Relazione dell` Avv. Borgogna
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Relazione dell` Avv. Borgogna
LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE ED IL CONTRATTO D’ASSICURAZIONE PER LA SUA COPERTURA (di Giampaolo Borgogna) Pur partendo dal presupposto che da parte di tutti noi si sappia tendenzialmente di cosa si parli quando si evocano fattispecie quali la responsabilità professionale ed il contratto assicurativo che ne garantisce la copertura, ritengo comunque opportuno premettere alcuni cenni di inquadramento istituzionale per memoria comune ed anche per coerenza e completezza espositiva: poi, a seguire, svilupperemo altresì alcune considerazioni di carattere pratico, su aspetti di potenziale criticità, come nello spirito delle “4 chiacchiere”. Le professioni intellettuali si collocano, all’interno del Codice civile, nel più vasto ambito del lavoro autonomo, di cui rappresentano un genere speciale che si contraddistingue per alcune prerogative basilari: l’intellettualità (il preminente uso dell’intelletto nell’assolvimento della prestazione dedotta nel contratto d’opera professionale), la preparazione tecnica dell’esercente la professione, l’autonomia e discrezionalità (la libertà del professionista di scegliere il comportamento da tenere e gli strumenti tecnici da adoperare per il perseguimento del fine -da cui libero professionista), la personalità (anche quando la professione venga esercitata in forma societaria –STP- o di associazione professionale il rapporto tra professionista e cliente riveste sempre carattere personale) ed infine il rapporto fiduciario che connota il legame tra professionista e cliente. La professione intellettuale è attività particolare, nella quale l’aspetto privatistico contrattuale non è l’unico, ma vengono coinvolti interessi che trascendono i singoli e riguardano l’intera collettività. Del resto, la funzione (valenza) pressochè pubblicistica delle professioni intellettuali è acclarata da molti fattori: le professioni intellettuali, nella stragrande maggioranza dei casi, in cui si definiscono protette, impongono l’iscrizione ad appositi albi, l’appartenenza obbligatoria a determinate categorie professionali, soggette al potere disciplinare e sanzionatorio esercitato dai medesimi membri del Consiglio dell’Ordine di riferimento, nonché l’assoggettamento a regime pensionistico e previdenziale significativamente diverso rispetto a quello dei lavoratori subordinati ed anche dei lavoratori autonomi. Inquadrate le professioni liberali, dobbiamo ora trattare il tema della responsabilità professionale. La responsabilità professionale è una branchia della generale e complessiva responsabilità civile, ovverossia quella responsabilità, che opera nelle relazioni interprivatistiche, sanzionabile a livello economico-patrimoniale attraverso una pretesa risarcitoria, mediante richiesta di risarcimento danni. Sussistono ordinariamente due tipi di responsabilità civile: la responsabilità cosiddetta contrattuale, disciplinata dall’art. 1218 c.c., riconducibile all’inosservanza di obbligazioni derivanti da fonte negoziale (nascenti da contratto) e la responsabilità cosiddetta extracontrattuale, od aquiliana, per fatto illecito, riconducibile alla violazione del principio generale dettato dall’art. 2043 c.c. del “neminem laedere”, ovvero il divieto di arrecare nocumento ad alcuno. 1 Può verificarsi anche il concorso simultaneo dei due tipi di responsabilità civile, ma ciò non significa che il danneggiato avrà diritto ad una duplicazione delle voci di danno, ma solo che avrà la facoltà di optare alternativamente per l’attivazione dell’una o dell’altra responsabilità. La coesistenza tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale è data da un medesimo fatto che implichi la contemporanea violazione sia di prescrizioni contrattuali, sia di diritti generali ed assoluti spettanti in capo alla persona offesa, tutelati a livello costituzionale o comunque legislativo. Esaminiamo le principali divergenze tra i due tipi di responsabilità: - la prescrizione nella responsabilità contrattuale è decennale; la prescrizione nella responsabilità extracontrattuale è quinquennale; - per il fatto illecito non è necessaria la costituzione in mora; - differisce il regime probatorio, ossia la regolamentazione in sede processuale della ripartizione dell’onere della prova. In caso di attivazione della responsabilità contrattuale compete a chi sia accusato di inadempimento comprovare l’inimputabilità dell’inadempimento a fatto proprio, nonché l’assenza di colpa. In caso di attivazione della resposabilità extracontrattuale grava a carico del sedicentesi danneggiato l’onere di provare l’esistenza del danno, il nesso di causalità (ossia la diretta derivazione) tra la condotta antigiuridica e l’evento dannoso, nonché l’entità del danno lamentato. Tornando più specificamente alla responsabilità professionale, essa si configura prevalentemente sotto forma di responsabilità contrattuale, ponendosi la responsabilità extracontrattuale quale marginale e residuale. Un caso tipico di responsabilità extracontrattuale è quella del chirurgo che, a fronte del proprio intervento, procuri menomazioni al paziente, andandone a ledere l’intangibile diritto alla salute, costituzionalmente protetto. Quanto alla responsabilità contrattuale va chiarito che, allorchè un professionista intellettuale presti attività a favore di un cliente, un contratto d’opera professionale si perfeziona sempre e comunque, o concluso per iscritto al momento del conferimento dell’incarico, o in forma orale, puramente verbale, od anche tacitamente per fatti concludenti. Perché possa scaturire responsabilità professionale, non è necessario, quindi, che il contratto sia formale e neppure oneroso (anche una prestazione effettuata gratuitamente, a puro titolo di liberalità, può generare responsabilità professionale). La responsabilità professionale di tipo contrattuale si concreta nell’inottemperanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia insiti nella prestazione contrattuale dovuta dal buon professionista, cui consegue specularmente negligenza (la mancanza di diligenza che –si badi- nell’esercizio delle libere professioni è diligenza “qualificata”, cioè di grado superiore a quella ordinaria del “buon padre di famiglia”; quindi l’incuria, la classica dimenticanza, la “svista”), imprudenza (l’abuso della discrezionalità e libertà di cui si parlava prima; l’inaccortezza, la sfrontatezza, la temerarietà) ed 2 imperizia (l’incapacità tecnica; è ad essa inerente la violazione dell’obbligo dell’aggiornamento della formazione professionale). Un altro dovere, la cui violazione costituisce autonoma fonte di responsabilità professionale, è quello dell’informativa preventiva al cliente (si pensi all’informazione medica collegata al valido consenso informato del paziente, senza il quale molteplici attività mediche sono inibite per legge). Un massiccio filone giurisprudenziale recente ha ideato, nel campo professionale, un terzo genere oltre la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale: la cosiddetta responsabilità da contatto sociale, che si atteggia in tutto e per tutto come responsabilità contrattuale, pur prescindendo dall’originaria esistenza di un contratto. Il caso tipico è quello del chirurgo che incorra in errore operando in struttura sanitaria in qualità di dipendente od anche di libero professionista (non rileva); in questo caso il contratto con il paziente è stato stipulato dalla Casa di cura, ma anche il professionista incappa nella responsabilità da contatto sociale e risponde in tutto e per tutto come se si trattasse di responsabilità contrattuale e ciò in virtù di un principio di affidamento ingenerato nei terzi da fattori esterni (nello specifico la fiducia riposta dal paziente nel fatto che il soggetto che veste il camice bianco, con tanto di cartellino sul taschino all’interno di una struttura ospedaliera, dotata di mezzi e macchinari preposti alla cura delle persone, abbia idonea preparazione tecnica per operare adeguatamente). Poiché, come si è detto, la responsabilità professionale trova il proprio fondamento, di regola, nella violazione di obblighi contrattuali, il problema si sposta, a questo punto, sull’individuazione della colpa. Non pone particolari dubbi, infatti, il caso in cui ricorra il dolo, essendo pacifico che il professionista risponderà civilisticamente e –laddove se ne ravvisino i presupposti di legge- risponderà anche penalmente. Ma l’obbligo risarcitorio sorge a carico del professionista anche a seguito di comportamento colposo. Il concetto di colpa non è ricavabile dal codice civile, ma va mutuato dal codice penale. La colpa normalmente viene classificata in lieve e grave; in materia di responsabilità professionale la colpa lieve consiste nella violazione dell’ordinaria diligenza, mentre la colpa grave consiste nella violazione della diligenza di grado minimo e sconfina quasi nel dolo. Orbene il professionista risponde di regola anche nei limiti della colpa lieve, ossia per violazione dei canoni dell’ordinaria diligenza. Lo si evince dalla lettura a contrariis dell’art. 2236 c.c., in base al quale se la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non è passibile di danni, salvo in caso di dolo o di colpa grave. Da ciò si deduce che normalmente, quando non si prospettino problematiche di particolare difficoltà e tanto più in proporzione al tasso di specializzazione del professionista, questi risponde dei danni anche per colpa lieve. 3 Al concetto di obbligazione professionale è legato l’altro tema, sempre di estrema attualità, se in tale ambito si sia in presenza di obbligazione di mezzi ovvero di risultato. L’obbligazione di mezzi è quella in forza della quale l’obbligato deve profondere il massimo sforzo in vista di un obiettivo, senza però garantirne il raggiungimento; mentre con l’obbligazione di risultato l’obbligato deve assicurare il conseguimento dell’obiettivo propostosi. La Giurisprudenza ha creato un terzo genere, la cosiddetta obbligazione di comportamento, con cui ha molto sfumato la distinzione tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultato. Allo stato dell’arte, in buona sintesi, si può sostenere che l’obbligazione professionale sia tendenzialmente ancora qualificata come obbligazione di mezzi, ma occorre discernere caso per caso. Alcuni esempi: se, nel caso dell’ingegnere progettista e calcolatore, l’edificio dovesse malauguratamente crollare, appare evidente che difficilmente il professionista possa andare esente da responsabilità; se, nel caso del chirurgo estetico, il naso da raddrizzare permanga, all’esito dell’intervento, curvilineo od aquilino, appare altrettanto evidente che anche tale professionista sarà chiamato a rispondere del proprio operato. Per di più sta scomparendo il privilegio processuale, prima accordato al professionista, nella regola probatoria: in passato si riteneva che gravasse a carico del cliente l’onere di provare l’assenza di diligenza da parte del professionista (ciò in deroga al principio generale dettato dall’art. 1218 c.c.); mentre ora si ritiene che al cliente spetti solo eccepire l’inadempimento o l’inesatto adempimento e al professionista grava l’onere della prova liberatoria, di cui all’art. 1218 c.c., di aver assolto diligentemente al proprio mandato professionale. Quanto alla risarcibilità del danno, posto che la responsabilità professionale è eminentemente contrattuale, occorre far riferimento alla doppia accezione del danno emergente e del lucro cessante, consistente nel rimborso delle spese vive inutilmente sostenute (danno emergente) e nel ristoro di interesse positivo (mancato guadagno) o di interesse negativo (perdita subita) (con riferimento al luco cessante). Nei casi marginali e residuali di responsabilità extracontrattuale concorrono, nella determinazione dei danni, componenti di natura patrimoniale e componenti di natura extrapatrimoniale (ma da convertirsi in ogni caso in controvalore economico, da reintegrarsi per equivalente pecuniario). Tra le voci di danno di natura patrimoniale va considerata la procurata limitazione o il procurato impedimento nella capacità reddituale del danneggiato, mentre nelle voci di danno non patrimoniale va annoverato il cosiddetto danno biologico, attinente alle pure lesioni sotto l’aspetto clinico che comportino menomazioni (inabilitazioni) permanenti e/o temporanee, il danno morale (dato dal patimento sofferto), nonché il danno esistenziale (rappresentativo della provocata compromissione nella sfera delle relazioni sociali). La quantificazione dei danni, fatto sempre salvo il potere discrezionale di liquidazione equitativa spettante al Giudice, avviene normalmente per effetto di calcoli puramente matematici sulla scorta 4 di preordinate tabelle “a punti” (a punteggio) in uso ai principali Tribunali italiani allo scopo di uniformare le varie casistiche, onde prevenire disparità di pronunce. I fattori presi in considerazione riguardano essenzialmente il grado di lesione arrecata, l’età, la capacità reddituale e via discorrendo. Passiamo al tema conclusivo del contratto d’assicurazione per la responsabilità professionale. È un tema di estrema attualità perché, in forza del D.P.R. 7/8/2012 n. 137, decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto e quindi dal 15 agosto del 2013, tutti i professionisti sono tenuti a stipulare un’assicurazione per la responsabilità professionale. Quanto agli avvocati, va detto che, collateralmente, anche la nuova legge professionale (legge 31/12/2012, n. 247) impone agli iscritti l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile (compresa la custodia di documenti, denaro, titolo e valori) e gli estremi di questa polizza devono essere comunicati al cliente, nonché al Consiglio dell’Ordine: la mancata osservanza di queste disposizioni costituisce illecito disciplinare. I Consigli dell’Ordine possono stipulare anche polizze collettive a favore di tutti gli iscritti, per ovvie ragioni di risparmio, ma attenzione ai massimali perché sono complessivi. La legge prevede, peraltro, che le condizioni essenziali ed i massimali minimi di tale polizze assicurative vengano stabiliti inizialmente –e periodicamente aggiornati- a cura del Ministero di Giustizia, sentito il parere del Consiglio Nazionale Forense. In attesa dell’intervento ministeriale, è prevalso l’orientamento secondo cui, posta la specialità della norma, agli avvocati non si applicano le disposizioni già in vigore per tutte le altre professioni dal 15/8/2013, ma l’obbligo diventerà operante solo dopo l’intervento del Ministero di Giustizia su condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze. Poiché –come si è detto- la responsabilità professionale è una branchia della responsabilità civile, il contratto d’assicurazione che garantisce la copertura della responsabilità professionale è lo stesso contratto d’assicurazione della responsabilità civile di cui all’art. 1917 c.c. L’assicuratore deve tenere manlevato ed indenne l’assicurato da tutti i danni che fosse chiamato a risarcire per sua responsabilità nei confronti di terzi. L’assicuratore non risponde dei fatti dolosi, né dei fatti meramente accidentali, per caso fortuito o causa forza maggiore perché non generano responsabilità, ne costituiscono esimenti, mentre risponde per comportamenti colposi. L’assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l’assicuratore, ma deve farlo entro i venti giorni antecedenti alla prima udienza a pena di decadenza. Alcuni aspetti su cui porre l’attenzione: in tema di assicurazione per la responsabilità civile il termine di prescrizione biennale del diritto dell’assicurato, di cui all’art. 2952 c.c. III° comma, decorre dal giorno in cui il terzo ha chiesto il risarcimento all’assicurato stesso o ha promosso azione contro il medesimo. 5 La comunicazione all’assicuratore contenente la pretesa risarcitoria avanzata dal terzo (non la semplice denuncia di sinistro) o la comunicazione dell’azione giudiziale promossa dal danneggiato sospende il termine di prescrizione. Altro tema che va particolarmente attenzionato è quello relativo all’avviso di sinistro di cui all’art. 1913 c.c. (codicisticamente entro tre giorni dall’avvenuta conoscenza del sinistro, ma è consentita deroga convenzionale più favorevole all’assicurato). C’è contrasto in proposito tra giurisprudenza di legittimità (Cassazione) e giurisprudenza di merito (Tribunali e Corti d’Appello). La giurisprudenza di merito ritiene che il mancato o ritardato avviso di sinistro nei termini di legge o convenzionali, ove colposo e non doloso, determini esclusivamente il diritto in capo all’assicuratore ad una riduzione dell’indennizzo proporzionale al danno effettivamente sopportato in virtù dell’omissione o ritardo, da comprovarsi. La giurisprudenza di legittimità, viceversa, ritiene che l’omissione o ritardo nell’avviso di sinistro scientemente avvenuta, pur in assenza di intento fraudolento, integri non il diritto in capo all’assicuratore alla riduzione dell’indennizzo, bensì la decadenza dal diritto di far valere la garanzia assicurativa. Nella disamina della casistica giurisprudenziale mi sono, infine, occupato di clausole cosiddette “a richiesta fatta” (claims made), che prevedono uno sfasamento temporale tra prestazione dell’assicuratore e pagamento del premio. Esaminiamo i due tipi più ricorrenti di clausole “claims made”: in un caso l’assicuratore copre fatti anteriori alla stipulazione della polizza purchè la richiesta risarcitoria intervenga in vigenza di contratto (tale ipotesi è più favorevole all’assicurato e pertanto nulla quaestio); in un secondo caso l’assicuratore può escludere la copertura di fatti avvenuti durante la vigenza contrattuale ove la richiesta risarcitoria avvenga posteriormente alla cessazione del contratto (in tal caso è clausola certamente penalizzante per l’assicurato –e considerata pertanto vessatoria, necessitante di apposita doppia sottoscrizione, sulla cui validità si discute, ma che sovente viene riconosciuta). Occorre, allora, fare molta attenzione laddove si cambi assicurazione per la r.c. e la precedente polizza escludeva pattiziamente la copertura di fatti accaduti in vigenza di contratto ma reclamati a posteriori, perché se non si pattuisce con la nuova Compagnia assicurativa la copertura di fatti antecedenti purchè la richiesta avvenga in corso di polizza, si rischia di restare scoperti da garanzia. 6