L`influenza è A(nonima). Se il vicino può ascoltare

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L`influenza è A(nonima). Se il vicino può ascoltare
L’influenza è A(nonima). Se il vicino può ascoltare
Beniamino Bonardi
VACCINO. Dalle tv arrivano immagini degli Usa nel panico mentre l’Italia, per una volta,
sembra più responsabile. In verità non se ne parla per il timore di passare da untori. E i medici
si preoccupano soprattutto della stagionale.
Sull’influenza A è ora di fare outing. Io ce l’ho, non possono provarlo ma è così. Nel milanese,
chi frequenta le scuole sa qual è la situazione. Classi con un quarto o più di assenti, tutti a casa
con gli stessi sintomi. E' influenza, questa la diagnosi. Ma è quella A o quella stagionale? E
come fai a saperlo? Dovresti fare le analisi ma, dopo che ti fossi tolto la curiosità, che cosa
cambierebbe? I sintomi sono gli stessi, il decorso pure. E' un dato di fatto che quella stagionale
di solito arriva più tardi e nessuno ne ha annunciato un anticipo, mentre quella A è arrivata,
anzi, «è decollata» e «avrà un bell’impatto», come ha detto il viceministro alla Salute Ferruccio
Fazio. Le televisioni trasmettono immagini di un’America in preda al panico, in fila per
accaparrarsi i primi scarsi vaccini, mentre in Italia c’è calma piatta. Per la verità, c’è una
situazione di sussurri.
Si teme di passare da untori, dopo la paura che i media hanno diffuso la scorsa primavera.
Quella parolaccia, “Influenza A”, si preferisce non dirla. Anche col farmacista se ne parla
sottovoce, per non farsi sentire da chi sta in fila. Ma sì, è quella A, però sino a che in una scuola
non capita che uno studente venga ricoverato per complicazioni gravi in ospedale, dove
accertano quale virus l’ha colpito, non c’è modo di affermarlo con sicurezza. Vi ricordate, però,
quando questa estate, il viceministro Fazio e i ministri Gelmini e Sacconi si correggevano a
vicenda sull’ipotesi di chiudere le scuole dopo tre-cinque casi di influenza A, o di prevedere
stanze di parcheggio-isolamento per gli studenti colpiti dai sintomi influenzali, in attesa che
tornassero a casa?
Chiacchiere estive: non avevano calcolato che il virus non viene individuato e quindi tutto va
come ogni inverno, con l’influenza stagionale: chi è ammalato va a casa ed è pregato di starci
sino a due-tre giorni dopo che ha sfebbrato. Ma sarà poi vero che l’America, a differenza
dell’Italia, è in preda al panico? Le immagini ci raccontano di file di centinaia di persone davanti
ai grandi magazzini per acquistare il vaccino. E tutti quelli che se ne stanno tranquilli a casa,
come fanno a essere filmati? è il classico caso in cui la minoranza fa notizia e la maggioranza
guarda la televisione. Quelli che cominciano ad aver realmente paura, probabilmente, sono i
governi, che in questi mesi ne hanno sparate di ogni tipo, alimentando la paura e promettendo
di risolvere tutto con un vaccino preparato e testato in fretta e furia. Hanno creduto alle
promesse delle case farmaceutiche e hanno assicurato ai propri cittadini che da ottobre
sarebbero arrivate centinaia di milioni di dosi, sollecitandoli a vaccinarsi, per il proprio bene e
per senso di responsabilità nei confronti della comunità. Ora è arrivata la fine di ottobre e di
vaccino ce n’è proprio poco.
Ma, a questo punto, c’è chi lo vuole, come promesso, perché ha davvero paura. E allora, ecco
che Obama dichiara lo stato di emergenza nazionale. In realtà, ciò che si para davanti al
presidente statunitense è di finire stritolato dalle stesse polemiche sull’impreparazione e
l’incompetenza che travolsero il suo predecessore Bush dopo l’uragano Katrina, che devastò
New Orleans e mise a nudo una macchina dei soccorsi che faceva acqua da tutte le parti.
Insomma, con l’autunno, l’influenza A è arrivata nell’emisfero Nord prima del vaccino, le case
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farmaceutiche produttrici gongolano ugualmente, perché tanto gli ordini non saranno ritirati e i
guadagni stratosferici sono assicurati, i governi arrancano e la gente se ne fa una ragione.
Farsene una ragione significa anche tener conto che le complicanze dell’influenza A hanno
sinora causato 5.922 decessi in tutto il mondo, mentre quelle dell’influenza stagionale causano
ogni anno 8.000 morti in Italia e 36mila negli Stati Uniti.
Ciò nonostante, contro l’influenza stagionale sono pochi a vaccinarsi, a cominciare dai medici,
che in Italia si fermano intorno al 20 per cento. Forse quest’anno raddoppieranno, ma è
un’ipotesi. In ogni caso, in Italia come ovunque, la maggioranza dei dottori e del personale
sanitario non si vaccinerà contro l’influenza A. La motivazione è sempre la stessa: è un vaccino
la cui efficacia e sicurezza sono state testate troppo poco. Sarebbe bene che si smettesse di far
loro la predica. Sono medici, sanno quel che fanno. Chi ha dimostrato di saperlo poco sta nelle
posizioni di comando. è illuminante il caso dello Stato di New York, che in agosto ha emanato
un’ordinanza che obbligava tutto il personale sanitario, circa 820mila persone, a fare la doppia
vaccinazione contro l’influenza stagionale e contro quella A, entro il 30 novembre.
Sono partite alcune denunce, per violazione della libertà personale e dei diritti civili. Il 16
ottobre, un giudice ha sospeso per due settimane la validità dell’ordinanza, in attesa di prendere
una decisione definitiva il 30 ottobre. Il 22 ottobre, il governatore dello Stato ha ritirato
l’ordinanza, senza far riferimento alla controversia giudiziaria, ma perché alla fine del mese sarà
disponibile solo il 23 per cento della quantità preventivata di vaccino contro l’influenza A, che si
vuole rendere disponibile per le categorie considerate più a rischio. Il giorno dopo Obama ha
dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Un’emergenza che appare tutta politica.
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