Una lettera di Arrigo Serpieri a Mussolini e altri documenti inediti

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Una lettera di Arrigo Serpieri a Mussolini e altri documenti inediti
Note e discussioni
Una lettera di Arrigo Serpieri a Mussolini
e altri documenti inediti
Ad Arrigo Serpieri, sottosegretario per la seconda volta dal 12 settembre 1929
al ministero dell’Agricoltura e Foreste con la responsabilità specifica e ufficiale
di sovrintendere alla bonifica integrale, furono richieste il 24 gennaio 1935 le
rituali « dimissioni » che Mussolini sempre imponeva ai ministri e ai sottose­
gretari coinvolti nei « cambi della guardia » al vertice del governo. Quattro
giorni dopo il « duce » inviava a Serpieri una sua foto corredata da una dedica
lusinghiera: « Al prof. Arrigo Serpieri, animatore per un quinquennio della
bonifica integrale, in segno di simpatia - Roma 27 gennaio X III Mussolini » b
A stretto giro di posta, Serpieri l’indomani rispondeva:
Duce, le parole che avete voluto scrivere in calce alla fotografia donatami, sono un grande
premio alla mia quinquennale fatica. Orgoglioso di aver dato la mia opera a una delle
maggiori iniziative del Regime, Vi esprimo, Duce, la mia devota riconoscenza, certo che al
nome Vostro e al Fascismo sarà congiunta ogni gloria della Patria.
Sempre agli ordini
Arrigo Serpieri
Fin qui si rimaneva nell’ow ietà e nella prassi consolidata. Queste rotazioni mi­
nisteriali, che potevano dall’esterno sembrare nate dai capricci di un autocra­
te, servivano in realtà a Mussolini per ridimensionare figure che rischiavano
di assumere troppa rilevanza, o che di fatto l’avevano assunta. Il « cambio del­
la guardia » più significativo era stato, da questo punto di vista, quello del
luglio 1932, nel corso del quale il duce aveva posto fine all’unico esperimento
coerentemente e con relativa convinzione attuato di promuovere a responsa­
bilità di governo una leva di gerarchi dotata entro certi limiti di personalità
autonoma. Anche in questa occasione, che rappresentò il rimpasto a ben vedere
più traumatico nella storia del ventennio, perché segnò la definitiva rinuncia di
Mussolini a costituire un autentico gruppo dirigente all’interno del regime (la
scelta del delfino e la sua estromissione negli anni della guerra risponderanno,
appunto, a una logica diversa), i gerarchi si comportarono esteriormente con
molto fair play, poiché, anche se Mussolini amava far cadere dall’alto e all’im-1
1 A rchivio C entrale dello S tato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato,
« Serpieri on. Arrigo », busta 89 W /R. La lettera era stata spedita il 28 gennaio.
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provviso queste sue decisioni, come colpi di fulmine, essi erano ben coscienti
dei metodi in vigore ed erano interiormente preparati a questi accadimenti.
Con minore o maggiore piaggeria scrivevano dunque in risposta brevi lettere di
assenso, come quella di Serpieri citata innanzi, che volevano esternare la propria
devozione e la serena disponibilità per incarichi futuri. Così Bottai, la cui ri­
mozione dal ministero delle Corporazioni era stata tutt’altro che priva di si­
gnificato, scriveva il 19 luglio 1932:
Caro Presidente, accolgo il tuo invito con animo sereno. Quando tu, or sono più di cinque
anni, mi chiamasti a questo posto, non altrettanto sereno era il mio animo, lo turbava la
consapevolezza precisa della difficoltà del compito. Il tuo consiglio, la tua guida, il tuo co­
mando mi hanno consentito di superarla, meritando, qualche volta, il tuo elogio. È questo
il compenso, che, nell’atto di tornare alla mia vita, mi dà un’intima tranquillità.
Mi assalirà solo, talvolta, la nostalgia del Capo, della tua presenza, del tuo ordine. Cercherò
di superarla, pensando che anche nella mia vita privata, come ormai da tanti anni, Musso­
lini opererà come una forza incessante di miglioramento e di perfezionamento.
Con devozione infinita
F /o B ottai2
Così Rocco aveva telegrafato da Ginevra nello stessio giorno: « Approvando
pienamente concetto giusto avvicendamento uomini Governo pongo tua dispo­
sizione mio portafoglio gratissimo onore fattomi e fiducia dimostratami durante
quasi otto anni. Con inalterabile devozione invioti affettuosi saluti tuo Rocco ».
Altrettanto misurato era stato Grandi, allontanato dagli Esteri dopo contrasti
e critiche intestine non poco aspre3 e che preludevano a un mutamento di ac­
centuazioni non indifferente, pure all’interno di coordinate stabili, nella poli­
tica estera fascista; così Giunta (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio),
e Mosconi (ministro delle Finanze) che si era spinto più in là, ringraziando il
« duce » per avere « interpretato » quello che era un suo vivo desiderio. L ’uni­
co che sembrava esser rimasto estraneo a questa logica e che aveva esternato il
suo rammarico era stato Balbino Giuliano, ministro dell’Educazione Nazionale:
« [ . . . ] mi permetta ancora di dire a V.E. che la mia sola speranza e il mio
orgoglio è quello di non aver perduta la fiducia del mio Capo [...] ».
Nello stesso fascicolo d’archivio è conservata pure una letterina di Vittorio
Emanuele, che esprimeva bene il suo grado di interesse e di partecipazione alle
cure del governo e che costituisce un’altra pennellata ai tratti, ormai ben noti,
della psicologia del personaggio:
A Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, Capo del Governo, Roma
Caro Presidente,
Le sono molto grato della Sua gentile ed interessante lettera. Sta naturalmente bene quanto
Ella mi dice per la sostituzione dei Ministri e dei Sottosegretarii.
Sono lieto delle buone notizie della situazione interna. Come ben sa sono sempre pronto
a venire a Roma quando lo credesse utile; conto di essere il 28 alla Capitale anche per
vedere Sidky Pascià. Qui piove e fa freddo, e i raccolti dei poveri montanari sembrano
essere in pericolo se non si avrà del sole. Mi permetto di mandarLe delle trote, la cui
pesca costituisce la sola risorsa di Sant’Anna, ora che la caccia è chiusa.
Accolga, La prego, i miei cordiali saluti, e voglia credermi Suo aff.mo Cugino
Vittorio Emanuele
Sant’Anna di Valdieri
19 luglio 1932 X
2 ACS, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato, «Movimento ministri e sot­
tosegretari nel regime fascista - Rotazioni ministeriali », sottof. 8 luglio 1932.
3 Cfr. al riguardo i molti documenti riprodotti in R. D e F elice , Mussolini il duce, I. Gli
anni del consenso, 1929-1936, Torino, 1975.
Una lettera di A. Serpierl a Mussolini
117
Ma, tornando alla « rotazione ministeriale » del gennaio 1935, va detto che
all’interno di essa la rimozione di Serpieri non poteva non assumere un signi­
ficato che andava ben al di là dell’evento in sé, in quanto il Serpieri aveva im­
personato e, in certa misura, simboleggiato la politica di bonifica integrale e
le sue non esaltanti (ma neppur trascurabili) realizzazioni, collegate a una ideo­
logia, quella della « ruralizzazione », di cui Serpieri era stato l’interprete più
colto, più convinto e meno sguaiato, ideologia che era stata elemento innega­
bile di forza della stessa immagine che il fascismo aveva cercato di dare di sé
in Italia e all’estero come soluzione di governo originale e mediana tra le op­
poste concezioni che permanevano nell’occidente capitalistico o che si afferma­
vano in Unione Sovietica. La liquidazione di Serpieri sanciva l’abbandono di
illusioni che non avevano retto alla prova dei fatti e, soprattutto, all’impatto
della grande crisi, ponendo interrogativi che non potevano nell’immediato tro­
vare risposta ma che pure dovevano, per chi era coinvolto personalmente in
quella vicenda, aprire prospettive incerte non solo per quella politica, ma anche
per sé e per la scuola di cui il nostro personaggio era capofila.
Legato strettamente, ma non supinamente, all’Agraria toscana Serpieri interpre­
tava, come bene è stato rilevato, « nella forma più chiara e conseguente, i più
generali interessi di classe, anzi la coscienza di classe stessa dell’Agraria italia­
na » 4 e appunto per questo poteva risultare talvolta inviso ai settori più retrivi
e rozzamente particolaristici di quel mondo. Ostilità e sospetti nei suoi con­
fronti non erano mancati, come risulta bene da un documento di polizia del
9 novembre 1931 che in gran parte riproduciamo, sia perché riassuntivo di molti
elementi biografici del personaggio, sia perché da esso traspare una stima non
consueta in questo tipo di documenti, abitualmente bassamente delatori per ec­
cesso di zelo o per puro e semplice malanimo e tendenti, quindi, a calcare ol­
tremodo le tinte:
A chiarimento della posizione politica di S.E. Serpieri aggiungo che egli, prima della guerra,
era effettivamente considerato dagli « agrari » come un socialistoide. Però nel 1915 fu in­
terventista e si recò volontario.
Nel dopoguerra, per i suoi studi sui rapporti tra le varie classi rurali, fu oggetto di attacchi
sia da parte dei conservatori sia da parte dei socialisti.
Nel luglio del 1923, allorché V.E. costituì il Ministero della Economia Nazionale, fu chia­
mato quale Sottosegretario di Stato per l’Agricoltura, nel quale ufficio dette senza alcun
dubbio sicure prove di fedeltà al regime. Fu in quest’ufficio che egli preparò alcune impor­
tanti leggi, specialmente quella sulle trasformazioni fondiarie che nella legislazione fascista
ha sostituito i progetti elaborati dai popolari e dai socialisti sul problema del latifondo.
Uscito dal Governo, per la rotazione avvenuta dopo il fatto Matteotti (luglio 1924), egli
chiese ed ottenne la tessera del fascio di Bologna.
Successivamente, e fino alla sua nuova assunzione al Governo (settembre 1929), ha rico­
perto numerosi ed importanti uffici di carattere nazionale e locale. In quegli anni venne
avversato dai dirigenti del tempo della Confederazione degli agricoltori che lo ritenevano più
vicino alle idee degli esponenti dei lavoratori agricoli (Rossoni, Razza) che alle loro.
Quale sia stata poi la sua attività politica ed amministrativa in questi due ultimi anni dac­
ché ricopre l ’ufficio di Sottosegretario di Stato per la Bonifica Integrale, V.E. è migliore e
più autorevole giudice di me, anche perché V.E. giustamente considera detto Sottosegreta­
riato dipendente per certe mansioni direttamente dalla E.V.
Io, peraltro, posso attestare con piena coscienza che in tutte le circostanze S.E. Serpieri si
è rivelato un buon fascista, come un esperto tecnico ed un vigile amministratore, e che,
quale Presidente della Corporazione per l ’Agricoltura, ha saputo sempre conservare la giusta
E milio S ereni, L'agricoltura toscana e la mezzadria nel regime fascista e l’opera di Ar­
rigo Serpieri, in La Toscana nel regime fascista (1922-1939), voi. I, Firenze, 1971, p. 315.
‘
118 Gianpasquale Santomassimo
linea di temperanza e di conciliazione tra le varie tendenze ed interessi sindacali nel cam­
po rurale.
Soggiungo constarmi che S.E. Serpieri, nel mentre ha tra le autorità ed i gerarchi del Re­
gime numerosi amici ed estimatori, ha anche parecchi autorevoli avversari, alcuni dei quali
veramente aspri. Ciò si spiega in parte con gli equivoci sorti appunto dalla sua discussa at­
tività dottrinaria ed in parte anche a causa suo temperamento freddo e du ro5.
Che Serpieri venisse sottoposto a vigilanza poliziesca non può stupire, in quan­
to ciò rientrava nella norma, come era usuale che ai gerarchi e agli uomini di
governo venisse posto il telefono sotto controllo6. Appunto da una intercetta­
zione telefonica nasceva il piccolo episodio di cui ci occupiamo. Alle 16,15 del
2 febbraio si svolgeva fra la moglie di Serpieri e un’amica (probabilmente la
moglie di Renato Ricci, a quanto si può arguire da alcuni passi del dialogo) una
conversazione di circostanza, il cui tono ci riporta alla mente molti diari del­
l’epoca e molte memorie successive, per la sostanza dei ragionamenti e per lo
spaccato di mondo che rivela:
Dall’app. N. [...] Telefona: Signora Nini.
Dall’app. N. 862898 (M.ro Agricoltura - Casa di S.E. Serpieri) - Parla: Signora Jole Serpieri.
(Durante una conversazione amichevole):
Nini - Come sta suo marito?
Jole - Eh [...] con questa crisi di spirito.
N. - Ma non bisogna esagerare, perché la sua crisi è momentanea: non credo che Sua Ec­
cellenza resti così.
J . - No, non credo, lei sa com’è Mussolini: non apprezza le cose.
N. - Ha già dimostrato di apprezzare chiamandolo singolarmente [...]
J . - No, sono cose generiche: come il Generale chiama il Colonnello [...] Suo marito ha
dimostrato di essere un grande amico di Arrigo.
N. - SI, Renato ha sofferto per lui molto, mi ha detto più volte: « Serpieri non doveva es­
sere trattato in questo modo ».
J . - Per Arrigo è stato doloroso staccarsi da un lavoro fatto per 6 anni con tutti collabora­
tori efficaci ed affettuosissimi! Vorrei farle sentire le lettere che giungono: sono commoventi!
Oggi soltanto comprendo lo spirito purissimo di quest’uomo: in questi giorni non gli è
venuto fuori dalla bocca un lamento; sono io che mi [...]
N. - Sì, lei fa per due!
J . - Sono io che mi ribello. Le assicuro che al di sopra di ogni sentimento egoistico, ho
una grande malinconia per il Paese: si sono presi gli uomini qua e là, a « mosca cieca ».
N. - Sì, è una cosa che non riesco a capire. Ad un’opera così grande [...] Occorreva un
uomo che fosse capace di continuarla. Confondono la Giustizia con l ’Agricoltura, le Finan­
ze con [...] Cambiare tutti è una sciocchezza, la più grande sciocchezza che si possa fare!
Invece di migliorare è stato peggiorato!
J. - Eh, cara, bisogna avere la testa a posto!
N. - Mio marito quando ha appreso il cambiamento e ha visto che lui non c’era, ha escla­
mato: « Meno male che me la sono scampata! ».
J . - Sì, ha ragione. Vedrai cosa avverrà: un’opera magnifica ridotta così! Disfare tutto
quello che è stato fatto! Dovresti leggere le lettere che gli pervengono da tutta Italia!
N. - Anche oggi io e Renato abbiamo letto una lettera, dove lo scrivente si meraviglia per
Serpieri.
J. - La scelta è stata orribile: è gente che non può dare la sua opera, il suo intelletto,
perché non sa [...] Ad esempio quello delle Finanze [...] In un momento così pericoloso
come questo! La mia impressione personale è che abbia avuto proprio un mancamento
cerebrale!
N. - È una cosa terribile: ha scelto così, a casaccio. È stata fatta una scelta così male che
se ne parla continuamente.
J . - Io ho ricevuto lettere da piccoli paesi, da cittadine lontanissime e tutti quelli che
scrivono restano stupefatti; dicono: « A chi abbiamo affidato il destino del nostro paese? ».
5
A C S , Segreteria particolare d el D u ce, C arteggio riservato , « Serp ieri on . A rrig o », b u sta
89 W /R . A llo stesso fascicolo apparten gon o tu tti i docum enti citati in segu ito.
6
C fr. l ’am pia docum entazione raccolta in U . G u sp in i , L'orecchio del regime. Le inter­
cettazioni telefoniche al tempo del fascismo, M ilano , 1973.
Una lettera di A. Serpleri a Mussolini
119
N. - È proprio vero; io credo che durerà molto poco.
J . - Speriamo che sia sempre Lui a guidarci, altrimenti andiamo a finire nelle mani di pic­
coli Ras in guerra tra loro.
N. - Tutta questa scelta che è stata fatta adesso non può durare: dovranno ributtarli giù.
J . - Perché l ’hanno fatto?
N. - Appunto, queste cose non si devono fare a casaccio.
J . - Purtroppo la guerra laggiù ci sarà e anche questo ci mette chi sa in quale ginepraio!
Singolarmente e collettivamente ci troviamo in un periodo terribile! Arrigo ha rimorso di
aver trascinato, con la sua caduta, tanti collaboratori, tutti quelli che ha formato lui e che
adesso saranno sabotati.
N. - Che pazzia!
J . - Ho l’impressione che abbia avuto un momento di pazzia! Ascolta soltanto quei due o
tre che gli sono vicino. Alla testa ci sono degli incompetenti, degli esaltati che rovinano il
Paese: sono la vergogna del Paese!
N. - E, accontentandoli, rovina tutte le opere degli altri. Quello che ha fatto è tale che ha
rovinato tutto ciò che si è portato avanti con tanto splendore. Dove si andrà a finire?
J . - Tira troppo la corda! Poi considera troppo gli uomini come delle pedine. Chi vivrà,
vedrà! Qui si tratta di un popolo di 42 milioni di abitanti, non è mica una piccola Nazio­
ne! E poi il popolo italiano è buono: è un popolo che risuscita e rinasce continuamente;
ed ha bisogno di sentire la giustizia!
N. - È un guaio! Si dovrebbe sentire profondamente questo sentimento!
J . - L ’altro giorno c’erano qui personalità molto alte, suoi collaboratori: erano piangenti
dicendo che di queste cose non sono mai successe!
N. - Vedrai che verranno i giorni migliori.
J . - No, perché ci sono delle persone che hanno tutto l’interesse di tenerlo lontano [...]
N. - Speriamo che si ravveda presto.
J . - Non credo, perché non gli arriva la voce del Paese!
N. - Ma Lui tiene gli occhi dappertutto.
J . - No, i giornali non parlano; nessuno osa criticare quello che fa; nessuno gli riporta quel­
lo che dicono: Lui è circondato da cinque persone che gli dicono quello che vogliono!
N. - Ma può andare avanti fino ad un certo punto così, specie adesso che si comincia a cam­
minare in modo diverso da quello [...]
J . Non vede che diventa sempre più dispotico?! Purtroppo oggi siamo in un regime
così [...]
N. - Cosa vuole, bisogna piegare la testa per forza.
J . - Capirà non è più un uomo di 42 anni come 12 anni fa! La saluto signora.
Mussolini, a quanto sappiamo, leggeva scrupolosamente e con gusto questi
testi, la consultazione dei quali (e di altro materiale del genere) costituiva gran
parte delle sue mattinate di uomo di governo; né faceva alcunché per nascon­
dere agli interessati che la loro vita privata era sotto controllo. Del suo sistema
di governo era parte integrante, anzi, l’uso dei rapporti polizieschi non già per
correggere distorsioni o eliminare abusi, ma per acquisire armi di ricatto che
potessero neutralizzare subito o in futuro le ambizioni o le trame del gerarca
di volta in volta in questione, per sua natura ipotizzato come infido; né, pur­
troppo, si può dire che l’uso privato delle carte di polizia si sia estinto con la
caduta del fascismo, come fanno pensare numerosi episodi dell’ultimo tren­
tennio.
Mussolini spediva dunque a Serpieri copia dell’intercettazione, sottolineando i
passi incriminati e senza commento, « per conoscenza » come si direbbe in
gergo burocratico. Il 3 febbraio Serpieri scriveva al Commendator Sebastiani,
capo della segreteria di Mussolini, chiedendogli di fissargli con urgenza un ap­
puntamento, per consegnare nelle sue mani una lettera per il duce. La lette­
ra era questa:
4
feb b raio
1935
Duce,
la com unicazione fattam i, d 'ord in e V o stro , d al C om m . Seb astian i, m i h a costernato. Che
una tale conversazione telefon ica p o ssa essere u scita d a casa m ia — d ov e non solo si am ­
120 Gianpasquale Santomassimo
mira e venera, ma si ama il Duce, con cuore romagnolo — dove, nella mia camera, a fianco
dei ritratti dei miei genitori, stanno quelli dei genitori Vostri, Duce — mi pare ancora
un’assoluta impossibilità: pure, salvo particolari mal riprodotti, che non mutano la enormità
della cosa, è vero!
Dire il mio profondo dolore, il mio avvilimento, è superfluo. No, non meritavo questo col­
po crudele, dopo aver dato per anni tutte le mie forze e la mia passione per servire il
Duce e il Fascismo.
Al mio dolore si unisce la profonda riconoscenza per l ’umana comprensione che Voi, Duce,
avete voluto usare in questo tristissimo episodio, per la forma con la quale voleste che mi
fosse noto.
Ma sento anche che commetterei una repugnante vigliaccheria se non aggiungessi qualche
cosa. Quella stessa persona che, in un momento di smarrimento e di nervi scossi, telefonava
cosi, è stata sempre la prima ad esaltarsi nella Vostra grandezza, nel Vostro genio, Duce:
non molti mesi fa essa schiaffeggiava persona che non parlava bene del Fascismo.
La verità semplice e umana, quale potrei ripetere con la mano sul Vangelo, è questa, che si
tratta di una donna che mi vuol bene — tutta istinto, spontaneità e nervi scoperti — , che
mi ha sentito soffrire, che ha creduto una ingiustizia questa sofferenza, e ha sfogato in modo
deplorevole la incontrollata ribellione dei suoi nervi, ripetendo — senza alcuna riflessione,
sconsideratamente — l ’orribile chiacchiericcio e pettegolezzo al quale purtroppo danno luo­
go — per le strade, per le case, dappertutto — questi cambiamenti di guardia; mentre poi
essa stessa invocava insieme (vogliate, Duce, non dimenticarlo) che la guida Vostra fosse
sempre conservata all’Italia!
Mi ha visto soffrire? Sì, Duce: debbo confessare che — pur trovando naturalissima, pur
attendendo da gran tempo la mia sostituzione — ho sofferto (né ho saputo abbastanza na­
scondere nella intimità della casa la mia sofferenza), oh non davvero per ragione di onori
che non ho mai cercato, o di interessi, che non ho mai curato, ma solo perché non ho sa­
puto distaccarmi senza dolore da un’opera di oltre cinque anni, cui ho dato tutto me stesso;
da collaboratori che mi seguivano con un affetto commovente. Solo per questo, lo giuro.
Che altro posso aggiungere se non che oggi, più che mai, mi sento incrollabilmente legato a
Voi, Duce, dalla più assoluta devozione e dedizione, fatta più sacra dal mio dolore?
Sia che Vi piaccia di lasciarmi passare in assoluta oscurità gli anni che restano della mia
attività, sia che Vi piaccia di chiamarmi ad altri posti di responsabilità, tutto quanto so e
posso, con la mente ma soprattutto col cuore, è per Voi, Duce, e per il Fascismo: oggi,
come sempre, nella mia casa è sacro per tutti l ’amore, l ’ubbidienza, la fedeltà al Duce:
questa è la verità quale può dirVi un uomo che ha tutte le deficienze, ma non quella del­
l ’onestà.
Vogliate, Duce, benevolmente accogliere questa lettera, scritta con animo accorato e puro,
e perdonare. Se crederete di potermi concedere udienza, per ancora udire il mio dolore,
Ve ne sarò ancor più grato.
Con devozione
Arrigo Serpieri
Perché pubblicare una lettera del genere, che di per sé non rivela nessun par­
ticolare ascoso di carattere storico e politico, e che può probabilmente appa­
rire irrilevante anche agli storici che ritengono proprio compito calarsi in apnea
all’interno del fascismo per descrivere le piu minute beghe fra gerarchi e i più
riposti intrallazzi di corridoio? Vorremmo chiarire subito che non siamo mossi
da intenti scandalistici. Certo, questa vicenda illumina con maggiore chiarezza
di ogni ragionamento su alcuni meccanismi di governo vigenti negli anni ’30
in Italia, su un mondo e su un clima politico e morale specifico; e questo do­
cumento può contribuire a chiarire alcuni aspetti della personalità di Serpieri,
figura non priva di interesse storico e che ha esercitato una influenza politica e
teorica non trascurabile anche al di là del fascismo 7; ma in genere quando si
trovano documenti di questo tipo si è spinti a lasciarli riposare tra le carte
7 Cfr., sull’influenza, a volte sotterranea, ma più spesso manifesta, del pensiero di Ser­
pieri sui tecnici della riforma agraria, l ’interessante studio di L eandra D ’A ntone, I tecnici
e la riforma agraria. Il dibattito negli anni 1945-50, in « Archivio storico per la Sicilia
orientale», a. LXX, 1974, fase. I, pp. 113-149.
Una lettera di A. Serpieri a Mussolini
121
d’archivio, per legittimo timore di compiere atto di indiscrezione, di gettar luce
su vicende private non edificanti che è preferibile lasciare che restino private.
Pure, da questa lettera si possono trarre brevi considerazioni non prive, cre­
diamo, di interesse, e molte altre, qui inespresse, essa potrà forse suggerire ai
lettori. Intanto c’è da rilevare che questo documento è assolutamente, dram­
maticamente, sincero: non c’è alcuna piaggeria, in questo caso. I sentimenti
che Serpieri esprime sono intimamente vissuti, e i fatti a cui fa riferimento
si colgono immediatamente come reali. Che la moglie abbia schiaffeggiato per­
sona che parlava male del Fascismo (con la maiuscola) appare perfettamente
credibile. Che Serpieri affiggesse nella sua camera accanto ai ritratti di suo
padre e sua madre non già il ritratto del duce ma quelli dei genitori di Mus­
solini, non è un particolare che, in questo contesto, muova al riso o allo scher­
no, ma appare invece, a pensarci bene, agghiacciante.
È bene ripetere che Serpieri era un uomo intelligente e civile, di profonda e
vasta cultura. Non solo: Emilio Sereni, che, come Manlio Rossi Doria, aveva
lavorato sotto la direzione di Serpieri, ha testimoniato della sua relativa libe­
ralità, della sua capacità di valutare con stima e con affetto il lavoro dei colla­
boratori più giovani, se pure di idee avverse alla propria, fornendo attestati che
poterono essere usati a scopo di difesa davanti al Tribunale speciale 8. C ’è an­
cora molto da studiare e da riflettere intorno al rapporto fra cultura e fascismo,
ma è evidente che esso non può venire ridotto a una sequela di singoli casi di
opportunismo, se non a rischio di precludersi la comprensione del fenomeno.
Il fascismo è una pianta dalle molte radici, ed esse talvolta affondano in pro­
fondità nei modi stessi di essere e manifestarsi della cultura italiana. Forse bi­
sognerà ammettere che non fu deviazione o abbrutimento l’adesione al regime,
ma fu invece atto di rottura, drammatico e non sottovalutabile nella sua por­
tata, rifiutare ad esso l’adesione, come avvenne da parte di molti intellettuali.
Davanti a questa lettera non ci si sdegna, come di fronte alle molte manifesta­
zioni di opportunismo o di vera e propria cialtroneria degli intellettuali italiani
che vengono portate spesso alla luce con intenti scandalistici; è invece un do­
cumento che appare addirittura rispettabile nella sua pateticità: lo sdegno, se
nasce, nasce contro
il sistema e il mondo chequeste manifestazioni hanno
generato più che contro l’uomo che ne è vittima
partecipe.
Si è molto parlato, e si continua a parlare, nella storiografia sul fascismo, di
tecnocrati, di aspirazioni tecnocratiche di cui il fascismo si sarebbe fatto inter­
prete, facendosi a suo modo portatore di una modernizzazione nelle strutture
della società italiana. Sembra di intravvedere sullo sfondo di queste analisi
una coorte di uomini freddi e lucidi, artefici di consapevoli disegni razionaliz­
zanti, capaci di utilizzare e in certa misura strumentalizzare il fascismo; forma
di governo buona come un’altra, preferibile unicamente perché consentiva con
la sua « fattività » ai riformatori dell’alto la strumentazione organica necessa­
ria per portare avanti i propri programmi, senza lasciarsi coinvolgere emotiva­
mente nel magma ideologico del regime, buono per le masse inconsapevoli.
8 Cfr. E milio S ereni, art. cit., pp. 314-315. Peraltro Sereni ricorda come talvolta, nei
momenti più delicati, Serpieri richiedesse ai suoi collaboratori attenuazioni o vere e proprie
falsificazioni dei risultati delle indagini compiute, perché contrastanti con gli indirizzi della
politica agraria fascista.
122 Gianpasquale Santomassimo
Se mai vi furono personaggi che possono avvicinarsi all’etichetta del tecnocrate,
Serpieri fu uno di questi, lo stesso Serpieri che nel febbraio ’35 scriveva questa
lettera al duce. Molte cose vanno rimesse, evidentemente, coi piedi per terra,
ricondotte alle loro reali dimensioni. Questa lettera in realtà, più di molti altri
documenti di maggiore rilievo, ci fa comprendere, perché la coglie immediata­
mente a livello umano, la miseria morale e intellettuale del fascismo, la cappa
di piombo sotto la quale il regime indusse, con o senza costrizione, anche le
sue intelligenze migliori, specchio della desolante ristrettezza di orizzonti in
cui tutta la società italiana fu costretta a vivere in quegli anni.
G ianpasquale Santomassimo