Zooantropologia - Un nuovo modo per studiare la relazione uomo
Transcript
Zooantropologia - Un nuovo modo per studiare la relazione uomo
Zooantropologia - Un nuovo modo per studiare la relazione uomo-animale Rivista IL BOXER n. 01/2002 R. Marchesini - Zooantropologo - Bologna Il testo è tratto da gli atti del convegno: ''Il bambino e le terapie assistite con animali. Esperienze attuali e prospettive" Assisi Centro Congressi "La Cittadella" 27 maggio 2000 La teoria zooantropologica cerca di fornire un quadro unificato del "cosa, come e perché" della coppia zooantropologica. Riconosce il carattere zootropico della relazione uomo-animale, ossia che: a) è l'uomo che va verso l'animale, b) esiste u n particolare appeal esercitato dall'animale sull'uomo, c) la zoofilia determina una fitness da un punto di vista evolutivo. Ammettere l'esistenza di una zootropia, presente nella nostra specie che consente e facilita l'interazione con l'animale, offrirebbe un quadro esplicativo dello sviluppo uomo-animale nella cultura. Serpell ci mostra una zootropia frutto di una vocazione parentale eterodiretta: l'uomo risponde ai segnali giovanili della propria specie attraverso un comportamento di cure parentali; se altre specie presentano gli stessi o analoghi stimoli-chiave, ecco che nasce un comportamento leggibile come una zootropia. In realtà, essendo stato l'uomo il grande artefice del processo di domesticazione, è più semplice ipotizzare una vulnerabilità costituzionale dell'uomo verso le forme giovanili, tale da renderlo esposto all'adozione eterospecifica in senso generico. In altri termini, non gli animali domestici si sono indirizzati verso un parassitismo parentale, bensì l'uomo stesso ha iniziato a essere esposto alla tentazione di adottare cuccioli di altre specie, domestici e non. Questa preferenza dell'uomo verso le forme giovanili ha modellato quegli animali che erano più esposti al dominio dell'uomo, cioè gli animali domestici. In buona sostanza gli animali domestici in genere e soprattutto i pet presentano morfologie neotenico-mimetiche non perché attraverso un processo darwiniano hanno trovato vantaggiosa la morfologia giovanile che consentiva loro di parassitare l'uomo, ma perché l'uomo attraverso un 'operazione culturale (perciò più lamarkiana che darwiniana) ha incentivato la sua vocazione parentale eterodiretta scegliendo tra i riproduttori quelli che presentavano caratteristiche neotenico-mimetiche, ossia riconducibili ai caratteri giovanili o leggibili come tali. L'uomo (stesso) presenta delle evidenti neotenie, delle caratteristiche morfofunzionali tipiche del periodo giovanile e persistenti anche in fase adulta. Innanzitutto va rilevato che la nostra specie, a causa dell'ipertrofia del volume cranico e dovendosi confrontare con un vincolo anatomico ben preciso - il diametro del canale del parto ha intrapreso la strada del parto prematuro: il volume cranico di un neonato è circa il 20% di quello di un adulto contro il 50% delle altre antropomorfe. Secondo molti paleoantropologi uno dei principali motori di neotenia d ella nostra specie é imputabile proprio al fatto d i partorire prematuramente. La nostra specie alla nascita é molto più bisognosa di cure parentali rispetto alle altre antropomorfe. Dobbiamo pertanto ritenere che, se già nelle antropomorfe non-umane il complesso di cure parentali ha raggiunto un elevato grado di complessità, ancor di più nell'uomo vi è: a) nei giovani il bisogno di articolate e prolungate cure parentali, b) negli ad ulti una tendenza (appetenza) a fornire tali cure. Le cure parentali vengono evocate da una serie di stimoli-segnale rappresentati in parte dalla morfologia del cucciolo (fronte bombata, occhi grandi, brachimorfismo degli arti), dall'altra dal comportamento dello stesso (andatura impacciata, emissione di vocalizzazioni di richiamo). Secondo tale ipotesi l'uomo sarebbe un virtuoso delle cure parentali, ma controlateralmente (e per inevitabile conseguenza) risulterebbe particolarmente vulnerabile alle forme giovanili. L'uomo in altri termini sarebbe particolarmente sensibile alle forme immature, ossia così vulnerabile (appassionato) al fascino del cucciolo da rispondere con atteggiamenti genitoriali non solo nei confronti dei piccoli d ella propria specie, ma anche verso i marmocchi a quattro zampe. L'adozione transpecifica - così viene chiamato l'atto di fornire cure parentali ad altre specie seppur presente in altri animali è infatti nell'uomo che trova la sua massima espressione. Possiamo dire che nell'uomo la disposizione ad offrire cure parentali è così forte da essere tracimante verso le altre specie. Un cucciolo difficilmente ci passa inosservato e in genere suscita in noi sentimenti di protezione che con estrema facilità si traducono in adozione. Prodiga di cura parentali la specie umana è particolarmente vulnerabile al potere di seduzione esercitato dalle morfologie giovanili, ma nello stesso tempo il poter consumare questo appetito, anche al d i là delle competenze di specie, porta a una gratificazione di non poco conto nel benessere umano. Come si sa tutti i nostri appetiti naturali - alimentari, riproduttivi, di moto e via dicendo cercano disperatamente una via consumatoria. La gratificazione che riceviamo dando ascolto ad una appetenza passa attraverso specifiche molecole del benessere. Ogni qual volta un appetito viene ascoltato, puntualmente il comportamento si con solida e si autorafforza attraverso lo stato di benessere che ne consegue. Dobbiamo pertanto ritenere che una vocazione "a comportarsi da genitori", qualora venga soddisfatta attraverso la presenza di un cucciolo (verso cui consumare i propri appetiti parentali), contribuisca a farci stare bene e a rafforzare la nostra zoofilia. Questo dimostrerebbe i forti poteri di tranquillizzazione evocati dall'interazione uomo-animale e ampiamente indagati nella cosiddetta pet therapy. Questa teoria spiega l'intervento dell'uomo sugli animali domestici. Questi ultimi infatti, lungi dall'essere dei parassiti, sono stati utilizzati dall'uomo come "luoghi di consumo" delle appetenze parentali e come tali sono stati modificati attraverso la selezione artificiale determinando in loro la presenza di caratteri che ricordano le forme giovanili (pseudoneotenia), quali: il brachimorfismo degli arti, il muso schiacciato, la riduzione dei comportamenti da adulto. Negli animali domestici, soprattutto in quelli da compagnia, è facilmente rinvenibile il desiderio dell'uomo di modellare l'anatomia animale in funzione delle proprie esigenze di consumare cure parentali. Nel processo di domesticazione le caratteristiche giovanili sono state enfatizzate fino a trasformare la conformazione del muso, delle zampe, del cranio: è perciò chiaro che le razze domestiche si presentano neoteniche rispetto ai corrispondenti progenitori selvatici.