Innovazione sociale e riconversioni industriali Arena Marika, Azzone

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Innovazione sociale e riconversioni industriali Arena Marika, Azzone
Innovazione sociale e riconversioni industriali
Arena Marika, Azzone Giovanni, Bengo Irene, Calderini Mario – Politecnico di Milano, Dipartimento
di Ingegneria Gestionale – research group TIRESIA - www.socialinnovationstudies.polimi.it
Introduzione
Negli ultimi dieci anni, rilevanti problemi sociali hanno iniziato ad affliggere seriamente le cosiddette
economie sviluppate, sfidando i responsabili delle politiche a livello internazionale. La crisi finanziaria
mondiale ha frenato l'economia mondiale, generando problemi di sostenibilità finanziaria a organizzazioni
private e pubbliche (Sgherri & Zoli 2009). I governi di molti paesi hanno dovuto affrontare questioni critiche
come ad esempio una generale diminuzione del reddito delle famiglie, livello di disoccupazione in crescita in
particolare per i gruppi vulnerabili (come le donne, i giovani, immigrati), necessità di tagliare i programmi
sociali (come l'istruzione, l'assistenza sanitaria, lavorare benefici) per preservare la sostenibilità finanziaria
(Vis et al, 2011; Karanikolos et al, 2013).
In questo contesto si inserisce il nuovo ecosistema dell’innovazione sociale che è in grado di rispondere ai
nuovi bisogni sociali, che si basa su nuovi attori, o vecchi attori che però giocano un nuovo ruolo, nuove
partnership fra pubblico-privato-no-profit, e le relative nuove opportunità sociali ed economiche attivabili e
le tecnologie abilitanti che stanno trasformando l’imprenditorialità da “labour intensive” a “capital
intensive”.
Fig. 1: Ecosistema Sociale
La Commissione Europea definisce l’innovazione sociale come: “Le innovazioni sociali sono innovazioni che
sono sociali sia nei loro fini che nei loro mezzi. Più specificatamente definiamo innovazioni sociali nuove idee
(prodotti, servizi e modelli) che al contempo affrontano i problemi sociali (più efficacemente degli approcci
esistenti) e creano nuove relazioni sociali o collaborazioni” (Caulier-Grice et al, 2010).
Le innovazioni sociali possono essere generate e guidate dai differenti attori dell’ecosistema sociale: soggetti
pubblici o privati, imprese sociali, organizzazioni non-profit e dalla collaborazione fra tali attori, sottolineando
l’importanza del legame fra l’innovazione nel settore pubblico e l’innovazione sociale. In questo contesto
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diviene anche sempre più rilevante il contributo dell’economia sociale e, in particolare, dell’imprenditorialità
sociale. L’imprenditorialità sociale è stata definita come un accordo basato sul mercato il cui primo focus è
il perseguimento di obiettivi sociali e ambientali, tuttavia, garantendo, almeno, il rimborso delle
l'investimento (Yunus et al, 2010). Contemporaneamente abbiamo le imprese for-profit che stanno
recuperando il loro ruolo di attori stessi del cambiamento e della generazione di valore non solo economico
ma anche sociale ed ambientale. Le imprese stanno quindi attivando approcci innovativi nella strutturazione
dei rapporti tra business e comunità. Coerentemente stanno allineando il proprio core business e le strategie
aziendali agli obiettivi di creazione di valore sociale e diffuso, riconoscendo che le aziende non funzionano
in isolamento rispetto alle società e comunità in cui operano e la loro capacità di competere dipende
dalle condizioni socio-economiche e dalle caratteristiche dei contesti locali. Quindi sono attore
fondamentale nello sviluppo di un paese, agendo come fattore di creazione di ricchezza, come datore di
lavoro o investitore attivando innovazioni industriali sia di modelli di business, di governance e di
processo.
Riassumendo stiamo assistendo a nuove riconfigurazioni dell’ecosistema sociale che si basano
sull’attivazione di nuovi attori, quali le imprese sociale, sul cambiamento di comportamento degli attori
tradizionali quali le società profit e le pubbliche amministrazioni stesse, che attraverso partnership e
collaborazioni attivano nuovi processi di innovazione sociali finalizzati a rispondere a reali bisogni sociali.
L’articolo si focalizza quindi sui processi di innovazione sociale e sulle collaborazioni pubblico-privatosocietà finalizzate al mantenimento o alla generazione di occupazione, considerandola come una delle
sfide principali del nostro Paese.
L’innovazione sociale e le riconversioni industriali
Attraverso l’innovazione sociale è possibile re-inserire nel mercato imprese in crisi, riutilizzare spazi
industriali dismessi al fine di sostenere l’occupazione locale. Il processo di «recupero» delle aziende è forza
sociale e spesso ha origine ed effetto sociale, le opportunità di occupazione che genera si basano su un
insieme di relazioni sociali e di conforto.
Stiamo assistendo a tre macro fenomeni:
1. imprese che attraverso nuovi modelli di business, spesso sociali, si trasformano al fine di entrare in
nuovi mercati e salvaguardare posti di lavoro,
2. imprese che decidono di riutilizzare propri spazi dismessi per generale nuove opportunità di business
per la comunità partendo “dal basso”, coinvolgendo i cittadini al fine di individuare nuove idee e
rispondere a reali bisogni sociali,
3. imprese in fallimento che vengono recuperate dagli stessi lavoratori.
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Tali fenomeni hanno in comune gli autonomi processi di innovazione sociale finalizzati a conservare o creare
lavoro. In altre parole, le organizzazioni appartenenti tradizionalmente a settori diversi (pubblico, privato,
non profit), hanno deciso di collaborare con il medesimo obiettivo di generare occupazione, unendo
competenze e risorse spesso complementari, attraverso l’attivazione di innovazione sociale (Murray, 2010)
definendo un’area di azione condivisa rappresentata dall’area evidenziata in figura 2.
Fig. 2: Multisettore (Murray 2010)
È importante che tali innovazioni non possono essere limitate ai confini di nessun settore dato che molte
sono appoggiate e sostenute contemporaneamente dal settore pubblico, gruppi di cittadini, organizzazioni
della società civile e nel nostro caso di studio da imprese private.
Il framework di ricerca
La ricerca mira ad approfondire, individuare le strategie a supporto dei differenti modelli di riconversione
individuati attraverso la metodologia dei casi di studio, presentando un caso rappresentativo per ognuno.
La ricerca nel dettaglio vuole analizzare tre differenti linee strategiche:
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la prima linea strategica è connessa al coinvolgimento, è necessario attivare processi che facilitino la
partecipazione del pubblico, del mondo accademico, industriale, associativo e l’intero ecosistema
sociale al fine di individuare sia gli elementi di eccellenza del territorio che i punti di debolezza e zone
a rischio, al fine di raccogliere indicazioni dai differenti attori al supporto alle aziende.
la seconda a livello industria, prevede la revisione dei processi di produzione ed organizzativi che
devono essere ripensati in ottica di innovazione sociale, e considerando le nuove opportunità
economiche e sociali.
la terza è legata al ruolo che le PA possono avere nel facilitare tali processi promuovendo: strumenti
che catalizzino e diffondano la conoscenza di tali opportunità, la responsabilità sociale nel public
procurement e l’adeguamento delle normative vigenti delle politiche attive ed infine i sistemi di
finanziamento.
Il framework di analisi si basa sulla letteratura connessa a modelli di innovazione sociale che sono composti
dai seguenti elementi: il driver, la mission, il processo, il risultato e il target.
I driver rappresentano il fondamento logico di ogni innovazione sociale, in altre parole formano l’obiettivo
generale del progetto di innovazione (Sharra & Nyssen, 2010). I drivers sono il punto di partenza di ogni
innovazione sociale e sebbene possano essere molteplici e vari sono riconducibili a due tipologie: necessità
e aspirazione. Generalmente le innovazioni sociali sono motivate o da una necessità (povertà,
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discriminazione, disoccupazione, etc.) o da una aspirazione (una società più equa, più democratica, più
rispettosa dell’ambiente, etc.) ma alcune volte è possibile che le due motivazioni siano presenti
simultaneamente. Nel nostro caso definiamo come driver principale la necessità di generare o mantenere
occupazione e che la mission della realtà che attiva il processo o del singolo progetto sia di natura sociale.
L’innovazione sociale è un processo complesso che cambia il modo di operare all’interno della società, o in
parte di essa, creando e sviluppando nuove relazioni e collaborazioni, in particolare, con i beneficiari del
processo e con le altre organizzazioni, che partecipano a tale processo. Nei confronti dei beneficiari tali
relazioni e collaborazioni vengono create tramite il loro coinvolgimento nel processo innovativo con il duplice
obiettivo di contribuire attivamente al processo e acquisire le capacità, competenze e strumenti necessari a
effettuare i cambiamenti indispensabili per migliorare le loro condizioni di vita (empowerment). Tali processi
si basano non solo su nuove soluzioni innovative ma anche su nuove relazioni, forme organizzative e di
collaborazione per risolvere e affrontare problemi sociali. Considerando gli obiettivi della ricerca viene
evidenziato il ruolo delle PA.
Il risultato del processo di innovazione sociale, può essere un prodotto, un servizio, un processo, una
tecnologia ma può anche essere un principio, un’idea, un atto legislativo, un movimento sociale, un
intervento pubblico, o più spesso, una combinazione di alcuni di questi fattori. Oppure può essere un
processo o un risultato che è o più efficiente o più efficace o più sostenibile delle alternative esistenti.
Fondamentale che il risultato generi impatto e che tali impatto sia multi-dimensionale e misurabile.
Come detto in precedenza ogni progetto di innovazione sociale dovrebbe avere l’obiettivo di risolvere
problemi sociali e, se ha successo, portare beneficio ad una certa tipologia di utenti, che chiameremo target.
In letteratura vengono distinte diverse tipologie di potenziali target: individui (minori, detenuti, disoccupati,
etc.), organizzazioni (imprese, non profit, scuole, istituzioni, etc.), territori (quartieri, città, regioni) e infine
una dimensione più generale che include tutte le precedenti che è quella globale.
La figura 3 sintetizza il framework di analisi:
Fig. 3: Framework di ricerca
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L’analisi dei casi
Per ogni modello individuato viene presentato un caso di studio rappresentativo:
1. imprese che attraverso nuovi modelli di business, spesso sociali, si trasformano al fine di entrare in
nuovi mercati e salvaguardare posti di lavoro: il caso E-waste, il ciclo intelligente
2. imprese che decidono di riutilizzare propri spazi dismessi per generale nuove opportunità di business
per la comunità partendo “dal basso”, coinvolgendo i cittadini al fine di individuare nuove idee e
rispondere a reali bisogni sociali: il caso Mirafiori
3. imprese in fallimento che vengono recuperate dagli stessi lavoratori: il caso Ri-maflow
Il progetto E-waste - il ciclo intelligente
Il progetto E-waste rappresenta un tipico caso dove la riconversione industrial, attraverso nuove
tecnologie, definisce nuovi modelli di business che permettono alle imprese di ri-entrare nel mercato,
basandosi su nuove partnership: privato (PMI), pubblico (Regione,Comuni, Università), non-profit
(consorzio)
Un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nel settore delle “Smart Cities and Communities”. Progetto
finanziato attraverso “Programma Operativo Regionale Competitività 2007-2013”. Il progetto costituisce la seconda fase
del laboratorio E-waste. Il laboratorio E-waste nasce nel 2012 dalla collaborazione fra Politecnico di Milano, consorzio
REMEDIA, AMSA, STENA Technoworld e con il patrocinio della Regione Lombardia, con l’obiettivo considerare il riciclo
un’opportunità di sviluppo per il Paese e un mezzo per ridurre il rischio di approvvigionamento di Materie Prime
considerate strategiche per importanti settori manifatturieri. Oggi ciò viene coniugato anche come possibilità di
riconversione di aziende in crisi. L’obiettivo del progetto è quello di rafforzare e ottimizzare l’intera filiera del riciclo di
RAEE al fine di recuperare terre rare e metalli preziosi in essi contenuti mediante processi a basso impatto ambientale.
Il progetto pilota è basato sulla rivalutazione e riconversione delle capacità produttive di impianti già esistenti sul
territorio mediante la formazione di una rete di piccole e medie imprese tipiche dell’hinterland milanese, piuttosto
che sulla realizzazione ex novo di un grosso impianto di trattamento centralizzato, generalmente poco flessibile, che
richiede grossi investimenti e tempi lunghi per la sua realizzazione. Il modello proposto è quindi quello di un sistema
che sia in primo luogo flessibile, così da adattarsi rapidamente alla variabilità nel tempo del rifiuto da trattare, e che
inoltre possa essere realizzato con relativamente modesti investimenti sia di tempo che di denaro attraverso la
riconversione di impianti già esistenti, così da consentire ritorni economici a breve termine e mantenimento e la
generazione di posti di lavoro. Inoltre, la riconversione di siti produttivi oggi esistenti, oltre a sostenere l’occupazione
delle imprese coinvolte nel progetto, non introdurrebbe nuove perturbazioni nel territorio. Tale modello di “impresarete”, una volta consolidato, potrebbe essere trasferibile ad altre tipologie di raccolta/riciclo/trattamento di altri tipi di
rifiuto, quali ad esempio marmitte catalitiche, batterie al piombo o batterie al litio. Il progetto ha un partenariato
trasversale che vede il coinvolgimento di due grandi imprese (AMSA e STENA), di una media impresa (Consorzio
REMEDIA), di tre PMI (SEVAL, TECNOCHMIICA, GASER), due organismi di ricerca (Politecnico di Milano e Cefriel) e due
pubbliche amministrazioni, il Comune di Milano e il Comune di San Donato Milanese.
PROGETTO
E-waste – il ciclo intelligente
DRIVER
Approvvigionamento di Materie Prime
MISSION
Riconversione di siti produttivi oggi esistenti, per sostenere l’occupazione e
salvare le imprese in crisi
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Multisettore
Privato (PMI), pubblico (Regione,Comuni, Università), non-profit (consorzio)
Partecipazione
Finanziamenti da parte del settore pubblico, lavoro diretto delle aziende private,
ricerca universitaria, partecipazione diretta dei cittadini nella raccolta
Empowerment
Formazione lavoratori su nuove tecnologie, processi, nuovo mercato
Ruolo PA
Finanziamento, attivazione sinergie, promozione, coinvolgimento cittadini,
legislazione
Nuovo
Tecnologie sostenibili ed innovative, processo industriale, mercato
Migliore
Impatto maggiore in termini occupazionali e di indotto economico, riduzione
dipendenza da approvvigionamento estero di materie prime, rafforzamento
raccolta
Impatto sociale
Nuova e salvaguardata occupazione, processi sostenibili per i lavoratori rispetto
ad estrazione, filiera corta, riduzione dell’impatto ambientale (raccolta, recupero,
tecnologie a basso impatto)
Individui
Lavoratori, cittadini
Organizzazioni
PMI, Consorzio raccolta
Territorio
Comune di Milano, Comune di San Donato, Regione Lombardia, Italia
Globale
Pianeta: Riduzione Co2, estrazione
PROCESSO
RISULTATO
TARGET
Il caso Mirafiori
Il Concorso Mirafiori rappresenta un’eccellenza nell’ambito del riutilizzo degli spazi dismessi – brownfields
(Cabernet, 2006) da parte di un azienda grazie alla partecipazione dell’amministrazione pubblica e attraverso
una partecipazione dal basso dei cittadini e delle imprese, con la finalità di generare nuove attività coerenti
con i bisogni locali
Il concorso Mirafiori, sostenibile, partecipato, internazionale e multidisciplinare, ha avuto l’obiettivo di riutilizzare dell’ex
stabilimento industriale Fiat di Mirafiori, area che ha subito notevoli trasformazioni, nascendo con una forte vocazione
agricola, si trasforma poi in area industriale e diviene area per rispondere ai bisogni locali.
Torino Nuova Economia, società di intervento, a capitale prevalente pubblico, ha voluto trasformare la zona dell’ex
stabilimento industriale Fiat di Mirafiori, in un polo di attrazione e aggregazione, propulsore di sviluppo e creatività, non
solo per l’Area Urbana di Mirafiori, ma per l’intera città di Torino. L’idea si è basata sul ruolo della comunità che
ricordando il passato determina la propria nuova identità. Il concorso ha premiato otto idee riconoscendo differenti
premi e ammettendole alla successiva procedura per lo studio di prefattibilità del progetto di riqualificazione.
Il bando di concorso, realizzato in collaborazione con la Fondazione Ordine degli Architetti di Torino, è stata una
procedura aperta in forma anonima, dove i criteri di valutazione dei progetti si sono basati sulla riconversione dell’area
in relazione al vissuto, alla storia e all’identità storica, sull’inserimento nel paesaggio urbano, sulla flessibilità funzionale
e compositiva, sulla sostenibilità economica (capacità di attrarre risorse e produrre sviluppo, compensando attività non
profit)ed infine sulla sostenibilità ambientale (le proposte dovranno utilizzare spazi ed edificio esistente senza proporre
nuovi fabbricati)
Il progetto vincitore di qualità prevede un acceleratore di start up, spazi per co-working, artigianato, un centro per
l’automobilismo e il car design, spazi per musica e la ristorazione ben inserendosi nel paesaggio Torinese.
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PROGETTO
Concorso Mirafiori
DRIVER
Spazi inutilizzati
MISSION
Riutilizzo area dismessa per creare valore condiviso
PROCESSO
RISULTATO
TARGET
Multisettore
Privato (Fondazione ordine degli Architetti di Torino, La Fondazione OAT),
pubblico (Regione, Comune, Torino Nuova Economia)
Partecipazione
Finanziamenti da parte del settore pubblico, lavoro diretto delle aziende private
Empowerment
Accompagnamento alle idee vincitrici
Ruolo PA
Finanziamento, promozione, coinvolgimento cittadini
Nuovo
Nuove funzioni per l’area
Migliore
Impatto maggiore in termini occupazionali e di indotto economico, riduzione
dipendenza da approvvigionamento estero di materie prime, rafforzamento
raccolta
Impatto sociale
Nuova generazione di occupazione, nuova generazione di valore economico per
la Città, inserimento paesaggistico
Individui
Partecipanti al concorso, nuovi occupati
Organizzazioni
Fondazioni, aggregazioni partecipanti
Territorio
Comune di Torino, Regione Lombardia
Il caso RiMaflow – la fabbrica recuperata
Il caso RiMaflow rappresenta un movimento importante e globale che meriterebbe un articolo ad hoc, il
fenomeno delle fabbriche recuperate dai lavoratori, empresas recuperadas o workers buy out, è un processo
attraverso il quale gli operai diventano imprenditori, prendendo in mano le redini della loro azienda in crisi
(Ruggeri, 2009). Di fronte alla certezza della perdita del posto di lavoro, gli operai reagiscono impegnandosi
in un nuovo progetto di autogestione. I valori di riferimento diventano quindi l’uguaglianza e la solidarietà,
perché da quel momento in poi sono tutti proprietari dell’azienda e responsabili allo stesso modo delle sorti
della stessa. Si tratta di lavoratori che si trovano a gestire un’azienda di cui prima erano semplici dipendenti.
Il fenomeno delle fabbriche recuperate rappresenta una risposta dal basso alla perdita del posto di lavoro,
non c’è premeditazione. Solo se esistono le condizioni, una volta che sono state analizzate tutte le strade
percorribili, si procede col progetto di autogestione (ultima opzione). Alla base della nuova attività ci sono lo
spirito di condivisione e di democrazia, ma operativamente non esiste un modello di riferimento da prendere
come esempio, si guarda a quelle fabbriche che hanno avuto esperienze simili precedentemente.
Generalmente i lavoratori si costituiscono in cooperativa, affrontando numerose problematiche derivanti
dalla mancanza di alcune leggi che possano favorire il passaggio e la formazione alla/della cooperativa di
lavoro, che facilitino l’espropriazione dei beni e dell’impresa, o in particolare una normativa specifica per le
cooperative nate da empresas recuperadas.
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La società Maflow nasce nel 1973 con il nome di MURRAY, con sito a Milano, come fornitore per case automobilistiche
di elementi per impianti di servosterzo e di tubi freno, frizione, benzina. Successivamente entra anche nel campo della
progettazione e costruzione di componenti per il condizionamento auto. Nel 2007 MAFLOW è alla sua massima
espansione, è una multinazionale a capitale italiano con 23 stabilimenti in tutto il mondo (Europa, Americhe, Asia). L’11
Maggio 2009, a dispetto dell’apparente stato di grande salute dell’azienda che dà abbondante lavoro a circa 320 persone
solo a Trezzano, il Tribunale di Milano dichiara MAFLOW in stato di insolvenza. Dopo varie vicende, nell’estate del 2012
i 240 dipendenti in cassa integrazione decidono di costituire una Cooperativa, una Società di Mutuo Soccorso, per creare
lavoro dall’interno, e permettere a tutti di sostenersi. Viene individuato il settore in cui la Cooperativa debba lavorare,
ecologico, quello del riciclo dei rifiuti, soprattutto tecnologici, ma non esclusivamente, e viene individuata una possibile
collocazione presso il sito di Trezzano (di proprietà di Unicredit). A fine anno anche Regione Lombardia prende in
considerazione i cassintegrati MAFLOW nell’ambito del proprio progetto di “Impresa Sociale come rescue-company”. Il
1° Marzo 2013 i lavoratori hanno costituito RiMaflow, Cooperativa Sociale ONLUS. I lavori hanno e stanno costruendo
una “Cittadella dell’altra economia” grazie all’attivazione di rapporti positivi con i produttori locali a cui forniscono
logistica per la distribuzione dei prodotti biologici e autofinanziandosi con piccole produzioni agro-alimentari.
Organizzano e ospitano diverse attività (falegnameria, restauro mobili, modellistica, tappezzeria, lavorazioni di metalli…)
per creare opportunità di lavoro anche per altri disoccupati.
PROGETTO
RiMaflow – la fabbrica recuperata
DRIVER
Fallimento/abbandono della Fabbrica
MISSION
Mantenimento di occupazione
PROCESSO
RISULTATO
TARGET
Multisettore
Pubblico, privato, non profit, impresa sociale
Partecipazione
Movimento dal basso, lavoratori
Empowerment
Formazioni lavoratori per riconversione a nuove attività
Ruolo PA
Supporto legislativo
Nuovo
Nuove funzioni della fabbrica, nuove forme organizzative (cooperative)
Migliore
Conservazione dei posti di lavoro, migliore governance partecipativa, maggior
coinvolgimento del territorio, maggior solidarietà
Impatto sociale
Conservazione o nuova generazione di occupazione, impatto su comunità locale
Individui
Lavoratori
Organizzazioni
Organizzazioni del territorio
Territorio
Comune di Trezzano, Regione Lombardia
Conclusioni
L’articolo ha voluto approfondire come attraverso processi partecipativi di innovazione sociale è possibile
salvaguardare o creare occupazione. Le traiettorie analizzate attraverso i casi di studio rappresentano esempi
di reinserimento nel mercato di imprese in crisi e di riutilizzo di spazi industriali dismessi. Dall’analisi emerge
chiaramente la necessità di attivare collaborazioni pubblico-privato-società, e di processi che facilitino la
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partecipazione del pubblico, del mondo accademico, industriale, associativo e l’intero ecosistema sociale. Si
delinea anche l’importanza della ricerca accademica finalizzata a supportare tali fenomeni, mettendo a
disposizione conoscenza per definire nuovi processi di produzione ed organizzativi. Inoltre una tematica ad
oggi fondamentale per l’innovazione sociale, la finanza ad impatto, non è stata trattata in tale articolo, ma
sicuramente giocherà un ruolo essenziale nelle scalabilità di tali fenomeni e evidenzierà maggiormente il
fondamentale ruolo dell’amministrazione pubblica. Soffermandosi su quest’ultimo punto i casi portano a
delineare alcuni dei ruoli che la pubblica amministrazione sta giocando e potrebbe giocare per rafforzare
l’ecosistema sociale. Primo fra tutti è il rafforzamento delle politiche del lavoro attraverso un adeguamento
normativo sia a livello paese che a livello regione e Comune, proponendo nuovi strumenti e soluzioni
innovative, che per esempio vedano un ruolo nuovo della responsabilità sociale di impresa, definendo nuove
legislazioni che facilitino i processi di riconversione. Gli strumenti dovrebbero essere chiari, trasparenti e
facilmente accessibili. Infine proseguire nei nuovi processi di procurement innovativo che aumentano la
ricettività del mercato rispetto a prodotti e servizi innovativi, che rispondono a reali bisogni sociali, che
coinvolgano i cittadini e l’intera società rendendo possibile la partecipazione dei privati alle iniziative di
investimento ad impatto.
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