Cancro della prostata - Il mio comportamento

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Cancro della prostata - Il mio comportamento
Cancro della prostata - Il mio comportamento
[© Maurizio Pianezza 2008 - Tutti i diritti riservati]
Cancro della prostata
Il mio comportamento
Diagnosi del cancro della prostata
- dosaggio del PSA totale, PSA libero e rapporto
- esame obiettivo con esplorazione rettale
- ecografia trans-rettale
- risonanza magnetica con bobina endo-rettale per migliore definizione della/e lesioni
eventuali –
- migliore definizione della integrità della capsula prostatica – possibilità di effettuare la
spettrografia colina/citrato che individua le aree del parenchima sospette potendo consentire
anche una
biopsia mirata
- ecografia trans-rettale con biopsia random e mirata
- Tc-PET con colina con valore di PSA totale al di sopra di 20 ng/dl
- scintigrafia octreoscan per ricerca recettori della somatostatina o Gallio 68/DOTATOC
- esame istologico dei vari prelievi bioptici per via trans-rettale eco-guidata con
determinazione del Gleason
- esame istologico della prostata rimossa chirurgicamente con definizione della presenza di
infiltrazione cancerosa della capsula prostatica e di altre strutture come le vescichette seminali
ed i linfonodi pelvici con definizione del grado - gli istotipi sono un dato morfologico che deve
essere supportato da un adeguato studio immunoistochimico del tessuto che individui i recettori
in causa nella proliferazione del
tessuto canceroso, oltre quelli per gli androgeni e
testosterone ben rappresentati nell'istotipo più frequente,
(Cga-EGFR-CD117-VEGFR-PDGFR-bFGFR-altri)
Terapia di radicalizzazione chirurgica e/o radioterapica per il
cancro alla prostata
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Intervento chirurgico in base al dato della risonanza magnetica endo-rettale sulla integrità della
capsula prostatica (molto più affidabile della ecografia trans-rettale) – dato di aggressività del
cancro valutato con il Gleason che deve essere sopra 7 (3+4) (la decisione comunque di agire
chirurgicamente o meno con un Gleason inferiore a 7, sempre fatta salva l'integrità della
capsula prostatica, va concordata con il paziente che, adeguatamente informato, può decidere
per la terapia chirurgica, vista come soluzione definitiva del problema, accettando il rischio di
invalidità conseguenti come impotenza ed incontinenza meno frequenti se l'intervento viene
effettuato da mani esperte. Tutto questo associato alla negatività degli esami per lesioni a
distanza brachiterapia in alternativa alla chirurgia basandosi sul dato della risonanza magnetica
endo-rettale (molto più affidabile della ecografia trans-rettale).
Terapia medica praticata nella malattia extra-prostatica
- ormonoterapia con BAT intermittente
- ormonoterapia con BAT intermittente associata a derivati octapeptidici
- ormonoterapia con BAT intermittente associata a farmaci a bersaglio molecolare su
- recettori TK/RAR-XRX-VDR e farmaci ad impatto sui meccanismi epigenetici come
metilazione/deacetilazione/ribosilazione-PARP inibizione.
Cos'è il cancro della prostata
E' al primo posto tra i vari tipi di cancro nell'uomo, circa 100.000 nuovi casi ogni anno in Italia.
E' raccomandato il dosaggio del PSA totale, PSA libero e rapporto raggiunto il cinquantesimo
anno di età. Dal punto di vista biologico ha un andamento spesso indolente manifestandosi
clinicamente solo in un caso su tre diagnosticati. Questo ha fatto si che molti ricercatori
ritengano che l'uomo muoia con il cancro della prostata e non per il
carcinoma della prostata
.
Per questa caratteristica attualmente la tendenza è quella di porre il paziente affetto da cancro
della rostata in una condizione di "sorveglianza attiva" o "vigile attesa" praticando controlli
periodici del PSA, decidendo una strategia terapeutica solo laddove gli indicatori pongano il
fondato dubbio di una evoluzione clinica della malattia. La terapia chirurgica viene ancora
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considerata la scelta terapeutica da privilegiare anche se spesso viene effettuata al di fuori della
indicazione di radicalità determinata dalla integrità della capsula prostatica. E' mia convinzione
che anche l'indice di aggressività (Gleason) debba essere tenuto nel dovuto conto
rappresentando un parametro di avvio del paziente alla terapia chirurgica quando, in una scala
da due a dieci, questo sia superiore a sette. Per poter essere aderenti a questa impostazione
terapeutica vanno rivalutate anche le modalità diagnostiche che a mio parere attualmente non
utilizzano le tecnologie a disposizione.
Le ragioni di un algoritmo diagnostico diverso per il cancro della prostata
Questo algoritmo nasce dalla convinzione che solo in casi particolari il cancro della prostata
tragga un reale beneficio dalla terapia chirurgica. La scelta chirurgica si basa sul parametro che
vede la lesione interna alla capsula prostatica senza però tenere presente il Gleason cioè
l'indice di aggressività che se basso può significare che il tumore non andrà verso una
evoluzione clinica di malattia. Alcuni ricercatori affermano che
si muore con il cancro della prostata e non per il cancro della prostata
. Questo comunque non deve limitare la scelta del paziente che vede nell'intervento chirurgico
la soluzione radicale del problema accettando gli eventi avversi come incontinenza urinaria ed
impotenza, eventi peraltro più infrequenti grazie alla tecnica chirurgica applicata da mani
esperte. Al di là di queste considerazioni la diagnostica usuale è a mio parere non adeguata alla
necessità di una valutazione pre-operatoria che elimini il rischio di sottoporre il paziente ad un
intervento chirurgico di debulkin e non radicale, condizione che non solo non previene le
ricadute ma che può addirittura favorirle. Ecco quindi la necessità di un algoritmo diagnostico
più aderente a queste necessità secondo il mio perfettibile punto di vista.
Finalità dello studio diagnostico
Il cancro della prostata, che rappresenta il tumore più frequente nell’uomo, ha portato a
sviluppare nel tempo tutta una serie di linee guida finalizzate alla diagnosi precoce. Alla luce
delle nuove tecnologie disponibili, ritengo che una rivisitazione dei percorsi diagnostici possa
rappresentare un modo per giungere ad una più precisa stadiazione e quindi ad una più corretta
decisione terapeutica. Ritengo inoltre che attualmente una sotto o sovra stima della stadiazione
della malattia porti ad attuare o meno terapie che, come noto, producono importanti invalidità
generatrici a loro volta di morbilità correlate. Il poter fare quindi una diagnosi più precisa
potrebbe restringere il campo delle terapie invalidanti aprendo un fronte più ampio alla
cosiddetta terapia osservazionale, suddivisa in sorveglianza attiva e vigile attesa ed evitare
debulking chirurgici laddove il TNM risultasse fuori dalle indicazioni per tale tecnica terapeutica.
Si risponderebbe così in maniera positiva all’aforisma “...se sia possibile il trattamento quando
necessario e se sia necessario il trattamento quando possibile...”.
Inoltre standardizzando questo metodo si potrebbe ridurre il divario attualmente esistente nei
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paesi della Comunità Europea in termini sia di standard diagnostici che terapeutici e quindi di
sopravvivenza.
Economy Health
Questa proposta di studio tiene particolarmente presente il rapporto costo-beneficio. Infatti una
diagnostica più sofisticata rappresenta certamente un maggior onere da parte delle strutture
sanitarie eroganti. È altrettanto vero però che una riduzione dell’incidenza di terapie invasive
abbatterebbe notevolmente i costi per queste ultime. A questo si aggiungerebbe la detrazione di
costi inerenti l’incidenza delle separazioni matrimoniali pari ad un 27% nelle famiglie dei pazienti
sottoposti a terapie invalidanti ed ai costi sostenuti per supporti psicologici e farmacologici nella
misura del 35% del totale.
Bisogna tenere inoltre presente l’impatto occupazionale, in termini di assenza dal lavoro,
previdenziale che scaturiscono dall’invalidità. Nello stesso tempo una valutazione dei costi
farmacologici sostitutivi al trattamento chirurgico risulterebbe a beneficio dei primi.
Incidenza e mortalità per il cancro della prostata
Quello della prostata è il cancro più frequente tra gli uomini nell’Europa del nord ed
occidentale. L’incidenza annuale si attesta tra i 55 ed i 19 nuovi casi per 100.000 abitanti
registrata tra i Paesi dell’Europa occidentale ed orientale rispettivamente.
In molti Paesi europei l’incidenza è aumentata rispetto ad ogni altra tipologia di cancro nelle 2
decadi passate. In Europa è incrementata di circa il 10% ogni 5 anni, tranne in Francia ed in
Svezia ove questi valori sono maggiori. La mortalità non è aumentata con questa velocità. In
Europa le morti sono circa 80.000/anno. Molte delle variazioni dell’incidenza di cancro della
prostata
per
aree geografiche rispecchiano le differenze nello screening del PSA, in ragione della pressione
diagnostica che ha fatto sì di rivelare cancri clinicamente misconosciuti. Circa l’81% dei pazienti
con cancro della prostata hanno superato il sessantacinquesimo anno di età. Il
cancro della prostata
è infatti raro al di sotto dei 45 anni (0.4 per 100.000/anno), nel gruppo di età tra i 45 ed i 54 anni
l’incidenza sale a 6 per 100.000/anno, aumenta sensibilmente nel gruppo tra 55 e 64 anni con
una incidenza di 60 per 100.000/anno e giunge ad un valore di 270 per 100.000/anno nel
gruppo oltre i 65 anni di età.
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Incidenza del cancro della prostata per fascia di età
< 45 anni 0.4 x 100.000
45-54 anni 6 x 100.000
55 – 64 anni 60 x 100.000
> 65 anni 270 x 100.000 (81%)
L’istotipo più frequente per il cancro della prostata è l’adenocarcinoma. Il cancro
epidermoide ed il sarcoma sono poco frequenti. Il tipo istologico di sarcoma è primariamente il
rabdomiosarcoma seguito dal leiomiosarcoma. I casi di cancro prostatico diagnosticati al di
sotto dei 30 anni di età sono invariabilmente sarcomi.
Sopravvivenza al cancro della prostata
Nell’Europa dei primi anni 90 la sopravvivenza relativa a 5 anni dopo una diagnosi di cancro
prostatico era del 67%. La sopravvivenza è aumentata lentamente dal 59% del gruppo di età
più giovane (minore di 55 anni) al 70% nel gruppo di età più avanzata (tra i 65 ed i 74 anni), per
poi cadere al 52% per il gruppo maggiore di 85 anni.
L’aumento della sopravvivenza nel tempo è stato osservato in molti Paesi, fermo restando il
fatto che esistono delle grandi differenze tra Nazioni. In effetti in Polonia, Malta, Portogallo e
Danimarca la sopravvivenza a 5 anni è mediamente meno del 45% mentre in Austria,
Germania, Francia ed Irlanda tale sopravvivenza si innalza a più del 75%. La disomogeneità di
tali dati, a livello continentale, è sostenuta dalle differenti modalità di penetrazione delle pratiche
della resezione trans-uretrale e di dosaggio del PSA che ha come risultato l’aumento di
diagnosi precoci di cancro prostatico ad ottima prognosi. Se vengono prese in considerazione le
due macro aree del mondo occidentale, e cioè USA ed Europa, si può facilmente constatare
come le sopravvivenze relative aumentino negli Stati Uniti fino ad un valore del 30% in più nelle
stratificazioni. Questo grazie ad un più omogeneo metodo d’inclusione nelle diagnosi di lesioni
piccole, silenti, riscontrate durante l’applicazione di progetti di screening su vasta scala. La
sopravvivenza americana può annoverare valori del 80% per il cancro prostatico confinato
all’interno della ghiandola mentre per quelli che hanno dato già origine a metastasi ossee la
sopravvivenza a 5 anni crolla a valori del 25%.
Prevalenza del cancro della prostata rispetto ad altri tumori
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Il cancro della prostata ha assunto la prevalenza del 12% rispetto a tutti gli altri tumori, incluso
quello del polmone che si attesta al secondo posto. La prevalenza attuale di uomini con
cancro prostatico
è stata di 244 su 100.000 nel 2002. La prevalenza a 5 anni, che misura il numero di persone
viventi con cancro prostatico a 5 anni o meno dalla diagnosi, era di 153 su 100.000. Queste
ultime cifre dimostrano come vi sia un forte bisogno di follow-up clinico e trattamento delle
recidive. La prevalenza non risulta essere omogenea in Europa, presentando differenze tra un
Paese ed un altro, passando per esempio da un 44 della Polonia ad un 575 su 100.000 per la
Svezia.
Etiologia e fattori di rischio del cancro alla prostata
Le cause del cancro prostatico sono ignote, seppure siano state considerate come causa
fattori ormonali e vi sia un’influenza indiretta da parte della dieta. La proporzione dei casi
attribuibili alle radiazioni ionizzanti, all’esposizione professionale al cadmio o alla vasectomia
sembra essere troppo bassa per potersi dire causale. Un dato importante emerge da
considerazioni geografiche. Mentre il cancro della prostata è poco comune nella popolazione
giapponese in Giappone, i giapponesi emigrati alle Hawaii hanno incidenze intermedie tra
quelle dell’Impero del Sol Levante e quelle dei bianchi abitanti delle Hawaii.
Questo ed altri studi suggeriscono come il rischio delle popolazioni migranti tenda a diventare
quello dei Paesi che li accolgono, attribuendo anche per questo tipo di cancro un ruolo
all’ambiente.
Termini di confronto tra percorso diagnostico attuale e quello proposto
L’acquisizione di tutte le informazioni cliniche e strumentali relative alle caratteristiche del
cancro prostatico è condizione indispensabile per l’impostazione di un corretto schema di
terapia. È necessario quindi identificare un rigoroso percorso diagnostico con una chiara
definizione dei diversi momenti operativi. Attualmente il riscontro occasionale di un valore di
antigene prostatico specifico alterato, in pazienti non sintomatici sottoposti ad un’indagine di
screening, è la condizione che più frequentemente determina l’attivazione delle procedure
finalizzate alla diagnosi di cancro prostatico. Il riscontro di un valore incrementato di PSA
congiuntamente ad un’alterazione di profilo, superficie e consistenza della ghiandola prostatica,
repertati attraverso l’esplorazione rettale, costituiscono attualmente l’indicazione all’esecuzione
di una ecografia transrettale con biopsia. Il dosaggio del PSA viene eseguito su un campione di
sangue periferico. È opportuno che nel referto siano indicati anche i valori di PSA libero e la
ratio, per quanto quest’ultima non sia attualmente inclusa tra gli indici prognostici principali.
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Dovrebbe essere incluso in questa diagnostica la valutazione dell’EPCA2, di cui solo in tempi
recenti si è iniziato il monitoraggio, marcatore più sensibile del PSA. Sono in corso di
validazione la determinazione dell’RNA sel e dell’Elac2 come indici predittivi. L’esecuzione di
qualsiasi indagine strumentale per via transrettale deve seguire, o precedere, di almeno due
settimane il dosaggio del PSA. La biopsia prostatica viene abitualmente eseguita ogni qualvolta
sussista il sospetto di cancro prostatico. È condotta sempre sotto guida ecografica per via
transrettale (preferibilmente) o per via trans-perineale (in pazienti selezionati). La biopsia
ecoguidata si esegue con sonda endorettale (radiale o multiplanare) con ago da 18-16 gauge. È
praticata con anestesia locale dell’angolo vesciculo-prostatico bilateralmente. Al primo
accertamento bioptico sono candidati tutti i pazienti con almeno una delle seguenti condizioni:
valore patologico del PSA, esplorazione rettale sospetta in senso neoplastico, ecografia
prostatica transrettale sospetta in senso neoplastico. Lo schema di esecuzione prevede una
mappatura con otto prelievi periferici (apice, zona intermedia mediale, zona intermedia laterale,
e base per ciascun lobo, oltre a prelievi mirati sulle eventuali lesioni focali clinicamente
sospette). In caso di esito negativo della prima agobiopsia viene eseguito un ulteriore
accertamento nei pazienti con PSA persistentemente elevato e/o comparsa di aree
clinicamente sospette. Un ulteriore accertamento viene praticato qualora una precedente
biopsia abbia documentato la presenza di una PIN (neoplasia prostatica intraepiteliale) di alto
grado o di ASAP (atipie ghiandolari isolate), rilievi predittivi di presenza o di evoluzione in
malattia invasiva. L’agoaspirato con ago sottile non è attualmente più indicato poiché non
garantisce un livello accurato di diagnosi istologica. Attraverso la biopsia prostatica si repertano
campioni di tessuto sui quali viene eseguita la gradazione secondo il sistema di Gleason. Il
sistema di Gleason rappresenta il riferimento internazionale per la valutazione del grado
istologico. L’attribuzione del grado si basa sull’analisi delle caratteristiche architetturali (pattern)
del tessuto neoplastico. Il punteggio (score) è definito dalla combinazione del pattern primario,
che è quello predominante, e di quello secondario. Il suo range è potenzialmente compreso tra
2 (1+1) e 10 (5+5). Il grado di Gleason viene riportato per ogni singolo campione bioptico e la
biopsia con il più alto grado viene considerata rappresentativa del Gleason del paziente. Con un
punteggio di Gleason inferiore o uguale a 4 si ricorre alla valutazione del PSA. Qualora il
dosaggio sia inferiore a 20 ng/ml non si procede oltre nella diagnostica e si dà luogo al
trattamento. Il trattamento è diversificato sulla base di classe di rischio, aspettativa di vita
stimabile (superiore od inferiore a 10 anni) e profilo psicologico del paziente. Qualora il
dosaggio sia superiore a 20 ng/ml è previsto un approfondimento diagnostico con Tc e
scintigrafia ossea dal risultato delle quali si procede al trattamento.
Con un punteggio di Gleason maggiore di 4 si ricorre alla valutazione del PSA che se è inferiore
a 10 ng/ml non comporta ulteriore diagnostica e si dà luogo al trattamento per le cui
diversificazioni valgono i parametri sopra esposti.
Qualora il dosaggio sia superiore a 10 ng/ml è previsto un approfondimento diagnostico con Tc
e scintigrafia ossea sui risultati delle quali si procede al trattamento.
Seguendo questo protocollo diagnostico si evince chiaramente come il primo step diagnostico
significativo sia rappresentato dalla biopsia prostatica, indagine invero cruenta ed invasiva ed
eseguita su larga scala indipendentemente dalla stadiazione del cancro prostatico.
Sulla base delle più nuove tecniche diagnostiche si propone un nuovo algoritmo pianificato
come segue. Il riscontro di valori di PSA superiori a 5 ng/ml costituisce indicazione alla
valutazione del rapporto PSA totale/PSA free. La valutazione di questo rapporto presenta un
cut-off significativo a 20.
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Per valori inferiori a 20 si propone l’esecuzione di risonanza magnetica con bobina endorettale
e spettrografia colina/citrato.
Per valori superiori a 20 ng/ml si propongono due ulteriori valutazioni: ecografia transrettale con
PSA density (parametro che pone in relazione i livelli di PSA con il volume prostatico) e PSA
velocity (indice di incremento nel tempo dei valori del PSA). Un PSA density stabile nel tempo
ed un lento incremento del PSA velocity indicano la possibilità di limitare la diagnostica ad un
regime osservazionale con controlli del PSA ripetuti nel tempo. Per contro con una positività del
PSA velocity si propone l’esecuzione di risonanza magnetica con bobina endorettale e
spettrografia colina/citrato.
La risonanza magnetica con bobina endorettale e spettrografia colina/citrato è un’indagine che
consente di espletare uno studio dimensionale, morfologico e biocinetico della prostata,
consente cioè di osservare il volume della prostata, porlo in relazione con la sua struttura e
quindi identificare sovvertimenti architetturali della ghiandola indice di proliferazione
neoplastica, ed infine attraverso la spettrografia colina/citrato identificare le aree di ghiandola ad
elevata attività metabolica e quindi sospette per la presenza di stipiti cellulari ad elevata attività
metabolica patognomonici per aree di carcinoma. Attraverso questa metodica i tre parametri
posti in esame possono essere:
tre negativi: si propone il controllo del PSA ogni tre mesi (tornando all’inizio della flow chart)
uno positivo: si propone un nuovo controllo del PSA e ripetizione della risonanza magnetica
con bobina endorettale e spettrografia colina/citrato a distanza di sei mesi
due o tre positivi: si propone una ecografia transrettale con biopsia prostatica guidata
dalla spettrografia colina/citrato in caso di positività di quest’ultima.
In caso di biopsia prostatica negativa si propone osservazione per mezzo di una ripetizione del
dosaggio del PSA a tre mesi. In caso di biopsia prostatica positiva, a seguito di questo
protocollo diagnostico, ci troviamo già in possesso di una valutazione del T (molto più accurata
e sensibile per lo sviluppo di malattia extracapsulare rispetto all’ecografia transrettale) e di una
valutazione del Gleason, ma soprattutto la valutazione del T non è più in funzione della sola
biopsia. Si propone a completamento della stadiazione l’esecuzione di una PET total body con
colina allo scopo di eseguire uno studio accurato anche su N ed eventuali M.
Conclusioni
Lo scopo di questo diagramma di flusso diagnostico, gravato da costi d’impatto iniziale
apparentemente più alti, a causa dell’utilizzo su larga scala della risonanza magnetica con
bobina endorettale e spettrografia colina/citrato, è quello di ridurre drasticamente la quantità di
biopsie prostatiche con l’intento di migliorare la compliance dei pazienti per una diagnostica
precoce, diminuire la morbilità derivante da biopsie prostatiche indebite, diminuire i costi di
utilizzo delle strutture di anatomia patologica. In secondo luogo l’utilizzo di una diagnostica per
immagini funzionale in prima istanza consente di ottenere una maggiore sensibilità e specificità
nell’identificazione di malattia extracapsulare, ha cioè lo scopo di aumentare l’identificazione
preoperatoria dei T3 e dei T1 con Gleason inferiore a 7. Queste sono le due categorie di
pazienti che andrebbero escluse dall’approccio chirurgico ed avviate ad un protocollo
osservazionale ovvero ad un trattamento farmacologico, diminuendo così il numero di soggetti
gravati dalla morbilità postoperatoria che si estrinseca in impotenza ed incontinenza
traducendosi in invalidità fisica e psichica con elevati costi sociali.
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Cancro della prostata classico
A seguito di questa proposta di algoritmo diagnostico la terapia chirurgica per il cancro della
prostata ne esce ridimensionata. L’orientamento degli specialisti è quello di ritenere il cancro
della prostata una malattia ad andamento clinico indolente quindi, ma non sempre, gli esiti
chirurgici (incontinenza/impotenza) vengono sofferti per un atto medico che avrebbe potuto
essere evitato.
Il parametro che determina la scelta chirurgica dovrebbe essere il Gleason che se superiore a
4+3 può giustificare un approccio non privo di potenziali eventi avversi.
Questa scelta deve comunque avere come presupposto l’integrità della capsula prostatica
valutata con RMN con bobina endorettale e non con ecografia transrettale, essendo
quest’ultimo un esame a bassa sensibilità.
Il protocollo Picuro 1 si riconosce nella terapia chirurgica attuata con le limitazioni suddette.
Ciò nonostante dopo la chirurgia, considerata risolutiva, essendo la stessa applicata su
patologia a biologia aggressiva ritengo sia necessario ed utile un approccio terapeutico che
agisca sulla cellula staminale cancerosa CD133+. Questo può essere fatto con molecole ad
attività demetilante e/o agenti sulle strutture recettoriali nucleari e sulle proteine nucleari.
Il protocollo Picuro 1 si riconosce nell’approccio farmacologico al cancro della prostata nelle
condizioni previste dall’algoritmo.
Escludendo la terapia chirurgica e superata l’attenta osservazione si pone in atto una terapia in
due tempi, il primo agente sulla quota differenziata sensibile al blocco androgenico, il secondo
agente sulla quota delle cellule staminali cancerose e T.A.C.
Se la malattia ha invaso la capsula prostatica deve essere attuato il BAT (blocco androgenico
totale). Spesso però dopo 12/18 mesi si esaurisce l’effetto terapeutico per cui per ovviare a
questo limite si è ricorsi alla terapia intermittente, cioè con periodi di interruzione terapeutica.
Questo non ha escluso comunque la possibilità di una ormonoresistenza.
Per quale ragione si verifica questo evento?
Si verifica questo evento in quanto all’interno del tessuto canceroso si sono identificate cellule
cancerose a comportamento staminale prive dei recettori sensibili agli androgeni e di
conseguenza alla loro inibizione. Ritengo quindi si debba abbinare al blocco androgenico totale
farmaci che intercettino queste tipologie cellulari come molecole ad effetto demetilante,
prodifferenziante o agenti su domini recettoriali staminali (gefitinib.)
Cancro della prostata ormonoresistente con componente o con differenziazione
neuroendocrina
La caratteristica neuroendocrina posseduta dal tessuto o acquisita dopo blocco androgenico
totale può essere identificata sul tessuto per il tramite della tecnica immunistochimica o con
esami clinico-strumentali come l’octreoscan o il gallio 68-DOTATOC. La positività di questi
esami impone una terapia con inibitori specifici come l’octreotide ed il lanreotide abbinato
comunque al BAT anche se si è rivelato clinicamente inefficace in quanto è mia convinzione
che la recettorialità di membrana espressa si modifichi in funzione del blocco recettoriale
esercitato potendosi alternare utilmente per la sopravvivenza della cellula cancerosa. Sempre
deve essere applicato un algoritmo che intercetti la cellula staminale cancerosa e le cellule
T.A.C. con i farmaci già visti.
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Cancro della prostata - Il mio comportamento
Cancro della prostata ormonoresistente in assenza di componente o differenziazione
neuroendocrina
Il verificarsi di questa condizione porta di regola alla proposta di chemioterapia prevalentemente
con taxani con finalità palliative. Ritengo che il verificarsi di questa condizione imponga uno
studio immunoistochimico del tessuto finalizzato alla individuazione di recettori su cui poter
utilmente agire con molecole farmacologiche. Questa caratterizzazione molecolare, anche con i
limiti noti, consente un approccio terapeutico mirato che deve comunque essere sempre
associato in algoritmo con farmaci che agiscono sulla cellula staminale CD133+. 10 / 10