Abatantuono: da regista vi farò crepare dal ridere

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Abatantuono: da regista vi farò crepare dal ridere
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SPETTACOLI CULTURA
FIRENZE
MERCOLEDÌ 22 GENNAIO 2014
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■ VIII
Per la prima volta
l’attore dirige a
teatro: per lui Vengo
a prenderti stasera
il dialogo tra un
comico e la Morte
In scena a Vicchio
e Cavriglia
L’altro
Diego
Abatantuono: da regista vi farò crepare dal ridere
ltro che “cafunciello”. Per il
suo debutto alla regia teatrale,
Diego Abatantuono ha scelto
di far ridere sulla morte. Vengo
a prenderti stasera, in scena
sabato 25 gennaio al Giotto di Vicchio e domenica 26 al Comunale di Cavriglia, è il dialogo tra un comico di poco successo (interpretato da Mauro Di Francesco, protagonista negli anni Ottanta di tanti Sapore di
mare) e la Morte che se lo viene a prendere
(Nini Salerno, ex Gatti di Vicolo Miracoli).
E che, per convincerlo al trapasso, gli racconta chi troverà dall’altra parte: Totò,
John Belushi, Massimo Troisi, Walter
Chiari, Stanlio e Ollio, Charlie Chaplin, Vittorio De Sica. Liberamente tratto da La
morte dei comici di Lorenzo Beccati (voce
del Gabibbo, ma anche scrittore di successo) lo spettacolo «è esilarante. Da morire»
dice Abatantuono.
Non è facile far sorridere su questo tema.
«Ogni momento estremo è così emotivamente toccante che ci vuole un attimo
per farlo scivolare nella comicità. Nei primi
giorni della scuola elementare, la maestra
faceva l’appello: nel silenzio che accompagnava quella lista di nomi c’era una tale
tensione che prima o poi qualcuno sbottava a ridere. E da ragazzi anche durante i funerali spesso si finiva a ridere come matti,
proprio per esorcizzare la tristezza. L’ironia abbassa il livello della morte rendendola più sopportabile. E l’obiettivo dello
spettacolo è far uscire il pubblico sollevato.
Paragonerei Vengo a prenderti stasera a
film come Il paradiso può attendere e Ghost, non certo al Settimo sigillo. E la coppia
morituro-Morte ricorda quella Lemmon-
A
Il paragone
É un testo tipo Il paradiso
può attendere e Ghost, non
certo Il Settimo sigillo:
voglio far uscire il pubblico
dalla sala sollevato
Matthau. Perché la mia “nera signora”, a
forza di frequentare i comici, è diventata
comica pure lei».
Come ha vissuto il debutto alla regia
teatrale?
«Con tranquillità, perché sul palcoscenico ci sono degli amici, e le cose fatte per
amicizia, nella mia lunga carriera, sono
sempre state le migliori: penso alla svolta
decisiva che ebbi grazie al sì detto per istinto a due grandi amici, Maurizio Totti e Gabriele Salvatores. Mentre le peggiori sono
IL PARADISO DEI COMICI
Abatantuono con Nini Salerno
e Mauro Di Francesco
nate da amicizie tradite. Stavolta la proposta è arrivata da Di Francesco. Ci conosciamo sin da ragazzini. All’epoca del Derby, io
facevo l’elettricista e lui, diciassettenne,
muoveva i primi passi nel mondo del cabaret. Quando sei adolescente, un anno ne
vale dieci; viverne cinque insieme finisce
per cementare per sempre i rapporti. La cosa più complessa è stata rileggere e riscrivere, in parte, il testo che aveva qualcosa di
vecchio. Nini Salerno mi è stato di grande
aiuto: è un rodatissimo animale da palco-
scenico, e mi ha dato molta sicurezza».
Quanto c’è di cinematografico nella
sua regia?
«Moltissimo. Il cinema che mi piace è
quello realista. Quindi ho scelto la strada di
una recitazione molto naturale, non sempre gridata — come di solito si fa in teatro
— ma modulata, dinamica. Ci ha aiutati la
scenografia di Gianandrea Gazzola che in
realtà non è uno scenografo ma un musicista, cabarettista, inventore e che nelle sue
creazioni, in un modo o nell’altro, mette
tutti questi suoi aspetti».
A quando il debutto dietro la macchina
da presa?
«Fosse per me, anche subito. Ma avendo
circa 1000 film in curriculum e 40 anni e
passa di carriera, devo pensarci due volte.
Se fai il pittore, realizzare un’opera ha un
costo irrisorio: bastano i colori, i pennelli e
una tela. Se sei uno scrittore, idem: ti sono
sufficienti una penna e un quaderno. Il cinema no: per fare un buon film ci vogliono
tanti, tanti soldi. Da giovane ti puoi anche
buttare. Ma invecchiando diventi più rispettoso: del pubblico, dei produttori. E
più oculato dal punto di vista economico.
Quindi, aspetto la storia che mi calzi davvero a pennello».
Lei non è sul palco. Perché?
«Provo una grande invidia per Mauro,
perché la sua parte mi somiglia: sì, il suo
personaggio è il comico sfigato, ma tutti lo
siamo stati nella vita dal punto di vista professionale. Io per primo. Ma sarebbe stato
difficile per i troppi impegni, e così mi consolo. In realtà sia a Vicchio che a Cavriglia
salirò sul palcoscenico per un saluto finale.
E per un dibattito sulla morte. Con una sorpresa che non svelo».
I progetti
Vivo il debutto con
tranquillità perché sul
palco ci sono degli amici
Il salto anche al cinema?
Aspetto la storia giusta