Il calciomercato low cost

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Il calciomercato low cost
Il calciomercato low cost
Giovedì 01 Settembre 2011 13:26
di Fabrizio Casari
Uno strano calciomercato, privo di grandi colpi e denso d’incognite, si è finalmente concluso. Il
saldo per il calcio italiano non è certo positivo se ci si riferisce alla qualità. Alcuni tra i
fuoriclasse che lo scorso anno calcavano i (disastrati) campi italiani se ne sono andati: Eto’o,
Sanchez e Pastore sono stati venduti in nome del pareggio di bilancio o dell’affare irrinunciabile.
Gli arrivi non sono all’altezza delle partenze: il solo Forlan è giocatore di rilievo internazionale
assoluto, ma la sua età pesa sul piano strategico dell’operazione e, comunque, difficile possa
sostituire l’efficacia assassina del camerunense.
Che, va detto, è diventato il giocatore più pagato al mondo, con uno stipendio lordo che si
aggira sui venti milioni di euro l’anno. La partenza di Eto’o indica la nuova frontiera dell’Est, o
meglio, dei petrolieri e faccendieri che, insieme agli sceicchi del Golfo, si sono impadroniti del
mercato energetico globale. Gran Bretagna, Francia e Russia sembrano i mercati calcistici più
accessibili dei Paperoni, la leva fiscale decisamente più vantaggiosa rispetto a quella italiana
contribuisce non poco agli improvvisi amori. E se per riciclare denaro non c’è niente di meglio
che muoverne tanto e in fretta, il calcio è l’habitat naturale.
Il fascino ridotto del campionato italiano comincia da qui: dall’impossibilità di competere con
Spagna e Inghilterra (cui si aggiunge da ora anche la Russia) sul piano degli emolumenti. Non è
questione di gioco o di blasone, ma di vil denaro. Il Fair play finanziario, che dovrebbe entrare in
vigore dal prossimo anno, colpirà relativamente le finanze dei club acquistati dai nuovi marajà
che scrivono in cirillico assegni di milioni di euro, mentre tutt’altro discorso varrà per le squadre
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italiane, che non a caso hanno dato vita ad un calciomercato low cost. L’obiettivo delle major
italiane, infatti, è stato quello di provare a ripartire senza azzerare ma cominciando a
programmare il futuro su basi economicamente meno impegnative. Nel resto d'Europa i conti
sono molto peggiori: Manchester United e Barcellona, per dire delle migliori, sono letteralmente
affogate dai debiti. Che li ripianino o no é da vedere, ma intanto si registra che anche nel calcio,
come in quasi tutto, non é la bravura che fa guadagnare, ma il denaro che rende bravi.
Le cifre dei movimenti dell’Ata hotel di Milano raccontano meglio di qualunque parola il nuovo
mercato calcistico delle squadre italiane. Duecentocinquanta giocatori trattati dei quali 130
stranieri. Non si può decisamente dire che i vivai italiani siano stati valorizzati. Il motivo è
duplice: da un lato sono rari i giovani di talento puro e contemporanea personalità da poter
essere impiegati subito in campionato, viste anche le isteriche attese di ogni tifoseria. Dall’altro
va detto che acquistare all’estero conviene economicamente, soprattutto perché sia il mercato
degli svincolati (o rapidamente svincolabili) è decisamente più fornito, sia perché i costi sono
obiettivamente più accessibili. Sul piano tecnico, il campionato che verrà presenta poche
certezze e molte incognite.
Il Milan, che ha speso pochissimo, resta la squadra tecnicamente più forte per questo torneo.
Le certezze della scorsa stagione sono state corroborate da innesti di discreta qualità: l’addio di
Pirlo è stato compensato dall’arrivo di Aquilani e Nocerino, che non sono giocatori simili al
regista bresciano e rafforzano l’idea di una squadra che aggiunge fisicità al reparto centrale ma
rinuncia alla fantasia, avendone già tanta in attacco. Mexes in difesa non è una sicurezza ma
nemmeno una fregatura. Resta una squadra con un’età eccessiva, ma in Italia avrà Ibra che
continuerà a fare la differenza. In Europa, invece, sarà dura: Barcellona, Manchester United,
Real Madrid e Chelsea sono di ben altro livello.
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La Juventus ha toccato la soglia dei 400 milioni di euro e ventiquattro giocatori acquistati da
quando Marotta è diventato il Direttore Generale, oltre che ad uno stuolo di allenatori. Una cifra
pazzesca, soprattutto considerando che, tranne Pirlo e Vucinic, nessun giocatore arrivato
potrebbe trovar posto nell’album dei campioni della Vecchia Signora. Vidal è un buon acquisto
se lo si saprà gestire, Lichtsteiner è rodato ma la scommessa sarà il rendimento di Elia e
Estigarribia. Le partenze di Felipe Melo, Sissoko e Martinez erano il minimo sindacale dovuto,
ma le zavorre di Iaquinta, Amauri e Toni restano. Il colmo è stato offerto dalla vicenda Ziegler,
unico giocatore che, appena acquistato, si è cercato di vendere. La chiarezza delle scelte
appare dubbi e l’Agnellino che si fa ritrarre con Giaccherini indica come il giovin signore abbia
decisamente appetiti inferiori a quelli dell’Avvocato. Conte è un buon allenatore e conosce
l’ambiente. Ha il rispetto dei giocatori e la fiducia dei tifosi. Avrà bisogno di molto tempo e poche
polemiche, ma saprà far bene. La sensazione è che la Juventus sia una squadra in grado di
fare un buon campionato, ma non certo di puntare al titolo.
Il Napoli ha pescato bene, ma l’entusiasmo intorno agli azzurri sembra eccessivo. Inler è un
ottimo giocatore, come Pandev, ma nessuno dei due fa la differenza in campo, nel senso che
sono giocatori che aiutano la squadra a girare ma raramente cambiano partite e risultati. Oltre a
questo, l’impegno europeo non sarà tenero, tutt’altro. Ad ogni modo i partenopei sono una
squadra completa, solida e con una buona dose di tecnica calcistica. Ripetersi è sempre molto
difficile, ma se Mazzarri saprà riconfermare la concentrazione e l’impegno della scorsa
stagione, in Italia potranno comunque recitare un ruolo da protagonisti lottando per le prime tre
posizioni.
L’Inter è una delle squadre che ha agito meglio sul mercato ma, al contempo, una delle grandi
incognite. Il bilancio è decisamente a saldo positivo, ma la partenza di Eto’o le toglie una bocca
di fuoco impressionante (37 gol lo scorso anno e la firma sui tre trofei vinti) e non è detto che
potrà compensarli con l’arrivo di Forlan e Zarate. Il recupero di Milito e l’ulteriore crescita di
Pazzini, però, insieme all'uruguayano e all'argentino, potrebbero rivelarsi sufficienti a non far
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rimpiangere troppo il camerunense. L’aspetto positivo è rappresentato dal mercato di
prospettiva: Alvarez e Jonhatan, Poli e Kuchka, dopo Ranocchia, Coutinho e Castaignos e la
conferma di Obi e Nagatomo (e occhio al baby Tassi), sembrano indirizzare la società
nerazzurra verso una sostanziale rivoluzione verde, che vedrà i frutti il prossimo anno, quando
la vecchia guardia abbandonerà progressivamente la nave. L’incognita maggiore però, per
quest’anno, risiede nell’allenatore: nuovo e non abituato a simili piazze, dovrà rapidamente
convincersi che i moduli si disegnano sui giocatori e non il contrario, altrimenti la rivoluzione
verde la guiderà qualcun altro. I nerazzurri restano comunque l’unica compagine in grado di
mettere in discussione il dominio del Milan, mentre appaiono nettamente inferiori alle altre big
europee.
La Roma è la seconda incognita del torneo. Si è mossa molto sul mercato, nonostante alla
vigilia si temesse un ridimensionamento economico. Ha molto acquistato e poco venduto, ma è
difficile capire alcune scelte, prima tra tutte quelle di vendere Vucinic a 12 milioni per comprare
Osvaldo a 18. Via Menez e Riise, Julio Sergio e Brighi, mai convincenti. Gli acquisti di
Stekelemburg, Heinze e Krijaer rafforzano il reparto arretrato e Gago offre solidità a
centrocampo, mentre Pjanic e Lamela sono due grandi investimenti per il futurom (e forse
anche per il presente). Aver tenuto Borriello è stato un bene, ma otto attaccanti rischiano di
generare problemi di spogliatoio infiniti, a maggior ragione non dovendo giocare in Europa. A
questo proposito va detto che l’impatto di Luis Enrique non è stato dei migliori ed è proprio il
tecnico a rappresentare l’incognita maggiore. Ma la Roma ha comunque dato il via
all’operazione rinascita: il primo segnale è stato quello di ribadire ruoli e gerarchie. Totti gioca e
non dirige e De Rossi se vuole accetta il nuovo ingaggio, altrimenti può andare. Una rivoluzione
che dovrà essere consacrata sul campo, ma di rivoluzione si tratta. Può rappresentare la
sorpresa autentica del torneo.
La Lazio ha svolto un buon mercato fino a due ore prima della sua fine. La cessione in prestito
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con diritto di riscatto di Zarate all’Inter, resasi necessaria causa guerre interne contro l’argentino
da parte di Reja e di alcuni big dello spogliatoio, ha reso l’operazione inevitabile ma ha
certamente privato i biancoazzurri di fantasia e imprevedibilità. La cessione di Muslera potrebbe
rivelarsi indolore, visto che Marchetti offre garanzie e dunque il saldo economico sarebbe
positivo. Ma Lichtsteiner verrà rimpianto (anche se Konko non è male) e aver ceduto anche
Floccari e Foggia oltre a Zarate priva la squadra di alternative all’altezza in avanti. Gli acquisti di
Cissè e Klose sono stati certamente due buoni affari (qualche dubbio su Klose, che rischia di
svernare come fece Cruz). La sensazione è che da un punto di vista del gioco la Lazio sia una
buona squadra ma prevedibile; un centrocampo risicato con un attacco troppo affollato avranno
invece bisogno di una panchina intelligente, flessibile e fantasiosa. Sul fatto che queste
possano essere caratteristiche di Reja qualche dubbio c’é.
Udinese e Palermo hanno svolto un mercato simile, basato esclusivamente sulla cassa. A
Udine le cessioni di Sanchez (il cui prezzo non è ancora chiaro), Inler e Zapata hanno
fortemente indebolito la squadra di Guidolin, non essendo state compensate da acquisti di
livello e non è detto che la famiglia Pozzo peschi ogni anno il coniglio dal cilindro. Già fuori
dall’Europa, è difficile immaginarla di nuovo protagonista come lo scorso campionato; al
massimo si può ambire a un piazzamento tra le prime sei-sette.
Il Palermo, invece, ha fatto un mercato di saldi modello chiusura attività. Nella smania di
autocelebrazione del nevrotico Zamparini sono finiti Pastore, Sirigu, Nocerino, Bovo, Cassani e
un altro vagone di giocatori meno noti. Gli acquisti, tranne Aguirregaray (che è un buon terzino)
e Silvestre, sono da lotta per non retrocedere. Se poi si voleva l’ultimo record del presidente, è
arrivato puntuale. Esonerato Pioli prima ancora che il campionato iniziasse. Al suo posto
Mangia, allenatore della Primavera. Nessuno della prima fascia, del resto, s’infilerebbe nel forno
di Zamparini. Una squadra modesta e un presidente incapace e collerico sono un mix da evitare
per tutti. Sarà già tanto se i rosanero troveranno un posto in classifica tra le prime 10. Che la
giostra cominci.
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