I vassoi vengono composti con un impianto a nastro trasportatore e

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I vassoi vengono composti con un impianto a nastro trasportatore e
Arcispedale S. Maria Nuova
3e Giornate Reggiane di Dietetica e Nutrizione
Clinica
“Vino & Alcool: dagli Effetti
Salutari a quelli Tossici”
Reggio Emilia, 03 Ottobre 2008
A cura di
William Giglioli - Salvatore Vaccaro
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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INDICE
INTRODUZIONE
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PARTE 1 - ALCOOL: METABOLISMO ED INTERAZIONI CON
NUTRIENTI E FARMACI
Pag.
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Aspetti Generali e Metabolismo
Fabio Bassi
Pag.
04
Alcool e Nutrizione
Nino Carlo Battistini, Salvatore Vaccaro
Pag.
09
Alcool e Farmaci
Mauro Miselli
Pag.
19
Pag.
21
Effetti nel Periodo Gestazionale
Giovanni Battista La Sala e Collaboratori
Pag.
22
Alcool e Sport
Vincenzo Guiducci
Pag.
26
PARTE 3 - L’ALCOOL NEGLI STATI PATOLOGICI E DIPENDENZA Pag.
29
PARTE 2 - L’ALCOOL NEGLI STATI FISIOLOGICI
Alcool e Diabete Mellito
Enrica Manicardi
Pag.
30
Effetti e Patologia sul Sistema Endocrino
Pag.
33
Effetti e Patologia su Fegato, Pancreas ed Apparato Digerente
Giovanni Fornaciari
Pag.
35
Effetti e Patologia sul Sistema Nervoso Centrale e Periferico
Alberto Dallari
Pag.
40
Il Neuroimaging dell’Etilismo
Giulio Zuccoli - RELAZIONE NON PRESENTE
Pag.
56
Alcool e Medicina Legale
Fulvio Fantozzi
Pag.
61
Il Ruolo del S.E.R.T.
Angiolina Dodi
Pag.
63
Pag.
Pag.
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Pag.
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Michele Zini
PARTE 4 - ABSTRACT E CONTRIBUTI
Vini e Vivande
Salvatore Vaccaro
Consumo di Bevande Alcoliche nella Provincia di Reggio Emilia
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Salvatore Vaccaro, Simona Bodecchi, Marika Iemmi
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Il Vino entra a pieno titolo nella cultura mediterranea ed in particolare in quella
delle nostre terre. Il “bere vino” racchiude in sé una simbologia complessa che comprende
un insieme di abitudini, di esperienze, di modi di vivere nati e tramandati nelle generazioni
attraverso i secoli. Negli ultimi decenni, a ritmo incalzante, su questa abitudine si sono
succedute valutazioni di ogni tipo che spaziano dagli aspetti clinici, psicologici, biochimici e
comportamentali ed arrivano a giudizi finali spesso molto diversi gli uni dagli altri.
La corretta collocazione del vino nella nostra alimentazione, tenendo conto dei rischi
di tossicità, ma allo stesso tempo delle sue possibili potenzialità benefiche, è da sempre
estremamente difficoltosa. Diviene così importante capire, per quanto possibile, quale possa
essere il margine di sicurezza per la salute. Il problema può essere affrontato valutando il
concetto di quantità, di modalità di assunzione e di accompagnamento o meno con i pasti, ed
inoltre rapportandolo alla fascia di età, al sesso ed alle condizioni fisiologiche come la
gravidanza, l’allattamento, l’accrescimento o la senilità. Ed ancora considerando
l’assunzione in contemporanea con farmaci od in presenza di particolari patologie. È altresì
fondamentale non tralasciare i numerosi risvolti tossici che l’etanolo può portare
sviluppando dipendenza e gravi patologie. Il dibattito su questo argomento è in continuo
divenire e noi, coinvolgendo vari esperti del settore a queste 3e Giornate Reggiane di
Dietetica e Nutrizione Clinica, culliamo la speranza che approfondendo un tema così
complesso si possano fissare basi di aiuto alla nostra attività quotidiana.
Dott. William Giglioli
Coordinatore Team Nutrizione Artificiale ASMN
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Parte 1
Alcool:
Metabolismo ed Interazioni con
Nutrienti e Farmaci
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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ALCOOL: ASPETTI GENERALI E METABOLISMO
Fabio Bassi
Medicina IIIa e Gastroenterologia - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova Reggio Emilia
Definizione
Con il termine di “Alcool” si definisce una molecola idrosolubile di piccole
dimensioni che viene assorbita lentamente dallo stomaco e più rapidamente a livello di
intestino tenue, distribuita poi liberamente nell’organismo.
Viaggio di un drink: Assorbimento
Ogni bevanda alcolica che viene ingerita è assorbita per semplice diffusione a livello
dello stomaco e del primo tratto di intestino tenue (duodeno e digiuno); lo stomaco ha una
notevole capacità di assorbimento, ma la velocità con cui l’alcool viene assorbito è maggiore
nel tratto digestivo successivo, in quanto a livello duodeno-digiunale il flusso ematico
sottomucoso è maggiore e quindi maggiore è la capacità di trasporto.
Il tasso di assorbimento dell’alcool è influenzato da numerosi fattori: tra questi i
principali sono la concentrazione della bevanda alcolica, l’assunzione concomitante di
alimenti (in particolare i carboidrati, che ritardano lo svuotamento gastrico e rallentano il
passaggio nel duodeno), il contenuto calorico del pasto, la concomitante assunzione di
farmaci (soprattutto attraverso una azione sullo svuotamento gastrico), la miscelazione con
anidride carbonica (che accelera l’immissione in circolo).
Dopo l’ingestione per via orale, la concentrazione ematica di alcool raggiunge un
picco iniziale abbastanza velocemente (a distanza di circa un’ora), segue una fase di plateau,
poi tale concentrazione si riduce progressivamente in maniera più o meno lineare nel giro di
altre quattro ore. L’alcool viene rimosso dal sangue alla velocità di circa 3,3 mmol/ora (15
mg/100 ml/ora). La concentrazione ematica di alcool varia in accordo al sesso, alle
dimensioni dell’organismo, alla fase del ciclo mestruale (è più alto durante la fase premestruale e alla ovulazione), alla pregressa esposizione all’alcool, al tipo di drink,
all’ingestione concomitante di alimenti o farmaci. Le differenze di sensibilità all’alcool tra i
due sessi sono in gran parte dovute al differente spazio di distribuzione: infatti esse
praticamente scompaiono se si tiene in considerazione questo parametro.
Diffusione
Una volta assorbito nel torrente circolatorio, l’alcool diffonde rapidamente attraverso
le pareti dei capillari nei vari tessuti, raggiungendo un equilibrio tra l’acqua nel sangue e i
fluidi extracellulari attraverso un singolo passaggio nei capillari, e raggiungendo un
equilibrio tra l’acqua nel sangue e l’acqua totale nei tessuti in un tempo variabile da pochi
minuti ad alcune ore a seconda dell’area di sezione trasversale del letto capillare locale e dal
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volume-minuto di flusso ematico per grammo di tessuto. Nel complesso quindi il volume di
distribuzione dell’alcool è il volume di acqua totale corporea.
Essendo la distribuzione dell’alcool nell’organismo veicolata dall’acqua, la maggior
parte dei tessuti (come il cuore, il cervello, i muscoli) è esposta alla stessa concentrazione di
alcool del sangue. L’unica eccezione è rappresentata dal fegato, dove l’esposizione è
maggiore poiché il sangue giunge a tale organo direttamente dallo stomaco e dall’intestino
tenue attraverso la vena porta.
La diffusione dell’alcool nell’organismo è in genere lenta ad eccezione di quegli
organi con un ricco apporto ematico, quali il sistema nervoso centrale e i polmoni. A livello
dei grassi la diffusione è molto modesta a causa della scarsa liposolubilità della molecola di
alcool. Di conseguenza le concentrazioni ematiche e tessutali di alcool sono più elevate nelle
donne (che presentano una proporzione più elevata di tessuto adiposo sottocutaneo e un
minor volume ematico) rispetto agli uomini, a parità di alcool ingerito (tenendo anche in
considerazione l’aggiustamento per il peso corporeo). In più, i livelli di alcool-deidrogenasi
(uno degli enzimi che interviene nel metabolismo dell’alcool) nello stomaco possono essere
più bassi nelle donne rispetto agli uomini, così che una minore quota di alcool può essere
metabolizzata prima di essere assorbita.
Metabolismo
Il primo step nel metabolismo dell’alcool è l’ossidazione ad acetaldeide in presenza
di cofattori e attraverso la alcool-deidrogenasi, di cui esistono almeno quattro isoenzimi.
Questa attività inizia a livello della mucosa gastrica (first pass metabolism) dove è
presente una attività alcoldeidrogenasica. L’acetaldeide è una sostanza tossica e altamente
reattiva, che negli individui sani viene rapidamente ossidata ad acetato attraverso l’aldeidedeidrogenasi, di cui esistono numerosi isoenzimi. La variabilità genetica degli enzimi che
intervengono nel metabolismo dell’alcool è alla base delle differenze razziali e individuali
nella tolleranza e nella suscettibilità al danno d’organo nei confronti dell’etanolo. In
condizioni normali l’acetato, a livello di fegato e tessuti periferici, è poi ossidato ad anidride
carbonica e acqua che rappresentano i prodotti di eliminazione assieme a residue quantità di
etanolo che vengono eliminate per via respiratoria (su questo aspetto si basa il test sul
respiro in uso dalla polizia stradale) o renale.
Un aspetto particolare nel metabolismo dell’alcool è quello che accade nel miocardio
in cui non vi è un metabolismo ossidativo dell’etanolo ma in cui, ad opera di una sintetasi
specifica, si determina la formazione di etilesteri di acidi grassi che giocherebbero un ruolo
importante nel determinismo del danno miocardio da etanolo. Analogo fenomeno si verifica
anche a livello cerebrale ove peraltro vi è anche una attività acetaldeide-deidrogenasi.
Negli individui con abitudine etilica protratta si vengono a instaurare due
meccanismi di “tolleranza”: si assiste a un incremento del metabolismo dell’alcool (come
dimostrato dalla presenza di elevati livelli ematici di acetato) e a una induzione enzimatica
del citocromo P450. Come conseguenza si ha una inibizione della gluconeogenesi epatica,
una riduzione del ciclo dell’acido citrico e una compromissione della ossidazione degli acidi
grassi. La produzione di glucosio è quindi ridotta (con il rischio di ipoglicemie), la
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sovrapproduzione di acido lattico blocca l’escrezione renale di acido urico, l’accumulo di
acidi grassi è convertito in lipidi e corpi chetonici.
Eliminazione
Più del 90% dell’alcool è eliminato attraverso il fegato, il 2-5% è escreto
immodificato con le urine, il sudore, il respiro.
Sesso ed età
In base a quanto descritto finora è facilmente intuibile come le differenze legate al
sesso e all’età nella farmacocinetica dell’alcool siano in gran parte spiegate dalle differenze
nella composizione corporea e alle conseguenti differenze nei volumi di distribuzione
corporea (le donne presentano una più alta percentuale di grasso corporeo e una
corrispondente minore percentuale cimasa magra rispetto all’uomo). Quando infatti la
quantità è calcolata sulla base dell’acqua corporea totale piuttosto che sul peso corporeo le
differenze legate all’età e al sesso virtualmente scompaiono.
Alcool e nutrizione
L’alcool può essere considerato un macronutriente in quanto fornisce 29 kj/g.
L’alcool agisce poi farmacologicamente sul sistema nervoso agendo in primo luogo
attraverso la attivazione dei recettori dell’acido gamma-aminobutirrico. Entrambe queste
azioni hanno effetti sull’apporto alimentare. Benché un moderato apporto di alcool possa
stimolare l’introduzione di alimenti nel breve termine, gli effetti complessivi dell’alcool sul
bilancio energetico in termini di rischio di obesità non risultano ancora del tutto chiariti.
Effetti dell’alcool
L’ingestione di alcolici può determinare sia effetti piacevoli che tossici, in relazione
soprattutto alle quantità ingerite e alla persistenza dell’abitudine.
Effetti piacevoli
Gli effetti piacevoli dell’alcool sono meglio raggiunti quando l’ingestione si
accompagna ai pasti e quando la bevanda alcolica è diluita. In base agli effetti sul
comportamento, l’alcool può essere considerato un sedativo e un blando anestetico. E’
ipotizzato che attivi i centri del piacere nel sistema nervoso centrale innescando il rilascio di
neurotrasmettitori quali la dopamina e la serotonina. Produce un senso di benessere,
rilassamento, euforia e disinibizione. Questi sentimenti possono essere accompagnati da
modificazioni fisiologiche quali flushing, sudorazioni, tachicardia, incremento della
pressione arteriosa, probabilmente dovuti a una stimolazione dell’ipotalamo e a un
aumentato rilascio di amine simpaticomimetiche e ormoni ipofiso-surrenalici.
Effetti tossici
Un incremento progressivo della assunzione di alcool porta a uno stato di
intossicazione che dipende dalla quantità di alcool introdotto e dalla pregressa abitudine
etilica. Anche a una bassa concentrazione ematica di alcool di circa 6,5 mmol/l (30 mg/100
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ml) il rischio di danno non intenzionale è più alto rispetto alla assenza di alcool nel sangue,
benché debba essere tenuta in considerazione l’esperienza individuale e la complessità della
mansione da svolgere. A 17,4 mmol/l (80 mg/100 ml), il limite legale corrente per poter
guidare nel Regno Unito, il rischio di un incidente automobilistico raddoppia; a 34,7 mmol/l
(160 mg/100 ml) addirittura aumenta oltre le dieci volte. A 21,7 mmol/l (100 mg/100 ml) gli
individui diventano aggressivi; a questo livello se viene interrotta l’assunzione di alcool si
possono manifestare gli effetti di “hangover”, quali insonnia, affaticamento, nausea e
cefalea. Se al contrario l’assunzione di alcool viene continuata, a 43,4 mmol/l (200 mg/100
ml) l’individuo inizia a farfugliare, compare instabilità motoria, può sopraggiungere perdita
di coscienza. Concentrazioni ematiche superiori a 86,8 mmol/l (400 mg/100 ml) sono in
genere fatali per il sopraggiungere di fibrillazione ventricolare, insufficienza respiratoria, ab
ingestis.
E’ ormai universalmente riconosciuto che il regolare apporto di alcool nel tempo sia
di danno alla maggior parte dei tessuti dell’organismo. La relazione tra i livelli di alcool nel
sangue e le patologie alcool-correlate è complessa. Alcune forme di patologia sono legate al
metabolismo dell’alcool e quindi alla quantità totale di alcool introdotta in relazione a un
periodo di tempo (steatosi epatica, epatite, cirrosi, epatocarcinoma, gastrite, pancreatite,
neoplasie del cavo orale, della laringe, dell’esofago, della mammella, del colon, del
polmone, diabete, deficit nutrizionali, cardiomiopatie, ipertensione arteriosa, strokes,
neuropatie, miopatie, disfunzioni sessuali, infertilità, danno fetale, tossicità ematopoietica,
alterazioni cutanee, endocrinologiche, immunitarie, danni renali), mentre altri tipi di malattia
sono legati principalmente alle massime concentrazioni di alcool raggiunte nel sangue e nei
fluidi corporei durante un singolo episodio di ingestione di alcolici (epatite, gastrite,
pancreatite, gotta, aritmie cardiache, traumi, strokes, danno fetale).
Alcool e società
Il consumo rischioso e dannoso di alcool ha un notevole impatto sulla salute pubblica
ed è causa di costi riferibili al sistema di cura, alle assicurazioni sanitarie, al rafforzamento
della legge e dell’ordine pubblico; ha quindi un impatto negativo sullo sviluppo economico e
sulla società nel suo insieme. E’ un determinante di salute fondamentale ed è una delle cause
principali di morte prematura e di malattia evitabile (causa netta del 7,4% di malattia e di
morte prematura nell’Unione Europea).
In Italia, nonostante il consumo medio pro-capite di alcool puro sia diminuito del
37% circa nel corso degli ultimi 20 anni, si assiste a un notevole incremento del numero di
consumatori e a una relativa stabilità delle fasce di popolazione che ne abusa. Come
dimostrato da recenti valutazioni dell’Osservatorio Nazionale Alcool dell’Istituto Superiore
di Sanità la diminuzione del consumo medio di alcool nasconde problemi tuttora irrisolti.
In seguito alle modificate abitudini e alla nuova cultura del bere, influenzate dalla
sempre maggiore disponibilità ed offerta di bevande alcoliche, i giovani (ma anche gli adulti
e in particolare le donne) hanno adottato modelli di consumo che, separando il bere dalla
ritualità dei pasti, hanno trasformato il significato originale del bere in un valore e in un
gesto comportamentale prevalentemente legato all’uso di alcool in funzione degli effetti che
esso è in grado di esercitare sulle performance personali (l’alcool è utilizzato per sentirsi più
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sicuri, più loquaci, per facilitare le relazioni interpersonali, per apparire più emancipati, per
essere più facilmente accettati dal gruppo o per conquistare un ruolo di presunta leadership
nel gruppo). L’alcool infatti, a differenza degli altri principali fattori di rischio, gode di una
accettazione sociale.
Bibliografia essenziale
1.
2.
3.
4.
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Paton A. Alcohol in the body. BMJ 2005; 330: 85-87.
Yeomans MR. Effects of alcohol on food and energy intake in human subjects: evidence for passive and
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Patussi V, Mezzani L, Scafato E. An overview of pathologies occurring in alcohol abusers.
Comprehensive Handbook of Alcohol related Pathology. 2005, volume I: 255-262.
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ALCOOL E NUTRIZIONE
Nino Carlo Battistini, Salvatore Vaccaro
Cattedra di Scienze Tecniche Dietetiche - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Team Nutrizionale - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova - Reggio Emilia
Premessa
La parola “Alcool” deriva dal termine arabo “al-kool”, che significa “finissima
polvere per tingere le sopracciglia di nero”. Giunta in occidente assunse il significato di
“polvere impalpabile”, finché nel XVI° secolo il medico alchimista Paracelso chiamò in
questo modo ogni polvere essenziale o essenza del vino (alcohol vini).
La nostra cultura alcolica è infarcita di luoghi comuni e pregiudizi: che fa salute, che
fa virile, che fa sangue, che l'alcol muove ricchezze (fatturato annuo 12 miliardi di Euro, ma
anche danni sociali per 14 miliardi di Euro!).
È indiscutibile però che l'uomo, sin dall'antichità, ha sempre prodotto e consumato
sostanze alcoliche. La pianta più utilizzata inizialmente fu l'albero della palma, ma anche la
canapa, l'agave, il riso, il grano, l'orzo. Tra le attuali bevande la birra ha le tradizioni più
antiche, ve ne sono tracce risalenti a 10.000 anni prima di Cristo, mentre la “nascita” del
vino è relativamente più recente e data intorno al 4.000 A.C. Questa differenza di “età” è
giustificata dal fatto che l'orzo era geograficamente molto più diffuso e di più facile
conservazione, quindi era possibile produrre la bevanda quando se ne aveva bisogno. La
coltivazione dell'uva era meno diffusa, richiedeva metodi di coltivazione più complessi, il
raccolto e l'impiego erano legati ad un solo periodo dell’anno: la vendemmia. Inoltre,
conservare il vino richiedeva tecnologie più sofisticate rispetto alla birra. La viticoltura e
l'arte di fare il vino hanno origini orientali, sono infatti le popolazioni ariane che introducono
in occidente queste culture in occasione delle loro migrazioni.
Le bevande alcoliche in generale, e il vino in particolare, hanno trovato grande
utilizzo in campo medico: da Ippocrate, il grande medico greco, a Galeno, alla Scuola
Salernitana fino ai primi anni di questo secolo. Anche nella medicina araba il vino trova
vari impieghi a scopo terapeutico, e questo uso permane in parte anche dopo la proibizione
coranica.
Le bevande alcoliche hanno avuto anche un importante ruolo nelle pratiche religiose
di moltissimi popoli, dal Mescal utilizzato nelle civiltà precolombiane, al vino utilizzato in
Grecia e a Roma con la mitologia di Dioniso e di Bacco cui erano dedicate apposite feste
religiose. La vite e il vino hanno un ruolo centrale nella religione cristiana: la tradizione
legata a Noe', il vino come sangue di Cristo, i membri della Chiesa come tralci di un'unica
vite. Nella tradizione ebraica il vino è simbolo della festa e della gioia del Giorno fuori dal
Tempo oltre che segno di alleanza fra Dio e il popolo eletto.
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Alcool - alimento
L'alcool, quello alimentare contenuto in diversa concentrazione nelle bevande
alcoliche, è una sostanza che deriva dalla fermentazione degli zuccheri presenti nella frutta o
dall'amido di cui sono ricchi cereali e tuberi.
Le bevande alcoliche fermentate da vegetali o frutti, come il vino, la birra e molte
altre, sono conosciute e consumate dall'uomo da millenni e fanno parte della cultura, dei riti
e della vita sociale di quasi tutti i popoli del mondo. Sebbene proprio tali bevande, e per gli
italiani il vino in particolare, rappresentano da tempo immemorabile uno dei componenti
dell'alimentazione quotidiana, il punto di vista delle raccomandazioni dietetiche è ancora
controverso. Infatti, ci sono nutrizionisti che sostengono che l'alcool, non rientrando tra i
principi nutritivi classicamente riconosciuti (zuccheri, proteine, grassi, sali minerali,
vitamine ed acqua) non dovrebbe essere inserito nelle tabelle di composizione alimentare e
non andrebbe considerato nel calcolo dei fabbisogni giornalieri per i soggetti sani (L.A.R.N.
- Livelli di Assunzione Raccomandati per i Nutrienti).
È questa l'occasione per chiarire che, in linea generale, le vitamine e le proteine sono
presenti nel vino in scarsa quantità, ma i sali minerali si trovano in buona quantità in tutti i
fermentati alcolici. Inoltre, vino e superalcolici, secondo rigidi esperti, conterrebbero come
unico principio nutritivo i glucidi (zuccheri). Il problema non risolto, quindi, consiste nel
fatto che l'alcol etilico non è in grado di soddisfare, da solo o aggiunto agli altri alimenti, le
importanti funzioni che vengono riconosciute ai nutrienti classici e che li rendono
raccomandati.
Non si deve però trascurare che, l'alcol ha un elevato potere calorico, infatti, la
combustione di 1 grammo sviluppa 7,1 calorie. Ma non è un buon combustibile, perché
brucia troppo rapidamente. Le calorie realizzate dalla trasformazione dell'alcol da parte del
nostro organismo, vengono rapidamente disperse sotto forma di calore che si dissolve in
pochi istanti a causa della vasodilatazione cutanea che si verifica dopo aver bevuto.
Esiste una relazione tra alto consumo di alcol ed aumento dei depositi di grasso
corporeo (azione ingrassante), infatti è evidente che se assunto in eccesso rispetto alle
esigenze energetiche, l'alcol finisce col determinare un vero e proprio effetto ingrassante.
Tant’é che nel trattamento dell'obesità basta diminuire o eliminare del tutto le bevande
alcoliche, per ottenere un primo rapido dimagramento.
Le quantità raccomandabili, ci limiteremo alle indicazioni dell'O.M.S. in linea con i
L.A.R.N. per la popolazione italiana: si può affermare che per la popolazione italiana adulta
un’assunzione quotidiana di 40 gr di alcol possa essere concessa (questo vale per gli uomini,
per la donna, invece, si deve diminuire a 30 gr al giorno). In pratica, non più di 3 bicchieri di
vino da ripartire tra i due pasti principali per i maschi e non più di 2 bicchieri per le donne;
un poco meno per i soggetti anziani che vanno qui assimilati alle donne. Tali quantità non
devono comunque superare il 10% dell' introito calorico (WHO, 1990). Vi sono infine
situazioni fisiologiche e patologiche in cui non andrebbe consumato nessun tipo di bevanda
alcoolica (gravidanza, età inferiore a 18 anni, diabete mellito, assunzione di alcuni farmaci,
guida di autoveicoli) e non appare opportuno, per i motivi suddetti, allargare l'assunzione di
alcool, anche in piccole quantità, alla popolazione che non ne fa attualmente uso (fonte
L.A.R.N.).
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Quindi l’alcol non è da considerare come un alimento in grado di farci stare bene se
assunto in quantità elevate, ma può rappresentare un buon complemento per gli alimenti e
stimolare i processi digestivi quando l'ingestione è moderata. Una giusta quantità di vino o
di birra durante i pasti può infatti avere effetti benefici su alcune funzioni digestive, mentre
l'abuso causa con il tempo dipendenza e danni a vari organi e apparati.
Quantità di alcol
Il problema abuso-dipendenza etilica deve sempre essere affrontato, anche se la
valutazione quantitativa di astemio, medio e forte bevitore è molto soggettiva e, spesso, è
legata a un tentativo di minimizzare abitudini ormai acquisite da parte del soggetto in esame.
Talvolta risulta difficile stabilire la reale quantità di alcol assunta nell'arco di una giornata,
perché, per esempio, chi beve a pasto spesso non sa definire quanti bicchieri realmente beve
e inoltre non considera mai la grandezza del bicchiere usato.
Per quantificare l’alcol bevuto è opportuno avere un'idea di quanto alcol ci sia in un
bicchiere e in una bevanda. La quantità di alcol contenuta in ogni bevanda è diversa e varia
in base alla sua gradazione alcolica, ma può essere identificata applicando la regola
dell'unità alcolica (U.A.). Il sistema di calcolo è il seguente:
1. leggere sull'etichetta il numero di gradi alcolici che è espresso in volume %;
2. moltiplicare i gradi alcolici per 0,8 (peso specifico dell'alcol), ricordando che il risultato
della moltiplicazione darà i gradi per 100 ml della bevanda;
3. moltiplicare questo secondo valore per 7 (Kcal per grammo date dall’alcol), ottenendo
così il numero di Kcal per 100 ml di bevanda.
Alcuni esempi calcolati per dose bevanda (ml) di assunzione:
Bevanda
Alcol
(vol.%)
Dose
in ml
Alcol
per dose
kcal
per dose
Vino rosso secco
11-12
150-200
13-19
90-130
Vino bianco secco
10-11
150-200
12-18
85-125
Amaro
25
50
10
70
Grappa
42
40
13,5
95
Whisky
43
40
14
100
Cognac
42
40
13,5
95
Brandy
40
40
13
90
Liquori da dessert
36
40
11
125
3,5-5
330
9-43
100-140
Birra chiara
Assorbimento
L'assorbimento dell’alcol è estremamente rapido; infatti inizia immediatamente dopo
l'ingestione e si completa in un tempo variabile dai 15 ai 40 minuti. La sua presenza nel
sangue è riscontrabile entro 5 minuti dall'ingestione e raggiunge la massima concentrazione
ematica in un tempo compreso tra i 30 minuti e 2 ore.
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La velocità dell'assorbimento dipende dal fatto che l’alcol etilico si diffonde
facilmente attraverso le membrane biologiche in qualsiasi punto del tubo digerente, con una
prevalenza nell'intestino tenue, ma anche nel cavo orale, nello stomaco nel colon e nel retto.
• Il passaggio nel sangue è tanto più rapido quanto più elevata è la concentrazione
alcolica, mentre l'assunzione di una stessa quantità di alcol frazionata in più dosi,
determina un tasso alcolico inferiore.
• La presenza di cibo nello stomaco determina un rallentamento dell'assorbimento
dell'alcol, perciò se l'assunzione si verifica durante il pasto, il tasso alcolico presenta un
picco inferiore e si normalizza più velocemente. Questo è il motivo per cui un paio di
bicchieri di vino bevuti a digiuno producono un effetto maggiore che la stessa quantità di
vino bevuto durante il pasto.
• L'ingestione di sostanze grasse, latte e derivati rallenta il processo di assorbimento
dell’alcol.
• Altre condizioni particolari influenzano il suo assorbimento, per esempio il tempo di
svuotamento gastrico, il grado di acidità del succo gastrico, la contemporanea assunzione
di farmaci che alterano la motilità gastroenterica e il flusso di sangue alle mucose.
• Le persone che soffrono di gastrite assorbono più facilmente l’alcol, a causa delle
alterazioni infiammatorie della mucosa gastrica.
La velocità di assorbimento dell’etanolo può essere quindi influenzata da:
Sesso
Assunzione di Farmaci
Peso Corporeo
Tipo di cibo presente nello stomaco
Modalità d’assunzione
Tipo di bevanda
Condizioni di Salute
Momento (ora) di ingestione
Distribuzione
Per distribuzione si intende la diffusione di una sostanza nei diversi compartimenti
dell'organismo. L'etanolo ha una rapida diffusione e distribuzione. Tanto maggiore è la
vascolarizzazione di un organo, tanto più immediati saranno gli effetti dell’alcol: i primi
distretti ad essere interessati dalla diffusione dell’alcol sono quindi il sistema nervoso
centrale e, subito dopo, il fegato, i reni, il cuore. In un secondo tempo vengono interessati
anche i muscoli, perché sono organi a perfusione lenta, e il tessuto adiposo, nel quale
l'etanolo tende a depositarsi; per questo le persone grasse possono aver una maggior
resistenza alla sostanza di quanto dimostrino di avere le persone magre.
Fattori che possono influenzare la diffusione dell’alcol:
• Stanchezza
• Malattie e medicine
• Tensione nervosa
• Nicotina e caffè
• Affaticamento
Metabolismo
Il 90-95% dell’etanolo introdotto va incontro a complesse trasformazioni, che si
svolgono quasi esclusivamente a livello epatico, perciò il fegato è l'organo più esposto agli
effetti dei prodotti tossici che si sviluppano come conseguenza della degradazione dell’alcol.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
13
Anche la concentrazione alcolica della bevanda che si consuma ha molta importanza,
come determinante risulta anche il fatto che l’alcol venga ingerito a stomaco vuoto oppure
durante e/o dopo i pasti. Contano infine la velocità con cui si beve e, naturalmente, le
differenze tra individuo e individuo, come il peso corporeo, il sesso e lo stato di salute. Le
azioni che l’alcol produce sul sistema nervoso sono varie e dipendono soprattutto da quanto
se ne ingerisce e in quali condizioni lo si fa. Assumere una moderata quantità alcolica, come
è in grado di dare una birra, risulta leggermente euforizzante, producendo nel consumatore
una sensazione di benessere che si traduce in un comportamento più rilassato, più aperto alla
socialità, più positivo. Bere grandi quantità di alcol, in forte concentrazione e molto
velocemente, deprime invece fortemente il sistema nervoso provocando abbattimento o
comportamenti aggressivi ed alterazioni delle percezioni visive, uditive e motorie, fino ad
arrivare a forme di perdita del controllo e della coscienza di sé.
Tossicità
Nel metabolismo dell'etanolo si verificano:
• modificazioni dello stato ossidoriduttivo delle cellule e, quindi, modificazioni funzionali
di tipo metabolico;
• la produzione di metaboliti tossici e reattivi, come l’acetaldeide, capaci di provocare
lesioni cellulari reversibili se in fase precoce, ma che conducono a un danno irreparabile
se l'abuso di alcol continua.
La variazione del potenziale ossidoriduttivo delle cellule provoca l'attivazione di
enzimi e una conseguente serie di disfunzioni metaboliche riguardanti il metabolismo
lipidico, glucidico, l’equilibrio acido-base e l’eliminazione di acido urico. Quando esiste una
condizione di intossicazione alcolica è facile trovare un accumulo di trigliceridi nel fegato
(steatosi) e una dislipidemia nel sangue, caratterizzata soprattutto da aumento della
produzione di acidi grassi (ipertrigliceridemia) e delle lipoproteine (dislipoproteinemia).
Nell'etilismo cronico aumenta la concentrazione ematica delle HDL (le lipoproteine
ad azione protettiva nei confronti dell'arteriosclerosi), ma insorgono le patologie epatiche
derivanti dall’etilismo cronico come la cirrosi, l’epatite alcolica cronica, l’epatocarcinoma.
L’alcol etilico influenza il metabolismo epatico dei glucidi inibendo il processo di
sintesi del glucosio, il suo deposito sotto forma di glicogeno e attivando il processo di
demolizione del glicogeno: in questo modo tende ad esaurire le scorte glicidiche ed ostacola
la loro reintegrazione. È particolarmente pericolosa l'assunzione di alcol al mattino, a
digiuno, perché le scorte di glicogeno sono praticamente esaurite, perciò facilmente si
manifesta la condizione di ipoglicemia da alcol.
La tossicità dell’alcol, e precisamente dei suoi metaboliti liberati durante il processo
di ossidoriduzione, si manifestano su numerose strutture causando gravi conseguenze. Oltre
ai danni sul fegato, che costituisce l’organo essenzialmente deputato alla trasformazione
dell’alcol, il bevitore cronico subisce danni allo stomaco, quali gastriti, emorragie ed ulcere,
disturbi a livello del sistema nervoso, con manifestazioni dolorose alle gambe e alle braccia,
disturbi di ordine psicologico, come depressione, alterazione della capacità di giudizio, di
autocontrollo e di coordinazione, ipertensione, carenze vitaminiche, disturbi sessuali, danni
cerebrali, malattie muscolari, cancro alla bocca, all'esofago, alla gola.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Il bere in eccesso provoca gravissimi danni ed è causa di morte per molte persone (in
Italia si stimano 30.000 morti all'anno). Le principali condizioni che portano alla morte sono
alcune patologie come la cirrosi epatica e i tumori, condizioni metaboliche particolari, come
l'acidosi o l'ipoglicemia, ma anche gli incidenti stradali ed il suicidio.
Eliminazione
La quantità di alcol eliminata come tale e, quindi non metabolizzata, dipende dalla
dose assunta ed oscilla tra il 2 e il 10% del totale. L’eliminazione avviene principalmente
attraverso i reni e i polmoni, ma piccole quantità possono comparire anche nella saliva, nel
sudore, nelle lacrime, nella bile, nel succo gastrico e nel latte.
Immaginando di quantificare la quantità di alcol bevuta come un’unità alcolica
(U.A.), si può dire che il nostro corpo impiega un tempo compreso tra 1 e 4 ore per smaltirne
1 unità e per liberarsi dei suoi effetti tossici. È quindi difficile la ripresa dopo una bevuta
eccessiva, perciò quel senso di malessere e di confusione che l'accompagnano perdurano per
un tempo tanto più lungo quanto più grande è la quantità di alcol ingerita. Il problema
aumenta, nelle persone più giovani e più magre.
(Tratto da "Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana" del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali e dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione)
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Altro aspetto da considerare sono i valori indicativi di alcolemia (gr di alcol per litro
di sangue) in funzione della quantità di alcol ingerita (espressa in U.A.) e del tempo
trascorso dall'ingestione (in condizione di digiuno) [tab. 2] e i relativi effetti sul nostro
organismo [tab. 3].
I valori riportati sono calcolati prendendo in considerazione un peso di 70 kg per
l'uomo e di 60 kg per la donna. L'assunzione durante i pasti determina una diminuzione
dell'alcolemia all'incirca pari ad una U.A. Per ottenere i valori raggiungibili dopo i pasti
bisognerà quindi diminuire di una unità il numero complessivo di U.A. ingerite. La formula
usata tiene conto del volume di alcol introdotto, del volume di acqua corporea e della
capacità dell'organismo di eliminare l'alcol.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Conclusioni
Nei primi anni 80 un’ampia ricerca epidemiologica condotta in Europa aveva
evidenziato, che i francesi di età media, noti per essere grossi consumatori di cibi ad elevato
contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo (il consumo di formaggio pro capite in Francia
supera, ad oggi, i 22 kg l’anno), se confrontati con le altre popolazioni europee e con gli
americani, avevano mostrato una netta diminuzione dell'incidenza della coronaropatia ad
esito mortale (infarto acuto del miocardio). Il consumo di grassi, della popolazione francese
è assimilabile a quella americana che è tristemente famosa per la preoccupante incidenza
dell’obesità e delle sue complicanze cardiovascolari. In ogni caso, gli studi che si sono poi
susseguiti hanno evidenziato che la ragione di questa tendenza positiva (denominata “il
paradosso francese”) va attribuita ad alcune sostanze contenute nel vino rosso che svolgono
un'attività anti-ossidante. Più precisamente, la sostanza in questione è il resveratrolo che
appartiene ad un ampio gruppo di composti chimici contenuti nel vino e nelle bevande
alcoliche che derivano propriamente dall'uva. Queste sostanze appartengono, a loro volta,
alla grande famiglia dei flavonoidi (anche noti come polifenoli) che sono presenti negli
ortaggi, nella frutta e anche nelle foglie del tè.
Studi più recenti hanno evidenziato che nel vino rosso si trovano anche flavonoidi
che ne appoggiano il potere anti-ossidante. Inoltre, molti sono anche gli studi che
attribuiscono al consumo prolungato di vino, alcune modificazioni strutturali a carico di
componenti del sangue. Per esempio, secondo ricerche italiane, i globuli rossi, le piastrine e
altri fattori della coagulazione, se provenienti dal sangue di soggetti considerati forti
bevitori, quando vengono stimolati (in laboratorio) da un forte insulto ossidativo, mostrano
una differente composizione strutturale al confronto con le cellule del sangue che
provengono invece da soggetti di controllo che non sono bevitori abituali.
Quindi, sempre senza eccessi, un bicchiere di vino rosso ai pasti, può essere
consigliabile.
Effetti Positivi: se assunto in quantità moderata l’alcol:
• stimola la secrezione salivare, gastrica e facilita la digestione, ma se la concentrazione è
elevata la digestione viene ridotta ed anche inibita;
• ha un ruolo socializzante, in quanto a piccole dosi dà un senso di fiducia in se stessi;
• facilità di parola, leggera euforia, azione disinibitrice;
• stimola la fantasia e i processi ideativi;
• sul sistema cardiocircolatorio l’alcol provoca dilatazione dei vasi sanguigni periferici
diminuendo il rischio di arteriosclerosi e l’infarto;
• sul sistema nervoso diminuisce la sensibilità al dolore;
• l’alcol stimola anche la funzione respiratoria e la diuresi;
• il potere calorico dell’alcol è di 7 kcal/gr, pertanto ha un piccolo ruolo nell’apporto
calorico della dieta;
• in cucina viene usato per rendere più piacevole il cibo.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Regole Fondamentali:
• bere sempre a stomaco pieno;
• bere a piccoli sorsi;
• bere alcol a bassa gradazione rispetto ai superalcolici;
• l'introduzione lenta di alcol dà una concentrazione più bassa;
• mai miscele di superalcolici;
• ambienti con aria viziata peggiorano la situazione.
FALSE CREDENZE SULL’ALCOL ®
1. Non è vero che l’alcol aiuti la digestione; al contrario la rallenta e produce
ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco.
2. Non è vero che il vino faccia buon sangue; è vero invece che un abuso di alcol può
essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento dei grassi presenti nel
sangue.
3. Non è vero che le bevande alcoliche dissetino ma, al contrario, disidratano: l’alcol
richiede una maggior quantità di acqua per il suo metabolismo, e in più aumenta le perdite
di acqua attraverso le urine, in quanto provoca un blocco dell’ormone antidiuretico.
4. Non è del tutto vero che l’alcol ci riscaldi. In realtà la vasodilatazione di cui è
responsabile produce soltanto una momentanea e ingannevole sensazione di calore che in
breve, però, comporta un ulteriore raffreddamento del corpo e che, in un ambiente non
riscaldato, aumenta il rischio di assideramento.
5. Non è vero che l’alcol aiuti a riprendersi da uno shock: al contrario, provocando
vasodilatazione periferica, determina un diminuito afflusso di sangue agli organi interni e
soprattutto al cervello.
6. Non è vero che l’alcol dia forza. Essendo un sedativo produce soltanto una diminuzione
del senso di affaticamento e di dolore. Inoltre solo una parte delle calorie da alcol possono
essere utilizzate per il lavoro muscolare.
COME COMPORTARSI ®
Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con moderazione, durante i pasti secondo
latradizione italiana, o in ogni caso immediatamente prima o dopo mangiato
Fra tutte le bevande alcoliche, dai la preferenza a quelle a basso tenore alcolico (vino e
birra).
Evita del tutto l’assunzione di alcol durante l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza e
l’allattamento, riducila se sei anziano.
Non consumare bevande alcoliche se devi metterti alla guida di autoveicoli o devi far uso
di apparecchiature delicate o pericolose per te o per gli altri, e quindi hai bisogno di
conservare intatte attenzione, autocritica e coordinazione motoria.
Se assumi farmaci (compresi molti farmaci che non richiedono la prescrizione medica),
evita o riduci il consumo di alcol, a meno che tu non abbia ottenuta esplicita
autorizzazione da parte del medico curante
Riduci od elimina l’assunzione di bevande alcoliche se sei in sovrappeso od obeso o se
presenti una familiarità per diabete, obesità, ipertrigliceridemia, ecc
® Bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata. Tratto da "Linee Guida per una Sana Alimentazione
Italiana" del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti
e la Nutrizione
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Bibliografia
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Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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ALCOOL E FARMACI
Mauro Miselli
Farmacie Comunali Riunite - Reggio Emilia
L’alcool interagisce con molti farmaci aumentandone o riducendone l’effetto e
risultandone a sua volta influenzato. Gli anziani sono a più alto rischio di eventi avversi per
la maggiore frequenza di politerapia che aumenta la probabilità di interazioni e la minor
presenza di acqua corporea rispetto alla massa grassa che, a parità di assunzione, favorisce
livelli ematici superiori di alcool.
Le interazioni clinicamente significative sono di tipo metabolico e farmacodinamico.
Il metronidazolo (forse il tinidazolo) e il cefamandolo possono causare una reazione
(disulfiram-simile) caratterizzata da vampate di calore al volto, cefalea pulsante,
ipotensione, tachicardia, nausea e vomito; raramente è pericolosa, ma sono segnalati casi di
collasso, aritmie cardiache e decessi con dosi molto alte di alcool. Vampate di calore al volto
vengono riportate anche in pazienti in trattamento con clorpropamide, ketoconazolo,
griseofulvina e procarbazina. Il verapamile ritarda l’eliminazione dell’alcool e ne prolunga
gli effetti. L’alcool può interferire con i farmaci metabolizzati a livello epatico; il tipo di
interferenza dipende dalle modalità di assunzione (acuta o cronica).
La sbornia occasionale inibisce il metabolismo dei farmaci per competizione con gli
enzimi epatici; per contro un’assunzione regolare di ingenti quantitativi di alcool
(>200g/die) stimola gli enzimi microsomiali accelerando il metabolismo dei farmaci. Nei
forti bevitori, i livelli di fenitoina si riducono di circa un terzo; non vengono invece
influenzati dall’assunzione moderata od occasionale di alcool. Probabilmente anche la
carbamazepina presenta un comportamento analogo. Negli etilisti cronici l’emivita del
warfarin si riduce e sono necessarie dosi maggiori per ottenere un effetto terapeutico, ma
pazienti ben controllati col warfarin possono diventare eccessivamente scoagulati dopo una
bevuta occasionale. Un elevato consumo cronico di alcool induce gli enzimi che trasformano
il paracetamolo nel suo metabolita epatotossico.
La malnutrizione spesso associata all’alcolismo può comportare una carenza di
glutatione con conseguente riduzione del meccanismo di “sequestro” dell’epatotossina. I
forti bevitori risultano perciò a maggior rischio di epatossicità dopo sovradosaggi modesti di
paracetamolo. L’alcool aumenta l’effetto sedativo degli antidepressivi, degli ansiolitici, degli
antipsicotici, degli analgesici stupefacenti e degli antistaminici di 1a generazione. L’entità
della interazione dipende dalla dose del farmaco e dal grado di abitudine all’alcool.
Con alcuni farmaci, l’effetto depressivo sul SNC è transitorio, si verifica solo
all’inizio del trattamento e scompare col tempo. In alcuni forti bevitori cronici, i farmaci
depressori del SNC possono non avere alcun effetto additivo.
I pazienti che assumono ACE-inibitori, nitrati, beta-bloccanti o alfa-bloccanti
possono sviluppare una ipotensione posturale con vertigini e sincope dopo aver bevuto
dell’alcool soprattutto all’inizio del trattamento. L’alcool accentua la tendenza dei FANS a
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causare sanguinamento gastrointestinale, ma il rischio relativo in pazienti che assumono
piccole quantità di alcool non è noto. L’alcool potenzia gli effetti ipoglicemizzanti delle
sulfoniluree legati alla inibizione della gluconeogenesi epatica e alla aumentata produzione
di acidi grassi liberi. Nei diabetici in trattamento con metformina, le sbornie occasionali
aumentano, invece, il rischio di acidosi lattica.
Alcuni tipi di vino contengono l’amina simpaticomimetica tiratina; in un paziente
che sta assumendo un antidepressivo inibitore irreversibile delle monoamino-ossidasi come
la tranilcipromina (Parmodalin), la tiramina può entrare in circolo e provocare gravi crisi
ipertensive.
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Parte 2
L’Alcool in Stati Fisiologici
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EFFETTI NEL PERIODO GESTAZIONALE
G.B. La Sala, F. Vanacore, F. Iannotti e M.T. Villani
S.C. di Ostetricia Ginecologia - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova Reggio Emilia
Introduzione
Secondo recenti dati dell’ISTAT (17 aprile 2008), il consumo di alcolici nella
popolazione italiana è consistentemente aumentato negli ultimi trent’anni, anche se è rimasto
stabile nell’ultimo decennio, ed il 68,2% degli italiani intervistati, di età di 11 o più anni, ha
dichiarato di avere consumato nell’anno precedente una o più bevande alcoliche in almeno
una occasione (1). Sempre secondo i suddetti dati dell’ISTAT, tra i Paesi industrializzati
l’Italia è agli ultimi posti per consumo pro capite di alcol anche se è in aumento il numero di
ragazzi, di giovani e di donne italiani che consumano alcol (1).
Ormai da tempo sono conosciuti gli effetti tossici dell’alcol sul fegato, sul sistema
nervoso centrale e periferico, sul sistema cardiovascolare e su altri organi e apparati. È
altresì noto che, però, gli effetti tossici dell’alcol sono strettamente dose-dipendenti.
Alcuni studi hanno evidenziato che le donne che assumono moderate quantità di
alcol presentano un tasso minore di degenerazione dell’attività cerebrale rispetto alle donne
che non assumono alcol; l’ipotesi eziopatogenetica del suddetto ruolo protettivo è che
l’assunzione di moderate quantità di alcol protegge da accidenti cardiovascolari anche di
piccola entità aumentando le concentrazioni plasmatiche delle lipoproteine ad alta densità
(HDL) e riducendo le concentrazioni di fibrinogeno e di fattori della coagulazione (2-3). A
supporto di ciò, un successivo studio di neuroradiologia ha evidenziato che in donne anziane
che assumono quotidianamente moderate quantità di alcol è presente una minore percentuale
di microinfarti cerebrali e di alterazioni della materia grigia rispetto alle donne che non ne
assumono affatto (4).
Evidenze della Letteratura
L’assunzione di alcol da parte delle gestanti è ridotta in generale e la è in particolare
da parte delle gestanti che ne assumono modiche quantità prima della gravidanza.
I primi studi sugli effetti dell’assunzione di alcol nel periodo gestazionale risalgono
ai primi anni ’70. Nel 1973, è stata descritta per la prima volta la “Fetal Alcohol
Syndrome”(FAS), una sindrome fetale multiorgano causata dalla cronica ed elevata
assunzione quotidiana di alcol da parte della gestante (5).
Dato l’impatto sociale ed economico, nel 2002 il “Centers for Disease Control and
Prevention”(CDC) del Dipartimento della Salute Pubblica degli USA ha istituito una Task
Force per fare fronte al problema delle gestanti consumatrici di elevate quantità di alcol (6).
Dal 2002, sotto il profilo nosografico, viene così definita la “Fetal Alcohol Spectrum
Disorders” (FASDs), sindrome determinata dall’assunzione cronica di elevate quantità di
alcol nel periodo gestazionale (6).
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La FASDs comprende numerose anomalie a carico del feto e variamente espresse
caso per caso. Molte anomalie fetali della FASDs sono diagnosticabili ecograficamente nel
corso della gravidanza (malformazioni del cranio e dello scheletro, malformazioni cardiache,
ritardo di crescita intrauterina, ecc.). Invece, altre anomalie fetali della FASDs sono
diagnosticabili soltanto nel periodo post-natale (alterazioni dell’EEG, diminuzione della
materia grigia cerebrale, atassia, deficit cerebrale motorio e cognitivo, difetti di dentizione e
malocclusione, anomalie degli organi genitali interni, difetto di crescita post-natale, ecc.).
La FASDs comprende le seguenti sindromi:
• la alcohol-related neurodevelopmental disorder (ARND), caratterizzata da anormalità
cognitive e\o del comportamento;.
• la alcohol-related birth defects (ARBD), nella quale sono presenti contemporaneamente o
isolate malformazioni cardiache, renali, ossee e dell’orecchio;
• la FAS, che è la forma più severa della FASDs, è caratterizzata dalla contemporanea
presenza di malformazioni facciali, di difetto di crescita e di alterazioni del sistema
nervoso centrale nel periodo post-natale.
Numerosi studi sono stati condotti per valutare gli effetti della assunzione cronica di
alcol in gravidanza sulla incidenza dell’aborto spontaneo e della morte endouterina del feto
(MEF).
Alcuni studi condotti su animali hanno evidenziato che elevate e persistenti
concentrazioni plasmatiche di alcol causano un aumento dell’incidenza dell’aborto
spontaneo e di alterazioni del cariotipo fetale animale (7-10).
Invece, gli studi condotti sulla specie umana non hanno dato risultati dirimenti in
quanto contenevano diversi potenziali e/o reali bias metodologici (la maggioranza delle
donne che assumono cronicamente elevate quantità di alcol ha spesso uno stile di vita non
salutare e, quindi, può presentare maggiori fattori di rischio indipendenti dalla assunzione di
alcol; non tutte le donne che assumono cronicamente elevate quantità di alcol rispondono ai
questionari con sincerità e precisione; confronti eseguiti su campioni non omogenei tra loro;
ecc.).
Comunque, nonostante i limiti già evidenziati, meritano di essere riportati i risultati
di due recenti studi condotti sulla specie umana.
Per quanto riguarda gli effetti della assunzione cronica di alcol in gravidanza
sull’aborto spontaneo e sulla MEF nella specie umana, nel 2008 sono stati pubblicati i
risultati di uno studio condotto su 92.717 gestanti al I - II trimestre di gravidanza. Le
conclusioni del suddetto studio sono state che:
- non si conoscono né la quantità né la frequenza di assunzione di alcol durante le
gravidanze correlate ad un maggiore rischio di aborto spontaneo;
- tre o più episodi di ubriacatura durante la gravidanza sono risultati correlati ad un maggiore
rischio di MEF (11).
Per quanto concerne gli effetti della assunzione cronica di alcol in gravidanza sul
parto pretermine nella specie umana, i risultati di un recente studio italiano condotto su 502
gestanti hanno evidenziato che il rischio di parto pretermine aumenta soltanto nelle gestanti
che cronicamente assumono alcol tre o più volte al giorno (12).
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Conclusioni
In merito agli effetti dell’alcol se assunto nel periodo gestazionale, per la specie
umana è possibile trarre le seguenti conclusioni:
1. L’assunzione cronica di elevate quantità di alcol CERTAMENTE aumenta il rischio di
malformazioni fetali che possono essere anche molto gravi. Questa conclusione trova un
consenso unanime a livello internazionale e DEVE essere considerata una evidenza
scientifica della “Evidence Based Medicine”(EBM);
2. L’assunzione cronica di elevate quantità di alcol POTREBBE aumentare sia il rischio di
MEF che di parto pretermine. Però, dato che gli studi che supportono questa ipotetica
conclusione sono pochi e di non impeccabile qualità, essa DEVE essere considerata una
ipotesi e NON una evidenza scientifica della EBM;
3. Al momento, non disponiamo di nessuna evidenza scientifica della EBM sui rapporti tra
l’assunzione cronica di elevate quantità di alcol e il rischio di aborto spontaneo;
4. Al momento, non disponiamo di nessuna evidenza scientifica della EBM su quella che è
la “safe zone” di assunzione di alcol in gravidanza. Perciò, non siamo in grado di dare
alle gestanti un consiglio scientifico sulla quantità di alcol che possono assumere senza
aumentare nessun tipo di rischio per la gravidanza e per il feto;
5. Alle gestanti che “alzano il gomito”, in realtà molto rare, dobbiamo esporre in modo
chiaro, dettagliato e completo i rischi che fanno correre ai loro figli, dobbiamo dare il
consiglio categorico di ridurre drasticamente l’assunzione di alcol in gravidanza e, cosa
più importante, dobbiamo offrire un concreto ed agevole sostegno psicologico-sociale;
Cosa dobbiamo consigliare alle gestanti che assumono modiche quantità di alcol?
Non bere assolutamente nessun tipo di alcol?
Bere mezzo o un bicchiere di vino al giorno?
Bere mezzo o un bicchiere di birra al giorno?
In assenza di evidenze scientifiche della EBM, un consiglio vale l’altro e la prudenza
è doverosa. Però, non è anche doveroso evitare “l’overtreatment” e la medicalizzazione della
gravidanza?
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Bibliografia
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Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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ALCOOL E SPORT
Vincenzo Guiducci
U.O. Cardiologia Interventistica - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova Reggio Emilia
Elementi di nutrizione dello sportivo
L’attività fisica comporta un dispendio energetico variabile dipendente dal tipo,
intensità e frequenza delle attività condotte. Varia da poco più del 15% del dispendio totale
in stili di vita estremamente sedentari, a valori pari a 3-4 volte il Metabolismo Basale in
alcuni atleti e classi occupazionali particolarmente pesanti.
L’attività fisica/sportiva ha una serie di effetti benefici: aumenta il dispendio
energetico, migliora l’assetto lipidico, riduce l’insulino-resistenza e migliora la tolleranza al
glucosio, favorisce la trasformazione di fibrocellule IIb glicolitiche in Fibroellule IIA
ossidative e glicolitiche, migliora il grado di efficienza fisica, riduce i valori di pressione
arteriosa, migliora la qualità del sonno, ha ripercussioni positive sulla sfera psicologica.
migliorando il tono dell’umore e l’autostima.
Negli Stati Uniti circa il 24% della popolazione è fisicamente inattivo, mentre in
Italia ben il 44% non praticano sport/attività fisica regolare (26% sotto i 20 anni).
Il complesso sistema dell’Allenamento sportivo può essere rappresentato come un
insieme che posa su tre pilastri di equivalente importanza: la somministrazione di carichi di
lavoro “allenanti”, il recupero attivo & il riposo, la somministrazione di razioni alimentari
appropriate, adeguate e mirate. Infatti l’alimentazione è il principale determinante la
capacità di lavoro dell’atleta ed in generale il cibo può essere la più potente medicina a
nostra disposizione, ma in caso di alimentazione scorretta può risultare deleterio.
L’energia fornita dai nutrienti al nostro organismo varia a secondo dell’attività
svolta: a RIPOSO proviene circa per l’ 87% da lipidi e 13% da zuccheri; nell’ ESERCIZIO
MEDIO: 50% da lipidi, 50% da zuccheri e nell’ESERCIZIO INTENSO: 100% da glucosio
(deriva dal glicogeno muscolare che è una forma di immagazzinamento dello zucchero
prontamente disponibile). L’esercizio intenso nel nostro organismo provoca l’esaurimento
delle scorte di glicogeno (energia pronta), causando un senso di fatica; stimola la “crescita
muscolare”; forma radicali liberi: che creano un danno ossidativo e provocano dolore
muscolare; causa una perdita di liquidi (sudorazione): perdita oltre 1500-2000 ml di liquidi e
sali minerali.
L’esercizio fisico è una fonte di Specie Reattive dell’O2 (ROS). Nell’esercizio fisico
il flusso di sangue, dunque di Ossigeno, ai distretti muscolari aumenta in modo rilevante
mentre si ha una riduzione altrettanto importante del flusso splancnico, a tale variazione di
flusso consegue l’attivazione di una via alternativa al metabolismo dell’ O2 con aumento
della produzione di ROS. Oggi è comunemente accettato che: durante un esercizio fisico la
variazione della tensione parziale d’O2 distrettuale insieme con l’attivazione di fenomeni di
tropismo cellulare e all’attivazione di cicli metabolici sia alla radice di una superproduzione
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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di Specie Reattive (o radicaliche) dell’Ossigeno (R
ROS) caratterizzate da una violenta
reattività. Pertanto l’alimentazione successiva ad un esercizio intenso deve mirare al
ripristino dei nutrienti utilizzati: reintegrare i liquidi con una bevanda ricca di sali minerali
ripristino glicogeno (scorte di zuccheri) entro 2-3 h dalla prestazione: pane, pasta, fornire i
“mattoni” (aminoacidi) per il muscolo aminoacidi essenziali (aminoacidi ramificati) 1-2 h
dopo l’ esercizio, azione antiossidante: Vit E, β-carotene.
Consumo di alcool nello sportivo
Sino dai tempi antichi l’attività sportiva ed il consumo di alcool sono stati collegati
fra loro. Al consumo di alcool veniva erroneamente attribuito un effetto benefico e di
potenziamento della prestazione fisica. Tutt’ora l’alcool rimane una delle sostanze
maggiormante consumate dagli sportivi.
Il consumo di alcool sembra rivestire un ruolo negli incidenti sport-correlati:
frequenza di incidenti del 55% nei bevitori rispetto al 23% dei non bevitori. Elevate quantità
di alcool nel sangue si rilevano in circa 1/3 dei ciclisti (amatoriali) coinvolti in gravi
incidenti.
L’American College of Sports Medicine da un’analisi sugli studi focalizzati su
alcool-prestazione fisica ha concluso che: l’alcool riduce i tempi di reazione, la
coordinazione, la precisione e l’equilibrio, non influisce positivamente sulla performance
atletica (metabolismo energetico, VO2 max, frequenza cardica, flusso ematico muscolare) e
può alterare la temperatura corporea in attività prolungate svolte al freddo, riduce
l’espressione della forza, della potenza, della resistenza muscolare e della velocità, il
consumo cronico di eccessive quantità di alcool comporta effetti negativi su fegato, cuore,
cervello, muscoli e può esitare in invalidità e perfino la morte.
L’alcol altera gran parte delle reazioni metaboliche dell’organismo: metabolismo dei
carboidrati: inibizione della glicogenosintesi e stimolazione della gliconeolisi con
conseguente depauperamento precoce delle scorte glucidiche. Sistemi tampone: l'alcol
favorisce la produzione e l'accumulo di composti acidi come il lattato e i corpi chetonici
abbassando, di conseguenza, il pH del sangue. Ricordiamo che l'acidosi metabolica
(abbassamento del pH ematico) è responsabile di sintomi come stanchezza, cefalea, nausea,
vomito e può condurre al coma. Sangue: l'alcol diminuisce l'efficienza nel trasporto ematico
del ferro, un minerale coinvolto nei processi di produzione dell'ATP e nel trasporto
dell'ossigeno. In particolare con la sua azione altera la sintesi delle diverse isoforme di
transferrina. Tale proteina è coinvolta nel trasporto del ferro dalla sede di assorbimento a
quella di utilizzo o di deposito (in particolare il fegato). L'alcol causa un minor assorbimento
della vitamina B12 e dei folati. Queste due sostanze sono fondamentali perché regolano
alcuni processi fisiologici importanti. Una loro carenza implica un aumento di volume delle
emazie (globuli rossi) predisponendo il soggetto all'anemia megaloblastica e a danni al
sistema nervoso. L'alcol è particolarmente tossico per i mitocondri, gli organuli cellulari che
producono energia. Tra l'altro i mitocondri sintetizzano l'eme un complesso chimico
presente nell'emoglobina in grado di legare l'ossigeno. Associando il declino nella
produzione di eme al ridotto assorbimento della vitamina B12 e all'alterazione della
transferrina il trasporto di ossigeno ai tessuti viene seriamente compromesso. Tale
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alterazione influenza negativamente la prestazione sportiva soprattutto nelle attività di
resistenza come la corsa ed il ciclismo. L'alcol riduce inoltre livelli di testosterone limitando
la sintesi proteica fino a 24 ore dopo il suo consumo, di conseguenza l'abuso di questa
sostanza compromette l'incremento della massa muscolare. Effetti sul sistema nervoso
centrale: alterazioni nella contrazione muscolare, peggioramento dei riflessi, del tempo di
reazione e delle capacità coordinative.
Alcol e sport, binomio perdente: con la sua azione l'alcol influenza negativamente la
prestazione sportiva. Ovviamente i suoi effetti sono dose dipendenti e se piccole quantità
(30-40 grammi al giorno per gli uomini e 20-30 g/die per le donne) sono tutto sommato
tollerabili dosi elevate possono compromettere seriamente la performance sportiva.
L’alcol etilico, malgrado l’elevato valore energetico, non può essere considerato un
nutriente. Nel fegato l'ossidazione di 1 grammo di alcol libera comunque un'elevata quantità
di energia (7 kcal, contro le 4 Kcal di carboidrati e proteine e le 9 kcal dei grassi). Occorre
tuttavia precisare che il grado alcolico riportato in etichetta non corrisponde ad 1 g di alcol
bensì ad 1 ml di etanolo che sviluppa all'incirca 5,6 Kcal.
Bere alcol prima di uno sforzo fisico è sicuramente un controsenso. Praticare uno
sport in sicurezza, cioè senza rischiare di farsi male, richiede una perfetta capacità di
coordinare i propri movimenti, un totale autocontrollo e la lucidità necessaria a valutare la
difficoltà e la fatica. Gli effetti dell'alcol invece si fanno sentire proprio sull'attività del
sistema nervoso centrale che ha il compito di coordinare tutte queste funzioni. Anche
l'efficienza muscolare può risentire degli effetti dell'alcol che, per essere metabolizzato,
sottrae acqua all'organismo, favorendo una minore eliminazione di acido lattico che tende
così ad accumularsi maggiormente nei muscoli.
Questo non significa che uno sportivo non possa mai bere alcol. Può farlo con
moderazione come tutti gli altri, ma solo dopo l'allenamento o la gara, mai prima. Le
bevande alcoliche esercitano un ruolo negativo nella vita di uno sportivo o di un atleta.
L’alcool rallenta i riflessi e la velocità nello scatto, altera la coordinazione muscolare e la
coordinazione visiva può incidere sul “peso forma”. Infine, l’assunzione dell’alcool prima di
una prestazione fisica può ridurre l’energia nell’atleta, incidendo negativamente sulla sua
potenza muscolare.
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Parte 3
Alcool in Stati Patologici e Dipendenza
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ALCOL E DIABETE MELLITO
Enrica Manicardi
Responsabile S.S. Diabetologia e Disturbi del Comportamento Alimentare
Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova - Reggio Emilia
La dieta costituisce una parte fondamentale del trattamento del diabete mellito sia di
tipo 1 che di tipo 2, a pari dignità ed insieme alla attività fisica ed alla educazione
terapeutica. Un diabetico bene educato e compliante rispetto al trattamento proposto non
segue uno schema dietetico rigido e preconfezionato, ma è in grado di eseguire un conteggio
corretto dei carboidrati contenuti in un pasto, vuoi estemporaneo, vuoi autodeterminato e di
regolare l’apporto insulinico in base ad esso. Utilizzando questi strumenti terapeutici il
paziente, interagendo con il diabetologo, il dietista e l’infermiere esperto di educazione
terapeutica, riesce molto spesso anche senza aggiunta di farmaci, a raggiungere un buon
profilo glicemico, a limitare la variabilità glicemica, a raggiungere il peso corporeo più
adeguato alla riduzione della insulino-resistenza, a normalizzare i valori pressori, ed a
rendere il profilo lipidico meno aterogeno.
Spesso l’insorgenza del diabete è preceduta e preannunciata numerosi anni prima
dalla sindrome metabolica, una condizione cioè di insulino-resistenza caratterizzata da un
cluster di fattori di rischio cardiovascolare, che rimangono dopo l’insorgenza del diabete e
che sempre vanno corretti, per ridurre il rischio cardiovascolare medesimo.
Si definisce sindrome metabolica la presenza di almeno 3 delle seguenti alterazioni:
obesità tronculare
ipertensione arteriosa
ipertrigliceridemia
ridotti livelli di colesterolo HDL
alterata glicemia a digiuno/alterata tolleranza ai carboidrati
Oltre alla correzione della glicemia, la correzione anche di tali fattori è fondamentale
per la riduzione dell’elevato rischio cardiovascolare, e ricordiamo che ¾ dei pazienti
diabetici muoiono proprio di malattia cardiovascolare.
Sui parametri della sindrome metabolica l’effetto del consumo di alcol è dosedipendente, così come dose-dipendente e precisamente a forma di J o U è la relazione tra
consumo di alcol e malattia coronarica, suggerendo che quando il consumo di alcol è
elevato, il rischio di malattia coronarica è pure elevato, mentre quando il consumo è basso o
moderato, il rischio è inferiore rispetto a quello degli astemi. Il rischio risulta infatti ridotto
del 20% per un consumo compreso tra 0 e 20 grammi. Tale beneficio si può spiegare proprio
considerando gli effetti di aumento del colesterolo HDL, ed il miglior rapporto
coagulazione/fibrinolisi. Al contrario l’effetto negativo delle grosse quantità di alcol sarebbe
dovuto all’aumento del triacilglicerolo, che a sua volta determina aumento della pressione
arteriosa.
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Ciò è particolarmente rilevabile nel sesso maschile, dove l’abbondane consumo di
alcol determina anche aumento della circonferenza vita e della glicemia a digiuno. Nel sesso
femminile risulta meno evidente l’effetto sul peso e sulla glicemia. Da quanto descritto si
deduce che è consigliabile un consumo di alcol pari a 1-15 grammi al giorno, ossia sino a
100 g/settimana per garantire al paziente con sindrome metabolica e/o diabete un effetto
benefico su glicemia, trigliceridemia e pressione arteriosa.
Per favorire la compliance del paziente è bene ricordare che i famosi 15 grammi di
alcol che sono raccomandati come dose giornaliera possono essere facilmente calcolati
tenendo presente che:
360 ml di birra contengono 12,6 grammi di alcol
120 ml di vino contengono 13,2 grammi di alcol
37,5 ml di superalcoolico contengono 15 grammi di alcol
L’esiguità del quantitativo di alcol utile dal punto di vista metabolico rende
secondaria la valutazione dell’apporto calorico determinato dal suo consumo, tuttavia l’alcol
apporta calorie e di ciò occorre tenere conto soprattutto se il quantitativo consumato è più
elevato. Se infatti 1 grammo di alcol apporta 7 calorie, un bicchiere da 150 cc di vino a 12°
ne apporta 130 (calorie) ed un bicchiere di whisky ne apporta 300 (calorie), quindi il
consumo abituale di alcol può essere la causa di un eccessivo apporto calorico,
particolarmente poco indicato in pazienti obesi. Tali quantitativi di alcol poi possono
produrre pericolose ipoglicemie durante la notte ed al mattino presto.
Il rischio maggiore nel diabetico si ha quando l’alcol è stato ingerito nel corso della
serata senza una adeguata assunzione di carboidrati. Ciò avviene tipicamente nel giovane
paziente, che beve in compagnia degli amici, quasi sempre fuori pasto, aperitivi , birra,
superalcolici, al bar, in pizzeria o in discoteca.
Durante la notte infatti, finita la digestione, il fabbisogno di glucosio dell’organismo
è soddisfatto dal fegato, che lo produce a partire dal grasso e dalle proteine e permette di
mantenere la glicemia costante. Ora tale processo è normalmente condizionato dal rapporto
epatico di insulina/glucagone, rapporto che nel diabetico è influenzato dal fatto che
l’insulina non arriva attraverso la vena porta dal pancreas, ma dal circolo periferico, dopo
l’iniezione sottocutanea ed è pertanto tendenzialmente sottostimata rispetto al necessario,
mentre in periferia i livelli sono tendenzialmente elevati. Conseguenza di ciò è che la
produzione di glucosio da parte del fegato tende ad essere superiore al necessario e proprio
per questo si tende ad iperinsulinizzare il paziente per modulare meglio la produzione di
glucosio notturna. Ciò si accompagna a livelli di glucagone che tendono a diminuire con
l’aumento della durata di malattia, esponendo così il paziente ad una attenuazione dei
sintomi di ipoglicemia. Su questo difficile e non perfetto equilibrio l’alcol agisce
diminuendo la capacità del fegato di produrre glucosio e rispondere così ad una eventuale
caduta di zuccheri.
Ma anche per il diabetico in trattamento con ipoglicemizzante orale le cose non sono
semplici: metformina e alcol sinergizzano nel ridurre la gluconeogenesi e rendono ancor più
pericolose le ipoglicemie; alcuni secretagoghi, farmaci che determinano un aumento della
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produzione di insulina in risposta al pasto, oltre a facilitare la comparsa di una ipoglicemia
in concomitanza con un apporto sostenuto di alcol, possono determinare al momento del
pasto spiacevoli arrossamenti improvvisi del volto, accompagnati a sensazione di malessere,
nausea, dolore addominale e cardiopalmo.
Conclusione:
1. un uso moderato di alcol (1 bicchiere di vino rosso al dì in primis, poiché all’effetto
benefico dell’alcol si associa quello antiossidante e quindi antiaterogeno dei tocofenoli)
durante il pasto principale, meglio se a pranzo, è in grado di ridurre il rischio di infarto e
di ictus ischemico.
2. tale effetto si svolge soprattutto attraverso un aumento del colesterolo HDL ed un
miglioramento del rapporto coagulazione/fibrinolisi.
3. l’inevitabile effetto sul profilo glicemico e sull’apporto calorico complessivo della
giornata rende consigliabile un uso costante e regolare dell’apporto di alcol.
4. sono invece sconsigliabili quantitativi di alcol
superiori, soprattutto se non
accompagnate dal consumo di carboidrati ed in pazienti in trattamento con insulina e/o
metformina e con lunga storia di malattia, poiché tali consumi sono in grado
nell’immediato di provocare gravi ipoglicemie, soprattutto notturne quando cioè i
sintomi vegetativi sono meno avvertiti dal paziente e quindi più pericolose. In tempi più
lunghi l’elevato apporto di alcol determina aumento del grasso viscerale, dei trigliceridi
e delle pressione arteriosa, aggiungendo o aggravando così nel diabetico la sindrome
metabolica, condizione di aumentato rischio cardiovascolare.
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Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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EFFETTI E PATOLOGIA SUL SISTEMA ENDOCRINO
Michele Zini
U.O. Endocrinologia - Azienda Ospedaliera Arcispedale Santa Maria Nuova - Reggio
Emilia
Il sistema endocrino viene influenzato sia dalla ingestione acuta che dalla assunzione
cronica di alcool. Pressoché tutte le ghiandole endocrine subiscono gli effetti dell’etanolo,
anche se le alterazioni provocate sono diverse per entità e gravità: gonadi e surreni
subiscono le modificazioni più profonde, mentre la tiroide rimane relativamente risparmiata.
L’azione dell’etanolo può avvenire sia nel sistema ipotalamo-ipofisi che sulle
ghiandole periferiche.
Surreni
L’etanolo induce attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente
aumento della secrezione di cortisolo.
Esiste uno “pseudo-Cushing da alcool”, clinicamente indistinguibile dalla vera
Sindrome di Cushing. Le caratteristiche somatiche del paziente sono simili, come anche i
dati di laboratorio standard. La distinzione fra le due forme, ovviamente molto importanti
per le conseguenze terapeutiche che ne derivano, si basa o su test dinamici e, meglio, sulla
rivalutazione della funzione corticosurrenalica dopo cessazione dell’abuso etilico.
Sul lungo periodo, l’assunzione cronica di etanolo può portare alla condizione opposta
di quella appena riportata, con esaurimento funzionale surrenalico e ipocorticosurrenalismo.
In passato ciò aveva fatto porre ipotesi patogenetiche sulla genesi della dipendenza da
alcool e aveva indotto a trattare gli alcoolisti con estratti di corteccia surrenalica.
Testicolo
L’alcool inibisce la secrezione ipofisaria di LH, ed in questo modo riduce la
produzione di testosterone. Si crea quindi una condizione di ipogonadismo.
L’etanolo esercita anche un effetto tossico sulle cellule del Sertoli, inibendo quindi la
spermatogenesi e riducendo la fertilità.
Ovaio
La funzione ovarica viene disturbata dalla assunzione di etanolo, verificandosi cicli
anovulatori e fase luteale breve. Tuttavia, la fertilità rimane sostanzialmente conservata.
Questi effetti non sono evidenti per le bevitrici occasionali, ma si manifestano con l’uso
cronico di quantità anche moderate di alcool.
Prolattina
L’etanolo provoca un aumento della secrezione di prolattina, sia agendo direttamente
sulla ipofisi che riducendo il tono dopaminergico ipotalamico. La iperprolattinemia concorre
a peggiorare la funzione testicolare ed ovarica.
Da rilevare che, nonostante l’aumento della prolattina, l’allattamento viene ostacolato:
ciò a causa delle interferenze con la fisiologica stimolazione della secrezione di prolattina
indotta dal neonato.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Ormone della crescita
L’etanolo riduce la secrezione ipofisaria di GH e, a cascata, i livelli di IGF-1 (fattore
di crescita responsabile dell’effetto del GH).
In età infantile od adolescenziale, ciò ha come conseguenza una compromissione
dell’accrescimento scheletrico e staturale.
L’ormone della crescita ha oggi un ruolo riconosciuto anche nell’adulto, e la sua
deprivazione può provocare aumento del tessuto adiposo, riduzione della massa muscolare,
alterazioni del miocardio, modificazioni del profilo lipidico e, forse, compromissione della
funzione immunitaria.
Ormone antidiuretico
La assunzione acuta di alcool inibisce la produzione di ormone antidiuretico,
provocando diabete insipido e poliuria. La situazione è prontamente reversibile al termine
della intossicazione alcolica.
Tiroide
L’effetto dell’etanolo sulla funzione tiroidea e sulla sua regolazione è marginale, e
non produce conseguenze cliniche rilevanti.
Osso
La assunzione cronica di alcool è da sempre un riconosciuto fattore di rischio per la
osteoporosi. Ciò si realizza attraverso riduzione dell’assorbimento di calcio, malnutrizione,
riduzione della produzione epatica di vitamina D e ipogonadismo.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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EFFETTI E PATOLOGIA SU FEGATO, PANCREAS ED APPARATO DIGERENTE
Silvia Lombardini e Giovanni Fornaciari
U.O. Medicina IIIa e Gastroenterologia - Azienda Ospedaliera “Arcispedale Santa Maria
Nuova” - Reggio Emilia
È noto a tutti che il dibattito scientifico degli ultimi anni consideri le varie patologie
del canale alimentare, del fegato e del pancreas a genesi multifattoriale e che, fra i vari
fattori di danno, l’alcool non è mai assente. In questa relazione cercheremo di sviluppare la
problematica collegata agli effetti nocivi dell’alcool sull’apparato digerente concentrandoci,
in modo particolare, sugli effetti tossici a carico del fegato in quanto la relazione successiva
prenderà in esame, in maniera più dettagliata, le patologie delle vie digestive e del pancreas
secondarie all’abuso di alcool.
Esofago: l’esofago risente dell’effetto dell’alcool sia per il contatto diretto con la
mucosa, sia per gli effetti sistemici secondari (rallentamento della motilità esofagea,
riduzione della pressione dello sfintere esofageo inferiore in acuto, incremento invece
nell’utilizzo cronico, incremento dell’acidità gastrica, rallentamento del tempo di
svuotamento gastrico). La malattia da reflusso gastro-esofageo è aggravata dall’abuso
cronico di alcool mentre esistono quadri, spesso drammatici, quali la sindrome di MalloryWeiss e di Boerhave che sono spesso legate all’assunzione acuta di elevate quantità di
bevande alcoliche. Inoltre, l’alcool è considerato uno dei principali fattori di rischio per
tumore dell’esofago.
Stomaco: l’etanolo causa un danno dose-dipendente della barriera mucosa
provocando retrodiffusione idrogenionica e danno interstiziale. Sul piano clinico l’alcool
induce lesioni erosive gastriche, eritema ed emorragia. L’ulcera peptica è aumentata come
incidenza solo nella cirrosi alcolica e non negli etilisti cronici. L’abuso acuto di alcool è
causa di sindrome dispeptica associata a danno mucoso superficiale con emorragie
sottoepiteliali o erosioni. Il rapporto fra consumo di alcolici e rischio di cancro gastrico è
controverso: in uno studio caso-controllo in Russia è stato dimostrato un rapporto fra
consumo di alcolici ad elevata gradazione e sviluppo di tumore dello stomaco. Il rapporto fra
infezione da HP ed abuso etilico non è clinicamente rilevante.
Intestino: l’alcool può determinare una sovracrescita di batteri nel tenue
indipendentemente dalla coesistenza di eventuale epatopatia. Questo può contribuire
all’alterazione della permeabilità intestinale caratteristica del danno cronico da alcool. Gli
elevati livelli locali di acetaldeide possono provocare diarrea cronica e danno mucosale;
inoltre, questo potrebbe anche avere un ruolo nell’ulteriore peggioramento del danno epatico
secondario all’accumulo di acetaldeide ed essere responsabile dell’aumentata incidenza di
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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tumore del colon osservata negli etilisti. Infine, l’alcool può provocare alterazione
dell’assorbimento di vari nutrienti incluse le vitamine.
Pancreas: fin dal 1800 è nota l’azione nociva dell’alcool sul pancreas. Nelle
casistiche di pazienti affetti da pancreatiche acuta e cronica la percentuale di pazienti con
abuso alcolico oscilla fra il 40% ed il 95%. Tuttavia solo una percentuale di pazienti, intorno
al 10%, sviluppa una pancreatite clinicamente sintomatica. Il danno da parte dell’alcool sul
pancreas avviene principalmente mediante due eventi: azione diretta dell’acetaldeide e
dell’acetato, prodotti dalla via metabolica ossidativi, e danno legato alla destabilizzazione
delle membrane cellulari tramite la produzione di grassi esterificati con etanolo per la via
non ossidativa. Inoltre è stata ipotizzata un disfunzione dello sfintere di Oddi mediata
dall’alcool con rigurgito degli enzimi pancreatici (ostruzione-ipersecrezione) o di enzimi
duodenali (reflusso duodeno-pancreatico) all’interno del parenchima pancreatico medesimo
con innesco dell’attivazione della tripsina.
Il danno epatico da alcool
Introduzione: l’alcool determina uno spettro di lesioni epatiche che vanno dalla
steatosi alla epatite, dalla fibrosi iniziale fino alla cirrosi ed all’epatocarcinoma (HCC). A
questi quadri corrispondono manifestazioni cliniche discretamente specifiche e la
classificazione dell’epatopatia alcolica è essenzialmente anatomo-clinica. La steatosi è la
lesione iniziale che può evolvere nelle forme più gravi; esiste comunque un discreto grado di
“overlap” fra le diverse forme anatomo-patologiche e la steatosi può persistere anche nelle
forme più gravi.
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Classificazione: come sopra riportato distinguiamo
Steatosi epatica: è presente nel 90% dei pazienti che abusano di alcool e compare molto
rapidamente. Per definizione nella steatosi semplice manca l’infiltrato infiammatorio.
Epatite alcolica: si verifica nel 40% degli alcolisti ed è caratterizzata da infiltrato
infiammatorio e fibrosi pericellulare. Il danno epatocellulare è caratterizzato da necrosi
epatocitaria, “balooning”, megamitocondri e formazione dei corpi di Mallory.
Fibrosi e cirrosi: la fibrosi può essere pericellulare e perivenulare. Quest’ultima in
particolare è stata associata alla tendenza evolutiva verso la cirrosi. Con il progredire del
danno epatico si sviluppano setti fibrosi prevalentemente porto-centrali fino allo
sviluppo di noduli rigenerativi e tipica cirrosi micronodulare. Dopo la sospensione
dell’apporto alcolico può esservi transizione verso una forma macronodulare. La
concomitante presenza di un quadro di epatite alcolica o di steatosi indica invece che
l’apporto non è cessato.
Epatocarcinoma: la cirrosi alcolica è un importante fattore di rischio per HCC anche se
non è del tutto stabilito il ruolo dell’alcool nell’ambito della trasformazione neoplastica
del fegato.
Siderosi epatica: l’accumulo di ferro a livello epatocitario o delle cellule di Kuppfer è
comune nell’epatopatia alcolica, soprattutto nelle fasi tardive di malattia, ma non è mai
molto marcato. Si deve, in questi casi, porre in diagnosi differenziale la presenza di
emocromatosi genetica con abuso alcolico.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Manifestazioni cliniche: i segni ed i sintomi che si associano a ciascuna delle forme
istopatologiche non sono così differenti da consentire una discriminazione su basi puramente
cliniche. La steatosi è quasi sempre asintomatica; possono esservi sintomi aspecifici quali
dolore epigastrico, anoressia e nausea. In realtà i pazienti vengono visitati per il riscontro di
esami di laboratorio alterati (in particolare GGT e transaminasi elevate, macrocitosi
eritrocitaria, incremento della uricemia, trigliceridi ed IgA, riduzione della azotemia). Dal
punto di vista clinico si riscontra epatomegalia a consistenza aumentata ma non vi è modo di
distinguere clinicamente la steatosi dalla epatopatia alcolica più avanzata a meno che non si
evidenzino segni di progressione a cirrosi quali ascite, spider angiomi, edemi, eritema
palmare ed ittero. Nella epatite alcolica le manifestazioni cliniche sono variabili ma spesso si
notano già i segni di progressione della malattia presenti nella cirrosi. Le alterazioni
biochimiche sono simili a quelle della steatosi ma più gravi con ittero e riduzione degli
indici di protidosintesi epatica. Anche nella cirrosi vi possono essere quadri molto diversi,
da totale assenza di sintomi nelle forme compensate a quadri con encefalopatia, ascite ed
ipertensione portale nelle forme avanzate. Non è raro osservare sintomi più gravi nella
epatite alcolica in pazienti bevitori attivi rispetto alla cirrosi di pazienti che si astengono
oramai da anni. Così pure gli esami di laboratorio possono essere solo modestamente elevati
nella cirrosi del paziente astinente da tempo; le altre alterazioni biochimiche non
differiscono sostanzialmente da quelle presenti in altre forme di cirrosi. L’epatocarcinoma
può essere la prima espressione di una patologia epatica da alcool; infatti il rischio di HCC
non si riduce con l’astensione dall’alcool ed un paziente può arrivare ad HCC senza che sia
stata, in precedenza, diagnosticata una cirrosi alcolica. Nei pazienti con epatite C l’uso di
alcool raddoppia il rischio di HCC rispetto ai pazienti con epatite C che si astengono
dall’alcool.
Diagnosi: il primo passo è costituito da una corretta anamnesi spesso resa difficile da
reticenza, sottovalutazione dell’apporto alcolico (talora non deliberata ma legata a scarsa
memoria del passato), “copertura” da parte dei familiari. I questionari (tipo CAGE) possono
essere utili, ma riconoscono soprattutto pazienti con dipendenza dall’alcool e non i bevitori
sociali. Più utile indagare in merito ad altre patologie alcool-correlate o ad eventi sociali,
lavorativi, etc. (incidenti stradali, ritiro della patente, perdita del lavoro, cadute, etc.). Non
esistono test di laboratorio completamente specifici per la diagnosi di patologia alcoolcorrelata; le GGT sono il test più utilizzato ed hanno sensibilità del 70% e specificità del 7080%. Sono utili anche per seguire il paziente in quanto si normalizzano, con l’astensione, in
due mesi circa. La CDT (carbohydrate-deficient transferrin) o desialitransferrina ha una
specificità del 90% per riconoscere l’abuso alcolico ma è utile per consumi superiori ai 60
gr/die; si normalizza dopo 15 giorni dall’astensione. La bilirubina ed il TP sono indicatori
utili per valutare la gravità del danno epatico nella epatite alcolica. Il DF (discriminant factor
o indice di Maddrey) si calcola mediante la seguente formula: 4.6 x TP paziente – TP
controllo in sec. + bilirubina in mg/dl. Se superiore a 32 predice una mortalità a un mese pari
al 50%. Esistono anche altri indici più complessi (quali lo score di Glasgow e l’indice di
Lilla).
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
38
Biopsia epatica: ha lo scopo di confermare la diagnosi, escludere altre cause di
epatopatia, stabilire l’entità del danno epatico e offrire anche una valutazione prognostica.
Inoltre può consentire di valutare l’entità dell’eventuale sovraccarico di ferro e di escludere
una possibile emocromatosi ereditaria.
Prognosi: la steatosi alcolica è considerata generalmente una condizione benigna e
reversibile, ma questo dipende dalla astensione dall’alcool. La progressione a cirrosi è
preceduta dalla fibrosi perivenulare. La cirrosi alcolica ha generalmente, sempre se viene
mantenuta la completa astensione, una prognosi migliore rispetto ad altre forme di cirrosi ma
la malattia può progredire anche dopo la sospensione dell’alcool soprattutto nelle donne.
Infine, l’epatite alcolica può avere una mortalità elevata fino al 50% e la storia naturale
dipende dalla gravità del danno epatico.
Terapia: la terapia si fonda principalmente, come è ovvio, sulla completa e definitiva
astensione dall’alcool sotto qualunque forma. Questo è sufficiente e decisivo nella steatosi
epatica; nella cirrosi alcolica il trattamento delle complicanze (scompenso, ipertensione
portale, encefalopatia, etc.) non differisce da quello di altre forme di cirrosi. Particolare
attenzione va portata nell’encefalopatia epatica in quanto alcuni sintomi, in particolare la
confusione mentale ed i tremori, possono essere confusi dalla eventuale associazione con
una sindrome da astinenza acuta alcolica. Un discorso a parte merita invece il trattamento
della epatite acuta alcolica: una recente revisione della letteratura basata anche sulle
metanalisi comparse di recente conclude per l’assenza di utilità dimostrata di altre terapie
quali infliximab, anti-ossidanti, pentossifillina, steroidi anabolizzanti, colchicina, S-adenosil
metionina, propiltiouracile. La nutrizione ha un ruolo importante ma non modifica la
sopravvivenza dei pazienti con epatite alcolica. L’uso degli steroidi è invece l’unica terapia
che presenta, negli studi fin qui condotti, una utilità anche se l’impiego di tale trattamento è
ancora controverso per gli effetti secondari deleteri quali, in particolare, il rischio di
infezioni. In generale viene proposto un trattamento con prednisone 40 mg/die se il
Discriminant Factor (vedi sopra) risulta superiore a 32. Un fattore favorevole alla risposta è
costituito dal cosiddetto “Early change in bilirubin level” e cioè la riduzione della bilirubina
dopo la prima settimana di terapia.
Trapianto di fegato: si tratta di un argomento controverso in quanto viene
considerato che il danno epatico, in questo caso, è volontario. Inoltre viene richiamata
l’attenzione sul rischio di recidiva di abuso alcolico post-trapianto e sul rischio di perdita del
paziente e dell’organo trapiantato. In realtà la sopravvivenza dei pazienti sottoposti a
trapianto per cirrosi alcolica è quanto meno pari o forse superiore rispetto alle cirrosi di altra
eziologia. Viene generalmente richiesta una astensione “certa” di almeno sei mesi; è inoltre
fondamentale determinare con accuratezza la presenza di eventuale dipendenza dall’alcool
mediante valutazione psichiatrica. Inoltre occorre escludere la presenza di altri danni
d’organo (ad esempio a carico del cuore e del cervello) che potrebbero compromettere
l’esito del trapianto. Molto importante nella scelta risulta anche l’analisi “sociale” della
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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situazione in cui vive il paziente (lavoro stabile, famiglia collaborante, buone relazioni
sociali etc.).
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Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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EFFETTI E PATOLOGIA SUL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E PERIFERICO
Alberto Dallari
U.C. Neurologia - Stroke Unit - Centro Neurosonologico - Azienda Ospedaliera Santa
Maria Nuova - Reggio Emilia
Meccanismi ipotizzati per l’azione tossica dell’alcool sul sistema nervoso centrale e
periferico
Valuteremo in seguito le patologie specifiche determinate dall’azione tossica diretta o
indiretta dell’alcool sul SN ma non dobbiamo sottovalutare che l’alcool è uno dei tanti
fattori extragenetici che possono interferire nel fenomeno della senilizzazione umana o
direttamente o attraverso la mediazione del fatto morboso. Infatti, l’abuso di bevande
alcoliche può comportarsi come un fattore d’invecchiamento accelerato in quanto causa
diretta di senilizzazione e/o di patologia degenerativa correlata.
Il riferimento che sussiste tra abuso alcolico ed invecchiamento precoce è talmente
evidente e irrefutabile che non richiede conferma alcuna sul piano clinico-statistico,
rappresentando ogni alcolista di per sè un eccellente modello sperimentale per lo studio della
senescenza prematura.
Ricordiamo che i principali fattori medici di rischio per la senescenza sono
rappresentati da obesità, ipertensione e diabete, che costituiscono forse la triade capitale,
associati naturalmente ad altri agenti non meno rilevanti, quali appunto possono considerarsi
la bronchite cronica, la patologia vascolare, le malattie articolari e quelle alcool-correlate.
Quali Meccanismi neurotossici ?
Per quanto concerne l’azione dell’alcool sulla membrana neuronale è dimostrato che
esso interagisce con la fase lipidica della stessa, ne modifica la fluidità e ne altera la
permeabilità ionica, costituendo probabilmente dei legami non polari con le catene
idrocarboniose. Per essere più precisi l’etanolo ad alte concentrazioni trasforma in
modo aspecifico l’aspetto della membrana, mentre a quote più basse interferisce sul
neurone variando soltanto la cinetica del trasporto transmembrana di Na+, K+ e Ca++.
L’etanolo, infatti, è in grado di produrre una inibizione della Na+, K+ ATPasi di
membrana che agisce sulla pompa cationica responsabile del mantenimento dei
gradienti di Na+ e K+ attraverso la membrana citoplasmatica. Per quanto riguarda il
calcio, pur mancando una diretta dimostrazione sulla ingerenza dell’etanolo nella
cinetica transmembrana di questo ione, è possibile tuttavia ipotizzare una analoga
azione inibente dell’alcool anche sulle pompe energia-dipendenti di espulsione del
calcio.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
41
Per quanto concerne l’azione dell’alcool sul turnover dei neurotrasmettitori è
presumibile che nell’assunzione cronica le variazioni a livello di neurotrasmettitori
possano riconoscere meccanismi più complessi per la coesistenza di fenomeni
malnutrizionali che interessano vitamine, aminoacidi, oligoelementi e precursori. Per
altro è stata confermata la capacità dell’alcool etilico di modificare il “turnover” dei
neurotrasmettitori con un’azione di tipo diretto. Gli effetti che si riscontrano negli
animali da laboratorio con la somministrazione acuta di etanolo sono depurati,
infatti, da tutte le intromissioni di tipo mediato, come ad esempio i fenomeni
carenziali che possono accompagnare il trattamento cronico. È appunto sulla scorta
di studi condotti nell’animale che Freund è riuscito a individuare le basi molecolari
attraverso cui alcool ed invecchiamento biologico concorrerebbero in modo
conforme al deterioramento cognitivo e comportamentale, intervenendo simmetricamente sia sul depauperamento neuronale che sul tono neurotrasmettitoriale di
regioni cerebrali diverse. È pertanto presumibile che, come avviene nell’invecchiamento naturale, anche nell’assunzione cronica di etanolo possano verificarsi
considerevoli modificazioni dei neurotrasmettitori, una variazione della densità
recettoriale ed alterazioni dell’affinità che i recettori presentano nei confronti degli
stessi mediatori. Resta comunque il fatto che già le attuali conoscenze sui sistemi
neurotrasmettitoriali e sulle loro variazioni metabolico-funzionali nella senescenza
cerebrale ci suggeriscono di non sottovalutare, in questo campo, il ruolo dell’alcool
che, anche nei cosidetti bevitori sociali, sembra in grado d’interferire positivamente,
assieme all’età, nel processo d’invecchiamento.
L’ultima delle principali azioni che vengono riconosciute all’alcool sulle strutture e
sulle funzioni del neurone è provocata indirettamente dai suoi metaboliti. Il ruolo
dell’acetaldeide e degli alcaloidi di neosintesi è al momento attuale ancora poco
conosciuto e non completamente definito, nonostante che gli studiosi rivolgano
sempre maggiore attenzione a queste sostanze. Generalmente la biotrasformazione
dell’acetaldeide in acetato avviene molto più rapidamente che quella dell’alcool
etilico in acetaldeide, per cui l’organismo rimane relativamente poco esposto agli
effetti tossici dell’aldeide acetica. In alcune situazioni, però, si può avere un aumento
di acetaldeide talmente cospicuo da causare lesioni epatiche ed extraepatiche in
notevole misura. L’aldeide acetica, infatti, è in grado di agire su tutte le strutture
subcellulari, come è sicuramente dimostrato per il fegato e come è probabile che
avvenga anche nei confronti di mitocondri, apparato del Golgi e microtubuli della
cellula neuronale.
Altri Studi stanno valutando come l'alcool comprometta il funzionamento di geni
che controllano funzioni importanti del cervello, provocando la comparsa dei sintomi
più comuni fra gli alcolisti, come depressione e insonnia, nonché la disposizione a
ricadere nella dipendenza. I ricercatori hanno scoperto che l'alcool interferisce
principalmente con geni importanti nell'amigdala, una regione posta in profondità nel
cervello e sede delle nostre emozioni. Poiché gli esperti avevano rilevato che
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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l'amigdala è più attiva negli alcolisti che non nelle persone sane, i neurologi hanno
pensato di indagare se l'impatto della dipendenza da alcolici fosse ancora più
profondo nel cervello di un alcolista, ovvero se l'abuso fosse capace di interferire con
l'attività nel Dna dei geni dei neuroni. I ricercatori hanno quindi osservato l'attività
dei geni che controllano i neuroni dell'amigdala in persone dipendenti dall'alcool e in
un gruppo di controllo, rilevando che negli alcolisti è alterata l'attività di 772 geni. In
particolare due su tre di questi geni lavorano meno del normale e ciò, secondo gli
studiosi, potrebbe favorire neurodegenerazione, difetti della produzione di energia
dei neuroni, aumento del metabolismo dell'alcool nel cervello e della vulnerabilità
alla dipendenza, infine sfasamento dei ritmi biologici del corpo. Per esempio, i
ricercatori hanno trovato soppressa l'attività del gene orologio Per3, importante nel
regolare l'orologio biologico. Ciò potrebbe spiegare, ad esempio, perchè gli alcolisti
hanno problemi di insonnia e disturbi depressivi. Sempre nell'amigdala degli alcolisti
funziona troppo poco il gene per un recettore dei cannabinoidi, che serve per
spegnere i meccanismi di dipendenza. Ciò spiegherebbe la tendenza a ricadere nella
dipendenza durante la terapia e dopo essersi disintossicato. Questo è un campo in
forte evoluzione ma suggerisce come l’abitudine al bere determini subdole
dipendenze che potrebbero essere più gravi delle patologie conclamate .
INDUZIONE DELLA DIPENDENZA (non fattori psicologici)
1) La dopamina svolge un ruolo fondamentale nei circuiti della gratificazione , si
ipotizza che le sostanze da abuso , stimolando potentemente le vie neuronali della
gratificazione , produrrebbero nel cervello un falso segnale , per cui l’organismo
interpreta la sostanza come indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo . La
risposta è strettamente individuale ed è polifattoriale .
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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2) Tale predisposizione potrebbe essere favorita anche dall’effetto “atarattico”
dell’alcool, cioè un moderato consumo di alcool per un periodo di tempo
relativamente lungo può favorire la formazioni di nuove cellule nervose nel cervello
adulto. I nuovi neuroni potrebbero rivelarsi importanti nello sviluppo della
dipendenza da alcool e altri effetti a lungo termine sul cervello.
MODALITA DI ASSUNZIONE DELL’ALCOOL E TOSSICITÀ
L’azione tossica dell’alcool non e’ solo in relazione all’assunzione cronica ma in
relazione anche a modalita’ comportamentali patologiche che determinano picchi di
concentrazione ematica in breve tempo
Infatti, una particolare modalità di assunzione di alcolici molto di moda come IL
BINGE DRINKING in anglosassone o il BOTELLON in spagnolo cioè il bere grandi
quantità di d’alcool in poche ore senza accompagnarlo con del cibo si è rivelato molto più
neurotossico di una assunzione prolungata, i picchi di ETANOLO possono essere molto
rischiosi soprattutto prima dei 21 anni quando il cervello è ancora in fase di formazione . I
danni che si producono in questa fase della maturazione e dello sviluppo sono “irreversibili“.
PATOLOGIE NEUROLOGICHE
MANIFESTAZIONI NEUROLOGICHE ACUTE
1. Intossicazione alcolica
L’etanolo entra rapidamente nella circolazione e raggiunge un equilibrio nei diversi
tessuti, compreso il sistema nervoso centrale (CNS). Dopo l’assunzione il picco ematico di
etanolo si raggiunge in circa 1 ora: le concentrazioni cerebrali di E si equilibriano a quelle
ematiche altrettanto rapidamente e correlano con il grado di intossicazione.
Segni evidenti di intossicazione compaiono per livelli ematici di etanolo sopra 6.5
mmol/l (0.3 g/l). Precocemente si evidenziano euforia, compromissione cognitiva e
dell’autocontrollo, in coordinazione motoria. In alcuni casi l’euforia è sostituita da
sonnolenza. Per concentrazioni superiori a 21.7 mmol/l compaiono segni di disfunzione
cerebellare e vestibolare, seguiti da letargia e stupore. Livelli di etanolo superiori a 65-87
mmol/l determinano ipotermia, ipotensione e coma.
In soggetti non alcolisti sopra 98 mmol/l precipita la depressione respiratoria come causa
di morte. La dose letale è inferiore se vi è assunzione contemporanea di farmaci come
barbiturici e benzodiazepine. I meccanismi dell’intossicazione etanolica non sono del tutto
definiti. Le maggiori evidenze sono a vantaggio dell’azione sui recettori GABA come
principale responsabile dell’intossicazione etanolica.
2. Blackouts alcolici
Rapido consumo di notevoli dosi di etanolo può talvolta provocare “blackouts” o
episodi di amnesia globale transitoria per ore senza modificazione nel livello di coscienza.
Chi viene colpito è incapace di formare nuovi ricordi durante l’evento, mentre il richiamo
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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immediato e la memoria a lungo tempo rimangono normali. I blackouts alcolici non
necessariamente si associano con altri disturbi neurologici: i non-alcolisti possono incorrere
in queste manifestazioni in eccessi alcolici casuali.
3. Reazione di arrossamento
L’alcool deidrogenasi converte l’etanolo in acetaldeide: questa è quindi
metabolizzata in acetato dall’aldeide deidrogenasi. Il disulfiram (Antabuse) inibisce
l’aldeide deidrogenasi determinando un accumulo di acetaldeide. Se un alcolista che prende
il disulfiram assume etanolo, l’incremento dell’acetaldeide produce nausea, vomito,
vasodilatazione, tachicardia, astenia e vertigini. Alcune popolazioni Asiatiche hanno una
alterazione nella codifica genetica di una forma di Aldeide deidrogenasi: riducendosi il
metabolismo dell’acetaldeide questa induce, dopo una assunzione di etanolo anche modesta,
sensazione di calore con vasodilatazione, arrossamento del volto, tachicardia e ipotensione.
CONSUMO CRONICO DI ALCOOL
1. Tolleranza e dipendenza
L’alcolista si adatta all’etanolo sviluppando tolleranza agli effetti dell’intossicazione.
Alcuni bevitori possono apparire sobri a concentrazioni ematiche etanoliche di 89-108
mmol/l. Il più alto livello di etanolo ematico è stato registrato in alcolista durante un
controllo ambulatoriale che aveva interrotto l’assunzione di alcool tre giorni prima e aveva
328 mmol/l. La tolleranza all’alcool è accompagnata a dipendenza fisica definita dalla
comparsa di s. da astinenza quando ne viene interrotta l’assunzione. La dipendenza può
essere dovuta a risposte neurali adattative all’etanolo: tuttavia gli eventi molecolari che
sottendono tolleranza e dipendenza sono scarsamente definiti. Le alterazioni croniche
etanolo-correlate nelle attivazioni del secondo messaggero e nella espressività genica sono
state entrambe implicate nella tolleranza e nella dipendenza. Le risposte croniche adattative
all’etanolo usualmente sono di segno opposto agli effetti acuti dell’E. Sono descritte
numerose modificazioni recettoriali e neurotrasmettoriali (canali calcio voltaggiodipendenti, NMDA), espressione genica dei GABA recettori. Più recentemente il
meccanismo unico identificato è che l’esposizione cronica all’etanolo altera la funzione
proteica della membrana neuronale.
2. Sindrome di astinenza etanolica
Alla riduzione o sospensione improvvisa dell’assunzione dell’E diviene evidente la
dipendenza fisica: gli aspetti clinici dell’astinenza comprendono tremore, alterazioni
percettive, convulsioni e delirium tremens. Queste manifestazioni neurologiche nascono
dalla persistenza dei meccanismi adattativi neuronali non più a lungo controllati dalla
presenza dell’etanolo. I tremori sono il primo e il più comune sintomo che inizia dopo 6-8
ore dall’ultima assunzione e sono più intensi a 24 - 36 ore. Ai tremori si accompagna
sudorazione tachicardia, ipertensione sistolica e diastolica. Possono comparire insonnia con
sogni vividi, sintomi gastrointestinali, nausea, vomito e diarrea. Alterate percezioni visive,
uditive e tattili si possono associare a disorientamento. Allucinazioni anche severe possono
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persistere per settimane dopo il miglioramento degli altri sintomi. L’intensità dei sintomi è
modesta nelle fasi precoci e si risolve nelle 24-48 ore dalla sospensione senza alcun
intervento terapeutico.
3. Crisi epilettiche da astinenza etanolica
Molti alcolisti alla sospensione o riduzione del bere sviluppano crisi generalizzate tonicocloniche tra 7 e 48 ore. Questi alcolisti che sviluppano crisi di astinenza, tendono ad avere
crisi anche in successive sospensioni. Il 20-40% delle crisi epilettiche di nuova insorgenza
viste nell’emergenza sono correlabili con l’abuso cronico di E. È inusuale uno stato
epilettico: le crisi sono generalizzate nel 60% dei casi. La TAC cranio è usualmente priva di
rilievi di anormalità strutturali, fatta eccezione ad atrofia corticale. Sebbene sia stato posto il
problema del ruolo della tossicità dell’E nel provocare le crisi, è accreditata l’opinione di
una vulnerabilità genetica anche nell’uomo nel determinarsi delle crisi alla sospensione.
L’esposizione cronica all’E può creare uno stato di “Kindling” dove cicli ripetuti di
intossicazione esospensione può portare ad un incremento permanente nella eccitabilità
neuronale : questa genera le crisi della sospensione e incrementa il rischio di epilessia
nell’alcolista.
4. Delirium tremens
Patogenesi
La patogenesi del delirium tremens è stata oggetto di numerosi studi, ricordo inoltre
che soltanto quando i livelli ematici di etanolo sono diminuiti si manifestano i sintomi del
delirium, che è interrompibile proprio da nuove assunzioni di alcool. La sovrapposizione
degli aspetti clinici del delirium a diversa eziologia ha spinto i ricercatori a ipo tizzare un
singolo comune meccanismo patogenetico, una ultima “via comune” che porta allo sviluppo
della sindrome: le modifiche globali del soggetto sarebbero modulate dall’attività nervosa di
sistemi specifici e dal coinvolgimento di uno o più neurotrasmettitori. Tra i vari sistemi
neurotrasmettitoriali quelli che sembrano maggiormente coinvolti nel caso del delirium
tremens sono il catecolaminergico e il serotoninergico, mostrando infatti questa patologia
delle disfunzioni migliorabili con la somministrazione di bloccanti centrali beta-adrenergici
come il propranololo (2). Altri studi infine orientano verso il sistema adrenergico quale
principale regista della sindrome, rinominata pertanto “sindrome iperadrenergica”.
Diagnosi e clinica
Il delirium tremens, al contrario delle sindromi da astinenza precoce da etanolo, è
un’emergenza medica. Le sue caratteristiche cliniche sono state accuratamente descritte
circa 200 anni fa; da allora, molte terapie si sono susseguite per alleviarne i sintomi, ma la
morbilità e la mortalità sono rimaste più o meno invariate negli ultimi cento anni .
Il delirium tremens, al contrario del tremore, delle allucinosi o delle crisi convulsive
che si manifestano entro 1 o 2 giorni dall’astinenza, inizia da 48 a 72 ore dopo l’ultima
assunzione di alcool. Esso può seguire l’insorgenza di crisi convulsive d’astinenza, sia prima
della fine del periodo post-ictale che dopo 1 o 2 giorni asintomatici. La sintomatologia
tipicamente inizia e termina bruscamente, potendo durare per ore o giorni (la sua durata è di
72 ore o meno in oltre l’80% dei casi) e potendo alternare periodi di lucidità e di confusione.
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Raramente le recidive possono prolungare la sintomatologia fino a 4-5 settimane. I sintomi
consistono in profondo stato confusionale, delirio, allucinazioni, tremore grossolano,
agitazione, insonnia, come pure in segni di iperattività del sistema neurovegetativo, come
pupille midriatiche, febbre, tachicardia e sudorazione profusa. Durante il delirium il paziente
tenta di afferrare le lenzuola oppure fissa con aggressività ciò che lo circonda e cerca di
colpire le persone o gli oggetti delle sue allucinazioni. Il “delirio tranquillo” è un fenomeno
raro. Al termine del delirium il paziente, consumato dall’insonnia e dall’iperattività, cade in
un sonno profondo, per poi svegliarsi lucido, silenzioso ed esausto, con amnesia quasi
completa degli episodi del periodo del delirium tremens. Il 5-15% dei casi, come sopra
descritti, sono fatali, per quanto il decesso sia solitamente causato da malattie diverse, come
una malattia infettiva, una cirrosi o una patologia traumatica; talora però il decesso avviene
senza alcuna complicazione apparente, in stato di ipertermia o di collasso circolatorio
periferico, o in alcuni casi per uno shock inspiegabile che porta a morte il soggetto in
maniera improvvisa. All’esame autoptico l’encefalo di questi soggetti non appare edematoso
né affetto da altre modificazioni significative apprezzabili al microscopio ottico, eccetto che
nei casi di collasso o ipossia terminali. In modo imprevedibile si verificano alterazioni del
liquor e della TAC, a indicare la presenza di complicazioni della patologia di base. L’EEG
può risultare anormale, e durante il delirium il soggetto è particolarmente sensibile alla SLI,
rispondendo in circa la metà dei casi con mioclonie generalizzate (fotomioclono), oppure
con crisi generalizzate tonico-cloniche (fotoconvulsioni). L’esame ematico mostra la
glicemia raramente abbassata in maniera sensibile, come pure poco frequente è la
chetoacidosi con glicemia normale. I disturbi degli elettroliti sono di frequenza e importanza
variabile. Il sodio tende, assieme a cloruri e fosforo, in alcuni casi ad aumentare, ma per la
maggior parte dei soggetti rimane invariato. Analogamente, calcio e potassio rimangono
invariati per la maggior parte dei pazienti, ma in circa il 25% dei casi risultano diminuiti.
La terapia del delirium tremens va impostata sia sul fronte strettamente neurologico che su
quello sistemico.
PATOLOGIE CRONICHE DEL SNC INDOTTE DALL’ETANOLO
Alcuni studiosi propongono che la malnutrizione sia la causa principale dei disordini
neurologici alcool-correlati (Victor e Adams). Gli alcolisti ottengono spesso oltre il 50%
delle loro calorie dall’etanolo e alcuni sviluppano gravi carenze nutrizionali, specie di
proteine, di tiamino, folati e miacina. Tuttavia anche alcolisti ben nutriti possono sviluppare
miopatia e cardiomiopatia. In aggiunta recente evidenza suggerisce che fattori genetici
contribuiscono alla tossicità dell’etanolo. L’utilizzazione dell’etanolo come substrato di
specifici enzimi può portare all’accumulo di metabolici tossici (fosfatiletanolo, esteri etilici
di acidi grassi, l’acetaldeide).
La sindrome di Wernicke-Korsakoff
Polineurpatia
Neuropatia Ottica (ambliopia “alcool-tabagica”).
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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ENCEFALOPATIA DI WERNICKE E PSICOSI DI KORSAKOFF
(sindrome di Wernicke-Korsakoff)
1. Encefalopatia di Wernicke
Patogenesi
Negli alcolisti la patogenesi dell’Encefalopatia di Wernicke è riconducibile ad un
deficit di Tiamina (Vitamina B1) dovuto ad una alimentazione incongrua o a
malassorbimento. Tale deficit comunque si può riscontrare anche in caso di malnutrizione,
tossicodipendenza, gravi affezioni gastroenteriche, neoplasie maligne e AIDS. Le lesioni
consistono in una depigmentazione simmetrica delle strutture situate attorno al III
ventricolo, all’acquedotto di Silvio e al IV ventricolo. In queste sedi sono documentabili
emorragie petecchiali nei casi acuti; atrofia dei corpi mammillari nei casi cronici. Le
strutture colpite presentano microscopicamente proliferazione endoteliale, emorragie
microscopiche, demielinizzazione con relativo risparmio degli assoni; perdita neuronale è
più evidente a livello del Talamo mediale (queste lesioni possono consentire la diagnosi post
mortem nei casi subclinici). Solo alcuni alcolisti (circa il 10%), probabilmente quelli con
alterazione geneticamente determinata o acquisita del sistema enzimatico tiaminiodipendente transchetolasi, sviluppano l’Encefalopatia di Wernicke . La tiamina è un
cofattore della transechetolasi, della alfa-chetoglutarico deidrogenasi e della piruvato
deidrogenasi. La tiamina è inoltre implicata nel flusso assonale e nella trasmissione
sinaptica. Un deficit di tiamina produce una diffusa riduzione del consumo cerebrale di
glucosio.Poco dopo lo sviluppo delle caratteristiche lesioni cerebrali, le aree vulnerabili
presentano un rapido incremento della produzione di lattato, espressione di un passaggio dal
metabolismo aerobico alla glicolisi anaerobia, come risultato di una deficiente attività della
piruvato deidrogenasi.
Clinica
La clinica è caratterizzata dalla triade:
- stato confusionale;
- oftalmoplegia;
- atassia.
Tale quadro comunque occorre solo in un terzo dei pazienti. Le turbe psichiche
(presenti nel 90% dei casi) consistono in uno stato confusionale con disorientamento,
apatia, indifferenza e solo nel 5% dei casi depressione del tono dell’umore. Le turbe
oculomotorie (in circa il 96% dei casi) consistono in nistagmo, più spesso orizzontale,
paralisi dell’abducente e dello sguardo coniugato ed esprimono lesioni a carico dei nuclei
vestibolari, dell’abducente e degli oculomotori. L’atassia della marcia (nell’87% dei
pazienti) deriva da una combinazione di polineuropatia (neuropatia distale per lo più
sensitiva, più grave alle estremità inferiori, che ha come substrato anatomico una lesione
assonale dei nervi periferici pur essendo presenti anche lesioni delle guaine mieliniche),
compromissione cerebellare e vestibolare (le lesioni cerebellari sono abitualmente confinate
alle porzioni anteriori e superiori del verme, pertanto raramente occorre atassia degli arti e
disartria). L’Encefalopatia di Wernicke comporta gravi turbe mnesiche sino ad una franca
Sindrome di Korsakoff. Un coma può stabilirsi acutamente specie nei casi di grave
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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denutrizione o di disidratazione (esito fatale nel 10-15% dei casi). È bene pertanto
considerare la possibilità di una Encefalopatia di Wernicke in tutti i pazienti alcolisti o
denutriti che presentino: nistagmo, oftalmoplegia, atassia, stato confusionale, stupor o coma
e ricorrere prontamente in essi alla somministrazione parenterale di Tiamina. Tale
somministrazione determina un rapido miglioramento dei disturbi neurologici ed interviene
in tal modo come elemento diagnostico ex adiuvantibus (la mancanza di una risposta
terapeutica positiva deve far dubitare della diagnosi) . Le turbe oculomotorie regrediscono
per prime (abitualmente in qualche ora), l’atassia e le turbe psichiche più lentamente,
potendo persistere in forma attenuata nella metà dei casi. Nei casi di persistenza
dell’alcolismo, l’Encefalopatia di Wernicke può recidivare e le sequele sono in tal caso gravi
e irreversibili.
2. Psicosi di Korsakoff
Circa l’80% degli alcolisti ricoverati in ambiente Ospedaliero per una Encefalopatia
di Wernicke presentano un disturbo selettivo della memoria noto come sindrome amnesico
confabulatoria di Korsakoff. Da taluni viene considerata come manifestazione psichica della
malattia di Wernicke . Consiste in un grave deficit della memoria aterograda e retrograda; lo
stato di coscienza e le abilità intellettive sono per il resto assolutamente integre.
Patogenesi
L’etiologia è ancora sconosciuta. Recentemente è stato messo in evidenza un deficit
di alcuni neurotrasmettitori cerebrali (noradrenalina). I disturbi della memoria correlano con
la presenza di lesioni istopatologiche (aree di diminuita densità documentabili alla TAC) nel
talamo dorso-mediale e porzioni infero-mediali dei lobi temporali .
Perciò si possono osservare casi classici di Sindrome di Korsakoff anche in pazienti con:
- neoplasie del III ventricolo;
- infarto (o resezione chirurgica) delle porzioni infero-mediali dei lobi temporali;
- postumi di encefalite da Herpes Simplex - come manifestazione principale di un’epilessia
del lobo temporale;
- in traumi cerebrali commotivi;
- in casi di leucoencefalopatia anossica;
- nella malattia di Alzheimer.
In alcuni casi è stato descritto un esteso interessamento dei corpi mammillari al quale si
tende a ricondurre i disturbi della memoria .
Clinica
- amnesia anterograda: impossibilità alla acquisizione di nuove informazioni;
- amnesia retrograda: impossibilità alla rievocazione di informazioni antecedenti la malattia;
- confabulazione e falsificazione dei ricordi.
I pazienti sono spesso torpidi e rallentati, mostrano difficoltà di comprensione, disturbi
attentivi,labilità emotiva e perturbazioni dell’umore (euforico, apatico-indifferente, burberirritabile). I sintomi della Sindrome sono stabili ed un recupero parziale avviene solo in circa
il 20% dei pazienti. Le forme croniche non sono rare e si caratterizzano per notevoli disturbi
mnemonici che conferiscono al quadro clinico un aspetto demenziale.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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3. Polineuropatia alcolica
È la più frequente polineuropatia nutrizionale-carenziale nella nostra società ed in
assoluto, insieme a quella diabetica, tra tutte le polineuropatie. La polineuropatia alcolica
colpisce circa il 10% degli etilisti cronici. Viene definita come polineuropatia nutrizionalecarenziale in quanto l’effetto neurotossico non è dovuto all’alcool, ma alla mancanza di
assunzione o di assimilazione di cibo contenenti vitamine del gruppo B, soprattutto tiamina,
in seguito a malnutrizione e a insufficienze digestive. Non è però sicuro che il deficit
vitaminico riguardi in particolare la tiamina in quanto sperimentalmente nei mammiferi è
molto difficile riprodurre una neuropatia periferica da carenza di tale sostanza.
Caratteristiche anatomo-patologiche L’alterazione anatomo-patologica che riscontriamo è
la degenerazione assonale con distruzione sia dell’assone che della guaina mielinica. Può
essere presente anche una demielinizzazione segmentaria ma colpisce solitamente una
piccola percentuale di fibre. Le parti distali delle fibre mielinizzate più grosse e più lunghe
dei nervi degli arti inferiori e, in minor misura, degli arti superiori sono quelle con più
alterazioni: meno frequentemente e solo in casi gravi si ha un coinvolgimento dei nervi
vaghi, frenici e tronchi paravertebrali del simpatico. Inoltre nei casi più gravi le alterazioni
degenerabili possono interessare anche le radici anteriori e posteriori dei nervi con
conseguente cromatolisi dei neuroni delle corna anteriori e dei gangli delle radici dorsali con
possibile estensione della degenerazione alle colonne posteriori (alcune osservazioni).
Clinica
La sintomatologia della polineuropatia alcolica è molto variabile. Vi sono pazienti
asintomatici e la sofferenza del nervo periferico si valuta solo con l’esame neurologico:
diminuzione di volume e lieve iperestesia dei muscoli delle gambe, riduzione o perdita dei
riflessi achillei e dei rotulei e una diminuzione non costante della sensibilità tattile e
dolorifica dei piedi e delle creste tibiali. Nei pazienti sintomatici i disturbi presenti più
frequentemente sono rappresentati da debolezza, parestesie e dolori. L’esordio
sintomatologico può essere subdolo e lentamente progressivo oppure, meno frequente,
evolvere e peggiorare rapidamente anche nel giro di pochi giorni. Inizialmente si ha
interessamento delle parti distali degli arti, soprattutto e in modo più grave gli inferiori, con
progressione centripeta se la malattia non viene curata. La capacità motoria è quella
maggiormente colpita, la sintomatologia è simmetrica con possibilità di piede e polso
cadente: se sono interessati muscoli della coscia è presente difficoltà nell’alzarsi dalla
posizione accovacciata. Raramente si osserva una paralisi totale degli arti inferiori:
comunemente invece si osserva una anchilosi da contratture alla ginocchia e alle caviglie.
Un dolore muscolare alla pressione, in particolare nei muscoli dei piedi e dei polpacci, è
abbastanza comune. Nelle forme più gravi di polineuropatia dove è colpito anche il nervo
vago, può essere presente disfagia ed alterazione della voce che diviene roca e debole.
Normalmente i riflessi tendinei sono assenti ma possono essere conservati e in alcuni casi
più vivaci del normale. il coinvolgimento delle fibre nervose periferiche del simpatico ci
spiega le altre manifestazioni cliniche comuni ai pazienti alcolisti: un’eccessiva sudorazione
della pianta e del dorso dei piedi, del palmo delle mani e delle dita e più raramente
un’ipotensione posturale. In un 25% dei pazienti il dolore e le parestesie costituiscono il
principale handicap: dolore sordo e costante ai piedi e alle gambe, dolori improvvisi e di
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
50
breve durata “lancinanti” (pseudotabetici), crampi muscolari e senso di tensione ai piedi e ai
polpacci, sensazione a tipo “fascia” intorno ai polpacci. Una condizione più tormentosa per
il paziente è la cosidetta “sindrome dei piedi urenti” (impropriamente detta in quanto la
sintomatologia può presentarsi anche alle mani): sensazioni di caldo o vero e proprio
“bruciore” più frequentemente alla pianta del piede che al dorso, di intensità variabile,
aggravate dagli stimoli superficiali, da non tolleranza alle coperte fino all’impossibilità a
camminare. Le alterazioni delle sensibilità non sono presenti in tutti i pazienti nella stessa
percentuale: nei due terzi circa degli alcolisti sono colpite più o meno allo stesso modo sia le
sensibilità superficiali che profonde; un’interessamento prevalente delle sensibilità
superficiali (tattile, termica e dolorifica) è presente in un quarto dei pazienti mentre nei
rimanenti sono colpite in particolare le sensibilità profonde. Alterazioni cutanee tipo pelle
secca e squamosa, pigmentazione della fronte, acne volgare, rinofima e lesioni tipiche della
pellagra sono manifestazioni abbastanza frequenti. Non frequentemente e sempre nei casi
più gravi possiamo avere edema da stasi, assottigliamento e lucentezza della cute degli arti
inferiori in particolare dei piedi fino ad arrivare ad alterazioni trofiche maggiori come la
“neuropatia ulcero-osteolitica-giunture di Charcot” caratterizzata da ulcere perforanti
plantari e distruzione indolore delle ossa e delle articolazione dei piedi: il meccanismo con
cui si produce sembra da ricondurre a ripetuti traumatismi di parti prive di sensibilità con la
sovrapposizione di infezioni.
Gli esami neurofisiologici evidenziano:
• riduzione lieve o moderata della conduzione sia motoria che sensitiva;
• riduzione dell’ampiezza dei potenziali d’azione sensitivi;
• può essere presente una riduzione delle velocità di conduzione nei segmenti distali dei
nervi mentre
nei segmenti prossimali si mantiene nella norma;
• nei muscoli denervati sono presenti potenziali di fibrillazione.
4. Neurite ottica
Definita anche ambliopia da carenza, neuropatia ottica nutrizionale, ambliopia
“alcool-tabagica”, tutti termini che delineano una compromissione visiva dovuta a carenza
nutrizionale. Che il fattore nutrizionale fosse alla base di questa neuropatia fu documentato
durante il secondo conflitto mondiale e la guerra di Corea, dove un numero elevato di
prigionieri, in pessime condizioni igienico-alimentari, svilupparono deficit visivi. Fisher
descrisse le lesioni presenti nel nervo ottico in alcuni di questi pazienti deceduti per cause
diverse 8-10 anni dopo l’insorgenza dell’ambliopia: perdita della mielina e dei cilindrassi
limitatamente alla regione delle fibre papillo-maculari. Alle nostre latitudini raramente viene
diagnosticata nei soggetti alcolisti e malnutriti, un’ambliopia clinicamente e anatomopatologicamente indistinguibile da quella osservata nei prigionieri di guerra. La definizione
di ambliopia alcool-tabagica derivò dal fatto che si pensava che o l’alcool o il fumare
tabacco o entrambi fossero i responsabili di questa affezione: l’alcool portando a deficit
vitaminici, in particolare tiamina, vitamina B12 e riboflavina; il fumare come conseguenza di
un avvelenamento cronico da cianuro che si sviluppa proprio fumando. Attualmente si
riconduce questa neuropatia solo a deficit nutrizionali. Clinicamente il paziente riferisce un
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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annebbiamento ed oscuramento della vista indipendentemente dalla distanza del soggetto
che osserva ad andamento progressivo nel giro di giorni o settimane. Obiettivamente, si
osserva la presenza di scotomi centrali o centrocecali (a maggior estensione con test colorati
più che in bianco e nero) ed un pallore della metà temporale della papilla ottica: tali
alterazioni sono sempre bilaterali e praticamente simmetriche. È importante il trattamento
con una dieta ipercalorica e con l’integrazione vitaminica: il miglioramento e l’eventuale
guarigione dipende ovviamente dalla cronicità e gravità dell’ambliopia e dal periodo di
tempo trascorso tra l’esordio e l’inizio della terapia: se non trattate tali forme possono
condurre ad atrofia ottica irreversibile.
MALATTIE A PATOGENESI INCERTA ASSOCIATE ALL’ALCOLISMO
Degenerazione Cerebellare
Mlattia di Marchiafava – Bignami
Mielino Lisi Pontina Centrale
Miocardiopatia e Miopatia Alcolica “
Demenza Alcolica
Atrofia Cerebrale
1. Degenerazione cerebellare
La patogenesi della degenerazione cerebellare alcolica è ancora incerta, forse legata
alla lesione diretta da etanolo forse alla carenza nutrizionale: lesioni identiche si manifestano
in soggetti non alcolisti denutriti. Le somiglianze cliniche e autoptiche con la S. di
Wernicke-Korsakoff dal punto di vista cerebellare suggeriscono d’altro canto meccanismi
comuni di patogenesi, pur non riscontrandosi nella maggior parte dei pazienti con
degenerazione cerebeflare alcolica i segni anatomo-patologici della S. di WernickeKorsakoff a livello del resto dell’encefalo. Tali meccanismi potrebbero quindi anche essere
di effetto diretto dell’etanolo sulle membrane biologiche, come sembrerebbe da numerosi
studi eseguiti in vitro ed in vivo. Può comparire in alcolisti con deficit nutrizionali anche in
assenza di S. di Wernicke-Korsakoff. La sintomatologia principale riguarda l’atassia del
tronco e della marcia, mentre nistagmo, disartria e atassia a livello delle braccia sono sintomi
più rari. Se l’atassia si manifesta in assenza di S. di Wernicke di solito insorge lentamente e
più difficilmente migliora col tempo. Altrimenti la sintomatologia evolve in settimane (fino
a comprendere alcuni mesi) a volte con periodi di stabilizzazione anche in presenza di
continua assunzione di etanolo e scarsa nutrizione. Dal punto di vista anatomo-patologico le
alterazioni più vistose si evidenziano a livello del verme, sia inferiore che superiore, mentre
gli emisferi risultano compromessi in minor grado. Istologicamente si
tratta di un’atrofia aspecifica, riguardante le cellule del Purkinje o gli altri tipi di cellule, che
può colpire anche il nucleo dentato; nella sostanza bianca del cervelletto si può notare un
netto aumento degli astrociti .
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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2. Malattia (Encefalopatia) di Marchiafava - Bignami
Raro disordine Neurologico caratterizzato da necrosi assiale del corpo calloso e della
sostanza bianca adiacente agli emisferi cerebrali, occorre in prevalenza in alcolisti
gravemente malnutriti.
Patogenesi
Il meccanismo patogenetico è tuttora sconosciuto. È documentata l’associazione con
l’abuso cronico di alcool, in particolare col consumo del vino rosso . Tuttavia sono stati
osservati casi in soggetti astemi . La malattia si definisce più per le sue caratteristiche
anatomopatologiche che per quelle cliniche. Il quadro anatomo-patologico consiste infatti in
una degenerazione della lamina intermedia del corpo calloso e in foci simmetrici di
demielinizzazione e di necrosi, con distruzione dei cilindrassi, nella commessura bianca
anteriore dell’encefalo, nelle formazioni ottiche e nella sostanza bianca cerebrale fino alla
zona del centro ovale. Talora si associano lesioni corticali soprattutto frontali e temporali.
Clinica
Il decorso clinico è variabile: acuto (convulsioni, ipertono muscolare, coma) ,
subacuto, cronico, caratterizzato da demenza, spasticità, astasia-abasia, impossibilità a
deambulare, disartria e segni eventuali di disconnessione interemisferica. In alcuni casi lo
stato di coscienza si deprime sino al coma, in altri i pazienti sopravvivono per anni in uno
stato demenziale, in altri ancora si assiste alla regressione spontanea dei sintomi. Infatti il
verificarsi in un alcolista cronico di disturbi che conducono quale ipotesi diagnostica di sede,
a livello frontale o del corpo calloso, ma che mostrano una tendenza alla remissione, deve
suggerire la diagnosi di malattia di Marchiafava-Bignami . La diagnosi in passato
formulabile solo in sede autoptica, è resa oggi possibile in vivo grazie all’impiego della
TAC e della RMN. Sono infatti ben evidenziabili alla TAC ed in particolare alla RMN le
lesioni demielinizzanti a carico del corpo calloso e della commessura anteriore e posteriore e
l’atrofia del cervelletto e del corpo calloso.
3. Mielinolisi pontina centrale
Nel 1959 Adams, Victor e Mancall descrissero per la prima volta questa patologia,
poi descritta in numerosi altri casi sopratutto costituiti da adulti con anamnesi di alcolismo o
malnutrizione ma che possono mostrare all’anamnesi anche altre patologie sitemiche. Infatti
la mielinolisi centrale del ponte è spesso associata a malattie del fegato (cirrosi, malattia di
Wilson), dei reni (nefropatia vascolare, trapianto), dell’encefalo (M. di Wernicke-Korsakoff,
tumori), e talora a leucemia, amiloidosi, diabete. La presentazione clinica tipica è di una
sindrome corticospinale e corticobulbare progressiva in rapida evoluzione che si esprime
con tetraplegia fiaccida con paralisi faciale, glottica e faringea, spesso intervenente durante il
corso di una malattia acuta con letargia, crisi epilettiche generalizzate e squilibrio
elettrolitico. La gravità del quadro dipende comunque dall’estensione e dall’ubicazione delle
aree lese, che oltre che nel ponte possono trovarsi nel talamo, nell’ippocampo e nella
sostanza midollare centrale. Di solito i soggetti risultano non in coma, ma affetti da “lockedin Syndrome”. Per confermare la diagnosi si possono evidenziare le lesioni con la RMN e
con i BAEP. In una gran parte dei soggetti l’evento scatenante sembra essere la troppo
rapida correzione dell’iponatriemia. Infatti sperimentahnente la mielinolisi centrale del ponte
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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risulta inducibile proprio da una correzione molto rapida della concentrazione del sodio
ematico (I), e anche secondo dati clinici un troppo rapido ritorno alla natriemia normale può
portare a focolai di demielinizzazione nel T.E.. Cosa determini nella mielina questa
particolare sensibilità agli squilibri elettrolitici non è ancora chiaro. A livello macroscopico
si rilevano focolai, macroscopicamente grigi,nella mielina del ponte, con pallore delle fibre
trasverse, che istologicamente mostrano un ampio depauperamento della mielina con
risparmio dei cilindrassi. Nelle lesioni acute si nota spongiosi, astrocitosi e proliferazione
della glia, mentre in quelle di vecchia data possono esserci alterazioni distrofiche a carico
degli assoni ai margini del focolaio . Per la terapia si enfatizza la restrizione sia di liquidi
che di sali.
4. Miopatia alcolica
Questa definizione racchiude alcune forme di debolezza muscolare che possono
ricondursi all’alcool.
Inizio con vomito e diarrea che precedono di solito nell’arco di tempo di diversi
giorni o settimane la comparsa di debolezza muscolare prevalentemente prossimale
ed indolore associata a grave ipokaliemia, innalzamento dei livelli sierici di enzimi
epatici e muscolari. Microscopicamente nei muscoli più gravemente interessati si
osserva necrosi e vacuolizzazione di singole fibre. La terapia è mirata al ripristino del
deficit di potassio: somministrazione di cloruro di potassio (720 mq/die) endovena
per diversi giorni e poi per via orale. In 7-14 giorni si ha il ripristino della forza
muscolare parallelamente al normalizzarsi degli enzimi;
Comparsa acutamente, all’apice di una intensa fase di assunzione cronica, di dolore
intenso, dolorabilità ed edema dei muscoli degli arti (simulando una flebotrombosi
profonda o un’occlusione linfatica) e del tronco e danno renale e iperkalemia nei casi
più gravi. Si può avere un interessamento dei muscoli sia generalizzato che focale.
Indici di mionecrosi sono un aumento dei livelli sierici di CK, di aldolasi e presenza
di miogiobina nelle urine che può, seppur raramente, portare a nefrosi
mioglobinurica mortale. Studi sperimentali hanno ipotizzato che un periodo di
digiuno dopo una assunzione protratta di alcool, possa scatenare nell’uomo una
mionecrosi. Il recupero della forza avviene lentamente, qualche settimana in pochi
casi diversi mesi per gli altri: questo in relazione all’estensione del danno muscolare,
alla concomitante presenza di una polineuropatia, alle ricadute durante altre fasi di
intensa assunzione di alcool;
Nel corso di una bevuta protratta possono comparire intensi crampi muscolari e
debolezza diffusa. Le alterazioni biochimiche presenti sono rappresentate da un
aumento dei livelli sierici di CK, presenza di mioglobina nelle urine e mancato
aumento di acido lattico sierico dopo esercizio in condizioni di ischemia, come si
verifica nella malattia di McArdie. Tuttavia negli etilisti i livelli di miofosforitasi non
sono ridotti in modo consistente.
Saltuariamente e ad evoluzione subacuta o cronica si osserva una debolezza
muscolare associata ad atrofia dei muscoli prossimali degli arti, in particolare gli
inferiori, con sfumati segni di neuropatia nei segmenti distali delle gambe e dei piedi.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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A tale situazione è stato attribuita la definizione, non riconosciuta da vari autori, di
“miopatia alcolica cronica”. In alcuni casi è presente mionecrosi e mioglobinuria. In
molti casi la genesi è di tipo neuropatico.
Cardiomiopatia dilatativa .
La terapia è la stessa della neuropatia alcolica e si può arrivare alla guarigione completa se il
paziente osserva le indicazioni che gli vengono date (astenersi dal bere e dieta ricca e
bilanciata).
5. Demenza alcolica
Forma tipica di demenza che può essere attribuita agli effetti diretti e cronici
dell’alcool sul cervello. Caratterizzata da disturbi funzionali cognitivi e da atrofia cerebrale,
insolita per l’età, accertabile alla tomografia computerizzata.
Patogenesi
Colpisce un numero limitato di alcolisti cronici per lo più di età avanzata. Si discute
se la patologia demenziale sia conseguenza diretta dell’effetto tossico dell’alcool e dei suoi
metaboliti sul Sistema Nervoso Centrale oppure sia dovuta alla malnutrizione, alla
epatopatia, ai ripetuti traumatismi a cui gli alcolisti cronici possono andare incontro. Sono
state descritte una serie di modificazioni della corteccia cerebrale attribuite agli effetti tossici
dell’alcool che sono alla base dello stato di deterioramento alcolico:
- atrofia progressiva della corteccia dei lobi frontali (associata a opacità e ispessimento delle
meningi
sovrastanti e a ingrossamento dei ventricoli laterali)
- rigonfiamento, picnosi e atrofia pigmentaria delle cellule nervose
- perdita irregolare delle piccole cellule piramidali delle lamine superficiali e intermedie
- degenerazione secondaria e perdita delle fibre nervose.
Tali lesioni comunque risultano piuttosto aspecifiche e talora alcune di esse possono
rappresentare nient’altro che gli effetti dell’invecchiamento o gli artefatti della fissazione e
della colorazione dei tessuti. Inoltre nella maggior parte dei casi con diagnosi di demenza
alcolica all’autopsia si riscontrano lesioni tipiche di altri processi morbosi quali:
- sindrome di Wernicke-Korsakoff;
- lesioni traumatiche di diversi livelli di gravità;
- encefalopatia anossica epatica;
- idrocefalo comunicante;
- malattia di Alzheimer;
- necrosi ischemica.
Clinica
Si osservano disturbi dell’attenzione, della concentrazione, della percezione, della
memoria, dei movimenti fini, come anche dell’apprendimento verbale. Sebbene i deficit
cognitivi siano abitualmente lievi, alcuni alcolisti presentano disfunzioni cognitive
stabilmente gravi, variabili da una amnesia selettiva anterograda e retrograda, ad una
demenza vera e propria. Clinicamente si osserva: gelosia e diffidenza, scadimento del rigore
morale, comparsa di disturbi della personalità e del comportamento, deterioramento delle
prestazioni lavorative, della cura personale e delle abitudini di vita, disorientamento,
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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indebolimento della capacità di ragionare e difetti della funzione intellettiva (particolarmente
della memoria), dilatazione dei capillari della cute e della faccia, aspetto edematoso,
afflosciamento dei muscoli, gastrite cronica, tremiti e attacchi convulsivi ricorrenti
Diagnosi
- Tests Neuropsicologici: performances ridotte in percentuale variabile dal 50 al 70%;
- TAC/RMN alterazioni evidenziabili: ingrandimento degli spazi liquorali esterni a livello
frontoparietale delle cisterne e degli spazi liquorali; nell’alcolismo cronico la TAC evidenzia
un quadro di atrofia cerebrale nel 61-96% dei casi; 6-10 anni di intossicazione alcolica sono
sufficienti a produrre un quadro di atrofia cerebrale .
6. Atrofia Cerebrale Alcolica
Il termine di Atrofia Cerebrale alcolica, perdita più accentuata della sostanza bianca
con perdita di neuroni corticali maggiormente localizzata nel giro frontale superiore
(diagnosi formulata in base ai referti neuroradiologici), non implica necessariamente che
l’assunzione cronica di etanolo conduca alla perdita irreversibile di tessuto cerebrale in
quanto come è stato osservato i referti tomodensometrici di atrofia cerebrale possono essere
reversibili entro certi limiti. Questa reversibilità indica probabilmente uno spostamento dei
liquidi interstiziali nel cervello nel corso di mesi piuttosto che una reale perdita di tessuto.
Terapia
Studi neuroradiologici (RMN) mostrano una parziale reversibilità dell’atrofia cerebrale con
l’astinenza . L’astinenza risulta l’unico trattamento terapeutico possibile.
MIOPATIA ALCOLICA FETALE
La sindrome alcolica fetale è caratterizzata da un ampio spettro di deficit fisici e
psichici che insorgono nei figli di donne che abusano di alcool in gravidanza. Le
caratteristiche dei bambini affetti includono uno scarso accrescimento staturo-ponderale di
origine prenatale, microcefalia, ipoplasia malare e ritardo mentale. La sindrome alcolica
fetale è tra le patologie indicate nell’allegato 1 delle malattie incluse nel Decreto
Ministeriale 279/01, "Regolamento di istituzione della Rete Nazionale Malattie Rare"
(Sindrome alcolica fetale, codice di esenzione RP0040) .
LESIONI TRAUMATICHE CONSEGUENTI ALL’INTOSSICAZIONE
Ematoma sottodurale , contusione cerebrale, etc…
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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ALCOOL E MEDICINA LEGALE
Fulvio Fantozzi
Centro Medico Privato Lazzaro Spallanzani - Reggio Emilia
Il Capitolo Alcol e Medicina Legale da semplice “corpuscolo accademico” di nozioni
stereotipate della manualistica medico-legale e criminologica è divenuto oggi tema assai
attuale e scottante, alimentato tutti i giorni nelle pagine dei quotidiani locali e nazionali dalla
presentazione di un numero crescente e sempre più variegato di eventi alcol-correlati, buona
parte dei quali ad alto contenuto emotivo ed anche economico laddove il loro costo sociosanitario è tanto crescente quanto sottostimato (cfr Fig 1).
È il caso della stretta correlazione tra il bere episodico incongruo e l'incidentalità
stradale, sulla base di una più ampia e pressante detezione del reato di guida in stato di
ebbrezza alcolica sulle strade da parte di pattuglie delle Forze dell'Ordine finalmente
diffusamente dotate degli etilometri previsti dalla legge. Sta aumentando anche la coscienza
e la conoscenza in termini proprio casistici del numero enorme di infortuni sul lavoro causati
o concausati dal consumo anche cosiddetto “moderato” ma comunque incongruo di bevande
alcoliche in prossimità della prestazione lavorativa e parallelamente l'intervento normativo
del 16 marzo 2006 ha il significato di prima specifica reazione istituzionale di natura
preventiva alla piaga dell'infortunistica del lavoro alcol-correlata.
Un'altro frangente in cui il medico specialista che si occupa di patologie e problemi
alcol-correlati è chiamato a pronunciarsi sempre più di frequente sia in ambito pubblico
(SER.T. in quanto destinatari del mandato di svolgere funzioni di Centro Alcologico) e
ancora di più in ambito privato è quello della certificazione di assenza di dipendenza da
alcol o comunque di problemi fisici, psichici e comportamentali alcol-correlati (ed alcol
correlabili) in persone che rivendicano la potestà genitoriale esclusiva all'interno di
contenziosi (o veri e propri “giochi al massacro”) tra ex coniugi interessati l'uno/a a far
etichettare l'altro come alcolista e quindi ad esautorarlo, l'altro/a difendersi da tale “accusa”
al fine di mantenere un qualche grado di potestà sui figli minorenni.
Ancora in tema di competenze genitoriali e minori la certificazione di assenza di
tossicodipendenza è talora richiesta al SER.T. od a specialisti privati (addirittura psichiatri)
in caso di richiesta di adozione di minori, destando sovente il comprensibile sconcerto in
operatori la cui mission elettiva non è certo quella di certificare in simili frangenti e men che
meno di certificare a favore di cittadini - non - utenti che ad essi accedono per motivi
soltanto e dichiaratamente medico-legali.
In ambito forense la criminalità indotta dall'alcol, di solito commissiva e violenta
(aggressioni, lesioni, violenza sessuale ove è da ricordare che l'alcol resta ancor oggi la
“rape drug ante litteram”!) è ricorrente in molte storie processuali. Ma non è da dimenticare
la criminalità connessa al maltrattamento psicologico e alla trascuratezza (dunque reati
omissivi) di genitori o persone comunque formalmente addette all'accudimento, educazione
e sussistenza di minorenni e che invece si dedicano all'alcol.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Un capitolo ancora non scritto, ma che dovrebbe essere scritto in materia di medicina
legale e alcol, è quello relativo alla responsabilità professionale individuale od oggettiva che
potrebbe scaturire dalla mancata cura o dalla cura inadeguata o intempestiva (il ché a ben
vedere è peggio quanto a maleficialità) di soggetti con disturbi da uso di alcol allorquando
sono scambiati per nevrotici o depressi cronici o per caratteropatici e disinvoltamente
terapizzate inadeguatamente in ambiti non specialistici per anni ed anni, con esito in
cronicizzazione iatrogena.
Fig. 1
I 5 principali fattori di rischio di malattia e morte prematura
in Europa
8000
Tabacco
DALYs (000's)
7000
6000
5000
4000
Ipertensione
Alcol
Ipercolesterolemia
3000
2000
Sovrappeso
Fonte: World Health Organization (2002) The World Health Report 2002. Reducing risks,
promoting healthy life. Geneva; World Health Organization.
NdR: per DALYs (Disability Adjusted Life Years) si intende il numero di anni di vita persi
per via di morte prematura nonchè gli anni di vita sana persi a causa di disabilità. [Il
termine “disabilità” qui va inteso come assenza di salute o insufficiente salute]”
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Il RUOLO DEL Ser.T
Angiolina Dodi
Direttore Ser.T Distretto di Guastalla - Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia
Il Ser.T ha il mandato di sviluppare interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e
riduzione del danno per le persone che presentano problemi di abuso o dipendenza da
sostanze legali ed illegali. Gli interventi sono rivolti ai giovani consumatori, alle persone con
problemi di dipendenza, alle famiglie, ai contesti di vita. È diffusa la consapevolezza che il
consumo di alcol, il fumo di sigaretta, l’attività fisica e l’alimentazione, siano i determinanti
della salute ed è ormai evidente la correlazione tra l’elevato consumo di alcol e l’aumento
del rischio di morbilità e disabilità psichica, oltre alla mortalità.
Secondo l’OMS ogni anno sono attribuibili al consumo di alcol circa il 10% di tutte
le malattie, il 10% di tutti i ricoveri, il 10% di tutti i tumori, il 63% delle cirrosi epatiche, il
9% delle invalidità. I costi annuali, sociali e sanitari, sono pari al 2-5% del PIL di ogni
paese. (Rapporto 2007 su consumo e dipendenze da sostanze in Emilia Romagna).
Dallo studio “PASSI 2006”, condotto in Emilia Romagna, emerge che circa i tre
quarti della popolazione tra i 18 e 69 consuma bevande alcoliche e circa un quinto ha
abitudini di consumo considerabili a rischio. Sono definiti a rischio:
5. i forti consumatori (più di 3 unità alcoliche al giorno per gli uomini e più di 2 per le
donne. Una unità alcolica corrisponde a 12 gr. di alcol contenuti in 1 birra in lattina, 1
bicchiere di vino, un aperitivo);
6. i bevitori che consumano almeno una volta al mese 6 o più unità alcoliche in un’unica
occasione (binge drinking ).
La normativa di riferimento, oltre alle linee di indirizzo regionali, è la Legge quadro
in materia di alcol e di problematiche alcolcorrelate (L. 125 del 2001) che:
tutela il diritto delle persone ed in particolare dei bambini e degli adolescenti ad una vita
familiare, sociale e lavorativa protetta dalle conseguenze legate all’abuso di bevande
alcoliche e superalcoliche;
favorisce l’accesso delle persone che abusano di bevande alcoliche a trattamenti sanitari
ed assistenziali adeguati;
favorisce l’informazione sulle conseguenze derivanti dal consumo e dall’abuso di
bevande alcoliche;
promuove la ricerca e garantisce adeguati livelli di formazione e di aggiornamento del
personale;
favorisce le organizzazioni del privato sociale e le associazioni di auto-mutuo aiuto
finalizzate a prevenire o a ridurre i problemi alcolcorrelati”.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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Il Ser.T
Il compito prevalente del Ser.T è l’ ASSESSMENT, inteso come processo di
raccolta, integrazione ed interpretazione delle informazioni . Si esplica attraverso:
la diagnosi: processo di identificazione dei problemi e patologie correlate al consumo di
bevande alcoliche, attraverso l’anamnesi individuale e familiare; la somministrazione di
questionari e test, l’esecuzione di esami biochimici e strumentali;
la cura: disintossicazione, prevenzione della ricaduta, monitoraggio;
la riabilitazione: trattamenti individuali, familiari, inserimento in gruppi di auto-mutuoaiuto, formulazione di programmi socio-riabilitativi a medio e lungo termine.
In ogni Ser.T è attiva una equipe multidisciplinare che consente di affrontare le
problematiche alcolcorrelate nella loro dimensione complessa.
L’equipe è in rete con i MMG, il reparto di medicina dove vengono effettuati i
ricoveri, i servizi sociali, i servizi psichiatrici, le strutture specialistiche, i gruppi di automutuo-aiuto ( AA, AL/ANON, CAT ) che rappresentano una importante risorsa territoriale,
deputata al sostegno e al mantenimento dello stato di astinenza .
L’utenza
Nella nostra regione nel 2006 sono state 5.174 le persone con problemi alcolcorrelati
afferite ai Ser.T, pari al 29,2% del totale complessivo . Il 73% è rappresentato dai maschi, il
27% dalle femmine (2,7 uomini per ogni donna nel 1996, 3,3 uomini per ogni donna nel
2006). L’età media è di 46,8 (44,8 per i nuovi utenti, 47,1 per gli utenti già in carico).
(Rapporto 2007 Regione Emilia Romagna).
I Progetti di Prevenzione
Il Ser.T, in collaborazione con altri servizi del territorio è coinvolto nei seguenti
progetti di prevenzione:
1) Progetto sperimentale di comunità –Distretto di Correggio
Obiettivi: a) qualificare le iniziative di informazione e sensibilizzazione per la popolazione
generale sui rischi connessi al consumo di alcol; b) creare protocolli d’intesa fra tutti coloro
che possono dare un contributo alla prevenzione delle patologie alcolcorrelate, al fine di
migliorare l’efficacia degli interventi; c) aumentare il livello di percezione dei rischi
connessi al consumo non appropriato.
2) Progetto alcol e giovani
Si sviluppa c/o il centro regionale di didattica multimediale “Luoghi di Prevenzione” Reggio
Emilia in collaborazione con la sede locale della Lega Tumori. Sono stati allestiti dei
percorsi didattici interattivi per le scuole secondarie e dei percorsi di formazione e
aggiornamento per operatori socio sanitari, docenti, terzo settore.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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3) Progetto Alcol e Guida
La Delibera regionale di Giunta n. 1423/04 definisce le linee di indirizzo per la valutazione
dell’idoneità alla guida dei soggetti segnalati per guida in stato di ebbrezza (violazione art.
186 del codice della strada). Al fine di accrescere il valore preventivo dell’intero percorso di
valutazione e favorire la modifica del comportamento a rischio nei soggetti segnalati, si sta
intervenendo con azioni mirate all’informazione e alla educazione.
4) Alcol e Lavoro
Si sviluppa attraverso incontri formativi di prevenzione e riduzione delle problematiche
alcol correlate negli ambienti di lavoro, con il coinvolgimento dei quadri dirigenti e dei
medici competenti.
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Parte 4
Abstract e Contributi
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VINI E VIVANDE
Salvatore Vaccaro
Team Nutrizionale - Azienda Ospedaliera “Arcispedale Santa Maria Nuova” - RE
Ogni vino presenta caratteristiche proprie, varia la gamma dei colori, dei
profumi, dei sapori, etc. e quando si deve abbinare un vino ad una vivanda è fondamentale
evitare che i rispettivi sapori contrastino fra loro. Il vino non si abbina con i piatti contenenti
abbondante aceto, con le salse a base di aceto (vinaigrettes), con le insalate condite con
aceto e/o limone, con il pompelmo, con l’ananas, con l’arancia, con il limone o con altra
frutta acida, con piatti troppo speziati e piaccanti; inoltre, i piatti tipici africani, sudamericani
ed orientali si prestano poco o nulla ad abbinamenti con il vino. Fondamentale risulta essere
la temperatura alla quale viene assunto il vino: solo grazie ad essa il vino è in grado di
esprimere le sue massime virtù.
Se ci si trova nella condizione di dover scegliere dal menù più vini nell’ambito dello
stesso pasto, bisogna tenere in considerazione una semplice “scala di valori”:
il vino leggero deve precedere quello più robusto;
il vino giovane deve precedere quello più vecchio;
il vino meno importante deve precedere quello più importante e/o pregiato.
Vengono di seguito schematizzati gli abbinamenti e le temperature ideali per varie
categorie di vini:
Vini Bianchi Secchi: particolarmente adatti per antipasti leggeri a base di pesce, uova,
prosciutto, paté di fegato; minestre leggere; molluschi e crostacei; pesce in bianco con
salse leggere; pasti con piatti leggeri in bianco. Vanno assunti ad una temperatura che
varia tra gli 8°C ed i 12 °C.
Vini Bianchi Morbidi ed Aromatici: particolarmente adatti per antipasti vari non troppo
piccanti; minestre asciutte o in brodo non troppo salate; pesci arrostiti o alla griglia.
Vanno assunti ad una temperatura che varia tra gli 8°C ed i 12 °C.
Vini Spumanti Bianchi: particolarmente adatti per aperitivi, antipasti e dessert. Vanno
assunti ad una temperatura compresa tra 6° ed 8°C.
Vini Rosati: particolarmente adatti per antipasti a base di salumi, carni e formaggi;
minestre asciutte con sughi di carne; pesci al cartoccio, in umido, con aromi forti; pollo,
vitello e coniglio con salse leggere. Vanno assunti ad una temperatura fra 12°C e 14°C.
Vini Rossi Leggeri: particolarmente adatti per piatti a base di pollo, coniglio, piccione,
vitello, frattaglie; minestre asciutte con salse robuste. Vanno assunti ad una temperatura
che può variare tra 15°C e 18°C.
Vini Rossi Corposi: particolarmente adatti per piatti a base di carni di maiale, bolliti
misti, umidi, cacciagione, selvaggina di piccola taglia. Vanno assunti ad una temperatura
variabile tra 18°C e 20°C.
Vini Rossi Invecchaiati: particolarmente adatti per grandi arrosti e grigliate miste; carni
rosse in genere; selvaggina nobile. Vanno assunti ad una temperatura variabile tra 18°C e
20°C.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
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CONSUMO DI BEVANDE ALCOLICHE NELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA
Salvatore Vaccaro1, Simona Bodecchi2, Marika Iemmi3
1
Azienda Ospedaliera “Arcispedale Santa Maria Nuova” - Reggio Emilia
2
P.O. di Guastalla - Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia
3
P.O. Franchini di Montecchio Emilia - Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia
Nel maggio 2008 è stata condotta un’indagine volta a rilevare il consumo di Bevande
Alcoliche nella popolazione adulta residente nella provincia di Reggio Emilia, proponendo
un questionario formulato ad hoc agli utenti beneficianti di un colloquio dietetico (test non
proposto ai soggetti astemi). Alla fine della raccolta dati si sono registrate n. 316 adesioni
(M: 165; F: 151; età: 42,6±15,21 anni; peso: 71,23±13,97 kg; Altezza: 170,83±8,68 cm;
BMI: 24,31±3,93 kg/m2):
Ambul. Dietetico
AO ASMN
PO Guastalla
PO Montecchio E.
n.
243
20
53
M
129
18
18
F
114
2
35
Età
42,23±15,66
40,7±10,67
45,02±14,53
Peso
71,61±13,54
75,55±14,09
67,85±15,41
BMI
24,35±3,78
24,33±3,02
24,13±4,85
Dall’indagine è emerso quanto segue:
Stato Civile: n. 129 Celibi/Nubili, n. 172 Coniugati, n. 15 Separati/Divorziati/Vedovi;
Titolo di Studio: n. 1 Nessuno, n. 26 Licenza Elementare, n. 69 Licenza Media, n. 169
Diploma, n. 51 Laurea;
Consumo di Vini da Tavola: n. 316 utenti hanno dichiarato di consumare Vini Rossi (n.
243 - 76,9%), Bianchi (n. 130 - 41,14%) e/o Rosati (n. 44 - 13,92%), di produzione
artigianale (n. 142 - 44,94%) e/o industriale (n. 189 - 59,81%), prevalentemente durante il
pasto (n. 286 - 90,51%) e/o fuori pasto (n. 80 - 25,32%), da soli (n. 93 - 29,43%) e/o in
compagnia di altre persone (n. 241 - 76,27%), con assunzione giornaliera (n. 187 59,18% - n. 1,98±1,36 bicchieri da 150 ml), settimanale (n. 72 - 22,78% - n. 2,19±1,4
bicchieri), mensile (n. 43 - 13,61% - n. 2,26±1,42 bicchieri) o annuale (n. 14 - 4,43% - n.
3,06±3,02 bicchieri);
Consumo di Vini Speciali: n. 212 utenti hanno dichiarato di consumare Spumanti (n.
166 - 78,3%), Champagne (n. 43 - 20,28%), Vini Aromatizzati (n. 29 - 13,68%), Marsala
(n. 9 - 4,26%) e/o Vermouth (n. 5 - 2,36%), di produzione artigianale (n. 33 - 15,57%) e/o
industriale (n. 179 - 84,43%), prevalentemente nel corso del pasto (n. 88 - 41,51%) e/o
fuori pasto (n. 154 - 72,64%), da soli (n. 17 - 8,02%) e/o in compagnia di altre persone
(n. 201 - 94,81%), con assunzione giornaliera (n. 11 - 5,19% - n. 1,3±0,48 bicchieri da
50-100 ml), settimanale (n. 57 - 26,89% - n. 1,79±1,47 bicchieri), mensile (n. 76 35,85% - n. 1,35±0,62 bicchieri) o annuale (n. 68 - 32,07% - n. 3,2±2,57 bicchieri);
Consumo di Birra: n. 179 utenti hanno dichiarato di consumare Birra (56,65%)
prevalentemente durante il pasto (n. 116 - 64,8%) e/o fuori pasto (n. 93 - 51,96%), da soli
(n. 78 - 43,58%) e/o in compagnia di altre persone (n. 134 - 74,86%), con assunzione
giornaliera (n. 23 - 12,85% - n. 1,95±1,53 boccale/lattina da 330 ml), settimanale (n. 98 -
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
69
54,75% - n. 2±1,47 boccale/lattina), mensile (n. 49 - 27,37% - n. 1,73±1,11
boccale/lattina) o annuale (n. 9 - 5,03% - n. 1,94±1,78 boccale/lattina);
Consumo di Aperitivi Alcolici: n. 92 utenti hanno dichiarato di consumare Aperitivi
Alcolici (29,11%) da soli (n. 23 - 25%) e/o in compagnia di altre persone (n. 74 - 80,4%)
con assunzione giornaliera (n. 8 - 8,69% - n. 1,25±0,46 bicchieri da 125 ml), settimanale
(n. 37 - 40,22% - n. 1,53±1,03 bicchieri), mensile (n. 34 - 36,96% - n. 2,15±2,65
bicchieri) o annuale (n. 13 - 14,13% - n. 3,5±2,82 bicchieri);
Consumo di Acquaviti: n. 97 utenti hanno dichiarato di consumare Acquaviti (30,7%) precisamente: n. 7 Brandy (7,2%), n. 3 Calvados (3,1%), n. 6 Cognac (6,2%), n. 67
Grappa (69,1%), n. 10 Gin (10,3%), n. 31 Rhum (32%), n. 8 Tequila (8,2%), n. 28 Vodka
(28,9%) e/o n. 17 Whisky (17,5%) - prevalentemente a fine pasto (n. 27 - 27,8%) e/o
fuori pasto (n. 79 - 81, 4%), da soli (n. 12 - 12,37%) e/o in compagnia di altre persone (n.
90 - 92,78%), con assunzione giornaliera (n. 9 - 9,28% - n. 1,33±0,5 bicchierini da 40
ml), settimanale (n. 33 - 34,02% - n. 1,94±1,39 bicchierini), mensile (n. 31 - 31,96% - n.
1,63±1 bicchierini) o annuale (n. 24 - 24,74% - n. 3,68±1,95 bicchierini);
Consumo di Altre Bevande Fermentate: n. 12 utenti hanno dichiarato di consumare
Altre Bevande Fermentate (3,8%) - precisamente: n. 2 Idromele (16,67%), n. 6 Sakè
(50%), n. 4 Sidro (33,33%) - con assunzione mensile (n. 3 - 25% - n. 1,33±0,58
bicchiere) o annuale (n. 9 - 75% - n. 1,9±1,2 bicchiere).
Dei soggetti partecipanti all’indagine:
n. 155 (49,05%) hanno dichiarato di aver avuto almeno un’esperienza di “sbronza”;
n. 9 (2,85%) hanno dichiarato di aver avuto incedenti stradali a causa dell’assunzione di
alcool (n. 6 in veste di guidatore e n. 3 in quella di passeggero).
Consumo Frequenziale di Bevande Alcoliche riscontrato nel campione reggiano
200
Giornaliero
Settim anale
Mensile
Annuale
150
100
50
0
Vino
Vini Speciali
Birra
Aperitivi
Acqueviti
Altre B.F.
Vino & Alcool: dagli Effetti Salutari a quelli Tossici
70