laterza: per gli allevatori positiva la pac ai nastri di

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laterza: per gli allevatori positiva la pac ai nastri di
Intervista di Fieragricola al presidente dell’Associazione nazionale allevatori di razza Bruna
LATERZA: PER GLI ALLEVATORI POSITIVA LA PAC AI NASTRI DI PARTENZA
LA CRESCITA DELLE STALLE PASSA ANCHE DALLA RICERCA GENOMICA
Verona, 15 ottobre 2014. Una Politica agricola comune ai nastri di partenza (1° gennaio 2015) che «parte
col piede giusto», con «principi condivisibili: la definizione di agricoltore attivo e lo specifico trattamento
degli agricoltori di montagna, il premio per il latte di montagna, sono tutte azioni che vanno nella giusta
direzione». A dirlo all’Ufficio stampa di Fieragricola Veronafiere è Pietro Laterza, presidente
dell’Associazione nazionale allevatori di razza Bruna (Anarb), in un’intervista che compare integralmente
sul sito www.fieragricola.it.
Uno dei problemi della zootecnia è il rischio abbandono, che «si traduce inevitabilmente nell’abbandono
delle terre di montagna. In questo senso le visioni troppo radicali di gestione del territorio, le limitazioni
spesso ingiustificate alle pratiche aziendali imposte in nome di eccessi di zelo, le visioni parziali del
problema ambientale, ottengono nel medio periodo l’effetto opposto a quello atteso», evidenzia Laterza.
Già potrebbero bastare le proiezioni sul settore lattiero al 2020, che a fronte di un aumento produttivo
del 5 per cento rispetto ai valori di inizio 2014, vedrebbero calare ulteriormente il numero di stalle in
Italia: da 200mila di 20 anni fa alle attuali 38mila, fino a 23-24mila fra meno di sei anni. Con una frenata
del 30 per cento nel periodo 2014-2020.
Fra le armi che hanno a disposizione oggi gli allevatori, ricorda il presidente Anarb, la genomica. Una delle
opportunità per risollevare una filiera che vale, nel nostro Paese, 27,8 miliardi di euro.
«Se la genomica si usa in modo deciso – afferma Laterza – permette risparmi gestionali fortissimi. Gli
allevatori hanno risposto in due modi: come acquirenti di seme ci sono stati i pionieri che, più votati alle
novità, si sono subito lanciati. Una grande fascia di allevatori ha invece iniziato con cautela, ma senza
rinunciare allo strumento, mentre i più scettici hanno deliberatamente considerato la genomica un inutile
e rischioso approccio».
In effetti, osserva Anarb, «l’uso del seme di tori genomici sta gradualmente diffondendosi, spesso
affiancato dall’utilizzo del sessaggio del seme», pratica che permette di sapere in anticipo il sesso del
vitello, permettendo così di ottenere animali femmina per la produzione di latte. Così, riporta Laterza,
«sono ormai diversi gli allevatori che analizzano tutte le femmine della propria azienda, innescando un
sistema di selezione molto innovativo ed efficace e proponendosi di fatto come nuclei di selezione di
elevatissimo livello. I risultati sembrano confermare totalmente le attese. In media un toro genomico,
quando ha le figlie in latte, vede aumentare sensibilmente i propri indici».
La selezione, dunque, è destinata a evolvere. E l’utilizzo dei cosiddetti «tori provati» trova margini solo nel
caso di «fuoriclasse, mentre avranno meno spazio tori provati di medio valore, che subiranno una
concorrenza fortissima da parte di tori genomici».
L’Associazione nazionale degli allevatori di razza Bruna traccia un bilancio positivo anche del marchio
«disolabruna», alla vigilia dei primi 10 anni di vita e coi quali identifica le produzioni lattiero casearia
monorazza. «I consorziati aumentano, il latte trasformato ha raggiunto volumi ragguardevoli, l’interesse e
la dinamicità del gruppo sta crescendo», dice Laterza.
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