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Un tempo si diceva di una realtà locale complessa, in cui si articolavano interessi e
attività, le più disparate, che era come un “porto di mare”.
L’aeroporto, oggi vera e propria città, accentua tutto ciò che produce quella realtà
caotica che a suo tempo veniva attribuita ai grandi porti di mare.
La gestione degli aeroporti è, quindi, un problema fondamentale per il sistema
trasporti di un paese, per l’intero sistema dell’aviazione civile e per lo stesso paese.
Su questo argomento pubblichiamo, in altra parte di questa edizione, un documento
dell’Ing. Bruno Salvi che costituisce uno studio completo su tutti gli aspetti della
vicenda: storici, amministrativi, legislativi, finanziari, e via dicendo. Dal momento
che alcuni aspetti sono delle vere e proprie denunce, qualcuno, non essendo al
corrente dell’impegno di Salvi, potrebbe dire che avrebbe dovuto far presente la
situazione in ben altre occasioni.
Ebbene, come spesso accade quando chi non vuol intendere mostra memoria corta,
avviene che Salvi ha sempre portato puntualmente all’attenzione del mondo
aviatorio nazionale e del legislatore questi problemi, attraverso interventi a
Conferenze e Convegni o sulle pagine di periodici specializzati come Air Press.
Purtroppo ha trovato sempre pochi legislatori attenti alle sue considerazioni, forse
solo quei pochi con senso dello Stato e della Collettività. Il risultato è lo scenario
attuale. Mi riferisco alle proposte di riforma dell’Aviazione Civile.
E allora andiamo a riprendere quanto Bruno Salvi disse quasi dieci anni or sono
indirizzando il suo intervento a coloro che hanno ora la maggioranza in Parlamento,
ad un tavolo permanente promosso da AN, CCD e FI.
Vediamo che gli avvisi di dissesto c’erano tutti ma sono stati ignorati.
Il bello di Internet è che la rete costituisce un archivio aperto a tutti e siti come il
nostro mantengono online sine die ogni cosa detta o scritta, e se è stata detta
prima della diffusione del web, siamo qui per ripescarla e porla in modo
permanente a futura memoria.
acp
ALLE SOGLIE DEL DUEMILA – L’AVIAZIONE CIVILE ITALIANA
AD UN BIVIO:
DISSESTO O RILANCIO
TAVOLO PERMANENTE PER IL CONFRONTO TRA LE FORZE POLITICHE
DEL POLO DELLE LIBERTÀ E DEL BUON GOVERNO
E LE FORZE SOCIALI E IMPRENDITORIALI
(PROMOSSO DA AN, CCD, FI)
ATTI 1° SESSIONE TRASPORTI AEREI
Novembre 1994
RELAZIONE INTRODUTTIVA
Ing. Bruno Salvi
Dirigente Capo Servizio Aeroporti della DGAC
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L'aviazione civile possiede un ruolo determinante per lo sviluppo economico e
sociale del territorio; l'aeroporto è elemento necessario, ma non sufficiente, per
agevolare tale sviluppo. L'aeroporto, infatti, di per sé infrastruttura statica, assume
un ruolo dinamico se sussistono almeno i seguenti ulteriori fattori indispensabili:
- gestioni con capacità imprenditoriale per fornire, nella "industria aeroporto",
un prodotto di qualità a prezzi concorrenziali e, soprattutto, con capacità di
vendite di tale prodotto,
- vettori di adeguate capacità, per l'acquisto del prodotto aeroportuale,
- sviluppo del territorio per rendere appetibile al vettore l'uso dell'aeroporto.
L'applicazione di questi elementari principi porta annualmente 12 milioni di
presenze nelle isole Baleari attraverso l'aeroporto di Palma di Majorca, mentre la
Sardegna, un territorio più ricco di storia e di natura, vede giungere 500 mila
passeggeri attraverso l'aeroporto di Alghero. Il valore aggiunto nel territorio, nel
primo caso si può calcolare in 6 - 7.000 miliardi annui.
In Italia l'aeroporto è stato sempre considerato come elemento "sufficiente" a dare
lustro al territorio in cui si colloca; e l'importanza è stata sempre correlata alla sua
dimensione ed, in particolare, alla lunghezza della sua pista. In questa valutazione
statica dell'aeroporto, nella quale il territorio risulta appagato se la sua pista ha
dimensioni maggiori di quelli dell'aeroporto più vicino, senza alcuna valutazione del
rapporto costo/beneficio, non hanno trovato attenzione elementi fondamentali per
lo sviluppo del trasporto aereo commerciale, e cioè:
- investimenti mirati,
- gestioni efficienti,
- adeguata politica tariffaria,
- vettori adeguati per capacità e ruolo,
- intermodalità dei trasporti,
- sviluppo del territorio sotto il profilo industriale e turistico per l'impiego più
completo delle risorse aeroportuali.
La situazione del trasporto aereo in Italia alle soglie del 2000 si presenta in termini
negativi rispetto ad altri Paesi, limitando il confronto a quelli europei più vicini al
nostro per dimensione, cultura, storia ed ambiente.
La politica del vettore di bandiera, che ha sempre dettato le regole, ha
(giustamente nella sua ottica) considerato solo i poli di proprio interesse nei quali la
domanda era certa, concentrando in tali poli la propria offerta.
La mancanza di vettori alternativi, con ruoli e velivoli differenziati, ha contribuito a
penalizzare lo sviluppo degli altri aeroporti che avrebbero potuto ricevere impulso
del traffico commerciale non di linea (principalmente charter e merci) o di linea
interregionale. La situazione negativa determinata dalla concorrenza dei fattori
espressi è evidenziata dalle cifre.
L'Italia è l'unico Paese europeo in cui il traffico si concentra per il 70% su due scali
(Roma e Milano) e dopo questi due scali (aventi rispettivamente 20 e 13 milioni
di passeggeri) si cade a picco ai 2 milioni di passeggeri di Catania, Napoli,....
In tutti gli altri Paesi esiste una gradualità di passeggeri sui diversi scali.
In Spagna, ad esempio, dopo Madrid con circa 18 milioni di passeggeri,
troviamo Palma di Majorca con 12, Barcellona con 10, Tenerife con 8, Las
Palmas con 7, Malaga con 5, Siviglia con 3, Ibiza con 2,5 ....
Tra i 90 aeroporti europei che hanno superato il milione di passeggeri, l'Italia figura
con solo 10 scali con una incidenza del 7% sul totale di 600 milioni di passeggeri
trasportati in questi scali.
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Alcuni casi sono molto significativi:
- Alghero registra 500 mila passeggeri, mentre Palma di Majorca 12
milioni pur possedendo analogo ruolo,
- Venezia raggiunge appena 2 milioni mentre Nizza ne ha oltre 7.
Il solo sistema aeroportuale londinese (4 aeroporti) ha 80 milioni di passeggeri,
il sistema aeroportuale di Parigi (2 aeroporti) ha oltre 55 milioni di passeggeri
ed il sistema di Roma (3 aeroporti) appena 20 milioni.
Se è vero che Londra e Parigi sono la porta dell'Europa dall'Occidente, è altrettanto
vero che Roma è la porta dell'Oriente (medio ed estremo), è snodo determinante
verso l'Africa, ed è anche sede dello Stato Città del Vaticano. I dati complessivi di
traffico sono, addirittura, più eclatanti. Stati europei come Gran Bretagna, Francia,
Germania, Spagna hanno raggiunto o si stanno velocemente avviando alla soglia di
100 milioni di passeggeri (ciascuno), l'Italia è a quota 50 milioni e la
divergenza aumenta se si riferisce al rapporto più significativo passeggeri
trasportati, residenti. E non si può dire che l'Italia, uno dei 7 Paesi più
industrializzati, con attrazioni di interesse storico, culturale e turistico, non abbia le
condizioni necessarie per concorrere, almeno ad armi pari con altri Paesi europei.
Vediamo ora quali potrebbero essere le ragioni che concorrono alla formazione di
queste cifre significative nella loro cruda realtà. Anche se gli elementi verranno
analizzati singolarmente, occorre precisare che essi sono tra loro interconnessi in
quanto gli effetti degli uni si ripercuotono sugli altri.
1.
Adeguamento
procedure.
delle
infrastrutture
aeroportuali:
finanziamenti,
E' segno di obiettività riconoscere che le infrastrutture aeroportuali nazionali
richiedono ampliamenti ed ammodernamenti. La constatazione si riferisce, in
particolare, alle infrastrutture terminali (aerostazioni, parcheggi, viabilità....) in
quanto quelle operative (piste, raccordi, piazzali, impianti aeronautici) sono
normalmente adeguate (esclusi casi particolari) e garantiscono la regolarità del volo
in sicurezza.
Tra le cause che determinano la permanenza di tali carenze debbono essere
evidenziate, almeno, le seguenti:
- insufficienti risorse finanziarie dello Stato,
- assenza di capacita di autofinanziamento da parte delle Società di gestione,
- procedure di approvazione dei progetti e di spesa inadeguate.
Il capitolo ordinario di spesa della Direzione Generale dell'aviazione civile per
l'adeguamento delle infrastrutture ha ottenuto, fino al 1982, 15 miliardi l'anno,
dal 1982 al 1994 tra i 50 ed i 60 miliardi ed è stato soppresso, a partire dal
1995, con la legge finanziaria 24.12.1993 n. 537. Questi stanziamenti sono
stati ritenuti sufficienti per adeguare le infrastrutture e gli impianti di 20 aeroporti
maggiori in gestione diretta dello Stato, oltre ai circa 100 aeroporti minori di
aviazione generale. Le leggi speciali di finanziamento, varate con ritardi medi di 5
anni rispetto alle richieste, sono state:
- la 825 del 1973 e successivo rifinanziamento per circa 450 miliardi per 18
aeroporti, definiti in sede politica senza alcuna strategia operativa,
- la 449 del 1985 per £. 2.200 miliardi destinati agli aeroporti di Fiumicino e
Malpensa. La Spagna, per mantenere il confronto in precedenza aperto, negli
stessi periodi ha investito cifre almeno 5 volte superiori.
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Al carente finanziamento da parte dello Stato ha fatto riscontro la totale assenza di
capacità finanziarie da parte dei gestori parziali e la ridotta capacità finanziaria dei
gestori totali per le ragioni che saranno precisate in seguito.
Le ridotte risorse finanziarie hanno inoltre incontrato procedure di approvazione dei
progetti e di spesa del tutto inadeguate che hanno determinato ritardi medi di circa
5 anni. Per eliminare alcune di tali cause occorre convincersi almeno:
- che la compatibilità urbanistica (art. 81 del DPR 616) deve essere richiesta
per il complesso aeroportuale e non per le singole opere che lo compongono,
- che la valutazione di impatto ambientale (acustico ed atmosferico) dovrebbe
riferirsi al complesso aeroportuale con le relative procedure di volo e non alle
singole opere (piste, aerostazione, piazzali...) considerate singolarmente, che il progetto di un'opera aeroportuale (la cui costruzione è affidata in
concessione alla Società di Gestione) dovrebbe essere verificato solo sotto il
profilo
dimensionale
e
funzionale
dall'Amministrazione
concedente
riconoscendo alla concessionaria la totale competenza del progetto sotto il
profilo ingegneristico,
- che i lavori dovrebbero essere condotti su più turni di lavoro giornalieri
(esclusa la domenica) per ridurre i tempi di esecuzione dell'opera.
2. Rispetto delle norme europee di libera concorrenza e libero mercato.
Le condizioni di monopolio nelle quali hanno sempre operato in Italia le gestioni
aeroportuali ed il vettore di bandiera, sono ormai superate dalle norme europee di
libero mercato.
La concessione delle linee ai vettori nazionali, avvenuta nell'autunno 1992 (quando
la normativa CEE era già nota, anche se non ancora entrata in vigore), non ha
annullato l'applicazione delle norme europee, ne ha solo differito l'applicazione,
determinando una concentrazione di "libertà" per i vettori esteri in un momento
successivo, con un impatto ad elevato gradiente. L'effetto sul vettore nazionale del
passaggio da una condizione di monopolio al libero mercato non sarà certo indolore.
Al contrario l'applicazione graduale delle "libertà" garantite da normativa
comunitaria, avrebbe avuto, sicuramente, minori effetti negativi per il vettore di
bandiera ed effetti positivi per il trasporto aereo sia in termini di collegamenti che di
tariffe.
Anche i gestori già avvertono gli effetti delle nuove norme comunitarie, in
particolare, nel fenomeno dell'autoproduzione dei servizi da parte dei vettori, che
modifica l'assetto gestionale creando problemi di natura occupazionale. Le soluzioni
a tali problemi dovrebbero essere diverse da quelle in atto (difficoltà strumentali e
burocratiche) che producono il solo effetto, come avverrà per i vettori, di ritardare
l'applicazione di principi legittimi, concentrando in un tempo successivo
l'accoglimento di più richieste con effetti negativi in materia occupazionale ed
economica.
Una soluzione più razionale può ricercarsi nell'innalzamento dei livelli dei servizi resi
e nella riduzione dei relativi costi (oggi superiori alla media europea), potendo le
Società di gestione recuperare introiti da altre voci di entrata - diritti di approdo e
partenza e sosta - i cui livelli sono, invece, molto inferiori alla media europea.
Se non si attuano questi interventi che tendono a scoraggiare le richieste dei
vettori, occorre fin da ora pensare ad una diversa organizzazione delle Società di
gestione svincolate, in parte o in toto, dai servizi di handling secondo esempi validi
ed efficienti già esistenti in Europa. Occorre, in ogni caso, garantire l'occupazione
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complessiva, ponendo ai soggetti terzi l'obbligo di utilizzare il personale addetto
delle Società di gestione e riconvertendo parte del personale delle stesse Società di
gestione anche per mansioni superiori, in relazione all'incremento dell'attività
aeroportuale.
3. Situazione delle gestioni aeroportuali in relazione alle norme di cui
all'ari. 10 della legge 537/93 (finanziaria)
Le attuali Società di gestione parziale non hanno normalmente la configurazione di
Impresa (come dovrebbero essere per gestire l'industria aeroportuale), ma di Enti
pubblici nati da spinte occupazionali con garanzia del posto di lavoro.
La Società, con questa configurazione, non svolge attività di marketing (non
consentita allo Stato) per vendere il proprio prodotto sui mercati esteri (charter),
né garantisce prestiti bancari per la realizzazione delle infrastrutture. Spesso, senza
corrispondere alcun canone allo Stato, si limita a subconcedere i servizi commerciali
(incassando i relativi canoni), lasciando al vettore di continuare a gestire i servizi
aeronautici per sé e per terzi. Se questa configurazione dovesse permanere,
sarebbe più logico e vantaggioso per l'Erario concedere direttamente le attività
commerciali con procedure di evidenza pubblica, nonché i servizi di handling ai
vettori, percependo i relativi canoni che oggi, invece, non riceve.
La figura attuale del gestore deve essere, con urgenza, rivista in quanto esso
percepisce anche ricavi senza spesa (cioè utili netti) come le tasse di imbarco
passeggeri in partenza senza fornire un supporto finanziario per la realizzazione
delle infrastrutture. Si tratta, a valori attuali, di circa 270 miliardi anno, che,
incrementati con finanziamenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (CEE) negli
aeroporti del mezzogiorno, costituiscono il flusso finanziario necessario e sufficiente
per l'ammodernamento e l'ampliamento delle infrastrutture aeroportuali.
Tutta questa materia può essere radicalmente modificata applicando l'art. 10
comma 13 della legge finanziaria 537/93 che consente la concessione totale a
Società di capitale aperte al capitale privato (anche di maggioranza), cosa oggi non
consentita dalla normativa in vigore.
4. Diritti aeroportuali
infrastrutture.
e
tariffe
commerciali:
finanziamento
delle
L'attuale assetto tariffario registra:
- una ridottissima entità dei diritti di approdo e partenza e di sosta, rispetto ai
livelli europei,
- una elevata incidenza delle tariffe di handling e commerciali rispetto ai livelli
europei,
- un'incidenza non trascurabile di tasse aggiuntive (imbarco) per l'utenza senza
alcun beneficio indotto,
- un livellamento di tasse e diritti aeronautici tra aeroporti con finalità
totalmente diverse (Fiumicino - Lampedusa).
Tale assetto, del tutto anomalo, determina:
a) assenza di capacità finanziarie da destinare alle infrastrutture
deperimento delle stesse, se non intervengono finanziamenti dello Stato;
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b) esposizione al fenomeno dell'autoproduzione di servizi da parte dei vettori in
attuazione delle norme europee di libera concorrenza;
c) irrazionale utilizzazione degli aeroporti in quanto il vettore, sottoposto alla
stessa tassa di approdo e partenza sugli aeroporti di un sistema, tende ad
operare su quello più rappresentativo (Linate anziché Bergamo, Venezia
anziché Treviso, Palermo anziché Trapani ...) determinando fenomeni di
congestione su alcuni scali ed annullandone altri. Una differenziazione dei
diritti:
- tra i diversi aeroporti,
- tra i diversi tipi di traffico,
- tra i diversi velivoli,
- tra le diverse ore del giorno e della notte, come avviene in tutti gli aeroporti
europei, garantirebbe, invece, una più razionale utilizzazione delle risorse;
d) pressione economica sull'utente sottoposto a tariffe commerciali (ristorazione
- parcheggio auto ...) esagerate in relazione al servizio offerto.
- Un posto macchina custodito su un grande aeroporto costa anche £. 30.000
al giorno. Se si considera che tale posto ha un valore di primo impianto di
circa £. 12.000.000, si vede che il recupero totale dell'investimento avviene
in 400 giorni cioè in circa 1/20 del normale periodo di ammortamento;
e) gravi ripercussioni sul Conto nazionale del trasporto aereo, fortemente
sbilanciato tra le spese all'estero dei vettori italiani e quelle in Italia dei vettori
esterni.
Si perde in valuta circa 2000 miliardi ogni anno. La situazione può essere
sanata con l’applicazione delle norme di cui al comma 10 dell'art. 10 della legge
24.12.1993 n. 537 attuando un principio di gradualità per non avere ripercussioni
negative sui vettori nazionali.
L'adeguamento dei diritti, disposto dalla legge 537/93, tenuto conto della delicata
situazione economica dei vettori nazionali, dovrebbe intervenire, almeno per i primi
due anni, in modo contenuto, aumentando negli anni successivi il gradiente di
crescita fino a raggiungere il livellamento con i valori europei entro un periodo
determinato (ad esempio 5 anni).
L'adeguamento annuo dovrà, ovviamente recuperare anche l’eventuale variazione
intervenuta al livello europeo di riferimento. I criteri di adeguamento assumono un
ruolo fondamentale in quanto possono contribuire:
- alla razionale utilizzazione delle risorse aeroportuali,
- al recupero finanziario per la realizzazione delle strutture,
- ad elevare il livello concorrenziale nei confronti di aeroporti stranieri aventi lo
stesso ruolo,
- allo sviluppo di attività sul territorio (ad es. turismo) ad elevato reddito
indotto,
- alla riduzione di tariffe commerciali aggiuntive sostenute dall'utente,
- alla riduzione del costo del biglietto aereo negli aeroporti sociali.
I criteri più significativi, da sempre attuati negli aeroporti europei dovrebbero tener
conto, almeno, dei principi di seguito elencati.
Differenziazione tra scali aeroportuali in funzione del traffico
E' noto che alcuni aeroporti italiani ed in particolare quelli di Roma e Milano sono
affetti da fenomeni di congestione non solamente in quanto scali di destinazione di
rilevanti flussi, ma anche quali scali di transito e coincidenza con altre destinazioni;
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altri scali del medesimo bacino di traffico hanno, invece, problemi opposti e cioè
ampi archi giornalieri con traffico ampiamente inferiore al livello ottimale. E' quindi
auspicabile incentivare un'osmosi tra scali del medesimo bacino, ad esempio
mediante una politica tariffaria che imponga tariffe superiori per scali affetti da
fenomeni di congestione, operando anche una differenziazione sulla base del
tonnellaggio degli aeromobili per la distribuzione del traffico secondo diverse
tipologie, agevolando così anche i costi di investimento dei gestori in attrezzature di
scalo.
Differenziazioni tra fasce orarie.
In analogia con quanto praticato in altri aeroporti europei (Londra, Parigi,
Francoforte) è opportuno introdurre coefficienti maggiorativi della tariffa base per
l'utilizzo delle ore di punta. E' evidente che la laminazione del traffico in archi
giornalieri più ampi implica l'elevazione del livello di efficienza ed il miglior
ammortamento dei costi infrastrutturali e dei servizi.
Anche per le ore notturne appare opportuna l'applicazione di coefficienti
maggiorativi, in questo caso giustificati da considerazioni legate non a fattori
aeroportuali, ma ad esigenze di tutela ambientale con specifico riferimento
all'inquinamento acustico.
Livello dei servizi e recupero dei costi.
Anche in questo caso si tratta di livelli di maggiorazione da determinarsi anno per
anno ed aeroporto per aeroporto sulla base di standards elevati di servizi offerti a
recupero di costi per infrastrutture e servizi direttamente fruibili dal vettore.
Aeroporti turistici e sociali.
Per gli aeroporti turistici possono proporsi minimi di tariffazione prescindendo dal
livello di traffico, in quanto appare evidente che il traffico turistico debba, essere
incentivato in relazione all'apporto di valuta verso settori economici correlati. E' da
tenere altresì conto dell'opportunità di agevolare ugualmente le tariffe per aeroporti
cosiddetti sociali, mantenendo anche questi ai minimi, in quanto, come nel caso
delle isole, il mezzo aereo non trova trasporti alternativi accettabili per frequenza e
per tempi di percorrenza.
E' evidente che il minore livello dei diritti aeroportuali consente:
- per gli aeroporti turistici di ottenere un beneficio indotto molto superiore al
costo (minori entrate);
- per gli aeroporti sociali di ridurre il costo del biglietto aereo parità di tempo di
volo.
Il possibile recupero finanziario complessivo, nell'arco temporale già indicato, per
l'adeguamento dei soli diritti di approdo e partenza e di sosta, supera il 250/anno
che, sommati alle tasse d'imbarco oggi vigenti, determinano un flusso finanziario di
oltre 500 miliardi/anno, necessari per garantire un programmato sviluppo delle
infrastrutture. Attualmente, invece, le capacità di autofinanziamento di tutte le
Società di gestione, da destinare al potenziamento delle infrastrutture ed impianti di
interesse aeronautico, sono praticamente nulle. Al contrario nei principali scali
europei queste capacità finanziarie consentono di mantenere sempre le
infrastrutture al livello ottimale, per capacità ed efficienze in relazione al traffico ed
ai suoi incrementi programmati.
La Società Aeroporto di Parigi (50 milioni di passeggeri):
- ha programmato una spesa di 3.300 miliardi di lire nei prossimi 5 anni,
- ha elevato gli investimenti da 280 miliardi nel 1988 a 550 miliardi nel 1991,
a 960 miliardi nel 1992.
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Gli investimenti nell'aeroporto di Amsterdam (Schiphol) - 20 milioni di
passeggeri - (come Fiumicino) sono passati da 200 miliardi di lire nel 1986 a
240 miliardi nel 1987 a 269 miliardi nel 1988. Non si può escludere neanche
l'intervento dello Stato, quale contributo per la realizzazione delle infrastrutture
(specie negli aeroporti con minor volume di traffico), ma è indubbio che i grandi
sistemi aeroportuali debbono essere posti in condizioni di poter programmare,
finanziare e realizzare le proprie infrastrutture per far fronte alle esigenze del
traffico.
5. Utilizzazione delle risorse aeroportuali.
Si sente spesso affermare che gli aeroporti, in Italia, sono troppi e che per una
corretta politica della spesa occorre limitarne il numero a circa 15-20. Questa
affermazione è corretta se riferita agli interessi aziendali della Compagnia di
bandiera collocati su circa 15-20 scali, non è assolutamente corretta se si riferisce
alle esigenze di un grande Paese europeo. In tutti i Paesi europei (Francia, Gran
Bretagna, Germania, Spagna, Danimarca ...) il numero degli aeroporti corrisponde
alla situazione italiana per gli scali commerciali ed è, addirittura, superiore se
riferito a quelli di aviazione generale.
Il numero complessivo degli aeroporti comunitari nei principali Paesi europei
(comprendente tre distinte categorie) è, infatti, il seguente:
Paesi europei
aeroporti
REGNO UNITO
34
GERMANIA
27
DANIMARCA
14 (*)
GRECIA
35
SPAGNA
31
FRANCIA
35
ITALIA
33
(*) superficie pari al 14% di quella Italiana.
Il problema non è, pertanto, il numero; è la ricerca di ogni Comunità di possedere
un aeroporto più grande di quello vicino o, almeno, di avere una pista più lunga per
assorbire attività aerea che può già svilupparsi egregiamente sull'aeroporto vicino,
senza alcun disagio per l'utente. La disfunzione deriva dalla necessità di dover
adeguare l'aeroporto alla macchina (unificata nelle sue dimensioni) e non la
macchina all'aeroporto, con i conseguenti inutili e costosi interventi su scali come
Lampedusa e Pantelleria per consentire operazioni con il velivolo DC9, quando era
evidente che le esigenze dell'utente di detti scali e l'economia del collegamento non
si soddisfano con la grande capacità unitaria di un volo, ma con la frequenza di più
voli operativi con velivoli di capacità molto inferiore. La disfunzione deriva, anche,
dall'unificazione dei diritti aeroportuali per aeroporti aventi ruoli, dimensione ed
importanza commerciale diversa, con l'effetto conseguente di concentrare l'attività
su alcuni scali strategici a danno di quelli più marginali Una utilizzazione più
razionale delle risorse può far cambiare il rapporto costo/beneficio a vantaggio della
conservazione del patrimonio costituito dalla rete aeroportuale di interesse
primario. Per gli aeroporti di aviazione generale (addestramento, lavoro aereo,
protezione civile, soccorso aereo, aviazione d'affari ...) - circa 100 in Italia - occorre
eliminare per il Gestore (normalmente il locale Aero Club) alcune spese fisse, senza
incidere negativamente sulla spesa dello Stato.
Mi riferisco, in particolare al costo del servizio antincendio, costo fisso con la ferma
speranza che non determini mai alcun beneficio.
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Per garantire tale servizio a costo zero, anzi riducendo i costi per lo Stato, tenuto
conto:
- che detti aeroporti minori si trovano tutti in adiacenza, o addirittura
all'interno di centri urbani;
- che il Ministero dell'Interno per ridurre i tempi di intervento del servizio
antincendio distribuisce nel territorio più centri di soccorso espropriando le
aree per la costruzione delle caserme;
- che l'area aeroportuale, demanio dello Stato, può essere posta a disposizione
del Ministero dell'Interno senza far pagare alcun canone;
- che l'impegno di uomini e mezzi per il servizio antincendio in detti aeroporti è
molto limitato,
basterebbe realizzare i distaccamenti locali dei VV.FF. all'interno di tali aeroporti
garantendo, con la presenza di uomini e mezzi i necessari servizi. Tali distaccamenti
servirebbero, ovviamente, il territorio ove sono collocati e non il solo aeroporto. I
vigili del fuoco avrebbero anche evidenti benefici potendo utilizzare servizi (bar,
mense ...) normalmente anche in tali aeroporti minori.
Non si esclude infine la possibilità che tali aeroporti, di estremo interesse in caso di
calamità naturali, possano transitare nei beni di competenza regionale in quanto la
loro attività ha rilevanza più locale che nazionale.
6. Definizione dei compiti delle diverse componenti che concorrono alla
formazione del prodotto: riforma del settore, ruolo dello Stato.
Alla situazione illustrata che vede l'Italia negli ultimi posti in Europa, concorrono
anche altri fattori.
Tra i più significativi si evidenzia:
- un codice della navigazione che risale a 50 anni fa,
- la presenza di moltissimi Enti, di Stato e non, che forniscono i vari segmenti
del prodotto,
- procedure burocratiche defatiganti,
- mancanza di normative agili per consentire le operazioni senza ritardi o,
addirittura, ostacoli,
- consistenza e capacità del vettore,
- intermodalità.
E’ necessaria una riforma complessiva del settore per assegnare ad ogni Ente
competenze precise e dirette responsabilità, senza duplicazioni e continue
interconnessioni.
Lo Stato dovrebbe mantenere una funzione di programmazione e di controllo del
prodotto finito garantendo all'utente:
- un servizio efficiente in regolarità e sicurezza,
- costi adeguati.
In merito ai principi innovatori che la riforma dovrebbe contenere, ritengo
necessario considerare alcuni punti essenziali. Essi derivano dalla constatazione
degli aspetti negativi che hanno impedito al settore del trasporto aereo di offrire un
prodotto adeguato alle esigenze dell'utente e che diverranno ancora più marcati nel
momento in cui le norme comunitarie dovranno essere integralmente applicate e,
soprattutto, quando l'effetto delle nuove relazioni politiche con i Paesi dell'Est si
risentirà sulla mobilità in una Europa ancora più estesa ed unita.
Per eliminare gli attuali aspetti negativi ritengo che sia necessario:
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- raggiungere una separazione netta, tra vari comparti, dei compiti, oggi
distribuiti in forma occasionale e caotica, con l'assunzione di precise ed
univoche responsabilità;
- considerare, quindi, nel processo di ridistribuzione dei compiti anche le altre
componenti essenziali del settore, come AAAVTAG, RAI, GESTIONI,
FORMAZIONE DEL PERSONALE... che, come anelli di una stessa catena,
concorrono a fornire la capacità e l'efficienza del prodotto;
- separare i momenti della programmazione della esecuzione e del controllo, da
collocare in Entità diverse, con procedure adeguate, capacità quantitativa e
qualitativa idonea, retribuzione necessaria anche per garantire le predette
capacità in termini reali e non solo giuridici e potenziali come fino ad oggi
avvenuto;
- garantire in termini sostanziali la massima attenzione all'aspetto della
sicurezza del volo, in termini preventivi;
- considerare in forma particolare le realtà costituite dai sistemi aeroportuali
delle grandi aree metropolitane;
- garantire snellezza alle procedure;
- ridare attualità alle norme del C. d. N., almeno a quelle connesse con gli
aspetti toccati della riforma, e considerare un nuovo aspetto periferico
collegato alle strutture centrali;
- unificare i diversi organi consultivi di cui si avvale il Ministro dei Trasporti in
quanto i vari parametri risultano tra loro correlati;
- assicurare, e garantire nel tempo, elevati livelli professionali per gli
addetti al settore.
Tra gli elementi determinanti che incidono sulla ridotta capacità complessiva del
trasporto aereo deve essere considerata la consistenza della flotta nazionale per
numero e tipo dei velivoli. La flotta nazionale è strutturata per i collegamenti per
breve e medio raggio, sui quali esistono altri sistemi alternativi di trasporto. Il lungo
raggio si colloca in Europa principalmente sugli scali di Londra, Parigi e Francoforte
sui quali le nostre Compagnie di bandiera forniscono traffico di supporto, perdendo
sul collegamento complessivo un segmento di interesse economico non
trascurabile.
Per concludere questa elencazione di fattori che determinano il risultato
complessivo, si evidenzia in Italia la totale carenza del principio fondamentale
dell'intermodalità dei vari sistemi di trasporto.
Strada, rotaia ed aria debbono invece diventare sistemi interconnessi per fornire un
servizio di trasporto all'utente. Un sistema di trasporto su rotaia (compreso l'ultimo
TAV) non è mai stato coordinato con la Direzione Generale dell'Aviazione Civile per
la connessione con i più importanti aeroporti nazionali, pur trattandosi dello stesso
Ministero. La situazione è ancora peggiore per il sistema stradale. Non esiste in
Italia, escluso forse il solo caso di Palermo, esempio di viabilità dedicata
all'aeroporto.
Tutti questi principi, corretti nella loro ovvietà, sono citati in tutti i dibattiti, ma mai
applicati.
7. Sicurezza del volo
Alla conclusione di questa relazione, occorre fare una precisazione che, spero
rimanga bene impressa per non dar luogo a strumentalizzazioni di sorta.
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airmanshiponline.com
settembre 2003
Il quadro del trasporto aereo in Italia che emerge dall'analisi non è certo positivo
occorrono interventi mirati per migliorare un settore di vitale importanza per
effetti economici e sociali ad esso correlati. Preciso però che non sono
discussione aspetti relativi alla SICUREZZA DEL VOLO ma solo aspetti:
- economico - finanziari,
- di efficienza dei sistemi di gestione,
- di capacità operativa di trasporto, di rispetto delle norme comunitarie
materia di libera concorrenza e libero mercato,
ed
gli
in
in
- di assetto dei vari organismi che concorrono alla formazione del prodotto
finito,
- di produttività,
- di impiego delle risorse per uno sviluppo economico e sociale al quale il
trasporto aereo fornisce un contributo apprezzabile
- occupazionali.
La sicurezza, basata sull'efficienza del trinomio uomo-macchina-ambiente non è
stata messa in discussione.
Essa, per le elevate capacità professionali dell'uomo, per la efficienza della
macchina e per la idoneità dell'ambiente, mantiene anche in Italia livelli elevati che
rendono il trasporto aereo il più sicuro sistema di trasporto.
(B.S.)
Ed è proprio la diversa conclusione sulla sicurezza intrinseca del sistema di
trasporto che emerge da questo intervento di Salvi del 1994 e dal
documento del 2003.
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