Una missione ci attende: bella come il sogno di un giovane pieno di
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Una missione ci attende: bella come il sogno di un giovane pieno di
Una missione ci attende: bella come il sogno di un giovane pieno di speranza, vera come il sole che sorge ogni mattina, forte come l‟amore, che fa palpitare il nostro cuore. Tocca a questa „compagnia di apostoli‟ rinnovare i prodigi di Pentecoste, nel tempo che Iddio ci ha donato, fidandosi di noi, affidandosi a noi. Ci ha messo nelle mani il prodigio che è uscito dal suo costato ferito dalla lancia di Longino, la sua Chiesa: sangue sparso sulla croce, acqua dei sacramenti pasquali.1 Fermatevi con me a contemplare la santa Chiesa spoletana e nursina: è pronta per una rinnovata primavera dello Spirito, sicura della presenza del Suo Signore, rinfrancata dal disegno del Padre, che ne ha fatto lo strumento di salvezza per questo piccolo mondo, rilucente d‟olivi tra le valli dell‟Umbria di mezzo. 1. La Chiesa è in Cristo come un sacramento2 Ogni dimensione del ministero è rappresentato questa sera nella Chiesa cattedrale. Vi sono attorno all‟altare i presbiteri e i diaconi; vi è il servizio laicale dell‟accolitato e del lettorato, i ministri straordinari della comunione; vi sono i catechisti, gli animatori della carità, i promotori della cultura e dell‟azione sociale. Vi sono rappresentati i coniugi cristiani. Come quando ci si guarda intorno per vedere se ci siamo tutti, prima di dare inizio ad una festa di famiglia, è presente, al completo, anche la dimensione carismatica della vita consacrata, al maschile e al femminile. Accanto ai fratelli e alle sorelle che hanno scelto di vivere nella speciale consacrazione al Signore, un laicato sempre più vivace e responsabile rende variopinto il dialogo con il mondo che ci circonda. Movimenti ecclesiali, parrocchie, animatori dei nostri santuari: tutti sono venuti a casa. Collegate attraverso la radio, sono con noi i dodici cori di monache, che la clausura non fa mancare alla comunione. La Chiesa stasera davvero esprime, assieme al successore degli Apostoli, la sua natura particolare e irripetibile, con Gesù in mezzo. Eppure mai come in questo appuntamento annuale è palese il contrasto tra la nostra inadeguatezza e la bellezza del progetto che il Signore ci ha affidato. Sono messi a nudo il nostro peccato e l‟amore di Dio, il nostro limite e la sua onnipotenza, che sa servirsi di frecce spuntate3, quali siamo, pur di arrivare al cuore della gente. Ci è chiesto di riproporre la via della pace ai nostri contemporanei, spesso rassegnati a vivere in un mondo assetato di Grazia e screpolato dall‟aridità.4 La Chiesa si manifesta come sacramento nelle nostre fragilità, nelle inadempienze, nelle divisioni tra noi, nelle poche ma dolorose assenze, nella scarsa stima vicendevole, nelle innumerevoli omissioni, nel senso di inutilità della fatica che facciamo ogni giorno. Parrebbe che assomigliassimo più a lievito inacidito, che al 1 cfr Gv 19,34 LG 1 3 cfr Sant‟Agostino, Confessioni, 3,5 “ La tua misericordia mi aleggiava intorno fedele, di lontano…mi hai fustigato duramente. Ma i tuoi castighi erano nulla rispetto alla mia colpa, o sconfinata misericordia mia, Dio mio, rifugio mio dai terribili pericoli fra cui vagai presuntuoso, a testa alta, staccandomi sempre più da te, invaghito delle mie, non delle tue strade, invaghito della mia libertà di evaso”. 4 Ger 2,13 2 fermento evangelico; a seme non germinato, pur in terreno assai fertile; a vino prelibato, andato in aceto. Eppure la potenza di Dio val più del limite umano. Fidandoci della divina misericordia, siamo venuti presso questo altare che l‟Arcivescovo Antonio consacrò a Cristo per noi, al culmine della malattia che lo condusse a morte “pro mundi vita”.5 Siamo venuti a respirare il profumo del Crisma della misericordia divina che è capace di lenire le ferite, di rimediare alla nostra scarsezza, di intenerire le nostre aridità. Un atto collettivo di fede nel Cristo presente, vero e unico sacerdote, rinnoverà questa sera la qualità del nostro ministero. Riproveremo ancora ad assomigliare a Lui, “il più bello dei figli dell‟uomo”.6 Proveremo ancora a lasciarci permeare dallo Spirito, che rinnova la terra. Anticiperemo nel sacramento la liturgia del Cielo. Come chi si affaccia alla finestra, scoprendo panorami dimenticati o mai scrutati a sufficienza, proveremo ancora a confrontarci con l‟infinito di Dio, a cogliere la dimensione soprannaturale che ci è donata. Come ogni mattina, aprendo la preghiera con cui la Chiesa ci fa voltare pagina rispetto al male e alle tribolazioni passate, vi ripeto fratelli miei: “venite applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza, accostiamoci a lui per rendergli grazie”.7 La potenza del sacramento faccia sì che la fraternità celebrata diventi esperienza vissuta. Ci ottenga di vedere rinnovati i nostri rapporti e rallegrata la nostra missione. L‟eco della Scrittura ci faccia percepire la voce che risuonò nella sinagoga di Nazareth. Sì fratelli miei, ciascuno di noi stasera, facendo memoria della vocazione che ci ha condotto fin qui, ciascuno ripeta per sé e per il vicino: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l‟unzione, mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio”8, a sanare le ferite, a rallegrare i cuori. 2. “I presbiteri chiamati a servire il popolo di Dio costituiscono col loro vescovo un unico presbiterio”9 Siamo il soggetto unico dell‟animazione pastorale: il popolo che il Cristo ci ha affidato chiede a noi, unti del santo Crisma, di essere unti come Lui, il Cristo: cioè d‟essere “icona” di Lui per questa Chiesa e per la missione. La comunione è per la missione. L‟unità è il presupposto della comunione. A questo presbiterio, fratelli miei - a noi che abbiamo ricevuto l‟Ordine, cioè il mandato, il sacramento da cui si genera ogni unità nella Chiesa, a partire dalla stessa Eucaristia - è chiesto di rinnovarci stasera nella virtù teologale della speranza. Ci è chiesto di aprirci al dono. Come un‟arnia ricca di miele, possiamo distribuire dolcezza e profumo, cera preziosa e farmaci che risanano. Oppure possiamo essere come api pazze, capaci solo di pungere, anziché di compiere il nostro prezioso lavoro. 5 Gv 6,51: fu il motto episcopale dell‟Arcivescovo Ambrosanio, morto a Spoleto di cancro Sal 44,3 7 Sal 94, 1-2 8 Lc 4,18 9 LG 72 6 Ci è chiesto di essere organici prima nell‟esse che nell‟agere. Questo è il giorno della riconciliazione. La grazia di Dio ci aiuterà a perdonare le offese, a sovvenire alle carenze di umanità e di vita secondo lo Spirito, a rimediare alle fallanze nostre e altrui, a prevenire con amore le difficoltà che ciascuno sente nel cuore, per recuperare quell‟unità che fa assomigliare all‟unico Cristo, che è il Sacerdote della nuova alleanza e, attraverso il nostro ministero, prolunga nel tempo la sua preghiera di intercessione al Padre, la sua offerta sacrificale. Che preghiera è la mia, ci chiediamo stasera? Quale sacrificio porto nelle mie mani di “consacrato per gli altri”: “sacerdos propter populum”.10 Leone Magno presenta al popolo l‟intero ministero sacro come fosse una sola persona.11 I nostri caratteri, i doni che abbiamo ricevuto, la natura che è perfezionata dalla Grazia fanno di noi stessi un‟icona dai mille colori, ricca di preziosi segni evocativi. Agiamo “in persona Christi” nella misura che sappiamo armonizzare i nostri ideali, come manifestazione della attualità della „compagnia degli Apostoli‟, cui fummo aggregati in virtù del Crisma. Ci è chiesto di tornare a promettere condivisione nelle fatiche apostoliche. Le Unità Pastorali finche saranno solo un modello giuridico adottato e non uno strumento che manifesta l’unitas in operando non saranno efficaci. I tempi nuovi, ci chiedono di tornare a condividere risorse intellettuali, ma anche umane, accettando di buon grado la vita comune nelle case canoniche e la condivisione dei mezzi, anche economici. Non ci sia in mezzo a noi ricco e povero, ma, quanti abbiamo in comune il sacerdozio, sappiamo mettere in comune anche gli ideali.12 Fummo ordinati alla collaborazione del Vescovo con i suoi preti: cosa potrei fare io senza di voi? Non si tratta di dividere il lavoro o di essere efficienti. Il Vescovo nella Chiesa ha una necessità teologica di condivisione con il suo presbiterio. Ma accanto alla collaborazione con il successore degli Apostoli, vi fu anche nell‟Ordinazione sacerdotale una collaborazione vicendevole, fondativa del sacerdozio comune. Care sorelle religiose con la vostra specifica donazione a Dio per la Chiesa siate strumento di quella pace che il mondo non conosce: è questo per voi l‟esercizio della maternità spirituale. Voi, miei diaconi, date più spazio alla Parola che salva: la vostra vita ne sia segnata. Voi ministri, scelti nel laicato, fatevi davvero strumenti di quella comunione che è immolata nel sacramento che portate ai malati, ai disabili e agli anziani di ogni comunità della nostra Chiesa diocesana. Ai coniugi cristiani mi è caro ricordare stasera il crisma battesimale, che vi fa immagine di Gesù quale popolo sacerdotale, profetico e regale. Tornate a promettere di mediare nella vita quotidiana, nella famiglia, nel lavoro, nella società il testamento di Gesù: Che i miei “siano una cosa sola” come tu in me e io in loro. 13 Di questa missione della Chiesa voi siete il “sacramento grande”14, il segno credibile, come ci insegna l‟Apostolo. Vi chiedo di riscoprire alla luce della Pasqua il primato della 10 S.Th.Aquin. S.Th. III, q.82, a.3 «sacerdos constituitur medius inter Deum et populum. Unde, sicut ad eum pertinet dona populi Deo offerre, ita ad eum pertinet dona sanctificata divinitus populo tradere». 11 Leone Magno, Discorso 4,1-2 12 cfr Gc 13 Gv 17,11 14 Ef 5,32 fede, rispetto alla stessa morale. Sia questa la vostra profezia. Tutti insieme siamo quel santo campicello del Signore15, che è immagine dalla fecondità della Chiesa e origine di ogni frutto spirituale: ecco, come dicevano i Padri la agri cultura Dei. 3. “Perché il mondo creda“16 E‟ la sera del cenacolo. Vogliamo tutti chiedere a Cristo la grazia, cioè la particolare partecipazione del suo Spirito, perché come frutto di questa liturgia sgorghi ancora tra di noi un‟attenzione nuova. La Chiesa non si rivela nel coro di lamentele che si leva da ogni parte a descrivere la società in cui ci è dato di vivere, i suoi malanni e le sue trasgressioni. Andare oltre la lettura sociologica della società è il nostro compito, anzi la profezia che promana dal popolo del Libro. Noi abbiamo il Vangelo: per evangelica dicta deleantur nostra delicta17, ripetiamo nella liturgia. Dobbiamo convincercene anche interiormente. Come l‟acqua che esce dal tempio di Dio, dove arriva porta salute.18 Alberi rigogliosi e forti siano i figli di questa Chiesa! Siamo la sorgente a cui i cervi delle alture e le pasture della valle possano abbeverarsi. Mi incanta, come nella mia giovinezza, l‟ambasceria che l‟Apostolo ci fa riscoprire a nome di Dio.19 La città dell‟uomo ha davvero bisogno della Chiesa. Liberiamoci da quella coltre profana per cui siamo spesso assimilati a una delle tante componenti del mondo. A noi è possibile attraverso le Scritture contemplare la città di Dio: questo privilegio altissimo ci è dato perché traduciamo la nostra esperienza in umile e prezioso servizio all‟uomo. Ci è chiesto di essere come l‟acqua “ la quale è multo utile, et humile et pretiosa et casta”20, ci ricorda Francesco: nella misura che sappiamo arricchirci di amore incontaminato, il progetto di Dio per l‟uomo potrà avvalersi della nostra mediazione. Nessuno di noi è superfluo. Non fu l‟azione umana a convocarci per la Santa Assemblea, la Qaal della nuova Alleanza, ma la chiamata alla fede che Dio ci elargì. Non fu la nostra decisione a ottenerci la Grazia, ma la divina misericordia. Il santuario dove oggi più che mai è richiesto il nostro servizio è il sacrario della coscienza. La persona, insidiata, messa alla prova, demoralizzata e sofferente è il luogo privilegiato della nostra carità, lo spazio per esercitare il ministero della consolazione. Il primo dei servizi che il Nuovo Testamento annota, è quello dell‟insegnamento.21 Insegnare ai piccoli e far da guida ai giovani. Richiamare gli adulti con ogni amabilità e dottrina. Far brillare la speranza della vita eterna ai vecchi, stanchi e carichi della fatica della giornata umana. Questo mondo non è il migliore dei mondi possibili. Dio ne ha preparato per noi uno migliore. “Sulla cima 15 LG 6,6 Gv 17,21 17 Missale Romanum, Ordo Missae cul populo, 13 18 cfr Ez 47,18 19 cfr II Cor 5,20 20 S.Francesco, Cantico di Frate Sole, 7 21 cfr I Cor 12,28 16 dei monti, più alto dei colli”.22 Non già la Gerusalemme della terra, piena ancor oggi di odio e di rancore, di rapina e di violenza, ma quella del Cielo. Ci faccia ancora da guida il Santo Padre Agostino che ci chiede di profittare delle comodità del mondo, come il viandante si giova dell‟albergo.23 Casa è un‟altra cosa: anche se è più in là, vale la pena d‟essere recuperata. Questa divina liturgia ci ottenga di riappropriarci del Cielo. Occorre affrettare il passo in questo pellegrinaggio terreno, senza lasciarci contaminare dai miti del secolo presente. La carità che sapremo animare nell‟anno che torniamo a ravvivare, a partire dalla Pasqua del Signore, è il soldo da raccogliere in bocca al pesce di San Pietro 24, il contributo dovuto a questa realtà umana, dove ci è chiesto di incarnarci. Il supplemento d‟amore, che salva il mondo, ci farà riconoscere come figli della Resurrezione, ministri dell‟Altissimo in questa generazione, che ancora ci chiede, con i “gemiti inenarrabili”25 dello Spirito la carità del Vangelo, l‟esperienza vera e forte di una Chiesa libera e santa, in cammino verso il suo Signore. 22 Is 2,2 Sant‟Agostino, Discorso 177, “Queste cose valgano come uso della necessità, non quale vincolo di amore; siano come la locanda per chi è in viaggio, non come proprietà di chi l'ha in possesso. Ristòrati e passa oltre. Sei in viaggio, tieni presente da chi vai, perché è grande colui che viene a te. Allontanandoti da questa via tu fai posto a chi arriva; tale è la funzione della locanda: lasci il posto perché vi subentri un altro” 24 cfr Mt 17,26 25 Rom 8,26 23