UNA FINESTRA APERTA SUL PASSATO (fanfiction a più mani)
Transcript
UNA FINESTRA APERTA SUL PASSATO (fanfiction a più mani)
UNA FINESTRA APERTA SUL PASSATO (fanfiction a più mani) Autori: alix75, anele77, AnnaLeeS, anna78, antonella, Archeopulcino76, Boxy4Ever, klonoa75, lumica74, nosagi I fiori mettevano sempre Amanda di buon umore. Quelli che con tanta cura stava sistemando li aveva raccolti dal suo giardino. Erano gialli ed emettevano un profumo così intenso da riempire tutto il Q-Bureau. Lee li avrebbe notati? A proposito che fine aveva fatto? Erano già le dieci ma lui non era ancora arrivato eppure non le risultava che stesse lavorando a qualche missione quel giorno. Mentre Amanda era tutta intenta nei suoi pensieri il telefono squillò distogliendo la sua attenzione e riportandola alla realtà. "Pronto? No il sig. Stetson non è in ufficio in questo momento. Con chi parlo?" La voce femminile dall'altra parte del filo parve esitare: "No...non importa, richiamerò più tardi". Amanda rimase calma, cercando di infondere fiducia alla donna: "Posso chiederle di nuovo con chi parlo? Devo riferire qualcosa al sig. Stetson?". Silenzio. Dall'altro capo stavano riflettendo: "Sì. Gli dica che Erika vorrebbe parlargli. Ma gli dica anche che lo ricontatterò io". Un click fu il segnale che Erika aveva riattaccato prima ancora che Amanda potesse rispondere qualcosa. Era ancora con la mano appoggiata sopra al telefono, ripensando allo strano tono di voce di chi aveva chiamato, quando Lee aprì la porta dell'ufficio. La salutò come al solito: "Buongiorno, Amanda". "Buongiorno, Lee". Lo osservò brevemente. Sul viso nessuna traccia di preoccupazione o di particolare allegria, niente che rivelasse il motivo del suo ritardo. Decise di non chiederglielo, ma di riferirgli della telefonata. "Lee, ha appena chiamato una certa Erika. Voleva parlare con te, ha detto che ti ricontatterà". La reazione di Lee stavolta la sorprese. Si bloccò in piedi in mezzo alla stanza e sbiancò. Si era pentita di averle detto il suo nome non appena aveva riagganciato il telefono. Ormai da anni tutti la credevano morta, da quando era stata costretta a simulare la sua morte durante una missione all'estero per proteggere la sua famiglia, i suoi colleghi, "Agente scomparso" c'era scritto sul suo fascicolo personale e lei lo sapeva. Ma ora quelli da cui pensava di essere riuscita a scappare dovevano aver scoperto che lei era viva, si sentiva di nuovo in pericolo, era convinta che la stessero seguendo e sapeva che la sua unica speranza si chiamava Lee Stetson. "Amanda, devo uscire. Una questione urgente..." uscì dal Q-Bureau sbattendo la porta prima che lei potesse chiedergli spiegazioni. Stava per varcare la porta che dava sulle scale quando all'improvviso ebbe un ripensamento, Amanda ormai era la sua partner e mal sopportava di dover lavorare senza averla vicino, senza contare che ogni volta che deliberatamente l'aveva tagliata fuori da un'indagine si era amaramente pentito. Ritornò sui suoi passi e la trovò alla scrivania: "Amanda, scusa per poco fa. Voglio che tu venga con me". Lei prima spalancò gli occhi sorpresa, di solito quando Lee decideva di non coinvolgerla non cambiava mai idea, e poi si affrettò a chiedere: "Certo. Ma mi vuoi spiegare cosa sta succedendo? E chi è Erika?". Lui si schiarì la voce: "Erika è un agente o per lo meno lo era prima che fosse dichiarata dispersa in missione...è stata la mia partner per due anni". Amanda lo incalzò: "Fammi capire, ma se risulta dispersa..." lui non le fece finire la frase: "Era una copertura per un'indagine top secret che le avevano assegnato. Se dopo tanti anni mi ha cercato deve trovarsi in guai grossi e qui a Washington non è al sicuro. Dobbiamo trovarla prima che la trovino loro". Amanda annuì mentre prendeva la borsa: "Se è così non c'è un attimo da perdere. Ma chi sono loro?". "Te lo spiego in macchina, ora andiamo" la prese per mano e si richiuse la porta alle spalle. Mentre si trovavano in auto, Lee spiegò ad Amanda in quale circostanze misteriose era scomparsa Erika. "Si trovava in Ungheria sotto copertura per portare negli Stati Uniti un famoso professore universitario dissidente del regime. Improvvisamente, non sappiamo ancora perché, la sua copertura è saltata. Abbiamo avuto una soffiata dai nostri informatori che la Polizia segreta sarebbe andata a prenderla nel suo appartamento. Erika a questo punto ha tentato la fuga in auto ma, durante il percorso, ha sbandato ed è finita in un fiume. Il suo corpo non è stato mai ritrovato, né i nostri hanno potuto fare sopralluoghi per dragare il fiume. Già il caso diplomatico era scoppiato e con difficoltà la squadra è tornata a casa negli Stati Uniti". Amanda aveva ascoltato attentamente, mentre Lee raccontava senza guardarla, lo sguardo fisso sulla strada, più per non lasciar trapelare le sue emozioni che perché ci fosse traffico. "Lee, hai detto che Erika è stata tua partner, quindi avresti dovuto lavorare con lei. Dov'eri in quel momento?", chiese cautamente. Lee rimase a lungo in silenzio: "Ero nell'auto che è sbandata. Guidava Erika. Io sono riuscito ad uscire, ho rotto il vetro e le avevo afferrato la mano per tirarla fuori, ma mi è sfuggita. Sono dovuto risalire in superficie e quando mi sono reimmerso...il suo corpo non c'era più". Amanda ascoltava il racconto di Lee, cercando suo malgrado di leggere l'espressione del suo viso; voleva capire se sarebbe trapelato qualcosa dai suoi occhi, un qualche sentimento per questa donna scomparsa e riapparsa così improvvisamente. Mentre lo fissava pensava che le sue preoccupazioni fossero sciocche, sciocche e completamente irrazionali; si morse il labbro inferiore. Quella storia... non sapeva perchè ma sentiva che non era sufficiente, non aveva appagato la sua curiosità. Forse alla fine qualcosa era balenato nelle iridi scure del suo partner o forse era il suo sesto senso, quello che non l'aveva mai tradita. Lee aveva fermato la macchina davanti ad un edificio del centro. "Aspettami qui", stava smontando in gran fretta dall'auto. "Dove vai adesso?" "Trent è il padre di Erika, vado a chiedergli se ha avuto qualche notizia da lei in questi giorni.. Ne dubito ma è meglio fare un tentativo. No! tu non vieni..." disse, fermandola prima che finisse di pronunciare una delle sue frasi più caratteristiche. "Amanda, credimi, è meglio se rimani qui...non ci metterò molto temo" Lo vide sparire dietro il portone antico del palazzo. Da sola, parcheggiata in una strada di Washington, sprofondò nei suoi pensieri, e i suoi pensieri erano tutt'altro che tranquilli. Mentre guardava la cabina telefonica davanti alla macchina, si disse che sicuramente si trattava solo di apprensione... Eppure lei si trovava già nella cabina, con il quarto di dollaro in mano pronto per far scattare la chiamata. L'apprensione le stava facendo alzare la cornetta e comporre sul quadrante del telefono pubblico il numero personale di Billy Melrose. "Erika? parli di Erika Wilde?" "Non conosco il cognome, non me l'ha detto..." Il cuore quasi le si fermò mentre scandiva nella mente le parole che stava pronunciando il suo interlocutore. "era la ex-moglie di Lee." Il silenzio dall'altra parte del ricevitore portò Billy a domandare: "ma tu..lo sapevi vero Amanda? Lee te lo aveva detto?" Rimase così, immobile. Le parole di Billy si perdevano nella sua mente, era diventato tutto incomprensibile. Chiuse frettolosamente la comunicazione e tornò in macchina ad aspettare. Quando Lee uscì dal portone non aveva idea di quanto tempo fosse passato, lui salì in auto e mise in moto mentre diceva: “Niente, con loro non si è fatta viva” sembrava parlasse più con sé stesso che con lei. Amanda si inumidì le labbra prima di dire: “Adesso? Hai qualche altra idea?”. Lui la guardò distrattamente: “Si, c’è un posto, fuori città…non escludo che potrebbe essere andata lì. Devo almeno tentare” rimase un attimo sovrappensiero: “E’ distante, non riusciremo a tornare in giornata”. Lei abbassò lo sguardo sconfitta, ancora una volta la stava tagliando fuori dalla sua vita, non la faceva partecipe dei suoi sentimenti, non condivideva con lei i suoi tormenti e pensare che alcune volte erano così vicini mentre altre, come ora, erano separati da una barriera insormontabile: “Ho capito. Riaccompagnami in ufficio o lasciami pure qui, prenderò un taxi per tornare”. Lui senza togliere gli occhi dalla strada stava per accostare e invece di colpo cambiò idea e rimase in carreggiata. Non sarebbe stato facile, ma quella mattina dopo aver udito il nome di Erika aveva deciso che era arrivato il momento di abbattere quell’ultimo pezzo di muro che lo separava da Amanda perché ormai era consapevole che lei era la cosa più importante della sua vita anche se ancora non era riuscito a confessarglielo. Voltò appena la testa e le accennò un sorriso: “Ma che dici? Noi lavoriamo insieme, ricordi?” un attimo di silenzio: “Sempre che per te non sia un problema con la tua famiglia”. Gli occhi di lei si illuminarono: “No, nessun problema”. Si scambiarono una lunga occhiata mentre la Corvette imboccava la statale diretta a Cedar Island. Percorsero un tratto di strada quasi in silenzio. Amanda continuava a pensare a quello che le aveva comunicato Billy al telefono. Lee l'aveva voluta con sé. Proprio quando stava per desistere e lasciarlo nel mondo nel quale non voleva farla entrare, l'aveva sorpresa e le aveva chiesto di seguirlo. Lo aveva interpretato come una grande concessione di fiducia, ma la confessione sul ruolo che Erika aveva avuto nella sua vita non era ancora uscita dalla sua bocca. In compenso, lungo la strada Lee si era ancor più rabbuiato. Amanda attribuiva quell'aria preoccupata alla minaccia che incombeva sulla sua ex partner, ma vederlo così ostinatamente ripiegato sui suoi pensieri le chiudeva lo stomaco. Gli avrebbe voluto parlare della telefonata a Billy, ma non sapeva come iniziare il discorso. "Siamo seguiti". Il suono della voce di Lee la riportò alla realtà. "Cosa? Come...", chiese voltandosi a guardare l'auto nera che stava loro quasi attaccata. Non riuscì a dire altro perché successe tutto improvvisamente. Nonostante Lee aveva dato un forte colpo d'acceleratore per seminare gli inseguitori, l'altra auto li affiancò scartando sulla destra per farli andare fuori strada. Amanda si aggrappò saldamente alla maniglia dello sportello per attutire gli urti sempre più numerosi. "Non riesco ad accelerare di più, ci faranno andare fuori strada!", gridò Lee poco prima che la Corvette perdesse aderenza, uscendo dalla carreggiata e iniziando a rotolare lungo una scarpata. Amanda vide il mondo capovolgersi un paio di volte, fino a che batté la testa contro il montante dello sportello. Davanti a sé come uno schermo nero e poi più nulla. La macchina che li seguiva frenò di colpo lasciando un'evidente scia sull'asfalto quando vide la corvette di Lee ribaltarsi sulla strada. A bordo c'erano due uomini ed uno di questi era Trent il padre di Erika. Scesi dall'auto si diressero verso la Corvette che ancora emanava fumo per l'incidente. Lee ed Amanda erano privi di coscienza e questo permise a Trent ed al suo complice di tirarli indisturbati fuori dall'abitacolo. "Presto carichiamoli sulla nostra auto" disse il padre di Erika rivolgendosi all'altro uomo, "non abbiamo molto tempo prima che Billy Melrose e la sua squadra vengano a sapere dell'incidente e si dirigano qui. Li porteremo al capanno fuori città come d'accordo." Era scesa la notte, quando Amanda finalmente si svegliò. Abituando gli occhi alla poca luce che proveniva fuori dalla stanzetta in cui era sdraiata per terra, vide Lee ancora svenuto accanto a lei. Muovendosi, si accorse di avere le mani legate, ma non fu un problema per lei liberarsi delle corde. Si accostò a Lee e si sentì sollevata sentendolo respirare, poi lo scosse gentilmente. "Lee" chiamò. "Lee, svegliati, siamo nei guai". Lee si mosse, poi aprì gli occhi e le chiese: "Dove sono? Perchè sono legato?" "Gli uomini che ci inseguivano probabilmente ci hanno catturati e portati qui. Sai chi potrebbero essere?" disse Amanda. "No, non capisco cosa ci faccio qui. Chi sei tu? E questo Lee di cui parli?" Erika aveva provato più volte a telefonare a Lee ma il telefono aveva suonato a vuoto e stavolta non aveva risposto neanche quella donna.... chissà se era la nuova partner di suo marito si domandò. Chissà se Lee l'amava ancora o se l'aveva dimenticata..... tutti i giorni da quando aveva simulato la sua morte si era ripetuta che non aveva avuto scelta, che se loro erano ancora vivi era perchè Erika non c'era più e forse la donna che tutti conoscevano e che lui amava era davvero morta quel giorno......questi anni vissuti sotto un'altra identità l'avevano cambiata ed ora quando ripensava a ciò che aveva vissuto, al giorno del suo matrimonio, alle promesse fatte le sembrava di guardare un vecchio film in cui la protagonista era solo una controfigura. Lui era suo marito e l'unica cosa che avrebbe dovuto volere era essere di nuovo tra le sue braccia ma di questo non era più tanto sicura. “Lee, guardami” continuava a tenerlo per le braccia fissandolo spaventata: “Sono io, mi riconosci?”. Lui la guardava attonito come non la vedesse: “Erika?”. “No!” la stretta si fece più decisa: “Sono Amanda. Lee, guardami. Abbiamo avuto un incidente, ci hanno buttato fuori strada. Non so chi o perché ci abbia portato qui”. Lui sbatté un paio di volte le palpebre per abituarsi alla pochissima luce, poi si passò una mano sul viso e quando alzò lo sguardo disse sottovoce: “Amanda…ora ricordo, ma ho un gran mal di testa. Tu stai bene?”. Lei tirò un sospiro di sollievo: “Credo di si, un po’ ammaccata forse ma sto bene”. Nel frattempo Erika ancora persa nei sui pensieri imboccava con la jeep uno sterrato nel bosco, percorse poche miglia, quelle che la separavano dal capanno dove si era rifugiata negli ultimi giorni, alla vista del suv scuro parcheggiato fuori trasalì. Fermò l’auto, scese ed estrasse la pistola dalla tasca. Mentre decideva il da farsi una voce dietro di lei le intimò: “Abbassa la pistola. Siamo qui per aiutarti”. “Papà”, abbassò l’arma: “Ti avevo detto di non venire fin qui. Non ti sei fatto seguire spero”. Trent Wilde scosse la testa: “No. Ma ti ho portato Stetson”. Sbarrò gli occhi di colpo: “Cosa stai dicendo?”. “Non lo stavi forse cercando?” scrollò le spalle: “E’ nel capanno, c’è una donna con lui. Allora, ora che è qui gli vuoi parlare o no?”. Erika era pensierosa poi però rispose convinta: “Non ho altra scelta, è l’unico che può aiutarmi. Voglio parlargli…da solo!”. Suo padre, che era stato per vent’anni nei navy seals, aveva già pianificato tutto. Andò verso il capanno dove rimase sulla porta a parlare con uomo che nel frattempo era uscito, prima di tornare da sua figlia dicendo: “Qualche minuto e potrai entrare”. Amanda e Lee in silenzio ascoltavano i rumori dell’esterno per cercare di capire dove si trovassero quando improvvisamente la porta si spalancò, un uomo alto e corpulento entrò e senza pensarci due volte afferrò Amanda comprimendole un panno sul volto fin quando perse i sensi. Lee ancora provato dall’incidente non riuscì ad intervenire, poté solo prenderla fra le braccia quando l’uomo la lasciò mentre urlava contro quest’ultimo: “Cosa le hai fatto?”. Quando Erika entrò con una torcia in mano lo trovò così: chino con Amanda fra le braccia mentre le carezzava il viso. “Lee, non le abbiamo fatto nulla, dormirà per un po’ e basta”. Nell’udire quella voce che aveva scordato da tempo alzò lo sguardo per incrociare quello di lei. Gli stessi occhi scuri, gli stessi riccioli biondi, lo stesso sguardo privo di calore umano che ricordava. Eppure era sua moglie. Lei, come pensava, non aveva provato nulla nel rivederlo, solo curiosità nel ritrovarlo diverso, in un atteggiamento che non aveva mai visto in lui. Spostò lo sguardo su Amanda: “E’ la tua donna?”. “E’ la mia partner”, lo sguardo indagatore di lei lo metteva a disagio e voleva valutare bene le risposte da darle. Erika piegò un po’ la testa come per osservarli meglio: “Ma tu la ami?”. Lee la guardò sconcertato: “Erika ma cosa dici? Cosa vuoi da me?” gli scoppiava la testa, non riusciva a ragionare con lucidità e poi il pensiero di Amanda inerme fra le sue braccia, mentre lui non era in grado di proteggerla, lo dilaniava. Cercò di restare calmo mentre diceva: “Qualsiasi cosa tu voglia da me va bene, ma lascia andare lei”. Erika lo guardò sorpresa e sorrise, era una sensazione strana sentire di avere Lee Stetson in suo potere. Eppure, quando si erano conosciuti, gli occhi della giovane brillavano quando lo guardava, e lui si era innamorato della dolce irruenza di Erika. Era da poco entrata in servizio, e lui era il suo mentore. Non avrebbero dovuto, ma si sposarono dopo pochi mesi. Poi, di colpo, senza un apparente motivo, Erika cambiò. Era sempre ombrosa, irritabile e a poco a poco divenne scostante con lui e le altre persone vicine. Lee si ricordò che alla fine di un caso di cui si era occupata da sola era stata male, e da lì era cambiato tutto. A nulla era valso starle vicino e tentare di confortarla in tutti i modi, lei si era irrimediabilmente allontanata, come moglie, pur restando sua partner affidabile sul lavoro. Fino al giorno dell'incidente...[/b] Erika guardò Lee che teneva abbracciata Amanda, e si ricordò di quando era in ospedale e lui tentava di confortarla. Lee non poteva sapere fino a che punto era stata male, quando aveva saputo che il suo sogno, quel dolce segreto che voleva confessare a suo marito, non esisteva più. Durante l'ultima missione a cui aveva partecipato da sola era stata sul punto di essere scoperta dalle spie russe che stava pedinando, e si era lanciata a terra da una finestra del secondo piano, cadendo male. Si era rotta un braccio, ma quello che l'aveva fatta stare peggio era la consapevolezza che il figlio di Lee non c'era più. Aveva chiesto ai medici di tacere al marito le sue reali condizioni di salute, e si era tenuta questo segreto, ed un immenso senso di colpa, dentro di sè. Con il passare dei mesi le cose erano peggiorate al punto da allontanarla emotivamente da tutto, soprattutto da quel meraviglioso uomo che aveva tanto amato. Fino all'ultima missione insieme, in cui pensava di avergli detto addio. Ma non era quello il momento di ripensare al passato, lo aveva fatto talmente tante volte che oramai nella sua testa era diventato tutto come un film che si vede all'infinito, adesso era il momento di svelare a Lee il motivo per cui aveva bisogno di lui, anche se suo padre aveva usato metodi non proprio ortodossi per portarlo da lei. "Ti devo delle spiegazioni, Lee. Soprattutto per come si è comportato mio padre". "Allora dammele e in fretta!", le rispose senza guardarla, mentre adagiava Amanda a terra. Si tolse la giacca, la ripiegò per farne un cuscino e vi appoggiò con cura la sua testa, accarezzandole i capelli. "Ti ascolto", disse sollevandosi in piedi e mettendosi di fronte a Erika. "Andiamo fuori, ho bisogno di camminare. Ti va?", propose la donna. Lee guardò Amanda stesa a terra. "Non preoccuparti, mio padre e il suo amico rimarranno qui fuori. Ci avvertiranno non appena lei si riprenderà, non le succederà niente, non ti preoccupare". Lee rimase a pensare per un po', poi annuì: "Ok, andiamo". Quando si furono allontanati sul sentiero Erika iniziò a parlare: "Come avrai capito, sono riuscita a sopravvivere all'incidente. Come non lo so nemmeno io. So solo che mi sono ritrovata sulla riva del fiume, non so quanto tempo dopo l'incidente, con delle persone che mi parlavano in ungherese. Erano contadini. Mi hanno portato nella loro casa, mi hanno asciugata, riscaldata, cambiato i vestiti, rifocillata. Un medico loro amico mi ha prestato le prime cure. Ho potuto comunicare con loro grazie al figlio più giovane che conosceva un po' di inglese. Li ho pregati di nascondermi e hanno capito al volo la situazione". “Ma perché non ti sei messa in contatto con me?” le chiese Lee alterato “io avrei potuto aiutarti! Ho fatto continuare le ricerche nel fiume per settimane nella speranza di trovarti finché non mi sono dovuto arrendere all’evidenza. Ho organizzato il tuo funerale, ho portato i fiori alla tua tomba chissà come ti sarai divertita alle mie spalle!” “Non dire sciocchezze Lee, lo sai che non avevo scelta” gli rispose con le lacrime agli occhi “loro ci cercavano ovunque, volevano ucciderci ma sai benissimo che in realtà era me che cercavano ed infatti finché hanno creduto che fossi morta non ti hanno fatto del male”. Il tono di voce e le parole di Erika calmarono l’uomo che quasi rassegnato le disse: “Se avessi voluto avresti potuto farmi avere un messaggio ed invece ammettilo ti faceva comodo troncare tutti i rapporti con me, erano mesi ormai che non eravamo più come marito e moglie. Erika tu non eri più la donna che avevo sposato già da tempo ed ora io non sono più l’uomo che forse un tempo hai amato. E’ inutile però parlarne ora se sei venuta a cercarmi e perché è successo qualcosa ed ora hai bisogno di me vero? Dimmi cosa vuoi e poi lasciami tornare alla mia vita.” Erika lo fissò: quindi anche per Lee il loro rapporto era una questione chiusa. "Lee, quello che chiedo a te e all'Agenzia è di aiutarmi a scomparire di nuovo". Lee alzò le sopracciglia, meravigliato: "Cioè non hai intenzione di tornare a Washington e di riprendere la tua vita?". "La mia vita non è più qui, Lee. In realtà, non so nemmeno dovre potrei ricostruirla, in questi anni non ho fatto altro che scappare per far perdere le mie tracce. Evidentemente non è bastato e sono riusciti a rintracciarmi". "Ma cosa vogliono ancora da te! La nostra missione è fallita, il professor Hadji non è riuscito a fuggire, la partita è chiusa". "Non è così semplice, Lee. Il professore aveva iniziato a parlare, ricordi? Per lo più segreti militari già in nostro possesso, ma loro non lo sanno. E' per questo che mi hanno dato la caccia in tutti questi anni, hanno intercettato ogni mia comunicazione, sanno che non ero riuscita ancora a mettermi in contatto con voi. Inoltre temo che vogliano vendicarsi dello smacco pubblico che gli abbiamo inferto negli ultimi dieci anni. Prima di Hadji, altri illustri intellettuali sono riusciti a scappare oltre cortina e tu sai che i servizi segreti ungheresi non dimenticano facilmente". "A proposito, dove sei vissuta fino ad ora? E come sei riuscita ad arrivare negli Stati Uniti?". "Qua e là, Lee. Sai che l'illegalità ha molte vie: non è impossibile entrare da noi senza passare per i canali ufficiali". Lee annuì e infine chiese: "Se questo è ciò che vuoi, dimmi qual è il tuo piano. Io e Amanda ti aiuteremo". "Bene" disse Erika. Fece un sospiro, poi proseguì: "Prima di tutto Hadji è riuscito a mettersi in contatto con me prima dell'incidente, non mi ha detto molto, ma mi ha riferito di avere affidato il segreto di una nuova arma ad una persona di sua fiducia. Questa donna è all'oscuro della vera natura di ciò che le ha donato, in quanto è un microfilm nascosto in un ciondolo. "In questi anni di latitanza sono riuscita a conoscere la sua identità, pur non arrivando a localizzarla esattamente. Si chiama Melinda Blasko, è romena e, all'epoca, faceva le pulizie nel laboratorio in cui Hadji lavorava. Se ben ricordi, alcune voci sul suo conto dicevano che avessero un interesse reciproco, ovviamente non alla luce del sole, e per tenerla al sicuro fece in modo che lei tornasse nel suo Paese, lasciandola con un suo 'dono d'addio'.” La donna si voltò verso Lee e lo fissò diretto negli occhi. "Se non ricordo male eri tu che dovevi tenere le sue tracce dopo il suo rimpatrio. Per questo sono qui a chiederti di ritrovarla". "cercherò di attivare i miei contatti in Romania, stai tranquilla riusciremo a tirarti fuori da questa brutta situazione e potrai rifarti una vita dovunque vorrai" Lee sapeva che sarebbe stato molto complicato ma non voleva lasciare in difficoltà quella donna che un tempo aveva amato così profondamente da pensare addirittura di fare un figlio con lei. C'era, però, ancora un dubbio da sciogliere prima di intraprendere questa nuova missione . Un pensiero che lo tormentava da anni: perchè Erika si era allontanata da lui dopo quell'incidente. Forse l'aveva incolpato dell'accaduto? non poteva vivere ancora con questo dubbio, doveva sapere la verità. " Erika ti devo chiedere una cosa ma devi essere sincera", "dimmi pure", rispose lei già sapendo dove sarebbe andato a parare: "ho bisogno di capire per quale motivo ti sei allontanata da me così all'improvviso" .Erika fece un bel respiro e disse " ormai non ha più alcun senso tenerti all'oscuro di quanto è accaduto. Ti ricordi quella missione e la caduta. Ti ricordi che per un pò sono dovuta rimanere in ospedale' " si, certo, rispose Lee " i dottori mi hanno detto che avevi avuto una commozione cerebrale e dovevi rimanere in osservazione per un pò di giorni..." " la verità è un'altra: in quell'occasione ho perso, anzi abbiamo perso, una cosa che era molto importante per noi allora........: il nostro bambino". Lee impallidì, non poteva credere a quanto aveva sentito, "perchè, perchè non mi hai detto niente, perchè" era disperato "ora capisco, ora è tutto chiaro: ti sei allontanata da me per questo segreto, per il rimorso" Erika non sapeva cosa dire, lo vedeva sconvolto e l'unica cosa che riuscì a fare fu: rimanere in silenzio Il silenzio fu interrotto dal fragore di una tremenda esplosione. Erika e Lee si girarono di colpo e in lontananza videro il capanno andare a fuoco.' o no Amanda!' grido' Lee mentre vedeva le fiamme alzarsi altissime. Lee iniziò a correre verso la casa, il cuore in gola, il cervello che non riusciva a formulare pensieri. Le gambe gli sembravano troppo pesanti, la sua corsa lenta. Voleva essere già lì, cercare Amanda, portarla in salvo. Quando arrivò, il capanno era già un'enorme palla di fuoco. Era impossibile avvicinarsi, il calore lo costringeva a rimanere distante. Guardò disperato il legno contorcersi sotto la forza del fuoco, le finestre dai vetri frantumati come orbite vuote lo guardavano togliendogli ogni speranza. Sentì giungere dietro di sè Erika, che ancora ansante gridò: "Papà!". Lee si voltò e solo allora si rese conto che anche Erika si trovava nella sua stessa situazione. La guardò desolato: "Erika, mi dispiace...". Erika iniziò a piangere disperata e a chiamare suo padre. Lee non riusciva a consolarla. Era troppo il dolore che sentiva. Aveva lasciato Amanda sola per poco tempo, non avrebbe dovuto. Sarebbe dovuto rimanere con lei e forse ora sarebbe morto anche lui, ma non avrebbe provato quella fitta acuta in mezzo al petto, che gli impediva persino di respirare. Fu in quel momento che, incredibilmente, dal retro della casa, scorse tre figure che avanzavano chine cercando di proteggersi l'una con l'altra. Credette di ingannarsi. Pensò che il desiderio di ritrovare Amanda viva gli facesse vedere quello che non c'era. Quando la donna che era al centro del gruppetto alzò la testa e guardò verso la sua direzione, ebbe la certezza che fosse proprio lei. Fu un attimo: corse verso Amanda e la abbracciò con forza. La strinse fino a che lei si lamentò un po': voleva sentirla ancora viva tra le sue braccia. Le sollevò delicatamente la testa. Si guardarono intensamente negli occhi senza riuscire a parlare. Lee le accarezzò il viso sporco di fumo, le tolse una ciocca che le ricadeva sugli occhi e, solo in quel momento, entrambi riuscirono a sorridere. A Lee bastarono pochi istanti per realizzare che non erano al sicuro, lasciò Amanda, estrasse la pistola guardandosi intorno rapidamente e poi dopo aver scambiato un cenno d’assenso con Trent Wilde che stava parlando con la figlia diede ordine al gruppetto di salire velocemente a bordo del SUV che partì a tutta velocità in direzione di Washington. Alcune ore dopo Lee entrò nel Q-Bureau per riunirsi all’improvvisato gruppetto che lo attendeva in silenzio, teneva in mano un foglio, scambiò una rapida occhiata con Amanda prima di sedersi dietro la scrivania dicendo: “I servizi segreti ungheresi ti stanno cercando” guardò Erika: “E posso affermare con certezza che a questo punto ti hanno trovata”. “Sicuramente ci hanno seguiti. C’è una macchina lungo la strada da quando siamo entrati all’IFF. Erika, non puoi assolutamente uscire da qui!” affermò. La donna abbassò lo sguardo e strinse la mano del padre poi alzò la testa: “Lee, cosa devo fare? Devi aiutarmi”. Lui che la stava fissando proseguì comprensivo: “Ti ho già detto che puoi contare su di me” poi sventolò il foglio che teneva ancora in mano: “Ho fatto fare delle ricerche, Melinda Blasko è negli Stati Uniti, si è trasferita qui circa 3 anni fa, vive nel Vermont. Conduce una vita molto ritirata, l’unica cosa è andare da lei e farci consegnare il ciondolo col microfilm”, Lee all’ultimo decise di non condividere con gli altri i sospetti che aveva su quella donna anche perché non aveva in mano nulla che li confermasse. Erika si alzò visibilmente irritata e parlò con tono rabbioso: “Ma come faccio con quelli là fuori” e con la testa accennò alla finestra. Lee si alzò puntando le mani sulla scrivania e parlandole deciso: “Erika, hai chiesto il mio aiuto e sono disposto a dartelo ma tu ti devi fidare di me. Da qui in poi ci pensiamo io ed Amanda”. “ Certo Erika, deve dare ascolto a Lee e restare qui al sicuro” intervenne Amanda più per rassicurare la donna che per confermare le parole di Lee. Erika li guardò entrambi e parve calmarsi un po’: “Vi ringrazio. Dovete promettermi di stare attenti, quella è gente che non scherza” poi si avvicinò al marito e gli tese la mano, quando la sua gliela strinse lo guardò dritto negli occhi: “Lee, quando tutta questa storia sarà finita saprò sdebitarmi come meriti, te lo prometto”. Lee esitò un attimo e le disse "non ti preoccupare, Erika, saperti in salvo sarà per me abbastanza e non dovrai sentirti più in obbligo verso di me", si girò verso Amanda le prese la mano e insieme uscirono dalla stanza. Si allontanarono quindi dalla porta posteriore per cercare di sfuggire ai servizi segreti ungheresi che si erano appostati di fronte all'ingresso principale dell'IFF. Il viaggio fu interminabile, Lee era completamente immerso nei suoi pensieri e Amanda era preoccupata. Lo vedeva sconvolto ma ancora una volta invece di confidarsi con lei si era chiuso nei suoi soliti silenzi, ancora una volta si sentiva esclusa dalla sua vita. E' strano, pensava, come il rapporto con Lee si fosse evoluto in questi anni. Ormai erano molto uniti e sentiva di essere veramente importante per lui, non erano più solo buoni amici, stava nascendo qualcosa di più profondo, eppure certe volte Lee si allontanava e la lasciava in disparte come se fosse un'estranea. Mentre Amanda pensava al loro rapporto, all'improvviso Lee le fece una strana domanda: "cosa faresti se ti accorgessi che la persona che ami si allontanasse da te, diventasse enigmatica e scostante?" Che buffo, pensò lei, proprio quello che sta facendo adesso lui. "cercherei di capire il perchè". Era proprio la risposta che Lee non voleva sentire perchè in cuor suo sapeva che avrebbe dovuto cercare di scoprire qual era il motivo che aveva spinto Erika a lasciarlo, ma non lo fece perchè lui era fatto così, era abituato ad obbedire agli ordini senza porsi troppe domande. no, stava ancora mentendo a se stesso. Accettò quella situazione perchè nel suo cuore sapeva che non amava più quella donna, sposarla era stato un errore. "Amanda, ti devo raccontare una cosa", queste parole riempirono il cuore di Amanda che ebbe un sussulto, finalmente Lee si sarebbe confidato con lei, allora era ancora importante per lui, la voleva ancora partecipe della sua vita. "sono pronta ad ascoltarti" Lee fece appena in tempo a raccontarle tutto quando arrivarono davanti alla casa di Melinda Blasko. "Vedi, Amanda, ci sono ancora molte cose che non sai di me. Una di queste è che sono sposato. Con Erika." Pur sapendo già quello che avrebbe detto Lee, le si gelò il sangue nelle vene. "E' stato un matrimonio troppo frettoloso, noi eravamo giovani e irruenti e non abbiamo voluto ascoltare nessuno. Dopo un anno è successo qualcosa che ha cambiato il nostro rapporto, Erika mi ha estraniato completamente dai suoi sentimenti e fino ad ora non capivo perchè." Amanda non voleva sentire parlare Lee di sua moglie, ma lo vedeva così angosciato che lo lasciò continuare, lo stomaco stretto in una morsa. "Io... non pensavo che ci sarei stato così male, dopo tutti questi anni, ma..." Lee strinse con forza il volante un nodo alla gola gli impediva di continuare a raccontare. "E' normale stare male, eravate coinvolti nella vostra storia e sicuramente vi siete voluti bene. Non tenerti tutto dentro, staresti peggio". Amanda gli mise una mano sopra il braccio e lui accostò. "Il motivo per cui mia moglie si è allontanata da me è che aspettava un bambino, mio figlio. Dopo un incidente durante un incarico lo ha perso, e ne è rimasta distrutta. Io l'ho saputo solo oggi, non pensavo che potesse essere per questo, non ho fatto abbastanza, non le sono stato abbastanza vicino, non..." Lee a quel punto appoggiò le braccia al volante e si coprì la faccia con le mani. Non voleva far vedere ad Amanda quanto fosse disperato. Una lacrima scivolò lungo la sua guancia. Amanda era sconvolta non aveva mai visto Lee in quello stato, non pensava neppure che fosse in grado di piangere. Istintivamente lo abbraccio', voleva fargli capire che lei era li' pronta a confortarlo. "Lee, ascoltami, non ti devi sentire in colpa, tu non lo sapevi" "ma non capisci Amanda, era mio figlio!" "lo so non ti preoccupare vedrai che tutto si sistemerà" " come potrò continuare a vivere con questo rimorso?" "ti aiutero' io". Le parole le uscirono cosi' senza pensarci, ma come avrebbe potuto aiutarlo quando anche lei era sconvolta? Lee forse sarebbe ritornato con Erika, forse l'amava ancora? Amanda non sapeva cosa pensare. L'unica certezza che aveva era quel momento: Lee era li', tra le sue braccia in lacrime, voleva solo godere di quell'attimo così intimo tra loro senza pensare al dopo. Rimase per un po' in silenzio stringendolo forte a se'. Dopo un tempo che sembrò un'eternità, Lee si staccò da lei. Aveva gli occhi ancora lucidi, ma era più sereno, averne parlato con Amanda gli aveva fatto capire che oramai era qualcosa che non poteva cambiare, ma che poteva lasciarlo alle spalle quando tutta questa storia sarebbe finita. "Ti sono grato per assermi stato ad ascoltare, questa storia mi ha tolto lucidità nelle indagini. Per fortuna che ci sei tu a sostenermi, non so cosa avrei fatto altrimenti". Un accenno di sorriso gli piegò le labbra. "Sono qui per questo, dopotutto a cosa servono gli amici?" Amanda avrebbe voluto dirgli molto altro ma si fermò. Lee non era ancora pronto a sentirsi dire certe cose. Ripartirono, e Lee spiegò ad Amanda tutto quello che sul caso non aveva ancora sentito. Appena finito di aggiornarla, Lee accostò davanti ad una casa. Erano arrivati. Bussarono a lungo finchè non sentirono una voce dal piano di sopra "un attimo, arrivo" strano, pensò Lee, questa voce mi sembra famigliare. quando la porta si aprì non credevano ai loro occhi "Erika sei tu?" , " come hai fatto a trovarmi?" Un brivido percorse la schiena di Lee, se Erika era davanti a lei chi era la donna nell'agenzia? improvvisamente sentì una strana sensazione, così senza indugiare oltre corse verso il telefono. Doveva assicurarsi che Billy stesse bene. Il telefono dell'agenzia squillò a lungo, intanto Lee ripensava agli Ungheresi e a quella famosa missione, una delle sue prime. All'epoca Billy era ancora un'agente operativo, gli venne subito in mente come si erano infiltrati nei loro servizi segreti, di come era stato difficile e rischioso ma alla fine erano riusciti a catturare il loro agente migliore, un certo Trosky. Gli sembrava di sentire ancora le sue urla mentre lo portavano via in manette "Billy mi vendicherò per questo!!!" Ora forse si era vendicato? L'attesa si interruppe quando la voce di Billy rispose al telefono "Scarecrow hai 48 ore per trovare il microfilm altrimenti mi uccideranno" la comunicazione si interruppe. Lee si voltò verso Amanda che lo guardava in attesa "Hanno preso Billy, dobbiamo trovare il microfilm o lo uccideranno". Amanda ebbe un sussulto. Capì subito che Lee si sentiva responsabile, voleva delle spiegazioni da quella donna. Tuttavia per un attimo si sentì anche sollevata, forse anche la storia del bambino faceva parte di un piano, forse era tutto falso e costruito ad arte per coinvolgere Lee. Dopo aver raccontato tutto ad Erika, la donna iniziò a piangere "non posso credere che mio padre si sia venduto così ed abbia coinvolto persino mia sorella gemella Melinda"... Lee e Amanda si guardarono stupiti. "ora è tutto chiaro, dobbiamo trovare Hadji, lui è la chiave di tutto" " Perchè non mi hai mai parlato di tua sorella?" chiese Lee ad Erika. Era impaziente di conoscere la verità ma allo stesso modo voleva far presto, la vita di Billy era un pericolo. "Melinda è scomparsa qualche anno prima che noi due ci conoscessimo. All'improvviso un giorno non abbiamo più saputo nulla di lei. L'abbiamo cercata ovunque e alla fine abbiamo perso le speranze. Per me era come se fosse morta." Lee voleva sapere di più "ma allora come faceva a sapere di noi due, del mostro matrimonio, del nostro bambino" "Qualche mese fa, all'improvviso come era scomparsa è ritornata. Un giorno ho aperto la porta di casa e me la sono trovata davanti. Neppure mio padre sapeva nulla, almeno così mi disse quando gli telefonai, ma adesso non ne sono più tanto sicura. Melinda, dopo avermi raccontato che era stata rapita dai servizi segreti ungheresi, mi disse che per un po' di tempo aveva lavorato per un certo professor Hadji". " Aspetta un attimo, mi vuoi dire che tua sorella è Melinda Blasko?" "sì, mi disse che si faceva chiamare così, era la sua copertura. All'epoca lavorava come informatore per l'Agenzia". Il racconto di Melinda era sicuramente falso, lei non aveva mai lavorato per l'Agenzia, Lee lo sapeva bene perchè l'aveva dovuta seguire per un pò. intanto Erika continuava "un giorno, mi disse, la sua copertura saltò e gli ungheresi l'accusarono di aver preso un microfilm con informazioni top secret e di aver aiutato gli americani a far espatriare Hadji. Mi sembrava sincera , così anch'io mi sono confidata con lei e le ho raccontato tutto, di noi, del matrimonio e del...bambino. Mi dispiace Lee" Intanto Amanda ascoltava le parole di Erika in silenzio, gli sembrava che tutto gli stesse crollando di nuovo addosso. Allora la realtà era proprio questa: Lee era sposato. Il pensiero le martellava nella testa. Intanto Lee ripensava al passato. Come aveva fatto a non accorgersi della somigliaza tra Melinda ed Erika mentre doveva seguirla per conto dell'Agenzia? Certo la Melinda Blasko che conosceva lui sembrava diversa da Erika, era bionda e non bruna, aveva gli occhi neri e non verdi. Gli sembrava anche più alta ed era indubbiamente più in carne. E poi doveva mmettere che le era capitato raramente di trovarsi vicino a lei, l'aveva sempre seguita da lontano e per un breve periodo dal momento che poi aveva lasciato l'incarico a quel novellino: Fred Filder...... Ad un tratto Lee si rese conto che ritrovare quel microfilm sarebbe stato più complicato di quanto pensasse. Se infatti Melinda non l'aveva preso, chi aveva adesso il microfilm? Bisognava trovare Hadji. "Erika a questo punto però non capisco a che gioco stia giocando tua sorella" disse Lee mentre si passava una mano tra i capelli come faceva solitamente quando non riusciva a spiegarsi qualcosa. "Melinda o come diavolo si chiami sapeva che sarei venuto qui e che quindi ti avrei visto, perchè rischiare di far saltare la sua copertura? A meno che..." esitò un attimo prima di continuare... " ma certo, a meno che lei non volesse attirarci qui perchè è qui che ha nascosto il ciondolo con il microfilm, quando è venuta da te mesi fa...ma perchè vuole che sia io a ritrovarlo? Da chi o da cosa si sta nascondendo?" "A questo punto non ci resta altro che cercare il ciondolo qui in casa per salvare Billy e per avere poi spiegazioni da Melinda." affermò Amanda cercando di fare il punto della situazione. "Hai ragione Amanda, diamoci da fare e tu Erika cerca di pensare dove tua sorella avrebbe potuto nascondere il ciondolo." rispose Lee con fermezza. Lee e Amanda iniziarono a perquisire la casa. Iniziarono con tutti i contenitori che trovarono nel piccolo salottino, ma niente. Aprirono le pagine dei pochi libri sugli scaffali, li scrollarono, ma non ne uscì nulla. Rovesciarono i cuscini del divano, aprirono tutti i cassetti, senza successo. Salirono allora in camera da letto. ‘Certamente Melinda doveva aver messo un ciondolo proprio in quella stanza’, pensò Lee. Assegnò ad Amanda e a Erika una parte della stanza da perquisire, mentre una la riservò a se stesso. Per più di due ore rovistarono da cima a fondo l’intera camera da letto, non trascurando nessun possibile nascondiglio, ma dovettero arrendersi quando il sole tramontò e dovettero accendere le luci. “Qui non c’è niente”, sentenziò alla fine Lee. “Smettiamo per un po’ di lavorare e mangiamo qualcosa, siamo stanchissimi. Forse più tardi ci verrà un’idea”, propose Amanda. “Scusami, Amanda”, la interruppe Erika con condiscendenza. “Sei una donna in gamba anche se non sei un agente addestrato. Devo ricordarti, tuttavia, che Billy è prigioniero di Trosky e che ci dobbiamo sbrigare se non vogliamo che venga ucciso!”. Amanda rimase in silenzio, deglutendo per non rispondere. A quel punto Lee intervenne: “Amanda ha ragione” e le sorrise. “Andiamo a mangiare e ci verrà in mente qualcosa”. Cenarono quasi in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. Mentre Amanda stava asciugando i piatti, all’improvviso esclamò: “Ma sì, perché non ci ho pensato prima!”. Lee e Erika si voltarono all’unisono guardandola interrogativamente. “Qui, in cucina! Il ciondolo deve essere qui. Anch’io quando voglio nascondere qualcosa di prezioso per non farmelo rubare, o per non farlo trovare da Philip e Jamie che sono terribili quando vogliono scoprire qualcosa oppure anche mia madre…”. “Amanda…”, Lee la interruppe impaziente. Amanda si voltò verso le mensole della cucina, rovistò fra i contenitori, aprì alcune scatole di biscotti e di riso. Quando arrivò al contenitore del caffè, svitò il tappo, rovesciò il contenuto e frugò con le dita, estraendone trionfante il ciondolo di Melinda. Lee le si avvicinò di corsa e la abbracciò: “Bravissima Amanda! Sapevo che ci saresti stata d’aiuto!”. “Anch’io”. Si voltarono e videro Erika che puntava verso di loro una pistola. “Dovevo intuirlo!”, esclamò Lee maledicendo la sua ingenuità. “Come facevi a sapere che Trosky teneva prigioniero Billy? Nessuno di noi ne ha mai parlato questa sera. Sospettavo che ci fosse lui dietro, ma non l’ho detto a nessuno. E non esiste nemmeno una gemella, vero? Era solo una strategia per confondermi di più le idee”. “Bravo Lee, anche se ti ricordavo più accorto. Temevo ci saresti arrivato prima e a questo punto ci avresti scoperto. Con il tempo, hai perso smalto. O forse è l’amore…” e guardò Amanda. “Non c’è mai stato nemmeno un bambino?”, Lee guardò intensamente Erika. “Mi hai ingannato anche su questo?”. Erika distolse lo sguardo: “Abbiamo cercato il ciondolo ovunque, dopo aver ucciso Melinda, ma non eravamo riusciti a trovarlo. Ho pensato a te perché, nel caso, avresti potuto usare gli strumenti dell’Agenzia. Non pensavo che sarebbe bastato il buon senso di una casalinga”, concluse beffarda. “Ora cosa intendi fare? Hai il ciondolo, puoi dire ai tuoi complici di liberare Billy”. “Non avere fretta”, rispose Erika avvicinandosi con una corda e facendo cenno a Lee e ad Amanda di girarsi per legarli. Amanda non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Quella era la donna che un tempo aveva promesso amore eterno a Lee? Poteva solo immaginare quali fossero i suoi pensieri in quel momento. Un'altra perdita. L'ennesimo tradimento. Forse neanche quel bambino per il quale Lee le aveva mostrato per la prima volta le sue lacrime era mai esistito. Malgrado tutto Amanda si aspettava una sua reazione per impedire a Erika di impadronirsi del ciondolo. Cercò di guardarlo negli occhi per trovare un segnale, ma lui rimaneva lì, con la testa china e gli occhi persi nel vuoto. Con Lee in quello stato per Erika non fu difficile immobilizzarli a due sedie legati mani e piedi. Amanda sapeva di non potere fare nulla senza l'appoggio del suo partner. Il rischio che Erika decidesse di usare la pistola che aveva in mano era troppo alto. Soddisfatta del risultato ottenuto, con la pistola in mano e il condolo in tasca, Erika aprì la porta. Prima di andarsene si voltò un'ultima volta "Addio caro marito, è stato davvero un piacere rivederti!" e richiuse la porta dietro di sè. Rimase solo un silenzio quasi assordante a circondarli. "Lee?" niente. "Lee! ancora nessuna risposta. Amanda non intendeva rimanere senza fare nulla e se lui non era in grado di reagire allora avrebbe dovuto fare da sola. Dondolando con la sedia riuscì a farla strisciare fino ad arrivare schiena contro schiena a quella di Lee. Poi, non senza difficoltà, riuscì a slegargli le mani. "Lee ora mi devi aiutare, devi slegare le mie." fu ancora il silenzio a risponderle. "Lee! Billy è in pericolo, dobbiamo fare presto. Slegami!" Aveva detto le parole giuste. Sentì armeggiare fra le corde che tenevano legate le sue mani e ben presto furono entrambi completamente liberi. Lee allungò una mano verso di lei "Andiamo" disse finalmente guardandola negli occhi. Quello che vide la spaventò ancora di più. Quelli non erano gli occhi dell'uomo che aveva imparato a conoscere negli ultimi tre anni. Erano gli occhi dell'uomo conosciuto alla stazione. Gli occhi di un uomo che aveva imparato ad erigere un muro fra se e il mondo per non essere ferito. Quel muro era di nuovo fra loro. Uscirono dalla casa dalla porta posteriore, sicuramente Eva se ne era andata ma non potevano avere la certezza di essere al sicuro. Amanda stringeva la mano di Lee senza parlare, c’era forse una speranza che quel contatto adesso solo fisico sarebbe un giorno tornato come prima? Lei lo amava così tanto.. lo amava da tanto tempo e solo che … già perché non glielo aveva mai detto? Inutile negarlo più non lo aveva fatto perché aveva paura che lui non ricambiasse i suoi sentimenti, perché temeva che quando anni prima, durante un caso, le aveva detto che il loro era solo un piacevole rapporto di lavoro quella fosse la pura e semplice verità. Forse si era solo illusa che il loro rapporto negli ultimi tempi fosse cambiato eppure negli occhi di Lee le era sembrato di cogliere una luce diversa quando la guardava, ma forse aveva solo immaginato che quello fosse amore mentre in realtà non era nulla. Era talmente assorta nei suoi pensieri da non accorgersi che nel frattempo Lee si era fermato davanti ad una cabina telefonica; “Pronto T.P. sono io. Hai saputo vero? Non era morta ma forse in realtà non è neanche mai esistita ora però non ho il tempo di occuparmi di questo prima devo pensare a Billy. Ok grazie sapevo di poter contare su di te”. “Che cosa ti ha detto?” chiese Amanda non appena riagganciato il telefono, lui, senza neanche guardarla negli occhi, le rispose: “C’è una macchina che ci aspetta ad un isolato da qui, ci riporterà all’IFF. T.P ha detto che Billy è ancora vivo e non è uscito dall’edificio, ma dobbiamo sbrigarci se vogliamo arrivare in tempo” Il tragitto che percorsero in silenzio sembrava non finire mai. Lee era concentrato sulla strada ed era impegnato a prendere alla massima velocità tutte le curve del percorso per arrivare all'IFF prima possibile. Amanda, che pure era molto preoccupata per Billy, non riuscì a rimanere rilassata: stringeva con forza il sedile, mentre le gomme stridevano per la velocità, e ogni tanto emetteva dei suoni di spavento che cercava di soffocare il più possibile. Arrivati davanti all'IFF, trovarono l'edificio circondato da soldati: il distaccamento dell'esercito, che solitamente sorvegliava con la massima discrezione il via vai di impiegati e ospiti dell'Agenzia, ora si trovava schierato, pronto per entrare in azione. "Sig. Stetson", gli andò incontro il capo della sicurezza appena lo riconobbe. "Abbiamo circondato l'edificio e fatto sgomberare agenti e civili che lavorano all'interno. Il signor Melrose è ancora nelle mani dei sequestratori. Noi siamo pronti ad intervenire". "Aspettate ad entrare in azione! Entrerò per primo io nell'edificio e cercherò di capire dove si nascondono, se entro mezzora non avrete mie notizie vuol dire che ho fallito ed allora potrete entrare e sparare ai sequestratori ma prima voglio tentare di prenderli vivi." Amanda aveva ascoltato incredula le parole di Lee quello che voleva fare era praticamente un suicidio, come poteva farcela da solo e perché poi ...forse solo perché voleva salvare la sua ex moglie, forse perché la amava ancora nonostante tutto... "Lee non puoi andare da solo" ma le sue parole si persero nell'aria, lui senza neanche voltarsi verso di lei aveva già raggiunto l'ingresso e stava andando incontro a morte certa. Amanda non si diede per vinta e riuscì ad entrare anche lei, non poteva lasciarlo solo perché avrebbe potuto avere bisogno di aiuto. Quando Lee si accorse di averla dietro gli fece la solita ramanzina passandosi una mano tra i capelli :"Amanda ma sei impazzita, che cosa sei venuta a fare !! Così, oltre che stare attento alla mia pelle devo preoccuparmi anche per te !!" Non fece in tempo a finire la frase che la voce di Amanda si accavallò alla sua : " Lo so, lo so che vuoi sempre fare tutto da solo ma avrai bisogno di aiuto così sono qua ..... e poi in due si lavora meglio ! Dicendosi questo si avviarono lungo il corridoio tenendosi per mano. Lee in cuor suo era contento di avere Amanda accanto anche se la situazione era pericolosa. Lee si incamminò silenziosamente, poi, all'improvviso, entrò in un ufficio anonimo. "Cosa facciamo qui?" chiese Amanda. "Devi sapere che questo posto è pieno di passaggi segreti, che conoscono solo i capi. Billy me ne ha parlato poco tempo fa, mostrandomi quello che arriva proprio nel suo ufficio". Accesa una lampadina che aveva con sè, Lee fece strada ad Amanda per lo stretto corridoio che li collegava all'ufficio in cui era imprigionato il loro capo. Riconosciuto un segno sul muro, si arrestò e cercò un piccolo sportello all'altezza degli occhi e quello che vide non gli piacque per niente: Billy seduto e legato, Erika e suo padre (poteva essere Trosky? Si era fatto una plastica al viso? Sì, ora che guardava bene, dietro alle orecchie si notava un leggero cambiamento di colore, probabilmente dovuto all’attaccatura della nuova pelle…) con le pistole in mano, nell’ufficio insieme a lui. Mise in mano ad Amanda un'arma: "ti servirà sicuramente per difenderti", ma addolcì le sue parole con uno dei dolci sorrisi che ormai lei disperava di vedere più. “No Lee aspetta che vuoi fare?” sussurrò Amanda accettando riluttante la pistola. Lui, che già sembrava essersi richiuso in se stesso dopo quel breve contatto, si voltò lentamente verso di lei e la fissò. Amanda lo stava guardando con occhi pieni di paura, paura non per se stessa ma solo per lui, nessuno mai si era tanto preoccupato per lui dopo la morte dei sui genitori e solo in quel momento Lee si rese conto di quanto ciò fosse importante. Ora però non poteva soffermarsi su quel pensiero, doveva liberare Billy, togliersi dal cuore quel macigno che sentiva da quando aveva incontrato nuovamente Erika e soprattutto doveva portare fuori da li la sua Amanda sana e salva. Le sorrise dolcemente ed alzando la mano le accarezzo il volto, poi cercando di tranquillizzarla le disse: “Non preoccuparti, ora so dove sé Billy, non sarà difficile liberarmi di loro per sempre e poi tornerò da te”. L'eco di quelle parole piene di significato risuonavano ancora nell'aria che già Lee era sparito dalla vista di Amanda. Le luci dell'ufficio di Billy si spensero all'improvviso ed echeggiarono degli spari... due, tre, quattro... poi, più nulla. "Lee! Rispondimi!" Amanda urlò senza potersi trattenere, tanta era la pena che le avevano generato quegli spari. Poi, così come si era spenta, la luce si riaccese all'improvviso, rivelando l'entità dei danni compiuti dalle pallottole. Amanda corse subito dentro l'ufficio, incurante della propria incolumità. Billy era a terra, ancora legato alla sedia, Trosky era riverso sul pavimento, gli occhi aperti che non vedevano più il mondo. Di Lee ed Erika non c'era traccia... Andò subito a liberare il suo capo, che era illeso nonostante la caduta. "Mi sono buttato a terra per non essere nella traiettoria delle pallottole, ma ho sentito qualcuno lottare dietro la scrivania. Vai a vedere, presto" Le disse Billy. Amanda corse dietro la scrivania per trovare Lee a terra, con gli occhi chiusi e sopra di lui Erika, anch'essa incosciente, abbracciati in un lago di sangue. "LEE!!!" singhiozzò Amanda, e non si accorse nemmeno delle lacrime copiose che le bagnavano le guance. L'ambulanza sembrava non arrivare mai. Il suono della sirena le rimbombava in testa, il cuore le pulsava in gola. Era li' seduta a fianco a lui ma i suoi pensieri erano altrove. All'improvviso le venne in mente la prima volta che aveva incontrato quell'uomo, si ricordo' di quella mattina. Era entrato come un turbine nella sua vita, l'aveva sconvolta ed ora era diventato così indispensabile. Lo amava profondamente più di qualsiasi altro uomo che avesse mai incontrato. Non voleva perderlo. Le prese la mano e la strinse forte. Quando Lee aprì gli occhi trovò Amanda addormentata sul suo letto. Appena la vide sorrise e iniziò ad accarezzargli i capelli. Era felice di vederla, forse per la prima volta si rese conto che lui aveva bisogno di lei, che non sarebbe più riuscito a vivere senza averla vicino. Amanda si svegliò, i loro sguardi si incrociarono. Lui era vivo. La pallottola che L'aveva colpito al petto era stata estratta dopo una delicata operazione chirurgica durata sette interminabili ore di angoscia e paura. Si abbracciarono e rimasero così accoccolati l'uno nell'altro per un po' finche' non entrò nella stanza l'infermiera. "il Signor Stetson deve riposare! " "ha ragione, m scusi vado via subito. Mi lasci solo un minuto" Gli occhi di Amanda riuscirono a convincerla "va bene, tornerò tra poco" L'infermiera uscì lasciando i due di nuovo soli. "Lee, ti devo dire una cosa.....E devo farlo ora" Lee interruppe Amanda" no io ti devo parlare.... Ho aspettato anche troppo. .. Ti amo" Amanda sentì una vampata, il cuore fece un salto, la bocca si paralizzò. " devo solo risolvere la questione di Erika e poi ..." "Erika è morta" disse d'istinto Amanda. " ha cercato di proteggerti mentre Trosky ti sparava ed è riuscita ad ucciderlo prima di morire". Lee rimase in silenzio per un attimo, poi la prese e lentamente si avvicinò al suo viso finche' le loro labbra non iniziarono a sfiorarsi.... "il tempo è finito" entrò di colpo l'infermiera mentre i due si allontanarono con uno scatto.