STD News 28
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ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST, SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI N. 28/marzo 2007 Poste Italiane spa Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB - Brescia STD 28 n e w s Il prof. Giampiero Carosi Sommario 1 Editoriale 2 Herpes genitale in gravidanza F. Pico,A.Volpi 6 Infezione da Citomegalovirus in gravidanza Brunella Guerra A ... Editoriale Giampiero Carosi e Alberto Matteelli Giornata mondiale dell’aids 2006 Report da congressi a pagina 9 Simast International a pagine 11 Presentazione da congressi a pagina 15 Siti Web a pagina 15 A proposito di MST… a pagina 16 1 Paolo Lanzafame, Sabina Cauci +, Silvia Driussi *, Assunta Sartor, Maria Teresa Baron S.O.C. Microbiologia Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia - Udine + Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche –Università di Udine * Azienda Servizi Sanitari n° 4 “Medio Friuli” Riassunto delle linee guida sulle Malattie Sessualmente Trasmesse pubblicate dai CDC nel 2006 Sexually Transmitted Diseases Treatment Guidelines CDC, 2006 I cambiamenti avvenuti rispetto alle linee guida precedenti del 2002 vengono sottolineate ed evidenziate con il colore rosso. SIFILIDE La sifilide è una malattia sistemica causata dal Treponema pallidum. I pazienti che hanno la sifilide possono chiedere il trattamento per segni o sintomi dell’infezione primaria (ulcera nel sito di inoculo), secondaria (manifestazioni che includono, ma non solo, eruzione cutanea, lesioni muco-cutanee e linfoadenomegalia), terziaria (manifestazione cardiaca o oftalmica, anormalità uditive o lesioni gommose). Le infezioni latenti (in assenza di manifestazioni cliniche) vengono identificate con i tests sierologici. La sifilide latente acquisita entro l’anno è definita sifilide latente precoce; tutti gli altri casi di sifilide latente sono definitivi sifilide latente tardiva o sifilide latente di durata ignota. Il trattamento sia della sifilide latente tardiva sia della sifilide terziaria teoricamente può richiedere un periodo più lungo considerando che gli organismi si dividono più lentamente; tuttavia, la validità di questo concetto non è stata validata. 2 Considerazioni diagnostiche e utilizzo dei test sierologici L’esame in campo oscuro (darkfield) e i test di immunofluorescenza diretta (direct fluorescent antibody – DFA) ottenuti sulla lesione essudativa o sul tessuto sono i metodi definitivi per la diagnosi di sifilide precoce. Una diagnosi presuntiva è possibile con l’utilizzo di due tests sierologici: 1) tests nontreponemici (Veneral Disease Research Laboratory – VDRL e RPR) 2) tests treponemici (fluorescent treponemal antobody absor bed – FTA-ABS; T. pallidum particle agglutination – TP-PA L’utilizzo di un solo tipo di test sierologico è insufficiente per la diagnosi poiché risultati falsi-positivi con tests nontreponemici si associano qualche volta a varie condizioni mediche non correlate alla sifilide. I titoli anticorpali dei tests nontreponemici solitamente correlano con l’attività della malattia ed i risultati devono essere riportati quantitativamente. Un cambia- mento del titolo di quattro volte, equivalente a due diluizioni (ad es: da 1:16 a 1:4 oppure da 1:8 a 1:32), è considerato necessario per dimostrare una differenza clinicamente significativa tra due risultati di tests nontreponemici, usando lo stesso test sierologico. In uno stesso soggetto, i tests sierologici sequenziali devono essere effettuati utilizzando lo stesso metodo (ad es: VDRL o RPR) preferibilmente nello stesso laboratorio. La VDRL e RPR sono dei tests validi equamente, ma i risultati quantitativi non possono essere confrontati direttamente poiché i titoli di RPR risultano frequentemente più elevati che i titoli VDRL. Dopo il trattamento, i tests nontreponemici solitamente si negativizzano nel tempo; tuttavia, in alcuni pazienti gli anticorpi nontreponemici possono persistere con un basso titolo per un lungo periodo di tempo, qualche volta per l’intera vita del soggetto. Questa risposta è definita “serofast reaction”. La maggioranza dei pazienti che hanno un test treponemico positivo avranno un test positivo per il resto della loro vita, indipendentemente dal trattamento o dell’attività della malattia. Tuttavia, il 1525% dei pazienti trattati durante il primo stadio risulteranno negativi dopo 2-3 anni. Il titolo anticorpale dei test treponemici non correla con l’attività della malattia e quindi non deve essere utilizzato per valutare la risposta al trattamento. Alcuni laboratori e banche del sangue hanno iniziato ad effettuare uno screening utilizzando tests treponemici EIA. Questa strategia identificherà sia persone precedentemente trattate sia persone non trattate o trattate non correttamente. Risultati falsi positivi possono presentarsi soprattutto nella popolazione a basso rischio di sifilide. Soggetti con un test di screening positivo per i tests treponemici devono essere sottoposti successivamente anche ad un test nontreponemico con titolo anticorpale, per permettere la loro corretta gestione clinica. Se il test nontre- ponemico risulta negativo, per confermare il primo test deve essere effettuato un test treponemico differente. Se il secondo test treponemico risulta positivo, la decisione terapeutica deve essere discussa con uno specialista. Alcuni soggetti con infezione da HIV possono avere un risultato sierologico atipico (ad es. insolitamente elevato o basso o titoli fluttuanti). Per tali pazienti, quando i test sierologici non corrispondono ad una sindrome clinica suggestiva di sifilide precoce, deve essere considerato l’utilizzo di altri test (biopsia ed esame microscopico diretto). Tuttavia, per la maggioranza dei soggetti con infezione da HIV, i tests sierologici essendo accurati sono utilizzabili per la diagnosi di sifilide e per monitorare la risposta al trattamento. Un singolo test non può essere utilizzato per la diagnosi di neurosifilide. VDRL nel liquido cefalorachidiano (LCR) è molto specifico ma poco sensibile. La maggioranza degli altri tests hanno una scarsa sensibilità e specificità e devono essere interpretati in relazione ad altri risultati ed alla valutazione clinica. Quindi, la diagnosi di neurosifilide solitamente si avvale della combinazione dei risultati dei tests sierologici, della conta cellulare o della protidoracchia nel LCR, della positività di VDRL nel LCR con o senza manifestazione clinica. Nei pazienti con neurosifilide la conta dei globuli bianchi (GB) nel LCR è solitamente elevata (> 5 GB/mm3); la conta leucocitaria è una sensibile misura della efficacia della terapia. VDRL nel LCR è il tests sierologico standard da effettuarsi nel LCR e se risulta positivo in assenza di contaminazione ematica importante del liquor, è da considerarsi diagnostico per neurosifilide. Tuttavia, VDRL nel LCR può risultare negativo anche in presenza di neurosifilide. Alcuni specialisti raccomandano di utilizzare FTA-ABS nel LCR. Questo test risulta meno specifico per neurosifilide rispetto a VDRL (a causa di frequenti risultati falsi positivi), ma risulta molto sensibile. Quindi, alcuni specialisti credono che un FTA-ABS negativo nel LCR possa escludere la neurosifilide. Terapia La penicillina G somministrata per via parenterale è il trattamento di scelta per tutti gli stadi di sifilide. Le preparazioni usate (benzilpenicillina benzatinica, procaina, acquosa cristallina), il loro dosaggio e la durata del trattamento dipendono dallo stadio della malattia. Tuttavia, né la combinazione benzilpenicillina e penicillina procaina né le preparazioni orali sono considerate efficaci per il trattamento della sifilide. Case reports hanno riportato un inappropriato utilizzo della combinazione benzilpenicillina - penicillina procaina (Bicillin C-R®) al posto della standard benzilpenicillina prodotta diffusamente negli Stati Uniti (Bicillin L-A®). Medici, farmacisti devono essere consapevoli della similitudine dei nomi di questi due prodotti e devono evitare l’utilizzo inappropriato della combinazione per il trattamento della sifilide. L’efficacia della penicillina per il trattamento della sifilide è stata stabilita attraverso l’esperienza clinica ancora prima del riconoscimento del valore degli trials clinici controllati e randomizzati. Perciò, quasi tutte le raccomandazioni per il trattamento della sifilide sono basate su opinioni di esperti di MST e sono consolidate da case reports, trials clinici e 50 anni di esperienza clinica. La penicillina G somministrata per via parenterale è l’unica terapia con una documentata efficacia per la sifilide durante la gravidanza. Le gravide con sifilide in ogni stadio che riportano una allergia alla penicillina devono essere desensibilizzate e successivamente trattate con penicillina. I test cutanei per l’allergia possono essere utili in gravidanza; questi tests sono utili anche per altri pazienti (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina). La reazione di Jarisch-Herxhimer è una reazione acuta febbrile frequentemente accompagnata da cefalea, mialgia, ed altri sintomi che solitamente compaiono nelle prime 24 ore dopo ogni terapia per la sifilide. I pazienti devono essere informati della possibilità della comparsa di questa reazione avversa. La reazione di Jarisch-Herxhimer viene riportata spesso nei soggetti con sifilide precoce. Possono essere utilizzati degli antipiretici, sebbene non sia stato accertato che questi prevengano tale reazione. La reazione di Jarisch-Herxhimer può indurre un parto precoce o causare stress fetale in gravidanza, ma queste possibilità non devono ritardare o evitare la somministrazione della terapia antibiotica. Gestione dei partners sessuali La trasmissione sessuale di T. pallidum avviene esclusivamente quando sono presenti le lesioni sifilitiche muco-cutanee; tali manifestazioni sono non comuni dopo il primo anno dall’infezione. Tuttavia, soggetti esposti sessualmente ad un paziente affetto da sifilide in ogni stadio devono essere valutati sierologicamente e clinicamente e trattati con un trattamento standard, in accordo alle seguenti raccomandazioni: soggetti che sono stati esposti nei 90 giorni che precedono la diagnosi di sifilide primaria, secondaria o sifilide latente precoce nel partner sessuale possono essere infettati anche se i test sierologici risultano negativi; quindi, tali soggetti devono essere trattati empiricamente soggetti che sono stati esposti nel periodo che precede i 90 giorni dalla diagnosi di sifilide primaria, secondaria o sifilide latente precoce nel partner sessuale devono essere trattati empiricamente se i test sierologici non risultano immedia3 tamente disponibili e se la possibilità di seguire il paziente nel follow-up è in discussione per proporre la notifica del partner ed il trattamento empirico del partner sessuale, i pazienti con sifilide di durata ignota che hanno un titolo del test nontreponemico elevato (>1:32) possono essere considerati affetti da sifilide precoce. Tuttavia, i titoli dei test sierologici non devono essere usati per differenziare lo stadio precoce dallo stadio tardivo di sifilide per proporre successivamente il tipo di trattamento partners sessuali long-term dei pazienti che hanno una sifilide latente devono essere valutati sierologicamente e clinicamente per sifilide e trattati sulla base dei risultati. Per l’identificazione dei partners sessuali a rischio, i periodi da considerare a rischio prima del trattamento sono: 1) per la sifilide primaria, 3 mesi più la durata dei sintomi 2) per la sifilide secondaria, 6 mesi più la durata dei sintomi 3) per la sifilide latente precoce, 1 anno. SIFILIDE PRIMARIA E SECONDARIA La penicillina G somministrata per via parenterale è stata utilizzata efficacemente per più di 50 anni per ottenere una risposta clinica (guarigione delle lesioni e prevenzione della trasmissione sessuale) e per prevenire sequele tardive. Tuttavia, non esistono trials comparativi condotti adeguatamente per condurre alla scelta di un trattamento a base di penicillina ottima- le (la dose, la durata e la preparazione). Conseguentemente, pochi dati sono disponibili per i trattamenti non a base di penicillina. (Terapia consigliata negli adulti Tabella1) Terapia consigliata nei bambini Dopo il periodo neonatale (età > 1 mese), i bambini con sifilide devono essere valutati con un esame del LCR per identificare casi di neurosifilide asintomatici, e devono essere controllate la cartella clinica della madre e del neonato al momento della nascita per valutare se si tratta di sifilide congenita o acquisita. I bambini con sifilide acquisita primaria o secondaria devono essere valutati da personale specializzato (servizi dedicati agli abusi sessuali dei minori) e trattati mediante un regime terapeutico pediatrico. (Tabella 2) Altre considerazioni gestionali Tutti i soggetti cha hanno una diagnosi di sifilide devono essere sottoposti al test per l’HIV. In aree geografiche in cui la prevalenza dell’HIV risulta elevata i pazienti che presentano una sifilide primaria devono ripetere il test per l’HIV dopo 3 mesi dal primo test negativo. I pazienti che hanno una diagnosi di sifilide e presentano dei sintomi o segni suggestivi di patologia neurologica (ad es. meningite) o di patologia oculare (ad es. uveite, irite, neuroretinite, neurite ottica) devo essere valutati con una rachicentesi ed una visita oculistica. Il trattamento verrà deciso sulla base dei risultati di queste indagini. L’invasione del LCR da parte del T. pallidum rappresentato da anor- Tabella 1 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 2.4 milioni UI Singola somministrazione Tabella 2 4 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 50,000 UI/Kg Singola somministrazione malità del LCR è comune negli adulti che presentano una sifilide primaria e secondaria. Tuttavia, la neurosifilide si sviluppa in un numero limitato di pazienti dopo il trattamento con penicillina raccomandato per una sifilide primaria o secondaria. Quindi, a meno che non ci siano segni o sintomi di interessamento neurologico o oculare, l’analisi del LCR non è raccomandato di routine nei soggetti con sifilide primaria e secondaria. Follow-up Il fallimento terapeutico può avvenire con ogni tipo di regime terapeutico. Tuttavia, valutare la risposta al trattamento è spesso difficile e criteri definitivi di cura o fallimento non sono stati stabiliti. I titoli dei test nontreponemici possono diminuire più lentamente nei soggetti che hanno avuto precedentemente la sifilide. I pazienti devono essere valutati sierologicamente e clinicamente dopo 6 e 12 mesi dal termine del trattamento; valutazioni più frequenti possono essere necessarie in caso di follow-up in discussione. Pazienti che presentano segni o sintomi che persistono o ricorrono o che hanno un incremento di 4 volte del titolo del test nontreponemico (confrontato al titolo rilevato prima del trattamento o rispetto al massimo titolo raggiunto) probabilmente hanno un fallimento terapeutico o sono stati re-infettati. Questi pazienti devono essere ritrattati e rivalutati per l’infezione da HIV. Poiché il fallimento terapeutico solitamente non può essere distinto da una re-infezione con T. pallidum, è necessario effettuare una analisi del LCR. Trial clinici hanno dimostrato che il 15% dei pazienti con una sifilide precoce trattati con un regime raccomandato non otterranno, ad un anno dal termine del trattamento, una riduzione del titolo del test nontreponemico di due diluizioni necessario per definire una risposta completa. Il fallimento del declino di 4 volte del titolo del test nontre- ponemico in un periodo di 6 mesi dopo il trattamento per una sifilide primaria o secondaria può essere indicativo di probabile fallimento terapeutico. I pazienti i cui titoli anticorpali rimangono in una condizione di serofast devono essere rivalutati per l’infezione da HIV. Una gestione ottimale di tali pazienti non è chiara. Come minimo, questi pazienti devono ricevere un follow-up clinico e sierologico maggiore. I soggetti con infezione da HIV devono essere valutati frequentemente (almeno ad intervalli di 3 mesi – 6 mesi). Inoltre, se il follow-up non può essere assicurato, è raccomandato un ulteriore trattamento. Poiché il fallimento terapeutico può essere il risultato di una infezione del SNC non riconosciuta, molti specialisti raccomandano in tale occasione una valutazione del LCR. Per il trattamento, la maggioranza degli specialisti di MST raccomandano la somministrazione settimanale intramuscolo di benzilpenicillina G 2.4 milioni UI per 3 settimane, a meno che il LCR indichi la diagnosi di neurosifilide. In rare condizioni, il titolo sierologico non si riduce nonostante un LCR nella norma o un trattamento ripetuto. In tale circostanza non sono giustificate una terapia aggiuntiva o la ripetizione dell’esame del LCR. Allergia alla penicillina Dati che supportano l’utilizzo di farmaci alternativi all’utilizzo della penicillina per il trattamento della sifilide precoce sono scarsi. Tuttavia, diverse terapia sono efficaci in soggetti allergici alla penicillina non gravide con diagnosi di sifilide primaria e secondaria. La doxiciclina (100 mg per os ogni 12 h per 14 giorni) e le tetracicline (500 mg per os ogni 6 h per 14 giorni) sono schemi terapeutici utilizzati da anni. La compliance è migliore per doxiciclina poiché le tetracicline causano effetti avversi gastro-intestinali. Sebbene esistano scarsi studi clinici, insieme ad una evidenza biologica e farmaco- logica, per cui il ceftriaxone è efficace per il trattamento della sifilide precoce, la dose ottimale e la durata del trattamento con il ceftriaxone non è stato definito. Alcuni specialisti raccomandano la somministrazione quotidiana di ceftriaxone 1g per via parenterale (IM o EV) per 8-10 giorni. Alcuni pazienti che sono allergici alla penicillina potrebbero essere allergici anche la ceftriaxone; in tali circostanze, può essere necessario l’utilizzo di un farmaco alternativo. Studi preliminari suggeriscono l’efficacia dell’azitromicina 2 g in singola dose. Tuttavia, diversi casi di fallimento terapeutico con l’azitromicina sono stati riportati ed è stata documentata la resistenza all’azitromicina in diverse aree geografiche. E’ necessario un followup stretto dei pazienti trattati con terapie alternative. L’utilizzo di ognuna di queste terapie nei soggetti con infezione da HIV non è stata studiata; quindi, l’utilizzo di doxiciclina, ceftriaxone e azitromicina tra queste persone deve essere considerato con cautela. Pazienti con allergia alla penicillina la cui compliance con la terapia o il follow-up non possono essere assicurati devono essere desensibilizzati e trattati con benzilpenicillina. Il test cutaneo per l’allergia alla penicillina può essere utile in specifiche circostanze in cui l’esecutore del test ed i reagenti sono adeguati (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina). sito la malattia nell’anno precedente sono classificati come affetti da sifilide latente precoce. Tale condizione può essere diagnosticata se, nell’anno precedente la valutazione, il paziente presentava: Gravidanza Terapia Le gravide che risultano allergiche alla penicillina devono essere desensibilizzate e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza). Il trattamento della sifilide latente non interferisce sulla trasmissione ma permette la prevenzione della formazione di complicanze tardiva. Sebbene l’esperienza clinica supporta l’efficacia della penicillina, una scarsa evidenza è disponibile per condurre alla scelta del trattamento. I seguenti regimi terapeutici sono raccomandati per i pazienti non allergici alla penicillina che presentano un LCR normale (se effettuata la sua valutazione). (Tabelle 3 e 4) SIFILIDE LATENTE Sifilide latente si definisce in caso di diagnosi sierologica di sifilide in assenza di evidente malattia. I pazienti che hanno una diagnosi di sifilide latente e che hanno acqui- 1) una documentata sieroconversione o un incremento di 4 volte o più del titolo anticorpale del test nontreponemico 2) sintomi di sifilide primaria o secondaria 3) un partner sessuale con una documentata diagnosi di sifilide primaria, secondaria o latente precoce 4) test treponemici e nontreponemici positivi in un soggetto la cui unica esposizione possa essere avvenuta nei 12 mesi precedenti. I titoli dei tests sierologici nontreponemici solitamente risultano più elevati durante la sifilide latente precoce rispetto alla tardiva. Tuttavia, la sifilide latente precoce non può essere distinta con certezza dalla forma tardiva esclusivamente sulla base dei titoli anticorpali. Tutti i pazienti con sifilide latente devono avere una valutazione accurata di tutte le superficie mucose accessibili (ad es. cavo orale, area perineale nella donna, area perianale e al di sotto del prepuzio nell’uomo non circonciso) per rilevare lesioni mucose. A tutti i pazienti con diagnosi di sifilide deve essere richiesto il test dell’HIV. 5 Dopo il periodo neonatale, i bambini con sifilide devono essere valutati con un esame del LCR per escludere la diagnosi di neurosifilide. Inoltre, devono essere controllate la cartella clinica della madre e del neonato al momento della nascita per valutare se si tratta di sifilide congenita o acquisita. I bambini di età maggiore con sifilide acquisita latente devono essere valutati come gli adulti e trattati con i seguenti regimi terapeutici pediatrici (vedi violenza sessuale nei bambini). Questi regimi sono adeguati per bambini non allergici alla penicillina che hanno acquisito la sifilide e che presentano un LCR normale. (Tabelle 5 e 6) Altre considerazioni gestionali Tutti i pazienti con diagnosi di sifilide latente devono essere valutati clinicamente per escludere la malattia terziaria (ad es. aortite e gomme) o la malattia oculare (ad es. irite e uveite). I pazienti che hanno una diagnosi di sifilide e che dimostrano uno dei seguenti criteri devono avere una valutazione del LCR: sintomi o segni neurologici o oftalmici evidenza di una sifilide terziaria attiva (ad es. aortite e gomme) fallimento terapeutico infezione da HIV con sifilide latente tardiva o di durata ignota In casi particolari, in cui sia lo stesso paziente a richiederlo, anche in assenza di tali criteri può essere effettuata la valutazione del LCR. Alcuni specialisti raccomandano di effettuare l’analisi del LCR in tutti i soggetti con diagnosi di sifilide latente con un test nontreponemico >1:32 o se il paziente ha una infezione da HIV con una conta dei CD4 uguale o inferiore a 350. Tuttavia, la probabilità di diagnosticare una neurosifilide in tali circostanze non è nota. Se, invece, l’analisi del LCR risulta compatibile con la neurosifilide, il paziente dovrà essere trattato per tale patologia (vedi Neurosifilide). Se un paziente con diagnosi di sifilide tardiva dimentica una dose di penicillina durante un trattamento settimanale, non è nota quale sia la gestione corretta da seguire. I farmacologi suggeriscono che per una sifilide tardiva o latente di durata ignota un intervallo di 10-14 giorni tra due dosi di benzilpenicillina potrebbe essere accettabile prima di dover ricominciare l’intera sequenza di somministrazioni. Invece, la dimenticanza di una dose di penicillina in una gravida con diagnosi di sifilide latente tardiva non è accettabile; in gravidanza la dimenticanza di una dose di trattamento necessita la ripetizione dell’intero regime. Tabella 3 - Terapia consigliata negli adulti - sifilide latente precoce Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 2.4 milioni UI Singola somministrazione Tabella 4 - Terapia consigliata negli adulti - sifilide latente tardiva o di durata ignota Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 2.4 milioni UI alla settimana Tre somministrazioni ad intervalli di una settimana Tabella 5 - Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente precoce Farmaco di Iª scelta Benzilpenicillina G Modalità di somministrazione IM Dosaggio Durata del trattamento 50,000 UI/Kg Singola somministrazione Tabella 6 -Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente tardiva o di durata ignota 6 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 50,000 UI/Kg Tre somministrazioni ad intervalli di una settimana Follow-up Tests sierologici nontreponemici devono essere ripetuti al 6°, 12° e 24° mese. I pazienti con un LCR nella norma devono ripetere il trattamento per sifilide latente se: 1) i titoli anticorpali aumentano di 4 volte 2) un titolo anticorpale iniziale elevato (> 1:32) che dopo la terapia non diminuisce di almeno 4 volte (2 diluizioni) in un periodo di 12-24 mesi 3) si rilevano nuovi segni o sintomi di sifilide. In rare condizioni, il titolo sierologico non si riduce nonostante il LCR risulti nella norma o venga ripetuto il trattamento. In tale circostanza non è chiaro il ruolo di una terapia aggiuntiva o della ripetizione dell’esame del LCR. Allergia alla penicillina L’efficacia di regimi terapeutici alternativi a quelli che utilizzano la penicillina per il trattamento della sifilide latente non sono stati documentati. Pazienti non gravide che risultano allergiche alla penicillina ed hanno una diagnosi certa di sifilide latente precoce devono effettuare trattamenti alternativi consigliati per la terapia della sifilide primaria o secondaria. Le uniche alternative per il trattamento della sifilide latente tardiva o latente di durata ignota sono la doxiciclina (100 mg per os ogni 12 h) o le tetracicline (500 mg per os ogni 6 h), entrambe somministrate per un periodo di 28 giorni. Queste terapie devono essere utilizzate solo in associazione con uno stretto follow-up clinico e sierologico. Scarsi studi clinici, insieme ad evidenze biologiche e farmacologiche, suggeriscono che il ceftriaxone potrebbe essere efficace per il trattamento della sifilide latente tardiva o la sifilide latente di durata ignota. Tuttavia, la dose e la durata ottimale di tale trattamento non è stato definito, e le opzioni terapeutiche devono essere discusse con uno specialista. Alcuni pazienti che sono allergici alla penicillina potrebbero essere allergici anche al ceftriaxone; in tale circostanza può essere necessario l’utilizzo di un farmaco alternativo. L’efficacia di questi regimi alternativi nei soggetti con infezione da HIV non è stato studiato correttamente e, quindi, deve essere considerato con cautela. Gravidanza Le gravide che risultano allergiche alla penicillina devono essere desensibilizzate e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza). La gestione completa dei pazienti che presentano una patologia cardio-vascolare o le gomme è al di fuori dello scopo di queste linee guida. Questi pazienti devono essere gestiti da uno specialistica di malattie infettive. Follow-up Sono disponibili scarse informazioni relative alla risposta clinica e al follow-up dei pazienti che hanno una sifilide terziaria. Allergia alla penicillina Pazienti allergici alla penicillina devono essere trattati in accordo ai regimi terapeutici consigliati per la sifilide latente tardiva. Gravidanza SIFILIDE TERZIARIA La diagnosi di sifilide terziaria si riferisce a le lesioni cardiovascolari e alle gomme ma non alla neurosifilide. I pazienti che risultano allergici alla penicillina e che non hanno una evidente neurosifilide devono essere trattati con il seguente regime terapeutico. (Terapia Tabella 7) Le gravide che risultano allergiche alla penicillina devono essere desensibilizzate, se necessario, e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza). NEUROSIFILIDE Terapia Altre considerazioni gestionali Ai pazienti che hanno una sifilide tardiva sintomatica deve essere effettuata una valutazione del LCR prima di iniziare la terapia. Alcuni medici trattano i pazienti con una sifilide cardio-vascolare con il trattamento utilizzato per la neurosifilide. L’interessamento del SNC può avvenire in ogni stadio della sifilide. In un paziente con diagnosi di sifilide ed evidenza clinica di interessamento neurologico (ad es. disfunzione cognitiva, deficit motorio e sensitivo, paralisi dei nervi cranici e segni e sintomi di meningite) deve essere effettuata una valutazione del LCR. Tabella 7 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Benzilpenicillina G IM 2.4 milioni UI alla settimana Tre somministrazioni ad intervalli di una settimana Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Penicillina G acquosa cristallina EV 2.4 milioni UI alla settimana 10/14 giorni Tabella 8 Tabella 9 - Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente precoce Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Penicillina procaina IM 10/14 giorni Probenecid x os 3-4 milioni UI/4h o infusione continua (18-24 milioniUI/die) 2-4 milioni UI ogni 24 h 500 mg ogni 6 h 10/14 giorni L’uveite sifilitica e altre manifestazioni oculari sono frequentemente associate alla neurosifilide; pazienti con questi sintomi devono essere trattati con regimi terapeutici della neurosifilide. Una valutazione del LCR deve essere effettuata in tutti i pazienti per permettere di identificare quelli con anormalità che richiedono un successivo follow-up del LCR per permettere la valutazione della risposta terapeutica. I pazienti che hanno una neurosifilide o una malattia oculare sifilitica (ad es. uveite, neuroretinite, neurite ottica) devono essere trattati con il regime terapeutico di prima scelta. Se la compliance alla terapia non può essere assicurata, i pazienti devono essere trattati con il regime terapeutico di seconda scelta. (Tabelle 8 e 9) La durata di tali regimi terapeutici per la neurosifilide risulta più breve rispetto ai regimi utilizzati per la sifilide tardiva in assenza di neurosifilide. Quindi, alcuni specialisti somministrano benzilpenicillina 2.4 milioni UI intramuscolo alla settimana per 3 settimane successivamente al trattamento consigliato per la neurosifilide, per permettere una duratatotale simile di terapia. Altre considerazioni gestionali Altre considerazioni per la gestione dei pazienti con diagnosi di neurosifilide sono le seguenti: tutti i pazienti che hanno un diagnosi di sifilide devono effettuare il test per HIV molti specialisti raccomandano di trattare i pazienti che hanno una patologia dell’orecchio causata dalla sifilide alla stessa maniera dei pazienti con neurosifilide, indipendentemente dei risultati dell’analisi del LCR. Sebbene la somministrazione sistemica di steroidi venga frequentemente utilizzata come terapia aggiuntiva per la patologia dell’orecchio conseguente alla sifilide, non è stato provato il loro reale effetto benefico. 7 Follow-up Se inizialmente nel LCR è presente una pleiocitosi, è necessario ripetere ogni 6 mesi l’analisi del LCR fino alla normalizzazione della conta cellulare. Il follow-up del LCR prevede anche la valutazione dei cambi del titolo di VDRL o della quantità di protidoracchia; tuttavia, le modifiche di tali parametri avviene più lentamente rispetto alla conta cellulare e la persistenza di anormalità può risultare meno importante. Allergia alla penicillina Il ceftriaxone può essere utilizzato come trattamento alternativo per pazienti con neurosifilide, sebbene la possibilità di cross-reazione tra questo farmaco e la penicillina esiste. Alcuni specialisti raccomandano ceftriaxone 2 g per via parenterale (IM o EV) ogni 24 h per 10-14 giorni. Altri regimi non sono stati adeguatamente valutati per il trattamento della neurosifilide. Quindi, se esiste una certa preoccupazione per la tollerabilità del ceftriaxone per un paziente con neurosifilide, il paziente deve effettuare i test cutanei per confermare l’allergia alla penicillina e, se necessario, deve essere desensibilizzato e gestito con uno specialista. Gravidanza Le gravide che risultano allergiche alla penicillina devono essere desensibilizzate, se necessario, e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza). SIFILIDE NEI SOGGETTI CON INFEZIONE DA HIV Considerazioni diagnostiche Nei soggetti con infezione da HIV e sifilide sono stati riportati risultati sierologici atipici. La maggioranza dei casi riporta titoli anticorpali insolitamente elevati, sebbene vengano riportati anche test che si positivizzano tardivamente e risulta8 ti falsamente negativi. Tuttavia, risposte sierologiche atipiche sono comunque rare, ed alcuni specialisti ritengono che i tests sierologici treponemici e nontreponemici possano essere interpretati nella solita maniera anche nei soggetti HIV positivi. Quando la sintomatologia clinica è suggestiva di sifilide, ma i tests sierologici sono negativi o di difficile interpretazione, deve essere considerato l’utilizzo di altri tests (biopsia della lesione, esame microscopico in campo oscuro, colorazione con immunofluorescenza del materiale raccolto). La neurosifilide deve essere considerata nella diagnosi differenziale delle patologie neurologiche dei soggetti con infezione da HIV. Terapia Rispetto ai soggetti sieronegativi i pazienti HIV positivi con diagnosi di sifilide precoce possono avere un aumentato rischio di complicanze neurologiche e possono avere un elevato tasso di fallimenti terapeutici con i soliti regimi raccomandati. La dimensione di questi rischi non è definibile con precisione ma probabilmente è minima. Non sono stati dimostrati dei regimi terapeutici più efficaci nel prevenire la neurosifilide nei soggetti con infezione da HIV. Un accurato follow-up successivo al trattamento si rende necessario. SIFILIDE PRIMARIA E SECONDARIA NEI SOGGETTI CON INFEZIONE DA HIV Terapia Il trattamento prevede la benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo in singola dose. Alcuni specialisti consigliano un trattamento supplementare (ad es. benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo ogni settimana per 3 settimane, come raccomandato per la sifilide tardiva) in aggiunta alla singola dose di benzilpenicillina. Altre considerazioni gestionali Allergia alla penicillina Poiché alterazioni del LCR (pleiocitosi mononucleare e iperprotidoracchia) sono comuni nei pazienti con diagnosi di sifilide precoce e nei pazienti con infezione da HIV, il significato clinico e prognostico di tali alterazioni nei pazienti HIV positivi con sifilide primaria e secondaria è sconosciuta. Sebbene la maggioranza dei soggetti con infezione da HIV rispondo appropriatamente alla terapia standard con benzilpenicillina, alcuni specialisti raccomandano di intensificare la terapia quando si sospetta un interessamento neurologico. Inoltre, alcuni specialisti raccomandano una analisi del LCR prima di iniziare il trattamento dei soggetti con infezione da HIV e sifilide precoce, e un follow-up del LCR post terapia in quelli in cui il liquor risulta alterato. I pazienti allergici alla penicillina che hanno una diagnosi di infezione da HIV e sifilide primaria o secondaria devono essere gestiti in accordo alle raccomandazioni per i soggetti sieronegativi allergici alla penicillina. L’utilizzo di trattamenti alternativi alla penicillina non sono stati studiati nei soggetti con infezione da HIV. Follow-up I soggetti con infezione da HIV devono essere valutati clinicamente e sierologicamente per escludere il fallimento terapeutico al 3°, 6°, 9°, 12° e 24° mese dopo il trattamento. Sebbene non sia stato provato il reale beneficio, alcuni specialisti raccomandano di effettuare una valutazione del LCR dopo 6 mesi dal trattamento. I soggetti con infezione da HIV che presentano i criteri di fallimento terapeutico (ad es. segni e sintomi di persistenza o ricorrenza di malattia o incremento di 4 volte del titolo anticorpali dei tests nontreponemici) devono essere gestiti nella stessa maniera dei soggetti sieronegativi (valutazione del LCR e ulteriore trattamento). La valutazione del LCR e la necessità di ulteriore trattamento devono anche essere fortemente considerati per i soggetti il cui titolo del test nontreponemico non diminuisce di 4 volte in un periodo di 612 mesi dopo la terapia. La maggioranza degli specialisti vuole ri-trattare i pazienti con benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo ogni settimana per 3 settimane nel caso LCR risulti normale. SIFILIDE LATENTE NEI SOGGETTI CON INFEZIONE DA HIV Considerazioni diagnostiche I pazienti con infezione da HIV che hanno una diagnosi di sifilide latente devono essere gestiti e trattati in accordo con le raccomandazioni per i pazienti HIV negativi che hanno una diagnosi di sifilide primaria o secondaria. Ai pazienti con infezione da HIV che hanno una diagnosi di sifilide latente tardiva o di durata ignota deve essere fatta una analisi del liquor prima del trattamento. leva una riduzione di 4 volte del titolo anticorpale dei tests sierologici nontreponemici, è necessario ripetere l’analisi del LCR a cui deve seguire un trattamento a seconda del risultato. Allergia alla penicillina L’efficacia di regimi terapeutici alternativi alla penicillina nei pazienti con infezione da HIV non sono stati studiati. I pazienti allergici alla penicillina la cui compliance alla terapia od il follow-up non possono essere assicurati devono essere desensibilizzati e trattati con la penicillina. Queste terapie alternative devono essere utilizzate solo in associazione ad un stretto monitoraggio clinico e sierologico. Scarsi studi clinici, insieme ad evidenze biologiche e farmacologiche, suggeriscono che il ceftriaxone potrebbe essere efficace. Tuttavia, la dose e la durata ottimale della terapia con il ceftriaxone non sono stati definiti. SIFILIDE DURANTE LA GRAVIDANZA Terapia I pazienti che hanno una diagnosi di sifilide latente tardiva o di durata ignota ed un esame del LCR nella norma possono essere trattati con benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI alla settimana per 3 settimane. I pazienti che presentano un LCR compatibile con neurosifilide devono essere gestiti e trattati come pazienti con diagnosi di neurosifilide (vedi Neurosifilide). Follow-up I pazienti devono essere valutati clinicamente e sierologicamente al 6°, 12°, 18° e 24° mese dopo il trattamento. Nel caso di sviluppo, in ogni momento, di sintomi clinici o nel caso si rilevi un incremento di 4 volte del titolo dei test nontreponemici, è necessario ripetere una valutazione del LCR a cui deve seguire un trattamento a seconda del risultato. Se durante i 12-24 mesi dopo il trattamento non si ri- A tutte le gravide deve essere fatta la sierologia per sifilide durante le prime settimane di gravidanza. La maggioranza degli Stati permette lo screening sierologico della sifilide durante la prima visita prenatale della gravida. Lo screening prenatale è effettuato con i tests sierologici nontreponemici, sebbene in alcune aree siano stati utilizzati test sierologici treponemici. Un test sierologico treponemico positivo eseguito durante uno screening deve essere confermato con un test nontreponemico e quantitativo. Nelle popolazioni in cui la cura prenatale non è ottimale, al momento del riscontro della gravidanza viene effettuato un test RPRcard di screening e, in caso questo risulti positivo, il conseguente trattamento. Per le popolazioni in cui la prevalenza della sifilide è elevata o per pazienti definibili ad elevato rischio, il test sierologico deve essere effettuato due volte durante il terzo trimestre: tra la 28° e la 32° settimana di gestazione e al momento del parto. Ad ogni donna che partorisce un feto morto dopo la 20° settimana di gestazione deve essere offerto il test sierologico per la sifilide. Nessun neonato deve lasciare l’ospedale senza che la rispettiva madre abbia effettuato almeno una volta durante la gravidanza un esame sierologico per sifilide. Considerazioni diagnostiche Gravide con una sierologia per sifilide positiva devono essere considerate malate a meno che sia documentata da un medico una storia di adeguato trattamento e che sequenziali titoli anticorpali della sierologia siano progressivamente in calo. Bassi titoli anticorpali (serofast) possono non richiedere un trattamento; tuttavia, persistenti elevati titoli anticorpali possono indicare una nuova infezione e richiedere il trattamento. Terapia La penicillina è efficace per prevenire la trasmissione materno-fetale dell’infezione e per trattare l’infezione fetale. Non esistono dati di evidenza sufficienti per determinare specifici regimi terapeutici a base di penicillina ottimali. Pertanto, il trattamento durante la gravidanza deve includere l’utilizzo della penicillina al dosaggio richiesto per quello specifico stadio della malattia. Altre considerazioni gestionali Alcuni specialisti raccomandano una terapia addizionale per le gravide in alcune aree (ad es. una seconda dose di benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo da somministrarsi 1 settimana dopo la somministrazione della singola dose nella sifilide primaria, secondaria o sifilide latente precoce). Durante la seconda metà della gravidanza, la gestione della sifilide può essere facilitata da un esame ecografico per sifilide congenita, 9 sebbene questo esame non debba ritardare il trattamento. Segni ecografici di sifilide placentare o fetale (ad es. epatomegalia, ascite, idrope, ispessimento della placenta) indicano un maggiore rischio di fallimento terapeutico fetale; tali casi devono essere gestiti in comune con un specialista ostetrico. Non esistono dati di evidenza sufficienti per consigliare specifici regimi terapeutici in tale situazione. Donne trattate per sifilide durante la seconda metà della gravidanza sono a maggior rischio di parto pretermine e/o distress fetale, se il trattamento provoca la reazione di Jarisch-Herxhimer. Queste donne devono essere informate di recarsi dopo il trattamento presso un ostetrico, in caso di comparsa di contrazioni o se non si rilevano più movimenti fetali. La nascita di un feto morto rappresenta una rara complicanza del trattamento, ma non deve ritardare l’inizio della terapia. A tutte le gravide con sifilide deve essere offerto il test dell’HIV. Allergia alla penicillina Per il trattamento della sifilide durante la gravidanza non ci sono terapia alternative alla penicillina. Le gravide con una storia di allergia alla penicillina devono essere desensibilizzate e trattate con penicillina. I test cutanei possono essere utili. Le tetracicline e la doxiciclina non sono utilizzate durante la gravidanza. L’eritromicina non deve essere usata poiché non cura l’infezione fetale. I dati sono insufficienti per raccomandare l’azitromicina o il ceftriaxone per il trattamento della infezione materna e per prevenire la sifilide congenita. Infezione da HIV L’infiammazione della placenta derivata dall’infezione congenita può aumentare il rischio di trasmissione perinatale di HIV. Tutte le donne con infezione da HIV devono essere valutate per escludere la diagnosi di sifilide e in caso contrario trattate. I dati sono insufficienti per consigliare uno specifico regime terapeutico. Follow-up La coordinazione di una corretta cura prenatale e di un successivo follow-up è essenziale. I titoli sierologici devono essere ripetuti tra la 28° e la 32° settimana di gestazione, al momento del parto, e a seconda delle raccomandazioni per ogni stadio della malattia. I titoli anticorpali possono essere controllati ogni mese nelle donne ad elevato rischio di nuova infezione o in aree geografiche in cui la prevalenza della sifilide risulta elevata. La risposta clinica e sierologica deve essere appropriata per lo stadio della malattia. La maggioranza delle donne partoriranno prima che la risposta sierologica al trattamento sia valutabile definitivamente. Un trattamento materno inadeguato è possibile se il parto avviene entro 30 giorni dall’inizio della terapia, se segni e sintomi della malattia sono ancora presenti al momento del parto o se il titolo anticorpale è 4 volte più elevato rispetto al titolo riscontrato prima del trattamento. 10 PATOLOGIE CARATTERIZZATE DALLA SECREZIONE VAGINALE GESTIONE DEI PAZIENTI CHE PRESENTANO UNA INFEZIONE VAGINALE Le vaginiti sono caratterizzate da una secrezione vaginale (leucorrea) e/o prurito e irritazione vulvare ed un odore vaginale può essere presente. Le tre malattie più frequentemente associate con la leucorrea sono la vaginosi batterica (alterazione della normale flora vaginale con incremento della presenza di microrganismi anaerobi, mycoplasma e Gardnerella vaginalis), la tricomoniasi (T. vaginalis) e la candidasi (solitamente causata dalla Candida albicans). Le cerviciti possono qualche volta causare una leucorrea. Sebbene la candidasi vulvovaginale (VVC) non è trasmessa per via sessuale, è inclusa in questo paragrafo poiché è un problema frequentemente riportato dalle donne valutate per una MST. Vari metodi diagnostici sono disponibili per l’identificazione dell’eziologia di una secrezione vaginale abnorme. I test di laboratorio non permettono l’identificazione della causa della vaginite in una minoranza di donne. La causa dei sintomi vaginali può essere determinata dal pH e dall’esame microscopico di campioni a fresco della secrezione vaginale. Il pH delle secrezioni vaginali può essere determinato da un misuratore di pH; un elevato pH (ad es. > 4.5) è comune nella vaginosi batterica e nella tricomoniasi ma può non essere sufficientemente specifico. La leucorrea può essere esaminata diluendo una parte del campione in uno o due gocce di soluzione salina 0.9% su un vetrino (soluzione A) ed un seconda parte del campione in una soluzione di idrossido di potassio (KOH) 10% (soluzione B). Immediatamente dopo l’aggiunta di KOH il riscontro di un odore caratteristico (amine odor) suggerisce la diagnosi di vaginosi batterica. Una volta applicato due vetrini coprioggetto sopra i due campioni (soluzione A e B), questi possono essere osservati al microscopio. Tale indagine effettuata sul primo campione (soluzione A) permette più facilmente il riscontro del T. vaginale mobile o delle clue cells (cellule epiteliali con i bordi riempiti di piccoli germi), quest’ultime caratteristiche della vaginosi batterica. La presenza dei leucociti senza evidenza del T. vaginalis o di funghi è solitamente suggestiva di cervicite. I funghi o pseudoife della Candida spp. sono più facilmente identificabili nel campione contenete KOH (soluzione B). Tuttavia, l’assenza del T. vaginalis o delle pseudoife non esclude completamente la possibilità che questi patogeni siano presenti poiché diversi studi hanno dimostrato la loro presenza mediante la coltura o l’utilizzo della PCR dopo una diagnosi microscopica negativa. La presenza di segni obiettivi di infiammazione vulvare in assenza di patogeni vaginali, insieme alla presenza di leucorrea, suggerisce la possibilità di una irritazione vulvare di tipo meccanico, chimico, allergico e comunque di una irritazione vulvare non infettiva. L’esame colturale per la ricerca del T. vaginalis è più sensibile dell’esame microscopico. In aree dove il microscopio non è accessibile, tests alternativi possono essere utilizzati per la diagnostica delle vaginiti. VAGINOSI BATTERICA La vaginosi batterica è una sindrome clinica polimicrobica derivata dalla sostituzione della normale flora batterica vaginale costituita dai Lactobacillus sp. produttori di H2O2 con una elevata concentrazione di batteri anaerobi (ad es. Prevotella sp. e Mobiluncus sp.), G. vaginalis e Mycoplasma hominis. La vaginosi batterica rappresenta la prevalente causa di leucorrea o odore sgradevole vaginale; tuttavia, più del 50% delle donne con vaginosi batterica sono asintomatiche. La causa della alterazione microbiologica non è completamente nota. La vaginosi batterica è associata con fattori di rischio quali ad esempio avere più partner sessuali, un nuovo partner sessuale, il lavaggio delle aree genitali (douching) e la perdita dei lattobacilli vaginali; non è ancora certo se la vaginosi batterica viene acquisita per via sessuale. Donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali raramente soffrono di vaginosi batterica. Il trattamento del partner sessuale non comporta un effetto benefico per la prevenzione degli episodi ricorrenti di vaginosi batterica. Considerazioni diagnostiche La vaginosi batterica può essere diagnosticata utilizzando criteri clinici o mediante la colorazione Gram delle secrezioni. I criteri clinici richiedono tre dei seguenti sintomi o segni: Secrezione vaginale chiarabianca omogenea, sottile, che riveste uniformemente le pareti vaginali • Presenza all’esame microscopico delle clue cells nella secrezione • pH > 4.5 delle secrezioni vaginali • odore caratteristico di pesce (fishy odor) delle secrezioni vaginali prima o dopo l’aggiunta di KOH 10% (whiff test) Quando viene utilizzato l’esame microscopico con colorazione Gram, il metodo di laboratorio gold standard per la diagnosi di vaginosi batterica è considerato la determinazione della concentrazione relativa dei lattobacilli (lunghi bacilli Gram positivi), la presenza dei bacilli e cocchi Gram negativi e Gram variabili (ad es. G. vaginalis, Prevotella, Porphyromonas, peptostreptococchi) e dei bacilli ricurvi Gram negativi (Mobiluncus), caratteristici di tale dismicrobismo. L’esame colturale non è raccomandato per la diagnosi della G. vaginalis poiché non è un test specifico. Tuttavia, un test PCR basato su un’elevata concentrazione di G. vaginalis (AffirmTM VP III, Necton Dickinson , Sparks, Maryland) può avere un’utilità clinica. Il Paptest cervicale non ha alcuna utilità per la diagnosi della vaginosi batterica a causa della sua bassa sensibilità. Altri test commercializzati possono essere utili per la diagnosi di vaginosi batterica: test per l’identificazione di un elevato pH, della trimethylamina (QuickVue Advance Quidel, San Diego, California) e della prolineaminopeptidase (Pip Activity TestCardTM, Quidel, San Diego, California). • Terapia I benefici riconosciuti della terapia della vaginosi batterica nelle donne non gravide sono: 1) riduzione dei sintomi e dei segni vaginali dell’infezione 2) riduzione del rischio di complicanze infettive dopo un aborto o un’isterectomia. Altri potenziali benefici possono includere una riduzione del rischio per altre infezioni (ad es. infezione da HIV e altre MST). Tutte le donne con una vaginosi batterica sintomatica necessitano della terapia. La vaginosi batterica durante la gravidanza è associata a eventi avversi (outcome): rottura prematura delle membrane, parto pretermine, infezione intraamniotica, endometriti postpartum. Il beneficio riconosciuto della terapia della vaginosi batterica nelle gravide è la riduzione dei sintomi e dei segni vaginali dell’infezione. Altri potenziali benefici possono includere: 1) riduzione del rischio di complicanze infettive associate alla vaginosi batterica durante la gravidanza 2) riduzione del rischio per altre infezioni (ad es. infezione da HIV e altre MST). I risultati di diversi studi indicano che il trattamento delle gravide con vaginosi batterica che sono a maggiore rischio di parto pretermine (ad es. quelle che hanno precedentemente partorito prematuramente) può ridurre il rischio di prematurità. Quindi, i medici devono considerare di indagare la presenza di vaginosi batterica nelle gravide ad elevato rischio e di trattare quelle con vaginosi batterica asintomatica. La flora batterica che caratterizza la vaginosi batterica è stata riscontrata nell’endometrio e nelle salpingi delle donne che hanno una diagnosi di malattia infiammatoria pelvica (MIP). La vaginosi batterica è stata associata a endometriti, MIP, celluliti vaginali dopo procedure invasive quali: biopsia endometriale, isterectomia, isterosalpingografia, inserimento di uno IUD, taglio cesareo, revisione uterina. I risultati di 2 studi trials randomizzati controllati hanno indicato che il trattamento di una vaginosi batterica con il metronidazolo riduce sostanzialmente la comparsa della MIP dopo un aborto. Tre trials clinici che hanno valutato 11 l’utilizzo di una copertura antibiotica antianaerobi (ad es. metronidazolo) come profilassi chirurgica prima di un aborto e 7 trials che hanno valutato la copertura antibiotica per donne che andavano incontro ad una isterectomia hanno dimostrato una riduzione sostanziale delle complicanze infettive post-chirurgiche. A causa di un aumentato rischio di complicanze infettive post-chirurgiche associate alla vaginosi batterica, alcuni specialisti raccomandano che le donne che devono subire un intervento di aborto o di isterectomia, devono essere valutate ed eventualmente trattate per vaginosi batterica in aggiunta alla profilassi antibiotica solitamente utilizzata. Tuttavia, maggiori informazioni sono necessarie prima di raccomandare il trattamento della vaginosi batterica asintomatica prima di altre procedure invasive. (Tabella 10) Le pazienti devono essere informate di non assumere alcool durante il trattamento con metronidazolo e nelle 24 h successive. La crema di clindamicina è a base di olio e può alterare il condom in latex e il diaframma fino a 5 giorni dopo il suo utilizzo. E’ necessario rivolgersi i produttori della clindamicina per ulteriori informazioni. Le preparazioni topiche di clindamicina non devono essere usate nella seconda metà della gravidanza. I trattamenti consigliati a base di metronidazolo hanno la stessa efficacia. Il trattamento con clindamicina intravaginale può essere meno efficace dei trattamenti a base di metronidazolo. Un trial randomizzati che ha valutato l’efficacia clinica del metronidazolo gel 0.75% intravaginale somministrato una volta al giorno rispetto a due volte al giorno ha dimostrato gli stessi tassi di cura 1 mese dopo la terapia. Il metronidazolo 2 g per os in singola somministrazione ha minore efficacia per il trattamento della vaginosi batterica e non è più raccomandato. La FDA ha approvato le compresse di metronidazolo 750 mg a lento rilascio da somministrare una sola volta al giorno per 7 giorni e la singola dose intravaginale di clindamicina crema. Non esistono dati pubblicati che confrontano i risultati microbiologici e clinici ottenuti con questi trattamenti rispetto agli altri regimi consigliati. I tassi di cura non differiscono tra la clindamicina crema intravaginale e gli ovuli. Diversi studi hanno valutato l’efficacia microbiologica e clinica dell’utilizzo delle supposte intravaginali di lattobacilli per restaurare la flora vaginale e trattare la vaginosi batterica. Tuttavia, non è stata dimostrata la superiorità microbiologica e clinica dell’utilizzo per un mese delle supposte di lattobacilli attualmente disponibili rispetto al placebo. Non esistono dati che supportano l’utilizzo del douching per la riduzione dei sintomi. Non è necessario effettuare un follow-up clinico se i sintomi scompaiono. Poiché la ricorrenza della Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Metronidazolo x os 500 mg ogni 12 h 7 giorni Metronidazolo topico intravaginale gel 0.75% singola somm. (5g) 5 giorni topico intravaginale crema 2% singola somm. (5g) 7 giorni Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Clindamicina x os 300 mg ogni 12 h 7 giorni Clindamicina ovuli intravaginali ovuli 100 g prima di coricarsi 3 giorni 12 Management dei partner sessuali I risultati ottenuti dai trials clinici indicano che la risposta alla terapia e la probabilità di recidivare o ricorrere non dipendono dal trattamento del partner sessuale. Quindi, il trattamento sistematico del partner non è raccomandato. Allergia o intolleranza alla terapia raccomandata La clindamicina in crema intravaginale è preferita in caso di allergia o intolleranza al metronidazolo. Il metronidazolo gel intravaginale può essere considerato per i pazienti che non tollerano il metronidazolo per via sistemica, sebbene i pazienti allergici al metronidazolo per os non devono essere trattati con il metronidazolo intravaginale. Follow-up Tabella 10 Clindamicina vaginosi batterica è rara, le donne devono essere informate di ritornare in caso di ricorrenza dei sintomi per effettuare una terapia aggiuntiva. Un trattamento differente può essere utilizzato rispetto al trattamento iniziale in questo caso. Tuttavia, le donne con numerose ricorrenze devono essere inviate dallo specialista. Un trial randomizzato sulla vaginosi batterica persistente indica che il metronidazolo gel 0.75% applicato due volte alla settimana per 6 mesi in seguito al trattamento consigliato è efficace nel mantenere un tasso di cura clinico per 6 mesi. Gravidanza Tutte le gravide che hanno una malattia sintomatica devono essere trattate. La vaginosi batterica è associata alla rottura prematura delle membrane, corioamniositi, travaglio e parto pretermine, infezione intraamniotica, endometrite postpartum e infezione della ferita chirurgica dopo il parto cesareo. Alcuni specialisti preferiscono l’utilizzo della terapia sistemica per trattare una possibile infezione del tratto genitale superiore subclinico. Il trattamento della vaginosi batterica asintomatica della gravida ad elevato rischio per il parto pretermine (ad esempio quelle gravide che hanno già avuto un precedente parto pretermine) con un trattamento orale ha ridotto il tasso di prematurità secondo il risultato ottenuto in 3 su 4 trials randomizzati e controllati; alcuni specialisti raccomandano lo screening ed il trattamento orale di queste donne. Tuttavia, il trattamento ottimale non è stato stabilito. Lo screening (se condotto) ed il trattamento devono essere effettuati durante la prima visita ginecologica. Due trials hanno valutato l’efficacia del metronidazolo durante la gravidanza usando un trattamento con metronidazolo 250 mg. Tuttavia, alcuni specialisti raccomandano nelle gravide l’utilizzo di un regime a base di metronidazolo 500 mg due volte al giorno. Un piccolo trial dimostra che il trattamento con il metronidazolo 500 mg per os due volte al giorno era ugualmente efficace che un trattamento con metronidazolo gel, con un tasso di cura del 70%. Tuttavia, questi regimi non sono efficaci nel ridurre il parto pretermine in ogni gruppo di donne. Diversi studi e meta-analisi hanno dimostrato una associazione tra l’utilizzo del metronidazolo durante la gravidanza e gli effetti teratogeni o mutogeni nei neonati. (Tabella 11) Non è chiaro se il trattamento delle gravide asintomatiche con vaginosi batterica a basso rischio per parto pretermine riduce il rischio di effetti avversi (outcome) durante la gravidanza. Un trial in cui la terapia orale con clindamicina veniva usata ha dimostrato una riduzione del parto pretermine. Diver- si trials hanno valutato l’utilizzo intravaginale della clindamicina durante la gravidanza per la riduzione del rischio di parto pretermine e per il trattamento della vaginosi batterica asintomatica. Un trial in cui le donne erano trattate prima della 20° settimana di gestazione ha dimostrato una riduzione del rischio di parto pretermine. In altri 3 trials, l’applicazione intravaginale della clindamicina crema è avvenuta nel periodo compreso tra la 16-32° settimana di gestazione ed un incremento di eventi avversi (nascita di neonato con basso peso ed infezione neonatale) è stata osservata nei neonati. Quindi, la clindamicina crema somministrata per via intravaginale deve essere utilizzata solo nella prima metà della gravidanza. Follow-up in gravidanza Il trattamento della vaginosi batterica nelle gravide asintomatiche che sono ad elevato rischio di parto pretermine possono prevenire eventi avversi (outcomes) durante la gravidanza. In questo caso, il follow-up al primo mese dopo il termine della terapia deve essere considerato per valutare se la terapia è efficace. Infezione da HIV I pazienti con vaginosi batterica ed infezione da HIV devono ricevere lo stesso trattamento di quelli che non hanno l’infezione da HIV. La vaginosi batterica appare essere più persistente nelle donne con infezione da HIV. TRICOMONIASI La tricomoniasi è causata dal protozoo T. vaginalis. Alcuni uomini infettati dal T. vaginalis possono Tabella 11 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Metronidazolo x os 500 mg ogni 12 h 7 giorni Metronidazolo x os 250 mg ogni 8 h 7 giorni Clindamicina x os 300 mg ogni 12 h 7 giorni non presentare alcun sintomo, altri presentano un’uretrite definita NGU (uretrite non gonococcica). La maggioranza delle donne presentano sintomi caratterizzati da una abbondante leucorrea maleodorante, giallo-verdastra, con irritazione vulvare. Tuttavia, alcune donne possono non presentare alcun sintomo. La diagnosi della tricomoniasi è solitamente effettuata mediante la valutazione microscopica della secrezione vaginale, sebbene la sensibilità di tale metodica risulta del 60-70% e richiede una analisi più approfondita del vetrino. Altri test approvati dalla FDA per la diagnosi della tricomoniasi nelle donne includono: OSOM Trichomonas Rapid Test (Genzyme Diagnostics, Cambridge, Massachusetts), un test immunocromatografico, e SffirmTM VP III (Becton Dickenson, San Jose, California), un test si amplificazione genica che valuta la presenza del T. vaginalis, G. vaginalis e C. albicans. Tali test vengono effettuati sulla secrezione vaginale ed hanno una sensibilità >83% ed una specificità >97%. Entrambi i test sono test diagnostici point-of-care. I risultati del OSOM Trichomonas Rapid Test sono disponibili in 10 minuti, mentre i risultati del test SffirmTM VP III sono disponibili in 45 minuti. Sebbene tali tests tendano ad essere più sensibili rispetto alla valutazione microscopica della secrezione vaginale, essi possono presentare molti falsi positivi, soprattutto nelle popolazioni a bassa prevalenza di infezione. L’esame colturale è il test commercializzato più sensibile e specifico. Nelle donne in cui si sospetta la tricomoniasi in cui l’ipotesi non è confermata dall’esame microscopico, è necessario richiedere l’esame colturale della secrezione vaginale. Nell’uomo, la diagnosi microscopica non è sensibile, pertanto, per aumentare la sensibilità è necessario effettuare l’esame colturale del tampone uretrale, delle urine e del liquido spermatico. 13 Una PCR approvata dalla FDA per la diagnosi di T. vaginalis non è disponibile negli Stati Uniti, ma tale test può essere disponibile in laboratori commerciali che hanno creato una loro PCR. (Tabella 12) I pazienti devono essere informati di non assumere alcool durante il trattamento con metronidazolo o tinidazolo. L’astensione all’alcool deve essere continuata per 24 h dopo il completamento del trattamento con metronidazolo e per 72h in caso di trattamento con il tinidazolo. I nitroimidazoli rappresentano l’unica classe di farmaci utilizzati per il trattamento orale o parenterale della tricomoniasi. Di questi farmaci, il metronidazolo ed il tinidazolo sono disponibili negli Stati Uniti e sono stati approvati dalla FDA per il trattamento della tricomoniasi. In trial randomizzati, i regimi con metronidazolo raccomandati hanno permesso tassi di cura di 90-95%, mentre quelli a base di tinidazolo hanno permesso tassi di cura di 86-100%. Il trattamento appropriato anche dei partners può aumentare il valore dei tassi di cura. Trials randomizzati controllati che hanno confrontato l’utilizzo della singola dose di metronidazolo e del tinidazolo suggeriscono che quest’ultimo è equivalente, o superiore, al metronidazolo per quanto riguarda la risoluzione dei sintomi ed il tasso di cura. Il trattamento dei pazienti e dei partners sessuali permette la risoluzione dei sintomi, la cura microbiologica e la riduzione del rischio di trasmissione. Il trattamento con metronidazolo gel rispetto alla preparazione orale risulta meno efficace per il trat- tamento della tricomoniasi (<50%). Gli antimicrobici topici (ad es. metronidazolo gel) non raggiungono livelli terapeutici nell‘uretra e nelle ghiandole perivaginali; quindi, l’utilizzo del gel non è raccomandato. Diversi altri antimicrobici applicati per via topica occasionalmente sono stati usati per il trattamento della tricomoniasi; tuttavia, queste preparazioni probabilmente non hanno una maggiore efficacia rispetto al metronidazolo gel. con entrambi i trattamenti, i medici possono consigliare il trattamento con tinidazolo o metronidazolo a 2 g per 5 giorni. Se queste terapie non sono efficaci, la gestione deve essere discussa con uno specialista. La valutazione deve includere la determinazione della suscettibilità del T. vaginalis al metronidazolo ed al tinidazolo. La valutazione e il test di suscettibilità di T. vaginalis è disponibile sul sito dei CDC (http://www.cdc.gov/std; tel: 770-488-4115) Follow-up Management dei partner sessuali Non è necessario effettuare un follow-up per gli uomini e le donne che diventano asintomatici dopo il trattamento o che inizialmente erano asintomatici. Alcuni ceppi di T. vaginalis possono avere una ridotta suscettibilità al metronidazolo; tuttavia, le infezioni causate da questi organismi rispondono al tinidazolo o ad un dosaggio maggiore di metronidazolo. Bassi livelli di resistenza al metronidazolo sono stati identificati nel 2-5% dei casi di tricomoniasi vaginale. Elevati livelli di resistenza sono rari. Il tinidazolo ha un emivita sierica più lunga e raggiunge elevati livelli nei tessuti genito-urinari rispetto al metronidazolo. Inoltre, molti isolati di T. vaginalis hanno una minore concentrazione minima inibente (MIC) al tinidazolo rispetto al metronidazolo. Se il fallimento terapeutico avviene con il trattamento di metronidazolo 2 g in singola dose e la reinfezione viene esclusa, il paziente può essere trattato con metronidazolo 500 mg per os due volte al giorno per 7 giorni o tinidazolo 2 g per 5 giorni. Per i pazienti che falliscono Tabella 12 Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Metronidazolo x os 2g Singola dose Tinidazolo x os 2g Singola dose Farmaco di Iª scelta Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Metronidazolo x os 500 mg ogni 12 h 7 giorni 14 I partners sessuali del paziente affetto da tricomoniasi devono essere trattati. I pazienti devono essere istruiti su come evitare rapporti sessuali fino a che essi ed i loro partner sessuali non siano curati (quando la terapia è stata completata ed il paziente ed i partners risultano asintomatici). Allergia o intolleranza alla terapia raccomandata Il metronidazolo ed il tinidazolo sono entrambi nitroimidazoli. I pazienti con una allergia tipo immediata ai nitroimidazoli possono essere gestiti con una desensibilizzazione dopo valutazione specialistica. La terapia topica con farmaci diversi dai nitroimidazoli possono essere tentati, sebbene i tassi di cura risultino inferiori (< 50%). Gravidanza La tricomoniasi vaginale è stata associata con eventi avversi (outcomes) in gravidanza, in particolare: rottura prematura delle membrane, parto pretermine, basso peso alla nascita. Tuttavia, i dati non suggeriscono che il trattamento con il metronidazolo ottenga una riduzione della morbilità perinatale. Sebbene alcuni trials suggeriscono la possibilità di un incremento dei casi di prematurità o di basso peso alla nascita dopo un trattamento con metronidazolo, i limiti degli studi non permettono delle conclusioni definitive riguardo i rischi del trat- tamento. Il trattamento dell’infezione da T. vaginalis può permettere la riduzione dei sintomi vaginali nelle gravide, può prevenire l’infezione respiratoria e genitale del neonato ed la successiva trasmissione sessuale. I medici devono informare le pazienti riguardo i potenziali rischi e benefici del trattamento. Alcuni specialisti posticipano la terapia nelle gravide asintomatiche fino a superare la 37° settimana di gestazione. Queste gravide devono essere informate riguardo l’utilizzo del condom e del rischio continuo di trasmissione sessuale. Le donne possono essere trattate con metronidazolo 2 g in singola dose. Il metronidazolo fa parte dei farmaci che in gravidanza sono definiti nella categoria B (studi su animali non hanno rilevato una evidenza di danneggiare il feto, sebbene non siano stati condotti degli studi controllati nelle gravide). Numerosi studi e meta-analisi non hanno dimostrato una associazione consistente tra l’utilizzo del metronidazolo durante la gravidanza e gli effetti teratogeni e mutageni nei neonati. Il tinidazolo fa parte dei farmaci che in gravidanza sono definiti nella categoria C (studi su animali hanno dimostrato eventi avversi, e non adeguati studi controllati sono stati condotti nelle gravide), la sua tollerabilità nelle gravide non è stata valutata correttamente. Nelle donne in allattamento a cui è stato somministrato il metronidazolo non allattando durante l’assunzione della terapia e per 12-24 ore dopo l’ultima dose evitano l’esposizione del metronidazolo al neonato. Durante l’assunzione del tinidazolo, è necessario interrompere l’allattamento fino a 3 giorni dopo l’ultima dose del farmaco. ne con infezione da HIV non sono correlate con il loro stato immunitario. CANDIDIASI VULVO-VAGINALE (CVV) La CVV è solitamente causata da C. albicans ma occasionalmente è causata da altre specie di Candida o altri funghi. I tipici sintomi della CVV includono il prurito, dolore vaginale, dispareunia, disuria esterna, leucorrea. Nessuno di questi disturbi è specifico per la CVV. Si stima che circa il 75% delle donne abbia avuto almeno un episodio di CVV nella propria vita e che il 40-45% avrà almeno due o più episodi. Sulla base della presentazione clinica, dell’esame microbiologico, dei fattori dell’ospite e della risposta alla terapia, la CVV può essere classificata come non complicata o complicata. Circa il 10-20% delle donne avrà una CVV complicata. (Tabella 13) CVV non complicata Considerazioni diagnostiche della CVV non complicata La diagnosi di vaginite da Candida viene suggerita clinicamente dalla presenza di disuria esterna, prurito vulvare, dolore, edema e arrossamento. I segni includono un edema vulvare, fissurazioni, escoriazioni o una secrezione vaginale spessa dall’aspetto caratteristico “simil ricotta”. La diagnosi può essere fatta in una donna che ha segni e sintomi di vaginite in caso di 1) presenza di spore o pseudoife nella secrezione vaginale sia all’esame microscopico a fresco (con soluzione fisiologica o KOH 10%) sia dopo colorazione Gram 2) esame colturale o altri test positivi per Candida spp. La vaginite da Candida è associata ad un pH vaginale normale (inferiore 4.5). L’utilizzo dell’KOH 10% nella secrezione vaginale migliora la visualizzazione delle spore e dei miceli, in quanto rompe il materiale cellulare che potrebbe oscurare i funghi. L’esame della secrezione vaginale con l’KOH 10% deve essere effettuata su tutte le donne con sintomi e segni di CVV e quelle che risultano positive devono essere trattate. Per le donne in cui l’esame microscopico risultasse negativo, è necessario effettuare l’esame colturale. Se l’esame colturale non può essere effettuato, e le donne presentano segni di CVV con esame microscopico negativo, deve essere considerato un trattamento empirico. L’identificazione della Candida spp. mediante l’esame colturale in assenza di sintomi e segni non è una indicazione ad effettuare la terapia in quanto circa il 10-20% delle donne presentano la Candida spp. ed altri funghi a livello vaginale. CVV può essere presente insieme a delle MST. La maggioranza delle donne sane con una CVV non complicata non presentano un fattore precipitante l’episodio. Terapia Trattamenti brevi con formulazioni topiche permettono il trattamento della CVV non complicata. Gli azoli applicati per via topica sono più efficaci rispetto alla nistatina. Il trattamento con gli azoli permette la scomparsa dei sintomi e la negativizzazione dell’esame colturale nel 80-90% delle pazienti che completano la terapia. (Tabella 14) Tabella 13 Infezione da HIV CVV non complicata CVV complicata I pazienti con tricomoniasi ed infezione da HIV devono ricevere lo stesso trattamento di quelli che non hanno l’infezione da HIV. L’incidenza, la persistenza e la ricorrenza della tricomoniasi nelle don- CVV sporadica o rara CVV ricorrente CVV lieve-moderata CVV severa Probabilmente causata dalla Candida albicans Candidasi causata da specie di Candida non albicans Donne con diabete non controllato, debilitate, immunodepresse, gravide Donna non immunocompromessa 15 Le creme o le supposte essendo a base di olio possono alterare il condom in latex ed il diaframma. E’ necessario rivolgersi ai produttori del condom per ulteriori informazioni. Le preparazioni intravaginale di butaconazolo, clotrimazolo, miconazolo e tioconazolo sono farmaci da banco. Le donne a cui è stata precedentemente fatta diagnosi di CVV non sono necessariamente più capaci a riconoscere la malattia e fare diagnosi; quindi, ogni donna i cui sintomi persistono dopo l’utilizzo di una preparazione da banco o che hanno una ricorrenza dei sintomi nei successivi 2 mesi, devono essere valutate con esami specifici. Un utilizzo non necessario o improprio dei prodotti da banco è comune e può portare ad un ritardo nel trattamento di altre eziologie di vulvo-vaginiti, con conseguenti diversi eventi avversi (outcome) clinici. Follow-up Le pazienti devono essere informate di ritornare al follow-up solo se i sintomi persistono o ricorrono nei 2 mesi successivi l’inizio dei sintomi. Management dei partner sessuali La CVV non è solitamente acquisita per via sessuale; il trattamento dei partners sessuali non è consigliato ma può essere considerato nelle donne con una infezione ricorrente. Una minoranza dei partners sessuali uomini possono avere una balanite, la quale è caratterizzata da aree eritematose del glande in associazione a prurito o irritazione. Questi uomini beneficiano del trattamento con farmaci antifungini topici. Allergia o intolleranza alla terapia raccomandata I farmaci topici solitamente non provocano effetti avversi sistemici, sebbene possa comparire un irritazione o bruciore vulvare. I farmaci assunti per via orale occasionalmente sono causa di cefalea, nausea e dolore addominale. La terapia con azoli per via orale sono stati raramente associati con un abnorme incremento degli enzimi epatici. Clinicamente, importanti interazioni possono avvenire quando queste sostanze vengono somministrate con altri farmaci: astemizoli, antagonisti dei canali del calcio, cisapride, cumadin, ciclosporina A, ipoglicemizzanti orali, fenitoina, inibitori delle proteasi, tacrolimus, terfenadine, teofillina, trimetraxate e rifampicina. CVV complicata Candidasi vulvo-vaginale ricorrente (CVVR) La CVVR, solitamente definita quando in 1 anno vengono riportati 4 o più episodi di CVV sintomatica, è riportata da una piccola percentuale di donne (<5%). La patogenesi della CVVR è scarsamente riconosciuta, e la maggioranza delle donne con una CVVR non ha Tabella 13 16 Farmaco topici Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Butoconazolo topico intravaginale crema 2% singola somm. (5 g) 3 giorni Butoconazolo topico intravaginale crema 2% singola somm. (5 g) singola applicazione Clotrimazolo topico intravaginale (Butaconazolo 1 sustained release) 7-14 giorni Clotrimazolo tavolette intravaginali crema 1% singola somm. (5 g) 7 giorni Clotrimazolo tavolette intravaginali tavolette 100 mg 3 giorni Miconazolo topico intravaginale tavolette 100 mg x 2 7 giorni Miconazolo supposte intravaginali crema 2% singola somm. (5 g) 7 giorni Miconazolo supposte intravaginali supposte 100 mg 3 giorni Miconazolo supposte intravaginali supposte 200 mg singola dose Nistatina tavolette intravaginali supposte 1,200 mg 14 giorni Tioconazolo topico intravaginale tavolette vaginali 100,000 U singola dose Terconazolo topico intravaginale unguento 6.5% singola somm. (5 g) 7 giorni Terconazolo topico intravaginale crema 0.4% singola somm. (5 g) 3 giorni Terconazolo supposte eintravaginali crema 0.8% singola somm. (5 g) 3 giorni Farmaco sistemici Modalità di somministrazione Dosaggio Durata del trattamento Fluconazolo x os 150 mg Singola dose condizioni predisponenti. L’esame colturale deve essere ottenuto nelle pazienti con CVVR per permettere di confermare la diagnosi clinica e per identificare le specie insolite, incluse le specie non albicans, in particolare la Candida glabrata (C. glabrata non forma le pseudoife o le ife e non è facilmente riconoscibile all’esame microscopico). La C. glabrata ed altre specie non albicans vengono osservate nel 10-20% dei pazienti con una CVVR. Le terapie antimicotiche convenzionali non sono efficaci contro queste specie rispetto alla C. albicans. mento dei partners sessuali è controverso. La resistenza della C. albicans è rara negli isolati vaginali, ed il test di suscettibilità non è garantito per la gestione terapeutica. Candidasi vulvo-vaginale severa La CVV severa (ad es. un eritema vulvare esteso, edema, escoriazioni, fissurazioni) è associata ai più bassi tassi di risposta clinica nei pazienti trattati con brevi trattamenti topici o orali. In questo caso viene raccomandato il trattamento con gli azoli topici o con il fluconazolo 150 mg in due dosi sequenziali (la seconda somministrazione 72 dopo) per una durata di 7 o 14 giorni. Terapia Ogni episodio individuale di VVCR causato dalla C. albicans risponde alla terapia topica con azoli o con un trattamento orale di breve durata. Tuttavia, per mantenere un controllo microbiologico e clinico, alcuni specialisti raccomandano una terapia iniziale di lunga durata (ad es. 7-14 giorni) di terapia topica o fluconazolo oppure la somministrazione di 100 mg, 150 mg, oppure 200 mg ogni terzo giorno per un totale di tre dosi (D1, D4, D7) per ottenere una remissione microbiologica prima di iniziare un trattamento antifungino di mantenimento. Candidasi vulvo-vaginale non albicans Il trattamento ottimale della CVV non albicans rimane sconosciuto. Opzioni includono di allungare la terapia (7-14 giorni) con un azolico differente dal fluconazolo (topico o per os) come prima linea. Se avviene la ricorrenza, viene raccomandato l’utilizzo dell’acido borico 600 mg capsule in gelatina da applicare per via vaginale una volta al giorno per 2 settimane. Questo trattamento ha dei tassi di eradicazione microbiologica e clinica intorno al 70%. Se i sintomi ricorrono è necessario inviare il paziente da uno specialista. I tassi di colonizzazione vaginale della Candida tra le donne con infezione da HIV sono maggiori rispetto alle donne sieronegative con caratteristiche demografiche simili ed un comportamento ad elevato rischio, e i tassi di colonizzazione correlano con l’incremento della gravità dell’immunodepressione. La CVV sintomatica è più frequente nelle donne sieropositive, in maniera simile, correla con la gravità dell’immunodepressione. Inoltre, tra le donne con infezione da HIV, l’esposizione sistemica agli azoli è associata con l’isolamento delle specie di Candida non albicans a livello vaginale. Basandosi sui dati disponibili, la terapia della CVV nelle donne con infezione da HIV non deve differire da quella utilizzata per le donne sieronegative. Sebbene una terapia profilattica long-term con il fluconazolo 200 mg una volta alla settimana sia efficace nel ridurre la colonizzazione da parte della C. albicans e l’emergenza della CVV sintomatica, questo regime non è consigliato rutinariamente come profilassi nelle donne HIV in assenza di ricorrenza CVV. Considerando la frequenza della CVVR nella popolazione sana immunocompetente la comparsa della CVVR non è considerata un’indicazione per l’esecuzione del test HIV. Terapia di mantenimento L’utilizzo del fluconazolo per via orale (ad es. una dose da 100 mg, 150 mg, oppure 200 mg) una volta alla settimana per 6 mesi è il trattamento di prima scelta. Se questo trattamento non è possibile, alcuni specialisti raccomandano l’utilizzo topico del clotrimazolo 200 mg due volte alla settimana, clotrimazolo supposte vaginali da 500 mg una volta alla settimana o altri trattamenti topici utilizzati in maniera intermittente. Le terapie antifungine di mantenimento sono efficaci nel ridurre la CVVR. Tuttavia, il 30-50% delle donne avrà una malattia ricorrente una volta che la terapia di mantenimento sarà sospesa. Il tratta- Paziente immunocompromesso Donne con una malattia debilitante (ad es. diabete non controllato o pazienti in trattamento cortisonico) non rispondono bene alle terapie brevi. E’ necessario cercare di correggere certe condizioni e prolungare (7-14 giorni) la terapia antifungina convenzionale. Gravidanza La CVV avviene frequentemente in gravidanza. E’ raccomandata esclusivamente la terapia topica con gli azoli applicata per 7 giorni. Infezione da HIV L’incidenza della CVV nelle donne con infezione da HIV è sconosciuta. 17 Marco Cusini°, Antonella Colombo°, Massimo Giuliani* °Centro MTS, UO Dermatologia, Fondazione Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena - Milano *Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate (MIPI) Istituto Superiore di Sanità, Roma. Report sul XXII Congresso IUSTI Europe Dal 17 al 21 Ottobre 2006 si è svolto a Versailles (Parigi) il XXII Meeting Europeo della IUSTI (International Union for Sexually Transmitted Infections). La IUSTI, attiva dal 1923, è la più antica tra le Società scientifiche internazionali nel campo delle Infezioni Sessualmente Trasmesse (STI), e si occupa degli aspetti scientifici, dei determinanti sociali e delle politiche sanitarie connessi con il controllo di queste infezioni. Il Congresso, che è stato presieduto da Michel Janier di Parigi e ha avuto in Wilhelm Van der Mejde di Rotterdam il Chairman del board scientifico, ha visto la partecipazione di circa 600 delegati, provenienti da tutti i continenti. Una prima sessione plenaria ha fatto il punto su importanti questioni di base oggi in questo ambito; dall’epidemiologia alla formazione degli specialisti, dalle politiche di screening a particolari approcci di gestione clinica dei pazienti. Argomenti questi che hanno subito incontrato grande interesse nei delegati. In apertura dei lavori, Keith Radcliffe di Birmingham ha tracciato un vasto panorama sui cambiamenti epidemiologici che le STI hanno mostrato recentemente in Europa, dove attualmente esistono profonde differenze nella loro circolazione fra i paesi dell’Unione e quelli dell’ex blocco sovietico. Nei primi, il tasso di incidenza delle STI ha fatto registrare un declino a partire dagli anni ’70 per tornare a crescere dalla metà degli anni ’90 e specialmente e in alcuni gruppi di popolazione; soprattutto maschi omosessuali. In questi individui si è registrata una particolare riemergenza delle 18 STI batteriche classiche, quali sifilide e gonorrea e sono numerose le segnalazioni in letteratura che indicano l’importanza del sesso orale in questa ripresa. Nei paesi dell’ex blocco sovietico, agli inizi del 21° secolo si è assistito invece ad una riduzione dell’incidenza delle STI classiche; verosimilmente a causa più di una minor efficienza dei sistemi di raccolta dei dati che di una reale riduzione delle incidenze. In questi paesi, alcuni rilievi suggeriscono come in questo fenomeno sembra avere un ruolo crescente il recente sviluppo della medicina privata. Ciò che preoccupa molto in questa area, e che sembra disconfermare pienamente il quadro riguardante le IST, è il dato secondo il quale negli ultimi anni si è registrata qui la più veloce crescita dell’incidenza dell’infezione da HIV del mondo intero. Il Dr. Toby Maurer di San Francisco è stato invitato a fare il punto sulla patologia dermatologica in corso di infezione da HIV e ha mostrato come tale quadro sia profondamente cambiato dopo l’avvento della terapia anti-retrovirale ad alta efficacia (HAART). Maurer ha spiegato come oggi la patologia dermatologica del paziente sieropositivo debba essere divisa in tre ambiti clinici: 1) le dermatosi che si riscontrano in fasi avanzate dell’infezione da HIV con un basso numero di linfociti CD4+; 2) le dermatosi che tendono a persistere nonostante la immunoricostituzione post-terapia; 3) le dermatosi da attribuire soprattutto all’uso della HAART. E’ evidente come questa classificazione tenga conto del ruolo del sistema immunitario e della terapia antiretrovira- le. La Dr. Nicole Low di Berna ha illustrato la situazione europea sui programmi di screening per l’infezione da C. trachomatis. I dati non sono stati confortanti; la maggior parte dei Paesi dell’Unione non ha protocolli nazionali di screening, né di notifica obbligatoria o sentinella, né conduce attività sistematiche di contact tracing dell’infezione clamidiale. Questo è allarmante anche in virtù dei dati che arrivano dalla Svezia dove i programmi di screening, attivi da più di vent’anni, mostrano un attuale aumento dell’incidenza delle infezioni. L’autrice ha inoltre auspicato lo sviluppo di programmi di intervento da parte dell’organismo comunitario competente per la prevenzione delle malattie infettive: l’European Centres for Disease Control (ECDC), e l’adozione di politiche comunitarie standard in questo settore rivolte alla popolazione di giovani donne. Al congresso grande spazio è stato dato all’aumentato rischio IST tra gli omosessuali maschi europei e il Dr. Sebastien Foueré di Parigi ha delineato il panorama del rischio in questa popolazione, focalizzando alcuni punti meritevoli di sviluppo e discussione: 1) massimizzare la riduzione del rischio in quei soggetti ben informati che comunque assumono comportamenti sessuali a rischio; 2) suggerire comportamenti sessuali a minor rischio piuttosto che un’attività sessuale completamente sicura ma di difficile attuazione; 3) migliorare la copertura degli screening anche diffondendo l’effettuazione di test HIV su saliva disponibili “over the counter”; 4) conoscere, misurare e controllare i determinanti psicologici nel comportamento omosessuale favorenti i comportamenti a rischio; 5) promuovere l’attività di centri clinici dedicati esclusivamente alla popolazione omosessuale pur considerando la potenziale discriminazione che ne potrebbe derivare. La Dr. Anna Wald di Seattle ha in seguito presentato un’interessante panoramica sull’interazione tra HIV e HSV in tutti i suoi aspetti, epidemiologici, clinici e biologici. E’ ormai noto come l’infezione erpetica a livello genitale sia ampiamente diffusa in tutto il mondo e che HSV è la più frequente causa di patologia ulcerativa genitale. L’aumento del rischio di acquisizione dell’infezione da HIV è di circa tre volte in presenza di HSV-2, probabilmente a causa del danno della barriera e del reclutamento di linfociti CD4+ in sede. L’infezione da HIV di contro, favorisce la riattivazione di HSV con recidive più frequenti e periodi più lunghi di shedding anche durante le fasi asintomatiche. Durante le recidive erpe- tiche sono stati dimostrati temporanei aumenti della viremia plasmatica di HIV; inoltre in vitro si è evidenziato come alcune delle proteine di HSV siano in grado di “up-regolare” la replicazione di HIV. I numerosi fattori interagenti rendono difficile misurare la reale importanza di HSV nella acquisizione e nella evoluzione dell’infezione; è comunque in corso un cospicuo numero di studi scientifici a riguardo. Nella parte terminale della sua presentazione l’autrice ha sottolineato che, nonostante i dati della letteratura, ancora non è raccomandato il trattamento continuati- Paolo Lanzafame M.D.,Assunta Sartor M.D., Maria Teresa Baron Ph.D Udine - Italy Department of Microbiology, S.Maria della Misericordia hospital Author responsible for correspondence or reprints: Paolo Lanzafame M.D. Department of Microbiology, S.Maria della Misericordia hospital P.le S.Maria della Misericordia n° 15 - 33100 Udine - ItalyBusiness telephone ++39.432.552675 Fax ++39.432.552673 Acknowledgments for their substantive contributions: Mrs. Revelant Rita , nurse Mr. Michelutti Angelo, Laboratory technician Immunoprophylaxis by autogenous vaccine in recurrent vulvo-vaginal candidiasis Structured abstract Background:Vaginal mycotic infection represent more than 50% of all vaginitis. 20-30% of women affected by vulvo-vaginal Candidiasis frequently develops recurrences and sometimes even chronicization. Therapy and long-term pharmacology prophylaxis have shown a high percentage (20% ca.) of insuccess. Although there is uncertainly about its role in the defence against this type of infection, the immunitary sistem, particularly in its cellular component, is un- doubtedly the most important defence of human organism against mycotic infections. Materials: Based on previous experiences on rats as well as on human subjects, a prophylactic treatment protocol with an autogenous vaccine was elaborated. Treated patients were women who had been suffering from at least four Candida vaginitis episodes/year for at least 2 years. All of them had already been placed on therapy several times as well as on long-term pharmacological prophylaxis. 63 vo con gli analoghi nucleotidici nei soggetti con sierologia HSV 2 positiva con infezione da HIV o a rischio per l’infezione stessa. A conclusione della mattinata del primo giorno di Congresso il Prof. James Bingham di Londra ha fatto il punto sull’educazione medica in Europa nel settore delle infezioni sessualmente trasmesse. Non stupisce che ancora oggi in questo ambito il panorama formativo nell’Unione sia diverso da paese a paese. In Europa attualmente la cura delle STI è distribuita in molte specialità e in sottoposta a strategie di formazione accademica. Per esempio nei Paesi d’oltremanica, le IST godono da women between 20-50 years old underwent immunopropylaxis treatment. Results and conclusions:The initial microbiological (84%) and clinical (90,5%) success achieved are encouraging for the prosecution of the study based on the immunological approach to therapy and prophylaxis in fungal infections. Key words: Immunoprophylaxis, Autogenous vaccine,Candida,Vulvo-vaginal candidiasis INTRODUCTION Vaginal mycotic infection represent more than 50% of all vaginitis. 20-30% of women affected by vulvo-vaginal candidiasis frequently develops recurrent episodes and sometimes even chronicization. Therapy and long-term pharmacology prophylaxis have shown a high percentage (20 % ca.) of insuccess. Recurrent vulvo-vaginal candidiasis is defined as four or more episodes of infection per year, in only a minority the pathogenesis, including uncontrolled diabetes and immunosoppressive therapy, is apparent.(1) Cell-mediated immunity and nonspecific cellular immunity are generally believed to provide the main defenses against fungi. The 19 importance of cellular defense mechanism is supported by the clinical observation that most invasive fungal infections occur in individuals with defective cellular immunity. Immunocompetent T cells are crucial in host defenses against many pathogenic fungi including Candida albicans. CD4+ T cells are essential for host defenses and the principal mechanism by which they influence host resistance is by production of cytokines. CD4+ T cells are separated into two functional categories: T helper 1 (Th1) and T helper 2 (Th2). The former produce IFNgamma and IL-2 and are the primary mediators of host defenses associated with activation of phagocytes. Th2 cells release IL-4, IL-5, IL-10 and IL-13 that are involved in antibodies production. CD8+ T cells, too, can be classified according to the types of cytokines they release.(2,3) Another important effector mechanism is cytotoxic activity. CD8+ T cells can damage C.albicans hyphae and kill Criptococcus neoformans directly. Another primary contribution of T cells is the production of antibodies.(3) Also the role of natural antibody immunity in mucosal defense is uncertain. IgA deficiency is not usually associated with C.albicans infections, nonspecific IgA enhanced adherence of C.albicans to epithelial cells, levels of vaginal IgA and IgG to C.albicans are similar in women with and without vaginal candidiasis and the presence of specific IgA in vaginal secretions did not protects against recurrent infections. However, several studies have shown that secretory IgA reduced adherence of C.albicans to epithelial cells and some antibodies can mediate protection in rat vaginal candidiasis. Vaginal vaccination with a monoclonal antibody specific for yeast killer toxin elicited a secretory IgA anti-idiotypic response which protected rats from challenge with C.albicans; 20 passive protection was demonstrated with vaginal fluid containing antibodies to mannan constituents and the aspartyl proteinase of C.albicans.(3,4,5,6,7,8,9,10,) In the medical history many vaccines have ben licensed for viral or bacterial diseases of humans but none have been licensed for medically important fungi. The largest clinical trial of a vaccine for a mycosis was performed by The Valley Fever Vaccine Study Group about fifteen years ago. Nearly 3000 subjects who were skin test negative for coccidioidomycosis were randomized blindly to receive either whole spherules killed with formaldheide or saline.During five years of observatin the differences in the groups, the vaccine recipients and the placebo controls, was statistically insignificant and less than 30% of vaccinated subjects manifested evidence of a response to the spherule preparation, thus it is possible that in almost 70% of subjects the vaccine was not immunogenic. Before the approach to fungal vaccines it is important to determine what are the expectations for an effective fungal vaccine. The first goal that must be met is to create a vaccine that can limit the ability of the fungus to establish a latent state. The human host is most often successful in limiting the spread of fungal infections, but a fraction of the infection may survive for years. These niduses of infection may serve as resorvoirs for reactivation if the host immune system becomes impaired. Thus any vaccine against fungi must prevent the establishment of a dormant state in the host and consequently protect against reactivation.(4) In recurrent vulvo-vaginal candidiasis, similarly in invasive fungal infections, there is frequently a dormant state of fungi in the host and a local vaginal immune mechanism may be responsible for the frequent relapses.(11) Until some years ago the autogenous vaccine held pride of place in the treatment of chronic infections. They was made use of chronic bacterial infections as recurrent urinary tract infections or staphylococcal boils. Killed bacteria isolated from the patient’ s discharges were injected in the hope that they would stimulate the formation of specific immunity which would overcome the infection. The value of autogenous vaccine therapy or prophylaxis has never been satisfactorily investigated and may yet be proved, in the meantime it is used as a last resort when antibiotics and other forms of treatment have failed.(11) MATERIALS AND METHODS Methods of preparation of autogenous vaccine: Vaginal discharge were cultured in agar Saboraud and the colonies of Candida present in the plate culture were isolated and identified and the fungi subcultured in Trypticase Soy Agar. After 48 hours at 37 °C the surface of medium were very gently scraped by a calibrated plastic loop and the spherules were washed three times with saline solution and resuspended in saline solution with an opacity of 1 Mc Farland. The solution so obtained were heated at 70°C in a water bath for an hour for three days and tested for sterility. The spherules so killed were separated in three vials of 2 millilitre at the same concentration of fungi: The vials were injected in the deltoid of the patients.(12,13,14,15) Selection of patients: 63 women 20-50 years old underwent the immunoprophylaxis treatment with the autogenous vaccine obtained from their Candida. 53 were affected from C.albicans infection, 3 from C.parapsilosis, 2 from C.glabrata, 3 from C.krusei and 2 from C.tropicalis. All Candida isolated were susceptible to the azoles, nystatine, amphothericine B and 5fluoruracyle. The patients were women who had been suffering from at least four Candida vaginitis episodes per year for at least two years not suffering of diabetes or underwent immunosopprressive therapy. All of them had already been placed on therapy to mycotic infections several times as well as on long-term pharmacological prophylaxis. General clinical laboratory and specific immunological tests were preventively carried out periodically at the end of the treatment and every two and six months. RESULTS At the end of the treatment with the autogenous vaccine sintomatology disappeared in 53 of the patients. 4 patients reported a relevant improvement, although they still presented a modest vaginal discharge and a slight vulvar itching. The remaining six patients reported only a modest reduction in the intensity of symptoms. Laboratory follow-up in this phase showed absence of Candida in the vaginal secretion of 54 of 57 women who reported recovery or improvement; persistence of the mycetes was checked in the six patients with only modest improvement and in three subjects considered clinically recovered, one of these was affected by C.parapsylosis. It is possible consider these three patients like a colonization, a dormant state of the fungi. One of the six women without a significant improvement was a subject with selective IgA deficiency and in two patients was not possible to have a good compliance in the regular administration of the vials. Routine hemato-chemical tests and assessment of the immunitary response did not vary significantly in the general and local humoural response, particularly was not showed any variation in the levels of CD4+ and CD8+ T cells, of the seric IgG, IgA, IgM, C3 and C4 components of Complement, of vaginal nonspecific IgA and of seric and vaginal specific total Igs. A significant increase of the reaction at the skin test with 0,4 ml of the same solution of the autogenous vaccine was showed in 58 patients.They showed no skin reaction before the vaccine treatment and a large reaction ( 1-2,5 cm of diameter) 15 days after the end of treatment. This represent the only evidence of a cell mediated immunitary response to the stimulation by the autogenous vaccine. In the first year after the end of prophylaxis relapses occurred in 19 patients (36%), one when the patient was in the 8th week of pregnancy. In the all cases the patients related a lesser intensity of the symptoms than during the episodes before the autogenous vaccine treatment and clinical as well microbiological remission occurred without pharmacological intervention in 14 of them. The conditions of the asymptomatic patients with Candida in the vaginal secretion did not vary a year after the end of prophylaxis. In the remaining six patients Candida vaginitis was still detectable. A year after the end of the treatment other recurrent episodes did not occur in the other patients clinically recovered. Collateral effects did not showed during and after the treatment except a slight muscular pain in the sites of injections. CONCLUSIONS In our opinion the initial microbiological (84%) and clinical (90,5) success achieved with the autogenous vaccine in the therapy of a quick mucositis like vulvo-vaginal candidiasis are encouraging for the prosecution of the study based on the immunological approach to therapy and prophylaxis in fungal infections especially in the immunocompromised host,in the invasive infections and in recurrent mucositis. We think that in next future will be possible to make use a vaccine not as autogenous but with a pool of various species of Candida and our next work will be in this way. References: 1.Jornal: Sobel JD.1997. Vaginitis. The New England Journal.N°26,Vol.337:18961903 2.Journal: Ashman RB,Papadimitriou JM.1995. Production and function of cytokines in natural and acquired immunity to Candida albicans infection. Microbiological Reviews. N°4,Vol.59:646672 3.Journal: Deepe GS JR.1997. Prospects for development of fungal vaccines. Clinical Microbiology Reviews. 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Edizioni Moderne Roma:206-213 15.Journal: Vignjevic-Krastavcevic M,Dakic G,Dimkovic N.1997.The effect of immunization with “Pervalur” Torlak (polyvalent urovaccine). Clinical Microbiology and Infection. Vol.3, Supp.2. Abstracts 8th European Congress Of Clinical Microbiology and Infectious Diseases-Lausanne.pag.351 21 Paolo Lanzafame, Sabina Cauci +, Silvia Driussi *,Assunta Sartor, Maria Teresa Baron S.O.C. Microbiologia Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia - Udine + Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche –Università di Udine * Azienda Servizi Sanitari n° 4 “Medio Friuli” Nugent system to diagnose Bacterial Vaginosis: an adjustment having very high sensitivity Abstract Bacterial vaginosis (BV) is a complex microbial sindrome exhibiting considerable course variability from woman to woman. Emerging evidence highlights that the current methods used to define BV are partially appropriate to individuate women having a pathologic condition. The Amsel criteria record clinically evaluable changes of the vaginal flora (milky adherent discharge, amine malodor, ph ?4.7, clue cells on wet smear). We enrolled fertile age women on the basis of positivity for all the first three clinical criteria above described. This group of women with clinical BV was statistically different from healthy controls by sialidase and prolidase activities. When gram stained smears were examined we found that 20% of these women had Nugent score 5 or 6 (corresponding to intermediate flora according to Nugent) and were not statistically different for enzymatic activities from women with Nugent score 7-10 (BV range according to Nugent). We evaluated that most of underestimation of Nugent score was due small residual presence of lactobacilli in women with massive overgrowth of anaerobic flora and clue cells. We elaborated a modified ranking of points due to average numbers of the 3 morphotypes evaluated in the Gram stains smear by the Nugent system: large positive rods (lactobacilli), small Gram variable coccobacilli (Gardnerella vaginalis 22 and anaerobes) and Gram variable curved rods (Mobiluncus spp.). Moreover we add from 0 to 2 points for the presence of clue cells in the Gram stained smear. In this way we obtained a 0-12 points scale. We consider women from 0 to 3 as normal flora, 4 to 6 as intermediate flora, and 7 to 12 as bacterial vaginosis. The modified Nugent method compared to the Amsel criteria has a sensitivity over 95% and the same specificity of the original Nugent score. Introduction Bacterial vaginosis (BV) is a syndrome characterized by a shift of normal lactobacillary flora to a mixed flora without signs of inflammation of the vaginal mucosa (1,2). Several studies have associated BV with amniotic fluid infection, chorioamnionitis, postcesarean endometritis and prematurity (1). The diagnostic approach to BV is hampered by the lack of a precise aetiological reference and ignorance of the infective mechanism (2). At present we use two types of criteria to diagnose BV: 1) a clinical criterion; classified by Amsel in 1983, it records clinically evaluable changes of the vaginal flora. BV is characterized by the presence of milkly, homogeneous vaginal discharge, elevated pH (>=4,7), a positive amine odor test and the observation of the clue cells on microscopic examination; BV is diagnosed if three of these criteria are positive (3). However these parameters have shown notable subjective interpretations and may be influenced by recent behaviour (2). Some Authors have shown that use only two of the four signs, particularly clue cells and positive amine test, allows accurate and rapid diagnosis of BV without sacrificing sensitivity (4). 2) a microscopic criterion; Gram stain of the vaginal fluid has shown to be very good system to value the changes of the vaginal flora and to be significantly correlated with Amsel criteria. Objective scoring criteria have been developed to interpret these changes: Dunkelberg in 1965 studied that clue cells and dense areas of small Gram negative bacilli were correlated with clinical diagnosis of BV (5); Spiegel, in 1983, proposed to consider the Gardnerella morphotypes plus other bacteria (cocci, curved rods and fusiforms) and the Lactobacillus morphotypes (6). In the same year Nugent proposed a score of 010 based on the quantities of Lactobacillus, Gardnerella /Bacteroides (small Gram variable coccobacilli) and Mobiluncus morphotypes. In this method scores of 0-3 represent normal flora, 4-6 intermediate flora and >=7 BV (1). Nugent score has shown a good intra and inter-centre reliability and to be more specific for BV than Spiegel method. However neither considers clue cells in its methodology. Clue cells are squamous epithelial cells covered with small Gram variable coccobacilli; althout it is not necessary to see clue cells to make the diagnosis they are characteristic of BV (4) and some Authors proved that combining the presence of clue cells with diminished lactobacilli morphotypes in Gram stain may further simplify interpretation of vaginal smears Methods and materials In our experience we found that over 10% of the patients examined with Nugent system were classified as intermediate flora. We eva- luated that most of the underestimation of the Nugent score was due to residual presence of lactobacilli in woman with massive overgrowth of anaerobic flora and clue cells or to the total absence of lactobacilli without clue cells and small Gram variable coccobacilli or Mobiluncus. So we elaborated a modified ranking of points due to average numbers of the three morphotypes evaluated in the Gram stain smear by the Nunget system, moreover we change the classes of points of the morphotypes and add a score of 1 or 2 for the presence of clue cells (< or > 20% of all epithelial) cells. We can consider this parameter as a conjunction, a bridge, between clinical and microscopic criteria. We enrolled 588 women and classified in three groups according to Amsel, Nugent and modified Nugent criteria. In the groups of intermediate with Amsel criteria we have considered all the patients with two certain and one uncertain, often pH or whiff test. Vaginal sample collection. Samples were collected from the posterior fornix or lateral vaginal wall of nonbleeding women with an Ayre’s spatula using a nonlubricated speculum to perform a smear on a glass slide. The smear was then stained according to the Gram procedure. Clue cells and vaginal flora were evaluated on the Gram-stained smear. (7) Sialidase levels. Levels of sialidase were determined by incubation of 100 Ìl of the vaginal fluid sample with the substrate 2-(3’-methoxyphenyl)-N-acetyl-D-neuraminic acid (Sigma-Aldrich), as described elsewhere. After the addition of 4aminoantipyrine and potassium ferricyanide, the adsorbance was read at 492 nm. Specific activity was expressed as nanomoles of methoxyphenol produced, compared with a standard curve of pure methoxyphenol. Intra-assay coefficients of variation were < 12 %, and interassay coefficient of varia- tion were < 16 %. On the basis of previous observations, high sialidase levels were defined as ?5.00 nmol. methoxyphenol. (8,9) Prolidase levels. Prolidase levels were determined by incubation of 100 Ìl of the vaginal fluid sample with the substrate L-proline-p-nitroanilide (Sigma-Aldrich). A duplicate sample without the prolidase substrate served as sample blank. Absorbance (mOD) was read at 405 nm. Intra-assay coefficient of variation were < 10%, and interassay coefficients of variation were < 14%. On the basis of previous observations, high prolidase levels were defined as those ? 200 nMD. For any of the assays described above, each sample giving an optical absorbance of ? 2000 mOD was diluted 1:1 with sterile saline, the resulting value was doubled to give the final result. (9) Results In the normal flora groups, agreement between both microscopic systems, get back 2 patients classified as BV and 2 classified as intermediate with Amsel criteria and there is a total agreement between Nugent and modified Nugent system. In the intermediate groups in modified Nugent system get back 2 patients with normal flora at Nugent system, classified as BV with Amsel criteria, 6 BV according to Amsel are classified in this group of modified Nugent; like this 6 BV according to Amsel are classified to Amsel are classified as intermediate in Nugent system and 2 are classified as normal flora. In the group of BV 38 intermediate at Nugent turn BV in modified Nugent, 34 of these patients are classified whith Amsel criteria as BV and 4 as intermediate; 7 of the intermediate with Amsel criteria are classified BV with modified Nugent. The sensivities and specificities of the Nugent and modified Nugent systems compared to the Amsel criteria was, respetively: 84,8 % and 98,8 % (Nungent) and 99,5 % and 98,8 % (modified Nugent). The predictive values positive end negative was respectively: 98,64%, and 88,68% (Nugent), 96,88 % and 97,7% (modified Nugent). In the intermediate and BV groups we have had mean values of 4,35 and 8,7 in the Nugent system; in the modified Nugent the values were 4,81 and 10,3. The median values were 4 in the both system for intermediate group and 8 and 10 in the BV group. The correlations coefficients were 0,999997 between Amsel and modified Nugent, 0,975885 between Amsel and Nugent, 0,977546 between Nugent and modified Nugent. However since we have not a sure gold standard, but only accettable methods, for the diagnosis of BV, we valued another objective parameter. Sialidase activity was estimated in the vaginal fluid and we found that the women with BV was statistically different from the women with normal flora and, more important, the statistically differerences for enzymatic activities between the group with Nugent score 4-6 and the group with Nunget score 7-10 is more evident in the groups of modified Nugent than in Nugent system. This is due to the move of the patients with Nugent score 5-6 in the group of BV with modified Nugent, so in the intermediate group there are not included patients with BV. Conclusions We can come to the conclusion that the modified Nugent has a higher sensitivity, a better negative predictive value and correlation with Amsel criteria keeping the same specificity of the original Nugent system. 23 Bibliography 1) Nugent RP, Krohn M, Hillier SL. Reliability of diagnosing bacterial vaginosis is improved by a standardized method of Gram stain interpretation. Jurnal of Clinical Microbiology. 1991. 2 (29): 297-301 2) Cristiano L, Coffetti N, Dalvai G, Lorusso L, Lorenzi M. Bacterial vaginosis: prevalence in outpatients, association with some micro-organism and laboratori indices. Genitourinary Medicine. 1989. 65 :382-387 3) Amsel R, Totten PA, Spiegel K, Chen CS, Eschenbach DA, Holmes KK. Nonspecific vaginitis. 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