LE NOZZE DI CANA (08-02-2015) Nel secondo incontro per famiglie
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LE NOZZE DI CANA (08-02-2015) Nel secondo incontro per famiglie
LE NOZZE DI CANA (08-02-2015) Nel secondo incontro per famiglie abbiamo meditato sul brano evangelico delle nozze di Cana, tratto dal vangelo di Giovanni (2, 1-12). Un testo, a prima vista, molto semplice e di carattere narrativo, ma in realtà molto ricco di significato teologico, abbastanza complesso da interpretare. Varie sono, infatti, le interpretazioni: cristologica, sacramentale (in riferimento al vino eucaristico e al sacramento del matrimonio), mariologica. Rileviamo subito che nel racconto si parla di uno sposalizio, però c’è qualcosa che non quadra: la sposa non è nemmeno nominata, mentre lo sposo è appena citato. Il racconto delle nozze di Cana si può definire una rilettura cristiana del libro di Esodo, relativo a Mosè e alla rivelazione di Dio sul monte Sinai, culminata nella consegna della Legge sulle tavole di pietra. Per l’autore del quarto vangelo, Gesù si trova nella stessa situazione di Mosè dopo che Dio lo rimanda in Egitto a portare il suo messaggio al Faraone, perché liberi il popolo d’Israele. Egli dovrà fare dei «segni», il più importante dei quali sarà l’acqua del Nilo trasformata in sangue (Es 4,9); allo stesso modo Gesù a Cana cambierà l’acqua in vino. Giovanni, inoltre, riprende il tema dell’Alleanza del Sinai, che tutta la letteratura biblica presenta come uno sposalizio, per dirci che le nozze di Cana sono uno svelamento della nuova alleanza che Dio sta per contrarre con il suo popolo mediante il dono del vino buono, simbolo del Vangelo di Gesù e del suo sangue. Chi legge il racconto deve capire che si trova di fronte a un fatto straordinario di auto-rivelazione di Dio: Gesù è il nuovo Mosè, di cui prende l’eredità ed è anche più grande di lui: «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17-18); egli, infatti, che è il Lògos, porta non più la Legge scritta sulla pietra, ma la sua umanità è la tavola di carne dove ora è scritta la Toràh dello Spirito. Le nozze di Cana sono perciò il nuovo monte Sinai dove si manifesta la «Gloria» di Gesù: egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cominciarono a credere in lui» (Gv 2,11). Nell’antica alleanza la gloria di Dio si manifestava attraverso la Legge, nella nuova alleanza attraverso un’offerta continua e crescente di amore, simboleggiata dalle nozze. Gesù si rivela come il Messia, lo Sposo delle nozze, che versa il vino nuovo, il buon vino tenuto in serbo fino a questo momento, cioè riservato da Dio per gli ultimi tempi, nelle giare dell'ebraismo, ormai non più in grado di purificare. Per la sua abbondanza e la sua qualità, questo vino è l'immagine del dono di Dio e del rinnovamento di tutte le cose nel Cristo. L'identificazione del vino con Gesù parola, è confermata dal v. 9c: “… il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse …”: l'avverbio “dove”assume infatti in Gv una connotazione di rivelazione cristologica, che serve a focalizzare l'attenzione sul mistero della sua origine, della sua provenienza. Solo chi osserva la Parola di Gesù arriva a conoscerlo, infatti il testo continua: “…ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua”, essi che avevano già obbedito alla Parola, riempiendo d’acqua le giare. Anche il verbo “conservare” abbinato al vino fa comprendere che quest’ultimo è il simbolo della Parola di Dio (vedi anche Lc 2,52: “sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore”). Se a Cana Gesù è il vero Sposo, ne consegue che Maria ne è la sposa; ecco perché non viene presentata col suo nome proprio, ma nel suo ruolo di “madre” e di “donna”. Per approfondire il complesso simbolismo presente in alcune espressioni letterarie ci siamo soffermati ad analizzarle alla luce dei brani dell’Antico Testamento. Abbiamo infine adattato questo brano ad ogni famiglia presente per discutere insieme e concludere che: 1) Poiché non si conoscono i nomi degli sposi di Cana, il loro volto e la loro storia sono quelli degli sposi di tutti i tempi, quindi anche i nostri. 2) Cana (=Cercare, acquistare) è il luogo della ricerca di un incontro. Da una parte sono gli sposi che cercano Gesù, dall’altra è Gesù che cerca gli sposi e si fa loro vicino. Il matrimonio diventa luogo di incontro con Gesù: è da Lui che viene illuminato e prende significato pieno. Accettando l'invito alle nozze, Egli intende dimostrare quanto la verità della famiglia sia inscritta nella rivelazione di Dio e nella storia della salvezza. Gesù si manifesta nell'ambito della famiglia e ci esorta ad annunciare insieme a Lui la lieta notizia del bell'amore. 3) E’ importante invitare il Signore alla nostra festa, perché se non c’è Lui, non c’è il vino buono che dà significato alla vita. Ogni matrimonio è ricco di risorse, ma la gioia della festa nuziale è fragile, instabile e continuamente esposta al rischio di spegnersi. Il vino “che dà gioia al cuore dell'uomo” (sal 104,15) può venire a mancare da un momento all'altro. Quale garanzia può dare un progetto di felicità basato esclusivamente sulle scorte della cantina di famiglia? Nessuna coppia è esente dal dover attraversare, prima o poi, in un modo o in un altro, questa fase in cui il “vino di casa” viene a mancare. Appare evidente che lo sposo del brano non è in relazione con Dio, perché un pio israelita non avrebbe mai avuto le giare vuote. La conseguenza di questa indifferenza nei confronti di Dio lo rende manchevole anche nei confronti degli altri, persino di quelli della sua stessa famiglia. Infatti, cosa sarebbe successo tra questi due sposi novelli se Gesù non fosse intervenuto, provvedendo il vino della festa? 4) Gesù ci chiede di rimetterci in relazione con Dio, di fare qualcosa di possibile, e noi obbedendo partecipiamo al compimento del miracolo. L’acqua rappresenta la nostra buona volontà. Siamo disposti a mettere a disposizione del Signore e del suo vangelo il piccolo tesoro del nostro amore sponsale perché lui vi possa manifestare la sua gloria e suscitare il miracolo della fede? Quando le giare di pietra della nostra umanità saranno offerte a lui, colme fino all'orlo di tutto ciò che siamo, sarà lui a mutare questa semplice acqua nel migliore dei vini. Esso simboleggia l'amore che Cristo sposo riversa nei nostri cuori, facendo della nostra reciproca appartenenza sponsale "la rappresentazione reale del suo rapporto con la Chiesa”, perché "come egli stesso ha amato la Chiesa" e si è dato per lei, così anche noi possiamo amarci l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione.