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B @bel
Ai margini del giorno
Barbara Barone
C.G. Jung e la Filosofia Orientale
Abstract:
The current work in an immersion on psychological Jung’s themes. In particular
way, it talks abaut correspondences and analogies with the philosophical eastern universe. The author had a lively interest about esoteric elements on human constitution
and the East symbolized a living source from whom catching incentives and reasons
for his meditation. Jung’s survey talks about the study, research and comparison of
spiritual principles, starting by Indian philosophical survey. Jung, in fact, had been
approached the study of Brahmanism, of Raja Yoga, of Vedanta, of Kundalini Yoga
and Tibetan Buddhism. This excerpt offers a comparison between Jung’s philosophical
reflection and the Vedanta philosophical universe.
Key-words: Philosophy; East; Jung; Psycology; Esotericism
La Coscienza ed il Sé nella prospettiva junghiana e vedantica
Editoriale
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Ai margini del giorno
Libri ed eventi
La prospettiva mistica e metafisica della Coscienza
è ampiamente affrontata da Jung nei suoi vari scritti che
trattano le dinamiche psichiche dell’individuo. Egli postula
l’esistenza di un Sé che è fonte e matrice della vita dell’io; esso
è un tutto che non presenta confini poiché integra in maniera
unitaria conscio ed inconscio. Jung ha scelto il termine Sé in
concordanza con l’atman delle filosofie orientali:
«Quando parliamo dell’uomo, intendiamo il suo
tutto indefinibile, un’inesprimibile totalità che
può venire formulata soltanto simbolicamente.
Ho scelto il termine “Sé” per designare la totalità
dell’uomo, la somma dei suoi elementi consci ed
inconsci. Ho scelto questo termine in concordanza
con la filosofia orientale, la quale da secoli si
Ai margini del giorno
è occupata di quei problemi che restano anche quando gli dèi
cessano di essere immaginati come uomini» 1.
Questa entità essenziale è diversa dall’io e può essere identificata
con la natura ignea dello spirito che alberga nell’inconscio:
«Questo Sé evidentemente non fu mai pensato come entità
senz’altro identica all’Io, e perciò venne descritto dapprima
come una “natura celata” nella materia inanimata, come spirito,
demone o come scintilla ignea. Per mezzo dell’operazione
filosofica, pensata per la maggior parte come mentale, quest’entità
veniva liberata da tenebra e prigione, e celebrava infine una
resurrezione… […] Da ciò risulta che in queste rappresentazioni
non si può trattare di una entità identificabile con l’Io empirico,
ma piuttosto di una “natura divina” diversa da questa,
psicologicamente parlando, dunque, d’un contenuto trascendente
la coscienza, proveniente dalla regione dell’inconscio» 2.
Il Sé quindi contiene l’interezza della vita umana, il lontano passato
ed il suo possibile futuro ed è capace di aprire all’uomo una coscienza
più vasta di quella degli angusti limiti dell’io:
«Ma una tale deduzione è lecita se concepiamo l’Io come
subordinato e contenuto in un Sé di grado superiore, centro
dell’intera personalità non definibile e non circoscritta. […] La
mia esperienza psicologica mi ha ripetutamente dimostrato che
certe manifestazioni provengono da una psiche più completa di
quella cosciente. Spesso esse hanno in sé un’analisi, una ricerca
introspettiva o una conoscenza superiore, che la coscienza non
sarebbe mai stata in grado si produrre contemporaneamente» 3.
Nel luogo profondo del Sé si realizza l’androginìa umana, la
coincidentia oppositorum, che restituisce all’individuo la sua originaria
integrità, riallacciandosi alle antiche posizioni ideali di Platone, così
come di tanto ermetismo medievale.
Jung quindi considera il Sé, non solo come totalità ma come ‘principio
guida’, come fattore normativo e regolatore delle istanze dell’io e dei
complessi che informano l’individuo: esso è capace di vivere secondo
1
C.G. Jung, Psicologia
2
Ibid., pp. 95-96.
3
e religione, Bollati Boringhieri, Torino 1979, p. 84.
Ibid., p. 45.
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‘finalità’, in maniera spiccatamente ‘teleologica’. E una di queste
finalità riguarda lʼaccesso al mondo trascendente, l’apertura ad un nuovo
‘livello di essere’, tale da costituire una sintesi, nel soggetto, di tipo
bio-psico-spirituale. In Archetipi dell’inconscio collettivo lo psicologo
assimila la natura del Sé alla forma del cerchio: attraverso il suo punto
centrale si irradia la presenza e la creatività spirituale, mentre attraverso
il quadrato abbraccia la totalità dei contenuti psichici. In Aion: ricerche
sul simbolismo del Sé Jung dirà:
«Dei due motivi, quaternità e cerchio, l’uno sottolinea
l’inclusione dell’Io nel più vasto ambito del Sé, l’altro accentua
la rotazione, che appare anche come circumambulazione
rituale. Psicologicamente la rotazione denota il concentrarsi
dell’attenzione e dell’interesse su un centro, concepito come
centro di un cerchio e formulato perciò come punto» 4.
Quindi questo nucleo essenziale spirituale agisce come un ‘archetipo
formativo’, trascendendo la dimensione solipsistica e autoreferenziale
della personalità. La natura transpersonale del Sé è affrontata in Psicologia
e religione e in Aion: ricerche sul simbolismo del Sé, ove Jung ne parla
nei termini di «scintilla ignea» e «recipiente della grazia divina», capace
di agire «numinosamente» sull’individuo che si apre ad essa, provocando
una rigenerazione psichica, una renovatio dell’intero essere umano. Jung
difatti afferma:
«Il Sé, infine, è del tutto sottratto alla portata personale: esso si
presenta, se pur lo fa, soltanto come mitologema religioso, e i
suoi simboli oscillano fra vertice e abisso. […] Unità e totalità si
trovano sul gradino più alto della scala dei valori oggettivi; perciò
il loro simboli non possono più essere distinti dalla “Imago Dei”»5.
Questa natura trascendente del Sé lo psicologo la scoprì a contatto
con il pensiero Upanisadico e Vedantico che rappresentano il punto
speculativo più alto del pensiero indiano circa la natura e lo stato
d’essere del Principio metafisico.
4
5
C.G. Jung, Aion Ricerche sul simbolismo del Sé, Boringhieri, Torino 1997, p. 213.
Ibid., pp. 30-31.
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A proposito è utile citare i versi della Bŗhadaranyaka upanisad:
«Il fuoco è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele
per il fuoco. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità,
che risiede nel fuoco, e quello spirito, secondo il punto di vista
individuale, che è fatto di parola e [a sua volta] è costituito di luce
e d’immortalità non sono altro che l’Atman. Esso è l’immortalità,
esso è il Brahman, esso è il tutto» 6.
E ancora:
«Colui che, pur trovandosi in tutte le creature è distinto, che da tutte
le creature non è conosciuto, che come corpo tutte le creature, che
tutte le creature regge dall’interno, questo è il tuo Atman, l’interno
reggitore, l’immortale. Esso è il Veggente non veduto, l’Uditore
non udito, il Pensatore non pensato, il Conoscitore non conosciuto.
Non c’è altro veggente al di fuori di lui, non altro uditore, non altro
pensatore, non altro conoscitore. Esso è il tuo Atman, l’interno
reggitore, l’immortale. Al di fuori di esso non c’è che dolore»7.
Inoltre queste darśana (Upanisadica e Vedantica) o visioni sulla Realtà
Ultima additano non solo una speculazione filosofica ma una via realizzativa
trascendente, che trasforma la coscienza del ricercatore secondo un
processo di identificazione superiore capace di superare l’aspetto dualistico
dell’esistenza, in favore di una vita unitaria e sintetica. Questo approccio
risulta essere proprio il fine della ricerca junghiana. Lo psicologo affermerà:
«Infine il Sé si rivela, attraverso le sue qualità empiriche, come
l’eidos di ogni suprema rappresentazione di totalità e di unità,
particolarmente inerenti a tutti i sistemi monoteistici e monistici»8.
Nel contesto vedantico del VII secolo, la posizione del Sé rappresenta
il Testimone o Soggetto ultimo della realtà, il Pensatore, il Conoscitore,
colui che sintetizza tutta l’esperienza umana riassorbendola nella
Visione divina: è ‘Coscienza assoluta’. Questo Atman in essenza non
è differente dal Brahman il principio assoluto e immanifesto da cui
6
Brdaranyaka upanisad, in Hinduismo antico, a cura di F. Sferra, Mondadori, Milano
2010, secondo adhyaya-quinto Brahmana, 3, p. 164.
7
Brdaranyaka upanisad, cit., terzo adhyaya-settimo Brahmana, 15 e 23, pp. 178-179.
8
Jung, Aion Ricerche sul simbolismo del Sé, cit., p. 34.
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deriva. L’assoluto Brahman universale è il fuoco della gnosi, è non
duale, suprema intelligenza e beatitudine, essenza autorisplendente
da cui deriva ogni aspetto fenomenico e sostanziale della realtà. La
natura del Brahman, così come quella dell’Atman individuale, è SatCit-Ananda ossia ‘Esistenza-Coscienza e Beatitudine assolute’. Essi
rappresentano la possibilità universale ed individuale della vita, la compresenza dell’Uno nei molti e dei molti nell’Uno. L’Assoluto è pura
‘coscienza’, autofondata e luminosa, che attraverso il potere creativo
di krya-sakti produce l’universo: è un principio sia trascendente che
immanente. L’Atman conferisce all’individualità la sua natura intuitiva
ed intelligente; ne è l’essenza, che spinge prima alla manifestazione e
poi al riassorbimento, permettendo all’essere umano di tornare nella
radice trascendente del tutto. Come afferma la Chandogya-upanisad:
«Costituita d’intelletto, con il soffio vitale per corpo, la luce per
aspetto, la verità per oggetto del pensiero, lo spazio etereo per
essenza, fonte d’ogni attività, d’ogni desiderio, d’ogni odore, d’ogni
sapore, comprendente tutto l’universo, muta indifferente, questa mia
anima dentro il cuore è più piccola d’un grano di riso o d’orzo o
di sesamo o di miglio o del nucleo d’un grano di miglio. Questa
mia anima dentro il cuore è più grande della terra, più grande dello
spazio atmosferico, più grande del cielo, più grande dei mondi.
Fonte di ogni attività, d’ogni desiderio, d’ogni odore, d’ogni sapore,
comprendente tutto l’universo, muta, indifferente, questa è la mia
anima dentro il cuore, questo è il Brahman. Non c’è più dubbio per
colui che pensa: “Uscito da questo mondo lo raggiungerò”»9.
Vedanta significa letteralmente ‘la conoscenza finale’ (vidya =
conoscenza). È una scuola di pensiero la cui essenza si trova nelle
Upanishad. Tratta della filosofia dell’unità, obiettivo ultimo di tutta la
conoscenza. Il Vedanta rappresenta una parte fondamentale dei Veda
che sono divisi in quattro parti: Samhita, Brahmana, Aranyaka, e
Upanisad, che appartengono a periodi differenti. L’ultima parte chiamata
Upanisad è ampiamente trattata dal Vedanta. Secondo la prospettiva
dell’advaita vedanta, o vedanta non dualistico e monistico, l’Atman,
unico, immortale e non duale (advaita) è lo spirito nell’uomo. Questo
9
Chandogya upanisad, in Hinduismo antico, cit., terzo prapathaka 14° khanda-2,3,4 p. 278.
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spirito è in contatto con l’aspetto universale conosciuto anche come
Brahman; esso è occultato e velato dalla sovrapposizione della maya
che proietta il mondo. L’Atman è pura Coscienza avvolta da cinque
guaine o corpi composti da sostanze diversificate sempre più sottili. Le
guaine, a partire dalla più eterea a quella più grossolana, sono:
• L’Ananda maya kosa o involucro della beatitudine
• Il Vijnana maya kosa o involucro dell’intelletto intuitivo
• Il Mano maya kosa o involucro della mente razionale e desiderativa
• Il Prana maya kosa o involucro di energia eterica
• L’Anna maya kosa o involucro fisico grossolano
Queste diversificazioni permettono all’Atman di manifestarsi, sotto
forma di jiva individuale, in mondi sempre più densi, fino ad arrivare al
piano fisico e costituiscono gli organi di contatto con altrettanti piani di
coscienza e di esistenza. Sono, da un certo punto di vista, le possibilità
esistenziali del Sé, dall’altro modalità sempre più dense, concrete, che
velano e oscurano progressivamente la luce divina. Così l’io personale si
avvale della vita fisica e mentale razionale; l’anima incarnata o jiva vive
nell’intelletto intuitivo e nel corpo della beatitudine; l’atman o Sé è lo
spirito monadico nell’uomo e vive oltre gli stati condizionati dell’essere.
L’illustrazione proposta ne fornisce una esemplificazione.
In un quadro completo, il Sé è sintesi degli
aspetti formali ed informali dell’esistenza,
della natura trascendente ed immanente
dell’unica realtà. Il percorso realizzativo
implica il passaggio dalla personalità
all’individualità incarnata, per poi risolversi
nella sintesi superiore e trascendente
dell’Atman. La Brhadaranyaka upanisad
così si esprime:
«Questa verità-satya è miele per tutti gli esseri e tutti gli
esseri sono miele per il Dharma; e questo essere risplendente
e immortale che è nella verità e questo purusa risplendente e
immortale costituito di verità, questo stesso è l’atman. Questo è
immortale, questo è il Brahman, questo è tutto» 10.
10
Brhadaraniaka upanishad, in Upanisad, a cura di Raphael, Bompiani, Milano 2010,
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Così abbiamo visto che nella concezione vedantica del Sé abbiamo
una natura manifesta e formale, il complesso bio-mentale, determinato
empiricamente, ed una esistenza sottile e immanifesta che travalica
ogni determinismo e che si riconnette alle fonti della vita. La struttura
complessa dell’individuo bio-psico-spirituale si riconnette ad altrettanti
stati diversificati di coscienza che dallo Spirito indiviso ‘scendono’
fino al mondo manifesto della molteplicità formale ed empirica, come
mostrato di seguito secondo le mie riflessioni:
Aspetto Trascendente
Brahman nirguna……L’Assoluto indifferenziato senza qualificazioni
Brahman saguna……L’Assoluto con qualificazioni
Isvara……La Divinità individuale ed universale al contempo…
il Jiva universale
Aspetto Immanente:
Atman.....Sé…..Monade o Spirito nell’uomo
Jiva…..Anima.….l’individualità incarnata
Personalità…..Io Empirico…..riflesso del Jiva
L’atman unico si esprime in forme sempre più diversificate che
raggiungono il piano fisico:
• L’Atman sperimenta lo stato di Turya. È lo stato privo di dualità
in cui l’atman può realizzare la sua identità con il Brahman
trascendente. È è lo stato di coscienza universale.
• Il Jiva sperimenta la Prajna o Saggezza. È lo stato in cui si
esperisce il noumeno e corrisponde all’anandamayakosha.
• Il Jiva sperimenta il Manas Superiore che è in contatto con gli
archetipi universali e corrisponde alla buddhi e al vijnanamayakosha.
• La Personalità sperimenta il Manas ‘concreto’ in cui vi è il pensiero
razionale e concettuale e corrisponde al manomayakosha.
• La Personalità sperimenta il Mondo del desiderio in cui vi sono
le emozioni e corrisponde al pranomayakosha.
secondo Adhyaya, quinto brahmana, 12, p. 99.
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• La Personalità sperimenta il Mondo fisico in cui vi sono gli
oggetti grossolani e corrisponde all’annamayakosha.
Andiamo ad analizzare più da vicino le cinque guaine che ricoprono
il Sé o Atman:
• Anandamayakosa…...È la guaina della beatitudine. Essa è attiva
nel sonno profondo o durante gli stati meditativi. È sede della
facoltà intuitiva ove si fa esperienza della divinità che permea
l’essere umano. È l’assenza di ogni dualità e si sperimenta una
beatitudine che si sostanzia della luce divina, senza dipendere da
ciò che è formale.
• Vijnanamayakosha…...È l’involucro della Buddhi, la facoltà discriminativa capace di quella intelligenza sintetica che contempla
gli archetipi universali.
• Manomayakosha….. È l’involucro che concerne la mente razionale
e concettuale che si apre al mondo dei ‘nomi e delle forme’. Ha il
potere di creare la molteplicità e le differenziazioni del mondo
concreto.
• Pranomayakosha….. È l’involucro dell’energia vitale o prana
che convoglia i processi non solo vitali ma anche emotivi. Ha il
potere della sensibilità.
• Annamayakosha….. È il corpo fisico grossolano che si sotanzia
di cibo e di sangue. È il supporto fisico denso del jiva.
Ogni modalità espressiva del Sé è contenuta e organizzata quindi, gerarchicamente, nel suo principio superiore; l’atman li contiene tutti. Detto
diversamente il corpo è compenetrato dalle emozioni e dalla mente; questa
è parte dell’anima e l’anima è inclusa nello Spirito universale. Le strutture
della mente ed i pensieri traggono origine dalla coscienza non duale e
tanto più sono adoperati per esprimere lo stato superiore tanto più sono
luminosi; c’è quindi una fusione fra coscienza e mente così come c’è
una rispondenza fra mente e dati sensoriali dell’esperienza; l’espressione
cognitiva in questo caso avviene grazie all’influenza del desiderio sulla percezione; il mondo si dispone così secondo la natura dell’oggetto
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percepito, alterando stati di attrazione verso l’oggetto a stati di repulsione. La qualità dei pensieri e della coscienza che esperisce, trasformano
attivamente la percezione del mondo. All’interno del pensiero vedantico il processo dinamico realizzativo per eccellenza rimane quello della
‘disidentificazione’ e ‘identificazione superiore’; nel primo caso l’anima
riconosce il mondo come non sé e si ‘disidentifica’ dagli oggetti del desiderio e della mente; nel secondo caso l’anima si ‘identifica profondamente’ con il suo aspetto atmico superiore e vive la beatitudine del mondo
dello spirito. Tutta l’esperienza dell’uomo poggia quindi profondamente
su questo principio di identificazione che è capace di legarci al mondo
dei sensi e del desiderio o di liberarci nella vita superiore: nella percezione sensoriale empirica, l’anima è attratta dall’oggetto concreto; nella
percezione mentale è attratta dalle forme del pensiero; nella percezione
spirituale è attratta dal non duale atman. Quando si esperisce a livello di
quest’ultimo, la Coscienza percepisce un mondo di pura luce e al contempo ha consapevolezza della mente e dell’intero processo sensoriale
concettuale: è un gradino realizzativo nel lungo processo di conoscenza
e di liberazione.
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