una quota superiore al 25% non
disponga di una notevole potere di mercato.
52
6. Sistema di contabilità dei costi adeguato;
7. Separazione contabile.
L’effetto della regolamentazione del 1997 nel settore della telefonia fissa può vedersi sia in
termini di caduta della quota di mercato dell’ex monopolista (Tabella 8.1) sia in termini di
prezzi sui mercati nazionali e internazionali (vedi Tabella 8.1).
La caduta dei prezzi riguardò questi due mercati in quanto nel periodo in cui operava un
unico monopolista vi era una situazione in cui questi mercati sussidiavano le basse tariffe nel
mercato delle chiamate locali.
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Spagna
Svezia
U.K.
Euro 15
1998
0,80
0,49
0,45
0,21
0,42
0,44
0,18
0,58
0,24
0,37
0,32
0,25
0,32
0,27
0,50
0,39
Prezzo chiamate 10 minuti in Euro
Locali
Nazionali
Internazionali
USA
2003 2008 1998 2003 2008 1998 2003 2008
0,56 0,49 2,30 0,67 0,59 6,00 1,94 2,06
0,56 0,60 1,74 0,56 0,60 6,00 1,94 2,06
0,37 0,37 0,66 0,37 0,37 5,25 2,38 2,38
0,23 0,39 0,84 0,88 0,95 7,43 4,84 4,78
0,39 0,35 1,75 0,96 0,77 3,44 2,34 2,32
0,42 0,40 2,93 1,22 0,51 4,32 1,23 0,29
0,31 0,31 3,15 0,77 0,74 5,82 2,95 2,93
0,51 0,52 2,04 0,82 0,86 3,68 1,90 1,96
0,25 0,22 2,16 1,22 1,15 4,99 2,12 2,12
0,31 0,31
5,67 1,44 1,37
0,33 0,45 0,70 0,49 0,45 2,77 0,85 0,69
0,31 0,37 2,53 0,96 0,65 6,13 3,06 3,09
0,28 0,24 3,55 0,88 0,90 6,08 1,53 1,57
0,28 0,28 0,55 0,28 0,28 4,59 1,04 1,01
0,50 0,51 1,00 1,00 0,51
3,0
3,0
2,29
0,38 0,37 2,12 0,98 0,71 4,42 2,07 1,73
Table 4: Andamento dei prezzi delle chiamate locali, nazionali, internazionali nel periodo
1988-2008. Fonte: Eurostat
8.2
Il nuovo quadro regolatorio del 2002
Le quote di mercato dell’ex monopolista, pur rimanendo molto elevate, si erano sostanzialmente ridotte dal 1998 al 2003. A livello della Comunità Europea esse erano pari al 71% e 67%
per la quota sul mercato delle chiamate locali e nazionali. Per quanto riguarda le chiamate
internazionali la quota era del 60%. (Tabella 8.1)
53
Questa riduzione delle quote di mercato dell’ex operatore e le innovazioni tecnologiche nel
settore delle comunicazioni, spinsero a rivedere la struttura regolamentare. La filosofia del
nuovo quadro regolamentare era quella di ridurre progressivamente la regolamentazione ex
ante, per estendere l’applicazione ex post del diritto della concorrenza.20
La nuova filosofia fu cosı̀ precisata da Monti: “Una filosofia basata sull’utilizzo di una
regolamentazione più leggera per quei mercati che si apprestano a divenire effettivamente
competitivi, che sia coerente e convergente con gli strumenti e i principi che sono propri del
diritto della concorrenza, ma che allo stesso tempo continuerà a preoccuparsi di garantire che
i servizi essenziali rimangano accessibili per tutte le categorie di utenti ed a prezzi accessibili.
Faccio riferimento in particolare al concetto di servizio universale ed alla esigenza di continuare
a garantire un’effettiva ed efficace tutela di tutti i consumatori”.21
Gli obiettivi che il nuovo quadro regolamentare si proponeva erano:
1. Adeguare il contesto regolamentare ai cambiamenti avvenuti o in atto nel settore delle
telecomunicazioni (ad esempio il processo di convergenza)
2. Ridurre progressivamente il grado di regolamentazione
3. Garantire condizioni concorrenziali omogenee per tutte le imprese dell’unione europea.
(Ciò rendeva possibile agli operatori degli Stati Membri, di pianificare la propria attività
a livello europeo sapendo che i quadri normativi nazionali non sono sostanzialmente
differenti).
In base al nuovo quadro regolamentare la Commissione individuava 18 mercati rilevanti, mentre le singole Autorità nazionali dovevano determinare l’esistenza in tali mercati di una posizione dominante singola o collettiva (SPM). Nel caso di operatori con SPM si dovevano
imporre obblighi proporzionali alla rilevanza del problema. Se non esistevano operatori con
SMP la regolamentazione sarebbe stata ex post e doveva applicarsi il diritto della concorrenza.
20
Nel 1999,la Commissione Europea, attraverso la Communications Review, avviò il processo che portò, nel
2002, all’adozione del nuovo quadro regolamentare. Esso si articola in una direttiva quadro, Direttiva 2002/21
CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, in una serie di direttive particolari, su specifiche
tematiche, e in una raccomandazione sui mercati rilevanti, adottata quest’ultima nel febbraio 2003. Il nuovo
quadro regolamentare era composto da una serie di direttive:
• Direttiva Framework (2002/21/EC)
• Direttiva Interconnessione ed Accesso (2002/19/EC)
• Direttiva Autorizzazione (2002/20/EC)
• Direttiva servizio Universale (2002/??/EC)
• Direttiva sulla Privacy e Comunicazioni Elettroniche (2002/58/EC)
• Decisione sullo spettro Radio (676/2002/EC)
• Regolamentazione del local loop Unbundling (2887/2000)
Il quadro regolamentare del 2002 è stato recepito in Italia dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2003.
21
M. Monti - Seminario di studio sulla regolamentazione. Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Università degli Studi di Napoli Federico II. Napoli, 14 ottobre 2002.
54
Nel quadro regolamentare de 1997 il limite standard per l’imposizione di obblighi ex-ante
era il possesso del 25% della quota di mercato. Con il quadro del 2002 la valutazione doveva
essere più articolata in quanto occorreva tener presente:
• il concetto di posizione dominante mutuato dal diritto della concorrenza
• i criteri di misurazione della presenza sul mercato ed inoltre
• la dimensione globale dell’impresa
• il controllo di infrastrutture difficili da replicare
• l’integrazione verticale ecc..
• l’effetto leva del potere di mercato
• la posizione dominante collettiva
Figure 6: Sintesi del quadro regolamentare del 2002.
55
8.3
Commissione Europea e Autorità nazionali
Uno dei punti più rilevanti dal punto di vista istituzionale del quadro regolamentare approvato nel 2002 era la modifica dei rapporti fra Commissione Europea e Autorità nazionali
di Regolamentazione (ANR) a favore della prima. Anzitutto veniva attribuito alla prima il
compito di definire i mercati rilevanti e quindi riduceva il grado di discrezionalità delle ANR
nell’identificazione dei mercati dei prodotti e servizi, pur lasciando la possibilità alle singole
autorità di chiedere, motivandola, una modifica alla individuazione di mercati rilevanti identificati dalla Commissione Europea.
In secondo luogo precisava i criteri in base ai quali era possibile determinare la presenza
di una situazione di SPM e quindi gli obblighi di regolamentazione. Un rischio derivante
dall’introduzione di tali criteri per la definizione di SPM è che essi, per garantire flessibilità,
favorivano una valutazione caso per caso, introducendo elementi di incertezza ed aumentava il
potere discrezionale delle autorità. Questo rischio fu però mitigato dal fatto che le Autorità di
Regolamentazione potevano porre obblighi regolamentari ex-ante, soltanto a quegli operatori
che si trovano in posizione dominante ai sensi dell’art. 82 del trattato istitutivo della Comunità
Europea. Qualora le autorità nazionali di regolamentazione avessero ritenuto opportuno imporre obblighi differenziati, le stesse avrebbero dovuto fornire alla Commissione le motivazioni
di una tale decisione specificando in particolare in che modo il principio di proporzionalità, la
cui applicazione era richiesta nella Direttiva Quadro, fosse stato tenuto in considerazione.
Rimaneva un elemento di ambiguità nel quadro regolamentare e cioè il rapporto nell’ambito
di ciascuno stato nazionale fra le ANR e gli Enti di regolamentazione direttamente controllati
dal Governo Nazionale. Un elemento essenziale per il successo della regolamentazione in
generale è che considerazioni dettate da esigenze politiche non devono influenzare il quadro di
regole entro il quale gli operatori devono effettuare i propri investimenti. La letteratura (Cave,
Baldwin 1999; Stern, Trillas 2003) ha messo in evidenza come l’introduzione di un’istituzione
separata e indipendente sia essenziale al raggiungimento delle finalità della regolamentazione.
L’esistenza di un regolatore indipendente è tanto più importante allorché sono in concorrenza
fra loro più operatori, di cui uno o due hanno un SPM. Ciò è necessario in quanto le condizioni
ed i prezzi di accesso sono essenziali per il funzionamento del mercato e affinché gli operatori
effettuino in modo efficiente le loro decisioni di investimento. Queste regole non possono essere
soggette all’alternanza politica dei governi, ma devono invece evolversi in base a condizioni
tecniche ed economiche, che solo un’autorità competente e indipendente può stabilire. Bisogna
poi considerare che, in linea di principio, il grado di trasparenza delle decisioni che può essere
assicurato da autorità indipendenti, appare molto maggiore rispetto a quelle di un organo
pubblico amministrativo come un ministero. In quest’ultimo caso il sistema di reclutamento del
personale ed il sistema di controllo sui gradi dirigenziali determina non solo una minore efficacia
delle decisioni, ma anche maggiore aleatorietà di scelte troppo dipendenti dal potere politico.
D’altronde le regole che governano il processo decisionale in un apparato burocratico come
quello ministeriale, rendono molto più facile nascondere le vere motivazioni di determinate
scelte.
56
Per ovvi problemi politici il nuovo quadro regolamentare non è stato in grado di entrare
nel merito delle competenze, che sono attribuite agli organi di diretta emanazione governativa
ed alle autorità indipendenti. Rimane quindi, il rischio che aspetti positivi del nuovo quadro
regolamentare possano essere vanificati da una riduzione delle funzioni attribuite dagli stati
alle autorità indipendenti.
8.4
I mercati rilevanti ed il quadro regolatorio del 2002
Nella filosofia del nuovo quadro regolamentare del 2002 la regolamentazione ex ante e le leggi
per la tutela della concorrenza sono visti come strumenti complementari volti a correggere i
fallimenti del mercato che nascono da eccessivo potere degli operatori. L’obiettivo della regolamentazione ex ante e quello delle leggi per la tutela della concorrenza è quello di promuovere
il funzionamento di mercati competitivi22 . Quindi per poter assicurare coerenza fra politica
della concorrenza e politica della regolamentazione quest’ultima deve essere basata sullo stesso
insieme di principi della prima.
La logica seguita dalla Commissione per determinare i mercati da regolamentare ex ante
sembrerebbe, alla luce di quanto in precedenza detto,voler ricalcare lo schema che viene seguito
per un procedimento antitrust. Questo ultimo distingue le seguenti fasi
1. Definizione del mercato rilevante
2. Valutazione della struttura
3. Analisi dei comportamenti
4. Valutazione dei comportamenti e provvedimenti da prendere
Analogamente il nuovo quadro regolamentare prevede le seguenti fasi per giungere alla
decisione di imporre o meno la regolamentazione ex ante
1. Definizione dei mercati rilevanti
2. Valutazione della struttura ed individuazione di operatori con rilevanti potere di mercato(SPM)
3. Applicazione della regolamentazione ex ante in caso di operatori con rilevante potere di
mercato e introduzione di vincoli (Remedies), altrimenti regolamentazione ex post ed
applicazione delle leggi per la tutela della concorrenza.
La Commissione, Hoepred (2004), utilizzò, per la definizione dei mercati al dettaglio rilevanti, la percezione da parte dei consumatori del grado di sostituibilità dei prodotti e per
quanto riguardo i mercati all’ingrosso l’individuazione dei fattori produttivi necessari per assicurare la produzione dei servizi al dettaglio rilevanti e la valutazione del grado di concorrenza
esistente e potenziale nei settori che producono tali fattori produttivi.
22
Ciò fu sostenuto da M. Monti nell’intervento del 16 dicembre 2003 alla European Competitive Telecommunications Association Regulatory Conference, in Bruxelles.
57
Il punto di partenza per la definizione e l’individuazione dei mercati è la caratterizzazione dei mercati al dettaglio su un dato arco di tempo, tenuto conto della
sostituibilità dal lato della domanda e della offerta. Una volta caratterizzati e
definiti i mercati al dettaglio che comportano domanda e offerta per gli utenti finali
è opportuno individuare mercati all’ingrosso pertinenti, cioè mercati che comportano domanda e offerta a terzi e da parte di terzi interessati a rifornire gli utenti
finali.(Raccomandazione della Commissione dell’11 febbraio 2003.)
La commissione per l’individuazione dei mercati rilevanti si sofferma dunque sull’analisi
della sostituibilità dal lato della domanda e dell’offerta. Per quanto riguarda la domanda,
l’accento viene messo sulla percezione da parte dei consumatori della sostituibilità del prodotto.
La Commissione utilizzò il metodo dell’inchiesta per individuare la percezione da parte
dei consumatori della sostituibilità del prodotto.23 Tale metodo fu criticato in quanto poteva
comportare due tipi di errori. Il primo riguarda la possibilità di incorrere nella cellophany
fallacy e quindi ampliare il mercato rilevante rispetto ad una situazione di prezzi competitivi. Il secondo invece riguarda il valore della elasticità incrociata in base al quale definire
il mercato. Secondo alcuni autori, Hausman (1996) sotto particolari condizioni il numero di
consumatori marginali necessari a disciplinare i prezzi può essere abbastanza piccolo. Nei settori dove il prezzo deve essere maggiore del costo marginale per coprire i costi fissi, l’elasticità
della domanda residua sarà relativamente più bassa (ed il mark-up più alto) ed un aumento
dei prezzi può non essere profittevole anche se pochi clienti abbandonano l’impresa. Quindi
decidere di considerare che un mercato è rilevante solo perchè il valore della elasticità incrociata è basso potrebbe restringere eccessivamente i mercati. In particolare se l’impresa produce
congiuntamente una serie di prodotti (ed i consumatori acquistano i servizi come un sistema)
l’analisi del potere di mercato dovrebbe riguardare il mercato del prodotto sistema e non il
singolo sottomercato. Tale critica riguarda il fatto che la Commissione avrebbe operato una
segmentazione dei mercati eccessiva.
Nell’ambito di questa logica, nella scelta dei mercati rilevanti si sono anche tenuti presente
una serie di criteri legati all’obbiettivo della Commissione di decidere se regolamentare o meno
ex ante i mercati delle comunicazioni elettroniche.
I criteri individuati sono i seguenti:
1. Criterio statico
L’esistenza di alte barriere all’entrata aventi carattere duraturo, cosı̀ come l’esistenza di
monopoli naturali, sono caratteristiche del mercato che in genere giustificano l’imposizione
di regolamentazione ex-ante. Assumono rilevanza due particolari tipi di barriere all’entrata:
23
Tale metodologia è stata seguita da Oftel. Sulla base di un’indagine presso i consumatori dalla quale
risultava che solo l’11% dei consumatori era disposto ad usare meno il cellulare in risposta ad una riduzione
delle tariffe sul fisso, Oftel ha deciso che telefonia mobile e telefonia fissa sono mercati distinti. Differenti risultati
erano stati raggiunti in uno studio di DotEcon che utilizzando una stima probit mostra che l’uso del mobile,
nel Regno Unito, riduce sostanzialmente il consumo della linea fissa, per cui vi è significativa sostituibilità fra
mobile e fisso. Un risparmio atteso di 10 sterline aumenta la probabilità di diventare utente di cellulare del 3%.
58
• barriere strutturali all’entrata
La tecnologia e la struttura dei costi possono creare condizioni competitive asimmetriche per operatori storici (incumbent) e nuovi entranti, tali da rendere particolarmente difficile o perfino impedire l’ingresso nel mercato dei secondi. Sono
barriere strutturali ad esempio, le rilevanti economie di scala o gli alti costi in
investimenti iniziali non recuperabili.
• barriere legali o regolamentari
Le barriere legali o regolamentari, al contrario, non sono basate su elementi di
carattere economico ma hanno comunque un effetto diretto sulle possibilità di ingresso nel mercato. Ad esempio la disponibilità delle frequenze limita il numero
delle imprese che possono competere sul mercato.
2. Criterio dinamico
L’esistenza o la probabile esistenza di barriere all’entrata, sebbene sia una condizione
necessaria, non è però di per sé sufficiente ad includere un determinato mercato fra
quelli da regolamentare. Dato il carattere dinamico della maggior parte dei mercati
del settore delle comunicazioni elettroniche, occorre tener conto della possibilità che le
barriere all’entrata esistenti in un dato momento vengano meno. Quando si compie
la valutazione, occorre pertanto anche seguire un criterio dinamico che permetta di
tener conto delle possibili evoluzioni degli stessi mercati. In particolare l’innovazione
tecnologica può modificare significativamente le condizioni concorrenziali del mercato
riducendo le barriere all’entrata.
3. Adeguatezza ed efficacia degli strumenti del diritto della concorrenza
La decisione di imporre obblighi regolamentari è anche legata all’adeguatezza e all’efficacia
degli strumenti del diritto della concorrenza per rimediare alle disfunzioni in un determinato mercato caratterizzato da barriere all’entrata significative e durature. Per esempio, quando vi è l’esigenza di verificare i costi di un determinato servizio attraverso
una dettagliata analisi della contabilità degli operatori o si verificano circostanze in cui
è necessario un controllo capillare e permanente, è probabile che l’utilizzo della regolamentazione ex-ante sia necessario ad integrare l’applicazione del diritto alla concorrenza.
L’idea del quadro regolamentare era che la decisione di sottoporre un mercato alla regolamentazione deve essere basata su una valutazione globale delle condizioni concorrenziali
presenti in un dato mercato, prendendo in considerazione sia i criteri statici che dinamici. Vanno quindi sottoposti a regolamentazione ex ante soltanto quei mercati per i quali
i rimedi offerti dall’applicazione del diritto della concorrenza non siano sufficienti ad
assicurare una concorrenza e duratura.
Sono stati quindi identificati inizialmente 18 mercati suscettibili di regolamentazione di cui
17 attinenti alla telefonia mentre il 18 riguarda il settore televisivo, nell’ambito dei potenziali
mercati delle comunicazioni elettroniche.
59
Nella prima fase l’analisi verificò che nei vari paesi, nella gran parte dei mercati rilevanti,
esisteva un operatore con posizione dominante. Successivamente l’entrata e l’espansione nel
mercato di nuovi operatori, ridusse in molti mercati al dettaglio (cioè quelli che offrivano il
servizio sul mercato finale) il potere di mercato dell’ex monopolista. Una raccomandazione
della Commissione del 2007 ridusse a sette il numero di mercati rilevanti nei quali le A.N.R.
dovevano verificare l’esistenza di operatori con S.P.M. La Tabella 8.4 mostra che nella gran
parte dei paesi della UE a 15 esisteva in questi sette mercati un operatore con S.P.M. ed era
necessaria la regolamentazione ex ante. Si tratta, con l’eccezione del mercato di accesso alla
rete telefonica pubblica in postazione fissa per clienti residenziali e non residenziali, di mercati
all’ingrosso.
Mercati
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
placeGermania
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Spagna
Svezia
UK
1
Xa
X
X
X
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X
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X
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X
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2
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X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
3
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
4
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
5
-b
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
-
6
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
-
7
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Table 5: Mercati rilevanti in base alla raccomandazione della Commissione del 2007 e presenza
di regolamentazione ex ante nel 2007. Fonte: Commissione Europea 2009
a
Mercato con un operatore S.P.M.: regolamentazione ex ante.
Concorrenza parziale: parziale regolamentazione ex ante.
c
Mercato senza operatori S.P.M.: concorrenza effettiva.
b
8.5
Convergenza regolamentare
Uno dei punti sollevati dal quadro regolamentare del 2002 fu quello relativo alla convergenza
regolamentare. La convergenza regolamentare implica che i fattori produttivi necessari per
la produzione di un dato servizio dovrebbero essere tutti assoggettati allo stesso tipo di regolamentazione e condizioni. Ad esempio, l’allocazione delle frequenze fino ad oggi è stata
effettuata a condizioni differenti sia per quanto riguarda i prezzi sia i modi di distribuzione fra
60
i vari mercati come il WIFI, il mobile, il broadcasting on the air. Differenze nei prezzi e nei
modi di allocazione si sono avute sia a livelli di mercati che di paese. Basti pensare alle enormi
differenze in termini di prezzi per le licenze e tipologie di allocazione nel caso dell’UMTS nei
vari paesi.
Le difficoltà di applicazione di questo principio, che di per sé appare molto logico e razionale
per la creazione di un mercato unico europeo, sono notevoli. Consideriamo ad esempio il fattore
produttivo infrastruttura fissa. Tale infrastruttura, come è noto, serve per una pluralità
di servizi, voce, Internet a banda stretta, internet a banda larga. Ora, dal punto di vista
della regolamentazione si possono applicare le stesse o diverse condizioni per l’uso della rete
fissa ai vari servizi, a seconda del grado di sostituzione del fattore produttivo, rete fissa, per
la produzione del servizio. Negli Stati Uniti si è optato, con la Triennal Review del 2003,
per nuove regole relative all’accesso alla rete dell’incumbent locale. Negli Stati Uniti vi era
obbligo di accesso solo per gli operatori della rete di commutazione pubblica, ma non per
gli operatori via cavo. La Triennal Review del 2003 ha mantenuto il diritto degli operatori
alternativi di acquisire dall’incumbent locale tutti o una parte degli elementi della rete a tariffe
particolarmente vantaggiose per quanto riguarda i servizi voce, ma ha sollevato gli incumbent
locali dall’obbligo di rendere disponibili le proprie reti di comunicazione a larga banda. Si
è eliminata la asimmetria regolamentare fra operatori via cavo e operatori su rete pubblica
commutata, per introdurre una asimmetria fra i vari tipi di servizi. Il criterio alla base
della decisione è l’esistenza di concorrenza fra piattaforme alternative (quella degli operatori
via cavo e quella di rete pubblica posseduta dall’incumbent locale) per il servizio in larga
banda. A favore della scelta ha anche giocato la speranza di aumentare l’incentivo da parte
dell’incumbent ad investire nella rete e ad aumentare la velocità di diffusione della larga banda
e dei servizi ad essa connessi. Non è stata riconosciuta invece analoga sostituibilità fra telefonia
fissa e mobile per il servizio voce, per cui è stato mantenuto l’obbligo dell’accesso alla rete
pubblica commutata.
Sia il quadro regolamentare USA del 1996 che le direttive europee imponevano all’operatore
di rete fissa l’obbligo di rendere disponibile gli elementi della propria rete all’operatore alternativo che ne facesse richiesta, sia che essi venissero utilizzati per il servizio voce che per la
larga banda. Il quadro regolamentare UE del 2002 ha lasciato ai singoli stati la scelta del tipo
di regolamentazione da applicare ai servizi nuovi quali la larga banda; le decisioni sono prese
sulla base delle risultanze dell’analisi dei mercati rilevanti cosı̀ come vengono interpretate dalle
singole autorità. Il problema è che l’interpretazione dei risultati delle analisi da parte delle
autorità nazionali può comportare una regolamentazione diversa nei vari mercati europei di
industrie che presentano analoghe condizioni strutturali (grado di concentrazione, libertà di
entrata, ecc.) e quindi ci si allontana dalla costruzione di un mercato unico europeo.
61
8.6
La riforma del 2009
Alla fine del 2009 la Commissione ha rivisto il modello regolamentare approvato nel 2002 e
applicato dal 2003.24 Nonostante la diminuzione dei prezzi dei servizi telefonici ed una struttura concorrenziale in molti mercati, il mercato europeo è ancora largamente frammentato.
Sono pochi gli operatori che offrono servizi telefonici nell’intero mercato europeo.
La riforma regolamentare del 2009 dovrà essere applicata nei vari paesi della UE a partire
dal 2011.
Le modifiche più significative della nuova riforma regolamentare rispetto a quella del 2003,
riguardano la regolamentazione dei:
1. diritti del consumatore
2. apertura dei mercati
3. spettro delle frequenze
4. settore televisivo.
Per quanto riguarda il primo punto la nuova regolamentazione prevede:
1. il diritto dei consumatori a cambiare nello spazio di un giorno l’operatore, mantenendo
il vecchio numero di telefono
2. un miglioramento delle informazioni ricevute dai consumatori sul tipo e sulle caratteristiche dei servizi che vanno a sottoscrivere
3. la protezione dei diritti dei cittadini per quanto riguarda l’accesso a Internet. Ogni
misura presa da uno stato membro per quanto riguarda l’accesso o l’uso dei servizi
attraverso la rete telefonica deve rispettare i diritti fondamentali e le libertà dei cittadini
secondo quanto previsto dai principi della UE
4. la protezione dei consumatori per quanto riguarda la difesa della privacy
5. nuove garanzie per una rete più aperta e neutrale. Le nuove regole dovranno assicurare
una maggiore scelta dei “providers” che offrono servizi in concorrenza fra loro. Con
le nuove regole le NTA avranno il potere di fissare un livello minimo di qualità per la
trasmissione di servizi su rete cosı̀ da favorire la “net neutrality” e “net freedom” per i
cittadini della UE.
6. Le NTA avranno maggiore indipendenza. Le nuove regole rafforzeranno l’indipendenza
delle NTA eliminando interferenze politiche nell’ attività giornaliera e aggiungendo protezione contro la sostituzione arbitraria di coloro che guidano le autorità.
24
La Direttiva 2009/140/EC modifica la Direttiva 2002/21/EC, la Direttiva sull’accesso 2002/19/EC e la
Direttiva “authorisation” del 2002/20/EC. Invece la Direttiva 2009/136/EC modifica la Direttiva sul servizio
universale 2002/22/EC, la Direttiva 2002/58/EC on privacy of electronic communications and regulations (EC)
n.2006-2004 sulla protezione del consumatore.
62
Per quanto riguarda il secondo punto:
1. Le NTA avranno la possibilità di obbligare gli operatori di TLC, per quanto riguarda
la separazione funzionale. L’idea della commissione è che la separazione funzionale può
accrescere la concorrenza nei vari mercati, mantenendo nel contempo gli incentivi agli
investimenti nelle nuove reti (NGA). Le nuove reti basate su fibre ottiche e tecnologie
su reti mobili (wireless) dovranno rimpiazzare la vecchia rete in rame. Il regolamento
del 2009 prevede la produzione di una “raccomandazione” per la regolamentazione
dell’accesso alle nuove reti NGA.
2. Vi sarà una nuova Autorità Europea delle TLC che aiuterà ad assicurare la concorrenza
ed una più consistente regolamentazione dei mercati delle TLC.
3. La nuova Autorità Europea BEREC (Body of European Regulators for Electronica Communications) sarà più strutturata e rimpiazzerà gli ERG (European Regulators Group).
Le decisioni della BEREC saranno prese a maggioranza dalle 27 Autorità di Regolamentazione e darà pareri alla Commissione per quanto riguarda l’analisi dei rimedi proposti
dalle singole Autorità di Regolamentazione.
Il terzo punto è relativo allo spettro delle frequenze .
La nuova regolamentazione, da un lato vuole favorire un crescente uso di attrezzature
“wireless” e dall’altro riconosce che le frequenze sono una risorsa limitata ed è necessario che
il loro uso sia distribuito fra più utenti, assicurando che non vi siano fenomeni di interferenze
fra attrezzature e servizi. L’intervento regolatorio della Commissione intende armonizzare le
politiche dello spettro fra gli stati membri. Sarà possibile affrontare numerosi aspetti quali
il “digital divide” fra aree urbane e rurali. In queste ultime solo il 70% della popolazione ha
accesso alla connessione a banda larga: Una più attenta gestione dello spettro delle frequenze
renderà effettivamente disponibile un maggior ammontare di frequenze per i servizi a larga
banda sulle aree rurali, dove la costruzione di infrastrutture in fibre è troppo costosa; ciò
potrebbe permettere di offrire nei paesi membri della UE il servizio universale per la larga
banda.
La regolamentazione dello spettro enfatizza un numero di importanti principi già presenti
in direttive precedenti.
1. La pianificazione strategica e la coordinazione dello spettro a livello UE;
2. La neutralità tecnologica e dei servizi. Ciò significa che tutti i tipi di servizi e tecnologie
possono essere utilizzati nello spettro di banda utilizzabile per le comunicazioni elettroniche. Vi sono però eccezioni. Gli stati membri possono, per particolari servizi, come i
servizi televisivi, stabilire precise bande.
3. Una autorizzazione generale invece che licenze individuali.
4. Permesso di commercializzare i loro diritti d’uso da parte degli utilizzatori per quanto
riguarda alcune bande dello spettro.
63
Il quarto punto è relativo al settore radiotelevisivo.
Il progresso tecnico nell’ultimo decennio ha permesso un rilevante aumento nel numero
di canali esistenti. Inoltre i terminali di accesso sono sostanzialmente aumentati computer e
telefoni cellulari sono sempre più utilizzati per vedere i canali televisivi. Il passaggio al digitale
che libera sostanziale banda e il nascere della televisione mobile sono fra gli obiettivi che si
pone la nuova regolamentazione.
La regola introdotta nella “framework directive”, che specifica che le NRA devono favorire
l’abilità degli utenti di avere accesso e distribuire informazioni, per quanto riguarda le loro
applicazioni è particolarmente importante nel settore audiovisivo. Infatti vi è un incentivo
da parte degli operatori verticalmente integrati a preferire le trasmissioni dei propri servizi
rispetto a quelli dei concorrenti. La Direttiva riduce i rischi di tali pratiche ostruzionistiche.
9
La regolamentazione della banda larga
L’utilizzo della banda larga viene visto come un fattore chiave per lo sviluppo e la crescita
economica sociale. Uno degli strumenti di policy maggiormente diffuso tra i paesi per accelerare i processi di diffusione della BB è la regolamentazione dell’unbundling local loop (LLU )25
tramite la quale si consente l’utilizzo della rete dell’operatore dominante ai nuovi entranti
(OLO). In tal modo per la connessione alla rete Internet è utilizzata o la stessa rete che
serve per il servizio vocale (connessione dial-up) o un canale ADSL, trasportato dallo stesso
doppino telefonico, ma utilizzando bande di frequenza superiori a quella impiegata per la voce,
che raggiunge un DSLAM posto in centrale e connesso a un nodo IP. Quindi l’OLO permette
l’accesso a Internet, da parte dell’utente finale, attraverso l’infrastruttura dell’operatore dominante, utilizzando il doppino di rame che collega le unità immobiliari alle centrali telefoniche
25
Tramite la regolamentazione dell’LLU gli operatori incumbent sono obbligati a dare in fitto, in toto o in
parte, agli operatori alternativi quella parte della rete di telecomunicazione che connette l’utente finale con la
centrale di distribuzione locale. Un OLO/ISP può offrire servizi di larga banda attraverso differenti modalità
di accesso all’infrastruttura dell’ex monopolista.
• offerta di accesso disaggregato alla rete locale (local loop unbundling ): l’OLO noleggia
dall’incumbent l’ultimo miglio per fornire servizi di telefonia e accesso xDSL;
• offerta di accesso condiviso (shared access): l’OLO/ISP noleggia dall’incumbent la parte dello
spettro del doppino di rame utilizzata dalle tecnologie xDSL, per fornire questi servizi agli utenti (e
lasciando all’incumbent la fonia);
• offerta di accesso in modalità bitstream (bitstream access): l’OLO/ISP acquista dall’incumbent
capacità trasmissiva in BL per rivenderla al cliente finale. L’incumbent, in questo caso, installa le proprie
attrezzature e configura la propria rete locale in modo che l’OLO/ISP possa fornire servizi in BL ai propri
clienti;
• offerta di rivendita all’ingrosso (resale). E’ simile all’offerta di accesso in modalità bitstream, solo
che limita le possibilità di scelta e la flessibilità dell’OLO/ISP a quel tipo di servizi (e velocità di servizio)
che l’incumbent fornisce sul mercato finale.
Il servizio di accesso disaggregato e il servizi di accesso condiviso richiedono maggiori infrastrutture rispetto al
servizio bitstream e il resale.
64
(SL). La rete a monte della centrale è costituita da cavi a fibre ottiche e da elaboratori per
la gestione del traffico a commutazione di pacchetto e buona parte degli operatori alternativi
hanno una rete IP costituita da reti “Optical Packet Metro” in ambito metropolitano.
Come si evince dalla Tabella 9, il mercato della larga banda è ancora dominato in Europa dall’operatore locale. L’incumbent è generalmente dominante per quanto riguarda le
tecnologie DSL, che necessitano per l’operatore entrante l’accesso alla rete fissa. Invece il peso
dell’incumbent è molto limitato nel caso della presenza di tecnologie alternative (cavo modem,
satellitare, fibre fino a casa, ecc.). La più importante fra tali tecnologie è quella che sfrutta
la rete degli operatori via cavo. D’altronde, in molti stati europei, la TV via cavo non è cosı̀
sviluppata come negli USA26 , mentre le difficoltà finanziarie rendono difficile agli operatori
della TV via cavo, la realizzazione degli investimenti necessari a trasformare la rete per offrire servizi a larga banda. Quindi in molti paesi l’offerta di servizi a larga banda dipende
largamente dall’infrastruttura dell’ex monopolista. Inoltre, con pochissime eccezioni come
l’Olanda, la quota dell’incumbent è minoritaria nelle tecnologie “Fiber to home”.
Analisi econometriche hanno permesso di valutare il differente effetto della regolamentazione tramite unbundling e quella inter modale (fra piattaforme alternative). Le politiche
riguardanti il LLU, hanno l’obiettivo di aumentare la competizione nel mercato generando
benefici ai consumatori soprattutto in un’ottica di breve periodo (ITU, 2003). Secondo alcuni
autori, però (Frieden, 2005), tali politiche generano enormi vincoli agli operatori incumbent il
cui incentivo ad innovare ed introdurre tecnologie avanzate si riduce e ciò potrebbe causare nel
medio lungo termine possibili perdite di benessere sociale. Nonostante la competizione intra
modale sia più facile da regolamentare e potenzialmente garantisce una diffusione più rapida
del BB, gli effetti negativi derivanti dalla concentrazione tecnologica possono annullare tali
benefici (Distaso et al., 2006). altrettanto probabile, inoltre, che in contesto di regolamentazione LLU gli incumbent siano in grado di praticare più intense politiche anticoncorrenziali,
sia rafforzando la propria posizione sul mercato, sia sfruttando la propria posizione dominante
in mercati paralleli (Glassman e Lehr, 2001; OECD, 2003).
La letteratura empirica che analizza gli effetti delle politiche di LLU offre risultati molto
differenziati; se è vero che un prezzo elevato del LLU ha un effetto negativo sulla diffusione
del BB (Distaso et al. 200627 , Wallsten 200628 , Aron e Bernstein 2003), nel confronto tra
competizione inter modale e intra modale, è la prima a garantire un maggior impatto sulla
26
Nel 2003 negli USA gli operatori via cavo avevano i due terzi dei 18 milioni di abbonati alla larga banda.
In questo lavoro si sottolinea l’importanza di considerare anche variabili legate al welfare nel confronto
tra competizione inter modale e competizione intra modale, in considerazione del fatto che la prima genera
elevati costi connessi alla predisposizione infrastrutturale del territorio (si pensi ad esempio ai costi necessari
per interrare i cavi a fibra ottica).
28
L’autore si sofferma sulla competizione intra modale sottoponendo a verifica empirica tre tipologie di
regolamentazione del LLU. Le varie specificazioni econometriche non sostengono in maniera robusta che tali
politiche di regolamentazione siano in grado di accelerare i processi di adozione del BB nei singoli paesi;
anzi, maggiori sono i vincoli gravanti sull’incumbent, come nel caso del sub-loop unbundling, minore se non
addirittura negativo risulta essere l’effetto sulla diffusione del BB, nonostante tale tipo di regolamentazione
garantisca i maggiori vantaggi per i new entrants
27
65
Austria
Belgium
Denmark
Finland
France
Germany
Greece
Ireland
Italy
Luxemburg
Netherlands
Portugal
Spain
Sweden
U.K.
2009
quota
incumbent
(DSL)
0,750
0,857
0,728
0,684
0,480
0,513
0,556
0,687
0,586
0,797
0,737
0,729
0,680
0,610
0,359
2009
quota
incumbent
altre tecnologiea
0,001
0,004
0,486
0,618
0,000
0,017
0,105
0,040
0,010
0,055
0,058
0,025
0,015
0,075
0,000
2009
quota
incumbent
linee BB
0,511
0,487
0,631
0,668
0,455
0,462
0,554
0,506
0,568
0,672
0,476
0,438
0,548
0,388
0,283
2008
Linee BB
per 100 abitanti
grado di penetrazione
18,4
23,9
37,2
28,8
22,3
21,1
6,8
15,5
15,9
6,8
33,1
14,8
16,8
28,3
23,8
Table 6: Quota di mercato dell’incumbent nelle varie tecnologie della BB e grado di penetrazione. Fonte: Ns elaborazioni su 15th Progress Report on the Single European Electronic
Communications market 2009 – 25 August 2010.
a
Il dato riguarda varie tecnologie, “Fiber to home”, “cable modem”, satellite etc.
66
diffusione del BB (Aron e Bernstein 2003, Distaso et al. 2006, Denni e Gruber 200529 , Cava
e Muñoz 2006, Lee e Brown 200830 ). La presenza di più tecnologie, e quindi le politiche volte
a facilitare la competizione tra piattaforme tecnologie differenti (facilities-based competition),
rappresenta quindi lo strumento principale per garantire una maggiore penetrazione del BB
(DotEcon & Criterion Economics, 2003).
Un risultato opposto, vale a dire a sostegno del LLU, è ottenuto nel lavoro di Sraer (2008);
secondo l’autore, infatti, in Francia il LLU ha garantito una forte accelerazione nella diffusione
del BB. Anche nel lavoro di Garcia-Murillo (2005) la regolamentazione del LLU ha un impatto
positivo sulla probabilità che un paese si doti di servizi BB, in particolare tra le nazioni
con un livello di reddito medio, mentre non sono robusti i risultati relativi all’effetto della
regolamentazione LLU sul numero di sottoscrittori di contratti BB (livello di diffusione del
BB).
La sintesi di questi lavori, quindi, evidenzia un maggiore impulso alla diffusione del BB
da parte della competizione tra piattaforme (competizione inter modale) rispetto alla regolamentazione dell’LLU ; la presenza di tecnologie differenti, in effetti, consente ai consumatori
di beneficiare non solo di prezzi più bassi, come avviene anche nel caso della regolamentazione
dell’LLU, ma anche di un maggior numero di servizi e di un’estensione più capillare della rete
(ITU, 2003).
Il caso del Regno Unito è interessante per discutere le varie teorie. Fino al 1998 non vi
era obbligo di accesso alla rete della British Telecom (BT). Ancora nel 1996 OFTEL ribadiva
la convinzione che la condizione necessaria per un mercato concorrenziale nei servizi di telecomunicazione è la promozione di una corretta, efficiente e sostenibile concorrenza fra reti.31
Solo nel dicembre del 1998, a seguito delle direttive UE, che incoraggiavano il regolatore a
non discriminare fra imprese che costruivano la propria rete ed imprese prive di rete, OFTEL
proclamò che l’obbligo di accesso alla rete di BT era condizione necessaria per diffondere l’uso
della larga banda fra i consumatori. Nonostante nei principali mercati geografici della Gran
Bretagna nel 2004 vi fossero almeno tre imprese oltre BT che avevano proprie reti, il grado
di penetrazione non era particolarmente elevato e ciò spiega il cambio di strategia di OFCOM
(ex OFTEL).32
Nel luglio del 2001 OFTEL aveva imposto a BT l’unbundling e la co-locazione nell’ambito
della propria rete. OFTEL aveva maturato la convinzione che anche se la politica fin ad allora
seguita aveva favorito lo sviluppo della concorrenza fra reti, l’obbligo di accesso era divenuta
una condizione per la diffusione della larga banda fra i consumatori. Fino al 2004, però, il
29
Grazie alla dimensione temporale del loro data set gli autori trovano che anche la competizione intra modale
ha un effetto positivo sul tasso di penetrazione, ma che tale effetto tende a svanire con il passare del tempo.
30
Gli autori tramite una one way ANOVA analysis mostrano che i paesi con una regolamentazione LLU
sperimentano una diffusione maggiore di BB, in considerazione del fatto che la tecnologia DSL rappresenta in
molti casi, soprattutto agli inizi, la principale tecnologia attraverso cui fornire BB. Con un’analisi OLS, invece,
mostrano l’impatto della competizione inter modale.
31
OFTEL “Promoting Competition in Services Over Telecommunication Networks”, June 1996
32
Questo era in parte dovuto al fatto che gli operatori via cavo coprivano solo il 50% delle abitazioni e quindi
essi potevano operare solo il alcuni mercati.
67
livello delle tariffe in unbundling era rimasto relativamente alto e superiore alla media UE.
A metà del 2005 OFCOM dichiarò33 che era necessario un più elevato livello di regolamentazione per rendere l’unbundling effettivamente efficace. Secondo OFCOM non si erano
create le condizioni per una concorrenza che beneficiasse nel lungo periodo il consumatore e
che in altri paesi ha stimolato gli investimenti nelle nuove tecnologie delle comunicazioni. BT
quindi è stata divisa in due di cui la società, Openreach, possiede la rete ultimo miglio di BT.
Tale società ha il compito di assicurare a ISP alternativi di ricevere lo stesso trattamento di
BT per quanto riguarda l’uso dell’ultimo miglio. In ogni caso la separazione non è proprietaria, ma è gestionale in quanto la società è di proprietà di BT ed è gestita da un Consiglio
di Amministrazione indipendente formato da 5 membri di cui tre nominati dietro consiglio e
accettazione dell’OFCOM. In tal modo si ha una partecipazione indiretta del regolatore nella
gestione che dovrebbe sopperire la necessità di una meticolosa regolamentazione ex ante del
servizio all’ingrosso.34 Specialmente nella forma di un Consiglio di Amministrazione nominato
dall’esterno il rischio di comportamenti scorretti nei confronti degli altri operatori al dettaglio
si riduce. D’altronde la situazione appare anomala dal momento che restando Openreach di
proprietà di BT i suoi azionisti corrono i rischi finanziari senza necessariamente poter influire
su scelte strategiche. Un problema che si può porre è che il Board scelga prezzi di accesso
troppo bassi inadeguati per il necessario ammodernamento della rete.
Il cambiamento della strategia della OFCOM a partire dal 2004, da una strategia che
di fatto puntava sulla concorrenza fra reti, ad una che rafforza la regolamentazione della
condotta, appare, in base ai dati in precedenza visti, un indubbio successo, che va in direzione
opposta a quanto verificato dalle precedenti analisi empiriche. Vi è da dire però che questa
strategia è stata messa in atto dopo che, come abbiamo visto, si era creata un discreto livello
di concorrenza fra reti. In altri paesi ove la concorrenza fra reti era nulla o limitata la strategia
basata solo sull’unbundling non ha avuto eguale successo.
10
La regolamentazione dell’accesso alle NGN (Next Generation Networks)
L’Agenda Digitale Europea, pubblicata nel Maggio 2010, prevede che il 100% dei cittadini
europei abbia una copertura con larga banda di base nel 2013 ed una copertura con larga
banda molto veloce (oltre i 30 Mbps) entro il 2020.
La Raccomandazione 2010/572/EU del 20 settembre 2010 sulla regolamentazione delle
NGA viene vista come strumento essenziale per ottenere tale obiettivo. La Raccomandazione
definisce un approccio regolamentare comune per quanto riguarda l’accesso alle nuove reti
veloci in fibra ottica, in modo da mantenere gli incentivi dei privati ad investire nelle NGA e
nel contempo mantenere una struttura concorrenziale.
33
OFCOM Telecommunication Statement, June 23, 2005 (http.www.ofcom.org.ok/consul/condoes/telecoms
–p2/statement/main:pdf)
34
Questo aspetto può far pensare che sia in atto una nazionalizzazione nascosta della rete (Hausmann e Sidak,
2005).
68
La tradizionale rete di accesso in rame, che finora è stata utilizzata per fornire agli utenti
finali la larga banda dovrebbe essere sostituita gradualmente con quella in fibra ottica passando
dalla configurazione attuale FTTE (fibra in centrale) alla F[TH (fibra in casa). Sono possibili
anche soluzioni intermedie con una penetrazione più graduale della fibra nell’ultimo miglio:
FTTCab (fibra al cabinet stradale), FTTC (fibra ai marciapiede o ”curb”) FTTB (Fibra
all’edificio o “building”).
• FTTE: rappresenta la situazione attuale in cui la maggior parte delle centrali (circa
6mila in Italia) sono connesse alla rete di trasporto con fibre ottiche; queste consentono
l’installazione di DSLAM che forniscono collegamenti ADSL.2+ sui doppini in rame; la
lunghezza dei collegamenti può raggiungere i 4 km e la banda varia dai 3 ai 20 Mbit/s
nel verso centrifugo (downstream) e da 0,1 a 1 Mbit/s in quello opposto (upstream).
• FTTCab: prevede il prolungamento della rete ottica fino agli armadi (circa 140mila
in Italia) e l’installazione di apparati in cabinet (ONU-C), che forniscono collegamenti
VDSL2; la lunghezza massima dei collegamenti in rame è di 500/700 metri e la banda
massima varia da 25 a 50 Mbit/s downstream e da 2 a 10 Mbit/s upstream.
• FTTC/FTTB: prevede il prolungamento della rete ottica fino ai distributori (circa
5 milioni in Italia) e l’installazione di apparati in cabinet (ONU-B) marciapiede fino
all’esterno o all’interno degli stabili, per fornire collegamenti VDSL2 impegnando i
cavetti in rame già impiegati all’interno degli edifici; la lunghezza massima dei cavetti è
quindi di 100m e la banda massima può variare a seconda delle situazioni locali da 50 a
100 Mbit/s downstream e da 25 a 40 Mbit/upstream.
• FTTH: prevede il prolungamento della rete ottica fino all’interno delle abitazioni (oltre
20 milioni), in tal caso non si impiegherebbero più porzioni di rete in rame e la banda
fornita è praticamente illimitata.
La raccomandazione 2010/572/EU del 20 settembre estende alle reti di nuova generazione
l’approccio sulla regolamentazione dell’accesso basato sull’analisi del mercato già previsto con
le Direttive 2002/19 EC e 2002/21/EC sulle reti di comunicazione elettroniche.
La Direttiva vuole favorire l’entrata sul mercato di nuovi operatori e, nel contempo, incentivare gli investimenti in infrastrutture dei nuovi operatori. Per cui le NRA nel caso di
imprese dominanti nel mercato della larga banda, dovranno fissare un prezzo orientato ai costi,
che tenga conto di un premio di rischio. In tal modo si tiene conto dei rischi inerenti i nuovi
investimenti.
Seguendo la teoria della “ladder investment” (Cave, 2003) i regolatori dovranno in una
prima fase rendere disponibili ai nuovi entranti le “essential facilities” NGA esistenti a prezzi
vantaggiosi e, nelle fasi successive,aumentare gradualmente tali prezzi al fine di incentivare i
nuovi entranti a investire nelle nuove infrastrutture.
In relazione alla tipologia di reti di nuova generazione, sviluppate dalle imprese con SMP,
occorrerà individuare opportuni rimedi. La Raccomandazione elenca quindi una serie di principi a cui si debbono ispirare le NRA.
69
Rete
primaria
FTTE
rete
di
trasporto
(backbone)
Centrale
Ultimo miglio
Armadio
Rete
secondaria
Doppino in rame (fino a 4 km)
FTTC
Fibra ottica
FTBB
Fibra ottica
FTTH
Doppino
in rame
(500-700m)
Distributore
cabinetmarciapiede
Doppino
(100m)
Fibra ottica
Edificio
(banda)
ADSL2+
D: 3-20 Mbps
U: <1Mbps
VDSL 2-17m
D: 25-50 Mbps
U: 2-10Mbps
VDSL 2-30m
D: 50-100Mbps
U: 205-40Mbps
Ottiche
0-16Gbps
Table 7: Architettura delle reti in accesso.
1. Le imprese con SMP continueranno a essere regolamentate ad un prezzo per l’accesso alle
fibre che rifletta i rischi dell’investimento e permetta alle imprese di realizzare adeguati
profitti.
2. Le NRA devono avere a disposizione un insieme di rimedi per l’accesso, in modo da poter
scegliere, in relazione alle varie circostanze, l’opportuna combinazione per realizzare
l’entrata nel mercato e gli investimenti in infrastrutture.
3. La regolamentazione delle fibre dovrà riflettere differenze nelle strutture concorrenziali
delle diverse aree geografiche. Le NRA potranno quindi definire mercati geografici subnazionali in accordo con la Raccomandazione 2007/879/EC. Analogamente si dovrà
tenere conto delle differenze competitive esistenti in un dato mercato, determinando
un approccio regolamentare meno forte, allorché la competizione è più intensa (presenza
di operatori via cavo, ed in futuro di operatori mobili a banda larga)
4. La Raccomandazione infine, favorisce accordi per investimenti comuni nelle NGA e permette di porre prezzi di accesso più bassi per la rete locale in fibre in presenza di impegni
a lungo termine e relativamente all’ammontare di volumi che ci si impegna ad acquistare.
I costi nelle nuove reti sono legati dalle opere civili(essenzialmente opere di scavo che rappresentano più del 70% dei costi totali per la realizzazione della rete di accesso) sia delle
apparecchiature. I differenti costi delle varie soluzioni dipendono dalle opere di scavo e dalle
70
attività di “delivery e assurance” (costi di esercizio). La maggiore penetrazione della fibra
ottica comporta maggiori costi di impianto e minori costi di esercizi, ma bisogna tener conto
che i costi di esercizio non si riducono se deve essere tenuta in vita la parte di rete in rame,
perché una parte della clientela non intende trasferirsi sulla nuova rete. Mentre è possibile
contenere i costi di impianto con progettazioni mirate (minimizzazione dei tracciati, uso di
nuove tecniche di posa) e con economie di scala (scelta di pochi prodotti da utilizzare in gran
quantità), non è altrettanto possibile intervenire sui costi di gestione della rete in rame che
sono ormai consolidati.
La migrazione dalla vecchia rete in rame a quella ottica può avvenire in due modi diversi:
con la sostituzione immediata o con l’affiancamento delle due reti per un certo tempo. Nel
primo caso i clienti passano sulla nuova rete indipendentemente dai servizi che utilizzano; nel
secondo i clienti migrano verso la nuova rete solo quando richiedono i nuovi servizi a banda
larga. In tal modo la vecchia rete viene dismessa solo quando la maggioranza dei clienti sarà
migrata sulla nuova rete; la velocità di penetrazione dei nuovi servizi determina quindi i tempi
di transizione.
71
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72