il_patrocinio dei praticanti
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Il patrocinio dei praticanti “abilitati” L’articolo 8 del Rdl 1578/33 consentiva, al praticante abilitato, l’esercizio delle funzioni di rappresentanza e difesa davanti al Pretore e al Giudice conciliatore. Il D.Lgs. 51/1998 relativo alla soppressione dell’Ufficio del Pretore, modificò il citato articolo 8, prevedendo che i praticanti abilitati, per un periodo non superiore a sei anni, potessero esercitare il patrocinio davanti ai Tribunali del distretto di Corte Di Appello nel quale è compreso l’Ordine di appartenenza, “limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della legge 254/97, rientravano nella competenza del pretore”. L’articolo 7 della legge 479/1999 (nota anche come Legge Carotti) ha modificato ulteriormente la normativa, che attualmente prevede : I praticanti abilitati possono patrocinare nelle cause di competenza del Giudice di Pace e dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, con i seguenti limiti: a) negli affari civili: • alle cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a euro 25.822,84 • alle cause possessorie (ad eccezione delle domande incidentali in giudizi di valore eccedente gli 25.822,84 di cui all’art. 704 c.p.c.) • alle cause per denuncia di nuova opera o danno temuto (ad eccezione delle domande incidentali ex art. 688 c.p.c. in giudizi di valore superiore a euro 25.822,84) • alle cause di locazione e comodato di immobili urbani (non di competenza delle sezioni specializzate agrarie) b) negli affari penali: • alle cause per i reati indicati dall’art. 550 c.p.p. (modif. dall’art.2 decies del D.L. n.82/2000 conv. con modif. nella L. n.144/2000) Inoltre, ulteriore limite è costituito dalla territorialità del limitato ius postulandi in quanto il praticante Avvocato può esercitare le funzioni di difesa e rappresentanza unicamente nel distretto di Corte d’Appello nel quale è compreso l’Ordine circoscrizionale di appartenenza. Il patrocinio ha durata di sei anni decorrenti sempre dal primo del secondo anno di pratica e ciò a prescindere da quando il praticante ne abbia fatto richiesta. Infine, si rammenta che l’esercizio della professione forense oltre i limiti previsti da tale normativa configura il reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 c.p.) e costituisce altresì illecito disciplinare (art.21 del Codice deontologico forense). Giurisprudenza sul tema Cass, pen, VI, 23-11-2000, n.13273 Cass. pen VI, 09/12/2002. 1751 Cass. Sez. U, n. 17761 del 30/06/2008 C.N.F. 30-09-2008,n.102 C.N.F. 3/10/2001, n. 191