Sri Lanka: Medici Senza Frontiere si ritira dalla penisola di Jaffna

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Sri Lanka: Medici Senza Frontiere si ritira dalla penisola di Jaffna
Sri Lanka: Medici Senza Frontiere si ritira dalla penisola di Jaffna.
Sospese tutte le attività mediche.
Il dottor Bertoletti spiega le ragioni per cui abbiamo sospeso le nostre attività
e fa il punto sulla situazione in seguito alla sua visita.
Perché MSF ha sospeso le sue attività e si è ritirata dalla penisola di Jaffna?
A partire dal 30 settembre sono apparse nei media dello Sri Lanka delle accuse infondate secondo le
quali le equipe di MSF parteciperebbero al conflitto. Siamo stati definiti come “una minaccia per la
sicurezza nazionale” e siamo stati accusati di sostenere attivamente le Tigri Tamil.
Contemporaneamente abbiamo ricevuto una lettera da parte del governo che annullava i nostri visti
e ci domandava di lasciare il paese, seguita rapidamente da una seconda lettera ufficiale che ci
diceva invece che potevamo restare nel paese “fino a nuovo ordine” e ci informava che era in corso
un’inchiesta.
Nonostante non siamo stati accusati ufficialmente di nulla, le accuse infondate riportate dai media e
l’assenza di un sostegno chiaro da parte del governo fanno correre dei rischi inutilmente elevati al
nostro personale. Di conseguenza, la nostra equipe a Point Pedro è stata costretta a sospendere il
sostegno medico e ha lasciato la penisola di Jaffna.
Dal momento che il governo ha detto che MSF poteva restare, non rappresenta una reazione
eccessiva il fatto di sospendere le attività mediche semplicemente a causa di qualche articolo
nei media?
Non è una decisione che abbiamo preso alla leggera! È stato estremamente difficile lasciare i
pazienti e sospendere la nostra collaborazione coi nostri colleghi dell’ospedale, nel momento in cui
la situazione sulla penisola continua a degradarsi e la regione subisce pesanti bombardamenti.
Durante il 2006 la sicurezza nel paese è nettamente peggiorata, il che ha creato urgenti bisogni per
la popolazione civile e ha aumentato i rischi corsi dalle organizzazioni umanitarie. L’assassinio di
17 membri di ACF (Action Contre la Faim) è stato uno choc terribile per noi e mostra fino a che
punto la situazione possa essere pericolosa anche per gli operatori umanitari.
In questo contesto, come in ogni situazione di conflitto armato, la nostra indipendenza e la nostra
neutralità devono essere rispettate. Affinché possiamo venire in aiuto alle popolazioni civili colpite
dal conflitto, una chiara smentita deve essere opposta alle accuse infondate e alle dichiarazioni
erronee apparse nei media. C’è bisogno di un forte messaggio da parte del governo e le autorità a
tutti i livelli devono essere pronte ad accogliere e facilitare il lavoro di un’organizzazione medica
umanitaria, riconosciuta internazionalmente, indipendente e neutrale. Senza queste garanzie non
possiamo inviare le nostre equipe a portare assistenza a quanti ne hanno bisogno.
Perché queste accuse sono state lanciate contro MSF? Non si tratta di un malinteso?
Queste accuse sono totalmente assurde e infondate. In tutti i grandi conflitti degli ultimi trent’anni,
MSF è intervenuta in maniera imparziale e indipendente. Prendiamo posizione sulle questioni
umanitarie con le quali ci confrontiamo, ma non prendiamo posizione nei conflitti. Abbiamo
lavorato in Sri Lanka durante 17 anni di conflitto, e abbiamo dimostrato che siamo
un’organizzazione medica d’emergenza che risponde ai bisogni della popolazione. Questa
situazione è tanto più incomprensibile se consideriamo che gli ospedali che abbiamo proposto di
sostenere sono tutti ospedali del governo, in zone controllate dal governo, facendo seguito a
richieste del Ministero della Salute. E tutto questo mentre migliaia di persone che vivono nelle zone
controllate dall’LTTE (Tigri Tamil) hanno anche loro un disperato bisogno di assistenza.
Esistono tuttavia diversi fattori che permettono di comprendere meglio come siamo giunti a questa
situazione. Le accuse e le restrizioni all’azione di MSF e di altre organizzazioni umanitarie
avvengono in un contesto di sfiducia crescente e talora rifiuto totale nei confronti dell’intervento di
attori internazionali in Sri Lanka. Da un lato la delusione e la frustrazione generali nei confronti
degli sforzi di ricostruzione in seguito allo tsunami si sono tradotte in una profonda delusione e
sfiducia nei confronti delle ONG. Dall’altro, esiste una forte opinione contro il coinvolgimento di
organizzazioni straniere nel conflitto. Molte entità straniere, siano esse organizzazioni
internazionali, stati o ONG internazionali, sono raggruppate tutte insieme e percepite come a favore
dell’LTTE o comunque come traenti un profitto dal conflitto. Per questo motivo è per noi
estremamente importante spiegare la nostra azione ed essere riconosciuti pubblicamente e
ufficialmente in quanto neutrali, indipendenti e imparziali. Infine, potrebbe essere che il governo
non voglia una presenza internazionale in zone dove si combatte una guerra.
In seguito alla vostra visita, pensate che la situazione si risolverà? Cosa farà MSF se non ci
sono progressi?
Abbiamo promesso di lavorare in Sri Lanka, e siamo pronti a onorare la nostra promessa. Siamo
estremamente preoccupati per la popolazione che vive nelle zone colpite dal conflitto. I
combattimenti aumentano. Pesanti bombardamenti hanno costretto decine di migliaia di persone a
fuggire, e queste persone hanno adesso bisogno di assistenza. Gli ospedali hanno bisogno di
sostegno per potere rispondere ai bisogni. È deplorabile il fatto che non ci sia permesso di portare
assistenza medica alla popolazione che vive in zone dove sono in corso pesanti combattimenti.
In seguito a numerosi incontri che abbiamo avuto a Colombo, la capitale dello Sri Lanka, credo che
ci sono membri del governo che sono preoccupati dal bisogno di assistenza medica nel nord e
nell’est del paese, e vorrebbero che MSF fornisse assistenza. Tuttavia, questa preoccupazione deve
trasformarsi in azioni concrete, affinché i chirurghi, gli infermieri e il resto dello staff di MSF,
rimasti in stand-by per mesi a Colombo e in Europa, possano finalmente fornire assistenza alla
popolazione civile che vive nelle zone colpite dal conflitto.