Riceviamo e pubblichiamo con piacere un articolo redatto dal

Transcript

Riceviamo e pubblichiamo con piacere un articolo redatto dal
“Riceviamo e pubblichiamo con piacere un articolo redatto dal legale di fiducia
della Federazione, avv. Domenico Tomassetti, sulla ben nota vicenda che ha
interessato e continua a coinvolgere tanti dirigenti, iscritti e non, relativa ai
comportamenti che tante amministrazioni locali adottano in tema di durata degli
incarichi dirigenziali.”
L'ORDINANZA DEL TRIBUNALE LAVORO DI ROMA n.75540/2015 AFFERMA CHE LA
DURATA MINIMA DELL'INCARICO CONFERITO AD UN DIRIGENTE COMUNALE NON
PUO' ESSERE INFERIORE A TRE ANNI.
L'ordinanza in commento - facendo riferimento alla normativa, in materia di revoca degli
incarichi dirigenziali con specifico riguardo agli Enti Locali, contenuta nell'art.19 del d.lgs.165/2011,
nell'art.109 D. lgs 267/200, nell'art.13 co.3 del CCNL Dirigenza autonomie locali nonché nell'art.39
del Regolamento sull'ordinamento degli Uffici e Servizi di Roma Capitale - afferma il principio, di
interesse per tutta la categoria dirigenziale, che la durata minima degli incarichi dirigenziali
all'interno del Comune di Roma non può essere inferiore a tre anni.
Ne consegue, come statuito nell'ordinanza, che la revoca anticipata dell'incarico è consentita solo
in presenza di situazioni tipiche legislativamente fissate dalla lettura coordinata delle predette norme
legislative e pattizie, quali l'inadempimento del dirigente, o l'esistenza di una precisa causale
normativamente prevista.
Con riguardo a quest'ultima fattispecie, il Regolamento dell'Amministrazione convenuta
stabilisce all'art.39 " Criteri per la revoca degli incarichi dirigenziali" che i presupposti per poter
procedere legittimamente alla revoca di un incarico dirigenziale devono essere congruamente chiariti
e spiegati nel predetto provvedimento di revoca.
Orbene, l'ordinanza in commento statuisce che le ragioni addotte dall'Amministrazione
convenuta nel caso di specie ( "necessità di assicurare la copertura delle posizioni dirigenziali,
garantendo continuità dell'azione amministrativa ed "attuale situazione politica e amministrativa")
sono del tutto generiche ed inidonee a giustificare la revoca anticipata dell'incarico .
Inoltre il provvedimento di revoca viene considerato illegittimo, in quanto avvenuto al di fuori
del procedimento di valutazione dell'attività del dirigente, nonché adottato in assenza di previa
contestazione, e senza alcun contraddittorio con il ricorrente, ai sensi dell'art.14 del CCNL Area
Dirigenza Regioni Enti Locali 1998/2001.
In sintesi, dalla lettura dell'ordinanza in oggetto si deve concludere che la durata minima
dell'incarico conferito ad un dirigente non può essere inferiore a tre anni, e non può superare il
termine di cinque, ai sensi dell'art.19 co. 2 D.lgs.165/01. Tale norma si applica anche agli enti non
statali, per il rinvio operato in tal senso dall'art.27 del D.lgs.165/01 e dall'art.22 del CCNL Dirigenza
Enti Locali.
La predetta normativa di cui al citato art.19 del D.lgs. 165/2001 è una norma fondamentale ed
imperativa che non può essere derogata mediante previsioni di diverso tenore.
Ne consegue, che deve ritenersi affetta da nullità ai sensi dell'art.1418 comma 1 c.c. qualsiasi
atto che, di fatto, appone all'incarico dirigenziale conferito un termine finale più breve rispetto a
quello previsto dalla normativa vigente (tre anni).
Tuttavia l'ordinanza in commento chiarisce che il predetto vizio genetico, non comporta la
nullità dell'intero atto negoziale, potendosi provvedere, ai sensi del successivo comma 2
dell'art.1419 c.c., alla sostituzione di diritto del termine illecito con quello legale triennale con
conseguente reintegra del ricorrente nell'incarico conferitogli precedentemente.