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NOVANT'ANNI FA NASCEVA LA NAZZARO
(nota dell’Autore: si tratta di un testo scritto nel 2001)
Cosa si desidera nella vita: fama, ricchezza, amore, successo? Realizzare le proprie
ambizioni, dimostrare al mondo quanto si vale, essere applauditi, riconosciuti,
osannati? E soprattutto: quanto può durare?
Poco, lo sappiamo: é già tanto arrivare ad un momento del genere. Il momento
magico di Felice Nazzaro, grande, grandissimo pilota Fiat e poi costruttore in
proprio, durò lo spazio di una corsa, sia pure interminabile come la Targa Florio del
1913. Fu al termine di quella gara, in cui portò per la prima volta alla vittoria una
propria vettura, che Nazzaro pensò di aver raggiunto nella vita tutto quello che
desiderava: la fama, la ricchezza, l'amore, la realizzazione del suo sogno. Non sapeva
che sarebbe durato poco: ma non sono neanche tanti gli uomini che arrivano a
pensarlo.
Aspettava quel momento da sempre, fin da quando, ragazzo, si aggirava nell'officina
di Giovanni Ceirano, affascinato dal nuovo mostro meccanico di cui tutti parlavano,
che sembrava animarsi di vita propria e terribile, e di cui non sognava altro che di
sondarne i segreti. Ceirano ben presto lo accontenta, colpito da quel ragazzino magro
e di poche parole, dallo sguardo sveglio ed attento. Non si sbaglia: appena
adolescente, si rivela un operaio bravissimo, geniale soprattutto nella "mise à point",
nella messa a punto dei motori. Nel 1899, quando Ceirano cede in blocco il suo
personale alla nascente Fiat, anche Nazzaro é compreso nel contratto, e Agnelli non
se lo lascia certo scappare. Nazzaro ha diciott'anni, Agnelli trenta, il primo di
estrazione modesta, destinato tutt'al più a diventare un bravo operaio specializzato,
l'altro di famiglia benestante, ufficiale di cavalleria, con un sicuro avvenire da
imprenditore, dotato di mezzi e di conoscenze. L'uno di fronte all'altro, possono
essere soltanto datore di lavoro e subordinato, padrone e chauffeur. E così é. Ma lo
status di chauffeur é da intendersi in senso ampio: già nel 1900 Nazzaro, di cui
Agnelli rapidamente si accorge delle sorprendenti capacità, é nominato "guidatore
ufficiale", e partecipa ad alcune gare su vetture della marca torinese. All'indomani
però del primo Giro d'Italia del 1901, in cui accompagna in qualità di meccanico il
Conte Roberto Biscaretti di Ruffia (vedi Auto d'Epoca di aprile), Nazzaro lascia la
Fiat, per andarsene addirittura in Sicilia, attratto dalle proposte dorate di Ignazio
Florio (il fratello di Vincenzo), che lo vuole con sé come capo - garage. Dunque a
venti anni, nonostante guadagni già lautamente come uomo e pilota di fiducia di
Agnelli, egli decide di mollare tutto e andarsene a millecinquecento chilometri di
distanza. Come non indovinare già allora in questa decisione un segno della sua
volontà di "fare da solo", di costruire la propria strada a prescindere dalla Fiat?
La nostalgia di casa, o forse proposte economiche ancora più vantaggiose,
prevalgono dopo qualche anno, e Nazzaro torna a Torino, richiamato da Agnelli che
lo vuole nella sua squadra sportiva, al fianco di Lancia e Cagno. L'occasione é la
Gordon Bennett del 1905: la Fiat vuole cimentarsi con la concorrenza estera, e per
farlo ha bisogno degli uomini migliori. I piloti non deludono: Lancia tiene il
comando della gara per metà percorso, fino a quando non lo ferma il cedimento del
motore, Nazzaro prosegue e arriva secondo. A spronarlo é anche il ricordo dei begli
occhi di Carolina, una bellissima ragazza che abita in corso Dante, a pochi metri
dalle officine Fiat, che ha appena intravisto da lontano ma di cui si é perdutamente
innamorato.
Ma è un semplice meccanico, e per tutto il 1906 i due giovani si parlano soltanto con
gli sguardi, sotto la sorveglianza stretta della madre che sogna per la figlia qualcuno
con una posizione migliore… Felice certo non si rassegna, e presto dimostrerà il suo
valore. Il suo talento di pilota, infatti, esplode di lì a poco, nel 1907. Per conto della
Fiat vince tutto quello che c'é da vincere: il 21 aprile, il 14 giugno, il 2 luglio si
afferma alla grande nelle maggiori competizioni internazionali, la Targa Florio in
Sicilia, la Coppa dell'Imperatore in Germania e il Gran Premio di Francia a Dieppe.
E' il trionfo, suo e dell'industria torinese, e dell'Italia anche, che proprio in quei mesi
festeggiava anche la vittoria dell'Itala nel raid Pechino-Parigi. L'Italia dimostra al
mondo intero la sua superiorità nella costruzione meccanica e nel valore dei suoi
piloti.
Di fronte a questa ascesa, arriva il consenso della famiglia della sua innamorata: e i
due si sposano nel 1908. Ma Nazzaro sente che non é ancora tutto, che potrebbe
arrivare anche oltre. La presenza di Carolina lo sprona ancora di più, se ve ne é
bisogno, a realizzare la sua vera ambizione: vincere sì, ed essere portato in trionfo,
ma su una vettura sua, non su quella di altri.
Neanche a farlo apposta, gli anni successivi sono di stasi per le competizioni
sportive, e di riflessione per Nazzaro. Altri piloti Fiat, come Lancia e come Storero,
hanno fatto il grande passo: hanno lasciato la casa torinese e le corse, e si sono
inventati il mestiere di costruttore. Perché non tentare, finalmente?
Il momento arriva nel 1911. Per fondare la propria casa, e darle il proprio nome,
Nazzaro sceglie, forse inconsapevolmente, lo stesso giorno, a dodici anni di distanza,
in cui era stata fondata la Fiat: il 1° luglio. Giochi del destino, o precisa volontà di
poter finalmente guardare negli occhi, da pari a pari, quell'uomo, Agnelli, che tanto
ammirava al punto di volerlo emulare in tutto?
La stampa, memore dei grandi trionfi sportivi di Nazzaro, saluta con entusiasmo la
nuova impresa. La composizione dell'organigramma vede attribuita a Nazzaro la
direzione delle officine e del collaudo, a Pilade Massuero, suo cognato, la direzione
amministrativa, a Maurizio Fabry, la direzione commerciale, e all'ing. Arnaldo
Zoller, progettista svizzero che aveva lavorato per qualche tempo alla Fiat, la
direzione tecnica. Sede é a Torino, in via di Circonvallazione 554 e 556 (oggi corso
Ferrucci), con capitale di 200.000 lire.
L'inizio é molto promettente. Le ordinazioni fioccano, attirate dal nome che é
diventato famoso in tutto il mondo, e dalla promessa di un prodotto che viene
presentato come l'eccellenza della meccanica italiana. Le officine sono costrette, per
stare dietro alle ordinazioni, a traslocare nei nuovi edifici di corso Peschiera 250, che
si stendono su un'area di 44.000 metri quadri, di cui 15.000 coperti. Al Salon di
Parigi e a quello di Londra del 1912 lo stand Nazzaro suscita consensi entusiastici ed
ammirati. La vettura esposta ha un motore monoblocco di 100 x 140, con frizione in
metallo e amianto, "plancher" in alluminio, ruote d'acciaio Sankey, e la possibilità di
installare, con lieve sovrapprezzo, la messa in marcia automatica Cantono. Fa
sensazione vedere che dallo chassis é stato completamente eliminato il legno.
Qualche voce si leva a chiedere un modello un po' più accessibile come prezzo,
magari più piccolo, ma non si dubita che arriverà anche questo.
Quella che arriva, intanto, é la consacrazione sportiva. Nazzaro non esita ad
iscriversi, con la sua vettura, alla Targa Florio del 1913. Rischia molto, perché la
macchina é stata allestita in fretta e provata soltanto nel viaggio di andata da Torino
a Napoli, per la prima volta. Ma Nazzaro é troppo convinto che questo sia il
momento della verità per esitare, ed aspettare ancora. Si iscrive, insieme a trentasei
concorrenti, tra cui Marsaglia su Aquila Italiana, Gloria e Sivocci su De Vecchi,
Bordino su Lancia, Minoia su Storero, De Moraes su Fiat ed altri piloti meno
conosciuti che corrono su Scat, Renault, Sigma, Ford, Overland. I pronostici vedono
Nazzaro come miglior pilota, e Aquila Italiana come migliore macchina. Nazzaro
parte quasi ultimo, nell'ora più calda, avendo innanzi a sé ben trentuno concorrenti
da rimontare. Quando prende il via, già sono arrivati i telegrammi con i tempi dei
primi partenti (si utilizzava infatti il telegrafo per seguire le fasi della corsa, da una
località all'altra) che segnalano il tempo di De Moraes, arrivato a Messina in quattro
ore e quarantanove minuti, e quello di Marsaglia, giuntovi invece in quattro ore e
trentadue minuti. Nazzaro vi arriva alle tre del pomeriggio, impiegandoci cinque ore
giuste. E' la sua consueta tattica: un avvio lento, ragionato, quasi un risparmiare le
forse proprie e del mezzo, in modo da avere una buona riserva per scatenare l'attacco
quando le energie degli avversari sono allo stremo. A Spaccaforno Marsaglia supera
in tromba il primo partente, De Moraes, e arriva primo a Girgenti alle sette e un
quarto di sera. Ma dalla schiera di inseguitori emerge inesorabilmente, con una
regolarità di marcia sorprendente, Nazzaro. Partito trentaduesimo, é dodicesimo a
Siracusa, e secondo a Girgenti: nonostante l'intervallo di ore e le decine di
competitori tra le rispettive partenze, ora marciano uno a ridosso dell'altro. A
Girgenti era stato deciso dalle autorità di gara che la sosta sarebbe durata, per tutti,
cinque ore. Arrivato alle sette e un quarto, Marsaglia riparte a mezzanotte e un
quarto, senza aver riposato un minuto ma avendo assistito all'arrivo di tutti gli altri
concorrenti. Deve dunque ripartire nel pieno della notte, per di più con un faro rotto,
e guidare nelle ore in cui la stanchezza può diventare invincibile. Nazzaro arriva alle
undici e mezza, probabilmente riesce a riposare (è noto per la capacità di schiacciare
un sonnellino seduto al posto di guida, anche poco prima di storiche sfide) e riparte
alle quattro e mezza, senza troppi scombussolamenti e guidando con le prime luci
dell'alba. Da Girgenti a Sciacca, settantadue chilometri, Marsaglia impiega due ore e
mezza; Nazzaro, un'ora di meno. E da Sciacca la corsa non ha più storia: il vincitore
é Nazzaro, che si classifica primo arrivato in 19 ore e diciotto minuti, seguito da
Marsaglia, che impiega venti ore e quarantré minuti.
E' questo il momento che vale la sua vita intera. Quando arriva al traguardo, spegne
il motore e alza gli occhi, sa di aver riscattato per sempre il suo passato di uomo al
servizio di altri. Non é più solo un bravo meccanico, un grande pilota, un buon
collaudatore. E' Nazzaro, e il suo nome indica non soltanto se stesso ma anche ciò
che ha costruito con le sue mani. E' entrato a far parte della storia, come Nazzaro, e
non portando al trionfo la creazione altrui. E accanto a sé ha Carolina, a cui può
offrire gloria e ricchezza, e a Torino lo aspetta la "sua" fabbrica, e la gente lo
applaude, lo osanna, lo acclama. E ha solo trentadue anni, é ancora giovane, chissà
cosa gli riserva ancora l'avvenire... Tutto questo pensa, tutto insieme.
Lasciamolo immerso nella sua felicità, e nella convinzione che l'avvenire sarà ancora
meglio. Non sarà così: perché la guerra costringerà la Nazzaro, come tutte le
fabbriche automobilistiche, ad una impegnativa conversione alla produzione militare,
ad una ancora più rigorosa gestione, ed é questo il punto debole dell'azienda. Al di là
dell'effettiva qualità del prodotto (durante il primo anno di guerra, il 1915, la
Nazzaro diventa fornitrice del Regio Esercito di camion e di motori Anzani di
aviazione), manca un'adeguata capacità commerciale. Nazzaro é costretto a chiudere,
nel 1916, per poi tentare ancora con la rifondazione della fabbrica, a Firenze, nel
1919. Ma si capisce fin dalle prime battute che non durerà a lungo neanche questo
secondo tentativo, tanto che nel 1922 Nazzaro firma con la Fiat un contratto in cui si
impegna a partecipare con due vetture della casa torinese ai Gran Premi di Francia e
d'Italia, pur proseguendo nella sua attività di costruttore. Agnelli conosce troppo il
suo valore di pilota per non cercare di legarlo ancora ai destini della Fiat. Il suo
ritorno nella squadra non ha certo il sapore della sconfitta: é accolto con
commozione, rispetto ed ammirazione, non manca uno "champagne d'onore" in cui
riceve mazzi di fiori, applausi ed incoraggiamenti da compagni vecchi e nuovi.
Hanno ragione di festeggiarlo: vincerà ancora, con la consueta sicurezza e maestria,
al Gran Premio di Francia di Strasburgo (ma non é una gara felice, perché vi perde la
vita il nipote di Nazzaro, Biagio, che ne stava seguendo le orme). L'anno successivo,
il colpo definitivo: la moglie muore in un incidente di macchina, un'Itala guidata da
amici. Per tutta la vita Felice le aveva ingiunto di non salire mai su un'automobile se
non fosse stato lui alla guida: un presentimento, uno scherzo atroce del destino. Per
cosa combattere ancora, a quel punto? Nazzaro liquida anche l'azienda di Firenze, e
ritorna definitivamente alla Fiat, e a Torino, insieme alla figlioletta di appena cinque
anni, Gilda.
Non sappiamo se sia stato un ritorno melanconico: forse sì, certamente un ritorno
dominato dall'immensa assenza della moglie, dalla sensazione che non importi più il
farcela o non farcela. Ma per chi lo ricorda Nazzaro é quell'uomo vittorioso in
Sicilia, che alza gli occhi e sorride.
ALBO D'ORO DI FELICE NAZZARO
1900
luglio
Padova-Bassano-VicenzaPadova
Fiat
2° di categoria
1905
1905
5 luglio Gordon Bennett
10
Coppa Florio
settembre
Fiat
Fiat
2° assoluto
6° assoluto
1905
14
ottobre
27
giugno
21
aprile
14
giugno
2 luglio
7
giugno
7
settembre
Coppa Vanderbilt
Fiat
6° assoluto
Grand Prix
Fiat
2° assoluto
Targa Florio
Fiat
1° assoluto
G.P. dell'Imperatore
Fiat
1° assoluto
Grand Prix di Francia
Match Napier - Fiat
Fiat
Fiat
1° assoluto
1°
Circuito di Bologna
Fiat
1° assoluto
1906
1907
1907
1907
1908
1908
1908
26
G.P.America
novembre
Fiat
3° assoluto
1910
8
Circuito di Modena
maggio
11
G.P. America
novembre
Fiat
1° categoria
Fiat
g.p.v.
12
maggio
12
luglio
20
luglio
31
maggio
5 luglio
4
settembre
Targa Florio
Nazzaro
1° assoluto
G.P di Francia
Itala
ritirato
Riunione di Vercelli
Nazzaro
3° categoria
Giro di Sicilia - Targa Florio
Nazzaro
1° assoluto
G.P. Francia
Settimana di Brescia
Nazzaro
Fiat
ritirato
1° categoria
15
luglio
G.P. Francia
Fiat
1° assoluto
1910
1913
1913
1913
1914
1914
1921
1922
1922
10
G.P. d'Italia
settembre
Fiat
2° assoluto
1923
6
G.P. d'Europa
settembre
Fiat
2° assoluto
1929
11
agosto
Fiat
ritirato
Coppa delle Alpi
LA SFIDA NAPIER / FIAT
Nel 1908 Nazzaro fu protagonista di una delle più appassionanti sfide che la storia
sportiva dell'automobile ricordi. Il corridore inglese Edge proclamò che nessuna
vettura a quattro cilindri sarebbe riuscita a tener testa alla sua Napier a sei cilindri, e
che avrebbe accettato di essere sfidato sulla pista di Brooklands, in Inghilterra. Il
circuito era stato appena costruito da un anno, e si stendeva a circa 30 km di distanza
da Londra. Tutto in cemento, era ampio trenta metri, lungo tre miglia (ossia 4500
metri), con due rettilinei di quasi un miglio ciascuno. Le curva erano calcolate in
modo da poter essere superate "con qualsiasi velocità". Nel dicembre 1907, durante
una sua visita al Salone di dell'Automobile all'Olympia di Londra, Nazzaro rilevò la
sfida, ed al ritorno del pilota in Italia, alla Fiat si iniziò lo studio della macchina. Non
si avevano a disposizione che sei mesi, perché la gara era stata fissata dai due
corridori per il giugno 1908.
In maggio tutto era pronto. La vettura, una Fiat da 175 HP a 4 cilindri di 190 x 160, e
1200 kg di peso, fu collaudata sul rettilineo di Bruino (un paese nei dintorni di
Torino). La prova non soddisfece granché Nazzaro, che non riuscì ad andare oltre la
terza marcia in quanto ostacolato da altri veicoli che erano sopraggiunti (la sicurezza
delle prove non era ancora argomento di moda). Con tutto ciò, la velocità raggiunta
fu di 169 km orari, e si sperava di poterla lanciare anche ai duecento, mai sfiorati
sino a quel monento. Per non compromettere le gomme, lo stesso Nazzaro aveva
ideato un piccolo apparecchio situato nella parte posteriore della macchina, che
emetteva un getto d'acqua così da mantenere umide le gomme posteriori ed evitare
dunque il loro surriscaldamento.
Le vetture dovevano compiere dieci giri, per un totale di circa 45 chilometri.
All'ultimo minuti, mentre Nazzaro si stava placidamente riposando (il suo consueto
sonnellino al posto di guida!), giunse notizia che l'agitazione di Edge era tale da aver
dovuto cedere il posto di guida al suo meccanico Newton. Alla partenza, Newton (ed
Edge seduto accanto come meccanico) scattarono fulminei, lasciando indietro
Nazzaro. Questi raggiunse il pieno regime soltanto dopo tre chilometri, e dopo
quindici aveva riacciuffato i suoi avversari. Al sedicesimo chilometro, e terzo giro, la
Napier si fermava per fusione irrimediabile del motore, mentre la marcia di Nazzaro
non subiva soste. Giro dopo giro, il pilota italiano si avvicinava al termine della
corsa, quando un uccello andò a sbattere contro il volante, e quindi contro il viso del
corridore che, momentaneamente accecato, perse per un attimo il controllo della
macchina. Riuscì, con sforzo ernorme, a tenerla in pista, ed arrivò alla vittoria, sia
pure con il viso imbrattato di sangue, alla media di circa 185 km/h e con punte di
205. Fu il primo uomo a superare i duecento chilometri orari. Fu una grande pagina
per lo sport italiano.
Donatella Biffignandi
Centro di Documentazione del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino