la difficile definizione del conseil supérieur de la magistrature nella

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LA DIFFICILE DEFINIZIONE DEL CONSEIL SUPÉRIEUR DE LA
MAGISTRATURE NELLA RIFORMA DEL 23 LUGLIO 2008
Simone BENVENUTI, Università di Roma “La Sapienza”
1. Introduzione. – 2. Il potere presidenziale in materia giudiziaria. – 3. L’amministrazione del corpo. – 4. La funzione
di assistenza del Conseil. – 5. La composizione. – 6. Conclusioni
1. Introduzione
Nel presente intervento mi soffermo sulla riforma – operata nel quadro della revisione della
Costituzione francese del 23 luglio 2008 – dell’articolo 65, contenente la disciplina del Conseil
supérieur de la magistrature. L’articolo 31 del disegno di legge costituzionale (projet de loi
constitutionnelle) approvato dal Parlamento francese riunito in Congresso nel luglio scorso1
contiene come noto una nuova formulazione dell’articolo 65. La revisione costituzionale tralascia
invece gli altri articoli che compongono il Titolo VIII2, laddove il comitato Balladur proponeva una
modifica anche dell’articolo 64, pur sempre limitata al Conseil3.
Non intendo in questa sede operare una descrizione analitica dei singoli punti su cui è
intervenuto il legislatore costituzionale, bensì valutare attraverso i più significativi di essi il senso
generale della riforma, anche alla luce della riflessione operata, oltre che in dottrina, in sede tecnica
nei diversi comitati e commissioni4 e in sede parlamentare in occasione delle riforma del 1993 e
della mancata riforma del 1998. Il fatto il Conseil sia stato oggetto di numerosi progetti di riforma
negli ultimi quindici anni – a partire cioè proprio dalla riforma che nel 1993 aveva significato un
notevole mutamento di prospettiva rispetto a quella propria dell’architettura istituzionale gollista – è
sintomo di una forte incertezza sulla posizione e le funzioni proprie dell’organo: incertezza che è
peraltro rilevabile in una certa misura nel dibattito italiano5.
Nel documento di lavoro del comitato Balladur dedicato al Conseil supérieur de la magistrature
si indicano tre punti critici che caratterizzano il funzionamento dell’organo così come è delineato
dal testo risultante dalla riforma del 1993: la mancata costituzionalizzazione della formazione
plenaria, con ricadute negative sulla effettività del principio di unità della magistratura; la
conflittualità tra l’organo e il Governo in materia di nomine e disciplinare; il carattere corporativo
1
Il disegno di legge costituzionale era stato adottato in Consiglio dei ministri il 23 aprile 2008. Esso era frutto della
rielaborazione delle proposte contenute nella Relazione della Commissione Balladur consegnato al Presidente della
Repubblica il 29 ottobre 2007. Nel disegno di legge originario, l’articolo 31 corrisponde all’articolo 28.
2
Il Titolo VIII della Costituzione francese, relativo all’autorità giudiziaria, è composto inoltre da un articolo contenente
i principi generali dell’ordinamento giudiziario francese (art. 64) e da due articoli contenenti alcuni principi essenziali in
tema di libertà individuali (artt. 66 e 66-1).
3
Il comitato proponeva infatti di eliminare tout court il secondo comma dell’articolo 64, il quale attribuiva in via
generale al Conseil un ruolo di “assistenza” nei confronti del Presidente della Repubblica, nella sua veste di “garante
dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria”.
4
Comitato Vedel (1993), commissione Truche (1997), commissione d’inchiesta parlamentare sull’Affaire Outreau
(2006), comitato Balladur (2007).
5
In Italia, questa incertezza è rilevata già da M. Patrono nel suo saggio su Scenari per una riforma del Consiglio
superiore della magistratura, in “Quaderni costituzionali”, 1989, 3, pp. 447-469. Non va peraltro sottaciuto come con le
problematiche inerenti all’organo di garanzia di indipendenza della magistratura si intersechino in maniera incisiva
problematiche che hanno tuttavia una loro autonomia e autonomamente debbono essere trattate, prima tra tutte quella
relativa all’organizzazione del Pubblico ministero.
2
dell’organo, in relazione con il ruolo assunto dalle organizzazioni sindacali in seguito all’adozione
del sistema elettivo per la designazione dei membri togati6.
Vengono poi indicati i profili problematici per quanto attiene alle scelte istituzionali da operare.
Per quanto riguarda la “missione” dell’organo, ci si chiede se questo non debba esercitare il ruolo di
“garante dell’indipendenza e del buon funzionamento delle giurisdizioni”7.
Per quanto riguarda la presidenza dell’organo, ci si chiede se sia opportuno che il Presidente
della Repubblica, “garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria”, continui a presiedere
l’organo e se, in caso contrario, l’organo debba essere presieduto dal Ministro della giustizia o da un
membro eletto al suo interno.
Per quanto riguarda la composizione, si pongono diverse questioni: anzitutto se il Primo
presidente della Corte di cassazione debba far parte di diritto dell’organo; in secondo luogo se
occorra intervenire sul rapporto tra membri togati e membri laici8, e in caso affermativo, secondo
quale proporzione, prevedendo quali requisiti per i nuovi membri laici e se sia opportuna la
presenza di membri parlamentari; infine se occorra rivedere le modalità di designazione dei membri
magistrati.
Per quanto riguarda le competenze, ci si chiede se non sia opportuno estendere le competenze di
amministrazione della giurisdizione ai magistrati non professionali9; quali debbano essere le
competenze dell’organo in materia di nomina dei magistrati del Pubblico ministero; se non vadano
resi più flessibili i meccanismi per adire il Conseil in materia disciplinare e, in caso affermativo, in
quale maniera; se non occorra attribuire al Conseil poteri decisionali e non solo consultivi in
materia disciplinare nei confronti dei magistrati del Pubblico ministero.
Si tratta di un ampio ventaglio di questioni poste all’attenzione del comitato Balladur e poi
risolte in sede parlamentare. Se ciascuna questione risulta intrinsecamente connessa con le altre,
ritengo che esse possano essere ridotte a due ordini principali di problematiche. Il primo, di
carattere sistemico, riguarda la posizione del Conseil nel quadro istituzionale, e dunque tanto i suoi
rapporti con gli altri poteri dello Stato quanto la sua funzione generale, o “missione”, e in definitiva
la sua natura. Il secondo, che pure risulta strettamente connesso al primo, è di carattere specifico,
riguardando le soluzioni istituzionali concrete funzionali a un determinato inquadramento
dell’organo nel sistema istituzionale.
Sulla base di questa griglia analitica, è possibile affermare che la revisione del Titolo VIII della
Costituzione francese operata nel luglio scorso non sciolga i nodi problematici essenziali
dell’organizzazione giudiziaria francese, non costituendo un “progresso” in termini di indipendenza
della magistratura come invece a più riprese affermato dai sostenitori della riforma stessa. D’altro
lato – dal lato cioè delle innovazioni di tipo puntuale – la riforma del luglio scorso contiene
elementi di notevole interesse, sintomatici di una tendenza propria degli organi di garanzia
dell’indipendenza della magistratura assimilabili a quello francese, tra cui quello italiano. Tali
elementi possono essere sintetizzati nella embrionale trasformazione del Conseil, sotto il profilo
funzionale, da organo di “governo” della magistratura a organo funzionalmente complesso di
gestione del sistema giudiziario; sotto il profilo della composizione, da organo di incontro tra
politica e magistratura a organo aperto alla società, in particolare alla società dei giuristi.
6
Comité de réflexion de proposition sur la modernisation et le rééquilibrage des institutions de la Ve République, Le
Conseil supérieur de la magistrature, p. 8: «En ce qui concerne l’unité de la magistrature, il est fait grief aux textes
actuels de faire obstacle à ce que le CSM puisse jamais siéger en formation plénière. En outre, les conflits entre le CSM
et le gouvernement n’ont cessé de se multiplier sur les questions des nominations et des sanctions. Les
dysfonctionnements judiciaires dont l’opinion s’est émue récemment n’ont pas épargné le CSM, auquel il est parfois
fait reproche de céder au corporatisme. Enfin, le mode de désignation, par voie d’élection, des magistrats qui siègent
au CSM a donné aux organisations syndicales de magistrats une place prépondérante dans le fonctionnement de
l’institution».
7
È fatto qui riferimento al Rapporto Vedel, che tuttavia non ci risulta si fosse orientato in tale direzione.
8
Questo rapporto era in base alla revisione del 1993 favorevole ai primi.
9
Quelli, cioè, che operano nelle giurisdizioni consolari e sociali.
3
Nel presente contributo intendo porre l’accento su queste due facce della riforma costituzionale
del Conseil del luglio scorso.
2. Il potere presidenziale in materia giudiziaria
La relazione sussistente tra il Conseil e il Presidente della Repubblica – e più in generale il ruolo
del Presidente della Repubblica in materia giudiziaria – è il nodo problematico principale
dell’organizzazione giudiziaria francese, che l’attuale riforma non contribuisce come detto a
sciogliere, fornendo anzi il sistema di ulteriori elementi di ambiguità. Uno degli obbiettivi espliciti
della riforma del Conseil consisteva nel rafforzare le garanzie di indipendenza dell’autorità
giudiziaria attraverso la recisione del vincolo organico tra l’organo e il Presidente della
Repubblica10. La redazione finale prevede in effetti che il Presidente della Repubblica cessi di
presiedere l’organo11 e così di farne parte. Questa soluzione risponde all’esigenza, ricordata nel
rapporto reso dal relatore J.-L. Warsmann in commission des lois dell’Assemblea Nazionale che
accompagna il disegno di legge per la discussione in Assemblea12, di rendere il Conseil più
“autonomo”. Essa scioglie però anche l’anomalia collegata al fatto che il Conseil, nell’esercizio
delle sue diverse funzioni, si rapportava con il Presidente della Repubblica, il quale finiva per
essere, entro dette funzioni, al medesimo tempo parte del soggetto attivo e destinatario della sua
attività. È il caso, in particolare, delle funzioni in materia di nomina agli incarichi giudicanti più
elevati, dove il Presidente della Repubblica si configurava, almeno sotto un profilo formale (in
quanto membro del Conseil) come proponente, e, in quanto Presidente della Repubblica (e dunque
autorità di nomina), destinatario della proposta13.
In breve, essa costituisce un “salto di qualità” di non poco conto rispetto, oltre alla tradizione
della V Repubblica (risalente peraltro alla IV Repubbblica14), ai termini del dibattito così come si
era sviluppato a partire dal 1993. Di tale dibattito possiamo tenere fermi tre passaggi, che
scandiscono il processo di ripensamento dell’organizzazione giudiziaria francese: 1993 (anno in cui
è stata appunto scardinata l’architettura gollista in ambito giudiziario), 1997-1998 (biennio di
riflessione che avrebbe dovuto condurre all’accomplissement della riforma di quattro anni prima) e
2006 (anno in cui la commissione d’inchiesta parlamentare Vallini-Houillon ha segnato la
conclusione dell’Affaire Outreau). In nessuno di questi frangenti erano state tratte le dovute
conclusioni in ordine all’attribuzione del Presidente della Repubblica della funzione di presidenza
dell’organo15. Ciò non è avvenuto peraltro nemmeno in dottrina, se solo si pensa che lo stesso T. S.
10
Tanto nella proposta redatta dal comitato Balladur quanto nel disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri il
Presidente della Repubblica cessa di essere membro di diritto – e con ciò presidente – del Conseil. Tuttavia, il comitato
Balladur aveva proposto che il presidente dell’organo fosse nominato dal Presidente della Repubblica, tra personalità
non appartenenti al Parlamento né all’ordine giudiziario, nelle condizioni previste nell’ultimo comma dell’articolo 13,
vale a dire in Consiglio dei ministri. Nel disegno di legge governativo, è invece prevista una doppia presidenza Primo
presidente/Procuratore generale della Corte di cassazione a seconda che il Conseil si riunisca nella sua formazione
giudicante o in quella requirente.
11
La presidenza è attribuita al Primo presidente o al Procuratore generale della Corte di cassazione a seconda che il
Conseil si riunisca nella sua formazione giudicante o in quella requirente. La formazione plenaria è presieduta dal primo
presidente.
12
Rapporto n. 892, 15 maggio 2008, AN.
13
Ma lo stesso discorso vale per i pareri resi dall’organo.
14
La dottrina francese è unanime nel ritenere che nel 1946 siano state poste le basi del potere presidenziale in materia
giudiziaria, come osservava già P. Hébraud, L’autorité judiciaire, Dalloz, chronique, 1946, p. 13 ss.
15
Nel rapporto consegnato dal comitato Vedel al Presidente della Repubblica il 15 febbraio 1993 (Comité Vedel,
Rapport remis au Président de la République le 15 février 1993 par le Comité consultatif pour la révision de la
Constitution, 15 febbraio 1993), dove pure si indica come obbiettivo “une institution judiciaire mieux assurée de son
indépendance”, il Presidente della Repubblica è mantenuto nelle funzioni di presidente del Conseil supérieur. Il
comitato Vedel proponeva anzi sollevare il Ministro della giustizia dalle funzioni di vicepresidente, attribuendo al
Presidente della Repubblica il potere di nominare il vicepresidente, con funzioni di supplenza. La legge costituzionale n.
93-952 del 27 luglio 1993 avrebbe confermato questa impostazione.
La decisione di mantenere in capo al Presidente della Repubblica la presidenza dell’organo è principalmente il frutto
dell’assenza di un’adesione generale dei parlamentari alle alternative proposte (A. Martin, Le Conseil supérieur de la
4
Renoux, uno degli studiosi francesi che più si è occupato di Conseil supérieur de la magistrature e
di autorità giudiziaria, considerava tale presidenza “nullement choquante”16. Il Presidente della
Repubblica era dunque rimasto dominus dell’attività dell’organo, attraverso la determinazione, ad
esempio, dell’ordine del giorno o il potere di nomina del segretario generale17.
Allo stesso tempo, la novità rappresentata dall’esclusione del Presidente dall’organo è
sostanzialmente neutralizzata – ed ecco tutta l’ambiguità del testo – dal mantenimento in capo al
Presidente della Repubblica del ruolo di “garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria” e in
capo al Conseil della funzione di assistenza del Presidente della Repubblica in tale veste18. Il potere
presidenziale in materia giudiziaria, “inventato” della Costituzione del 1946 con funzione di
garanzia e mai messo in discussione – seppure esso avesse subito limitazioni – nel corso degli anni
’90, trova riconferma con l’attuale revisione. Deve anzi notarsi il paradosso rappresentato dalla
proposta, contenuta nel rapporto del comitato Balladur, di eliminare il secondo comma dell’articolo
magistrature et l’indépendance des juges, in “Revue du droit public”, 1997, p. 752), sebbene detta presidenza fosse
difficilmente giustificabile sul piano logico (così come anche il mantenimento della funzione di garanzia dell’autorità
giudiziaria ex articolo 64), nel momento in cui si intende affermare l’indipendenza istituzionale dell’autorità giudiziaria
stessa nei confronti dell’Esecutivo. Le giustificazioni fornite sono in effetti carenti. Il Presidente della Repubblica
«incarne la nation et ancre dans cette façon la légitimité des magistrats au sein du peuple, au nom duquel il rend
justice», afferma Hubert Haenel, «ce qui conduisait à instaurer un lien artificiel entre, d’une part, l’élection du Président
de la République au suffrage universel direct qui fait de lui le représentant de la souveraineté nationale, et d’autre part le
fait que les magistrats rendent eux-mêmes leurs décisions au nom de la nation. La question de l’indépendance de la
magistrature était par là habilement occultée», A. Martin, Le Conseil supérieur cit., p. 757. Dette alternative andavano
nel senso di un presidente eletto dai membri dell’organo (così il deputato comunista Charles Lederman, A. Martin,
ibidem) o nel senso del mantenimento della presidenza formale in capo al Presidente della Repubblica e
dell’attribuzione di quella effettiva al Primo presidente della Corte di cassazione (così il deputato UMP Alain Marsaud,
A. Martin, ibidem). La prima opzione avrebbe avuto, probabilmente, l’effetto di rendere il Conseil più incisivo nel
rapporto con gli altri poteri, disponendo esso in tal caso di un vero e proprio rappresentante. La proposta non chiariva
peraltro se il presidente dovesse essere eletto tra i membri togati o tra i membri laici, o indifferentemente tra le due
componenti, il che non era il minore dei problemi. La seconda opzione, al contrario, non faceva altro che formalizzare
la prassi, individuando però in maniera rigida la presidenza effettiva dell’organo in capo alla massima autorità
giudiziaria. Essa avrebbe tuttavia dato luogo al problema di circoscrivere i limiti delle due presidenze, e non escludeva
l’insorgere di conflitti anche gravi.
A distanza di quattro anni, in sede di commissione Truche, ancora una volta non è messa in discussione la funzione di
presidenza dell’organo da parte del Presidente della Repubblica (anche qui, come già in sede di comitato Vedel, si
propone di sollevare il Ministro della giustizia dalle funzioni di vicepresidente, attribuendo al Presidente della
Repubblica il potere di nominare il vicepresidente, con funzioni di supplenza), né lo sarà il testo di riforma dell’organo
sottoposto al Parlamento runito in Congresso il 3 novembre 1999. Idem per la commissione d’inchiesta parlamentare
del 2006, dove tuttavia si nota una sensibilità diversa che porta a innovare in tema di vicepresidenza.
Il Conseil da parte sua riteneva che la situazione francese, "quasi exceptionnelle dans l’Union européenne, peut
surprendre au regard des exigences objectives du principe de la séparation des pouvoirs puisque l’indépendance de la
justice se définit au premier chef à l’égard du pouvoir politique. Elle traduit, en les associant, deux spécificités
constitutionnelles françaises : d’une part, la conception du rôle du chef de l’État comme clef de voûte des institutions,
qui " assure par son arbitrage le fonctionnement régulier des pouvoirs publics ainsi que la continuité de l’État ", d’autre
part, la réticence à reconnaître formellement l’existence d’un " pouvoir judiciaire " et, par suite, à rendre
complètement autonome l’instance constitutionnelle chargée de garantir son indépendance".
16
T. S. Renoux, Le Conseil constitutionnel et l’autorité judiciaire judiciaire: l'élaboration d'un droit constitutionnel
juridictionnel, Paris, Economica, 1984.
17
In tal senso anche A. Martin, cit., Le Conseil supérieur cit., p. 758.
18
Osserva T. S. Renoux, Le Conseil constitutionnel et l’autorité judiciaire cit., p. 270, che la Costituzione del 1958 si
limita ad assegnare al Conseil «une mission générale – celle «d’assister» le Président de la République dans sa fonction
de garant de l’indépendance de l’autorité judiciaire – et à tracer les grandes lignes de sa composition et de ses
compétences, peut-être plus d’ailleurs pour en limiter l’extension toujours previsible que pour en préserver la
spécificité» (corsivo mio). In uno scritto successivo, lo stesso autore sostiene inoltre che senza un intervento
sull’articolo 64 primo comma il Conseil non possa uscire dal ruolo servente assegnatogli (Le Président de la République
garant de l’indépendance de l’autorité judiciaire, in “Justices”, 1996, 3, p. 111). Renoux, che si riferiva all’epoca alla
riforma del 1993 ma le cui considerazioni possono essere estese a quella del luglio scorso, non poteva fare a meno di
rilevare la forte ambiguità del sistema francese: «C’est toute l’ambiguité existentielle du Conseil supérieur de la
magistrature, qui, en dépit de la révision constitutionnelle de 1993, et quoique doté de larges pouvoirs, occupe une
place encore insuffisamment définie dans nos institutions».
5
64. Con ciò si sarebbe perso ogni collegamento tra il Conseil e la funzione generale di garanzia
dell’autorità giudiziaria.
Sotto il profilo delle competenze in materia di nomina il meccanismo della double-clef rimane
in piedi: se esso in talune occasioni aveva dato luogo a conflitti, le modifiche in ordine agli equilibri
interni all’organo tra le sue diverse componenti19 lasciano presagire che essi saranno attenuati. Ma
ciò, come anche la valutazione su quale autorità – Presidente o Conseil – prevalga come “decisore”,
anche e soprattutto in ragione dell’esclusione del Presidente dall’organo, potrà tuttavia essere
verificato solo alla luce della prassi. Sino ad ora, il carattere codecisionale del sistema è stato reso
possibile da una procedura flessibile strutturata in diverse fasi, attraverso cui è raggiunto un
progressivo compromesso e i conflitti sono dunque contenuti a una fase precedente alla decisione
formale e non esplicitati all’esterno20.
Il quadro generale delle funzioni del Presidente della Repubblica ha conseguenze rilevanti
sull’inquadramento funzionale del Conseil, sulla base dell’alternativa “organo funzionalmente
complesso di garanzia dell’indipendenza della magistratura” / “organo di amministrazione del corpo
giudiziario” (pur sempre, in questo secondo caso, con finalità di garanzia dell’indipendenza
dell’autorità giudiziaria, ma principalmente rispetto all’Esecutivo). Con la recente riforma
costituzionale è confermata appunto l’idea che il Conseil sia essenzialmente un organo che concorre
in posizione equiordinata all’Esecutivo nella gestione del corpo, in particolare del ramo giudicante –
19
Su cui infra p. 9 ss.
Nella procedura di proposta al Presidente della Repubblica, il Conseil opera una scelta tra le candidature pervenute.
Al fine di assicurare pari opportunità, ciascun candidato è ricevuto dal Conseil, che si suddivide in tre gruppi senza il
segretario generale (tranne che nel caso dei candidati ai posti di Primo presidente di cassazione e d’appello e di
presidente di sezione di cassazione, che sono ricevuti dalla formazione nella sua integralità), ma dopo che lo stesso
Conseil abbia operato una preselezione sulla base di criteri obbiettivi come l’età, l’anzianità di grado e la funzione. La
formazione delibera dunque sulla base di una proposta iniziale votata dalla formazione stessa, delle indicazioni del
relatore e del successivo dibattito. Il voto finale ha luogo solo in caso di fratture palesi all’interno della formazione, a
scrutinio segreto su richiesta di uno dei consiglieri. A partire dal dicembre 1995, su indicazione del Presidente della
Repubblica è stato deciso di associare alla discussione che precede la deliberazione finale il rappresentante dello stesso
Presidente e del Ministro della giustizia. La formazione elabora dunque il proprio progetto di proposta, comunicato ai
due rappresentanti nel corso di una riunione successiva nel corso delle quali questi espongono le proprie osservazioni.
La formazione delibera dunque in via definitiva senza i due rappresentanti né il segretario amministrativo (ovvero,
come si dice, “en délibéré”). La proposta è infine sottoposta al Presidente in una seduta che si tiene all’Eliseo, in
presenza del Ministro della Giustizia (nella veste di vice-presidente di diritto dell’organo), del direttore dei Servizi
giudiziari, del segretario generale e, a partire dal maggio 1995, del consigliere tecnico del Presidente della Repubblica.
«Il Presidente della Repubblica, dopo un eventuale scambio di vedute e dopo aver domandato tutte le precisazioni che
ritenga utili, prende la decisione sulla nomina del magistrato», Rapport 1997-1998.
Il discorso può evidentemente essere esteso ai pareri resi al Ministro della giustizia, nei casi in cui sia questa l’autorità
di nomina. Anche il Ministro della giustizia è infatti ormai escluso dall’organo, sebbene possa partecipare alle sue
sedute (si può ipotizzare senza diritto di voto, anche se ciò non è specificato dal testo della revisione). La procedura di
formulazione dei pareri sulle proposte del Ministro è, a parte la designazione del relatore, la medesima sia per quelli
conformi della formazione giudicante che per quelli semplici della formazione requirente. Il relatore esamina i dossiers
del magistrato oggetto della proposta del Ministro, dei magistrati che abbiano presentato reclami e di quelli non presi in
considerazione ma provvisti di un curriculum adatto alla funzione. I magistrati oggetto della proposta possono essere
sentiti dal Conseil. Dopo l’esame dei dossiers, seguono quattro fasi. Anzitutto, il relatore riferisce alla formazione
competente durante sessioni cosiddette “di lavoro” con l’obbiettivo di acclarare eventuali difficoltà e assumere decisioni
di carattere provvisorio. Si svolgono poi le riunioni “preparatorie”, alle quali partecipa come membro esterno il direttore
dei Servizi giudiziari, il quale può giustificare o motivare le proposte del Ministro e rispondere alle richieste del
Conseil. Nella terza fase, cui partecipano i soli consiglieri con l’esclusione anche del segretario generale, la formazione
competente delibera in via definitiva. Nella quarta e ultima fase, che si svolge all’Alma, sede del Conseil, sotto la
presidenza del Ministro della giustizia e con la partecipazione del direttore dei Servizi giudiziari, del segretario generale
e, dal giugno 1997, di un membro del gabinetto del Ministro, i pareri sono presentati e motivati da ciascun relatore, che
si esprime a nome di tutto il Conseil. La flessibilità di questa procedura, che consente una dialettica tra Conseil e
Ministro prima che si giunga alla deliberazione definitiva del parere, ha fatto sì che il Ministro si sia in molti casi
adeguato alle richieste del Conseil o, in fase conclusiva, abbia ritirato dall’ordine del giorno un progetto di nomina di
fronte al rischio di un parere sfavorevole.
20
6
agendo autonomamente entro tale limitato – seppur rilevantissimo – nucleo funzionale (par. 3)21.
Negli altri ambiti, il Conseil continua a configurarsi come organo di assistenza (par. 4).
3. L’amministrazione del corpo
In materia di amministrazione del corpo giudiziario – quella che secondo la terminologia più
accreditata è indicata come amministrazione della giurisdizione, comprendente la gestione dello
status amministrativo e disciplinare dei singoli magistrati – la recente revisione costituzionale non
apporta peraltro novità di rilievo. L’unico punto su cui essa interviene è come detto l’estensione del
parere semplice alla nomina a tutte le funzioni requirenti22. In breve, la revisione costituzionale non
fa che riconfermare i principi già vigenti, e cioè il fatto che il Conseil è organo di (co)gestione in via
principale della magistratura giudicante attraverso il meccanismo della double clef23. Quella
requirente, pur costitutiva assieme alla prima di un corpo unico di magistrati, rimane in una
posizione ambigua, organicamente e funzionalmente dipendente dal Ministro della giustizia.
Si tratta qui di uno degli aspetti – quello dello statuto del Pubblico ministero – che ha
maggiormente catalizzato l’attenzione del dibattito sia politico che dottrinale negli ultimi quindici
anni, in connessione con il ripetersi di casi di interventi nei confronti di magistrati requirenti che
hanno destato scalpore nell’opinione pubblica e nel corpo dei magistrati24, e che non è il caso di
analizzare nel suo insieme.
Basti rilevare come il dibattito ha evidenziato da una parte la pulsione della dottrina verso la
soluzione “italiana” dell’uniformazione tra lo statuto del magistrato giudicante e quello del
magistrato requirente o della limitazione delle possibilità di passaggio tra le funzioni, dall’altra la
persistenza nella cultura politica francese – quella della destra in particolare – della tradizionale
doppia natura del magistrato requirente. Se l’ex Ministro socialista della giustizia Elizabeth Guigou
(già promotrice di un processo di affrancamento del Pubblico ministero dall’Esecutivo nella
seconda metà degli anni ’90), rifacendosi al progetto fallito del 1998 si è espressa recentemente in
favore dell’introduzione della procedura del parere conforme per la nomina dei magistrati
requirenti, al contrario il ministro Rachida Dati ha affermato, nel corso dell’audizione in
commissione, che i magistrati requirenti “sono procuratori «della Repubblica» e non procuratori
indipendenti”. Da questo punto di vista, il progetto di riforma del 1998 evidenziava il suo carattere
contingente, collegandosi alle indicazioni contenute nel rapporto della commissione Truche e al
clamore destato da scandali giudiziari di cui si è detto, mentre il rinvio sine die della convocazione
21
Sulla base della ricostruzione dell’esperienza post-bellica degli organi c.d. (impropriamente) di “governo della
magistratura”, è possibile distinguere tre ambiti funzionali essenziali in cui detti organi intervengono. Il primo consiste
nell’amministrazione della giurisdizione, vale a dire tutte le funzioni amministrative e disciplinari che attengono alla
gestione dello status del magistrato: dunque, quella che si è sopra indicata come amministrazione del corpo giudiziario.
Il secondo nella tutela (o garanzia) generale dell’autorità giudiziaria, attraverso interventi di vario tipo riconducibili a
quelli che nell’ordinamento italiano sono definiti “interventi a tutela”. Il terzo riguarda l’amministrazione del sistema
giudiziario in senso lato, dalla partecipazione alla gestione del funzionamento delle singole giurisdizioni alla
partecipazione ai processi di formulazione legislativa in ambito giudiziario.
22
Il parere era precedentemente limitato alle nomine per le quali non si procedesse in Consiglio dei ministri, vale a dire
i procuratori generali. Né il rapporto del comitato Vedel né il successivo disegno di legge di revisione costituzionale n.
231 nella sua prima stesura menzionavano i magistrati requirenti. La revisione del luglio 2008 non apporta novità di
rilevo; essa si limita a estendere del parere semplice alla procedura di nomina a tutte le funzioni requirenti. A tal fine è
rimossa dal settimo comma dell’articolo 65 – conformemente alla proposta del comitato Balladur – la frase “à
l’exception des emplois auxquels il est pourvu en conseil des ministres”. (La nuova formulazione è dunque la seguente:
“La formation du Conseil supérieur de la magistrature compétente à l'égard des magistrats du parquet donne son avis
sur les nominations qui concernent les magistrats du parquet”).
23
Sebbene, come detto, il ruolo effettivamente esercitato nella cogestione vada opportunamente considerato alla luce
delle modifiche relative all’esclusione dal Conseil del Presidente e del Ministro della giustizia. Le nomine dei magistrati
giudicanti saranno dunque il frutto di una codecisione (come è stato sino ad ora), di una decisione sostanziale del
Conseil (e solo formale del Presidente della Repubblica), o avrà il Presidente un ruolo decisionale centrale (e il Conseil
un mero ruolo di compartecipazione, ma quest’ultima ipotesi è certamente da escludere)?
24
L’ultimo caso è quello del trasferimento, nel 2008, del procuratore generale della corte d’appello di Amiens da parte
del Ministro della giustizia Rachida Dati, che lo giustificava con l’interesse del servizio.
7
del Congresso per l’approvazione del testo definitivo – giustificata proprio in ragione dell’assenza
di una convergenza generale sulla riforma, essendosi i partiti di destra opposti ad esso – era sintomo
di una mancata metabolizzazione del mutamento di prospettiva da parte della classe politica25. In
seguito, l’emergere di politiche (e di una retorica) securitarie, delle quali è esemplare la legge
Perben II26, ha smorzato definitivamente ogni ipotesi di uniformazione dello statuto dei due rami
della magistratura. In sede parlamentare, il Ministro della giustizia ha dunque giustificato
l’esclusione del parere conforme al Pubblico ministero con il fatto che questo “è incaricato di
mettere in atto la politica penale decisa dal Ministro della giustizia”27.
Di conseguenza, il Conseil continua a mantenere riguardo alla magistratura requirente una
funzione consultiva che non ha incidenza effettiva sulla decisione ultima dell’autorità di nomina:
diversamente da quanto avviene – per la nomina dei magistrati giudicante – con la proposta e il
parere conforme, laddove ciascuno di questi due atti costituiscono elementi essenziali di una
procedura complessa che è stato efficacemente sintetizzata con l’immagine della “double clef”.
4. La funzione di assistenza del Conseil
Di assai maggiore interesse è da considerarsi l’intervento del legislatore costituzionale riguardo
ad altri ambiti di competenza dell’organo – ambiti generalmente indicati come accessori: garanzia
dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria e amministrazione in senso lato del sistema giudiziario.
In tali ambiti il Conseil si configura come organo di assistenza.
Il Conseil è anzitutto organo di assistenza del Presidente della Repubblica nella sua veste di
garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria. Sino ad oggi, questa funzione di garanzia non
aveva trovato una chiara specificazione normativa, né, di conseguenza, lo aveva trovato la funzione
di assistenza del Conseil. Nelle intenzioni del Costituente, si trattava di una formula di tipo generale
e onnicomprensivo, dello stesso genere di quella contenuta nell’articolo 5 della Costituzione28. Essa
si collegava strettamente alla presunta natura super partes del Presidente dela Repubblica, che si
riappropriava di una funzione che l’articolo 84, secondo comma, della Costituzione del 1946
attribuiva direttamente al Conseil29.
L’ottavo comma dell’articolo 65 specifica ormai questa funzione di assistenza imputandola alla
formazione plenaria dell’organo, che a titolo dell’articolo 64 risponde “alle richieste di parere
formulate dal Presidente della Repubblica”.
La revisione interviene in realtà a consacrare una prassi ormai decennale, limitandola allo stesso
tempo. Si tratta di una limitazione su tre fronti: anzitutto, il parere (avis) è la forma attraverso cui si
esplica la funzione di assistenza del Conseil nell’ambito della tutela dell’indipendenza dell’autorità
giudiziaria; in secondo luogo, unico destinatario dell’attività svolta dal Conseil nell’esercizio della
25
Personalmente, non critico l’ipotesi di differenziare lo status dei magistrati requirenti e di quelli giudicanti, bensì
l’ambiguità consistente nel considerare il procuratore un magistrato e il sottoporlo allo stesso tempo all’autorità del
Ministro della giustizia: questa ambiguità rappresenta – per via dei frequenti passaggi da una funzione all’altra – la
possibilità per l’Esecutivo di influenzare indirettamernte la magistratura giudicante. SI pensi al fatto che è oggi Primo
presidente della Corte di cassazione Vincent Lamanda, già Procuratore generale della stessa.
26
Legge n. 2004-204 del 9 marzo 2004, “portant sur l'adaptation de la justice aux évolutions de la criminalité”.
27
Rapport Warsmann. Gran parte della dottrina, tra cui A. Garapon, ritiene astratta l’idea di una politica penale
uniforme per tutto il territorio, dovendosi piuttosto constatare l’esigenza di politiche penali differenti localmente
caratterizzate.
28
In un’accezione ampia, questa funzione di garanzia può comprendere la stessa gestione del corpo giudiziario. Così è
in Italia, dove l’esercizio delle competenze di amministrazione della giurisdizione da parte del CSM valgono a rendere
effettivo il principio di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario ex articolo 104, primo comma. Tuttavia,
l’aspetto garantistico dell’esercizio di queste funzioni da parte del CSM risiede nelle radici “polemiche” del Consiglio
della gestione consiliare della magistratura rispetto alla sua gestione da parte delle istanze governative. In Francia
questo intento polemico è meno forte. Attribuire la nomina dei magistrati ai posti più elevati della gerarchia giudiziaria
(almeno di quella giudicante) rappresenta agli occhi di de Gaulle piuttosto la sua sottrazione alle scelte operate dai
partiti, di cui il Governo è rappresentativo.
29
“Le Conseil supérieur de la magistrature assure, conformément à la loi, la discipline de ces magistrats, leur
indépendance et l’administration des tribunaux judiciaires ».
8
funzione di garanzia dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria è ormai il Presidente della
Repubblica; in terzo luogo, il potere di rendere pareri non è libero, bensì vincolato a una richiesta
del Presidente. Si tratta di specificazioni significative se considerate in relazione con la prassi
dell’organo.
Se non si può escludere che il Conseil abbia reso nei primi trentacinque anni di vita della
Costituzione del 1958 pareri su richiesta del Presidente della Repubblica30, il primo parere
“pubblico” reso dal Conseil al Presidente della Repubblica è quello del 30 gennaio 1995 relativo
all’Affaire Halphen31. Si tratta in questo caso di un parere richiesto dal Presidente Mitterand, ma
non sono mancati in seguito interventi, sotto forma di comunicazioni (lettres), mozioni o pareri, in
assenza di una richiesta esplicita32.
Accanto agli interventi rivolti al Presidente della Repubblica se ne contano poi altri rivolti al
Ministro della giustizia33, a singoli magistrati34 o, addirittura, senza destinatario esplicito35. Si tratta
evidentemente, in tutti questi casi, di interventi non richiesti, riconducibili a quelli che
nell’ordinamento italiano sono denominati “interventi a tutela”, ma in alcuni casi anche a pareri
tecnici in ordine a progetti di riforma che tocchino aspetti dell’ordinamento giudiziario. Se in linea
generale quest’ultimo ordine di interventi si può far rientrare nella funzione di assistenza svolta dal
Conseil ex articolo 64, comma 2 della Costituzione, occorre notare come i testi degli stessi siano
riportati nei rapporti annuali dell’organo in una sezione distinta da quella in cui sono riportati i
pareri resi a titolo dell’articolo 64, comma 2.
Senza soffermarsi oltre su questa prassi – che pure risulta assai significativa e andrebbe
opportunamente analizzata operando una comparazione con l’ordinamento italiano – mi limito a
rilevare come il Conseil abbia interpretato estensivamente la disposizione contenuta nel secondo
comma dell’articolo 64 della Costituzione. Sotto il profilo quantitativo, va rilevato invece il
progressivo aumento di interventi del Conseil36. Tutto ciò fa leggere in prospettiva – appunto nel
senso di una limitazione – le suddette scelte operate dal legislatore costituzionale nel luglio scorso.
Nella stessa ottica, l’ottavo comma del nuovo articolo 65 della Costituzione introduce anche una
funzione consultiva del Conseil nei confronti del Ministro della giustizia relativamente “a tutte le
questioni relative alla deontologia dei magistrati e a ogni questione relativa al funzionamento della
giustizia”. Anche in questo caso, si tratta di una specificazione/limitazione che va considerata in
relazione alla prassi dell’organo, ma che va anche ricondotta a proposte risalenti: penso ad esempio
a quella, contenuta nel rapporto della commissione Vedel, di attribuire al Conseil, “nei limiti delle
sue competenze, ogni lamentela o rimostranza relativa al funzionamento della giustizia”, che è
30
Si tratta di pareri confidenziali la cui portata va verificata attraverso l’analisi degli archivi.
Il testo del parere è riportato integralmente nel rapporto annuale del 1995.
32
È il caso della lettera del 18 gennaio 2001, inviata al Presidente della Repubblica “per renderlo partecipe della sua
preoccupazione e della sua posizione a seguito di attacchi violenti e ripetuti contro dei magistrati” (ad esso è seguita una
lettera di risposta del Presidente della Repubblica); del parere tecnico del 19 settembre 2002 sul progetto di legge
organica relativo allo statuto dei juges de proximité; del parere tecnico del 2 ottobre 2003 volto a contribuire alla
riflessione sulla deontologia dei magistrati; della richiesta di intervento del Presidente della Repubblica del 23 giugno
2005 in merito ad affermazioni del Ministro dell’interno (ad essa pure è seguita una risposta del Presidente della
Repubblica); del parere del 16 febbraio 2006 sull’Affaire Outreau; del parere tecnico del 21 dicembre 2006 sul progetto
di riforma relativo alla responsabilità dei magistrati;
Sono richiesti invece il parere dell’11 marzo 2004 sulle misure da assumere per meglio garantire l’autorità giudiziaria
contro la messa in causa ingiustificata per motivi religiosi di un magistrato e il parere del 28 aprile 2004 sulle pressioni
esercitate nei confronti del presidente del tribunale di Nanterre.
33
Comunicazione del 16 giugno 2003 concernente le modalità di nomina di un avvocato generale presso la Corte di
cassazione
34
Comunicazione di solidarietà del 7 dicembre 2000 al Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
comunicazioni di sostegno del 5 e dell’11 settembre 2003 ai primi presidenti e ai procuratori generali della Martinica e
di Bastia.
35
Parere del 15 dicembre 2005 sull’intervento dei magistrati nelle commissioni parlamentari d’inchiesta.
36
Si veda sul punto il sito dell’organo, dove sono riportati tutti gli interventi, www.conseil-superieur-magistrature.fr. Il
numero di interventi è comunque limitato rispetto a quello italiano.
31
9
anche alla base del diritto di ricorso diretto al Conseil37. In tal senso, lo stesso comitato suggeriva
che la legge organica di attuazione fornisse al Conseil gli strumenti necessari per “conoscere, nei
limiti delle sue competenze, ogni questione relativa al funzionamento delle giurisdizioni” e che il
Conseil “redigesse sulle questioni di propria competenza un rapporto annuale pubblico”. I
suggerimenti del comitato sarebbero poi stati recepiti a livello di legge organica di attuazione del 5
febbraio 1994, ma non a livello costituzionale38.
La legge organica si limitava tuttavia a indicare due strumenti: il rapporto annuale e le missioni
di informazione. Non v’era cenno invece allo strumento del parere o della comunicazione, che si è
sviluppato dunque, come visto, esclusivamente in via di prassi. Il legislatore costituzionale ha inteso
dunque tentare una tipizzazione dell’attività del Conseil in materia. Nulla esclude tuttavia che
questo intervenga in futuro, come già ha fatto, con comunicazioni pubbliche su questioni di sua
competenza, al di là di una richiesta esplicita: qualora la prassi si indirizzasse in tale direzione,
occorrerebbe concludere che l’ottavo comma dell’articolo 65 non intende fare del Conseil un
soggetto passivo – come si è detto sopra e come si può ritenere fosse intenzione del costituente –
bensì semplicemente porre in capo all’organo l’obbligo di rendere il parere richiesto, nei rispettivi
ambiti di competenza, dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della giustizia.
Anche qui, in sintesi, deve rilevarsi l’estrema ambiguità del testo derivante confronto tra le
intenzioni del costituente e le possibili interpretazioni del testo stesso, anche in considerazioni delle
innovazioni introdotte nella composizione dell’organo.
5. La composizione
I criteri che hanno guidato la riforma della composizione del Conseil sono infatti riconducibili
alla polemica anticorporativa e alla riflessione sulla natura dei membri laici. Quest’ultima, in
particolare, si inserisce in un filone rilevabile a livello europeo che identifica nei consigli della
magistratura non meri organi di gestione amministrativa del corpo, bensì organi, come si diceva
prima, funzionalmente complessi che affiancano le istituzioni di governo nella regolazione in senso
lato del sistema giudiziario.
Cominciando dalla polemica anticorporativa, nel già menzionato rapporto di J.-L. Warsmann si
indica come obbiettivo della riforma del Conseil quello di una “autorité judiciaire raffermie”
attraverso “un CSM più autonomo e meno «corporativo»”. Il “rafforzamento” dell’autorità
giudiziaria si connette in parte al discredito della stessa derivante dal c.d. “Affaire Outreau”, che
aveva spinto la relativa commissione parlamentare d’inchiesta a indicare alcune linee di riforma39.
La polemica corporativa si lega poi fortemente alla polemica antiassociazionistica, sebbene,
come del resto avviene in Italia, vi siano sul punto opinioni largamente discordanti40. Nel rapporto
Outreau, in particolare, sono sviluppate proprio a partire da questo argomento le proposte relative
alla composizione. In particolare, si fa propria la considerazione di chi afferma che “la gestione
delle carriere dei magistrati dipende in larga parte da valutazioni di ordine sindacale e corporativo.
L’influenza dei sindacati e in particolare dell’Union syndicale des magistrats, formazione
maggioritaria in seno al Conseil supérieur de la magistrature, autorità incaricata di fornire pareri
sui candidati a specifiche funzioni, è probabilmente eccessiva”41. Va peraltro detto che la
prevalenza di membri laici in seno al Conseil non era, almeno all’epoca, considerata negativamente
dal Syndicat de la magistrature, che costituisce la seconda associazione di magistrati in Francia,
sotto certi aspetti assimilabile alla corrente Magistratura Democratica (MD). Tale associazione
collegava tuttavia il riequilibrio delle due componenti a due elementi: la corrispettiva introduzione
37
Articolo 65, comma 10, "Le Conseil supérieur de la magistrature peut être saisi par un justiciable dans les conditions
fixées par une loi organique".
38
Nell’articolo 65 riformato nel 1993 non vi è menzione, tra le materie di competenza dell’organo, al funzionamento
della giustizia o delle giurisdizioni. La legge organica di attuazione del 5 febbraio 1994 prevede invece sia il rapporto
annuale sia le missioni di informazione.
39
Rapporto n. 3125, 6 giugno 2006, AN.
40
Su cui, da ultimo, A. Bevere, I magistrati e le correnti: alla ricerca dell’indipendenza da se stessi, Napoli, ESI, 2008.
41
Laurence Vichnievsky, citata nel rapporto.
10
di personalità “indipendenti” – scollegate, cioè, alle istituzioni di governo – e l’opzione per un
sistema proporzionale per l’elezione della componente togata.
La stessa commissione parlamentare d’inchiesta istituita a seguito dell’Affaire Outreau aveva
espresso dubbi in merito al sistema in vigore per l’elezione dei membri togati – in particolare il
meccanismo del doppio collego e la soglia di sbarramento del 5%42 – che aveva l’effetto di “de faire
échec à l'émergence de nouveaux courants d'idées et d'opinions au sein de la magistrature, qui
peuvent s'avérer profitables à l'institution judiciaire”. L’idea di una soglia di sbarramento come
quella di un sistema di tipo maggioritario pone inoltre dubbi sulla loro funzionalità rispetto a un
organo in cui non è da ritenersi vitale la stabilità della rappresentanza, incidente anzi negativamente
sul carattere complesso della stessa43.
Nel 2008, il legislatore costituzionale si è dunque posto un obbiettivo duplice. Da una parte,
evitare che un Conseil a maggioranza togata funga da cassa di risonanza dell’associazionismo
giudiziario, anche sulla base dell’influenza della lezione dell’esperienza italiana (o almeno di una
42
Per quanto riguarda la composizione competente nei riguardi dei magistrati giudicanti, i membri eletti appartenenti
alla Magistratura sono un giudice di cassazione, eletto dall’assemblea generale della stessa Corte, un primo presidente
di corte di appello, eletto dall’assemblea dei primi presidenti di corte di appello, un presidente di tribunale “de grande
instance”, eletto dall’assemblea dei presidenti di tribunale di “grande instance”, di prima istanza o di tribunale superiore
di appello. Questi tre magistrati sono eletti a scrutinio uninominale a turno unico e non a doppio turno, come avveniva
per il collegio dei magistrati del 1970, sebbene l’efficacia sulla rappresentanza associazionistica sia la medesima
(Articoli 2, 7 e 11 del decreto n. 94-199 del 9 marzo 1994. «Ce qui permet d’éviter une campagne électorale entre deux
tours de scrutin [et] conduit à une surreprésentation des syndicats de magistrats les plus importants aux dépens des
organisations syndicales mineurs», A. MARTIN, Le Conseil supérieur de la magistrature cit., p. 764 ss). Gli altri due
magistrati giudicanti e il magistrato requirente di corte e di tribunale sono invece eletti sulla base di una procedura a
doppio grado (Articoli 3 e 4). Un collegio di centosessanta magistrati giudicanti è eletto nella circoscrizione di ogni
corte di appello dall’insieme dei magistrati giudicanti (Esclusi i primi presidenti della corte di appello e dei presidenti di
tribunale. In base al comma 5, sono eleggibili i magistrati che giustifichino 5 anni di servizio effettivo e siano in
posizione di attività presso la corte di appello o un tribunale), con scrutinio proporzionale di lista, secondo la regola del
più alto resto (a partire dal 2001), senza panachage né voto di preferenza (tale previsione rafforza il ruolo delle
correnti). È fissata una clausola di sbarramento del 5% dei suffragi espressi, al di sotto della quale le liste non sono
ammesse alla ripartizione dei seggi. In una seconda fase il collegio dei magistrati elegge, tra i membri che la
compongono, i due magistrati giudicanti previsti dall’articolo 1, comma quarto. Lo stesso collegio elegge il magistrato
giudicante competente per il parquet. Anche nella seconda fase è utilizzato lo scrutinio di lista secondo le modalità
stabilite per l’elezione del collegio. La medesima procedura è adottata per l’elezione dei membri del parquet in
entrambe le composizioni. In tal caso, però, il collegio dei magistrati del parquet è composto di ottanta membri
(Articolo 3, comma 1. «Cette procédure complexe de l’élection de certains des membres du Conseil supérieur de la
magistrature semble leur garantir une réelle indépendance vis-à-vis du pouvoir politique. Il paraît en effet bien difficile
pour ce dernier d’influencer le déroulement et l’issue des élections qui ont lieu à plusieurs niveaux et font intervenir un
grand nombre d’électeurs»). Il sistema elettorale adottato hanno permesso la partecipazione del SM all’organo, sebbene
i caratteri dell’associazionismo francese – e cioè l’assenza di altre associazioni rilevanti – renderanno comunque
stabilmente maggioritaria la presenza dell’UFM.
Nel rapporto si rilevava che "dans une décision 89-271 DC du 11 janvier 1990, le Conseil constitutionnel a censuré un
dispositif réservant l'aide publique aux formations politiques sur lesquelles s'étaient portés 5 % des suffrages exprimés,
au motif que le seuil choisi était de nature à entraver l'expression de nouveaux courants d'idées et d'opinions?". Ci si
chiedeva dunque se "un abaissement de ce seuil, voire sa suppression serait susceptible de provoquer un éparpillement
des voix tel qu'il mettrait en danger la stabilité de la représentation du corps des magistrats, alors même que le syndicat
majoritaire représente près de 64 % des voix?". La risposta data dalla commissione era orientata in senso decisamente
negativo.
43
La commissione riteneva anzi che l’adozione di un sistema di tipo proporzionale “sans critère de représentativité
syndicale et sans seuil”, comportando la realizzazione di un pluralismo nella componente togata, avrebbe evitato "que le
fonctionnement de cette institution soit régulièrement exposé au reproche de corporatisme et renforceraient par voie de
conséquence sa légitimité". Si tratta di un’osservazione che dovrebbe essere presa in considerazione da chi, in Italia,
ritiene che le derive corporative siano collegate esclusivamente al sistema proporzionale per l’elezione della
componente togata”. La stessa inefficacia della riforma realizzata in Italia nel 2001 del sistema per l’elezione dei
membri togati sembra condurre alla medesima conclusione.
Va tuttavia ricordato che limitatamente al livello gerarchico inferiore, la legge organica n. 2001-539 del 25 giugno 2001
ha sostituito lo scrutinio uninominale con un sistema a scrutinio di lista proporzionale al più alto resto, supra nota 42.
11
sua rappresentazione che va oggi sempre più diffondendosi ma che andrebbe opportunamente
specificata)44, considerata sotto questo profilo negativamente.
Di qui provengono le proposte di riequilibrio tra le due componenti – tema oggi molto attuale
anche in Italia – secondo una tendenza che risale tuttavia a un periodo precedente le proposte della
commissione istituita in seguito all’Affaire Outreau. Già il progetto di revisione costituzionale del
1998 prevedeva infatti un organo a maggioranza di laici, “al fine – come recitava l’exposé des
motifs – di permettere un approccio più aperto nella gestione del corpo giudiziario”45. Già in quegli
anni il modello “italiano” di consiglio della magistratura, che assegnava una preminenza alla
componente togata con tutto ciò che ne consegue sull’equivoco quanto alla configurazione del CSM
come organo di rappresentanza dei magistrati, non era dunque più considerato praticabile in
Francia. Cinque anni prima, il comitato Vedel proponeva invece un rapporto di equilibrio, che nella
revisione poi approvata dava una leggera preminenza alla componente togata46. Tale preminenza
diveniva tuttavia schiacciante in formazione plenaria, la cui istituzionalizzazione in via di prassi
aveva fatto gridare, proprio per tale ragione, al colpo di Stato da parte del Conseil. Il comitato
Balladur aveva proposto a sua volta una leggera preminenza della componente laica, che, anche se
con una soluzione differente, è stata recepita nella revisione di luglio47.
44
Le derive corporative sono infatti denunciate (dagli stessi esponenti delle associazioni della magistratura!, oltre che
recentemente dal Presidente Napoletano e prima dal Presidente Ciampi) principalmente per quanto riguarda le nomine
agli incarichi direttivi.
45
Il Conseil sarebbe stato costituito nella sua formazione plenaria dal Presidente della Repubblica, dal Ministro della
giustizia, cinque magistrati giudicanti e cinque magistrati requirenti a seconda della formazione competente, un
consigliere di Stato e dieci personalità non appartenenti né al Parlamento, né all’ordine, né alla giurisdizione
amministrativa, designati in numero di due rispettivamente dal Presidente della Repubblica, dal Presidente
dell’Assemblea Nazionale e dal Presidente del Senato e in numero di quattro congiuntamente dal Primo presidente della
Corte di cassazione, dal vice-presidente del Consiglio di Stato e dal Primo presidente della Corte dei conti: in sintesi
dieci membri togati contro undici laici – di cui sei a caratterizzazione “politica” e quattro a caratterizzazione
“professionale” – a cui vanno aggiunti il Presidente della Repubblica e il Ministro della giustizia. Le formazioni
giudicante e requirente sarebbero state invece composte da sei magistrati (cinque giudicanti e un requirente e viceversa) e da sei membri laici: in sintesi sei membri togati e sei membri laici, a cui vanno aggiunti il Presidente della
Repubblica e il Ministro della giustizia.
Nel rapporto Truche si suggeriva la seguente composizione: sei membri laici “politici”, designati in numero di due
ciascuno rispettivamente dal Presidente della Repubblica (senza controfirma), dal presidente dell’Assemblea Nazionale
e dal presidente del Senato, un membro laico “professionale” (un consigliere di stato eletto dall’assemblea generale del
Consiglio di Stato), sei membri togati. Era però prevista una formazione plenaria in cui i membri togati finivano per
avere una forte preponderanza (dodici membri contro sette), come già accadeva nel Conseil in funzione.
46
In entrambi i casi occorre tuttavia tener conto della presenza del Presidente della Repubblica. Il comitato propone la
composizione seguente: cinque magistrati eletti, quattro personalità non appartenenti all’ordine giudiziario designate
rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal presidente del Senato, dal Consiglio costituzionale e dal
Consiglio di Stato – dunque due personalità “politiche” e due “professionali” – oltre al vice-presidente, nominato dal
Presidente della Repubblica, e dal Presidente della Repubblica. Il comitato Balladur non prevedeva
l’istituzionalizzazione della ormazione plenaria.
Una soluzione di equilibrio tra le due componenti sarebbe poi stata proposta dalla commissione di inchiesta
parlamentare istituita per far luce sull’Affaire Outreau. Tra le motivazioni fornite a sostegno di una scelta di equilibrio e
non di presenza minoritaria della componente togata, il fatto che in molte esperienze straniere considerate fosse stabilita
una presenza maggioritaria di membri togati; si richiama inoltre a un parere del Consiglio consultivo dei giudici
europei, in seno al Consiglio d’Europa
47
Le due formazioni comprendevano sei membri togati (cinque magistrati giudicanti e uno requirente e vice-versa),
quattro membri laici “professionali” (due consiglieri di Stato designati dal Consiglio di Stato, un rappresentante degli
avvocati e un professore universitario) e tre membri laici “politici” (non appartenenti alla magistratura né al Parlamento
designati rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal presidente del Senato e, come presidente
del’organo, dal Presidente della Repubblica, ormai escluso dall’organo. Non era prevista l’istituzionalizzazione della
formazione plenaria, cosicché si può presumere che essa avrebbe continuato a funzionare sulla base della precedente
prassi istituzionale, attribuendo alla componente togata una forte predominanza in seno ad essa.
La riforma del luglio prevede infatti che ciascuna formazione del Conseil sia composta da sei membri laici “politici”
designati rispettivamente in numero di due dal Presidente della Repubblica, dal presidente dell’Assemblea Nazionale e
dal Presidente del Senato secondo la procedura indicata nell’ultimo comma dell’articolo 13 della Costituzione (su cui
infra), due membri laici “professionali” (un consigliere di Stato designato dal Consiglio di Stato e un avvocato: riguardo
12
Il frastagliato processo di ridefinizione dei rapporti di forza internamente al Conseil va
considerato in funzione di elementi di vario tipo, in particolar modo le competenze dell’organo, il
tipo di rappresentanza della componente togata e i caratteri dei membri laici. Esemplare sul punto è
il fatto che il Conseil così come fu disegnato nel 1958 dalla Costituzione e dalla ordinanza organica
di attuazione48 fosse paradossalmente un organo assai più corporativo di quello disegnato nel 1993199449, essendo sei membri su nove (senza contare il Presidente della Repubblica) di provenienza
giudiziaria: tale carattere corporativo non veniva alla luce tanto per le limitate competenze
dell’organo, quanto e soprattutto perché diluito in uno schema di rappresentanza di tipo gerarchico e
non associazionistico.
Nel periodo 1993-1998 si afferma, in presenza dell’introduzione di forme di rappresentanza
associazionistica, una dinamica inversa tra competenze dell’organo e la presenza di membri togati
al suo interno: quanto maggiori le competenze dell’organo, tanto più il rapporto tra le due
componenti tende a un riequilibrio50.
Nel 2008, questo schema è soggetto a tensione laddove la compressione della componente
togata si accompagna alla riduzione dei membri laici definibili come “professionali” – quelli cioè
designati non da autorità politiche bensì da parte degli ordini professionali – alla reintroduzione di
forme di rappresentanza gerarchica51 e in presenza di una sostanziale continuità delle competenze di
amministrazione della giurisdizione52.
Le modifiche delle geometrie interne realizzate attraverso la revisione del luglio scorso si
giustificano allora chiaramente con l’esigenza – tracciata già nel 1998 – di risolvere i conflitti sorti
in diverse occasioni tra Conseil e autorità di nomina, assegnando ai membri laici a caratterizzazione
professionale la funzione di ago della bilancia, almeno qualora si ragioni in termini corporativi. La
comparazione tra la composizione del Conseil del 1993 e quella del 2008 è sul punto illuminante53.
Va comunque detto che una seria valutazione su quest’aspetto non potrà non tener conto delle prassi
che si instaureranno riguardo alla nomina dei membri “politici”54.
Dove soprattutto la riforma realmente è incisiva è, però, riguardo alla formazione plenaria
dell’organo, quella cioè competente nelle materie, descritte nel paragrafo precedente, ad alta
sensibilità politica. Senza ripercorrere qui la vicenda dell’istituzionalizzazione per via di prassi di
a quest’ultimo va in realtà verificato il carattere di membro “professionale” sulla base di quanto stabilirà la normativa
organica di attuazione quanto all’autorità di designazione) e sette membri togati (variabili secondo tradizione a seconda
della formazione competente e tra i quali sono i rispettivi presidenti – il Primo presidente e il Procuratore generale della
Corte di cassazione a seconda della formazione competente).
48
Ordinanza n. 1271 del 1958.
49
Nonché, come rilevato a suo tempo da M. Waline, dello stesso Conseil del 1946, M. Waline, Le pouvoir exécutif (et
son chef) et la justice, in Aa. Vv., La justice, Paris, Puf, 1960.
50
In sintesi: nel 1993 l’estensione e l’approfondimento delle competenze – particolarmente per quanto riguarda alla
magistratura giudicante – si accompagna un riequilibrio tra le due componenti; nel 1998, l’ulteriore estensione e
approfondomento – in particolar modo per la magistratura requirente – si accompagna un cambiamento a favore della
componente laica, che però inizia ad assumere limitatamente ad alcuni suoi membri carattere del tutto particolare, sopra
indicato come “professionale” (i quattro membri designati dal Primo presidente della Corte di cassazione, dal
vicepresidente del Consiglio di Stato e dal primo presidente della Corte dei conti).
51
Con l’attribuzione della presidenza delle due formazioni rispettivamente al Primo presidente e al Procuratore generale
della Corte di cassazione. Inoltre, nel citato rapporto Warsmann si precisa che le considzioni di designazione dei
membir laici non dovrebbero essere modificate.
52
Non è da ritenersi infatti rilevante l’estensione del parere semplice alla procedura di nomina a tutte le funzioni
requirenti.
53
Riferendosi a titolo esemplificativo alla sola formazione giudicante: nel 1993 si contano cinque consiglieri “politici”,
un consigliere “professionale” (un consigliere di stato) e sei consiglieri togati; nel 2008 si contano sei consiglieri
“politici”, due consiglieri “professionali” (un consigliere di stato e un avvocato) e sette consiglieri togati.
54
Si tratterà infatti di membri politicizzati o piuttosto di garanzia? Quest’ultima ipotesi è resa possibile, oltre che dalla
previsione della procedura ex articolo 13 della Costituzione per la loro nomina, anche dal fatto che le autorità preposte
alla nomina – Presidente della Repubblica, presidente dell’Assemblea Nazionale e presidente del Senato – nominano
due membri ciascuno, con il possibile sviluppo di una prassi volta a consentire la nomina per metà di membri vicini alla
maggioranza e per metà di membri vicini alle (o alle) opposizioni. In tal modo si realizzarebbe quella funzionalità
rappresentativa complessa che dovrebbe costituire elemento caratterizzante i consigli della magistratura.
13
una riunione plenaria dell’organo, basti rilevare come essa, prima della riforma del luglio scorso,
realizzasse una schiacciante prevalenza della componente togata: dodici membri contro sei,
compresi il Presidente della Repubblica e il Ministro della giustizia. Questo rapporto contribuisce in
parte a spiegare le posizioni estremamente avanzate sostenute dal Conseil nei rapporti annuali, in
particolar modo nella sezione riservata alle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario55. È
facile allora concludere sulle ragioni che hanno spinto il legislatore costituzionale a
istituzionalizzare detta formazione plenaria: sulla base ancora una volta della strada tracciata dal
progetto del 1998, ma secondo una formula differente che ha lasciato molto meno spazio ai membri
laici “professionali”, l’istituzionalizzazione punta proprio al riequilibrio del rapporto tra le due
componenti, oltre all’identificazione in capo ad essa, come visto nel paragrafo precedente, di
funzioni specifiche.
Coerentemente con l’inversione nel rapporto tra le due componenti, il secondo punto in tema di
composizione riguarda la depoliticizzazione dei membri non togati. Ad essa si vuole giungere
attraverso tre strade: l’apertura dell’organo a rappresentanti di altre professioni giuridiche; la
diversificazione delle autorità di designazione; la previsione di una procedura particolarmente
garantista – parere delle commissioni dell’Assemblea Nazionale e del Senato ex articolo 13 della
Costituzione56 – per quanto concerne la designazione di alcuni membri laici. È questo, a mio parere,
l’aspetto più innovativo della recente riforma e in generale del dibattito francese.
Tanto l’apertura dell’organo a rappresentanti di altre professioni giuridiche quanto la
diversificazione delle autorità di designazione non costituiscono in realtà una novità, potendo essere
fatte risalire proprio alla riforma del 1993 se non addirittura nella prassi precedente dell’organo57. È
però in occasione della riflessione operata dalla commissione d’inchiesta parlamentare del 2006
prima, dove si pensa a personalità indipendenti esterne alla magistratura58, e nel comitato Balladur
55
La parte relativa alle proposte di riforma è di particolare interesse per tre motivi. Anzitutto, essa costituisce uno
strumento aggiuntivo per gli operatori coinvolti nei processi di riforma. In secondo luogo, la prassi di richiamare nei
singoli Rapporti le proposte precedentemente avanzate verificandone la realizzazione da parte degli organi competenti
costituisce una forma di controllo pubblico e di monitoraggio, con funzione anche in questo caso dialettica e di stimolo.
Infine, le proposte sono in molti casi una forma di autorappresentazione del Conseil, della sua natura, delle sue funzioni
e del suo rapporto con gli altri attori istituzionali. Il Conseil ha così rivendicato il riconoscimento di un ruolo più
incisivo e autonomo, puntando il dito in molti casi sull’assenza di un bilancio individualizzato e sui criteri di nomina del
proprio segretario generale, nel senso di prevederne la nomina da parte dell’organo. Esso ha reclamato per sé una
maggiore flessibilità nella dinamica istituzionale, proponendo ad esempio il ricorso ad esso da parte dei presidenti delle
due assemblee legislative in caso di violazione dell’indipendenza per permettere al potere legislativo di contribuire al
rispetto dei principi costituzionali e la previsione di un parere obbligatorio del Conseil sui progetti di legge organica
relativa allo statuto della magistratura. In altri casi ancora ha sottolineato la carenza della normativa costituzionale o
legislativa in materia di ordinamento giudiziario, in particolare per quel che concerne i propri poteri e lo statuto del
pubblico ministero.
56
"Une loi organique détermine les emplois ou fonctions, autres que ceux mentionnés au troisième alinéa, pour
lesquels, en raison de leur importance pour la garantie des droits et libertés ou la vie économique et sociale de la Nation,
le pouvoir de nomination du Président de la République s'exerce après avis public de la commission permanente
compétente de chaque assemblée. Le Président de la République ne peut procéder à une nomination lorsque l'addition
des votes négatifs dans chaque commission représente au moins trois cinquièmes des suffrages exprimés au sein des
deux commissions. La loi détermine les commissions permanentes compétentes selon les emplois ou fonctions
concernés".
57
Già il comitato Vedel aveva suggerito la presenza in seno all’organo di quattro personalità non appartenenti all’ordine
giudiziario designate rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal Presidente del Senato, dal Consiglio
di Stato e dal Consiglio costituzionale. Riguardo al rappresentante del Consiglio costituzionale, si specificava che la sua
presenza “doit demeurer exceptionnelle et ne pas tenir lieu de précédent pour la composition d’autres organismes
collégiaux”. La revisione del 1993 avrebbe poi limitato la presenza le autorità di designazione alle prime tre. Il progetto
del 1998 prevedeva a sua volta anche la presenza di quattro membri designati congiuntamente dal vicepresidente del
Consiglio di Stato e dai Primi presidenti della Corte di cassazione e della Corte dei conti.
58
Il Syndicat de la magistrature si esprime in tale occasione in favore della presenza di rappresentanti della società
civile. La commissione identifca tali rappresentanti in un professore universitario designato dalla Conferenza dei rettori
(Conférence des président d’université), in un magistrato della Corte dei conti, in un avvocato designato dal Consiglio
nazionale degli avvocati, “de telles adjonctions étant naturellement mieux acceptées de l'intérieur si elles sont
accompagnées de mesures de réciprocité”.
14
poi, dove sono riprese le suggestioni della commissione d’inchiesta, che sono avanzate le proposte
più innovative. Rispetto ad essi, la redazione finale del testo di riforma approvato nel luglio scorso
appare anzi assai più moderato59.
L’apertura dell’organo alle professioni giuridiche risponde a una concezione non dicotomica
dello stesso: l’organo non si configura più come luogo di confronto diretto tra magistratura e
politica, ma include esperti di diversa provenienza rappresentanti di istituzioni “non politiche”.
Questo tipo di apertura risponde all’evoluzione dei consigli della magistratura cui sopra si è
accennato da meri organi di gestione amministrativa (e disciplinare) del corpo giudiziario – in tal
senso di alta amministrazione – a organi di regolazione e di garanzia del sistema giudiziario. Da
parte sua, la diversificazione delle autorità di designazione risponde invece a esigenze di
rappresentanza pluralistica in seno all’organo e di autonomizzazione dello stesso rispetto
all’Esecutivo e più in generale da un sistema politico maggioritario. Ma ancor più rilevante è il fatto
che la diversificazione delle autorità vada nel senso di una formula rappresentativa complessa la
quale “pur conservando nella formazione dell’organo taluni aspetti dei sistemi di rappresentanza per
ordini, non orgnizza l’attività e il funzionamento del collegio secondo un criterio di separatezza fra
le varie componenti”60. È, questo del collegamento tra formula rappresentativa e funzionamento
dell’organo, un aspetto che necessiterebbe di ulteriore approfondimento.
6. Conclusioni
In queste pagine ho cercato di sintetizzare per quanto possibile le numerose questioni salienti
che riguardano la riforma del Conseil supérieur de la magistrature, che toccano in larghissima parte
anche il nostro CSM. Ho dunque evidenziato i punti critici del sistema francese – in particolare il
permanere di un forte ruolo presidenziale in materia giudiziaria da una parte e i poteri ancora
limitati dell’organo nell’esercizio tanto delle funzioni tradizionali di amministrazione della
giurisdizione quanto di quelle che in Italia sono indicate, non del tutto a ragione, come accessorie o
atipiche.
Ho al contempo sottolineato i tratti innovativi del dibattito francese dell’ultimo quindicennio
sfociato, pur ambiguamente, nella revisione del luglio scorso: la costituzionalizzazione di una
competenza in quegli ambiti funzionali meno tradizionali (competenza sviluppatasi nella prassi
come conseguenza della riforma del 1993) e le modifiche di vario tipo, ma da considerare
unitariamente, in tema composizione, nel senso di un’apertura dell’organo e della realizzazione di
una formula rappresentativa complessa al suo interno. È significativo che proprio questo aspetto del
dibattito sia oggi considerato con una certa attenzione in Italia, dove diverse proposte si muovono
nel senso di un riequilibrio della componente togata e della componente “politica” corretto
dall’introduzione di una componente laica maggiormente neutrale61.
59
Non v’è menzione del rappresentante universitario, mentre non si specifica che l’autorità di designazione
dell’avvocato.
60
P. Ridola, La formazione dell’ordine del giorno cit., p. 69 s.
61
In merito a questo aspetto, in Italia un primo filone di proposte consiste nella modifica degli equilibri interni, sulla
base delle suggestioni francesi. Attualmente, l’idea di una diversificazione delle autorità di designazione (o, sotto un
diverso punto di vista, della legittimazione dei componenti) è presente nella proposta Violante, che si rifà al modello
della Corte costituzionale. Una variante dell’introduzione del Presidente della Repubblica nel processo di designazione
di parte dei membri del CSM – anch’essa tributaria dell’influenza del modello francese del ’58 e definita da chi la
critica come «CSM dei podestà» (N. Rossi, Il punto (provvisorio) sui progetti di riforma del Consiglio superiore della
magistratura, in “Questione giustizia”, 2002, 1, p. 42) – propone in particolare che il Presidente della Repubblica
nomini i membri togati tra magistrati anziani ed eminenti. Altre proposte ipotizzano invece un riequilibrio simmetrico
tra componente togata e componente laica, con l’attribuzione al Presidente della Repubblica di eleggere il vicepresidente del collegio secondo proposte avanzate recentemente in Francia dal Comitato Vedel (V. Lippolis, Il rapporto
tra politica e magistratura cit., p. 6. Per un riequilibrio, anche M. Brutti, Sistema di governo, poteri neutri, funzioni
giurisdizionali, in “Questione giustizia”, 2004, 4, p. 285).
L’altro versante strategico riguarda le “qualità” dei membri laici, attualmente riconducibili alla maggioranza qualificata
richiesta per la loro designazione e la previsione di particolari requisiti professionali, dei quali tuttavia l’esperienza ha
evidenziato l’insufficienza. In questa direzione è stata proposto l’innalzamento del quorum per l’elezione dei consiglieri
15
L’impressione generale che si trae dalla revisione del luglio scorso è dunque quella di
un’ambiguità di fondo, quasi che il legislatore abbia toccato i nodi problematici del più importante
canale di mediazione tra politica e giustizia, senza tuttavia giungere alle necessarie conclusioni.
Così, si rende il Conseil organicamente autonomo dal Presidente della Repubblica, ma questo
rimane la chiave di volta del sistema; si riconosce la natura funzionalmente complessa del Conseil,
ma la si limita al contempo; si va nel senso di una diversificazione delle componenti e dunque di un
maggior pluralismo internamento al Conseil, ma si nega questo pluralismo alla rappresentanza
togata con l’esclusione di ogni riforma del sistema elettorale e si guarda piuttosto a forme di
rappresentanza gerarchica.
Questa ambiguità contraddistingue in generale tutto il dibattito degli ultimi quindici anni, ma la
recente riforma costituzionale sembra estremizzarla. Se non può parlarsi più di un’impossibile
definizione del Conseil supérieur de la magistrature come si faceva riguardo alla sua originaria
versione gollista62 – anche perché il dibattito francese sull’organo è oramai ben più approfondito di
quanto non lo fosse trentacinque anni fa – si può tuttavia parlare di una sua ancora difficile
definizione.
Per concludere, sia dunque consentito rifarsi alle parole utilizzate da Antoine Garapon in
commento alla riforma fallita del 1998, giudizio che può essere esteso a tutto il dibattito degli ultimi
quindici anni e alla riforma del luglio scorso: “J'ai trouvé le projet du garde des sceaux très novateur
par certains côtés, tout en ayant le sentiment qu'il s'arrête en quelque sorte au milieu du gué. De ce
fait, il s'attire des reproches en provenance des deux rives, les uns estimant que l'on s'est trop
éloigné vers l'indépendance de la justice, les autres qu'on ne s'en est pas assez rapproché"63.
laici dai tre quinti ai due terzi dei componenti, alla stregua di quanto previsto per la Corte costituzionale (F. Lanchester,
Modelli comparatistici e proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, in Scritti in onore di S. Galeotti, II, Milano,
Giuffrè, 1998, pp. 835-852). Nel senso di una maggiore distanza tra Consiglio e politica guarda invece chi propone
l’introduzione di requisiti più rigidi per i candidati: ad esempio, si propone che essi non abbiano ricoperto in precedenza
cariche politiche come «parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci di grandi città, dirigenti di
partito» o, in una versione più morbida, che queste cariche non siano state ricoperte per un certo numero di anni prima
della elezione o della nomina al CSM o che esse non possano essere ricoperte per un certo periodo di tempo dopo la
scadenza del mandato (V. Lippolis, Il rapporto tra politica e magistratura cit., p. 5. ). Come si è visto, in tale ambito in
Francia si è invece scelto con la recente riforma di prevedere una procedura particolare ex articolo 13 della Costituzione
per la nomina dei membri di designazione presidenziale e di quelli designati dai presidenti delle assemblee legislative.
Secondo tale procedura, non si può procedere alla nomina dei membri qualora il parere contrario della commissione
competente (nel caso dei membri designati dai presidenti delle assemblee) o quello della commissione di ciascuna
assemblea raccolga i tre quinti dei voti espressi.
Non ritengo ad ogni modo sufficiente la semplice e generica richiesta di requisiti di ordine professionale, posta ad
esempio, per gli avvocati, l’estrema prossimità al potere politico (soprattutto per l’area di centro-destra) e la mancanza
di dati obbiettivi per individuare personalità di “chiara fama” (come alcuni propongono di indicare). In tal senso sembra
interessante la prospettiva delineata dall’esperienza francese – se non nella realizzazione, certamente nelle proposte
concretamente avanzate – di prevedere tra le autorità di designazione altri organi del potere giudiziario in senso ampio
(Corte dei conti o Consiglio di Stato) o dell’universo giudiziario in generale come l’avvocatura, nonché più in generale
dell’apertura dell’organo alla società civile (che nel caso francese è realizzato ora come visto attraverso la possibilità di
un ricorso individuale). Si tratta, evidentemente, solo di suggestioni, che vanno opportunamente ponderate nella loro
realizzazione pratica.
62
C. Brechon-Moulenes, L’impossible définition du Conseil supérieur de la magistrature?, in Revue du droit public,
1973, 3, pp. 599-655.
63
Rapporto Floch, Audizione.