Il modello di Danièle Dumont - Associazione Europea Disgrafie

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Il modello di Danièle Dumont - Associazione Europea Disgrafie
A.E.D.
Associazione Europea Disgrafie
Corso di specializzazione in
Educazione e rieducazione del gesto grafico
Gabriella Trisciuzzi
Il modello di Danièle Dumont
Anno 2010 - 2011
Danièle Dumont, francese, è grafologa diplomata, direttrice di corsi di grafologia, autrice di libri di
grafologia, titolare di un Master di linguistica e dottorato in Scienze dell’Educazione. Per un breve
periodo è stata insegnante in una scuola materna, esperienza che le ha fatto toccare con mano
quanto tale incarico sia arduo. Formatrice di insegnanti del 1° e 2° ciclo in “ Pedagogia della
scrittura”, da più di vent’anni è rieducatrice della scrittura.
Alla luce di tutta questa vasta esperienza Danièle Dumont ha messo a punto un modello per
l’apprendimento della scrittura e lo ha messo a disposizione degli insegnanti nel libro intitolato “ Le
geste d’écriture “( il gesto della scrittura ).
Questo metodo è basato, per citare le sue stesse parole, su un modello di apprendimento della
scrittura basato sull’osservazione del gesto grafico e la comprensione della sua esecuzione.
L’obiettivo primario del modello è quello di trasmettere, a chi impara, il “ piacere di scrivere “.
Il piacere è legato alla riuscita, al successo: è il riuscire a fare una cosa che suscita il piacere di farla
ed è il piacere di farla che porta al successo. In altre parole: se so fare, ho il piacere di fare, dunque
la faccio. Se la faccio, mi metto in condizioni di migliorare e sviluppare le mie competenze.
Questo principio è stato messo in evidenza da Barack ( 1981 ).
Nelle sue attività ed esperienze l’individuo incontra successi e soddisfazioni ( o insuccessi e
insoddisfazioni ). Successi e soddisfazioni creano l’aspettativa di nuovi successi e nuove
soddisfazioni e danno luogo a precise percezioni sulle proprie attitudini. Percezioni ed aspettative
sono perciò suscettibili di modificare o influenzare gli interessi.
L’importanza dell’interesse nel successo è tale che esso è frequentemente utilizzato in materia di
reclutamento e di orientamento professionale.
Anche i bambini non sfuggono a questa regola molto naturale che vuole che si sia attirati da ciò in
cui si riesce e scoraggiati da ciò in cui si fallisce e, parallelamente, si riesce meglio in ciò da cui si è
attirati. Compiti troppo difficili e privi di attrattiva ludica finiscono per dissuadere e scoraggiare il
bambino in tutte le attività scolastiche e quindi anche nell’ imparare a scrivere.
Tenendo conto della riuscita quale motore, il metodo messo a punto si basa sulla necessità di un
approccio piacevole con la scrittura: saranno proposte al bambino solo quelle attività nelle quali lui
è in grado di riuscire e parallelamente gli sarà richiesto tutto ciò che è capace di fare. Ciascuna
acquisizione di nuove competenze poggia su quelle già acquisite.
Il metodo si basa su cinque punti chiave:
- Non proporre al bambino che ciò che è in grado di riuscire a fare
- Sfruttare tutto ciò che sa fare
- Lavorare nell’interdisciplinarietà
- Non bruciare mai le tappe
- Mantenere la motivazione nel bambino
L’autrice si raccomanda di seguire il suo metodo rispettando rigorosamente l’ordine cronologico,
senza saltare alcun contenuto e senza voler bruciare le tappe.
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Altra raccomandazione riguarda la ripetizione. Essa infatti “ non solo è la condizione biologica
della memorizzazione ma anche una delle condizioni dell’astrazione “ come sottolinea Alain
Lieury, specialista della memoria, professore di psicologia cognitiva. Nessun apprendimento si fa
senza ripetizione.
Il bambino è dunque chiamato a ripetere spesso le stesse azioni. Al fine di mantenere il suo
interesse, si cercherà non solo di proporgli campi d’azione diversificati, ma gli si lascerà anche un
margine di scelta.
La scuola francese è strutturata in una scuola materna,che comprende i bambini dai 2 ai 6 anni, a
sua volta suddivisa in Piccola Sezione PS ( 2/4 anni ), Media Sezione MS ( 4/5 anni ) e Grande
Sezione GS (5/6 anni) e dalla successiva scuola elementare ( scuola primaria), che comprende i
bambini dai 6 agli 11 anni, a sua volta suddivisa in Corso preparatorio CP ( 6 anni ), Corso
Elementare CE (7/9anni ) a sua volta distinto in CE1 e CE2 e Corso Medio CM ( 9/11 anni )
anch’esso distinto in CM1 e CM2. La successione in sigle è pertanto: PS MS GS CP CE1 CE2 CM1
CM2.
L’autrice spiega che le concezioni moderne sugli apprendimenti e sulla scuola hanno portato a
introdurre i “cicli”, formula destinata a rendere più agile la gestione pedagogica dei ritmi di
apprendimento. Abbiamo quindi:
- ciclo 1, che è quello dei primi apprendimenti, in cui si gettano le basi degli apprendimenti
- ciclo 2, ciclo degli apprendimenti fondamentali, che innanzitutto affina gli strumenti destinati a
permettere l’acquisizione delle competenze (GS) per entrare in seguito in piena sicurezza
nell’acquisizione stessa di tali competenze ( CP e CE1 ).
L’entrata nel mondo della scrittura è quindi compito della scuola materna.
La scuola materna è dunque destinata, tra l’altro, a fornire al bambino gli strumenti necessari
all’acquisizione delle conoscenze e competenze della scuola primaria. Di conseguenza,
l’acquisizione delle competenze tecniche necessarie all’atto grafico è compito della scuola materna.
L’acquisizione di queste competenze tecniche è l’obiettivo del metodo proposto dall’autrice, in
modo che il bambino sia liberato dalle difficoltà di realizzazione del gesto grafico quando si tratterà
al Corso Preparatorio di produrre un testo.
L’idea è di fare costruire dal bambino gli strumenti di cui avrà bisogno per realizzare la scrittura in
modo automatico piuttosto che imporgli di realizzare questa prestazione senza che egli ne abbia
realmente i mezzi.
Si tratta quindi di inserire nell’inconscio cognitivo l’insieme delle competenze da acquisire, in altre
parole di aumentare gli automatismi del gesto grafico, piuttosto che di focalizzare l’attenzione del
bambino sul dettaglio della traiettoria di ciascuna lettera presa isolatamente, ciò che rischia di essere
in seguito un ostacolo per passare dall’atto della realizzazione della traccia scritta alla percezione
del senso dello scritto man mano che si srotola.
L’autrice, prima di passare alla descrizione del suo metodo, si sofferma su alcune importanti
riflessioni sulla scrittura stessa, a cominciare dalla definizione di scrittura.
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Interrogarsi sulla pedagogia della preparazione alla scrittura senza una solida riflessione preliminare
sulla didattica sarebbe inutile: se la questione su “ come fare “ è cruciale, quella del “ che fare “ non
dovrà essere elusa sotto pena di cadere nell’arbitrario. Un metodo efficace non si potrà elaborare
senza una definizione degli obiettivi, soprattutto quando si tratta di guidare dei bambini nella
scrittura in modo giocoso.
Quale è l’obiettivo dell’apprendimento della scrittura?
- In termini generali si tratta di permettere l’accesso ad una scrittura che si possa eseguire senza
grosse difficoltà, se possibile con facilità e che sia leggibile da tutti.
- In termini scolastici, si tratta di dotare il bambino di una scrittura leggibile, presentabile e
sufficientemente rapida perché essa possa servire di supporto a tutti gli insegnamenti dispensati
dalla scuola.
Che cosa è la scrittura?
Se la domanda è semplice e può apparire semplicistica, perfino inutile, tanto che ciascuno ha
l’impressione di sapere chiaramente che cos’è la scrittura, tuttavia la risposta è complessa. Così
l’espressione “ avere una bella scrittura “ ricopre due concetti differenti:
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scrivere in bella lingua
avere una scrittura gradevole da guardare.
Se è vero che lo stile è importante, è la seconda accezione che concerne l’aspetto materiale della
scrittura. Là ancora la semplicità apparente nasconde una complessità più grande di quanto non si
supponga a priori.
Paragoniamo le due espressioni “la tua scrittura è troppo lenta“,“ la tua scrittura è illeggibile”. Se
immaginiamo la maestra mentre le pronuncia, noi percepiamo allora la differenza: “la tua scrittura è
troppo lenta” dice la maestra guardando il bambino mentre scrive, “ la tua scrittura è illeggibile “
dice la maestra guardando il quaderno.
L’aspetto materiale dello scritto rinvia dunque a due approcci differenti:
1) La scrittura in corso di produzione
2) La scrittura prodotta su un supporto
In altre parole:
1) La scrittura in quanto prodotto in corso di realizzazione
2) La scrittura in quanto prodotto finito.
Queste osservazioni presentate dall’autrice, la portano ad introdurre due concetti che saranno
basilari nel suo metodo.
1) In quanto prodotto finito, la scrittura manoscritta condivide con la scrittura stampata le
stesse condizioni spaziali:
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-
ha una dimensione regolare che investe una zona mediana in cui si formano le piccole
lettere, una zona di allunghi superiori ( hampes ) che si sviluppa sopra la zona mediana ed
una zona di allunghi inferiori ( jambage ) che discende sotto la linea; queste tre zone
mantengono tra di loro dei rapporti di proporzioni determinate.
ha una direzione orizzontale e un senso di srotolamento lungo la zona mediana, da sinistra a
destra per la lettura e l’iscrizione a mano delle scritture corsive romane.
le sue lettere sono regolarmente spaziate nelle parole esse stesse regolarmente spaziate.
il loro asse è regolarmente verticale.
La regolarità è rigorosa per ciò che riguarda la scrittura stampata; lo è di meno per ciò che
concerne la scrittura manoscritta.
L’autrice introduce a questo punto il concetto di gestione statica dello spazio grafico e che
riguarda questi aspetti dello spazio della scrittura perché essi possono essere indipendenti dal
gesto realizzato per scrivere. Così il bambino può “scrivere” una frase incollando una accanto
all’altra delle tessere portanti ciascuna una parola della frase: la dimensione delle lettere, le loro
proporzioni non hanno niente a vedere in questo caso con il gesto del bambino.
2) Considerare la scrittura in corso di realizzazione mette l’accento sulla differenza tra la
formazione delle lettere della scrittura manoscritta e la produzione della scrittura stampata:
- è battendo sui tasti di una tastiera, dunque facendo un gesto senza rapporto diretto con la forma
delle lettere, che si produce sullo schermo ciò che sarà poi stampato, anche se si tratta di un
carattere di scrittura corsiva.
- è facendo un gesto formatore delle lettere che si scrive direttamente su un foglio di carta o su
un altro supporto.
L’autrice chiama questo secondo modo di trattare lo spazio della scrittura manoscritta la
gestione dinamica dello spazio grafico, perché è attraverso la dinamica del gesto che si crea la
forma, anche quando si utilizzano dei caratteri tipografici.
Queste due diverse gestioni dello spazio grafico permettono a questo punto all’autrice di
rispondere alla domanda posta all’inizio: cos’è la scrittura?
La percezione della creazione delle forme (gestione dinamica dello spazio grafico) e del modo
con cui esse sono collocate sul supporto (gestione statica dello spazio grafico) può quindi essere
separata, ciò che dà un punto di vista particolare alla definizione di scrittura:
“ La scrittura è il prodotto di un gesto che utilizza lo spazio per creare e disporre su un supporto
delle forme codificate non simboliche la cui disposizione in lettere poi in parole costituenti delle
frasi o isolate permetterà al lettore che conosce il codice di cogliere il senso dello scritto.”
Questa definizione della scrittura, sostiene l’autrice, porta in se stessa quella del meccanismo
del suo apprendimento, cioè la formazione di un modello di apprendimento, schematizzato
nella tavola in ultima pagina.
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Prima di tutto è indispensabile esplicitare la finalità di tale modello: ottenere una scrittura
corsiva fluida, chiara, leggibile, ben disposta nella pagina e nella rigatura, che permetta
direttamente l’accesso alla funzione semantica della scrittura.
Altri elementi da esplicitare sono le competenze di base necessarie da cui partire:
lateralizzazione, sviluppo
adeguato delle competenze motrici,
delle competenze
visuospaziali e auditive, delle competenze cinestetiche.
Tale modello dà lo schema della messa in atto degli automatismi che installeranno il gesto della
scrittura nell’inconscio cognitivo, liberando così la mente per il concepimento delle idee da
riportare sul foglio di carta.
In altre parole, l’autrice propone che l’insegnamento della scrittura faccia riferimento ad un
modello di automatismo del gesto di scrittura, ciò che è diverso dal riferimento ad una raccolta
di grafismo, perfino di modelli di lettere da riprodurre. Si tratta di preparare al gesto di
scrittura quindi di attivare i processi neuronali implicati nell’atto scrittorio.
La realizzazione di questo modello, sostiene l’autrice, necessita di qualche precisazione.
E’ indispensabile consolidare saldamente una competenza prima di passare alla
successiva, allo scopo di ben fissare l’automatismo, perché è grande la tentazione di voler
bruciare le tappe.
Considerando che la scrittura e’ il prodotto di un gesto, e’indispensabile assicurarsi circa
la possibilità di realizzare questo gesto:
- ciò riguarda per prima cosa la scelta della mano scrivente e l’orientamento nello spazio.
Ogni bambino deve essere in grado di scrivere con la mano che, per lui, è la più adatta per
questa funzione. Il bambino dovrà essere dunque lateralizzato, cioè, nella prospettiva che ci
interessa, sapersi orientare in rapporto al suo schema corporeo e, nello stesso tempo, sapersi
orientare nello spazio grafico.
- ciò riguarda anche il modo di utilizzare al meglio gli organi scrittori ( la tenuta della matita, la
posizione della mano, la postura ), in una parola lo sviluppo delle competenze motrici.
E’ necessario preparare il bambino a gestire lo spazio di scrittura considerato per se
stesso, quale quello che è stato evocato sotto il titolo di gestione statica dello spazio grafico e
considerato nella dinamica del gesto creatore delle forme, cioè nel quadro della gestione
dinamica dello spazio grafico.
Nell’apprendimento della scrittura e’ indispensabile sapere come collocare correttamente
le forme sul foglio di carta prima di farlo. In altre parole, benché la loro realizzazione sia
preparata ( attraverso la gestione dinamica dello spazio grafico ) contemporaneamente al modo
di collocarle nello spazio ( cioè la gestione statica dello spazio grafico), le forme non saranno
realizzate sul foglio di carta se non quando questa competenza di mettere nello spazio
sarà acquisita. Ciò perché lo sviluppo delle competenze visuospaziali e auditive necessarie alla
gestione statica dello spazio compare nel modello prima dello sviluppo delle competenze
cinestetiche che mira a fare entrare il bambino nella gestione dinamica dello spazio grafico.
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Sarebbe in realtà sbagliato credere, a partire da questa anteriorità nella tavola del modello, che
le tappe si succedano. Le quattro tappe si conducono contemporaneamente perché esse
partecipano tutte del gesto di scrittura, quale è stato definito sulla base delle proposizione dello
psicologo Heiss poiché tale è il modo con cui questo gesto si realizza. Heiss dice che “ la
scrittura è il prodotto di un movimento che utilizza lo spazio per creare delle forme “.
E’ sviluppando le competenze cinestetiche necessarie alla riuscita della gestione dinamica
dello spazio grafico che il bambino impara a creare le forme della scrittura – per cui il
messaggio viene reso visibile – e ad assicurare loro fluidità. Queste forme non possono
essere pienamente riuscite se non quando tutto il resto è precedentemente riuscito, poiché le
prime scritture non intervengono, secondo questo metodo, che a livello dell’obiettivo finale,
nel corso di MS, nel migliore dei casi alla fine di PS, in alternativa all’inizio di GS. La
distribuzione delle forme in lettere poi delle lettere in parole richiede delle competenze
specifiche, il cui apprendimento si fa nello stesso tempo di quello delle forme stesse. Partecipa
dunque della gestione dinamica dello spazio grafico, per questo non è stato dissociato nel
modello.
La definizione di scrittura da cui si è partiti evita che la scrittura del bambino si limiti ad un
disegno di forme riprodotte bene o male, perché si tratta di una automatizzazione del gesto
e non della sua verbalizzazione ne’ della riproduzione di forme sulla base di sole
osservazioni visive commentate o no.
Il modello di apprendimento della scrittura ne prende in carico tutti gli aspetti:
1) ciò che e’collegato all’atto della scrittura, dunque indispensabile, senza essere specifico
della scrittura:
a) Orientamento rispetto allo schema corporeo e orientamento nello spazio.
b) Una mobilità adeguata degli organi scrittori
.
2) ciò che e’ specifico della scrittura:
a) La gestione statica dello spazio grafico, comune alla scrittura stampata e alla scrittura
manoscritta e per l’apprendimento della quale gli spostamenti o i gesti del bambino sono
indipendenti dalla forma delle lettere.
b) La gestione dinamica dello spazio grafico specifica della scrittura manoscritta perché è
il gesto del bambino che crea in tal caso le forme.
La gestione dinamica dello spazio grafico ha una triplice funzione.
a) da una parte assicura la fluidità del gesto
b) da un’altra parte assicura la produzione di forme di base che serviranno a tracciare le
lettere corrispondenti al codice fissato dal sistema grafico
c) infine consolida la gestione dello spazio grafico trattato d’altro canto con la gestione
statica.
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Nel tempo sono stati progettati diversi sistemi di insegnamento della scrittura. Alcuni trattano le
lettere in ordine alfabetico, altri cominciano dalle vocali per delle ragioni fonetiche, altri ancora
propongono per prime le parole più usate o più cariche affettivamente ( mamma, papà o la scrittura
del proprio nome ) altri infine presentano tutte le batterie di cerchietti, aste, ponti ( arcate ) o altre
figure prima di entrare nello studio delle lettere ecc. Queste scelte non sono quelle di questo
metodo.
Noi siamo talmente abituati alla forma delle lettere della nostra scrittura che essa ci sembra quasi
andare da sé e non ci poniamo domande. Questa assenza di interrogarsi è evidente dal numero di
grafismi che non hanno alcun rapporto con la forma delle lettere, né con il maneggiare le penne, né
con la gestione dello spazio grafico, ancora meno con uno scritto portatore di senso.
A questo punto ci si chiede: esistono attività grafiche diverse da quelle che riguardano la
produzione di lettere?
La finalità dell’apprendimento della scrittura è di dare al bambino i mezzi per comunicare
per mezzo di un codice riconoscibile da tutti, realizzato con economia e facilità.
L’apprendimento della scrittura esclude dunque dal suo campo d’azione le attività grafiche che non
rispondono al codice ( cioè alle forme introdotte dalla gestione dinamica dello spazio grafico), né
alla sua realizzazione ( lateralizzazione, motricità degli organi scrittori, gestione statica dello spazio
grafico ).
Ciò porta a distinguere tre tipi di attività grafiche:
1) quelle che rispondono al codice o che mirano a rispondervi: la preparazione alla scrittura
vera e propria.
2) quelle che non rispondono al codice ma a delle consegne date dall’insegnante
(essenzialmente con uno scopo decorativo) : verranno chiamati grafismi.
3) quelle che non rispondono né al codice, né a delle esigenze di messa in forma o di messa in
pagina: questi sono i disegni liberi.
Così:
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-
la pittura con le dita riguarda la preparazione alla scrittura se e solo se consiste nel realizzare
dei piccoli tratti verticali discendenti.
i tracciati verticali appartengono all’ambito della tenuta della penna e della posizione della
mano e quindi sotto questo punto di vista possono costituire preparazione alla scrittura.
delle linee spezzate disegnate negli ovali delle uova di Pasqua sono nel registro del grafismo
salvo che si tratti di fare muovere le dita il più velocemente possibile dal basso in alto a
dall’alto in basso senza preoccuparsi della perfetta regolarità degli zigzag, nel qual caso si
tratta di un esercizio di motricità fine delle dita.
salvo consegne specifiche le figure umane ( bonhomme ) appartengono al registro del
disegno libero, comprese le loro teste rotonde, mentre l’apprendimento dell’occhiello è del
registro della preparazione alla scrittura quando inizia in alto a destra e si svolge in senso
antiorario.
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il fumo che fugge dal camino facendo delle asole ( boucle ) è del registro della preparazione
alla scrittura quando esso gira in senso antiorario e il vento lo spinge da sinistra a destra.
Riguardo alle attitudini grafiche del bambino, l’autrice ricorda che :
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a 24 mesi è capace di imitare un tratto verticale e un tratto circolare.
a 30 mesi è capace di imitare un tratto verticale e un tratto orizzontale
a 36 mesi è capace di copiare un cerchio da un modello e di imitare grossolanamente una
croce.
Dice l’autrice che l’esperienza dimostra che una gestione adatta dello spazio grafico ( orizzontalità,
tenuta della linea, regolarità degli spazi, delle dimensioni e della verticalità delle produzioni
grafiche ) si ottiene più velocemente e più facilmente con i bambini della piccola sezione che con i
più grandi.
L’autrice, nell’applicazione del metodo, usa frequentemente i giochi e l’osservazione della realtà.
Fa osservare che la nostra postura in piedi è verticale, così come sono verticali gli elementi
essenziali del nostro ambiente ( costruzioni, vegetazione ) che impongono di primo acchito allo
sguardo e all’intelletto dei riferimenti ambientali essenzialmente perpendicolari ( orizzontalità del
suolo, verticalità degli oggetti: case, alberi, pali, pannelli, forme dei libri, delle scatole, dei fogli di
carta, ecc.). D’altro canto, senza eccezioni, la scrittura stampata è verticale su tutti i tipi di supporti
e in tutti i contesti. Ne segue che l’apprendimento della scrittura verticale è più facile per il bambino
che può basarsi su dei riferimenti visivi familiari.
Dopo questa introduzione generale al suo metodo, l’autrice entra nel vivo.
Un intero capitolo è dedicato alla lateralità, vero punto di partenza di un percorso dedicato
all’apprendimento del gesto di scrittura.
Bisogna scrivere con la mano più abile, più adatta e naturalmente viene affrontata la questione dei
destrimani e dei mancini. Oggi non si pone più il problema dei mancini costretti ad usare la mano
destra, ma può verificarsi il caso opposto, quello dei destrimani diventati mancini, specie se sono
mal lateralizzati. Uno dei meccanismi con cui un destrimane può finire per usare la mano sinistra
per scrivere è quello di trovarsi seduto di fronte, anziché accanto, ad un destrimane che scrive. Per
questo motivo l’autrice invita, per tutte le attività grafiche, a preferire che i bambini non siano mai
posti uno di fronte all’altro.
Dalle sue osservazioni sempre puntuali ed estremamente particolareggiate l’autrice ricava che anche
il tipo di penna può influenzare la scelta della mano da parte del bambino e a questo proposito
prende in esame le penne dotate di cappuccio. Un adulto destrimane prende questo tipo di penna
con la mano destra ( la mano per lui più abile per scrivere ) e ne toglie il cappuccio con la sinistra,
considerato che scrivere rappresenta l’attività più importante rispetto all’azione di togliere il
cappuccio. L’adulto mancino farà il contrario. Il bambino che non ha mai sperimentato una
qualunque forma di grafismo, se è destrimane, toglierà il cappuccio ( azione che richiede un certo
sforzo ) con la mano più abile, cioè la destra e per fare ciò prenderà la penna con la mano sinistra
(la meno abile). Si ritroverà così la penna, pronta per scrivere, nella mano sinistra e siccome
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difficilmente la passerà nella mano destra, specie se è un soggetto mal lateralizzato, finirà, per
scarabocchiare con la mano sinistra, pur essendo un destrimane. Naturalmente tutto l’opposto per il
mancino. Quindi, conclude l’autrice, l’uso precoce di penne munite di cappuccio può spingere il
bambino ad usare la mano che a lui non conviene. Da qui l’invito a non fare usare ai bambini le
penne con il cappuccio.
Se contrariare un mancino, per obbligarlo a scrivere con la mano destra, genera dei disturbi ben
conosciuti, spingere un bambino, con un tasso di mancinismo debole, ad usare la mano destra
piuttosto che la sinistra non può che favorire la qualità della scrittura e si eviteranno gli
inconvenienti della scrittura con la mano sinistra: spingendo la matita anziché tirarla, il mancino
blocca a poco a poco il braccio contro il suo corpo, mentre il destrimane lo allontana.
Allo scopo di aiutare il bambino a fissare la sua lateralità e a collocarsi nello spazio, il metodo
propone di fare apprendere al bambino a riconoscere la sua destra. L’aspetto interessante della
strategia messa in atto è che non si tratta semplicemente di informare il bambino di quale è la sua
parte destra. Infatti non si tratta di partire dal corpo del bambino come si fa tradizionalmente, ma da
riferimenti spaziali esterni e di indurre al riconoscimento della mano destra a partire da una
funzione di questa mano nel quadro di questi riferimenti spaziali.
I bambini sono invitati ad osservare le loro mani direttamente e attraverso una serie di giochi e di
filastrocche e ad incollare su un foglio del loro quaderno una foto delle due mani: una sinistra ed
una destra rispettando la loro posizione reciproca senza che i termini sinistra e destra siano
pronunciati e individuando ciascun dito.
L’apprendimento della lateralità si farà su un tema, in un luogo e una posizione scelti una volta per
tutte per cui non dovranno mai variare nel corso delle settimane di lateralizzazione.
Per esempio i bambini sono seduti su un tappeto, spalle alla finestra. Essi sono invitati a guardare,
senza ruotare il corpo, una immagine fissata alla loro destra sul muro. Questa costanza, fissità del
luogo di apprendimento è indispensabile al suo buon funzionamento e assicura un riferimento
mnestico complementare. Eccetto al momento indicato, per tutta la durata del processo non si porrà
la questione di destra né di sinistra: si farà attenzione dunque a non nominare mai né la destra né la
sinistra di nessun posto, membra o oggetto prima della fine del processo e non si dichiarerà
l’obiettivo del processo. Questo apprendimento sarà preparato per esempio con il racconto delle
avventure di un personaggio, di un eroe, protratto per più giorni, per investirlo di una carica
affettiva forte. I bambini scopriranno una mattina l’immagine fissata al muro del personaggio. La
posizione dell’immagine deve essere stabilita, ma anche la posizione dei bambini dive essere la
stessa. Il tutto accompagnato da filastrocche, canzoncine e osservazione delle mani, per fissare la
loro attenzione. L’immagine sarà fissata sul muro alla destra di ciascuno di essi ( sono posti in fila
proprio per questo motivo ). A questo punto si invitano i bambini a indicare l’immagine: “ Dove
è… ?” chiede la maestra. I bambini devono rispondere: “ …è là “ indicando con la mano che e’
dalla parte del muro senza incrociare le braccia davanti al corpo. Tutti i bambini sono seduti
nello stesso senso. Attenzione! La maestra non deve indicare con la sua mano l’immagine.
Il gesto di indicare l’immagine posta sul muro e’indispensabile alla codificazione cinestetica.
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Questa seduta sarà ripetuta per più giorni allo scopo di impiantare un automatismo.
Successivamente interviene una nuova informazione. La maestra dirà “….è a destra “. I bambini,
alla domanda “ Dove è…..? “ risponderanno : “…. È là, è a destra”, sempre indicando con la mano
che si trova dalla parte del muro. Ancora non viene segnalata dalla maestra la qualità “mano destra”
Si continuerà ancora per qualche giorno, che diventerà un vero e proprio rituale.
Interviene allora la frase finale, l’ultima informazione, è l’informazione capitale, la più importante:
“la mano che indica, che e’ a destra, e’ la mano destra”.
Attenzione! Non scambiare la formula! Se dico “ Io indico ….con la mano destra” presuppone che
la “mano destra” sia già conosciuta. Se dico “ La mano che indica….che è a destra, è la mano
destra” implica l’anteriorità dell’atto di mostrare e del fatto di sapere che “…. è a destra “ sulla
conoscenza che la mano utilizzata per questo è la mano destra.
Dopo un tempo di latenza di una decina di giorni necessari alla maturazione, un richiamo
consoliderà questo nuovo apprendimento. La denominazione della mano sinistra potrà intervenire in
seguito. Questo nuovo apprendimento potrà essere utilizzato in una pluralità di contesti: “ prendi il
libro a destra”, “ la lancetta destra” “ chiudi l’occhio destro, poi il sinistro” ecc.
La descrizione di tali modalità di intervento nell’apprendimento mostra la enorme sensibilità
dell’autrice nei riguardi dei bambini, la capacità di analisi e di osservazione delle diverse situazioni
così puntuale e precisa, cui nulla sfugge, da rasentare la pignoleria e induce a riflettere sul fatto che
se tutti i docenti avessero lo stesso atteggiamento e le stesse competenze, il livello di conoscenze e
competenze degli studenti avrebbero una decisa impennata verso l’alto.
Sapersi orientare rispetto alla destra e alla sinistra aiuta alla determinazione della lateralità, ma non
basta. Aiutare il bambino nella sua scelta implica che l’insegnante sappia lui stesso quale è la mano
che conviene meglio a quel particolare bambino.
Nel proporre un test di lateralità l’autrice suggerisce di osservare il bambino nel corso delle attività
quotidiane senza attirare la sua attenzione e di fare più osservazioni per individuare la mano
abitualmente utilizzata per ciascuna prova.
Il test messo a punto è adeguato all’età dei bambini della scuola materna ed è il risultato di scelte di
items facili da realizzare e in cui nulla rischia di indurre la scelta della mano.
L’autrice fornisce due griglie per il test: la prima per la registrazione delle prove, la seconda per le
conclusioni. Il test riguarda venti prove divise in tre sezioni: attività motorie, giochi di mimo e
laboratorio ( atelier ). Nel protocollo inserito nella griglia si precisa che ciascuna prova va osservata
cinque volte, per un totale quindi di cento osservazioni. Il test riguarda l’uso della mano e viene
completato con test per l’occhio ed una per il piede ( sempre da ripetere cinque volte ).Vanno
indicate anche le date delle singole osservazioni in caselle predisposte
Sono suggerite anche alcune situazioni che si possono creare per le osservazioni in questione.
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In nessuno degli item si chiede di scrivere con una penna, per cui può accadere che la mano
dominante risulti essere diversa da quella usata abitualmente per scrivere. L’autrice invita in questo
caso a una grande prudenza nel proporre al bambino ad utilizzare la mano a lui più favorevole.
Ogni osservazione registra se si è usata la mano destra o la mano sinistra ( occhio e piede vengono
conteggiati a parte ). Alla fine per ognuno dei venti items si conteggia quante volte su cinque è stata
usata la mano destra e quante la sinistra. Vengono usate le sigle D per destra e G per sinistra (noi
useremmo D e S ). Vanno distinti i casi in cui una mano è stata usata fino ad un massimo di 3 volte
su 5 da quelle in cui l’uso è stato di 4 o 5 volte su 5. Per distinguerle l’autrice usa i caratteri
minuscoli ( d , g nel primo caso ) e maiuscoli ( D, G nel secondo caso ).
I risultati si presentano nella forma:
D =……….G =………d =…….g =……..
Alla fine si utilizza una formula espressa da una frazione che ha al numeratore la differenza tra il
numero di volte in cui è stata usata la mano destra e il numero di volte in cui è stata usata la mano
sinistra e al denominatore il numero totale di uso delle mani ( destra più sinistra ).Moltiplicando per
100 il risultato, si ottiene la percentuale finale.
Ovviamente se la mano destra è stata usata più volte della sinistra, si otterrà un risultato positivo; se
la mano sinistra è stata usata di più, il risultato sarà negativo. Inoltre se la percentuale finale supera
il 75%, la dominanza è netta, se è inferiore o uguale al 60% si tratta un soggetto ambidestro; se è
compresa tra 75% e 60% la dominanza non è determinata e l’ambidestrismo è debole.
Una volta stabilita la mano più adatta per scrivere, il metodo si occupa della tenuta e della
impugnatura della matita, della posizione della mano e della postura. L’intero quarto capitolo del
libro è dedicato a questo.
Per quanto riguarda la tenuta della penna, della “pinza “, l’autrice fa le seguenti considerazioni.
Premesso che il vero organo scrittorio è il cervello e che la mano è lo strumento scrittorio, l’autrice
spiega che per semplicità quando parla di organo scrittorio indica la mano, mentre riserva il termine
strumento scrittorio allo strumento utilizzato per ottenere la scrittura, quindi matita, penna, ecc.
Osserva inoltre che delle dita della mano, quello che scrive è l’indice: basta guardare quando “si
scrive” sulla sabbia e quando si scarabocchia con la marmellata caduta sul tavolo della cucina.
Quindi l’indice e’ l’organo scrittorio per eccellenza. La sua posizione nella mano e la sua
innervazione gli consentono una mobilità che le altre dita non hanno.
D’altra parte il pollice ha nella sua possibilità di allontanamento e la sua capacità di rotazione, di cui
è il solo a beneficiare, la possibilità di opporsi alle altre dita per formare la pinza necessaria alla
prensione degli oggetti.
E’ uso considerare che si “ pinza la matita “ tra il pollice e l’indice. Ora la pinza pollice/indice non
offre la forza sufficiente per assicurare la saldezza della presa; per sincerarsene basta vedere in che
modo si prende spontaneamente un oggetto, diverso dalla matita, e di paragonare la saldezza di
questa presa con la presa dello stesso oggetto tra il pollice e l’indice.
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Quindi pinzare la penna tra il polpastrello del pollice e il fianco ( la parte laterale ) dell’ultima
articolazione del medio, la mantiene saldamente e l’indice si trova sopra libero, conservando la sua
mobilità. L’indice guida la penna facendole seguire la traiettoria prevista , esattamente come
quando si lascia una traccia sulla sabbia.
L’autrice, che ha anche pubblicato dei quaderni scolastici monotematici per l’apprendimento della
scrittura, ha dedicato un quaderno per la Grande Sezione ( 5/6 anni ) all’argomento. Il quaderno è
intitolato “ Imparo a tenere bene la mia matita “.
Per aiutare il bambino a conquistare una buona tenuta della penna, nel suo libro, l’autrice si serve
anche di una baguette, che, in determinate condizioni, può diventare preziosa per raggiungere lo
scopo.
Tutto il resto del capitolo è dedicato alla posizione della mano, con l’analisi delle cattive posizioni;
allo spostamento del braccio,al movimento delle dita, alla postura, alla scelta dello strumento, alle
sincinesie, il tutto con la consueta puntuale osservazione dei vari aspetti.
E’ nell’ambito di questo capitolo che l’autrice affronta per la prima volta le tracce grafiche e scrive:
“ Le prime tracce grafiche saranno dunque dei piccoli tracciati discendenti, all’inizio con la
pittura con le dita, poi con la matita “.
Precisando :” Benché queste tracce siano effettivamente verticali, l’obiettivo non è d’insegnare ai
bambini i tratti verticali,ma di prepararli alla tenuta della matita e alla posizione della mano. Si farà
attenzione quindi più al modo di realizzare questi tratti che al risultato sul foglio.”
Anche lo spostamento del braccio, che per il bambino è difficile, necessita di esercizi adeguati per
essere appreso. Lo scivolamento del braccio sul tavolo fa prendere coscienza dello spostamento del
gomito. L’operazione consiste nel tracciare dei tratti orizzontali, eventualmente spingendo degli
oggetti con il braccio. Si colgono tutte le occasioni per tracciare tratti orizzontali, come quella di
unire due oggetti con un tratto. Quindi questo tipo di tratto viene utilizzato come un mezzo per
materializzare la relazione tra due oggetti dati. L’obiettivo pedagogico non è la realizzazione dei
tratti orizzontali, ma lo spostamento del braccio.
Nell’analizzare lo spostamento delle spalle e quello delle dita nella scrittura, l’autrice osserva che,
quando la dimensione dei tracciati da produrre è uguale o inferiore all’ampiezza dei movimenti
delle dita, si guadagna a mettere in azione la motricità fine delle dita che è più economica dal punto
di vista del costo energetico della rotazione del braccio nell’articolazione della spalla.
In questo caso la spalla entra in gioco nella scrittura da una parte per lo spostamento del gomito
necessario all’avanzata delle tracce sulla linea ( movimento di progressione ), dall’altra parte per i
cambiamenti di linea ( movimenti di adduzione per il ritorno all’inizio linea,quindi movimento di
ritorno per la discesa sulla linea seguente)..L’apprendimento della motricità si fa in modo ludico.
A proposito delle schede di grafismo in uso, l’autrice sostiene che questi esercizi non sono adatti
alla preparazione di una scrittura agile e rapida. Esse possono, al contrario, creare dei blocchi sia
nell’insegnamento che nella rieducazione. Alcuni esercizi spingono a spostare il braccio anziché a
muovere le dita; arcate di altezza diversa possono spingere ad una scrittura di dimensioni ineguali;
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onde che non esistono nella scrittura; modelli da riprodurre senza discontinuità lungo tutta la linea,
ciò che richiede uno sforzo gratuito di concentrazione poiché nessuna parola è mai così lunga.
E’ col 5° capitolo del libro che si entra nel vivo della scrittura.
Il 5° capitolo è dedicato alla gestione statica dello spazio grafico. E’ la conquista dell’orizzontalità
la parte fondamentale, una orizzontalità che deve essere ben assimilata, fatta propria dal bambino
attraverso allineamenti di macchinine in fila per il semaforo rosso o al casello dell’autostrada,
oppure allineamento di elefanti diretti in fila indiana alla palude, allineamenti di cartoncini a forma
quadrata o triangolare ecc.
La gestione statica dello spazio riguarda anche la distanza regolare tra le lettere, tra le parole, tra le
linee, la regolarità delle dimensioni e dell’inclinazione. Un importante paragrafo è dedicato alla
progressione nella gestione statica dello spazio grafico.
Con il 6° capitolo si entra nel codice della scrittura: unità minime e forme di base.
Una volta acquisite le competenze relative all’uso della mano appropriata, del riconoscimento e
della pratica del senso di svolgimento della scrittura, della tenuta della matita, della postura,dello
spostamento degli organi scrittori e di organizzazione dello spazio grafico, il bambino è pronto a
produrre efficacemente le forme.
Produrle efficacemente significa produrle mettendo in campo l’insieme di tutte queste competenze,
ma anche acquistando la fluidità e l’automatismo necessari ad una scrittura corrente.
Oltre le competenze sopra ricordate, la produzione di forme adatte implica due cose:
-
lavorare sulla fluidità del gesto
avere parallelamente integrate le forme di base che serviranno a formare le lettere.
La gestione dinamica dello spazio grafico mira, a partire dallo sviluppo delle competenze
cinestetiche, alla produzione della forme di base della scrittura per mezzo dei gesti adatti.
A questo punto la questione che si pone è quella di sapere quali sono le forme costitutive della
scrittura manoscritta.
Siccome si tratta di scrittura manoscritta creata da un gesto e l’obiettivo è la messa in campo del
gesto che creerà le forme, il senso di svolgimento fa parte integrante della concettualizzazione di
queste forme.
La scrittura manoscritta latina procede da un filo grafico che si svolge da sinistra a destra
realizzando quasi in permanenza un contatto curvo con la linea di base tra le lettere o all’interno
di ciascuna lettera.
Seguendo la traccia della base delle lettere si ottiene così una sorta di festone, continuo o
discontinuo, che si srotola verso destra rimanendo continuamente appoggiato sulla linea di base.
Questo movimento che si svolge da sinistra verso destra ed è curvilineo sulla linea di base, risulta
essere di conseguenza antiorario.
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L’esperienza sembra confermare che i tracciati antiorari fanno parte degli automatismi e che i
tracciati orari richiedono un maggiore sforzo volontario.
Osservando le lettere dell’alfabeto e i tracciati che le realizzano, si risale al gesto, al movimento
necessario a creare il tracciato relativo. Un certo gesto o movimento eseguito sulla carta lascia una
traccia. Le lettere dell’alfabeto possono essere riunite in gruppi di lettere realizzate dallo stesso
movimento. E’ così che ci si rende conto che i movimenti di base, i tracciati minimali sono molto
pochi, di molto inferiore al numero delle lettere dell’alfabeto.
L’autrice fa osservare che esistono due differenti tracciati entrambi curvi e diretti da sinistra verso
destra: quelli che si trovano sulla linea di base e quelli che si trovano alla sommità della zona
mediana.
Quindi lo stesso gesto curvo e diretto da sinistra verso destra dà luogo a due tracce diverse, a due
diverse forme minimali secondo il posto in cui viene eseguito.
Il primo gesto dà luogo ad un tracciato antiorario, cui viene dato il nome di boucle e che noi
potremmo tradurre con asola.
Il secondo dà luogo ad un tracciato orario, cui viene dato il nome di ponte e che corrisponde alla
nostra arcata.
_ Ci si rende conto che la boucle, che l’autrice considera il tracciato antiorario per eccellenza ed è la
prima forma di base che prende in considerazione, è già una lettera e precisamente la lettera “ e “.
Quando essa è stirata in altezza diventa la lettera “ l “, mentre un restringimento molto pronunciato
della forma di partenza la riduce in un tratto sovrapposto, che darà poi luogo alla lettera “ i “. Il
restringimento della forma allungata darà poi luogo alla lettera “ t “.
Questa forma base genera due forme derivate e precisamente:
- la coppa , che si ottiene da due boucle consecutive ridotte a tratto sovrapposto. Quindi la
coppa procede come la boucle ma senza girare.
- le rond, cioè il cerchietto, l’occhiello, che gira come la boucle, ma senza avanzare. Di fatto
è costituito dalla sola superficie interna.
L’autrice chiama forme derivate le varianti delle forme di base. La boucle è la sola ad avere delle
forme derivate.
Le lettere semplici sono quelle formate o da una sola forma di base, ed è il caso della “e” e della
“l” o dalle sue derivate ed è il caso della “u”, “i”, “t” da una parte e “o” e “c” dall’altra.
La velocità può tendere a creare confusione tra le lettere e precisamente tra le lettere semplici
formate dalla boucle ( e, l ) e le lettere semplici formate dalle sue derivate (u, i, t) da una parte (c,o)
dall’altra.
L’evoluzione della scrittura con l’età adulta tende spesso ad accentuare questa progressione
antioraria trasformando sistematicamente o frequentemente le m ed n in u e le r in i nel corso dello
scritto.
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Le forme che seguono questa traiettoria curva antioraria si considerano dunque come dei
tracciati preferenziali spontanei. Di conseguenza esse costituiranno delle forme di base.
Con il 7° capitolo si entra nel vivo della gestione dinamica dello spazio grafico. Il gesto crea le
forme, che a loro volta daranno accesso alla scrittura.
L’atto dello scrivere riunisce due aspetti: uno concreto, che è quello di lasciare una traccia su un
supporto e uno astratto, che riguarda la comprensione di ciò che si scrive. Questo richiede che il
gesto dello scrivere debba essere automatizzato in modo che il bambino sia liberato dallo sforzo di
attenzione destinato alla formazione delle lettere per concentrare la sua attenzione sul senso di ciò
che scrive.
L’obiettivo della gestione dinamica dello spazio grafico è dunque di attivare degli automatismi, al
fine di ottenere un gesto di scrittura rapido e poco dispendioso e lasciare tutto lo sforzo alla
produzione del testo.
L’autrice propone quindi di lavorare sulla memoria procedurale avviando l’attivazione dei
processi neuronali che presiedono alla formazione delle forme di base della scrittura. Qui si entra
nel cuore del metodo e se ne coglie l’originalità. Il gesto crea la forma di base e tale gesto viene
ripetuto finché non diventa automatico. Solo dopo si scoprirà che quel gesto crea delle lettere.
L’autrice infatti sostiene che se l’apprendimento del gesto accompagna l’apprendimento delle
lettere, si rischia di focalizzare l’attenzione del bambino sul controllo della traiettoria delle lettere e
perciò creare un sovraccarico cognitivo che lo rende più o meno indisponibile alla comprensione
dello scritto. E’ per l’automatismo del gesto che si propone di utilizzare l’immagine mentale delle
forme appropriate e non attraverso l’osservazione e la verbalizzazione del disegno delle lettere.
Naturalmente si comincia dalla “boucle“. La descrizione di tutte le tappe che portano
all’acquisizione automatizzata del gesto in questione è molto articolata e particolareggiata. Per
sintetizzare, l’autrice sottolinea che la “boucle”, oltre ad una forma, ha un punto di attacco e un
senso di rotazione e questi due concetti devono essere codificati prima di quello della forma. Per
questo si serve del gioco del croquet, il cui utilizzo viene spiegato opportunamente e anche di alcuni
giochi di mimo. Successivamente interviene un altro gioco, quello dei nastri: si tratta di fare girare i
nastri in modo opportuno da formare con il gesto delle “boucle”. Come si vede la componente
cinestetica è molto importante. Una volta acquisita l’agilità del gesto, mai prima, si possono
introdurre le prime produzioni della “boucle” su un supporto. Il primo sarà un supporto verticale,
come per esempio una lunga striscia di cartoncino attaccata alla parete. La consegna non sarà quello
di disegnare le “boucle” fatte con il nastro, ma di lasciare la traccia del movimento, in altre parole
“ fai un movimento” e non “fai un disegno”. Perché il bambino dia mentalmente la priorità alla
realizzazione del gesto sulla produzione del disegno, è necessario che il suo obiettivo sia la
realizzazione del gesto, il disegno non sarà allora che una conseguenza. “ Fai come con il nastro, fai
lo stesso movimento, lo stesso gesto che facevi quando avevi in mano il nastro” e se il bambino ha
in mano una matita, una penna, sul cartoncino si evidenzierà la traccia del movimento.
Solo alla fine scoprirà che quel movimento ha generato una lettera dell’alfabeto, precisamente la
lettera “e”.
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Questo è il modo di procedere dell’autrice, che affronta così i vari movimenti base generatori di
lettere dell’alfabeto. In questo la lingua francese è avvantaggiata: con la “e” e con la “l” si possono
già scrivere alcune parole.
Un accenno alla realizzazione dell’occhiello. Essa è basata sul principio dell’attacco “ in alto a
destra”.Viene tracciata una croce precisando per l’orizzontale che non è la linea che servirà per
scrivere, ma serve a imparare a tracciare le lettere rotonde. Si parte dall’incrocio, si gira in alto a
sinistra, nello stesso senso della “boucle”, si fa un cerchietto sorpassando un poco in alto e molto in
basso, fino a ritornare al punto di partenza.
Il metodo realizza quindi una sequenza ordinata di tappe, ognuna con una finalità ben precisa. Ogni
tappa costituisce il prerequisito per la tappa successiva. Solo così il bambino può arrivare a
padroneggiare una scrittura sicura, sciolta, automatizzata.
Le disgrafie possono essere il risultato di un insegnamento superficiale, frettoloso, poco accorto ai
necessari prerequisiti. Un percorso di rieducazione consiste proprio nel ripercorrere tutte le tappe
nell’ordine giusto e nelle modalità corrette.
A questo proposito l’autrice utilizza la scala di Ajuriaguerra in modo qualitativo, senza punteggi e
riorganizzandone gli items alla luce anche della gestione statica e dinamica dello spazio grafico.
C’è da aggiungere che l’autrice utilizza la scala di Ajuriaguerra anche in occasione di una
consulenza grafologica, per assicurarsi che la scrittura abbia le necessarie qualità di spontaneità,
scorrevolezza, fluidità.
Infine non si possono non sottolineare la validità, l’originalità, la concretezza, la fantasia inerenti al
modello proposto da Danièle Dumont, modello che merita di avere una maggiore divulgazione e
applicazione.
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Competenze di base
da utilizzare
Lateralizzazione
Sviluppo adeguato delle
abilità motrici
Obiettivi
Competenze da acquisire
Localizzazione
in
rapporto allo schema
corporeo
-
Uso della mano
appropriata
Localizzazione
spazio
-
Senso della scrittura
-
Tenuta corretta della
matita
-
Postura adeguata
-
Spostamento
adeguato degli
organi scrittori
-
Organizzazione
dello spazio grafico
nello
Mobilità adeguata degli
organi scrittori
Sviluppo adeguato delle
abilità visuospaziali e
uditive
Gestione statica dello
spazio grafico
Sviluppo delle abilità
cinestetiche
Gestione dinamica
dello spazio grafico
Produzione delle forme di
base della scrittura mediante
gesti adeguati e disposizione
di queste forme
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Finalità
Ottenimento di una
scrittura corsiva fluida,
chiara, leggibile, ben
disposta nella pagina e
nell’allineamento,
autorizzante
direttamente l’accesso
alla funzione semantica
della scrittura.