resistenza e lotta antifascista nello stabilimento di dalmine
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resistenza e lotta antifascista nello stabilimento di dalmine
RESISTENZA E LOTTA ANTIFASCISTA NELLO STABILIMENTO DI DALMINE La resistenza al fascismo all’interno dello stabilimento di Dalmine (*) prima del 25 luglio si era manifestata senza riuscire ad assumere aspetti e caratteri di massa; nè le posizioni individuali degli antifascisti, per altro conosciuti e perseguitati, riescono a determinare orientamenti nuovi in sen so politico o a spingere a forme organizzative di lotta. Di più : alla Dalmine si perde l’occasione della lotta anche nel marzo 1943 quando in molti com plessi industriali italiani scoppiano quei gloriosi scioperi che sono il primo, chiaro, e per il fascismo allarmante, indice della maturazione di una situazio ne nuova. I lavoratori della Dalmine sono colti di sorpresa; in realtà in quel momento i gruppi antifascisti si trovano isolati, senza legami, o con legami sottilissimi, con Je organizzazioni clandestine nazionali; in carcere i dirigenti comunisti, non ancora sorto il nucleo del Partito d’Azione, venne a mancare nel momento della ripresa della lotta operaia quel gruppo di uomini che do veva guidare la battaglia e orientarla in obiettivi concreti. Tutto questo però non impedisce che il 25 luglio l’offensiva sia portata dapprima contro gli esponenti del fascismo e in seguito verso la direzione dell’azienda con richieste salariali, economiche, sindacali e anche politiche. (*) Esiguo e impreciso si presenta il materiale sul quale si possano ricostruire le vicende e i fatti della lotta antifascista e della resistenza nello stabilimento di Dal mine, in provincia di Bergamo, dalla caduta del fascismo alla definitiva liberazione. Uniche fonti attendibili scritte sono alcune relazioni del periodo di occupazione, e perciò anonime, o stilate subito dopo la liberazione. Esse sono: Relazione Sottocornola, su tutta l’attività antifascista alla Dalmine datata 23 lu glio 1945. Consta di otto fogli dattiloscritti e inizia con la prima attività antifascista seguita all’armistizio dell’8 settembre, fino all’elezione della prima libera Commis sione interna di fabbrica. Appunti per una storia della Resistenza alla Dalmine, stesi da Sottocornola, senza data. Descrive sommariamente in poco più di tre cartelle dattiloscritte, lo stesso periodo indicato nel documento precedente fermandosi però al gennaio 1945, epoca in cui l’estensore passò completamente all’ attività del OLN provinciale di cui era membro. Dichiarazione Sottocornola sull'attività di sabotaggio esercitata sulla produzione di guerra. Datata 5 settembre 1947. Rapporto speciale N . 2 del Gruppo « Dante Paci » di Dalmine, senza data, ma posteriore all’ottobre 1944. Consta di due cartelle e mezzo dattiloscritte con indica zioni delle squadre, numero di componenti e con la specificazione giorno per giorno, dal 24 agosto 1944 al 20 ottobre 1944, delle azioni svolte sia all’interno che all’esterno dello stabilimento. Relazione SAP Dalmine della 171 Bgt. Garibaldi del 6 agosto 1945, che consta di due fogli dattiloscritti con allegato elenco dei partigiani appartenenti alla forma zione di Dalmine e della squadra Verdello-Levate. Copie dei documenti descritti si trovano presso l ’Archivio dell’Istituto nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia. Resistenza a Dalmine 89 Contro i più noti « gerarchi » si avventa quindi la reazione popolare : quei lavoratori non si limitano ad obbligare « con simpaticissimi sistemi quegli elementi che per un ventennio hanno consumato ogni sorta di so prusi e prepotenze » (1) ad abbandonare la fabbrica, ma per di più quegli elementi, hanno sgradite sorprese : si vedono capitare in casa delega zioni che intendono constatare de visu quale costume austero condu cessero questi uomini in tempo di guerra. In verità senza troppa sor presa, si constatò come alcuni fossero ben forniti di quei generi, per pochi chili dei quali molti italiani ebbero a subire carcere e pagare grosse contravvenzioni (2). Così mentre alcuni sono direttamente accompa gnati in carcere ed altri preferiscono per conto proprio abbandonare il do micilio, duecentotrentotto persone responsabili di atti di violenza e di per secuzione vengono costrette a lasciare il loro posto. Su questo punto le mae stranze sono irriducibili. Gli elementi allontanati rientreranno al lavoro, e nemmeno tutti, dopo l’8 settembre, ma non soli; accompagnati dalle prime squadre armate delle forze fasciste. La reazione al fascismo è stata, sin qui, immediata ma spontanea, è venuta dalla base e si è espressa senza una precisa direzione, senza che sia stata creata un’organizzazione efficiente, senza ancora gli elementi per l’orientamento della lotta futura. Il movimento di massa mira a riprendere un posto di lotta e mira sopratutto alla pace, ma quale sia stata l’iniziativa (1) La Voce di Bergamo, 29 luglio 1943. (2) Da La Voce di Bergamo del 30 luglio 1943: Il dott. Cito Prearo denunciato per accaparramento e detenzione di armi. Ecco copia di una denuncia che sarà spedita al Procuratore del Re di Bergamo per i provvedimenti relativi: « 111. Sig. Procuratore del Re - Bergamo. 11 sottoscritto Mario Buttaro di Dalmine segnala alla S. V . IH., a norma e per ogni effetto di legge, che avendo assistito, senza poterlo impedire, nonostante i suoi maggiori sforzi, alla irruzione del popolo nella casa del dr. Ciro Prearo di Dalmine, potè poi constatare che dalla casa stessa ven nero, da parte della folla, asportate ingenti quantità di viveri e di armi. Particolar mente, oltre a quanto può essere sfuggito, ricorda: a) due grossi sacchi di riso; b) tre forme di formaggio; c) due salami (i soldati ne trovarono poi ancora una trentina appesi al soffitto); d) una grossa damigiana di olio; e) un prosciutto appena tagliato, f) notevoli quantità di marmellate, biscotti, pasta bianca all’uovo, ecc.; g) una dami giana di grappa; h) otto fucili mitragliatori con relative munizioni; i) sette fucili da caccia con cartucce caricate a pailettoni (le cartucce si trovano presso il sig. Acquaroli Giovanni di Dalmine, a disposizione della Giustizia, perchè ne verifichi le cariche); 1) otto rivoltelle automatiche, ecc. « La presente denuncia viene presentata alla S. V . 111. da parte del sottoscritto in rispondenza ad un diffuso sentimento della popolazione locale e soprattutto perchè è veramente strabiliante che da parte di chi, in fatto, se non per diritto veniva esercitata nella provincia di Bergamo la maggiore autorità di comando, e si sia infierito crudelmente, per suo ordine, persino contro povere madri di famiglia che erano riuscite ad ottenere, dopo lunghe e faticose ricerche, qualche chilo di patate, si sia potuto fare della propria casa (e si noti che si trattava di uno scapolo), un vero e proprio deposito di viveril Poiché le leggi in materia annonaria esistono tuttora, si spera che per un esempio di vera e santa giustizia, la S. V . 111. vorrà provvedere con l’urgenza che la gravità del caso richiede... F.to Mario Buttaro ». Nel numero del 6 agosto dello stesso giornale, veniva pubblicata una lettera nella quale si elencava il contenuto di una cassetta ritrovata nella casa dello stesso Prearo contenente numerosa valuta pregiata, il che costituiva una grossa infrazione alle leggi del tempo. Tale valuta veniva consegnata ai carabinieri che compilavano il verbale di assunzione. 90 Adoljo Scalpelli politica e organizzativa nelle sue origini per la conquista di quei fini, come si sia articolata alPinterno dello stabilimento, è difficile stabilire; ma è certo che inizia in questo momento l’attività febbrile che, con continuità storica, porterà alla lotta armata. E si è costituito allora, e non solo tra uomini delle stesse tendenze politiche e degli stessi partiti, ma con iniziative plurilate rali, il profondo legame che ha unito nella lotta i gruppi locali e provinciali in difesa dello stabilimento. Mentre quindi si incrociano contatti e prende avvio la vita politica e sindacale, inutilmente ostacolata dal governo Bado glio, contro il quale l’opposizione aumenta, non si rimane ad attendere gli eventi, ma si prepara, pur con la modesta esperienza di una libertà non del tutto raggiunta, la lotta che inevitabilmente dovrà venire. Così, se da una parte si rivendicano aumenti salariali e maggiori razioni di alimenti, dall’altra si fa incetta di armi che vengono nascoste nei rifugi antiaerei dello stabilimento. L ’8 settembre, se provoca un momento di speranza, comporta anche immediatamente lo smascheramento dei piani hitleriani : l’occupazione mili tare tedesca del suolo italiano non può che spingere a lottare contro gli in vasori, e quindi, all’annuncio dell’armistizio, lo stabilimento si ferma e lo sciopero riesce totale; i tedeschi rispondono presidiando la fabbrica e com piendo minuziose perquisizioni; il nove settembre scoprono nei rifugi antiae rei gli arsenali di armi, ma ancora non compiono arresti nè operano rappre saglie. Sono compiti lasciati volentieri ai corpi fascisti che non aspettano dal canto loro a farsi vivi. Scoppiano infatti le prime rappresaglie all’allonta namento degli elementi fascisti operato durante i quarantacinque giorni; otto persone, dipendenti dallo stabilimento sono tradotte alle carceri (3) do ve resteranno dai cinque ai quaranta giorni mentre i lavoratori, attraverso loro delegazioni, cominceranno ad esercitare pressioni sulle autorità, mi nacciando lo sciopero, per la scarcerazione degli arrestati. Una di queste dele gazioni riesce a farsi ricevere dallo stesso capo della provincia. Si costituiva nel frattempo all’interno della fabbrica una commissione che avrà il compito di coordinare tutte le attività clandestine di natura poli tica, sindacale e assistenziale e nella quale sono confluiti uomini di vari partiti, una specie di embrionale CLN , realizzata su base non partitica ma da quegli uomini che più avevano partecipato ai movimenti di quei giorni. Si incontrano così per la prima volta in un organismo di coordina mento della lotta, uomini che resteranno presenti nello schieramento antifa scista fino alla fine della guerra se non cadranno nella battaglia come Natale Betelli (4). Guidati da questa commissione verso la fine di settembre gli ope rai della Dalmine conseguono una notevole vittoria sindacale ed economica. Pochi giorni dopo lo sbarco delle truppe alleate a Salerno e considerando la possibilità di una rapida avanzata che avrebbe potuto impedire il lavoro, la sciando nell’insicurezza economica i lavoratori, la commissione chiede alla di rezione dell’azienda che sia distribuita una certa somma prelevata dalla cassa di previdenza interna, alla quale contribuiscono in parti uguali maestranze (3) Facchinetti, Zanchi, Rossetti, V arrà, Piccardi, Zambeili, Lechner e Soldati. (4) Facevano parte della commissione: Natale Betelli, Ernesto Frigerio, Carlo Re monti, Francesco Salerno, Pietro Sottocornola e Callisto Tosoni. Resistenza a Dalmine 91 e imprenditori. Mentre però la direzione è disposta alla concessione della somma agli impiegati, non intende riconoscere lo stesso diritto agli operai e solo dopo vivaci trattative la delegazione strappa l’impegno alla direzione di stanziare due milioni per i mesi di ottobre e novembre anche a favore degli operai. Al di fuori del raggiungimento dell’obbiettivo economico, appare im portante in questa azione rivendicativa, nella prospettiva della lotta antifa scista, l'unità raggiunta tra operai, impiegati e tecnici. Per l’ultima volta pe rò direzione di fabbrica e delegati degli operai si incontrano senza la presen za di commissari fascisti; verso la fine di settembre infatti la direzione della azienda veniva assunta da tecnici tedeschi e da un commissario del Consi glio nazionale fascista delle corporazioni, il dottor Massimino, i quali trova no uno stabilimento privo di materie prime e di commesse, tanto che quasi più nulla viene prodotto (5). L ’obiettivo dei tecnici tedeschi è quello di ridare un assetto alla produzione, sviluppandola esclusivamente per assecon dare lo sforzo della macchina da guerra. 11 compito lasciato ai fascisti è in vece quello di esercitare funzioni di polizia, di controllo e di spionaggio con tutti i mezzi possibili. Ma senza riuscire ad arrestare l’avviato lavoro di organizzazione clandestina. 1 legami con le direzioni dei partiti politici più impegnati nella lotta si sono rinsaldati e particolarmente con i partiti Comu nista e d ’Azione che nello stabilimento assumono nelle loro mani la direzione della battaglia. Con questi legami e con questi aiuti la Dalmine si inserisce nel quadro generale della lotta contro fascisti e tedeschi : mantiene iniziative a livello aziendale e partecipa alla battaglia generale; così quando le truppe tedesche nel novembre bloccano un reparto dove si sarebbero svolte azioni di sabotaggio, gli operai rispondono incrociando le braccia e sospendendo il lavoro, ricorrendo allo sciopero bianco. Poi, quando in dicembre le fab briche milanesi si fermano, anche la Dalmine scende in campo (6), pur non facendo registrare gli episodi di Sesto S. Giovanni. Sono prove di capacità di una massa che reagisce all’occupante e al fascismo con tutti i mezzi a sua disposizione e che porta le organizzazioni politiche della resistenza ad au mentare le proprie possibilità di influenza agganciando contatti nuovi; è ad esempio il momento in cui il partito Comunista aumenta ed estende la sua influenza con successo, reclutando uomini che operano sul terreno natu rale della lotta operaia. Il marzo 1944 segna il momento della prova di forza della struttura clandestina della Dalmine. Proclamato lo sciopero ge nerale, la commissione clandestina di fabbrica, poiché il C. L. N. nàscerà solo più tardi a Dalmine, è direttamente investita dei compiti della pre parazione. L ’apprestamento di questa grande prova rivela l'acquistata ca pacità di sapersi muovere in mezzo a decine di spie che restano isolate e non avvertono o avvertono in parte i segni dell’agitazione. Il due marzo alle dieci la sospensione del lavoro è totale : dietro le spalle della commissio ne che prende contatti con la direzione dello stabilimento c’e una forza che spinge implacabile, che non dà possibilità di essere ignorata; le trattative sulle richieste che vengono avanzate, richieste che sono alla base dello scio lsi N ei primi mesi del 1943 la produzione si aggirava, sotto forma di prodotto di tubo finito, sulle diecimila tonnellate mensili. (6) C fr. R . B attaglia, Storia della Resistenza italiana, Torino 1953, pagg. 167 ss. 92 Adolfo Scalpelli pero nazionale, a cui se ne aggiungono di aziendali, durano circa due ore, poi, improvvisamente, calano sulla Dalmine, provenienti da Bergamo i re parti fascisti (7). Sparatorie d’intimidazione, percosse, una cinquantina di ar restati. Tra questi ultimi anche alcuni dirigenti del movimento clandestino i quali, in un momento di punta, devono pure assumere posizioni più avan zate degli altri. Insieme con la liberazione dei lavoratori della Dalmine si rivendica la scarcerazione di Aristide Piccinini che fu durante i quarantacinque giorni commissario dell’Unione dei lavoratori dell’Industria e da più tempo in car cere. Da uno sciopero con tono semisindacale si è passati così a colorire forte mente la lotta con motivi politici, con chiari indizi di opposizione al regime fascista e di occupazione. Nè si può affermare che tale atteggiamento non fos se inteso nel suo vero significato, se si rispose, come si rispose, con la serrata proclamata dagli industriali. Questo gesto indica chiaramente l’orientamento assunto in quel caso dalla direzione della Dalmine: prima le trattative, quindi, inconcluse le trat tative, l’arrivo dei reparti armati, che si lasciano andare a sparatorie tanto provocatorie quanto inutili; successivamente gli arresti, le minacce di de portazione, le rappresaglie in uso. Davanti a tutto questo nessun cedimento, nessun atteggiamento di rinuncia, nessun tentennamento da parte delle mae stranze. Allora la serrata, che avrebbe dovuto essere un colpo decisivo, ma che non lo è per nulla; perchè la protesta arriva più in alto, fino a costringe re il capo della provincia a ricevere la delegazione dei lavoratori di Dalmine, ad accettare la discussione sui punti rivendicativi posti dagli operai, a impe gnarsi per la soluzione della dura controversia. Gli industriali sono quindi costretti a riaprire lo stabilimento, i fascisti e i tedeschi a rilasciare alla spic ciolata gli arrestati, anche se più tardi alcuni di essi saranno, sempre per questo sciopero, di nuovo arrestati (8). Tutto ciò è costato ai tedeschi, ai fascisti ed alla direzione, oltre al dan no economico, un’indubbia diminuzione di prestigio. Dall’altra parte, una manifestazione di opposizione così massiccia non poteva non mostrare alcuni lati negativi, e di conseguenza non insegnare qualcosa ai suoi protagonisti. Ci si era preparati alla Dalmine alla lotta d’attacco, all’offesa, ma non si era ancora pensato che fosse necessario predisporre anche le difese dagli attacchi e le difese e la protezione dagli arresti e dalle puntate improvvise della polizia fascista. Così si pensò all’utilizzazione delle gallerie costruite sotto lo stabilimento, che vennero messe in comunicazione con l’esterno, mentre per le offensive massicce delle forze tedesche e fasciste e in caso di tentativi di deportazione in massa, si collocarono vedette e si pensò di utiliz zare la sirena per dare l’allarme generale. In questo periodo un’altra forma di lotta viene vieppiù sviluppandosi e acquistando, si potrebbe dire, un rigore scientifico: il sabotaggio alla pro duzione di guerra. Su queste forme di rallentamento del lavoro, di riduzione (7) Cfr. B attaglia , op. cit., pag. 217. (8) Frigerio, Sottocornola, Verzeni. Resistenza a Dalmine 9 Ì del rendimento delle macchine, di utilizzazione di lenti processi di lavora* zione potrebbe essere scritto tutto un capitolo a parte. Accanto all’opera re* golata e condotta in concomitanza tra tecnici ed operai, vi è l’iniziativa per sonale, occasionale, dettata dal momento, dall’incarico e dalla possibilità. Ac canto all’enorme produzione di chiodi a quattro punte, che servivano ma gnificamente a fermare intere autocolonne tedesche e a ritardare il traffico sulle strade, c’è la colata d'acciaio da scartare perchè spuria: negli imbuti, durante gli allarmi aerei, qualcuno si preoccupava di mettere terra. I tra sformatori dei forni non rendono più; la taratura è stata abbassata di mille kilowatt; tutto lo stabilimento ne risente e il lavoro nell’acciaieria va a ri lento. Per due mesi gli stessi forni si fermano; si è trovata acqua nell’olio dei trasformatori. La norma di otto saldature giornaliere d’una flangia a bom boline per mercurio viene apparentemente rispettata; in verità le otto sal dature si riducono a una; ma ogni operaio dimostra di aver raggiunto il proprio limite di produzione riprelevando sette bomboline saldate nei giorni precedenti. E naturalmente con questo sistema la retribuzione a cottimo è rispettata. Tutto questo unito alla difficoltà di reperimento dei pezzi di ri cambio logorati o rotti, fece scendere paurosamente la produzione, talché a distanza di un anno uscivano, si, ancora diecimila tonnellate mensili di ma teriale dallo stabilimento, ma non più finito, in stato grezzo, che doveva essere nuovamente avviato ad altri stabilimenti per un altro ciclo di lavora zione. Questa battaglia quotidiana, sotterranea, estremamente precisa, che presupponeva la conoscenza anche teorica del funzionamento delle macchi ne, era accompagnata dalla lotta aperta, massiccia, mentre la polizia fasci sta continuava arresti indiscriminati e terroristici. Così il 5 maggio una ventina di persone viene prelevata e tradotta alle carceri di Bergamo. L ’ac cusa? La solita: attività sovversiva. Ma la polizia è incapace di provare certe accuse e non può che rilasciare una parte degli arrestati; ma nello stesso tempo non può uscire completamente sconfitta dalla sua azione, e poiché tutto viaggia neU’illegalità più assoluta, s’impone « l’esempio », la dimostrazione di forza; così due dei lavoratori arrestati sono avviati alla deportazione, sono messi nelle mani dell’alleato tedesco per l’assassinio. Ad ogni offensiva fascista gli operai della Dalmine rispondono con altre azioni; non danno più tregua al nemico; sospendono il lavoro in for me che in termini attuali diremmo a « singhiozzo », organizzando e par tecipando compatti a scioperi rivendicativi appena possono agganciare la loro azione alle azioni delle fabbriche milanesi, avanzano richieste di aumen ti delle razioni alimentari, di adeguamenti salariali, ma in verità i loro scopi sono, pur accanto a quelli più contingentemente sindacali, sempre politici: mostrare al nemico la loro irriducibile avversione, e disturbarlo implacabil mente nella sua azione oppressiva. Tale, ad esempio, lo scopo dello sciope ro di maggio. Se in tutto lo stabilimento la lotta continua, intensificandosi, anzi, nel la primavera del ’44, in tutte le maniere possibili pur di arrecare danno alla produzione di guerra e alla compagine organizzativa fascista e tedesca, 94 Adolfo Scalpelli non per questo gli operai della Dalmine desistono dalla lotta armata al di fuori dello stabilimento, nella zona di influenza della Dalmine. Con questo scopo si è costituito, dopo lo sciopero del marzo, un nueleo armato di giovani, aderente al Fronte della Gioventù, formato da ope rai dello stabilimento e da contadini della zona che, con una serie di azioni armate fulminee e spericolate, se non importantissime ai fini militari, se minano il panico fra i presidi fascisti disseminati nelle vecchie caserme dei carabinieri, nei centri della pianura attorno a Dalmine. Si tratta in par ticolare di un gruppo di una quarantina di giovani, articolato in varie squadre, che riesce a tenere a bada i centri di Sforzatura, Dalmine, Treviolo, Albegno, Sabbio, Levate e Verdello con disarmi continui, distribuzione di volantini, affissione di manifesti, scritte murali, arrivando fino a bloccare il cinema di Dalmine, durante una proiezione, per disarmare quanti, appar tenenti alle forze fasciste, stavano assistendo allo spettacolo cinematografico. In particolare nei mesi estivi, e prevalentemente nel perimetro del comune di Dalmine si distinguerà in queste azioni il gruppo « Dante Paci » con una serie di azioni propagandistiche. * * * L ’estate segna però per Dalmine anche un tragico avvenimento, co stituito dal bombardamento alleato del 6 luglio. Alle n esatte aerei alleati in due ondate successive scaricano tonnellate di esplosivo che provocano la morte di 281 persone nel giro di pochi minuti (9), Il bombardamento distrusse notevolmente l’apparato industriale e per la produzione tedesca di guerra, fu uno dei colpi più duri, considerato, no nostante l’ostruzionismo e il sabotaggio, che lo stabilimento di Dalmine era uno dei più attrezzati per un certo tipo di costruzioni pesanti. In quel perio do Dalmine era stato organizzato per la produzione in serie di teste di siluri, di accessori per le V i e le V 2, di tubi per i « Panzerfaust ». La siderurgia al servizio del Reich si trovava in questo modo privata di uno stabilimento di indubbia importanza, almeno per il settore di sfruttamento economico dell’Italia (io). (9) Per le notizie sul bombardamento: secondo Bergamo repubblicana (io lu glio 1944) il totale sarebbe stato di 269, di cui: 231 operai, 17 impiegati, 21 per le strade o nelle case. Invece secondo la lapide posta sulla porta della chiesa di Dalmine il numero è di 281. Secondo invece il volume La Dalmine durante cinquantanni, 1906-1956, Torino 1956, i morti appartenenti allo stabilimento sono 257. Si seppe più tardi, ma nessun documento lo prova, che il giorno del bombardamento il ministro del Reich, Speer, era atteso a Dalmine per una visita che all’ ultimo momento venne sospesa e rinviata. Altri bombardamenti subì lo stabilimento il 29 gennaio, il 12 e 14 aprile 1945. (io) Una tabella della produzione in tonnellate di quegli anni : Anni Accaio Tubi 1942 99.882 83.634 109.439 75.122 1943 1944 68.092 76.747 15.882 19.923 1945 [La Dalmine durante cinquantanni, cit.). Resistenza a Dalmine 95 Ad approfittare però del bombardamento per mantenere aperte e al largare }e ferite subite dagli oppressori, penserà il movimento clandestino che nella primavera si è dato un assetto migliore entrando in una fase di sviluppo qualitativo del lavoro, valutando meglio le proprie possibilità, aumentando anche le capacità di legame con i fatti politici nazionali. Nel giugno infatti si è costituito definitivamente a Bergamo il CLN in cui entrerà come rappresentante del Partito d’Azione il Sottocornola, rimasto fino allora legato alla lotta clandestina nello stabilimento. Verso la metà di agosto il CLN si costituisce anche alla Dalmine (11), con caratteristiche extra aziendali, affrontando anche i problemi comuni allo stabilimento e alle popolazioni della fascia limitrofa. L ’accentramento così operato poteva permettere in quel determinato caso e in quel determinato momento una più ampia possibilità di manovra delle forze di resistenza che la Dalmine offriva e quindi tali forze avrebbero potuto essere impiegate con maggiore celerità in determinate occasioni, non rimanendo isolate nel lavoro dello stabilimento. Ad ogni modo questo CLN prende immediate iniziative, che sono sem pre decise all’unanimità, e fissa un suo preciso programma che, accanto a punti che in quella situazione avrebbero potuto essere considerati se non superati, superflui, introduce per la prima volta un fatto nuovo: la difesa dello stabilimento nel suo complesso, la salvezza degli impianti come patrimonio comune del mondo de} lavoro. In una relazione del tempo sono contenuti i seguenti punti: a) Propaganda politica tra elementi moral mente sani; b) fomentare il malcontento tra le masse; c) sabotaggio della produzione; d) difesa degli impianti dello stabilimento di Dalmine; e) studio dei provvedimenti da addottare per impedire la deportazione di manodopera; f) organizzazione militare; g) riunioni tra i membri del CLN e rapporti con CLN provinciale ». Il piano di difesa dello stabilimento che doveva essere il punto di mag giore attenzione nella nuova fase di lotta fu concepito in due parti distinte : in caso di evacuazione del macchinario e in caso di distruzione degli im pianti (12). Per il primo caso si predisposero tutti i necessari accorgimenti per danneggiare la linea ferroviaria di raccordo fra Dalmine e Verdello che immette sulla Bergamo-Milano e si diedero pure disposizioni per l’eventua le danneggiamento delle locomotive; se i tedeschi avessero invece tentato la distruzione del macchinario in loco, si sarebbe provveduto all’allagamento delle gallerie che forzatamente i tedeschi avrebbero dovuto utilizzare (13). Per prevenire invece la deportazione in massa di operai in Germania, vi furono accordi con la stessa direzione dello stabilimento, la quale si ina ili) Compongono i C LN di Dalmine: il Partito Comunista (Piero Frigeni), il Partito d’Azione (Ernesto Frigerio), il Partito Democratico-cristiano (Elio Colleoni) e il Partito Socialista Italiano di unità proletaria (Piero Galdini). (12) Cfr. V ajana, Bergamo nel ventennio e nella resistenza, Bergamo 1957, pa gine 269-70. (13) Il momento del passaggio dal sabotaggio della produzione tedesca, che pe raltro continua fino alla fine della lotta, alla difesa degli impianti e alla neutralizza zione di qualsiasi misura di annientamento degli impianti, avviene alla Dalmine paral lelamente con le altre fabbriche italiane. La preoccupazione che anche gli alleati avevano di mantenere efficienti gli stabilimenti e documentata dal fatto che due g6 Adolfo Scalpelli pegnava ad avvisare tempestivamente del pericolo gli organismi operai in modo da permettere l’allontanamento delle maestranze dal luogo di lavoro. Molta attenzione venne anche prestata all’azione militare; nel giro di poche settimane, furono effettuate diciassette azioni di disarmo; di questa attività restò vittima anche un’intera pattuglia in perlustrazione. Ormai nello stabilimento si comincia a pensare ad una struttura organizzativa di tipo militare, escludendo però qualsiasi tentativo di difesa nel caso di attacco nemico con armi pesanti, tenendo in considerazione, invece, la difesa dello stabilimento da attacchi di reparti sbandati in fuga o da guastatori tedeschi. Così il totale degli appartenenti alle squadre armate nella fabbrica raggiunge le 20 unità, considerando di poter contare in qualsiasi evenienza su 175 uo mini. Ognuna delle squadre fu libera di agire per conquistarsi le armi. missioni militari vennero inviate, una a Milano e una nel Bergamasco, con precisi com piti di difesa degli impianti. Cfr. Rapporto sul controsabotaggio nell'Italia settentrionaie, del col. Hewitt, e pubblicato da Ferruccio Parri in Movimento di Liberazione in Italia, N . 14, 19 51, pag. 20, sotto il titolo: Alleati e partigiani di fronte al problema della difesa degli impianti. E ’ però da dire che, per quanto ricerche siano state fatte, non vi è traccia di un intervento diretto di qualche esponente alleato per indicare ai resistenti della Dalmine Ja linea da seguire per la difesa dello stabilimento. Per la difesa degli impianti del Nord, che si trovavano nelle pianure fu indubbia mente di maggior peso la direttiva del C V L che più volte e con costante preoccupa zione tornò sull’argomento della salvezza del patrimonio industriale. Cfr. B attaglia , Storia ecc., pagg. 527 ss.; e L . L ongo, Un popolo alla macchia, Milano, 1947, pagi ne 398 ss. Dal libro di V ajana (Bergamo ecc., pag. 267) togliamo questa curiosa pagina: « ...a Bergamo si fecero parte dirigente Ldell’opera di difesa degli impianti] l’indu striale Giuseppe Martinelli del Partito d ’Azione, il ragionier Giacinto Gambirasio ed il dottor Pietro Conti, i quali, malgrado la sorveglianza del maggiore Hude, promos sero una Unione industriali clandestina, mascherata sotto la veste giuridica di ” So cietà Industriale a responsabilità lim itata” avente per oggetto: ” La valorizzazione dei prodotti industriali ed il loro commercio sia all’interno che all’estero ’ ’ . L a società doveva nascondere le operazioni indispensabili per la protezione degli impianti; la sua sede fu la società F .E .R .V .E .T . e fu amministrata dall'avvocato Soleri, direttore dell’Unione industriali. Il pericolo della distruzione esisteva, e fu lo stesso questore ad informare il dott. Pietro Conti che gli impianti erano in pericolo. Ma questi aveva già preso i contatti con Giuseppe Martinelli. E poiché il comandante « Bassi », Mario Buttaro, aveva affidato al Martinelli l ’incarico di provvedere ai fondi necessari per garantire le operazioni militari, parve giusto a questi collegare quella richiesta con la prestazione di assistenza agli impianti. Evidentemente i patrioti li avrebbero difesi in ogni caso, ma il Martinelli pensò che un gesto di solidarietà con loro si imponesse, di fronte alla propaganda nazifascista, che aveva fatto della categoria degli industriali un'accolta di traditori: vedi socializzazione e conseguente invio di commissari nelle aziende importanti. Martinelli, allora, propose al dottor Pietro Conti, quale rappre sentante degli industriali, di assumere moralmente l’impegno di coprire quelle somme convenute, mentre il Martinelli le garantiva in proprio presso le banche Mutua popo lare e Piccolo Credito Bergamasco. La somma fu depositata su un libretto al portatore e consegnato al dottor Mario Leidi, notaio, capo del servizio cassa delle formazioni partigiane ». In realtà di questa organizzazione, operazioni bancarie e rogiti notarili com presi, non rimane nulla. Per quante ricerche siano state fatte non è risultato nè un documento, nè un atto di presenza nella lotta. N è, uno dei nominati dal Vajana, interpellato, ricorda più molto di quella società. Il che fa davvero pensare che, essendo vicini alla conclusione della lotta, conclusione ormai chiaramente deli neatasi, si sia tentato da parte di qualcuno, di compiere un’azione che ne cancellasse altre. Dei rogiti notarili e dei libretti di banca, nessuna traccia nemmeno presso il notaio dott. Leidi. Resistenza a Dalmine 97 Il CLN , come si vede, entra nel pieno del suo funzionamento, articola la lotta in varie direzioni, creando diversi organismi preposti alle nuove fun zioni: uno di questi è il Comitato di Agitazione, al quale venivano nel giu gno affidati precisi compiti di natura sindacale: porre le basi per rivendica zioni salariali, divenire l’organismo di difesa sindacale dei lavoratori, svuo tando e sempre più isolando la commissione fascista di fabbrica. Di questo comitato faceva parte sin dal novembre 1943 Natale Betelli, comunista, una delle figure più nobili della lotta antifascista della Dalmine, instancabile e sempre presente, che catturato dalla polizia fascista muore pochi mesi prima della fine della guerra fra torture inenarrabili. E a tanto dovettero arrivare le sevizie che 1 fascisti credettero opportuno occultarne il cadavere invece di dargli sepoltura o consegnarlo alla famiglia. Nello stesso periodo un altro membro del comitato di agitazione viene catturato e deportato. E ’ questo sicuramente il segno che la lotta non dà tregua al nemico. L ’arma dello sciopero, nel frattempo, non viene affatto abbandonata, resta sempre la miglior dimostrazione della forza compatta e massiccia e ogni fatto diventa elemento di protesta. Gli scioperi vengono pro clamati per motivi economici, ma non si dà mai agio alia direzione dello stabilimento di sfuggire alle sue responsabilità e alle richieste dei dipenden ti (14). Tra la fine del ’44 e l’aprile del ’45 la lotta contro l’oppressore non as sume fasi acute, ma continua senza soste in tutte le forme possibili. I legami fra le forze della Resistenza si stringono a tutto vantaggio della lotta, la stessa direzione dell’azienda, rimasta in bilico tra gli uni e gli altri, con addentellati nell'uno e nell’altro campo, pare essersi definitivamente schie rata con le forze partigiane. La parte padronale ha però voluto costituire un suo corpo armato, comandato da un suo uomo di fiducia, non certo per prender parte alla lotta patriottica, ma semplicemente per difendere il pro prio patrimonio. Il fatto stesso che le forze antifasciste, al corrente della co stituzione delle squadre armate, debbano intervenire per depennare nomi di elementi non fidi e invisi al movimento partigiano inseriti nelle liste, si gnifica che la direzione dell’azienda non aveva obiettivi o affetti patriottici al di fuori del desiderio di avere un corpo armato per il « suo » stabilimento. Il Comitato di Liberazione di fabbrica esercitava così, con il controllo sui nomi degli armati della direzione, il potere che gli era stato demandato dal CLN AI con una precisa disposizione del 9 agosto 1944 in materia di rap porti con l’ambiente degli industriali (15). 11 fatto che l’azienda passi sottoma n i « ...proprio il mese di novembre vedeva una ripresa degli scioperi fra i lavoratori delle industrie lombarde, scioperi come al solito motivati in apparenza dal disagio economico, ma che avevano pure ora un indubbio carattere politico. Agita zioni avvenivano alla Dalmine, alla Magneti M arelli... » F. C a talan o , Storia del C .L .N .A .L , Bari 1956, pag. 322. (15) « La difesa delle fabbriche è questione di importanza politica nazionale e come tale va risolta: non costituisce un problema di polizia interna degli stabilimenti. Il Comitato è disposto a trattare con gli industriali solo a condizione che questi rico noscano esplicitamente l’autorità che a esso compete di organizzare e dirigere la difesa delle fabbriche, impegnandosi formalmente a non prendere iniziative di altro genere. 98 Adolfo Scalpelli no alle famiglie dei perseguitati, fossero essi in carcere o fossero alla mac chia, somme di denaro in torma di assistenza o di salario, o che la direzione abbia aderito alla richiesta di segnalare eventuali azioni di arresti in massa per deportazione, non può portare a stabilire con precisone una posizione, ma semmai un’applicazione di comodo dei decreti emanati dal CLN lom bardo (16). Certo, il gruppo dei dirigenti era sensibile alla situazione politica e mi litare che si evolveva a favore dell’antifascismo e delle forze patriottiche. La costituzione di un corpo armato per la fabbrica non poteva che avvenire in un momento giudicato di crisi per l’occupante, in una congiuntura favore vole a far passare inosservata l'azione ai tedeschi e ai fascisti, i quali non potevano più garantire con le loro armi la difesa degli impianti. Non che il corpo armato sia poi servito molto, tanto da prendere nelle sue mani tutto il potere dello stabilimento, e sammai alcuni degli uomini del corpo organiz zato dalla direzione diedero una mano nell’insurrezione che a Dalmine ini ziò esattamente nella notte tra i} 24 e il 25 aprile, con l’assalto alla caserma della G.N.R. di Dalmine e con l’occupazione dello stabilimento. L ’azione venne condotta in collaborazione con i gruppi armati della i ] i h Brigata Garibaldi, distaccamento Dalfmne, distaccamento Brembo, e con le squadre dei giovani del Fronte della Gioventù, gruppo Dante Paci. In verità l’azione militare era iniziata in grande stile il giorno 22 cioè ap pena conosciuto l’ordine di mobilitazione generale diramato per il 25 aprile. Furono filtrate le strade e disarmati tutti i fascisti; ma furono perquisite anche regolarmente tutte le case degli appartenenti ai gruppi fascisti e quasi completamente presidiati i centri di Dalmine, Treviolo, Albegno, Sabbio e Sforzatica. Un fascista venne ucciso per aver opposto resistenza. Così il 25 aprile venne disarmato completamente il presidio tedesco di Arcene costitui to da 47 soldati, mentre sulla strada tra Arcene e Verdello furono tolte le armi a 14 fascisti. Il mattino successivo il comando tedesco di Verdello, che non aveva ancora voluto cedere le armi, si arrese. Queste azioni ebbero il compito importante di rastrellare il terreno attorno allo stabilimento per po ter concentrare la vigilanza sulle strade di comunicazione tra Bergamo e Mi lano, strada provinciale e autostrada, e per prevenire eventuali sorprese. Nes sun lavoro venne naturalmente iniziato nella fabbrica, ma armati, gli operai si trasformarono in difensori del loro posto di lavoro. AH’interno dello sta bilimento le azioni di forza vennero iniziate nella notte del 25 aprile col disarmo dei militi fascisti di presidio allo stabilimento e del corpo di vigilan za interno della direzione dell’azienda, con la requisizione di tutte le armi in dotazione alle guardie. Ma la mattina del giorno 26 la notizia del rinvio di un attacco delle squadre armate della città alle carceri di Bergamo e alla Gli accordi concreti dovranno essere definiti caso per caso con i Comitati di fabbrica che vengono a ciò delegati dal C LN A I ». Cfr. Documenti ufficiali del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia, Milano 1945, pp. 73-74; riportato in F. C ata lano, Storia del C .L .N .A .I., Bari 1956, pp. 238-259. (16) « Le aziende private e le amministrazioni pubbliche devono provvedere a retribuire regolarmente i dipendenti costretti ad assentarsi dal lavoro perchè ricercati o perseguitati dai fascisti o dai tedeschi ». Cfr. Decreti e atti del C .L .N . della Lom bardia in periodo clandestino, Milano s. d. R esistenza a Dalmme 99 prefettura, fece nascere nel gruppo dirigente insurrezionale di Daknine il dubbio che potessero riversarsi a Dalmine le truppe fasciste non impegnate in città, le quali avrebbero potuto disperdere le torze della Resistenza che possedevano solo armamento leggero. Pertanto decisero di riconsegnare le armi e permettere alia guardia interna di riprendere servizio. Fu indubbia mente una temporanea mancanza di collegamenti con gli organi provinciali; fu una non esatta valutazione del momento critico in cui 1 fascisti erano ve nuti, quasi d’improvviso, a trovarsi per }o scoppio dell’insurrezione, a far credere a Dalmine che i nazifascisti avessero potuto o voluto tentare un qualsiasi movimento. Immediatamente il collegamento fu ripreso, la situa zione chiarita direttamente col CLN che diede l’ordine di rioccupare lo sta bilimento. Fatto avvenuto nelle prime ore del pomeriggio del giorno stesso. Intervennero nell’azione di occupazione tutte le squadre armate dispo nibili nella zona. Nessun atto di sabotaggio, nessun tentativo di mettere macchine fuori uso ebbe a determinarsi, nessun fatto di rilievo si manifestò dopo l’occupazione dello stabilimento. I gruppi armati vennero disseminati sulla strada a un raggio alquanto largo rispetto allo stabilimento, per poter intercettare ad una certa distanza eventuali squadre nemiche di disturbo o di sabotaggio; e qui si effettuarono i normali disarmi di fascisti isolati. A r resti furono effettuati tra i maggiori esponenti locali della repubblica, di Salò, si dichiararono destituiti il podestà e tutti gli organismi imposti dal fascismo; al loro posto vennero designati gli incaricati del CLN o delle forze insurre zionali. Tra gli altri decadde l’organismo fascista di rappresentanza operaia e al suo posto venne insediato il comitato di agitazione clandestina che non aveva desistito dai suoi compiti durante tutto il periodo dalla nomina alla liberazione. Si imponeva però immediatamente la revisione dei compiti del CLN, delle sue attribuzioni e della sua sfera d’influenza. Finora il CLN nominato nell’agosto del 1944 aveva continuato la sua funzione interessandosi sia dei problemi dello stabilimento, sia dei problemi del Comune di Dalmine e di riflesso di tutti quelli della zona che gravita nell’orbita della fabbrica. Ma ora, a liberazione avvenuta, tali problemi si facevano gravosi e se ne presen tavano di quelli che uscivano dalla sfera delle competenze di un comitato di fabbrica; fuori dai suoi compiti, erano, ad esempio, le nomine di commis sioni che riguardavano il comune di Dalmine, o i problemi dell’approvvi gionamento della popolazione che non aveva rapporti con lo stabilimento. Si arrivò così contemporaneamente a una duplice decisione: sdoppia re il CLN , uno per l’azienda e uno per il Comune e inoltre invitare i partiti a designare per il CLN aziendale un secondo rappresentante. Così il CLN di azienda ha potuto dedicarsi interamente alla sua attivi tà inserendosi nel piano di ricostruzione dello stabilimento, anzi annullando quasi ogni attività della direzione tecnica e ponendo come prima questione assoluta, la necessità della ripresa del lavoro. Compito non facile per la man canza quasi totale di carbone, che non poteva essere fornito che direttamen te dal Governo militare alleato. Nel frattempo solo il cinquanta per cento delle maestranze poteva riprendere il lavoro, a turni di quindici giorni per quindici giorni, affinchè ognuno avesse la possibilità di mantenere il suo pò- ìòò Adolfo Scalpelli sto. La ripresa dell’attività avveniva a non più di due settimane dalla data dell’insurrezione. Altro compito di notevole portata affrontato dal CLN aziendale, fu il problema dell’alimentazione e del quotidiano rifornimento, risolto in accordo col colonnello Buttaro (17), con l’invio di automezzi della ditta ai posti di rifornimento nelle provincie limitrofe. Nello stesso tempo il C LN partecipava attivamente alla vita sociale e sindacale dello stabilimento, ai problemi della ripresa economica, e diveniva il primo elemento di democrazia all’interno dell’azienda. A d o lfo Scalpelli (17) Già comandante insurrezionale della Piazza militare di Bergamo e quindi vice commissario alla Dalmine per incarico del C .L .N .