del 28 Giugno

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del 28 Giugno
Del 22 Ottobre 2014
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A Trieste coop in crisi e in Italia il movimento trema
ANDREA LUCHETTA Risparmio La procura ha chiesto il fallimento della Cooperative operaie di Trieste,
Istria e Friuli: 100 mila soci, 17 mila risparmiatori, 600 dipendenti: un gigante nel capoluogo giuliano, una
realtà periferica nel mondo cooperativo. La richiesta dei giudici rischia di minare la fiducia nel "prestito
sociale", un pilastro nell'architettura di settore. Per questo il movimento cooperativo guarda alla vicenda con
inquietudine e potrebbe intervenire a sanare la situazione
«Questi 103 milioni la Coop non li ha. Non è che non ne ha 100, non ne ha 50, e forse nemmeno 10». È la
Procura triestina a chiamare il bluff, chiedendo il fallimento delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli
(Coop). 100 mila soci, 17 mila finanziatori e 600 dipendenti, concentrati in larga parte nel capoluogo giuliano.
Un gigante in una città di 200 mila anime. Una realtà periferica nel contesto del mondo cooperativo, per cui
però ora rappresenta una bruttissima gatta da pelare.
La Procura di Trieste ne ha chiesto il fallimento il 16 ottobre, ottenendo la nomina di un amministratore
giudiziale. Secondo la Procura, le Coop avrebbero accumulato un passivo di 37 milioni, coperto con una serie
di operazioni immobiliari interne al gruppo per «gonfiare il patrimonio netto e rientrare - solo fittiziamente nei parametri per il prestito sociale».
Ed è qui che sta il punto, nei 103 milioni versati da 17 mila risparmiatori, che dalla sera al mattino hanno
scoperto di non poter più ritirare il proprio denaro. Il 17 ottobre lo sportello di via Gallina era chiuso per
«guasto tecnico», o almeno così recitava un foglio affisso alla porta. Lungo il marciapiede aspettava inquieta
una fila composta da un centinaio di persone, traboccata perfino in strada – trasgressione che per gli standard
giuliani equivale più o meno alla presa del Palazzo d'Inverno. È su quel marciapiede che molti hanno scoperto
la differenza fra il prestito sociale e un deposito in banca: se un deposito inferiore ai 100 mila euro è garantito
al 100% dal Fondo interbancario, la quota versata alle cooperative è coperta solo al 30%. Il resto dipende dalle
risorse disponibili, e non gode dello status di credito privilegiato. «Molti di noi hanno la terza media, cosa
vuole che capiamo di questi meccanismi?» si sfogava col Piccolo un pensionato in fila. E anche chi ha la
laurea - come M. D., 35 anni – non si sarebbe mai aspettato una sorpresa del genere. «Lì dentro ho 15 mila
euro, i risparmi lasciati da mia nonna. Ero sicuro che funzionasse come per le banche» racconta a pagina99.
Le Coop sono arrivate a ipotecare l'immobile che ospita uno dei più grandi centri commerciali di Trieste, per
due prestiti da cinque e tre milioni. Ad agosto il presidente Livio Marchetti anticipava la necessità di aprire
alle grandi cooperative, rispetto alle quali Trieste si è sempre posta in «splendido isolamento». Certo si
aspettava un atterraggio più soft. Da mesi si rincorrevano le voci su un ingresso di Coop Consumatori Nordest
(colosso da 630 mila soci e patrimonio netto di quasi 800 milioni), che avrebbe accompagnato un piano di
profonda ristrutturazione. Non ce n'è stato il tempo, ma questo non significa che sia chiusa la finestra per un
intervento dal settore.
Ieri sera a livello istituzionale prevaleva un pallido ottimismo. Un fallimento delle Coop triestine farebbe
suonare l'allarme sui prestiti sociali, pilastro fondamentale nell'architettura del mondo cooperativo. A livello
nazionale il prestito vale una cifra compresa fra gli 11 e i 12 miliardi di euro: metterne in dubbio la stabilità
non conviene a nessuno. Non a caso ieri le Coop Nordest hanno acquistato un'intera pagina del quotidiano
triestino per rimarcare la solidità e la liquidità «assolutamente fuori discussione» del loro prestito sociale. La
speranza è che il mondo cooperativo intervenga a sostegno della società, prima che il suo fallimento sollevi
incertezze sgradite.
Sergio Bolzonello - assessore alle Attività Produttive della Regione Fvg – ieri sera invitava a mantenere il
sangue freddo: «Nell’arco di una settimana potremmo intravedere una soluzione molto strutturata. Mi spingo a
dire che, pur con la prudenza necessaria, i risparmiatori potrebbero recuperare tutti i denari». La presidente
Debora Serracchiani – nonché portavoce nazionale del Pd – saluta come «opportuno e apprezzabile l'intervento
della Procura». Molto cauto il sindaco Roberto Cosolini (Pd),SEGUE
SEGUE raggiunto da pagina99. «Una class action? Io sono per fare un passo alla volta. Ora c'è
un'amministrazione che opera in sinergia col tribunale e con le istituzioni». Il Comune nel frattempo ha
garantito l'uso del Palasport per le assemblee dei risparmiatori.
Nell'attesa di novità sul destino delle Coop, Trieste si interroga sul precipitare degli eventi. L'impasse della
società non era certo un segreto per iniziati: com'è possibile che gli organi di sorveglianza non siano
intervenuti prima del Tribunale? Sandro Metz – ex consigliere regionale dei Verdi – ha sollevato per primo
dubbi sui bilanci delle cooperative. Era il 2007, e una sua interrogazione stigmatizzava «una gestione
deficitaria e inadeguata», capace di raggiungere il pareggio di bilancio «solo grazie all'alienazione di rilevanti
cespiti aziendali». In tutta risposta venne querelato dal presidente Marchetti (procedimento finito nel nulla),
mentre l'interrogazione restava senza risposta. Cinque anni dopo, Paolo Rumiz scriveva una lettera aperta allo
stesso Marchetti dalle pagine del Piccolo, chiedendo lumi su presunte plusvalenze realizzate «attraverso
conferimenti e/o vendita di immobili o di partecipazioni tra la “casa madre” e i suoi “figli”». Nella sua
risposta, Marchetti rassicurava i risparmiatori : «I 17 mila soci prestatori devono sapere che il loro denaro è al
sicuro, tutelato, e messo a rendita. Non rischiate di perdere i vostri risparmi: ci sono precise norme e garanzie,
società di revisione indipendenti, la Lega e la Federazione delle Cooperative vigilano su di noi».
Ora: com'è possibile che la situazione si sia incancrenita fino a questo punto, malgrado se ne discuta
pubblicamente da sette anni? Per l'avvocato Gianfranco Carbone, molto attivo sulla vicenda, le Coop si sono
trasformate in «grande istanza di compensazione di piccolissimi interessi diffusi. Hanno sostenuto una miriade
di iniziative minuscole». Come si spiega la mancanza di interventi? «Andava bene così, questa è l'Italia. La
speranza è che la situazione non sia compromessa al punto da scoraggiare un intervento del mondo
cooperativo». Paolo Menis, consigliere comunale dei 5 stelle, sottolinea come «bastasse leggere due bilanci in
fila per capire che qualcosa non tornava», chiamando in causa chi per legge regionale è chiamato a vigilare: le
associazioni di rappresentanza per la revisione annuale e la Regione stessa per le revisioni straordinarie - come
accaduto nel 2012, quando un'ispezione deliberata dalla Giunta non rilevò alcuna anomalia.
Sandro Metz sottolinea come l'eventuale fallimento possa trasformarsi in crisi sociale: «17 mila risparmiatori a
Trieste sono una cosa enorme, e per giunta sono in maggioranza anziani: possiamo solo immaginare il livello
di preoccupazione. Rischiamo un disastro sociale e finanziario». Per Metz esiste una chiara «responsabilità
politica, e griderebbe vendetta se tutto il problema si riducesse al solo Marchetti. Credo che alle altre
cooperative convenga intervenire, il gioco vale la candela. Ma questa è una bomba a tempo, e non vorrei che si
cercasse una soluzione capace solo di riportare indietro il timer».