Linee guida provinciali per l`affidamento familiare

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Linee guida provinciali per l`affidamento familiare
Provincia di Piacenza
Linee guida provinciali per l’affidamento
familiare
Sostenere una famiglia e accogliere un bambino
A cura di:
SERVIZIO ISTRUZIONE E PROGRAMMAZIONE SOCIO-EDUCATIVA
PROVINCIA DI PIACENZA
Via Mazzini,62
Telefono 0523/795572-577
[email protected]
In collaborazione con gli Enti titolari, l'Azienda Sanitaria Locale di Piacenza e gli Enti delegati alla gestione
delle funzioni in materia di minori:
 Servizio Sociale delegato Distretto di Ponente - ASP Azalea
 Servizio Sociale delegato Distretto di Levante – AUSL Piacenza
 Servizio Sociale Distretto Città di Piacenza – Comune di Piacenza
 Servizio Sociale Unione Montana Valli Trebbia e Luretta
 Servizio Sociale Comune di Caorso
 Servizio Sociale Comune di Gossolengo
 Servizio Sociale Comune di Podenzano
 Servizio Sociale Comune di Ponte dell'Olio
 Servizio Sociale Comune di Rivergaro
 Servizio Sociale Comune di San Giorgio
 Servizio Sociale Comune di Vigolzone
Il presente documento è stato realizzato a cura degli operatori del Gruppo Tecnico Linee Guida afferenti
all'Equipe provinciale Affido:
Barbara De Biasio, Centro per le famiglie del Comune di Piacenza
Chiara Dellaglio, Centro di sostegno per le Famiglie di Ponente
Elisabetta Molinari, Azienda U.S.L. di Piacenza
Anita Peveri, Cooperativa sociale Coopeselios
Rosalia Serena, Comuni di Gossolengo e Rivergaro e Unione Montana Valli Trebbia e Luretta
Lucia Signaroldi, Azienda U.S.L. Di Piacenza- Distretto di Levante
Maria Grazia Veneziani, ASP Azalea Distretto di Ponente
e un rappresentante dell'Associazione Dalla parte dei Bambini
Hanno garantito il supporto tecnico e organizzativo alla realizzazione e pubblicazione del documento:
Melania Moia e Martina Schiavi dell’Associazione La Ricerca
Si ringrazia il dott. Roberto Maurizio della Zancan Formazione per la supervisione del lavoro.
Novembre 2014
Sommario
1. Premessa
2. Riferimenti normativi
3. L'affidamento familiare e le sue caratteristiche
3a. I riferimenti culturali e normativi dell'affidamento familiare
3b. Tipologie e forme dell'affidamento familiare
3c. Altre forme di sostegno a famiglie e minori
4. I protagonisti dell'affidamento familiare
4a. Il primo protagonista: il bambino
4b. Il secondo protagonista: i genitori naturali
4c. Il terzo protagonista: la famiglia affidataria
5. La promozione e lo sviluppo dell'affidamento familiare nel territorio
5a. La promozione dell'affido
5b. La formazione delle famiglie per l'affidamento
5c. Il sostegno e l'accompagnamento delle famiglie affidatarie
6. La realizzazione del percorso dell'affidamento di un minore
6a. L'équipe territoriale (I livello)
6b. L'équipe affido
6c. L'ipotesi progettuale
6d. Il progetto di accompagnamento
6e. Il termine dell'affidamento familiare
6f. La prospettiva futura: la costruzione del Progetto Quadro
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Presentazione
Con sincera soddisfazione presento questo documento, frutto del lavoro, degli ultimi anni, degli operatori
pubblici e del privato sociale afferenti all'equipe provinciale affido, a cui rivolgo un sentito ringraziamento
per la competenza e la professionalità con cui hanno seguito la stesura di questo prezioso strumento di
lavoro, messo ora a disposizione di tutti i servizi del territorio provinciale.
In linea con le funzioni di raccordo e coordinamento in materia di accoglienza e tutela dei minori conferitele
dalla Regione Emilia-Romagna e in attuazione della programmazione provinciale a sostegno delle politiche
sociali, l'Amministrazione provinciale intende promuovere un modello operativo di intervento sull’affido,
omogeneo, condiviso a livello provinciale e armonizzato con la vigente normativa regionale e nazionale in
materia, che garantisca una valida risposta ai bisogni dei minori e delle famiglie in difficoltà residenti nel
territorio di competenza.
L'attenzione prioritaria è sicuramente il benessere del bambino, che resta il fulcro delle Linee guida, senza
però tralasciare il disagio di cui è portatore la famiglia naturale e il gesto di solidarietà dei nuclei affidatari.
Le Istituzioni hanno il dovere e l'impegno di prendersi cura di questi tre soggetti, sostenendoli con tutti gli
strumenti possibili e facendoli sentire parte di una comunità solidale.
La Consigliera
Gloria Zanardi
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1. Premessa
Bisogno primario e diritto di ogni bambino e di ogni ragazzo è crescere nella propria famiglia, essere educato
e amato, costruire legami significativi e sviluppare la propria personalità.
Quando ciò non è possibile, a causa di temporanee difficoltà della famiglia, e quando, nonostante siano
attuati interventi di sostegno sociale e/o psicologico, le difficoltà non sono superate, può essere necessario un
intervento di temporaneo allontanamento di un bambino dal nucleo d'appartenenza. In casi di questo tipo,
l'affidamento familiare è uno strumento d’intervento sociale di aiuto particolarmente importante, attraverso il
quale tutelare il minore stesso e la sua famiglia.
L'affidamento è, altresì, un importante intervento di solidarietà sociale, dove il privato (cioè gli affidatari) è
attivato dalle istituzioni (i servizi) a svolgere una funzione di “utilità pubblica”.
L’affidamento familiare è un istituto giuridicamente riconosciuto (con legge nazionale e con specifici
riferimenti normativi regionali) e prevede l'inserimento di un bambino o di un ragazzo presso un altro
nucleo.
Da un lato, per il bambino, questa è un’opportunità di avere una famiglia che si prenda, temporaneamente,
cura di lui, per favorirne la crescita psico-fisica armonica e la valorizzazione delle risorse personali, lo
sviluppo di relazioni significative, nonché la costruzione di un’identità sociale adeguata.
Dall’altro, per la famiglia d’origine, questa è un forte stimolo per affrontare le cause delle problematiche che
hanno determinato la situazione di difficoltà. Ad esempio, la famiglia potrebbe avere necessità di far crescere
le proprie competenze educative e sociali o di ridurre la situazione di conflittualità tra genitori o superare
stati di malattia, ecc.
Nei casi in cui si renda necessario l’allontanamento di bambini molto piccoli (fra zero e sei anni) va
privilegiata una forma di accoglienza di tipo familiare, secondo quanto indicato nella Direttiva Regionale.
L’allontanamento di un bambino dalla sua famiglia d’origine è sempre un’esperienza traumatica sia per il
bambino che per la sua famiglia, ma assume un valore costruttivo quando è pensato come una tappa di un più
ampio progetto volto al benessere del minore e del suo nucleo familiare, con la prospettiva della
riunificazione familiare. Si tratta, quindi, non solo di prevedere un accompagnamento professionale
competente del bambino nella fase di passaggio dalla sua famiglia a un’altra – in molti casi – a lui
sconosciuta ma, anche, di attivare tutte le risorse della comunità locale, promuovendo una cultura
dell’accoglienza e protezione dell’infanzia e di sostegno alla genitorialità, facendo rete tra servizi
istituzionali, del privato sociale e della società civile in senso ampio.
Obiettivo generale delle presenti Linee Guida provinciali è di assicurare, nel territorio provinciale
piacentino, un maggior livello di efficacia agli interventi di affido familiare, attraverso il potenziamento del
livello qualitativo e organizzativo, e sviluppando una maggiore omogeneità nelle pratiche operative, nel
5
rispetto e in attuazione della Legge 149/2001 e della direttiva regionale sull’accoglienza (Delibera Giunta
regionale 1904/2011) e delle Linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare (2012).
Più concretamente, le Linee Guida provinciali possono rappresentare – così come delineato nelle recenti
Linee guida nazionali1 - un valido strumento per:
-
costituire il punto di riferimento-base per sostenere il funzionamento dei servizi deputati alla
realizzazione degli interventi di affidamento, armonizzando le pratiche di intervento, le culture, i
metodi di lavoro (evitando eccessiva burocratizzazione), valorizzando le specificità territoriali;
-
condividere alcuni principi guida nelle pratiche di affidamento familiare, in modo che gli operatori
sociali possano disporre di strumenti professionali idonei ad affrontare la complessità delle situazioni
familiari e dei diversi piani di intervento che l’affido sempre implica;
-
garantire un accesso omogeneo ai servizi e al processo di presa in carico dei bambini e delle famiglie
ai servizi;
-
rendere più omogenei per quanto possibile, su scala provinciale, la gestione e il trattamento degli
aspetti amministrativi connessi all’affidamento familiare (ad es. la gestione dei contributi alle
famiglie affidatarie, dei rimborsi spese, delle coperture assicurative nonché la possibilità di
riconoscere delle agevolazioni tariffarie) e degli aspetti connessi alle modifiche che possono
intervenire nelle situazioni delle famiglie (naturali e affidatarie), come ad esempio, il cambio di
residenza e le conseguenze relative alla titolarità dell’intervento e della presa in carico;
-
garantire una presa in carico efficace, efficiente e sempre più appropriata ai bambini e ai ragazzi che
sono coinvolti nella delicatissima transizione da una famiglia ad un’altra, nonché sempre più
appropriata ai bisogni e ai diritti delle famiglie d’origine e capace di coinvolgere e sostenere le
famiglie disponibili all’accoglienza.
Relativamente al coinvolgimento di tutti i soggetti interessati dal progetto di affido familiare, si riconosce
come fondamentale il ruolo e l'attività dei servizi territoriali, in stretta collaborazione con il privato sociale.
La realizzazione dell’affido familiare comporta, infatti, l’attivazione di diverse risorse e l’attuazione di
altrettante fasi, a partire dalla promozione, alla formazione, fino ad arrivare all’attuazione di un progetto vero
e proprio, ivi compresa la sua valutazione.
Le fasi dell’affido possono essere così sintetizzate:
-
sensibilizzazione sull’affidamento familiare, promossa dai diversi Enti pubblici e privati presenti
nel territorio, attuata attraverso campagne informative, momenti d'incontro o altre iniziative rivolte
alla cittadinanza, al fine di far conoscere le caratteristiche dell’affido e le esperienze in atto e
1
Raccomandazione n. 122.1: “Si auspica l’adozione di un atto deliberativo, a livello dell’ambito territoriale individuato
per la gestione dei servizi sociali, che definisca le modalità tecniche ed operative in materia di affidamento familiare, recependo le
indicazioni regionali, da declinare con maggiore dettaglio possibile, (…..”.
6
sollecitare disponibilità da parte di famiglie all’accoglienza temporanea di bambini nella propria
casa;
-
informazione sull’affidamento familiare, attraverso l’incontro tra operatori dei servizi territoriali,
dei centri per le famiglie, del volontariato familiare e le famiglie/persone interessate, al fine di
presentare gli aspetti normativi e le implicazioni relative all’adesione a un progetto di aiuto e di
accoglienza di un minore in difficoltà;
-
formazione/informazione, attraverso la realizzazione di adeguati percorsi di approfondimento delle
tematiche relative all’affido familiare, promossi dal servizio pubblico con l’ausilio e la
collaborazione del privato sociale2;
-
conoscenza e valutazione delle disponibilità, attraverso colloqui individuali o di coppia con gli
operatori psico-sociali dedicati e le famiglie/persone interessate, per l’approfondimento delle
caratteristiche del nucleo familiare e la sussistenza delle competenze genitoriali richieste. I
nuclei/persone considerate attivabili dovrebbero essere inseriti in un apposito elenco tenuto dal
competente servizio sociale3;
-
abbinamento tra un minore e una famiglia disponibile all’affidamento familiare, attraverso la
predisposizione - da parte dei servizi territoriali - del progetto di affido, che definisce le funzioni e
gli obiettivi di tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione dell’affido familiare;
-
sostegno e accompagnamento a tutti i soggetti coinvolti nel progetto d'affido, attraverso la
realizzazione di incontri specifici di monitoraggio e valutazione dell’andamento del progetto
medesimo a cura dei servizi territoriali;
-
gruppi di incontro a sostegno della esperienza affidataria che possono essere attuati da soggetti
pubblici e, in raccordo con questi, da soggetti del terzo settore. Sono rivolti ai nuclei affidatari
interessati alla tematizzazione delle problematiche legate all’affidamento in un contesto di confronto
e condivisione gruppale.
2
Si veda Delibera G. R. n. 1904/2011, parte II, par 2.3, 2.4, 2.5, 2.6.
3
Si veda Delibera G. R. n. 1904/2011, parte II, par 2.7.
7
2. Riferimenti normativi
Esiste un’ampia normativa sui diritti dei bambini e specificatamente in tema di affido familiare. I riferimenti
legislativi più importanti sono i seguenti:
-
Legge n. 184, del 4.05.1983, “Diritto del minore ad una famiglia”, così come modificata dalla Legge
28.03.2001, n.149;
-
Legge n. 176, del 27.05.1991, “Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo”,
(New York 20 novembre 1989);
-
Legge Regionale Emilia-Romagna n. 2, del 12.03.2003, “Norme per la promozione della
cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;
-
Legge Regionale Emilia-Romagna, n. 14, del 28.07.2008, “Norme in materia di politiche per le
giovani generazioni”;
-
Deliberazione G. R. Emilia-Romagna, n. 1904, del 10.12.2011, “Direttiva in materia di affidamento
familiare e accoglienza in comunità e sostegno alle responsabilità familiari”, integrata con le
modifiche apportate dalla D.G.R. 14 luglio 2014 n.1106 “Modifiche ed integrazioni alla DGR 19
dicembre 2011, n.1904”;
-
Linee Guida del Coordinamento Nazionale Servizi Affido, di cui l’Amministrazione provinciale di
Piacenza ha deliberato la partecipazione con atto della G. P. n. 362, del 9.08.2007.
-
Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, Accordo tra Ministero del Lavoro e delle Politiche
sociali, Regioni, Province autonome, di Trento e Bolzano, Autonomie locali, 2012.
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3. L’affidamento familiare e le sue caratteristiche
3a. I riferimenti culturali e normativi dell’affidamento familiare
L’affidamento familiare è presente nell’ordinamento italiano dal 1983, quando fu promulgata la legge 184, al
termine di un lungo periodo di confronto nel paese, che ha coinvolto magistrati, operatori dei servizi,
associazioni e realtà del volontariato.
L’art. 1 della Legge 184/83 afferma il diritto del minore a vivere nella propria famiglia e l’affidamento
familiare è indicato come una misura di protezione temporanea di un bambino dalla famiglia di origine che
prevede il suo allontanamento dal nucleo familiare d’origine e l’accoglienza in una famiglia affidataria che, a
sua volta, rappresenta una risorsa e un ambiente relazionale naturale e arricchente. Essa accoglie in maniera
adeguata il bambino, lo cura e lo educa, mentre la sua famiglia di origine è aiutata a risolvere i problemi che
hanno causato l’allontanamento temporaneo.
È un atto responsabile di solidarietà verso un bambino o un ragazzo e la sua famiglia di origine che comporta
un impegno:
-
sociale da parte della comunità, che si esprime attraverso l’intervento formale dei servizi sociali
pubblici e l’attivazione delle reti e delle associazioni presenti nel territorio,
-
personale, che si esprime attraverso l’intervento di una famiglia affidataria.
L’affido familiare persegue due obiettivi di base profondamente interconnessi tra loro:
-
offrire ai genitori naturali un’opportunità di distanziarsi temporaneamente dai loro figli per cercare di
risolvere le loro difficoltà con l’aiuto degli operatori sociali;
-
far sperimentare ai minori un ambiente di crescita aggiuntivo che possa contribuire ad aumentare la
qualità della loro vita e a sostenere la loro crescita.
La legge 149/2001 rafforza quanto affermato nella legge del 1983 confermando l’impegno a carico dello
Stato, delle Regioni e degli enti locali affinché siano disposti interventi di sostegno e di aiuto ai nuclei
familiari in difficoltà e limitando il ricorso a interventi di allontanamento alle sole situazioni in cui i bambini
si trovino, anche se solo temporaneamente, “privi di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi
di sostegno e di aiuto disposti” (art. 2, c. 1).
Inoltre la legge indica con chiarezza come prioritario – tra gli interventi di allontanamento possibili –
l’affidamento presso una famiglia, preferibilmente con figli piccoli, o presso una persona singola, in grado di
assicurare al minore il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno (art.
2, c. 1).
Con questa legge si è completato il percorso di sintonizzazione della normativa nazionale a quella
internazionale che affermano prioritariamente la centralità del ruolo della famiglia per il bambino e
l’importanza di adottare tutte le misure necessarie affinché questa, anche in situazioni difficili, possa, di
fatto, svolgere le sue funzioni.
9
La Direttiva regionale 1904/2011 opportunamente considera che l’allontanamento dalla famiglia d’origine è,
sempre - per il bambino e per la sua famiglia – una possibilità alla quale ricorrere in caso di reale e
comprovata necessità.
La L.R. 14/08, all’art. 23 (Prevenzione in ambito sociale) prevede che la Regione riconosca la necessità di
comprendere nel percorso di prevenzione del disagio dei bambini e degli adolescenti un accompagnamento
competente dei genitori, mirato a sostenere e sviluppare le loro possibilità e disponibilità affettive, accuditive
ed educative, eventualmente compromesse, e in vista di un loro recupero. Tale accompagnamento è
finalizzato a garantire, a tutto il nucleo, un clima familiare e sociale soddisfacente e rispettoso dei bisogni
evolutivi dei suoi membri più giovani “anche, se necessario, mediante interventi terapeutici o sociali
adeguati”.
Per rendere concreta questa prospettiva occorre attivare tutte le risorse della comunità sociale per realizzare,
in modo articolato, tutti i livelli di prevenzione che la legge raccomanda.
Le recenti Linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare affermano, ancora un volta, la validità
dell’affido in ragione del fatto che l’affido è uno strumento che:
-
si basa sulla visione positiva delle possibilità di cambiamento delle persone e delle famiglie e, in
particolare dei bambini;
-
permette una rilettura del principio del "supremo interesse del bambino" alla luce dell'importanza dei
legami e delle relazioni;
-
offre una possibilità di reale concretizzazione dell’esigenza di riunificazione ed emancipazione delle
famiglie, non tanto dell’esigenza di separare;
-
supera la logica del controllo e della sanzione, soprattutto nei confronti della famiglia che va, invece,
sostenuta nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue responsabilità;
-
considera il bambino e i suoi genitori quali i principali soggetti dell'intervento, essendo portatori di
risorse, grazie alla valutazione delle risorse e delle competenze di resilienza e alla predisposizione di
interventi adeguati di supporto. Gli affidatari e gli operatori dei diversi servizi implicati costituiscono
il quadro unitario dei decisori e dei partner dell'intervento;
-
implica una reale sussidiarietà in cui i servizi pubblici e del privato sociale e le espressioni formali e
informali della società civile si integrano reciprocamente nel rispetto delle specifiche competenze.
3b. Tipologie e forme dell’affidamento familiare
L'affidamento familiare, per il minore e la sua famiglia, è pertanto un intervento di aiuto temporaneo, della
durata massima di 24 mesi, e strettamente connesso alle difficoltà di entità e durata variabile della famiglia
d'origine. L’affidamento familiare può avere durata superiore a 24 mesi, ma deve essere prorogato dal
Tribunale per i Minorenni, qualora la sospensione dell’affido rechi pregiudizio al minore.
10
La normativa prevede due tipologie di affidamento familiare in relazione all’esistenza del consenso da parte
della famiglia d’origine:
 affidamento consensuale: è disposto dal servizio sociale territorialmente competente, con
provvedimento dell’ente locale reso esecutivo dal Giudice Tutelare 4 previo consenso dei genitori o
del tutore, nonché del consenso del minore dopo il compimento del dodicesimo anno di età o anche
di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento;
 affidamento giudiziale, è disposto, a prescindere dal consenso della famiglia d'origine, con
provvedimento del Tribunale per i Minorenni che si avvale del servizio sociale territorialmente
competente per la sua attuazione e vigilanza5.
In considerazione delle caratteristiche della situazione di disagio del minore e della sua famiglia,
l’affidamento familiare può assumere forme differenti in base al tempo e ai rapporti tra le famiglie:
 in relazione al rapporto tra le famiglie: l’affidamento può essere di tipo intra-parentale o extrafamiliare. Il servizio sociale territoriale può disporre un affidamento entro la rete parentale se registra
un legame particolarmente significativo del minore con i parenti, entro il quarto grado 6, e se accerta
che tale soluzione sia la più consona agli interessi del minore, previa valutazione della loro
competenza educativa. In caso contrario dispone un affidamento a una famiglia che non ha legami di
parentela con la famiglia d’origine, scelta tra le famiglie disponibili all’accoglienza di bambini
presso di sé;
 in relazione al tempo: l’affidamento può essere a tempo pieno, quando il minore è accolto nella
famiglia affidataria giorno e notte, pur prevedendo periodi di rientro del bambino in famiglia
d’origine e/o incontri con essa oppure può essere a tempo parziale, diurno o d’appoggio. Si tratta di
un intervento di sostegno che si realizza attraverso l’accoglienza di un minore presso un’altra
famiglia per alcune ore del giorno, per alcuni giorni della settimana o per brevi periodi. Permette di
fornire un supporto al minore evitando di allontanarlo dalla famiglia d’origine e dal suo ambiente di
vita. Per situazioni familiari particolarmente complesse, che incidono pesantemente sulla possibilità
di svolgere la funzione genitoriale, soprattutto legate a problematiche personali come
tossicodipendenza, alcolismo, problemi psichiatrici, spesso aggravate da criticità relative
all'abitazione e al lavoro, l’affido familiare potrebbe configurarsi come provvedimento a lungo
termine.
4
Legge 149/2001, art.1 comma 1.
5
Legge 149/2001, art.1 comma 2.
6
L’affidamento a parenti oltre il quarto grado segue le regole dell’affidamento eterofamiliare, sia consensuale che
giudiziale.
11
L’affidamento familiare può assumere carattere di urgenza qualora il servizio sociale territorialmente
competente ravvisi aspetti di grave pregiudizio per il minore rispetto al quale si determina la necessità di una
forma importante di tutela e protezione. L’accoglienza in famiglia è prevista per un periodo massimo di 45
giorni. In particolare, riguardo i bambini di età compresa tra zero e sei anni si dispone che il collocamento in
emergenza sia sempre garantito, presso una famiglia o una comunità familiare, in linea con quanto previsto
dalla Direttiva Regionale7.
In molti casi sono collocati in affidamento, dai servizi territorialmente competenti, anche minori di
nazionalità diversa da quella italiana e laddove la famiglia accogliente è della stessa nazionalità/etnia si
configura una situazione di affido omoculturale.8
3c. Altre forme di sostegno a famiglie e minori
Quando occorre, si possono attuare, in un regime di consensualità, forme d'accoglienza che non prevedono la
separazione tra minore e famiglia, quale il buon vicinato, inteso come accoglienza, come vicinanza al
disagio, alle difficoltà, alle fatiche dei minori e dei loro genitori. Concretamente, si va dall’aiuto attraverso
azioni quotidiane, anche di tipo organizzativo, al sostegno nell'organizzazione della famiglia in momenti
particolari, all'accompagnamento, all'autonomia anche di giovani adulti 9, già in carico ai servizi per minori.10
7
Si veda Delibera G.R. 846/07, parte II, par 6.1. Nel 2012 nel territorio piacentino si è realizzato il progetto “La famiglia
ponte: affido di neonati e bimbi piccoli” , promosso dall'Associazione dalla parte dei bambini in convenzione con il Comune di
Piacenza. Le azioni principali che sono state realizzate afferiscono ad una formazione destinata a tutti gli operatori dei servizi e del
privato sociale del territorio del Comune di Piacenza coinvolti nell’affido di neonati e bimbi piccoli, e un seminario finale pubblico
aperto a tutti gli operatori della provincia. Nel 2014 il progetto ha visto la collaborazione dell'Amministrazione provinciale ed è
proseguito con un intervento su scala provinciale nella forma di un Percorso di formazione specifico per famiglie che aspirano a
candidarsi all'affido di neonati e bimbi piccoli.
8
Si veda Delibera G.R. 846/07, parte II, par 6.2.
9
Per giovani adulti s’intendono i ragazzi dai 18 ai 21 anni.
10
Tra le sperimentazioni in corso in provincia di Piacenza vi è il progetto “Famiglia affianca famiglia”, promosso
dall’Associazione Dalle parte dei bambini, dall’Associazione Genitori Insieme di Cadeo, dall’Associazione Amici Casa del fanciullo,
dall’Associazione PACE, dall’Associazione A.Ge. di Fiorenzuola con la collaborazione di diversi soggetti partner (Azienda Usl –
Servizio sociale delegato di Levante, Comuni di Cadeo, Caorso, Fiorenzuola, …..).
12
4. I protagonisti dell’affidamento familiare
4a. Il primo protagonista: il bambino
Ogni affido nasce ed è reso possibile dal coinvolgimento, soprattutto, del minore e della sua famiglia e della
famiglia affidataria.
Il minore è il protagonista dell'affido: nel momento in cui si progetta l'inserimento presso una nuova
famiglia, il bambino o ragazzo, presumibilmente, sta vivendo situazioni di disagio - più o meno gravi – nel
proprio nucleo familiare che, non sempre, è in grado di comprendere. Ha un grande bisogno di affetto, che
desidererebbe dalla propria famiglia e, per questo, può fare fatica a concepire, soprattutto inizialmente, di
poter stare bene in un'altra famiglia che non sia la sua.
Egli ha bisogno di un accompagnamento graduale, con tempi e modi adeguati, che gli permetta di
comprendere la situazione e sviluppare consapevolezza dell'esperienza che si appresta a vivere, per maturare
progressivamente la capacità di apprezzare la presenza di una famiglia in più, non come lacerazione, ma
come arricchimento benefico: l'esperienza di "essere tra due famiglie" può rappresentare, infatti,
un'occasione di crescita equilibrata, che si alimenta da entrambe le appartenenze.
In forza di questi aspetti, al bambino vanno assicurate adeguate situazioni di ascolto, attenzione, cura e
rispetto, nella consapevolezza che si sta costruendo un'occasione importante per il futuro e per la vita, sua e
della sua famiglia, e che il distacco dalla propria famiglia può costituire occasione di sofferenza e
disorientamento che si aggiunge e intreccia con quella derivante dalla situazione familiare.
I minori, accolti in una realtà familiare equilibrata e disponibile hanno diritto:
-
ad essere preparati, informati e ascoltati rispetto al progetto del loro affido 11;
-
a mantenere durante l'affido, se e come previsto dal progetto, i rapporti con la propria famiglia
d'origine;
-
a mantenere e rafforzare le tradizioni della cultura d’origine, nel rispetto dell’integrazione delle
tradizioni del nuovo nucleo;
-
a mantenere i rapporti con la famiglia affidataria anche al termine dell'affido, quando non vi siano
controindicazioni.
11
“Articolo 12: Gli Stati parti devono assicurare al fanciullo capace di formarsi una propria opinione il diritto di
esprimerla liberamente ed in qualsiasi materia, dando alle opinioni del fanciullo il giusto peso in relazione alla sua età ed al suo
grado di maturità. A tal fine, verrà in particolare offerta al fanciullo La possibilità di essere ascoltato in qualunque procedimento
giudiziario o amministrativo che lo riguardi, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un'apposita istituzione, in conformità
con le regole di procedura della legislazione nazionale.” (Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, 1989).
13
4b. Il secondo protagonista: i genitori naturali
I genitori naturali oggi sono da considerare ugualmente soggetti protagonisti dell’affidamento familiare
poiché la direzione culturale intrapresa è quella di cercare di coniugare insieme il diritto personale del
minore a essere educato nella propria famiglia insieme al diritto/dovere dei genitori di educare il figlio.
L’enunciato di base della legge 149/2001 rappresenta – a questo proposito – un punto di riferimento
imprescindibile: va garantito a ogni bambino il diritto a vivere nella propria famiglia. Ciò determina che
l’affidamento dovrebbe avere come fine la tutela del minore attraverso la riqualificazione delle competenze
parentali dei genitori.
La tutela del minore, l’allontanamento e l’inclusione dei genitori nel processo dell’aiuto appaiono facilmente
come aspetti antitetici, in realtà sono facce della stessa medaglia: non c’è inconciliabilità tra l’intervento
(sociale, psicologico e educativo) con il bambino e quello con la sua famiglia di origine.
In ragione di questo fine ci si dovrebbe aspettare che al centro della scena non ci sia solo la tutela del minore
quanto il lavoro sulla relazione tra genitore e figlio e quindi sulla genitorialità, il lavoro di recupero della
competenza genitoriale.
I genitori naturali, accompagnati dagli operatori dei servizi territoriali nel comprendere le motivazioni che
hanno determinato l’allontanamento temporaneo del figlio, affinché siano protagonisti dell’affido devono:
-
essere informati sulle finalità dell'affidamento in generale e per lo specifico progetto;
-
essere coinvolti in tutte le fasi del progetto d'affido;
-
mantenere durante l'affido familiare, se e come previsto dal progetto, i rapporti con il proprio figlio;
-
mantenere rapporti costanti e collaborativi con gli operatori per favorire il buon andamento
dell'affido;
-
mantenere rapporti con la famiglia affidataria e con il minore, tenendo conto di eventuali
disposizioni dell'Autorità Giudiziaria e di quanto concordato dagli operatori referenti in relazione al
progetto;
-
impegnarsi per il superamento delle condizioni che hanno portato all'allontanamento del minore, per
favorirne il rientro, in collaborazione con gli operatori dei servizi;
-
essere coinvolti in un progetto di sostegno e cura finalizzato al recupero delle capacità affettive ed
educative;
-
rispettare la privacy della famiglia affidataria, in ottemperanza alla specifica legislazione in merito.
4c. Il terzo protagonista: la famiglia affidataria
Gli affidatari scelgono di vivere l’esperienza dell’affidamento in ragione di un forte impegno di solidarietà e
vivono un'esperienza impegnativa ma, certamente, di arricchimento e completamento della propria vita.
Affidatari possono essere famiglie, di preferenza con figli, coppie e persone singole, che hanno scelto
consapevolmente e liberamente di dare la propria disponibilità all’accoglienza di uno o più minori.
14
Data la particolare delicatezza del compito degli adulti, che vengono a contatto con bambini e ragazzi
allontanati dalla famiglia, si rende necessario che gli stessi possiedano idonee qualità relazionali e
psicologiche.
Agli affidatari è richiesto di esprimere:
-
condivisione all’interno del nucleo affidatario delle motivazioni all’affido;
-
capacità affettiva ed educativa per saper accettare e rispettare la storia del bambino, le sue origini, il
suo mondo relazionale, riconoscendone le caratteristiche culturali, religiose ed etniche;
-
disponibilità reale (tempo, spazio) ed emotiva (accoglienza) ed un sostanziale equilibrio di fondo;
-
disponibilità a tollerare i cambiamenti che possono verificarsi nel progetto per il bene del minore e
saper mantenere discrezione e rispetto nei confronti della famiglia di origine del bambino, anche nel
rispetto della legislazione sulla privacy;
-
disponibilità a compiere un percorso di sensibilizzazione, formazione e valutazione delle capacità
genitoriali.
Anche per gli affidatari è possibile mettere a fuoco alcuni diritti che vanno resi esigibili. Va loro garantita la
possibilità di:
-
essere preventivamente informati delle condizioni dell'affido che si propone loro;
-
essere coinvolti nella fase dell’ipotesi progettuale e del progetto d'accompagnamento
dell’affidamento familiare;
-
assicurare il mantenimento, la cura, l'educazione e l'istruzione del minore in affido, provvedendo, in
accordo con la famiglia d'origine e con gli operatori, anche alle necessità d'ordine sanitario,
intervenendo tempestivamente in caso di gravità ed urgenza, informandone il servizio sociale;
-
mantenere, secondo le indicazioni degli operatori e le eventuali disposizioni dell'autorità giudiziaria,
rapporti con la famiglia d'origine del minore in affido;
-
ricevere un contributo economico svincolato dal reddito familiare e facilitazioni per l'accesso ai
servizi (ad es. scolastici, sanitari, ecc.);
-
essere sostenuti mediante colloqui con le figure dell’équipe territoriale, attraverso un adeguato
numero di incontri in relazione agli obiettivi del progetto stesso (non meno di 6 incontri all’anno);
-
partecipare ad attività di sostegno (gruppi di incontri, formazione o altro) promosse dagli enti
pubblici, anche con la collaborazione del privato sociale.
5. La promozione e lo sviluppo dell’affidamento familiare nel territorio
5a. La promozione dell’affido
Sviluppare iniziative di promozione dell’affidamento non è utile solo per disporre delle famiglie solidali
necessario a costruire progetti di affidamento familiare ma, anche, per rafforzare nella società in senso
15
generale una maggiore attenzione alle problematiche familiari e minorili e una maggiore diffusione della
cultura dell’accoglienza.
Nel territorio piacentino, permane l'esigenza di sviluppare collaborazione tra i servizi sociali locali e le
associazioni del privato sociale, su scala provinciale, nonché di realizzare iniziative di promozione della
cultura dell'accoglienza, attraverso lo sviluppo di campagne informative e l’organizzazione di momenti di
informazione, incontro e confronto rivolti alla cittadinanza.
È molto importante nella fase di promozione e sensibilizzazione, progettare, organizzare e gestire iniziative
che possano raccordare tutti i soggetti pubblici e privati impegnati sul territorio, al fine di programmare tali
iniziative in maniera concertata e unitaria tra tutti i soggetti implicati, trovando sinergie, linguaggi e obiettivi
comuni.
Per una migliore riuscita delle azioni da attuarsi è necessario, in primo luogo, individuare quali siano le reali
esigenze del territorio, sulle quali in seguito orientare le attività da svolgere. Per questo le associazioni che si
occupano di affidamento svolgono un ruolo importante in virtù della loro prossimità e vicinanza con la
comunità e, quindi, possono coglierne criticità e fabbisogni particolari.
I destinatari delle iniziative di promozione sono molteplici, infatti, non si pensa solamente ai nuclei
potenzialmente interessati all'accoglienza, ma diventa strategico rivolgersi a un target misto, come bambini,
insegnanti, educatori, per veicolare attraverso il loro ruolo naturale forme di sensibilizzazione rispetto alla
tematica dell'affido.
Gli strumenti sinora messi in campo utilizzano diversi canali comunicativi per differenziarsi nella forma e
nei contenuti: negli anni si sono realizzati sia eventi culturali di promozione diffusa, come conferenze,
convegni, spettacoli teatrali..., sia di promozione mirata a gruppi più ristretti e appartenenti ad ambiti definiti
rispetto la tematica, come incontri rivolti alle associazioni di volontariato parrocchie o cooperative sociali.
I Centri per le famiglie ricoprono un ruolo rilevante nella promozione della cultura dell’accoglienza
familiare, nell’informazione alla cittadinanza, nelle consulenze personalizzate e nel sostegno attraverso
gruppi di sostegno alle famiglie che vivono l’esperienza dell’affido.
Grazie alla natura di forte integrazione fra pubblico e privato, i Centri per le famiglie sono un utile strumento
per la costruzione di reti di famiglie, per l’attivazione di risorse personali e comunitarie e per la
sperimentazione di nuove progettualità a livello locale.
5b. La formazione delle famiglie per l’affidamento
L’esito principale delle azioni promozionali dell’affido è l’individuazione di alcuni nuclei familiari
interessati e disponibili verso l’affidamento familiare.
Concretamente nel territorio piacentino le persone, coppie o nuclei famigliari interessati a ricevere maggiori
informazioni sull’affido possono rivolgersi:
12
-
al Servizio sociale minori del proprio Comune di residenza ( vedi indirizzario – Allegato A)
-
al “Punto affido - adozione” presso il Centro per le Famiglie del Comune di Piacenza, 12
Presso il Centro Civico Farnesiana – Galleria del Sole, 42 – 29122 Piacenza -telefono:0523/492379 –
e-mail:[email protected]
16
-
al Centro famiglie di Ponente,13
-
all’Associazione “Dalla parte dei Bambini”14 .
Superata la fase della conoscenza dell’affido, grazie alle azioni prima illustrate, per le famiglie interessate si
rende possibile la partecipazione ad un corso di formazione e informazione. Iniziative formative di questa
natura sono organizzati dagli Enti Locali in collaborazione con le realtà del privato sociale.
Generalmente ogni anno si realizza almeno un corso di formazione e, periodicamente, in prossimità
dell’avvio del corso, le assistenti sociali, coordinatrici dell’affido familiare a livello distrettuale, raccolgono i
nominativi delle famiglie interessate, attraverso la compilazione del modulo predisposto a tale scopo
(Allegato B).
Per una buona interazione tra conduttori e partecipanti si ritiene che il numero dei potenziali affidatari possa
essere compreso tra un minimo di 8 e un massimo di 20 persone.
A questi incontri di formazione partecipano generalmente, uno psicologo, un assistente sociale, i volontari
dell’Associazione “Dalla parte dei Bambini”, cui si aggiungono, in alcuni incontri, alcune testimonianze:
adulti che hanno in corso un’esperienza di affido, giovani che hanno vissuto direttamente l’esperienza
dell’affido, famiglie che hanno avuto figli collocati in famiglie affidatarie. Agli incontri partecipano, anche,
alcuni mediatori culturali per affrontare il tema dell’incontro culturale nell’esperienza dell’affido.
Il corso di formazione/informazione si pone alcuni obiettivi: offrire ai partecipanti una conoscenza
approfondita degli strumenti normativi e aiutare le famiglie a fare maggior chiarezza rispetto alle
motivazioni che li spingono a candidarsi all’esperienza di affido, approfondendo gli aspetti psicologici ed
emotivi di questa esperienza; migliorare, nei partecipanti, la conoscenza degli aspetti peculiari dell’affido e
aiutare i partecipanti a comprendere il ruolo dei servizi sociali e del privato sociale affinché possano cogliere
l’importanza e l’opportunità degli interventi messi in atto nella fasi di abbinamento e accompagnamento e si
lascino aiutare in tutte le fasi del processo; offrire alle famiglie partecipanti, un’occasione di conoscenza di
altri nuclei famigliari e di costruire rapporti con altre persone coinvolte in progetti di accoglienza.
Generalmente, il corso si articola in sette incontri della durata circa di 2 ore ciascuno con cadenza
quindicinale.
Quanto al metodo sono alternati momenti espositivi con momenti di lavoro personale o in piccoli gruppi,
privilegiando il coinvolgimento diretto dei partecipanti in esercitazioni attive, analisi di casi, narrazioni
riflessive, proiezioni di film, utilizzo di situazioni simulate, apporto di testimonianze di giovani e adulti che
hanno in corso esperienze di accoglienza.
13
Presso le sedi di Viale Amendola, 2 - 29015 Castel San Giovanni (PC) e il PUNTO INFO di Via Trebbia, 25 - 29029 Rivergaro
(PC)- telefono: 0523/843020 -e-mail: [email protected]
14
Contattando il numero 320/2173369 o mandando una mail a [email protected]
17
5c. Il sostegno e l’accompagnamento delle famiglie affidatarie
Agli affidatari è chiesto di svolgere un compito delicato e complesso: offrire al bambino “una famiglia in
più” per un determinato periodo di tempo senza mai sostituirsi completamente alla sua famiglia. Oltre a
garantire una situazione di stabilità familiare, devono stabilire una relazione affettiva, svolgere funzioni
educative e facilitare, in accordo con il progetto d’affido predisposto, il rapporto tra il bambino/ragazzo
accolto e la propria famiglia.
Assume, pertanto, grande importanza la possibilità di accompagnare e sostenere gli affidatari nello
svolgimento di questi compiti.
I comuni e i Distretti, anche in collaborazione con l’associazione “Dalla parte dei Bambini”, hanno
individuato nella modalità del “gruppo di sostegno tra affidatari” una modalità di risposta adeguata a questo
bisogno.15
Concretamente ciò si traduce nella realizzazione di incontri, generalmente con periodicità mensile - da
settembre a giugno, per una durata di 3 ore ciascuno.
Il gruppo è condotto da uno psicoterapeuta che si avvale del supporto di un “genitore affidatario esperto”.
Partecipare al gruppo significa, per le famiglie affidatarie, condividere esperienze, coinvolgersi, mettersi in
discussione e maturare individuando in modo differenziato – da nucleo a nucleo - le risposte più adeguate
alle situazioni che essi si trovano ad affrontare durante le esperienze di affido, non offrendo risposte predeterminate e generiche.
L’esperienza di condivisione, di “universalità” dei problemi, di reale sostegno e comprensione è ciò che
maggiormente caratterizza questi incontri.
Il ruolo dello psicoterapeuta è di mantenere alta l’attenzione sul “focus” del gruppo, cioè gli aspetti emotivi
che riguardano il bambino e le esperienze che sta vivendo nella relazione con i diversi soggetti del nucleo
affidatario. È importante capire le ambivalenze che egli si trova sovente a vivere in queste situazioni, ma
anche i pregiudizi che possono essere vissuti ed espressi dagli affidatari. Allo stesso modo è importante
valorizzare - nel gruppo - gli aspetti di soddisfazioni che le esperienze di accoglienza permettono alle
famiglie di vivere e possono aiutare la crescita personale e dell’intero nucleo familiare.
6. La realizzazione del percorso dell’affidamento di un minore
L’affidamento familiare nella sua declinazione concreta necessita una prospettiva progettuale fortemente
personalizzata che, come esposto, nel territorio piacentino implica l’apporto di due diverse équipe di
operatori: l’équipe territoriale e l’équipe affido.
15
Per il Distretto di Ponente i gruppi di sostegno sono organizzati anche dai Servizi territoriali come il Centro di sostegno per
le famiglie a Castel San Giovanni, da circa quattro anni.
18
6a. L’équipe territoriale (I° livello)
Gli operatori dell’équipe territoriale s’impegnano a:
-
lavorare in una logica di integrazione sia tra le diverse figure professionali che la compongono, sia in
relazione alla collaborazione con l’équipe affido, per quanto concerne l’ipotesi di abbinamento tra
bambino e famiglia affidataria;
-
definire, in una prima fase, l’ipotesi progettuale, per la presentazione della situazione ai potenziali
affidatari, fondata su una valutazione di effettiva appropriatezza dell’affidamento familiare, data
dalla corrispondenza/congruenza tra le esigenze del bambino e della sua famiglia con le
caratteristiche e disponibilità del nucleo affidatario;
-
accompagnare il percorso dell’affido in tutte le diverse fasi.
6b. L'équipe affido
L’équipe affido è responsabile del percorso di conoscenza e valutazione della disponibilità delle famiglie
candidate all’affido. È composta da un assistente sociale e da uno psicologo, i quali incontrano,
congiuntamente, le famiglie interessate all’affido, presso il Servizio e a domicilio. Attualmente ogni distretto
ha configurato o sta configurando un’équipe formata dagli stessi operatori.
Al fine di approfondire la conoscenza del nucleo e la sussistenza delle competenze richieste, durante tale
percorso si raccolgono informazioni inerenti le motivazioni che hanno spinto gli interessati all’affido
famigliare, il contesto famigliare e sociale, le dinamiche relazionali famigliari, le problematiche specifiche
dell’affido.
L’équipe provvede, infine, alla valutazione e alla relativa restituzione agli interessati circa l’idoneità alle
singole tipologie di affido - in un incontro specifico - e, successivamente, inserisce i nominativi delle persone
idonee all’affido nella banca dati distrettuale.
A fronte di una richiesta di affidamento famigliare, l’équipe affido propone i nominativi di famiglie
disponibili con le caratteristiche ritenute più idonee per il progetto di affido in via di predisposizione per lo
specifico minore e per la specifica situazione familiare.
6c. L’ipotesi progettuale
Il primo passo progettuale è costituito dalla predisposizione di una prima ipotesi progettuale che deve
contenere gli elementi essenziali indicati nella Legge 184/83 all'art. 4, commi 3 e 4, per la definizione del
provvedimento di affidamento. Tali elementi riguardano:
-
motivi e obiettivi del provvedimento di affidamento;
-
tempi e modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, previsti dalla normativa, da
specificare in relazione alle singole situazioni;
-
modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti del nucleo familiare possono mantenere i
rapporti con il minore;
19
-
riferimenti del servizio sociale territoriale titolare della responsabilità di predisposizione del progetto
di intervento e della vigilanza durante il progetto di affidamento, con l'obbligo di aggiornare
costantemente il Giudice Tutelare o il Tribunale per i Minorenni, a seconda che si tratti di affido
consensuale o giudiziale.
6d. Il progetto di accompagnamento
In seguito all'ingresso del bambino o ragazzo nel nucleo affidatario, l'équipe sociosanitaria sarà nelle
condizioni di poter approfondire le caratteristiche e le necessità del progetto di affido in corso, sia
relativamente al minore e alla famiglia d'origine, sia per quanto concerne la famiglia affidataria.
Diventa, quindi, possibile integrare la prima ipotesi progettuale grazie ai nuovi elementi emersi, potendo
definire così un progetto, più completo e articolato, di accompagnamento del bambino e degli adulti coinvolti
nell'esperienza di affido.
Il gruppo di lavoro degli operatori, di norma coincidente con l'équipe sociosanitaria territoriale, stabilisce le
modalità operative del progetto di accompagnamento e ne assicura l’attuazione. Quando il bambino è
interessato da processi d’inserimento scolastico e d’integrazione nelle esperienze di tempo libero, può essere
coinvolta anche la figura dell’educatore professionale.
Il progetto di accompagnamento espliciterà:
-
l’operatore che – tra i componenti del gruppo di lavoro – assume il ruolo di referente di progetto,
cioè colui cui è attribuita la responsabilità della conduzione e attuazione dello stesso e che
costituisce, altresì, il riferimento per il gruppo di lavoro, per le famiglie coinvolte, nonché per gli
uffici giudiziari interessati;
-
gli interventi che dovranno essere svolti da ciascuno degli operatori, a supporto del bambino e/o
degli affidatari e/o della famiglia d'origine;
-
le consulenze specialistiche da attivarsi per approfondire, laddove si reputi necessario, specifiche
difficoltà del bambino e il supporto di risorse del volontariato;
-
il possibile ausilio di mediatori culturali, adeguatamente formati, per la famiglia affidataria, qualora
l'affidamento coinvolga bambini o ragazzi di altra cultura;
-
le modalità di gestione degli imprevisti e delle emergenze che coinvolgono il bambino o ragazzo o
gli adulti, che devono essere messi nelle condizioni di reperire gli operatori interessati nel più breve
tempo possibile;
-
la figura professionale che, all'interno del gruppo di lavoro, e in modo continuativo, cura una
relazione fiduciaria con il bambino o ragazzo, e costituisce punto di riferimento dedicato. Il ruolo di
questa figura, facilmente contattabile dal bambino o ragazzo è di aiutarlo, di garantirgli chiarezza
rispetto alla sua situazione, con parole vere e certe;
-
la frequenza delle relazioni di verifica che andranno inviate alle competenti autorità giudiziarie.
La capacità di ascolto va, comunque, assicurata da tutti gli operatori che hanno una relazione significativa
con il minore affidato, oltre che promossa nelle figure parentali coinvolte. In ogni caso l’incontro con il
20
bambino o ragazzo nei colloqui o durante le visite domiciliari deve prevedere, in relazione alla sua età, una
particolare attenzione alla esplicitazione della funzione dell’operatore e del significato dell’incontro.
Analogamente, attraverso progetti sperimentali, il servizio pubblico dovrà attivare risposte per il sostegno dei
nuclei d’origine ad integrazione degli incontri periodici con l’équipe territorialmente competente.
6e. Il termine dell’affidamento familiare
L’affidamento familiare termina con il rientro del minore nella famiglia d’origine qualora si realizzino le
condizioni stabilite dal progetto e, comunque, valutando l’interesse prioritario del minore.
La programmazione e gli interventi, propri della fase di conclusione, devono considerare:
-
il sostegno al bambino per l’elaborazione del distacco dalla famiglia affidataria o dalla comunità e la
preparazione al rientro presso il nucleo d’origine o verso altra accoglienza prevista nel suo interesse;
-
la definizione dei tempi e delle modalità più favorevoli al reinserimento nella famiglia di origine o
nella nuova situazione;
-
la valutazione dell'opportunità del mantenimento di rapporti con la famiglia affidataria, da
considerarsi come diritto da garantire salvo controindicazioni che emergano dall’esperienza
specifica;
-
la gradualità nell’eventuale reinserimento o nuovo inserimento, modulato a seconda della specificità
delle singole situazioni.
6f. La prospettiva futura: la costruzione del Progetto Quadro
Ogni affidamento familiare rappresenta un'esperienza a sé e, secondo quanto espresso in norme e linee guida,
per ogni affidamento dovrebbe essere predisposto un progetto specifico, denominato Progetto Quadro,
definito sulla base dei problemi e dei bisogni del minore e della sua famiglia, oltre che sulle disponibilità del
nucleo affidatario e redatto in forma scritta.
Tutto ciò avviene, nel paese e anche in provincia di Piacenza, in forma non omogenea e non standardizzata,
in ragione di una svariata serie di motivi.
La consapevolezza di questa situazione determina, in questo documento, la decisione di considerare il tema
del Progetto quadro non come un contenuto già parte dell’operato dei servizi, bensì come un auspicio per il
futuro.
La prospettiva, pertanto, è che le Linee guida provinciali, una volta approvate, possano diventare un volano
di cambiamento sociale che investe i lavoratori, le imprese e le famiglie, affinché si sviluppi una nuova
sensibilità verso l’affidamento imperniata su specifici indicatori che, oltre a essere individuati, siano anche
tenuti sotto controllo.
Il Progetto quadro rappresenta, infatti, la cornice operativa in cui sono incluse le scelte fondamentali di
intervento sulla famiglia d'origine, sia il progetto sul bambino, che saranno ulteriormente approfondite e
dettagliate all'interno del progetto di accompagnamento all'affidamento familiare o del progetto educativo
individualizzato (P.E.I.) o educativo-psicologico.
21
Esso deve contenere la descrizione e specificazione:
-
delle motivazioni che portano alla scelta dell’affido;
-
degli obiettivi da raggiungere;
-
del tipo di affido e la durata prevista;
-
delle modalità e frequenza di rapporti tra la famiglia di origine e la famiglia affidataria;
-
degli interventi di supporto/affiancamento al minore, alla famiglia affidataria e di recupero delle
competenze genitoriali della famiglia di origine;
-
della valutazione della recuperabilità delle competenze genitoriali della famiglia d’origine; obiettivi
e forme di recupero;
-
degli spazi di verifica periodica del progetto;
-
degli impegni della famiglia affidataria e della famiglia di origine;
-
delle condizioni che possono consentire il rientro del minore nel nucleo di origine;
-
dell’entità del contributo economico erogato.
La formulazione del Progetto quadro da parte dell’équipe territoriale dovrebbe coinvolgere, ove possibile, la
famiglia d'origine, il minore e la famiglia affidataria entro i sessanta giorni successivi all'ingresso del
bambino nel nucleo affidatario, anche per facilitare la verifica dell’esperienza e la valorizzazione del
processo di inserimento e dei primi risultati conseguiti e/o delle prime problematiche emerse.
La caratteristica di ogni progetto di affido è la flessibilità, in modo da consentire eventuali modifiche in
relazione all’effettivo evolversi della situazione.
Si auspica, inoltre, nei prossimi anni, che i soggetti istituzionali coinvolti nelle attività di sensibilizzazione e
promozione programmino sistematicamente le fasi di realizzazione attraverso gli appositi incontri annuali dei
tavoli tecnici, e ricerchino continuamente collaborazioni sul territorio, al fine di replicare o rinnovare le
iniziative messe in campo, nelle modalità più consone con i cambiamenti che possono avvenire nel tempo.
22
23
ALLEGATO A)
Per ricevere informazioni sull'esperienza dell'affido è possibile rivolgersi ai servizi sociali di riferimento
rispetto al proprio Comune di residenza o a realtà del privato sociale operanti sul territorio piacentino.
DISTRETTO DELLA CITTA' DI PIACENZA
COMUNE DI PIACENZA
Servizi sociali
Sede centrale
Via Taverna, 39 Piacenza
Tel. 0523.458317
[email protected]
Centro per le famiglie
Galleria del Sole, 42 Piacenza
presso Centro commerciale Farnesiana
Tel. 0523.492379
[email protected]
DISTRETTO DI PONENTE
ASP AZALEA
Servizi sociali
Via Seminò, 20 Borgonovo V.T.
Tel. 0523.1885915
[email protected]
Centro di sostegno per le famiglie
Viale Amendola, 2 Castel San Giovanni
Tel.0523.843020
[email protected]
DISTRETTO DI LEVANTE
AZIENDA UNITA' SANITARIA LOCALE
Servizi sociali
Via Garibaldi, 33 Fiorenzuola D'Arda
Tel. 0523.989922
UNIONE MONTANA VALLI TREBBIA E
LURETTA
Servizi sociali
Via Garibaldi, 48 Bobbio
Tel. 0523.932241-42
[email protected]
COMUNE DI CAORSO
Servizi sociali
P.zza Rocca, 1 Caorso
Tel. 0523.814742
[email protected]
COMUNE DI GOSSOLENGO
Servizi sociali
P.zza Roma, 16 Gossolengo
Tel. 0523.770722
[email protected]
COMUNE DI PODENZANO
Servizi sociali
Via Montegrappa,90 Podenzano
Tel. 0523.554644-45
[email protected]
COMUNE DI PONTE DELL'OLIO
Servizi sociali
Via Veneto, 147 Ponte dell'Olio
Tel. 0523.874432
[email protected]
COMUNE DI RIVERGARO
Servizi sociali
Via San Rocco, 24 Rivergaro
Tel. 0523.953517
[email protected]
COMUNE DI SAN GIORGIO
Servizi sociali
P.zza Torrione, 4 San Giorgio
Tel. 0523.370700
[email protected]
COMUNE DI VIGOLZONE
Servizi sociali
P.zza Serena, 18 Vigolzone
Tel. 0523.872730
[email protected]
UNITA' OPERATIVA ASSISTENZA
PSICOLOGICA DI BASE
Sede centrale
Piazzale Milano, 2 Piacenza
0523.317604
ASSOCIAZIONE PER LA PROMOZIONE
DELL'AFFIDO E DELL'ADOZIONE:
ASSOCIAZIONE DALLA PARTE DEI BAMBINI
ONLUS
Tel. 320.2173369
[email protected]
sito internet www.dallapartedeibambini.org
Il mercoledì mattina un volontario è disponibile presso lo
sportello Informativo del Centro perle Famiglie, Galleria
del Sole n. 42 Piacenza c/o il centro commerciale
Farnesiana.
ALLEGATO B)
Spett.le
PROVINCIA DI PIACENZA
“Servizio Istruzione e programmazione
socio-educativa”
via Mazzini, 62 - 29122 Piacenza
Alla c.a. della Dirigente
e, p.c. xxxxxx
(Servizio Sociale di riferimento)
GRUPPO DI FORMAZIONE/INFORMAZIONE AFFIDO
SCHEDA ISCRIZIONE
Cognome e Nome adulto accogliente...........................................................................
Cognome e Nome coniuge..............................................................................................................
Residenza:
Comune..........................................................via..............................................n.....................
Telefono …............./................................. Altro recapito telefonico............../..............................
Cellulare...................../................................Cellulare..................../................................
E-mail ….......................................................@...........................................................................
Operatori di riferimento:
Assistente Sociale.........................................................
Psicologo...............................................................
Al momento dell'invio della presente domanda, gli adulti/o richiedente in quale fase del
percorso si trova?:
fase informativa;
-
fase conoscitiva degli adulti accoglienti (colloqui con A.S. E psicologo);
-
fase di avvio di un progetto di affido;
-
progetto di affido in corso.
Firme ............................................................
…....................................................
Luogo ….......................................................
Data............../............../.................
Trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs n. 196/2003
(Questo documento è estratto da Parole nuove per l'Affidamento Familiare. Sussidiario per
operatori e famiglie- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali- Edizioni Le Penseur- 2014)
APPENDICE: Vademecum per gli affidatari
Si trovano in questa sezione informazioni in merito alle agevolazioni e provvidenze previste per gli
affidatari e indicazioni rispetto all’assistenza sanitaria, alla scuola, ecc. per gli aspetti riguardanti
l’affidamento familiare
Congedi e permessi per gli affidatari
COSA DICONO: La L. 388/2000, l’articolo 80 comma 3 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001,
i D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 e n. 119/2011, le Circolari INPS n. 16 del 4 febbraio 2008 e del
n. 32 del 6 marzo 2012 e i Msg. INPS 6361/2008 e 13041/2011.
Sono estesi alle persone affidatarie i benefici in tema di astensione obbligatoria e facoltativa dal
lavoro, di permessi per malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici. I periodi di
assenza sono coperti da contribuzione figurativa.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Congedi di maternità/paternità
La lavoratrice o il lavoratore affidatari (in alternativa al congedo di maternità) possono usufruire
dell’astensione obbligatoria dal lavoro per un periodo complessivo di 3 mesi da fruire entro i 5 mesi
decorrenti dalla data di affidamento in modo continuativo o frazionato, qualunque sia l’età del
minore all’atto dell’affidamento. È prevista un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione
percepita immediatamente prima del congedo di maternità, ma alcuni Ccnl prevedono
un’integrazione a carico dello stesso datore di lavoro fino al raggiungimento del 100% della
retribuzione. Alle lavoratrici autonome spetta a condizione che il minore stesso all’atto
dell’affidamento non abbia superato i 6 anni di età.
Il padre affidatario lavoratore dipendente privato (articolo 1 - comma 2 del Dlgs n. 165/2011), entro
il quinto mese dall’effettivo ingresso in famiglia del minore, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per
il periodo di un giorno e può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi,
previo accordo con la madre e in sostituzione di due giorni di astensione spettante a quest’ultima.
Per tali giorni di congedo è riconosciuta l’indennità pari al 100% della retribuzione, a carico Inps ed
anticipata dal datore di lavoro.
Congedo parentale
• con lavoro dipendente, il congedo parentale può essere usufruito entro 8 anni dall’ingresso del
minore nella famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età; entro i 3 anni
dall’ingresso in famiglia si ha diritto a 6 mesi di congedo (tra i due coniugi) + indennità del 30%
indipendentemente dal reddito, per i periodi eccedenti i 6 mesi e fino ad un massimo di 11 mesi si
ha diritto al congedo ma l’indennità è subordinata alle condizioni di reddito, dopo i 3 anni
dall’ingresso in famiglia l’indennità è subordinata alle condizioni di reddito:
• con lavoro autonomo, il congedo parentale è riconoscibile per un massimo di 3 mesi, entro 3 anni
dall’ingresso del minore nella famiglia;
• con lavoro parasubordinato, il congedo parentale è riconoscibile per un massimo di 3 mesi, entro il
primo anno dall’ingresso in famiglia del minore affidato, a condizione che il minore stesso non
abbia superato, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, i 12 anni di età.
In caso di affidamento di minori con disabilità
Gli affidatari di bambini con handicap, la cui disabilità e situazione di gravità risulta attestata con
apposita certificazione, hanno diritto alternativamente alle seguenti agevolazioni:
• prolungamento, nei primi otto anni del minore, del periodo di congedo parentale, anche per
periodi non continuativi fino ad un massimo di tre anni;
• fino al compimento del 3° anno di vita del bambino, due ore di permesso giornaliero retribuito,
anche frazionabile con il limite minimo di un’ora;
• giorni di permesso mensile retribuito, ex art. 33, comma 3, legge n. 104/1992.
Nel periodo di prosecuzione del congedo parentale oltre i sei mesi previsti, la retribuzione viene
corrisposta nella misura del 30% con effetti sulla tredicesima mensilità; le assenze per permessi
giornalieri di due ore sono retribuite, ma incidono, per i lavoratori privati, sulla tredicesima
mensilità. I tre giorni di permesso mensile vengono retribuiti al 100%.
I genitori affidatari di bambini e ragazzi con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3
della Legge 104/1992), possono fruire di due anni di congedo retribuito, durante il quale non si
maturano ferie, tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto.
Riposi giornalieri della madre
Entro il primo anno dall’ingresso in famiglia affidataria del minore, indipendentemente dalla sua
età, spettano agli affidatari lavoratori i riposi giornalieri (due ore retribuite, che diventano una sola
quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore). I riposi giornalieri spettano al lavoratore
padre anche nell’ipotesi in cui la madre svolga lavoro casalingo. Le ore di riposo riguardano ogni
minore affidato, quindi raddoppiano se l’affidamento interessa due o più minori, entrati insieme in
famiglia, anche se non sono fratelli.
Malattia del bambino
Si ha diritto al congedo e gli affidatari possono assentarsi dal lavoro:
• in maniera illimitata per la malattia di ogni bambino in affido fino al compimento dei 6 anni di età;
• per 5 giorni l’anno per la malattia del bambino in affido dal 6° anno e fino al compimento dell’8°
anno di età; tale congedo può essere fruito nei primi 3 anni dall’ingresso del minore nel nucleo
familiare se il minore in affidamento ha fra i 6 ed i 12 anni d’età.
Residenza e regolarità della presenza
Iscrizione anagrafica
La residenza del minore resta, in linea di massima, presso il nucleo familiare d’origine, in
particolare se l’affido ha breve durata.
Negli affidamenti a lungo termine, per consentire il superamento di alcune difficoltà quotidiane (es.
Tesserino sanitario, iscrizione scolastica, ecc.), il servizio sociale può ritenere opportuno, previo
accordo con i servizi e con i genitori del minore se non decaduti dalla potestà, far acquisire al
minore affidato la residenza presso la famiglia affidataria. In casi particolari, ove sia necessario
mantenere massima riservatezza (es. affido di neonati), il minore può essere iscritto nella residenza
anagrafica presso la casa comunale.
Regolarità del minore
COSA DICONO: Testo Unico per l’Immigrazione 286/’98, D.P.C.M. n. 535/99, L. 189 del 30/7/’02
(cosiddetta Bossi/Fini).
Il minore sotto i 14 anni può essere iscritto sul permesso di soggiorno del genitore che ha la
posizione più favorevole (es. padre regolare con p.d.s. per lavoro, madre irregolare: il figlio può
(conviene che sia) essere iscritto sul p.d.s. del padre); sopra i 14 anni di regola deve avere un
passaporto autonomo, con lievi differenze tra i Paesi, e può soggiornare in Italia se dotato di
permesso di soggiorno. Si evidenzia che comunque il minore sotto i 18 anni non è espellibile dal
territorio nazionale.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
I minori non possono essere espulsi, salvo il diritto/dovere all’unità familiare, dunque a seguire il
genitore o l’affidatario espulso (es. se il genitore riceve un decreto di espulsione, il figlio risulta
espulso con il genitore).
La donna in stato di gravidanza è anch’essa inespellibile e ha diritto al permesso di soggiorno per
salute, per tutta la gravidanza e fino a sei mesi dopo la nascita del bambino. Alla fine di tale periodo
la madre diventa irregolare, in quanto tale permesso non è prorogabile, né convertibile per motivi di
lavoro né di attesa occupazione. Anche in questo caso la donna ha bisogno del passaporto per avere
il permesso di soggiorno per salute.
I permessi di soggiorno hanno caratteristiche diverse
a) per motivi familiari - la durata dipende dalla durata del p.d.s. del genitore con cui il minore si
ricongiunge;
b) per protezione sociale - non occorre il passaporto, la durata è di 6 mesi rinnovabile, secondo il
progetto di tutela curato dall’Ente Locale sulla base della dichiarazione o della denuncia di
sfruttamento;
c) per richiesta di protezione internazionale che comprende motivi umanitari, asilo e protezione
sussidiaria: non occorre passaporto, durata variabile a seconda dello status riconosciuto dalla
dichiarazione rilasciata presso le Commissioni Territoriali competenti, il permesso è rinnovabile;
d) per affidamento – rilasciato sulla base di un provvedimento del T.M., ha durata di 12 mesi,
rinnovabile ogni uno o due anni a seconda della situazione fino al compimento della maggiore età
oppure fino alla revoca del provvedimento di affido da parte della stessa Autorità Giudiziaria;
e) per studio – sempre a tempo determinato, riguarda i maggiori di anni 18 purché siano garantite
economicamente (occorre dimostrare di avere in Banca almeno € 4.800) le caratteristiche di
mantenimento a cura di genitori familiari altro o in autonomia ed essere in possesso di visto
rilasciato dall’ambasciata italiana nel paese d’origine;
f) per cure mediche – è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche, opportunamente
documentate, non rinnovabile per altro titolo;
g) per minore età – riguarda i minori stranieri soli non accompagnati e tutti i minori che non
possono ottenere un altro p.d.s. (residuale) per il periodo di sei mesi, rinnovabili, fino al limite del
compimento del diciottesimo anno d’età;
h) per affidamento al tutore quando il minore è sottoposto a tutela con decreto di nomina a cura
dell’Ufficio del Giudice Tutelare – questa tipologia è assimilabile all’affidamento ai servizi sociali
per durata e conversione; per questo e per l’affido ai servizi sociali di minori non accompagnati è
necessario, all’atto della conversione, essere in possesso di altre caratteristiche tra cui fondamentale
è il parere positivo alla permanenza da parte del Comitato per i Minori Stranieri del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali.
Per un minore affidato o sottoposto a tutela, la presentazione della domanda ed il ritiro viene
effettuata dall’affidatario o dal tutore alla Questura, normalmente presente il minore.
Assistenza sanitaria
Tesserino sanitario
Se un bambino viene affidato ad una famiglia residente nella sua stessa Azienda Sanitaria Locale,
rimane valido il tesserino sanitario e, se necessario, si può concordare con il Servizio Sociale la
variazione del medico curante.
Se l’Azienda Sanitaria Locale di residenza è diversa, al minore sarà rilasciato (sulla base della
presentazione alla propria A.S.L. della documentazione attestante l’affido) un tesserino rinnovabile
periodicamente.
Interventi chirurgici
COSA DICONO: gli artt. 25 e 26 del r.d. n. 1404/1934, l’art. 316, 317, 330, 332, 333 e 354 del cod.
civ., l’art. 25 del r.d. n. 1404/1934.
Il consenso ad interventi chirurgici su minori, anche affidati al Servizio Sociale, spetta ai genitori
esercenti la potestà, ovvero, in mancanza, al tutore ovvero ancora all’istituto individuato ai sensi
dell’art. 354 c.c.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
L’eventuale dissenso degli esercenti la potestà genitoriale non può essere superato dal consenso
dell’Ente affidatario, a meno che questo non risulti titolare dei poteri tutori nei confronti del minore:
il caso va quindi sottoposto al Tribunale per i minorenni, così come nei casi di estrema urgenza.
Vaccinazioni
COSA DICONO: l’art. 5 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001, l’art. n. 316 del c.c.
Gli affidatari esercitano i poteri connessi con la potestà genitoriale in relazione agli ordinari rapporti
con l’autorità sanitaria.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Il consenso alle vaccinazioni facoltative può essere espresso dagli affidatari. Alcune ASL hanno
predisposto specifici moduli per raccogliere tale consenso.
Latte in polvere per neonati figli di mamme sieropositive
COSA DICE: il D.M. 8 giugno 2001 - Artt. 4 e 6
Per neonati (fino al 6° mese di vita), figli di mamme sieropositive, è prevista la fornitura di latte in
polvere a carico del S.S.N.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Anche gli affidatari di neonati figli di madri sieropositive possono fruire di questa fornitura: il
medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta deve prescrivere i necessari sostituti del
latte materno e i prodotti sono erogati dai centri di riferimento presso i quali sono in cura le persone,
dai presidi delle aziende unità sanitarie locali, dalle farmacie convenzionate o, secondo direttive
all’uopo emanate dalle regioni, da altri fornitori incaricati dalle aziende unità sanitarie locali.
Scuola
COSA DICE: l’Art. 5 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001
I poteri degli affidatari sono quelli attribuiti a coloro che fanno le veci dei genitori.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
L’iscrizione al nido, alle scuole materne, alle scuole dell’obbligo e alle scuole superiori va fatta
sulla base del domicilio del minore: la famiglia affidataria deve presentare una dichiarazione,
rilasciata dal Servizio del Comune di residenza, che attesti l’affidamento.
Alcune città prevedono che le situazioni di affidamento familiare godano di una priorità per le
domande di iscrizione ad asili nido e scuole dell’infanzia o anche l’esenzione totale dal pagamento
delle rette per i servizi di Asilo Nido e di Ristorazione Scolastica nelle scuole pubbliche
dell’infanzia, primarie, secondarie di primo grado.
Gli affidatari mantengono i rapporti anche formali con la scuola (firmano pagelle e giustificazioni,
vanno ai colloqui con gli insegnanti...) e partecipano all’elezione degli organi collegiali; non è
invece prevista la possibilità per i genitori affidatari di essere eletti in questi organi (O.M. n. 215,
216, 217 del 1991).
Per le gite scolastiche l’autorizzazione deve essere firmata da chi esercita la potestà parentale o dal
tutore, ma sul territorio nazionale solitamente firmano gli affidatari.
Viaggi fuori dall’Italia
COSA DICE: la L. 1185/1967
Il minore può recarsi fuori dall’Italia, nei paesi Europei con documenti che autorizzano l’espatrio.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Può trattarsi di una procedura complessa e lunga: è quindi opportuno attivarsi con 1 o 2 mesi di
anticipo.
La richiesta per ottenere il documento (carta d’identità o passaporto) per potersi recare all’esterno
con un minore in affidamento deve essere firmata dai genitori naturali o dal tutore; in assenza del
consenso dei genitori, il Giudice Tutelare può autorizzare l’espatrio.
Nel caso di minori in affido sotto i 14 anni, chi esercita la potestà genitoriale deve indicare anche i
nominativi di chi è abilitato ad accompagnare il minore all’estero (ad esempio i nominativi della
famiglia affidataria); in assenza del consenso dei genitori, va chiesta autorizzazione al Giudice
Tutelare o, nel caso di affido giudiziale, al Tribunale per i Minorenni.
Per minori sotto i 14 anni, in genere occorre presentare al Commissariato di Polizia di zona richiesta
di rilascio di lasciapassare, corredata della necessaria documentazione (es. certificato di nascita del
minore ad uso espatrio, fotografie del minore, copia della documentazione relativa all’affidamento
da parte del Comune agli affidataria, nulla osta all’espatrio da parte della competente Autorità
Giudiziaria, …).
Assegni familiari
COSA DICONO: l’Art. 80 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001, il D.L. 26 marzo 2001, l’art. 3
comma 2 lettera B e gli 38 e 39 del D.P.R. n. 797/’55.
Il giudice può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore
siano erogati temporaneamente in favore dell’affidatario. Le Regioni possono determinare altre
condizioni e modalità di sostegno alle famiglie e alle persone affidatarie.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Compete al Servizio, in base al progetto di affidamento (quindi legato alla sua tipologia e durata) la
presentazione al giudice (tutelare in caso di affidamento consensuale, del T.M. in caso di
affidamento giudiziale) della richiesta di provvedimento che disponga l’erogazione gli assegni
familiari e le prestazioni previdenziali a favore degli affidatari; essendo comunque compito del
datore di lavoro comunicare all’INPS le variazioni relative al lavoratore, l’affidatario, in accordo
con il Servizio, può richiedere direttamente al proprio datore di lavoro gli assegni presentando il
proprio stato di famiglia da cui risulta l’iscrizione del minore in affidamento, corredato dal
provvedimento giudiziario o amministrativo.
Non vengono riconosciuti per i minori in affido familiare:
• l’assegno per i nuclei famigliari in cui siano presenti almeno 3 figli (legittimi, naturali o adottivi)
di età inferiore a 18 anni,
• l’assegno di maternità.
Aspetti fiscali
COSA DICONO: l’Art. 3 comma 4 del DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI 5 dicembre 2013 n. 159 (G.U. n. 19 del 24-1-2014) concernente la revisione delle
modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica
equivalente (ISEE) e l’Art. 80 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001, il D.L. 26 marzo 2001 e le
disposizioni sull’imposta sui redditi, previste dalla Legge n° 903/’77, dalla Legge n° 917/’86 - art.
12, - art. 6 e dalla Legge n° 53 del 2000);
Il contributo economico versato quale quota di affido non è soggetto a tassazione.
Il minore in affidamento temporaneo ai sensi della legge n. 184, e successive modificazioni, è
considerato nucleo familiare a sé stante, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo
parte del proprio nucleo familiare.
Sono applicabili agli affidatari le detrazioni d’imposta per carichi di famiglia. La somma detraibile
varia a seconda del numero dei minori affidati. Se il minore in affido raggiunge la maggiore età, la
detrazione potrà essere effettuata fino al suo ventiseiesimo anno di età.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Essendo il minore in affidamento familiare nucleo familiare a sé stante, questo può consentire di
accedere alle diverse agevolazioni per le quali è prevista una bassa soglia ISEE. Gli affidatari hanno
comunque facoltà di considerarlo parte del proprio nucleo familiare e quindi a tutti gli effetti “figlio
a carico”: per tale riconoscimento deve essere presentata, in fase di dichiarazione dei redditi, la
carta che il Servizio rilascia in cui viene dichiarato il periodo di affidamento o il decreto di
affidamento del Tribunale per i Minorenni.
Contributo economico
COSA DICE: l’Art. 5 - comma 4 della L. 184/1983 c.m. dalla L. 149/2001
Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle
disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto
economico in favore della famiglia affidataria.
IN PRATICA SIGNIFICA CHE...
Ogni Comune (se, nel caso, secondo quanto previsto dalla relativa norma regionale) determina
l’importo del contributo economico mensile da riconoscere agli affidatari.
Tale contributo può variare a seconda delle situazioni del minore (disabilità, particolare
problematicità, necessità di cure specifiche, …..) e della tipologia dell’affidamento (affidamento
diurno, intra-familiare, di neonati, d’urgenza,…).
Ulteriori agevolazioni
REGIONI E COMUNI POSSONO PREVEDERE ULTERIORI AGEVOLAZIONI, QUALI:
• polizza assicurativa a favore del minore in affidamento o anche degli affidatari,
• tessera per il trasporto urbano,
• esenzione dal pagamento del ticket per visite mediche e/o acquisto medicinali,
• contributi economici integrativi per specifiche necessità (es. acquisto occhiali…).
Esempio di Procedura per la richiesta di autorizzazione all’espatrio per minori affidati ai Servizi
Sociali del Comune
Nel caso di minori in affido sotto i 14 anni, chi esercita la potestà genitoriale deve indicare anche i
nominativi di chi è abilitato ad accompagnare il minore all’estero (ad esempio i nominativi della
famiglia affidataria); in assenza del consenso dei genitori, va chiesta autorizzazione al Giudice
Tutelare o, nel caso di affido giudiziale, al Tribunale per i Minorenni.
Per minori sotto i 14 anni, in genere occorre presentare al Commissariato di Polizia di zona richiesta
di rilascio di lasciapassare, corredata della necessaria documentazione (es. certificato di nascita del
minore ad uso espatrio, fotografie del minore, copia della documentazione relativa all’affidamento
da parte del Comune agli affidataria, nulla osta all’espatrio da parte della competente Autorità
Giudiziaria, …).
Se all’Ufficio di P.S. si reca l’Assistente Sociale, indicherà i propri dati, tipo e numero di
documento e recapiti telefonici sull’istanza, sotto la propria firma.
Se all’Ufficio di P.S. si recano direttamente gli affidatari, oltre alla documentazione sotto indicata,
devono avere, in busta chiusa a garanzia della riservatezza rispetto ai dati completi dei genitori
naturali e di quelli dell’assistente sociale, l’istanza compilata e firmata dall’Assistente Sociale al
quale è affidato il minore, con allegata la fotocopia del suo tesserino o documento d’identità ed un
appunto sui suoi recapiti telefonici e mail.
Documentazione necessaria:
• 2 fotografie del minore, di cui una autenticata;
• Certificato di nascita con indicazione maternità e paternità;
• Fotocopia della documentazione relativa all’affidamento al Servizio Sociale da parte del Tribunale
dei minorenni;
• Fotocopia della documentazione relativa all’affidamento da parte del Comune alla famiglia
affidataria;
• Nulla Osta all’espatrio da parte del Giudice Tutelare;
• Dichiarazione di assenso ad espatriare con il minore da parte degli accompagnatori indicati in
domanda (cognome, nome, data e luogo di nascita);
• Fotocopia dei documenti degli accompagnatori