Determinazione delle curve d`invaso delle APE e prime
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Determinazione delle curve d`invaso delle APE e prime
Determinazione delle curve d’invaso delle APE e prime considerazioni sui criteri per la verifica della loro corretta definizione geometrica Per verificare distribuzione dei volumi idrici in eccesso ad una determinata sezione fluviale e ricavare le coppie di valori altezza/volumi invasati all’interno delle APE è stato messo a punto un modello di analisi spaziale in ambiente GIS utilizzando il software ArcGIS della ESRI. I dati di input sono rappresentati dal DEM sul quale vogliamo distribuire i volumi, dallo shapefile delle superfici orizzontali al di sotto delle quali vogliamo calcolare i volumi (APE) e dal valore di elevazione a cui queste ultime devono essere posizionate rispetto alla quota minima del DEM registrata in ogni APE (battente relativo). I dati di output consistono invece in una tabella dove ad ogni APE viene assegnato il volume invasato relativamente ad un prefissato battente e un file raster con la distribuzione spaziale di tale volume. Il modello è stato denominato “Volumi_APE” e può essere caricato su ArcGIS all’interno di ArcToolbox (add Toolbox) scegliendo il tool “Modelli” che si trova nel geodatabase SDE “Elaborazioni”. In particolare, i dati richiesti dal modello sono i seguenti: Poligoni APE: file poligonale delle superfici rispetto alle quali calcolare i volumi sottesi; Identificativo APE: codice identificativo delle superfici; DTM: Modello digitale del terreno da utilizzare per il calcolo dei volumi; Maschera di analisi (APE): corrisponde allo stesso file poligonale che individua le superfici di riferimento per il calcolo dei volumi (Poligoni APE); Quota battente (cm): corrisponde all'altezza che di vuole dare alla superficie di riferimento rispetto alla quota minima dell'area sottesa; Tabella volumi APE: tabella di output dove ad ogni identificativo di superficie (Identificativo APE) viene assegnato il volume sotteso in mc; Raster volumi: raster di output che mostra la distribuzione spaziale dei volumi sottesi in cmc. Tramite la procedura di “Batch” prevista da ArcToolbox è quindi possibile lanciare contemporaneamente più processi relativamente a diversi battenti (per esempio 50, 100, 150, 200, 250, 300, 350, 400, 450, 500 cm) e ricostruire la relazione tra altezza idrica (espressa come quota assoluta sul livello del mare) e volume invasato (in mc), come mostrato nel grafico seguente. In particolare questo grafico si riferisce all’area di potenziale esondazione con identificativo A36 individuata nella definizione delle APE riportata nello studio idraulico del Comune di Prato inviatoci nell’ambito della procedura di aggiornamento del PAI. La distribuzione dei volumi invasati in funzione dell’altezza idrica definita rispetto alla quota più bassa di ogni APE è invece riportata nelle mappe di pagina seguente. Come possiamo osservare alcune celle non si riempiono anche con battenti molto elevati in quanto presentano una distribuzione delle quote piuttosto eterogenea con presenza di ampie superfici inclinate. Per tali celle sarebbe quindi opportuno procedere ad un’ulteriore suddivisione in modo da aumentarne i requisiti di omogeneità per la distribuzione dei volumi. Una volta che sono state definite le APE è possibile stimare la loro omogeneità effettuando, per ognuna di esse, un’analisi statistica della distribuzione dei valori di quota. Come indicatore di omogeneità altimetrica può essere utilizzato il coefficiente di variazione (CV), ovvero il rapporto tra deviazione standard e media dei valori di quota presenti in ogni APE. Utilizzando il DEM con risoluzione di 1 m, anche le APE di dimensioni più modeste presentano comunque qualche centinaio di migliaia di valori di quota con distribuzione di frequenza ragionevolmente normale. Possiamo quindi considerare che: il 95% dei valori rientrano in un intervallo uguale alla media più o meno 1.96 volte la deviazione standard; il 90% dei valori rientrano in un intervallo uguale alla media più o meno 1.65 volte la deviazione standard; l’80% dei valori rientrano in un intervallo uguale alla media più o meno 1.28 volte la deviazione standard. Se poniamo come condizione per considerare un’APE omogenea che la gran parte degli scarti di quota accettabili sia pari a +/- 5% della media (circa +/- 2 m nel nostro caso), possiamo effettuare le seguenti considerazioni: se vogliamo che il 95% dei valori presenti uno scarto di quota massimo pari al 5% della media dovrà risultare 1.96 DST <= 0.05M ovveo DST/M <= 0.05/1.96 ovvero CV <= 0.0255; se vogliamo che il 90% dei valori presenti uno scarto di quota massimo pari al 5% della media dovrà risultare 1.65 DST <= 0.05M ovveo DST/M <= 0.05/1.65 ovvero CV <= 0.0303; se vogliamo che l’80% dei valori presenti uno scarto di quota massimo pari al 5% della media dovrà risultare 1.28 DST <= 0.05M ovveo DST/M <= 0.05/1.28 ovvero CV <= 0.0391. Nella figura di pagina seguente è riportata una classificazione delle APE fornite dal Comune di Prato secondo i criteri sopra esposti. Come possiamo osservare la gran parte delle APE risultano correttamente definite, in quanto il 90% dei valori di quota presenta uno scarto massimo pari al 5% della media (colori verde chiaro e scuro). Le aree di colore giallo hanno scarti accettabili per l’8090% della superficie e devono quindi essere valutate attentamente, mentre le aree rosse, presentando scarti accettabili per estensioni inferiori all’80%, dovrebbero essere ridefinite. Giovanni Montini, 06/10/10