Il governo ricatta gli elettori

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Il governo ricatta gli elettori
Agli Europei di calcio l’Italia di Conte batte due a zero il Belgio nella partita
d’esordio. Si attendono i commenti festanti dei politici da social network
Martedì 14 giugno 2016 – Anno 8 – n° 163
a 1,50 - Arretrati: a 3,00 - a 12 e
con1,50
il libro
“Il Fatto Personale”
– Arretrati:
e 3,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
ORLANDO Il repubblicano attacca gli islamici, il presidente li difende
SevinceilNo
Il buio dopo la strage: lite
Trump-Obama e flop Fbi
p Dopo i 49 morti della discoteca gay Pulse, Obama
non avalla la pista jihadista
ipotizzata dall’Fbi. Critiche
sulla sicurezza per gli scarsi controlli sul killer. Alcune vittime forse uccise dal
“fuoco amico” degli agenti
q CATTANO E GRAMAGLIA
A PAG. 8 - 9
y(7HC0D7*KSTKKQ( +.!z!.!=!&
» MARCO TRAVAGLIO
S
I DUE RAGAZZI
AFROAMERICANI,
SIMBOLI DI OGNI
OCCIDENTE
q FURIO COLOMBO A PAG. 9
Abbraccio A Orlando Reuters
GIOCO SPORCO Non solo il caso Boschi-Appendino: tutte le pressioni sulle città
Il governo ricatta gli elettori
Così Renzi & C. usano i fondi pubblici per minacciare chi non vota Pd
p Torino e Roma hanno
problemi legati al bilancio.
Napoli pure, e deve poter
contare su Palazzo Chigi
anche per la riqualificazione di Bagnoli. A Milano i
conti sono in ordine, ma c’è
l’incognita delle aree Expo
q BARBACETTO, MANAGÒ, FIERRO
E GIAMBARTOLOMEI A PAG. 4 - 5
OLIMPIADI “Dire No è onestà”
Adriano Celentano
e la Capitale al voto:
“La lupa dei romani”
POLEMICHE SU FB
La dirigente fa
lo spot a Fassino
col figlio disabile
q DELLA SALA A PAG. 3
PARLA BOSSI
Gomorra alla milanese: Scheggia,
Lulù e Pelato, i padroni della coca
“Attorno a B.
vedo solo pecore
con le zanne”
q MILOSA A PAG. 7
q ADRIANO CELENTANO A PAG. 2
q VECCHI A PAG. 6
30 ANNI DALLA MORTE Il fotografo Scianna e il grande scrittore
La cattiveria
Borges, il dubbio in uno scatto
Avvertenza: oggi,
e soltanto oggi,
questo giornale
non sarà
antiberlusconiano
» ROBERTA ZUNINI
T
rent’anni fa Jorge Luis
Borges moriva a Ginevra dove visse gli ultimi anni della sua vita. Due anni
prima andò a Palermo per ritirare un premio che era stato istituito di fatto per omaggiare il suo
genio e, in qualche modo, le sue origini
perché era cresciuto nel barrio Palermo di Buenos Aires. Si trattava di un
riconoscimento dalle modalità inedi-
te: il vincitore avrebbe dovuto
designare il proprio successore. Prima di sceglierlo, il
grande poeta argentino ormai cieco da decenni, trascorse nove giorni a “guardare” la Sicilia grazie alla moglie
Maria Kodama. Ma in quell’occasione, a tradurgli in immagini la luce
dell’isola, c’era anche uno dei più importanti fotografi del mondo, Ferdinando Scianna, siciliano di Bagheria.
SEGUE A PAGINA 19
PIAZZA AFFARI -2,9%
Borse a picco,
adesso la Brexit
pare più vicina
q BORGHESE E DI FOGGIA A PAG. 13
i assiste con la più viva
trepidazione alla galoppante crisi di nervi di
Renzi & Boschi. Come disse
Veronica Lario per il marito,
chi vuol bene a Matteo & Mariaele stia loro vicino in un momento tanto delicato. Le loro
condizioni non potranno che
peggiorare: se sono già in questo stato a quattro mesi dal referendum costituzionale, figurarsi come saranno ridotti a
quattro giorni od ore: forse in
camicia di forza, con due robusti infermieri accanto. Non
passa giorno senza che entrambi, o almeno uno dei due,
non avverta l’impellente bisogno di metterci in guardia dai
pericoli che corriamo con un’eventuale, malaugurata vittoria
del No. Il tormentone SevinceilNo si candida a sostituire i
più celebri “Vengo anch’io, no
tu no” e “Quelli che” di Enzo
Jannacci, o “Nuntereggaepiù”
di Rino Gaetano.
Finora abbiamo appreso che
SevinceilNo accadrà, nell’ordine, questo: “L’Italia sarà ingo vern abi le”, “tornerà nella
palude”, “cadrà in preda all’instabilità”e alla “speculazione”,
“risalirà lo spread”, “non avremo più riforme per 30 anni”,
“saremo il paradiso degli inciuci”, vincerà “un’Armata Brancaleone” di “falsi partigiani” e
pure “CasaPound”, “l’Europa
non ci filerà più”, ma soprattutto – lo scenario più terrificante
– Renzi e la Boschi andranno “a
casa” (ciascuno nella sua, si
suppone), e forse si porteranno
anche Padoan. Prossimamente
su questi schermi: SevinceilNo
avremo sette anni di guai, ci invaderanno mosche, zanzare,
rane, pidocchi e cavallette,
l’acqua diventerà sangue, uomini e animali si ricopriranno
di ulcere e foruncoli, pioveranno fuoco, ghiaccio e anche merda (variante referendaria alle
bibliche piaghe d’Egitto), caleranno le tenebre 24 ore su 24
inclusi i festivi, i primogeniti
maschi moriranno, ci sarà una
grande morìa delle vacche, come voi ben sapete, e i ragazzini
diventeranno ciechi anche
senza farsi le pippe.
Finora purtroppo la Pubblicità Progresso governativa per
il Sì non ha sortito gli effetti
sperati. Anzi, l’unica conseguenza sin qui rilevata è che gli
italiani, anziché spaventarsi,
fanno crescere il No nei sondaggi. E fanno perdere il Pd
nelle urne. Tant’è che i candidati superstiti ai ballottaggi, disperati per l’e f f e t t o- b o o m erang, hanno pregato Renzi e la
Boschi di non farsi più vedere al
loro fianco. E, possibilmente,
di esercitare l’aurea virtù del
silenzio. Fiato sprecato. I due
continuano imperterriti a far
danni con sparate da neurodeliri, in una campagna impostata sulla totale abrogazione della logica.
SEGUE A PAGINA 20
2 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
A TESTA IN GIÙ
IL REFERENDUM
E LE BRAVE PERSONE
» PAOLO HENDEL
,
LO CONFESSO: se sento Gustavo
Zagrebelsky che spiega le ragioni
del No mi dico: “Quest'uomo ha ragione
da vendere. Bisogna votare No”.
Ma se poi sento Massimo Cacciari che spiega le ragioni del Sì mi dico: “Quest'uomo ha ragione da vendere. Bisogna votare Sì”. Invece,
chissà perché, quando sento Renzi e Salvini pronunciarsi l’uno per il Sì e l’altro per il No, mi vien
voglia di fare il contrario! È buffa la vita! Come ne esco? Il mio psicanalista non mi è
d’aiuto.
A peggiorare le cose ci si mette Dario Fo, nostra luce e guida, che quasi quasi a Milano voterebbe per Parisi piuttosto che per Sala... Per ritrovarsi poi Salvini assessore! E sempre lui, Dario
Fo, accusa Benigni, altra nostra luce e guida, di
essere per il Sì per biechi interessi personali. Ma
non si potrebbe da qui a ottobre limitarci a entrare nel merito della (non facile) questione, evitando di parlare di golpe e di dividere il mondo
tra buoni e cattivi?
Conosco bravissime persone che sono per il Sì e
altrettante bravissime persone che sono per il
No, e sono sicuro che seguiteranno a essere bravissime persone anche dopo il referendum di ottobre, comunque esso vada.
BALLOTTAGGIO CAPITALE Meloni ha sbagliato con la via ad Almirante. Marchini è caduto
sulla Ferrari. Raggi ha detto che “fare le Olimpiadi è da criminali”: e ha ragione, è onesta
» ADRIANO CELENTANO
P
erché gli italiani
vanno male e per
colpa loro, tranne
me e Mina, vanno
male anche gli altri cantanti? Perché sbagliano repertorio. La Meloni per esempio era in pole position, poi
ha steccato proprio sulla via
di Almirante. Che, con tutto
il rispetto, in quel momento
non aveva nulla a che vedere
col progetto romano. Lo
stesso vale per Marchini
che, una volta sindaco, si sarebbe vergognato di andare
in Comune con la Ferrari.
Chissà quanti dei suoi elettori avranno pensato: “Non
farà mica la fesseria di presentarsi in Comune con la
Topolino?!”. È inutile poi
incolpare l’astensione.
Anche a Milano c’è stata
qualche stonatura. Giuseppe Sala, per esempio, che a
me non dispiace anche per
come ha condotto con successo l’Expo: bisogna dire
che anche a lui gli si è spezzato “l’acuto” sul problema
delle moschee. Ma, a parte
questo e le grandi bugie che
dicono sul suo conto, Sala
può essere davvero un buon
sindaco. E il fatto che uno
come l’ex pm Colombo, in
seguito a una proposta dello
stesso Sala, abbia accettato
di istituire un comitato per
la LEGALITÀ e la TRASPARENZA, è un segnale positivo da non sottovalutare.
PERÒ. Non esiterebbe ad
accogliere le Olimpiadi. Come se anche a Milano non ci
fossero gli stessi problemi
che ci sono a Roma, Napoli,
La lupa dei romani
Palermo e dove la terra dei
fuochi potrebbe espandersi
dalla Calabria ai confini della Germania. La MAFIA insegna.
LA VERITÀ È CHE gli italiani
non li freghi più. Sono troppo abituati a fregarsi fra di
loro, e quello dei politici è ormai un copione fisso che an-
PARADOSSI
che i romani hanno imparato a memoria e, proprio per
questo, si domandano: ma
allora di chi dobbiamo fidarci? Certo non è facile, i segnali attraverso i quali è possibile rilevare una parvenza
di reale onestà, specie nelle
persone a cui è affidato il difficile ruolo di PASTORE, appaiono purtroppo sempre
più sofisticati, ma non è detto che non ci siano.
Uno dei più espliciti e direi fulminanti è quello lanciato da chi ha avuto il coraggio di dire che “fare le Olimpiadi è da criminali”. Una dichiarazione impopolare,
quella di Virginia Raggi. Ma,
proprio per questo, tremendamente ONESTA. Prima di
giocare al pallone è necessario pulire il campo, non solo
dalla sporcizia, ma anche
dalla corruzione, sembra
volerci dire la probabile LUPA dei romani.
Per la prima volta, dunque, una donna al comando
di Roma, e tutt’altro che inesperta. La quale, oltretutto,
si rispecchia in pieno in quel
movimento inarrestabile
che ha creato Grillo. E qui
devo dire che la mossa del
“Politik-Comico” nel mettere in scena il suo silenzio
durante il periodo elettorale
dei sindaci ha rafforzato di
parecchio l’idea che alle
prossime elezioni nazionali
ci sarà un duello all’ultimo
dibattito fra i due personaggi più importanti della nostra scena politica: Renzi e
Grillo. Nelle veci di quest’ultimo potrebbe poi esserci Di
Maio. Ammesso che Renzi
perda...
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Vita quotidiana a Roma La città allo sfascio e l’incredibile arte di arrangiarsi
IL TOM TOM DEI PROFUGHI DEL 92
» GIORGIO MELETTI
L’autobus
non parte,
l’autista
non conosce
la strada e
i pendolari
sono
costretti
a guidarlo
verso
la meta
A
Roma si vive così. Ieri alle
15:30 alcuni cittadini inferociti attendevano da
mezz’ora al capolinea della stazione Termini l'autobus 92, gestito dall’efficiente Atac, gioiello dell'amministrazione capitolina che
vanta un debito consolidato di soli
1,3 miliardi di euro. Un elettore
chiede notizie a una specie di capostazione, che risponde come se
fosse in un aeroporto intercontinentale: “Oggi con il 92 abbiamo
dei problemi, mi dia dieci minuti di
tempo e le dico qualcosa”. Si erano
guastati tre autobus, pare.
TUTTI DELLA LINEA 92? Il capo-
stazione si sfoga con un collega:
“Non posso neppure togliere un
autobus dal 64, perché quello lì in
alto sai che guai a chi gli tocca il
64”. Il 64 è la linea che collega Termini con San Pietro, famosa in tutto il mondo come paradiso dei borseggiatori. Arriva un autobus con
la scritta “Deposito”,. È libero. Il
capostazione apostrofa l'autista:
“Che me fai 'na 92?”. Replica
dell’autista laconico: “No”. Il capostazione si sfoga: “Cosa je costava?”. Gli aspiranti passeggeri
del 92 cominciano a rumoreggiare. Due immigrate, prive del diritto di vendicarsi alle urne, sono disperate: “Dobbiamo andare a lavorare”. Il capostazione promette
la magia: “Il prossimo che arriva
lo faccio diventà un 92”. Eccolo.
“Che me fai 'na 92?”. “Nun so 'a
strada”. Il capostazione non si arrende, convoca sul posto un’assemblea dei profughi del 92 e chiede chi si sente in grado di mettersi
accanto all’autista per
indicargli il percorso.
Qualcuno eccepisce
la procedura non
del tutto aderente
agli standard occidentali. Il capostazione si offende:
“Anziché dire grazie...”, e forse ha ragione, se a Roma ogni tanto un
autobus passa è merito di pochi
eroi misconosciuti come lui.
ALLA FINE L’INCARICO di naviga-
tore è assegnato a un tonico settantacinquenne, che prende posto con
malcelato orgoglio accanto alla
cabina di guida e impettito come il
capitano MacWhirr (Joseph Conrad, Tifone) scruta l’orizzonte
metropolitano e indica la rotta.
Chi non vive a Roma fatica a ren-
dersi conto che milioni
di persone, e in particolare la fascia
più povera, sono
privi del diritto alla mobilità, ostaggio di vere e proprie bande che hanno spolpato l’At ac
per decenni sotto l’occhio vitreo di sindaci sedicenti competenti (Ignazio Marino, Gianni Alemanno, Walter
Veltroni e Francesco Rutelli) e dei
loro ambiziosi portaborse. Chi si
interroga sugli orientamenti elettorali del populus romanus provi
a prendere un autobus: capirà perché così tanti cittadini, piuttosto
che per uno dei competenti che
hanno ridotto così la Capitale, voterebbero per un cane lupo.
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POLITICA
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Lo sberleffo
I MISSILI DI PINOTTI
CONTRO L’ANPI
» FERRUCCIO SANSA
IL CASO
» VIRGINIA DELLA SALA
M
i chiamo Riccardo.
Ho 14 anni. Quella
vicino a me è la mia
mamma. Sono un
ragazzino disabile. Non parlo,
non cammino, non posso fare
nulla in autonomia. Sono fortunato perché sono circondato da persone meravigliose
che mi amano e anche perché
vivo a Torino, città governata
da cinque anni da Piero Fassino, attento e sensibile alle situazioni come la mia. Io e la
mia mamma ci fidiamo molto
di lui, siamo in buone mani! Se
potessi votare, al ballottaggio
sceglierei Fassino!”. Un post e
una foto pubblicati su Facebook il 10 giugno da Maurizia
Rebola, torinese, direttrice
del Circolo dei Lettori della
città, fondazione che dipende
dalla Regione Piemonte, governata da Sergio Chiamparino. Un endorsement che ha
sollevato polemiche sui social
network, tra chi l’ha accusata
di “strumentalizzazione”.
MAURIZIA REBOLA, infatti, è
la mamma di Riccardo ma è
anche la moglie di uno degli
uomini incaricati della comunicazione elettorale di Piero
Fassino: Valerio Saffirio, fondatore e managing director
dell’agenzia Stylum. “Non abbiamo nulla da commentare –
Punti di vista
Nicoletti: “Nulla di
sbagliato, ma serviva
chiarezza”. Argentin:
“Io non la condivido”
spiega al Fatto Saffirio –, chi ci
critica dovrebbe venire a trascorrere un giorno con noi e
nostro figlio. Il suo sorriso è
tutto quello che ci interessa”.
Non è la prima volta che il
tema della disabilità entra in
campagna elettorale. Già a
febbraio, il Pd aveva scelto di
sostenere la candidatura alle
primarie per il Campidoglio di
Chiara Ferraro, 25enne auti-
LA VIGILIA
,
IL MISSILE DEL MINISTRO arriva
da Genova: ”Dispiace davvero che ci
sia chi cavalchi contro la riforma i temi della
Resistenza e della Liberazione”. Così parlò
Roberta Pinotti in una lenzuolata di intervista al Secolo XIX. Destinataria della pesante critica è
l’Anpi. Dopo Maria Elena Boschi e la sua spericolata
affermazione su Casa Pound ecco che l’associazione
dei partigiani è presa di mira da un altro ministro. Un
missile degno di un F35 contro l’associazione
guidata da Carlo Smuraglia che la Resistenza
l’ha fatta per davvero: “Il fatto che l’Anpi si
schieri per il “no” alla riforma ha turbato anche
tanti che hanno fatto la Resistenza”. Tanti lo dice Pinotti, visto il risultato plebiscitario del voto
dell’assemblea Anpi. Ma il ministro della Difesa non si
ferma: “Dopo la guerra ci fu la capacità di mettere insieme le forze diverse del Paese e ridurre a sintesi le
diversità per dare vita alla Costituzione”. Capacità dimostrata anche oggi. Renzi e Verdini al posto di De Gasperi e Togliatti. L’ex pacifista Pinotti rassicura i lettori
parlando di un maxi appalto in arrivo per le navi di Fincantieri e del suo interesse per i droni. Infine un peana
per il Jobs Act che ha portato 455 mila posti di lavoro. E
un’agenda per la sua città dove arrivò terza alle ultime
primarie per il sindaco: “A Genova voglio bene e sto
cercando di aiutarla”.
La dirigente sponsorizza
Fassino col figlio disabile
Il post di Maurizia Rebola, moglie dell’ addetto alla comunicazione del sindaco
Strumento o
messaggio?
Il post Facebook in cui
Maurizia Rebola “dichiara”
il voto di suo
figlio LaPresse
stica di Roma. La ragazza aveva raccolto circa mille firme
(ne servivano 2 mila) e la sua
era stata definita una “candidatura simbolica” (in precedenza era nella civica di Ignazio Marino). Poi, il 28 febbraio,
la sua comparsa al programma
In ½ ora di Lucia Annunziata
aveva fatto cambiare idea a
molti dei suoi iniziali sostenitori. La sua presenza silenziosa, l’esposizione mediatica, la
sensazione che la candidatura
fosse riconducibile alla volontà del padre Maurizio, da sempre con coraggio in prima linea
nelle battaglie per l’integrazione, e alle famiglie da lui rappresentate. “Il nostro è un
punto di vista diverso” disse
Maurizio Ferraro in trasmissione, parlando delle critiche.
“Non stiamo parlando di un’esposizione, ma di un esserci”.
Il confine è delicato. “Non
c’è nulla di sbagliato nell’esposizione della disabilità –spiega
Gianluca Nicoletti, giornalista, scrittore, padre di Tommy,
un ragazzo autistico –. Mio fi-
LA PAGELLA
Antonio Campo
Dall’Orto
Domenica scorsa la Rai era
tutta allo stadio. Ha avuto
più compassione per uno
sgambetto, più attenzione
per un cross, più emozione
per un gol che per la
carneficina di Orlando. Ci
sono gli Europei e poi la
domenica è sempre una
festa.
ANTONELLO CAPORALE
glio è sempre presente: nei
miei libri, nei miei articoli, nelle trasmissioni. Mi aiuta a veicolare i messaggi, a far capire
cosa significhi. Perciò una madre fa bene a mostrare il figlio
disabile su Facebook. E fa bene
anche ad appoggiare un candidato se crede che abbia fatto
cose buone per sé e il proprio
figlio. Il discorso cambia solo
se dietro c’è dell’altro. Ma questo riguarda la sua coscienza,
non possiamo giudicare. Certo, avrebbe potuto essere trasparente, dire chi era e cosa faceva, dire quale fosse il ruolo
del marito o il suo”. Per Nicoletti, l’immagine dei disabili
non può essere un problema in
un Paese in cui se ne cercano di
teneri e carini per fare un film
o in cui per chiedere l’8 per
mille mostrano bambini poveri e denutriti. E nelle scorse
settimane sul suo sito web
www.pernoiautistici.com ha
chiesto a tutti i candidati sindaco delle grandi città di rispondere a tre domande per
raccontare cosa avrebbero fat-
to per aiutare le persone autistiche e le loro famiglie. Chi
più, chi meno bene, hanno risposto tutti.
“SOSTENGO la candidatura di
Fassino, sono del Pd, ma questa scelta proprio non la condivido –spiega invece la deputata dem Ileana Argentin, affetta da un’amiotrofia spinale
che la costringe su una sedia a
rotelle (“Io, la poltrona me la
porto da casa” fu lo slogan di
quando si candidò a Roma nel
2006) –. Avrebbe avuto più
senso che la Rebola raccontasse quali cose buone ha fatto per
i disabili Fassino o quali siano
i problemi e i servizi che non
funzionano”. Senza contare
che Riccardo è minorenne.
“Ognuno è protagonista della
propria disabilità e ognuno deve scegliere di farne un uso adeguato. Il confine si supera
però quando si strumentalizza
il limite. E quando si strumentalizza la politica della disabilità”.
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Da lontano Il premier a San Pietroburgo a celebrare il Made in Italy
Renzi giovedì vola da Putin, niente comizi
con i candidati: in forse anche la festa dell’Imu
C
he non avesse alcuna voglia di
metterci la faccia, era chiaro sin
dalle prime ore dopo la chiusura dei
seggi al primo turno: di fronte all’ipotesi di sconfitta, il premier preferisce restare dietro le quinte e, va
detto, nemmeno i candidati reclamano la sua presenza. Così, a pochi
giorni dai ballottaggi, la strategia
sembra confermata: Renzi non parteciperà a nessuna iniziativa elettorale e perfino la “festa dell’Imu”,
giovedì 16 giugno, dovrebbe celebrarsi senza di lui. Il premier, infatti, è atteso già in tarda mattinata a
San Pietroburgo, al vertice economico a cui quest’anno l’Italia partecipa come ospite d’onore. La “Davos”russa impegnerà Renzi almeno
fino al venerdì sera. Sarà una due
giorni all’insegna della narrazione
sull’Italia che vince (o che dice Sì,
come direbbero a palazzo Chigi):
accordi tra imprese, celebrazione
del Made in Italy e sfilata con Vladimir Putin. Molto meglio che un
comizio con Piero Fassino, Roberto
Giachetti o Beppe Sala, in effetti.
Nessuno dei tre, a quanto pare, ha
particolarmente sofferto la scelta:
Matteo Renzi e Vladimir Putin LaPresse
»3
Fassino lo ha praticamente detto
durante il confronto su Sky (“meglio che non venga” è stato il succo
del suo discorso) e anche gli altri
candidati in corsa lo temono: se il
voto per le Amministrative diventa
un referendum pro o contro Renzi,
c’è il rischio che gli oppositori del
governo si mettano insieme per buttarlo giù. Renzi, dal canto suo, ha già
avvertito che anche il risultato più
disastroso (la sconfitta a Milano o
Torino) non cambierà le sorti della
legislatura. In ogni caso, meglio restare alla larga.
NAPOLI
IL FANTASMA
DE MAGISTRIS
CHE SPARISCE
DALLA TV
» FABRIZIO D’ESPOSITO
S
arà che l’esito del ballottaggio appare
scontato, sarà che lì il
Pd renziano prende solo
mazzate, fatto
sta che Napoli e Luigi
de Magistris sono
spariti dal
racconto
nazionale di
queste elezioni
amministrative. Domenica, per esempio, la brava e
paziente Lucia Annunziata nel suo programma su
Raitre, In mezz’ora, si è
sorbita ben tre confronti diretti: Milano, Roma e Torino. Facili le ragioni dell’esclusione di Napoli: il Pd
non è al ballottaggio e quindi non “pesa” nell’unico dato che conterà lunedì a livello nazionale, quello sulla sconfitta o sulla vittoria
del premier.
In realtà, Napoli sconta
questo gap di informazione sin dall’inizio della
campagna elettorale. La
gran parte dei quotidiani,
si pensi al Corriere della
Sera o allo stesso Mattino
partenopeo, si sono limitati a saccheggiare i luoghi
comuni sulla plebe ignorante dei lazzari, vittima
di un malefico incantesimo da parte di de Magistris. Perché tutto nasce,
ovviamente, dal solito pregiudizio sul sindaco populista, zapatista se non chavista. Invece il sindaco edizione 2016, votato da
172.700 cittadini al primo
turno (42,8 %), è un po’ diverso dal de Magistris di 5
anni fa. Come dimostra il
noto comizio in cui intima
a Renzi di farsela sotto
(l’unica volta che il sindaco si è guadagnato la ribalta nazionale) de Magistris
incarna un sentimento di
autonomismo cittadino,
per dirla in termini catalani e non neoborbonici, che
taglia trasversalmente
tutte le fasce sociali e le
classiche categorie politiche di destra e di sinistra. Il
suo antirenzismo è una
controrottamazione basata sui risultati di un’amministrazione che i cittadini hanno per il momento
giudicata buona: il boom
del turismo, la scomparsa
dell’immondizia, finanche
uno zero meritevole alla
voce inchieste giudiziarie.
Non solo. A votare in massa per de Magistris sono
stati soprattutto i quartieri più borghesi (Vomero,
Chiaia e Posillipo). Altro
che plebe. Forse a Napoli si
vive meglio.
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4 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
GOVERNO E CASSE COMUNALI
In tv la minaccia
del ministro Boschi
sui fondi stanziati
IL PRIMO COLPO è arrivato domenica in tv. Tra la candidata sindaco dei
5Stelle Chiara Appendino e il ministro per le
Riforme Maria Elena Boschi sono volati tweet
e note. Tutto è cominciato su SkyTg24, quando il ministro ha detto: “Se vince la Appendino Torino perde 250 milioni di euro stanziati per il Parco della salute”. Lei, la Appendino, ha replicato su RaiTre: “Sarò il sindaco di
q
Torino e farò gli interessi di tutti i cittadini e mi
auguro che gli altri referenti istituzionali, governo compreso, facciano lo stesso. Un governo non può fare differenze a seconda di chi
vince le elezioni amministrative, perché questo è un ricatto”. La Boschi non si è tirata indietro: “Confermo. Se rinunciate al progetto,
rinunciate al finanziamento. Non è un ricatto”. La schermaglia è indicativa del clima: alla
vigilia dei ballottaggi nelle principali città italiane, il tema del rapporto con il governo nazionale diventano i soldi. Tanto più che in tre
delle città al voto (Roma, Torino, Napoli) la
situazione delle casse comunali è a dir poco
disastrata. In queste pagine vi raccontiamo lo
stato dell’arte e proviamo a mettere a fuoco
alcune delle questioni che presto potrebbero
arrivare al tavolo delle trattative.
Soccorso dem Le promesse dei ministri per portare voti al renziano:
dal Grande raccordo anulare per le bici ai soldi per le maestre precarie
ROMA
» ANDREA MANAGÒ
H
o trovato una città
costruita di mattoni,
ve la restituisco di
marmo”, si narra abbia detto l’imperatore Ottaviano Augusto. Altra epoca,
altri fasti. Oggi le risorse insufficienti sono uno dei problemi
principali per Roma, da anni
alle prese con la crisi del “capitalismo municipale”, un
modello con cui Palazzo
Senatorio garantiva investimenti a pioggia e occupazione, incurante
della crescita del debito
cittadino.
Ponti e ciclabili, il governo
prova a salvare Giachetti
I numeri
12
I miliardi
di debito
che gravano
sul Comune
di Roma
145
LA CAMPAGNA elettorale per il Campidoglio è
stata scandita, tra gli altri temi, dal dibattito
sul debito storico del
Comune: 12 miliardi di euro maturati tra la fine
degli anni Cinquanta e il
2008. Ma la reale
capacità di rilancio della città dipende soprattutto dalle risorse
immediatamente a disposizione nel bilancio corrente.
La manovra economica 2016,
redatta dal commissario
Francesco Paolo Tronca, fotografa un ente gravato di passività (con 250 milioni di debiti
fuori bilancio), sostanzialmente incapace di programmare interventi a lungo termine senza fare ricorso a nuovi
prestiti o al soccorso del governo. Nei prossimi mesi Pa-
I milioni
stanziati per
il Ponte
dei congressi
Lo scontro Roberto Giachetti e Virginia Raggi Ansa/LaPresse
lazzo Chigi potrebbe essere determinante per le
sorti del nuovo sindaco,
sbloccando o meno risorse.
Senza fondi ad hoc, molti
progetti promessi da Roberto Giachetti e Virginia
Raggi rischiano di rimanere
solo propaganda elettorale.
E chissà che Matteo Renzi,
in caso di vittoria a 5Stelle,
non voglia svolgere un ruolo
di “opposizione ombra” nella
Capitale. Il Campidoglio ogni
anno vara un bilancio da circa
5 miliardi e mezzo per garantire soprattutto raccolta e
smaltimento dei rifiuti (1,4 miliardi), trasporto pubblico (1,1
miliardi) e politiche sociali
(780 milioni). E, naturalmente, per sostenere il costo della
macchina amministrativa e
del personale (1,1 miliardi).
Risorse che arrivano in buona parte dalle tasse cittadine,
le imposte comunali più alte in
tutta Italia. Il governo, dal
2014, garantisce uno stanziamento di 110 milioni per gli extra-costi legati alle funzioni
di Capitale, a parziale copertura delle spese organizzative
legate al numero elevato di
14
I milioni
necessari
per il Grande
raccordo
anulare delle
biciclette.
Il ministro
dei Trasporti
Delrio
lo ha posto
tra le opere
prioritarie
con 14 milioni di euro. Poi c’è il
“Ponte dei Congressi”, finanziato nel 2015 con 145 milioni
di euro dallo Sblocca Italia: enPOCA COSA PERÒ, specie se si tro l’anno il Provveditorato
pensa che a Parigi lo Stato co- per le opere pubbliche del Lapre il 23 per cento delle risorse zio deve scrivere il bando eucittadine, mentre Londra e ropeo. Mentre il ministro della
Berlino dispongono di finan- Pubblica amministrazione,
ziamenti specifici per la loro a- Marianna Madia, ha annunrea metropolitana. Il bilancio ciato entro giugno un decreto
comunale piange e con esso gli per stabilizzare le precarie
imprenditori cittadini, inca- delle scuole comunali di tutta
gliati tra grandi opere ferme al Italia, con Roma in prima linea
tra i benefici.
palo, crisi del
mattone e scarsa
Senza dimenticare la vertenza
apertura all’i nnovazione. Così i
sul salario accessorio dei dipenf i n an z i a m en t i Debito record
statali restano Sul Campidoglio
denti capitolini,
sbloccata poche
l’unica via per
tentare di mo- pesa un passivo
settimane dopo la
candidatura di
dernizzare la cit- da 12 miliardi,
tà. In campagna
Giachetti (grazie
elettorale il go- con 250 milioni
all’avallo tecnico
verno è venuto di disavanzo
dell’Avvocatura
più volte in socdi Stato a un provcorso del candi- fuori bilancio
vedimento prodato sindaco del
posto da Tronca)
dopo due anni di
Pd, Roberto Giachetti, promettendo lo sblocco sostanziale immobilismo in
di alcune infrastrutture e di materia da parte di Palazzo
provvedimenti a beneficio Chigi.
Nei giorni scorsi Renzi ha
della Capitale. Il ministro dei
Trasporti, Graziano Delrio, ha ripetuto: “Se il Pd perde a Roricordato che il Grande Rac- ma ho l’impressione che salti
cordo Anulare delle biciclette, la candidatura alle Olimpiadi
un percorso ciclabile di 44 chi- 2024”. E forse non solo quellometri, è stato inserito tra le lo.
opere prioritarie e finanziato
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manifestazioni, cortei e celebrazioni istituzionali ospitate
in città.
Voragine Sotto la Mole cinque miliardi di passivo e progetti in bilico senza i soldi dello Stato
TORINO
Cantieri a rischio nella città in “rosso”
» ANDREA GIAMBARTOLOMEI
Torino
U
una città in profondo
“rosso”, dove ogni residente ha sulle spalle un debito
di più di tremila euro. Per l’esattezza, 3.290 euro per ogni
torinese. Abbastanza per
comprendere quanto i soldi
dal governo di Roma saranno
fondamentali per Torino.
NEGLI ANNI dell’amministrazione del dem Piero Fassino il
disavanzo è sceso di 355 milioni di euro, passando dai 3,284
miliardi di euro del 2011 ai
2,929 miliardi iscritti nel rendiconto del 2015 approvato a
maggio dal Consiglio comunale. In questa campagna elettorale, però, Fassino va ripetendo che il debito è sceso a
2,85 miliardi, ma è la previsione del bilancio 2016, che sarà
certa soltanto nella primavera
2017. L’economista Carlo Manacorda fa notare come resti
I numeri
11
I milioni che
si attendono
dal governo
per
il cantiere
della Linea 1
della metro
125
I milioni che
servono per
il primo lotto
della Linea 2
140
I milioni
per la linea
ferroviaria
Torino-Ceres
un mistero il debito che grava
sulle municipalizzate. E ricorda: “Dal 2017, con le nuove regole contabili, il bilancio del
Comune andrà sempre letto
come quello di una holding a
capo di una galassia di partecipate”.
È quello che sostiene anche
la candidato sindaco dei Cinque Stelle, Chiara Appendino,
che chiede un audit complessivo per conoscere con esattezza l’entità del passivo e rinegoziarlo. L’ex assessore al
Bilancio Gianguido Passoni
ribatte : “Il debito del Comune
e delle sue aziende ammonta a
circa 5 miliardi, ma assieme
danno lavoro a 30mila persone e hanno un patrimonio di 8
miliardi di euro. E comunque
negli ultimi cinque anni abbiamo ridotto il debito delle partecipate di due terzi”. La riduzione, sostiene, è avvenuta
perché “abbiamo estinto vecchi mutui e non ne abbiamo
fatti di nuovi”. Il 5 per cento
La sfida Chiara Appendino e
Piero Fassino Ansa/LaPresse
dei ricavi delle vendite di immobili comunali è servito ad
accelerare l’estinzione di alcuni mutui o la chiusura di derivati. Il resto di questi incassi
straordinari è servito per spese straordinarie e investimenti una tantum, come una quota
della metro nel 2014. Torino
ha anche venduto quote di alcune partecipate ottenendo
un avanzo usato come riserva
per coprire l’eventuale mancato incasso di alcuni crediti.
Se Fassino fosse riconfermato
l’obiettivo sarebbe riportare il
debito al livello del 2004,
quando era di 2,3 miliardi.
Ancora Passoni: “Fra due
anni saremo in un’area di
non preoccupazione, e si
può immaginare di ridurre la pressione fiscale”. Ma molti dei progetti
del Comune dovranno essere
finanziati dallo
Stato. Come i
250 milioni di
euro per il
Parco della
Salute, oggetto della
disputa tra
Maria Elena
Boschi e la
Appendino. In
ballo c’è anche il
p r o l u n ga m e n t o
della Linea 1 del-
la metro in entrambe le direzioni.
IL CANTIERE a piazza Bengasi
(a lungo fermo perché la ditta
appaltatrice aspettava i soldi)
attende 11 milioni da Roma,
mentre per la parte diretta a
Rivoli dovrebbero arrivarne
40 milioni. Per il primo lotto
della Linea 2 se ne aspettano
125 milioni dal Cipe. Cifra simile, 140 milioni, è attesa per
la linea ferroviaria Torino-Ceres e l’innesto del passante ferroviario, un’opera - quest’ultima - finanziata con un miliardo di euro dallo Stato e 350 milioni dalla città. Altri stanziamenti per circa 150 milioni di
euro serviranno per i campus
universitari, per due stazioni
intermediarie della ferrovia
urbana e per il programma operativo nazionale di rigenerazione. Tradotto, il rapporto
con il governo sarà fondamentale per il futuro di Torino.
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POLITICA
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Lo sberleffo
MR EXPO INVENTA
IL 3X2 GOMMOSO
» FQ
L’ULTIMA frontiera della
campagna elettorale ha il
sapore di arancia, pera e fragola. A
Milano –come documenta il sito affaritaliani.it – circola un omaggio
per i futuri elettori di Beppe Sala: caramelle.
Lo slogan vorrebbe essere accattivante:
“Caramelle da uno conosciuto” si stuzzica,
parafrasando l’antico motto con cui si in-
“La prima caramella è per te, le altre regalale a chi vuoi”, scrive il volantino-ricetta. Le
gommose ovviamente sono allegate: “Con
dolcezza puoi moltiplicare i voti per Sala.
Regala caramelle e volantino a due amici e
portali con te al seggio”, è la disposizione
finale. Attenzione, per sabato è prevista una straordinaria distribuzione porta a porta
di guinzagli.
vitavano i bambini a non dare troppa confidenza in giro. Ecco, l’idea
dei comunicatori di Mr. Expo è che
bisogna ricominciare ad avere fiducia e impegnarsi a fare proseliti:
certo, se a un volenteroso pro-Sala venisse
in mente di girovagare per la città a convincere elettori indecisi, uno zuccherino a
portata di mano può sempre tornare utile:
Il bilancio L’isola felice del capoluogo lombardo e il risanamento
targato Pisapia nonostante i tagli dei trasferimenti statali
MILANO
» GIANNI BARBACETTO
A
,
»5
Milano
l confronto di situazioni
finanziarie come quelle
di Torino o, peggio, Roma, Milano fa la figura
della città virtuosa. È vero che
chiudere il bilancio è ogni anno
un’impresa, ma è un’impresa finora riuscita. L’amministrazione
guidata da Giuliano Pisapia si
vanta di aver ridotto il debito. Letizia Moratti lo aveva fatto lievitare da 3.656 a 4.268 milioni di euro. L’assessore al bilancio uscente, Francesca Balzani, lo ha abbassato quest’anno a 3.945 milioni di euro. E Milano ha scalato la
speciale classifica dell’Anci sui
bilanci virtuosi, passando in cinque anni dal posto numero 1.313 al
numero 28. In presenza di condizioni sfavorevoli, visto che i trasferimenti statali anche al Comune di Milano erano 728 milioni di
euro nel 2010, nel 2016 si sono ridotti a 380 milioni.
Conti in ordine
(ma tasse alte)
L’incognita Expo
SE IL DEBITO È DIMINUITO, è però
aumentato il costo del debito: 218
milioni nel 2010, nel 2016 è lievitato a 311 milioni di euro. Colpa dei
pesanti piani di ammortamento
definiti dal centrodestra, si giustifica l’amministrazione Pisapia.
Che si vanta di un altro paio di cose: di aver chiuso i derivati dell’epoca di Gabriele Albertini sindaco, che rimandavano il rosso nel
futuro; e di aver azzerato l’utilizzo, per chiudere i bilanci, di entrate straordinarie spremute dai
dividendi delle società partecipate (principalmente Atm trasporti,
A2a energia e Sea aeroporti). Derivati: nel 2012 il Comune ha con-
NAPOLI
5 mila voti Il distacco al primo turno tra Sala e Parisi Ansa/LaPresse
cluso un accordo transattivo con
le banche che, tra capitale e interessi, porterà nei prossimi 20 anni
un beneficio di circa 700 milioni.
Entrate straordinarie da dividendi: erano 243 milioni nel 2010, nel
2015 sono zero. Le partecipate si
presentano all’appello
con i conti in attivo e i bilanci in ordine. Nel
2015, Atm ha un utile
netto di 10,8 milioni, tre
volte quello dell’anno
precedente, il miglior
bilancio di sempre, dopo aver realizzato investimenti per 525 milioni nel triennio 2014-2016. La Sea ha ricavi per 694,8 milioni di
euro (+1,4%) e utile
netto del gruppo di
83,8 milioni di euro (altro record
storico, con incremento del
52,8%). L’opposizione di centrodestra ripete
però che Pisapia
ha quadrato i conti
aumentando le tasse. È vero che Milano ha la soglia più alta di addizionale Irpef (0,8%). Ma è anche vero che ha la soglia d’esenzione più
alta d’Italia: non paga
chi è ha redditi sotto i
21 mila euro, cioè il
53,6% dei milanesi. Un
altro vanto dell’amministrazione meneghina è la lotta all’evasione: è in questo campo il
primo Comune d’Italia
nel 2013, nel 2014 e nel
2015, con controlli e segnalazioni decuplicate
in due anni: da 120 del
2010 a 1.134 nel 2012. Nel 2012 sono entrati 37,8 milioni da accertamento tributi (il risultato più alto in assoluto nella storia del Comune di Milano).
L’ASSESSORE BALZANI è soddi-
sfatta di aver realizzato il Bilancio
partecipativo: nel 2015 il Comune
di Milano ha coinvolto oltre 30
mila persone che hanno scelto come impiegare per il proprio quartiere 9 milioni di euro, 1 milione
per ogni zona. E di aver introdotto
il Fondo per lo sviluppo urbano
(Milano è la sola città in Europa ad
averlo, insieme a Londra): 100 milioni di euro stanziati per promuovere progetti di riqualificazione della città che non hanno una redditività finanziaria suffi-
Prossime partite
La “nuova” Esposizione
e le immense aree
degli scali ferroviari
da ricontrattare con Fs
I numeri
28
La posizione
di Milano
nella
classifica
dell’Anci
sui bilanci
virtuosi
53,6
La
percentuale
di milanesi
esente dal
pagamento
Irpef perché
ha redditi
inferiori a
21 mila euro
10,8
ciente per attirare capitali. Per il
futuro, a pesare sul bilancio saranno gli investimenti per le nuove linee della metropolitana, M4
in testa: almeno 100 milioni annui. I grandi investimenti in cui
anche il governo di Roma dovrà
dire la sua sono lo sviluppo del dopo-Expo (con Arexpo spa trasformata in sviluppatore immobiliare) e le immense aree degli ex scali
ferroviari, per cui il Comune dovrà trattare un nuovo accordo con
Ferrovie dello Stato.
I milioni di
euro di utile
di Atm,
l’azienda del
trasporto
pubblico di
Milano. Il
bilancio 2015
è il migliore
di sempre
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I progetti Da Scampia al default scampato: così De Magistris tenta il secondo slalom
Bagnoli e i guai della città “derenzizzata”
» ENRICO FIERRO
L
e città, qualunque sia il colore dei sindaci liberamente eletti, sono da sempre, dai
tempi di Cattaneo, parte fondamentale dell’architettura istituzionale del Paese. Un governo che non le rispetti minacciando addirittura il taglio
dei finanziamenti, minerebbe
al cuore la Costituzione”. Per
Carmine Piscopo, architetto e
docente universitario, assessore alle Politiche urbane del
Comune di Napoli, la querelle
Appendino-Boschi potrebbe
finire qui. Facile a dirsi nella
città “d er en ziz za ta” da De
Magistris. Qui le partite in ballo tra governo e Comune sono
tante. A cominciare da Bagnoli, ex area Italsider da risanare.
La battaglia tra Renzi e De Magistris è nota. Il Comune rivendica la competenza esclusiva in materia di programmazione urbanistica dell’area, il
governo, dopo un lungo brac-
cio di ferro, ha commissariato
l’intera fase del risanamento
allungando le mani anche alle
scelte urbanistiche. Dal 2014
Bagnoli è un Sin (sito di interesse nazionale), c’è un
commissario di governo
(Salvatore Nastasi, strappato al suo lavoro di capo
di gabinetto al Mibac) e una cabina di regia. “Presto i
napoletani faranno il bagno nelle acque risanate di Bagnoli”,
è lo slogan governativo. Ma ad oggi è stato approvato solo un piano di caratterizzazione, una cosa ben
lontana dalla
bonifica delle
acque, che in una delle ultime
riunioni è stata
smentita dall’Arpac. L’Agenzia regionale per l’am-
Un braccio di ferro che continuerà dalle 24 ore successive
al ballottaggio con Lettieri che
De Magistris conta di vincere
anche grazie alla vittoria elettorale nella Municipalità di
Bagnoli. Qui, nella ex roccaforte “rossa”, ha vinto l’arancione Diego Civitillo col
34,72% dei voti e un programma di netta autonomia rispetto alle scelte del governo.
NON SOLO BAGNOLI, a Napoli
Caccia al bis Luigi De Magistris
e Gianni Lettieri Ansa/LaPresse
biente ha messo sul tavolo dei
dati sull’inquinamento che
dimostravano una sostanziale inadeguatezza del progetto,
tanto che Invitalia, società
coinvolta nel programma di
risanamento, si è impegnata a
rivedere il progetto. La linea
del sindaco e dei suoi è chiara:
allo Stato tocca la bonifica, al
Comune le decisioni sul dopo.
la partita governo-Comune riguarda anche l’area di Napoli-Est e il Centro storico. Si
tratta di programmi di riqualificazione del tessuto urbano
cofinanziati da Ue, Regione e
governo. Stessa storia per
l’ambizioso progetto di rigenerazione urbana di Scampia,
con l’abbattimento di 3 Vele su
4 (più di 100 milioni di investimento), la creazione di asili,
laboratori artigianali, centri
sportivi e di socialità (insomma tutto quello che serve per
I numeri
3
Le Vele di
Scampia che
si dovrebbero
abbattere con
un progetto
cofinanziato
1,5
I miliardi
di debito
nel 2011
66%
Il tasso
di riscossione
del Comune
(che ha
abolito
Equitalia)
uscire da Gomorra) e una viabilità che colleghi la metropolitana con il parco.
Napoli città sull’orlo del default? È stato un tema di campagna elettorale. De Magistris
e i suoi insistono su un dato:
quattro anni fa, alla fine della
ventennale esperienza di centrosinistra, il Comune aveva
1,5 miliardi di debiti e un disavanzo di 850 milioni. Oggi non
sono rose e fiori, ma l’outlook è
passato da negativo a stabile e
l’agenzia Fitch ha confermato
il rating a “bbb”. Nella città
“derenzizzata” scompare Equitalia e nasce “Napoli riscossione”, un colpo decisivo
per la vittoria elettorale al primo turno. Funzionerà in una
realtà dove la capacità di riscossione del Comune è al
66%? Sì, dicono gli esperti finanziari di De Magistris, e assicurano che in tempi brevi recupereranno non meno di 100
milioni di tributi evasi.
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6 » POLITICA
L’INTERVISTA
C
Biografia
IL SENATÙR
Umberto
Bossi ha
fondato la
Lega Nord e
ne è
diventato
leader e
simbolo.
Senatore,
europarlamentare, ora
deputato, è
stato anche
ministro delle
Riforme nel
governo
Berlusconi II.
È stato
condannato
in
Cassazione
a otto mesi
per
violazione
della legge
sul
finanziamento
pubblico.
Nel 2012,
a seguito
dello
scandalo sui
fondi della
Lega, ha
rassegnato le
dimissioni da
segretario
del partito
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
Umberto Bossi L’operazione di B. e la successione: “Solo comparse
che cercano un posto a tavola”. E sul referendum dice: “Io voto No”
Glielo auguro, anche se rassegnarsi a veder morire una tua
creatura è difficilissimo.
» DAVIDE VECCHI
inviato a Trescore (Bergamo)
ita, di certo involontariamente, Socrate. “Io sapevo di andare a morire politicamente, ma
sapevo anche che loro non avrebbero fatto una fine migliore”. Umberto Bossi lo trovi dove è sempre stato: sotto i tendoni delle feste della Lega
sparse per le province del
Nord che lui chiama ancora
Padania. Sabato e domenica
sera l'ha trascorse a Trescore
Balneario, un paesotto incastrato tra le valli bergamasche.
Il Capo è in forma. Parla dal
palchetto per una mezz’oretta
buona. Poi smaltisce la coda di
militanti che gli chiedono una
foto, una firma sulla bandiera
del partito o, più semplicemente, una stretta di mano. Ma
a fargli sparire il sorriso ci vuole poco. Basta citare Silvio Berlusconi. “Un amico, un generoso: supererà l'intervento senza
problemi ne sono sicuro”.
È andato a trovarlo?
Volevo andare, ma il suo medico ha detto che era meglio
aspettare. Andrò appena potrà ricevermi.
Al suo capezzale si sono assiepati gli aspiranti eredi.
Non esiste l'erede di Berlusconi. Non lo è neanche Renzi, perché non ha l'umanità di
Silvio né la passione per ciò
che fa, questi di oggi hanno solo interessi personali.
Anche Berlusconi, come lei,
dovrà passare il testimone
di Forza Italia.
In politica il testimone non si
passa, si cede a chi lo conquista con i voti e i numeri non
con sotterfugi di Palazzo. Oggi ci sono solo finti leader, fatti
di tv e Internet.
Lei ne sa qualcosa, di successioni.
Io sapevo di andare a morire
politicamente, ma sapevo anche chi arrivava non avrebbero fatto una fine migliore: c’è
un libro che racconta bene
tutto (Marco Lillo, Il potere
dei segreti, ndr). Speravo però
che gli ideali della Lega venissero salvati.
Secessione e Padania?
Gli ideali certo. Io e Silvio siamo stati gli ultimi politici ad
aver avuto un obiettivo concreto, ideali veri, espressi
chiaramente e rispettati: feci
cadere il suo governo nel 1994
perché voleva toccare le pen-
Ha molti intorno ad aiutarlo,
donne per lo più.
La figlia Marina è forse l'unica
che può sostituirlo. Anche il
figlio credo sia molto capace.
Gli altri non so, mi pare siano
solo comparse che cercano un
posto a tavola, ma non li conosco tutti.
Sono parecchi in effetti.
Il problema di Silvio è che è un
generoso, un benefattore.
C'è chi lo definisce in altri
modi, meno lusinghieri.
Una volta ero al bar Giolitti,
anni fa, a Roma. Una signora
piangeva perché doveva vendere il rene per far operare il
marito. Era ancora innamorata, si vedeva. L'ho portata in
ufficio e ho chiamato Silvio.
Lui è arrivato, ha ascoltato la
storia e ha insistito per pagare
l'intervento. Capisce? È così
con gli estranei, figurarsi con
chi fa entrare in casa sua.
Le mancano gli anni del potere, dica la verità
“Attorno a Berlusconi
ormai vedo solo
pecore con le zanne”
sioni e perché iniziarono a girare notizie sui suoi presunti
legami con la mafia, la Lega
non poteva accettare né indagati, né storie opache: non sapevamo ciò che si sa oggi.
Vuole che le chieda dell'alleanza Renzi e Verdini?
No, non mi interessa. Usano il
potere solo a fini personali e
infatti stanno insieme tra Pd
ed ex forzisti, alfaniani, persino i traditori della Lega si sono venduti e il Pd li compra
pure: è ridicolo. Tutto per
spartirsi la torta, ma la gente
non ama la prepotenza né
sentirsi presa in giro. L'astensione e i risultati pessimi delle
Amministrative dimostrano
che se ne stanno accorgendo.
Spacciano per vittorie le non
Oggi l’intervento per l’ex Cav.
“Certo che sono preoccupato,
ma ho l’affetto di tutti”
Da vicino
Alberto Zangrillo
e Francesca Pascale LaPresse
È IL GIORNO dell’operazione di Berlusconi. L’ex premier subirà
stamattina all’ospedale San Raffaele di Milano l’intervento per
la sostituzione di una valvola cardiaca. Il tempo previsto per
l’operazione è di circa 4 ore.
“Sono naturalmente preoccupato. Ma sono stato molto
confortato dalle tantissime dimostrazioni di stima, di sostegno
e di affetto che mi sono pervenute da ogni parte, anche dai
cosiddetti avversari politici. A tutti un grazie riconoscente e un
abbraccio affettuoso” ha detto ieri l’ex premier. C’è
comprensibile tensione per l’intervento. “Berlusconi ha rischiato
la vita” aveva spiegato il suo medico personale Alberto
Zangrillo nel giorni scorsi facendo riferimento al tour de force
elettorale per i ballottaggi che l’ex premier aveva comunque
affrontato lo scorso fine settimana. Anche ieri al San Raffaele è
stato un andirivieni tra famigliari e stretti collaboratori. “Mio
padre subirà un intervento a cuore aperto, non è il momento di
fare dichiarazioni”, ha tagliato corto la figlia Marina.
No, non riuscirei ad avere a
che fare con questa politica
fatta di scambi di voti, incapace di rispettare gli elettori. Io
ho bisogno di vedere in faccia
i miei, avere la loro approvazione.
Beh, oggi ci sono i like su Facebook e Twitter
Cosa c’è?
L’erede di Silvio non
esiste, oggi ci sono
soltanto finti leader
fatti di tv e Internet
La figlia Marina forse
è l’unica che può
sostituirlo
Quei giorni
da leoni
Accanto, Bossi
assieme a
Berlusconi durante un appuntamento
elettorale. Sopra, il Senatùr
a un comizio
Ansa/LaPresse
Silvio
supererà
tutto,
spero non
lo facciano
ringiovanire
troppo
mettendogli
in testa
di tornare
al governo
Il premier?
Una nemesi:
la sinistra
ha fatto
fuori la Dc
con i giudici
e ora
la Dc per
rinascere
fa fuori
la sinistra
vittorie. Dicono balle.
sta uccidendo la sinistra.
Lo sono. Ho lasciato il partito,
affrontato i processi e costretto chi ha sbagliato a pagare e
molti sono poi risultati innocenti. I miei figli, invece, sono
stati usati per colpire me. E
hanno pagato. Ma anche per
questo eravamo migliori.
È una cazzata. Le alternative
ci sono sempre o arrivano.
Tangentopoli spazzò via tutto e tutti, salvò la sinistra che
però non riuscì a imporsi nonostante l'aiuto della magistratura e arrivammo noi e
Berlusconi che ha vinto per
tre volte nelle urne con i voti.
Chi governa ora non ha mai
preso un voto. Renzi non è
neanche parlamentare.
Anche lei ha avuto i suoi problemi. E con Berlusconi ha
fatto altri governi, votato o
tentato di votare provvedimenti come il lodo Alfano, la
legge bavaglio. Insomma,
Bossi, siamo onesti.
Per gli ideali?
Certo. Ci credevamo e c'eravamo arrivati lottando. Oggi
ci sono comparse miracolate,
ex cortigiani, pecore che hanno morsicato la mano che gli
ha dato da mangiare. Pecore.
Matteo Renzi il potere se l'è
conquistato.
Non con i voti, con un inciucetto. E a parte le parole, i risultati mi pare siano pessimi.
È una nemesi: La sinistra ha
fatto fuori la Dc con i magistrati, ora la Dc per rinascere
Eppure nel Paese è amato e
si sottolinea che non esista
un'alternativa a Renzi.
Voterà il referendum per la
riforma Boschi?
Certo, voto No. Ci manca che
gli facciamo cambiare la Costituzione e compiere una restaurazione statalista. Per ridurre i senatori non serve
cambiare 40 articoli: la smettano di provare a prenderci in
giro, non gli crede nessuno.
Ne ha parlato anche con Berlusconi?
È da qualche settimana che non
lo sento, era preoccupato.
Ora dovrà lasciare tutto.
Renzi ha preso
il potere senza
nemmeno un voto, ha
fatto un inciucetto e i
risultati mi sembrano
pessimi: la gente non
ama la prepotenza
I social network, Internet
Roba effimera. Un politico vero sta tra la gente. Non per i
complimenti ma per i vaffanculo: se non sai ascoltare le
critiche dei tuoi hai vita breve,
è solo questione di tempo.
Lei e Berlusconi ne avete
presi un po'.
Parecchi, infatti abbiamo fatto la storia e avessimo qualche
anno in meno saremmo ancora lì, altro che Renzi. Vabbè,
ora Silvio si opera. Andrà tutto bene, anche se io una paura
ce l'ho.
Quale?
Che lo facciano ringiovanire
troppo e si metta in testa di
tornare al governo. Senza di
me dove va? Mi toccherebbe
seguirlo di nuovo.
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CRONACA
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
VADO LIGURE
Tirreno Power, al via
la seconda inchiesta
per omicidio colposo
LE NUOVE LEVE
» DAVIDE MILOSA
B
Milano
iancaneve non c'è oggi”. Il tizio esce dal bar.
Testa bassa, sale in
macchina. Peppe
Wind torna a sedersi nel locale
di piazza Prealpi. Milano, periferia ovest. Oltre piazza
Pompeo Castelli, via Console
Marcello, il cavalcavia di Palizzi e via Lessona, le prime arterie di Quarto Oggiaro, quartiere criminale. Wind giocherella con la tazzina del caffè.
Marchino detto Scheggia piega la sua Mv Agusta F4 in via
Jacopino da Tradate. Arriva
in piazza, saluta e si avvia sul
marciapiede. Ore 13, Scheggia
è di turno montante allo spaccio. Cocaina en plein air. Oggi
la “settimana” tocca a lui: dodici bustine termosaldate da
0,4 grammi ciascuna compongono “la settimana”. Più
settimane valgono “una palla”.“Una mano intera”, invece
significa cinque buste con 12
dosi. Il denaro, quelli di Prealpi, lo chiamano “love” e quando la roba non c’è, basta una
parola: “Sono rimasto a piedi”,
e la roba ecco che arriva. La
cronaca aggiorna lo Zanichelli del crimine. Scheggia, giubbotto di pelle, jeans e scarpe di
cuoio, distribuisce ai cavallini
che arrivano e ripartono, giorno e notte, con il sole o il diluvio. Perché qui il lavoro non
soffre crisi. Wind, Scheggia, il
Ciccione, Alfa, il Pelato.
BRAVI RAGAZZI di piazza
Prealpi. Giovanissimi re della
coca. Figli di brava gente, alcuni. Altri, invece, intenti a emulare parenti pregiudicati.
Nomi noti agli investigatori:
Carvelli, Tatone, Di Giovine.
Educazione criminale quotidiana. Lezione al bancone del
bar, per strada, negli imboschi
di Novate Milanese e Paderno
Dugnanoo nelle cantine di via
Grigna. Corrono veloci i nuovi
boys di Prealpi. Maneggiano
armi, hanno già il piglio del
boss e spendono tutto in belle
macchine e cocaina. Perché se
la cronaca si aggiorna, i vizi restano. E l’omertà vale sempre.
OSTIA
UN NUOVO FASCICOLO con l’accusa di omicidio colposo per la centrale a carbone di Vado Ligure. Per questo i
pm devono individuare, una per una, le possibili vittime dell’inquinamento provocato
dall’impianto Tirreno Power. L’accusa di omicidio colposo è stata stralciata dall’inchiesta principale per disastro ambientale
che vede imputati dirigenti di spicco della
q
società, nonché esponenti politici di centrosinistra e centrodestra. La novità, come
ha scritto Il Secolo XIX, sarebbe stata imposta dalla difficoltà di formulare l’accusa
per omicidio senza l’individuazione dei nomi. Un’ipotesi che riguarda 23 persone tra
vertici dell’azienda, ex sindaci di Vado e
Quiliano, dirigenti della Provincia e della
Regione Liguria. Un lavoro complesso che,
però, si può avvalere dei dossier depositati
dai comitati savonesi e dai medici dell’associazione Medicina democratica. Nella
perizia di accusa del filone principale
dell’inchiesta si parla di ben 440 persone
morte “per cause attribuibili alle emissioni
della centrale, quale causa esclusiva o come concausa prevalente” tra il 2000 e il
2007.
Scheggia, il Pelato e Lulù
I re della coca a Milano
Sono giovani e spregiudicati. Oggi comandano lo spaccio all’ingrosso in città
Droga per
tutta Europa
Secondo il
collaboratore
di giustizia
Franchino Petrelli oggi in
città arrivano
circa sette
tonnellate di
droga alla settimana
LaPresse
A volte, poi, serve per proteggere “un compare”dall’accusa
di tentato omicidio sacrificando sull’altare della giustizia un
Mi sono
innocente. Scheggia impazzirotto, loro
sce per le moto. Altri viaggiaguadagnano, no in Jaguar. Non hanno istruzione. Covano un odio profonnoi
facciamo la do per le forze dell’ordine. E
così il Ciccione, mentre passa
galera con i
davanti al commissariato di
telefoni. Gli
Quarto Oggiaro, parla di uno
devo
sbirro che lo ha arrestato: “Sto
parlare
merda, mi ha fatto fare sei anni, sto figlio di puttana”.
perché oggi
mi ha fatto
marcare
troppo, la
spezzo sta
scheda
CAVALLINI E VICERÉ. Tocca ai
capi riportarli con i piedi per
terra. Oggi qui chi comanda si
porta sulle spalle una condanna per omicidio. Ora è fuori. E
al telefono urla con i ragazzi:
“Le cose non si fanno così. Avete degli orari e dovete fare
delle cose”. E a chi si lamenta
di non aver denaro, la frase è
sempre la stessa: “Se voi ve li
mangiate, non è che non guadagni”. E poi c’è chi come Luigi, detto Luisa o Lulù, confe-
ziona la roba in un comune strada. E allora si fa di necesdell’hinterland. Lui, che in ta- sità virtù. Si diventa fantasiosi.
sca si porta parentele impor- Si camuffa. “Portagli un guantanti con la ‘ndrangheta di to”, o ancora “scendimi un
Dodici
Marcedusa, la porta al confine paio di giochi, quelli miei”. I
bustine
con Milano, dove viene prele- giovani principi della coca
vata da “un collega” che ha il hanno i loro grossisti di fidutermosalcompito di nasconderla negli cia. In alcuni casi si compra a
date da 0,4
Bruzzano,
gr ciascuna imboschi di
piazza
Prealregno del
compongono p i . P e p p e I nuovi broker
clan Flachi,
‘la settimaW i n d f a i l I grossisti gestiscono
gente con i
na’. Più
centralinista.
giusti quarti
settimane
Raccoglie le partite da venti chili
di nobiltà maordinazioni alla volta e hanno un
fiosa. “Quello
valgono
è il ristorante
dei clienti.
‘una palla’.
Ma usare il filo diretto con Platì
migliore di
‘Una mano
M i l a no ”. Si
telefono
non
intera’,
gli piace. È
parla così per
significa
sempre arrabbiato. Ne parla segnare la provenienza di
5 buste
con il Pelato. Dice: “Mi sono “biancaneve”. I canali sono
rotto i coglioni, loro guadagna- questi e vengono alimentati
no, noi facciamo la galera con i dai narcos serbi o anche dai catelefoni”. E l’altro: “Infatti gli labresi che stanno a Buccinadevo parlare perché oggi mi ha sco. Giovanissimi anche loro.
fatto marcare troppo, la spez- Filo diretto con Platì. Tra Corzo sta scheda”. In fondo hanno sico e Buccinasco oggi i carichi
ragione. Parlare al telefono, vanno a 20 chili alla volta. E cocon i tempi che corrono, è più sì Milano torna Coca city.
pericoloso che spacciare per
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In aula Pene confermate per 10, assolti in 8. Tolti i sigilli al locale del boss
Sentenza d’appello per i clan Fasciani e Triassi
I giudici: “Qui non c’è la mafia, solo gangsterismo”
C
ade l’associazione e l’aggravante
della modalità mafiosa. Si è chiuso
ieri con 10 condanne e 8 assoluzioni il
processo d’appello che vedeva alla
sbarra 18 persone, tra cui componenti
delle famiglie Fasciani e Triassi, accusate di aver dominato le attività illecite
a Ostia, quartiere litoraneo di Roma.
I GIUDICI della II Corte d’appello, dopo
oltre tre ore di camera di consiglio, hanno condannato a 10 anni di reclusione il
capo famiglia Carmine Fasciani, confermando l’assoluzione di Vito e Vincenzo Triassi. Tre le associazioni giun-
successiva distribute al vaglio processuazione e cessione a Role d’appello e tutte cadute in appello: la prima e Ostia di sostanze
ma, di tipo mafioso,
stupefacenti. I giudici
contestata ai due
hanno condannato iTriassi; la seconda, di
noltre Terenzio Fatipo mafioso, contesciani (5 anni e 8 mesi),
stata al gruppo FasciaSabrina Fasciani (5
ni e finalizzata alla Verdetto Niente mafia Ansa
anni e 4 mesi), Azzurcommissione di delitti
ra Fasciani (4 anni e 10
di usura, estorsione, controllo di atti- mesi), Alessandro Fasciani (4 anni e
vità economiche, concessioni, appalti, mezzo), Silvia Franca Bartoli (6 anni e
intestazione fittizia di beni; la terza, as- mezzo), Riccardo Sibio (4 anni e mezsociazione armata, quella contestata zo), John Gilberto Colabella (4 anni e
per l'importazione dalla Spagna e la mezzo), Luciano Bitti (4 anni e mezzo),
»7
Gilberto Inno (5 anni e 8 mesi). Nella
sentenza di ieri il giudice ha deciso il
dissequestro del ristorante “Al contadino non far sapere” di Ostia, riconducibile alla famiglia Fasciani. “L’assoluzione dei Triassi dall’accusa di mafia mi
indigna –ha detto il commissario del Pd
di Ostia, il senatore Stefano Esposito –:
per alcuni giudici il 416 bis non si applica a Roma. Mi chiedo perché abbiamo sciolto il municipio X per mafia. Pochi giorni fa la Cassazione ha confermato la mafia per imputati che,
nell’ambito dello stesso processo, avevano scelto il rito abbreviato”.
AMIANTO
Olivetti, l’accusa
“Condannate
De Benedetti
a 6 anni 8 mesi”
S
u Carlo De Benedetti pesa una richiesta
di condanna a sei
anni e otto mesi per sette
omicidi colposi e due lesioni colpose. Ieri a Ivrea,
nel processo
per l’utilizzo dell’amianto
a l l ’ O l ivetti, i
pm Laura
Longo e
Francesca
Traverso hanno chiesto al
giudice Elena Stoppini di
condannare l’imprenditore che dal 1978 al 1996
ha guidato la fabbrica di
macchine da scrivere fondata da Camillo Olivetti.
Oltre all’Ingegnere, i pm
hanno chiesto la condanna di suo fratello, Franco
Debenedetti, a sei anni e
quattro mesi, dell’ex ministro Corrado Passera
(tre anni e sei mesi) e altri
dodici imputati tra amministratori e dirigenti della
“Ing. C. Olivetti spa” e di
alcune aziende collegate.
Le accuse variano
dall’omicidio colposo alle lesioni colpose per la
morte di tredici ex dipendenti e per i tumori di due
ex lavoratori. Nei confronti di Roberto Colaninno e Onofrio Bono è
stata chiesta l’assoluzione, mentre la posizione di
un’imputata, Maria Luisa Ravera, sarà stralciata
per le sue condizioni di
salute. Secondo i pm sarebbe esistita una struttura aziendale che si occupava di ambiente e sicurezza ma era priva di
poteri decisionali, qualsiasi scelta veniva fatta
dai vertici.
Sorpreso l’avvocato
Tomaso Pisapia, difensore dell’Ingegnere: “Non
tiene conto della documentazione depositata
sia con riferimento alla
organizzazione aziendale sia con riferimento al
talco (usato nella lavorazione, ndr), che dimostra
che a metà degli anni 70
quello utilizzato in azienda era privo di tremolite
d’a m ia n t o ”. Per Giulio
Calosso, avvocato del Comune di Ivrea, “q ue ll o
degli ex manager e dirigenti è stato un tradimento silenzioso nei confronti della Comunità”, concetto a cui Adriano Olivetti era molto legato. Per
il sindacalista Fiom Fabrizio Bellono “l’azienda
non ha fatto tutto quello
che avrebbe potuto per evitare una tragedia tutt'altro che conclusa”.
AN.GI.
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8 » ESTERI
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
WASHINGTON “FERMERÒ I LUPI SOLITARI”
“Fermare i lupi solitari sarà la mia priorità”. Lo ha
detto Hillary Clinton, sottolineando - in polemica
con Donald Trump - come “questo è il momento
che gli americani stiano uniti”, indipendentemente dalla razza o dalla religione. La candidata democratica ha aggiunto: “Se l’Fbi è sulle tue tracce non
dovrebbe essere possibile che tu possa acquistare
armi senza che nessuno ti chieda nulla”.Reuters
NEW YORK MARCUS, L’IMAM OMOFOBO
Omar Mateen, il killer di Orlando, era un seguace di
Marcus Dwayne Robertson, 47 anni, un imam che
predicava l’odio contro i gay. Robertson è noto alle
forze dell’ordine sin al 1991. È un ex marine Usa diventato capo di una gang a New York: “Alì Baba e i 40
ladroni”. La pena fu lieve perché era diventato un informatore dell’Fbi fra il 2004 e il 2007 per documentare piani e reti terroristiche in Africa, Egitto e Usa.
LA STRAGE
L’Islam non è criminale
Obama non avalla la pista
jihadista della strage. Madeen
era sotto osservazione da
tempo. Alcune delle vittime
forse colpite dagli agenti
» GIAMPIERO GRAMAGLIA
M
a davvero Omar
Sediq Mateen era
un soldato del Califfo? O un terrorista di al Qaeda? Quel ragazzo
che – dicono le foto e raccontano i testimoni – era un narcisista violento e instabile,
che, se aveva un po’ di tempo,
lo passava in palestra e non in
moschea, che flirtava con il
jihad più per posa che per convinzione. L’interrogativo se lo
pone pure l’Fbi, che non attribuisce molta importanza alle
rivendicazioni sul web che seguitano a venire dal sedicente
Stato islamico: avalli e omaggi
ex post per un musulmano che
ha comunque ucciso una cinquantina di americani, più che
prove d’un disegno preesistente.
OBAMA, che convoca un con-
sulto alla Casa Bianca, dice che
non c’è alcuna certezza che il
killer del Pulse, la peggior strage con armi da fuoco mai compiuta sul territorio americano
dalla Guerra civile, sia stato
guidato da integralisti stranieri e preferisce parlare “d’integralismo di casa nostra”, come
per la coppia radicale della
strage di San Bernardino in
California: marito e moglie
freschi d’America.
È anche vero che l’Fbi ci va
con i piedi di piombo prima
d’ammettere di avere preso una cantonata da decine di morti: a più riprese, indagò Omar,
senza trovare nulla da conte-
Lutto
elettorale
Obama e alcune delle vittime di sabato
notte: in gran
parte giovani
latinos
Reuters/Ansa
“Fuoco amico” e altri flop
Dopo il Pulse, Fbi nel mirino
stargli. Nel 2013, aveva pronunciato, parlando con colleghi, “frasi provocatorie su possibili legami con terroristi”;
nel 2014, furono verificati i
suoi rapporti con Moner
Mohammad Abusalha, il primo americano a compiere un
attacco suicida in Siria, originario dalla stessa città, Fort
Pierce in Florida, e frequentatore della stessa moschea. Verifiche, interrogatori, senza
che ne emergesse nulla di serio. Fino alla sconclusionata
chiamata al 911, con dichiarazione di fedeltà allo Stato islamico annessa, fatta mentre
scatenava la strage, in pieno
Ramadan. È questo l’a nd amento delle indagini, mentre
teggiamento verso la comunità islamica sono due temi della
campagna per la presidenza. Il
primo, è un cavallo di battaglia
di Hillary Clinton, che ora lo
rilancia, forte delle tesi di Obama e con l’appoggio del suo
rivale Bernie Sanders.
49
i morti e 53 i feriti nella
discoteca frequentata
da omosessuali
emergono dettagli sull’assassino, di cui l’ex moglie ricorda
la violenza ma non il fanatismo
religioso –ma c’è chi lo dice assiduo alla preghiera e per due
volte in pellegrinaggio alla
Mecca –, e sulla sua famiglia. Il
matrimonio l’aveva combinato online; e, dopo il divorzio,
aveva avuto un bimbo da un’altra donna. Ma è stato proprio il
padre Mir Seddiq, nel chiedere scusa per la strage, a indicare la pista omofoba: “Tempo
fa, a Miami, due gay si erano
baciati davanti al figlioletto di
3 anni. L’episodio l’aveva molto disturbato”. È lì il movente?,
o un depistaggio? “Se fosse vivo –dice Mir –gli farei una sola
domanda: ‘Perché lo hai fatto?’”. Controllo delle armi e at-
IL SECONDO lo scatena Donald
Trump, che torna sull’idea di
tenere al bando i musulmani.
Sulle armi, tutto resterà com’è:
a 150 giorni dal voto presidenziale e politico, il Congresso
non farà nulla. Sui musulmani,
c’è il rischio d’innescare ritorsioni, come già avvenne dopo
l’11 Settembre 2001. La stampa, intanto, registra, un fenomeno finora sconosciuto, la
corsa all’iscrizione alle liste elettorali dei cittadini americani di fede islamica: un gruppo
minoritario, che restava spesso avulso dalla vita politica del
proprio Paese, mostra l’intenzione di partecipare, sollecitato dalla prese di posizione anti-Islam di Trump. Anche i gay
musulmani escono allo scoperto: dichiarano di esistere e
piangono le vittime della follia
di un musulmano omofobo.
Intanto, dietro la crudezza
delle cifre –49 vittime, oltre 50
feriti –, emergono le storie di
giovani vite distrutte, diversi
di loro forse colpiti dal “fuoco
amico” degli agenti che braccavano il killer.
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Pago e sparo Il refrain della Casa Bianca su regole più rigide non ha portato a cambiamenti
IL CASO
In Florida né porto d’armi né registro dei nomi
» VALERIO CATTANO
Oltre
30 mila vite
vengono
spezzate
ogni anno
dalle armi
negli Usa,
dobbiamo
agire con
urgenza
per salvare
vite
B. OBAMA
GENNAIO
2016
O
ltre 30 mila vite vengono
spezzate ogni anno dalle armi negli Usa: dobbiamo agire con
urgenza per salvare vite”. Questa, nei primi giorni di gennaio
2016, doveva essere la frase conclusiva del presidente Obama su
uno dei temi caldi: l'utilizzo indiscriminato di armi da fuoco.
Nel dicembre 2012, quattro anni
prima, Obama si era commosso
alla veglia di Newton, dove erano
state uccise 27 persone, tra cui
venti bambini nella Sandy Hook
Elementary School, da Adam
Lanza, ventenne con problemi
psichici. “Queste tragedie devono finire e per finire dobbiamo
cambiare”. Si arriva a Orlando,
proprio quando il presidente
pensava di aver trovato il modo
perché Mateen di lavoro faceva
l’agente di sicurezza in una struttura detentiva per minori e probabilmente, anche se avesse fatto
il netturbino, avrebbe comprato
e utilizzato nel modo più cruento
possibile il suo Ar15.
di aggirare le opposizioni che i
Repubblicani, sostenuti dalla
Nra (National rifle association)
hanno sempre sciorinato alle misure restrittive sul “secondo emendamento”, l'articolo della
Costituzione che attribuisce la
libertà a ogni singolo americano
di possedere armi. In 40 dei 50
Stati d’America questo diritto è
garantito.
FRA LE MISURE SOLLECITATE dal
presidente c’era anche questa: gli
Stati federali devono raccogliere
e distribuire le informazioni sulle persone che non hanno le caratteristiche necessarie per l’acquisto, a causa di malattie mentali o perché autori di violenze
domestiche. Un paragrafo che
sembra perfetto perché rispecchia la condizione di Omar Ma-
SI TRATTA DI UN FUCILE che il
Glielo incarto? Armeria Usa Ansa
teen: uno che la moglie descrive
come instabile e violento se lei
non faceva i servizi di casa e che il
padre descrive come fuori di testa per aver visto due omosessuali baciarsi per strada.
Le indicazioni del presidente
Obama non sono servite a nulla
mercato offre ai civili sulla base
della piattaforma militare M4. Ogni grande marchio produce più
versioni dell'Ar15 con caricatori
fino a 30 colpi in calibro 5.56 (223
remington per i civili, in Europa
solo modalità semiautomatica).
Ogni Stato ha le sue norme, la
Florida è fra gli Stati permissivi:
lo stesso sito web della Nra conferma che non serve una licenza
di porto d'armi, basta compilare
un ‘Id form’, un modulo con le
proprie generalità e pagare 8 dol-
lari.
L’organizzazione non profit
Law Center to Prevent Gun Violence sostiene che a dispetto di
quello che aveva auspicato il presidente Obama, la Florida non richiede background checks, ricerche sui precedenti del compratore; la registrazione delle armi; la
licenza; restrizioni sulle armi
d'assalto; limiti sul numero delle
armi che un singolo può comprare. E c’è poi il mercato clandestino, a cui ogni cittadino con velleità di giustiziere o terrorista
può rivolgersi: l’Atf (Bureau of
Alcohol, Tobacco, Firearms and
Explosives) ha calcolato che nel
2012 circolavano negli Usa
190.342 armi di provenienza illecita. Su quelle non vale nessuna
regola.
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ESTERI
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
ORLANDO GAY, NO A DONAZIONI SANGUE
La comunità gay di Orlando insorge contro il bando
delle donazioni di sangue per le vittime della strage
al club Pulse da parte di omosessuali se attivi sessualmente nell’ultimo anno. “Ci viene impedito hanno detto - di aiutare i nostri fratelli e sorelle”.Le
donazioni di sangue da parte di gay e bisessuali sono
regolamentate dalla Food and Drug Administration.
Fino allo scorso anno vigeva il divieto a vita. Ansa
»9
IRAN CONDANNA DELL’ATTO “MALVAGIO”
Il governo iraniano ha condannato la strage compiuta a Orlando definendola un atto terroristico “malvagio”. “La Repubblica islamica, sulla base del principio politico di condannare il terrorismo e della sua
forte volontà di affrontare seriamente questo fenomeno malvagio, condanna il recente attacco terroristico a Orlando”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Hossein Jaberi Ansari. LaPresse
Le lacrime dell’Occidente
colpito da Orlando a Parigi
L’immagine simbolo della strage poteva essere presa in qualsiasi città d’Europa
» FURIO COLOMBO
D
ue ragazzi afroamericani
si abbracciano stretti (forti, alti, tatuati, con smartphonein mano e maglietta
da fitness) e una signora (una madre?) li guarda e piange. Sono diventati i protagonisti (sopravvissuti, in
un modo o nell’altro) della più grande strage con armi da fuoco della
storia americana, e gli attori di una
scena che ha fatto istantaneamente
il giro del mondo. Ricorderà la perfetta coincidenza delle due ragioni
che tuttora girano, come calabroni
impazziti, dentro le stanze delle intelligence del mondo, e quelle in cui
si devono dare e spiegare e commentare le notizie. Dopo il
ta- ta-ta -ta infinito (centinaia di
proiettili sparati in pochi istanti da
un’arma perfetta) che alcuni sopravvissuti hanno subito raccontato con disperata meraviglia, è seguito un lungo silenzio, interrotto solo
da due discorsi di pura costernazione, di Obama e del governatore della
Florida. C’è poco da vendicarsi.
Il nemico è americano, l’arma fa
propaganda a se stessa (la strage è
un macabro spot della sua perfezione). E le vittime sono gay. Si forma
un gorgo di sorpresa, costernazione, paura. Ma anche disorientamento. Per la prima volta, un islamico pazzo condivide con tanti, di
diverse radici e religioni, un grano
della sua follia. In fondo, Omar Mateen, guardia notturna che diventa
all'improvviso combattente islamico, avrebbe potuto ispirarsi al
manifesto cattolico (“cattol ico”
quanto Mateen era “is la m ic o”)
pubblicato per giorni su grandi
giornali italiani (mentre in Italia si
votava una legge, piena di omissioni e frenate, sulle unioni omoses-
Fatto a mano
LE VITTIME
Generazione
arcobaleno
Amici e parenti delle vittime
in attesa davanti al quartier generale
della polizia di
Orlando Reuters
Un’America
moderna
e antica,
con gente
giovane,
carica di
informazioni
ma povera
di ragioni,
e gente
anziana,
convinta
di cose
che non
esistono più
suali) che istigava a combattere con
il grido di guerra “difendi i tuoi figli,
difendi la famiglia naturale”. Come
vedete, se i ragazzi in maglietta che
piangono e una donna-madre che li
consola, sono in compagnia del dolore e del sentire solidale d’una parte del mondo, anche l'assassino lo è,
come lo è chi insegue e uccide, fuori
dalla sua casa, il presunto ladro sparandogli alla schiena e meritandosi
celebrazioni.
LA DOMANDA IMPOSSIBILE, data la
presenza imponente di Donald
Trump su questa stessa scena (ha
immediatamente dichiarato – di
nuovo – guerra agli islamici, ma sta
dalla parte delle armi); e il fatto che
decine di Stati americani minacciano di introdurre, o non hanno mai
cancellato, leggi omofobiche, la domanda impossibile è: chi sono gli americani di cui ci parla questa strage, la peggiore nella storia di delitti
d'arma da fuoco in America? Chi sono coloro che dovranno scegliere fra
Clinton e Trump? Sono loro, i ragazzi in maglietta da fitnessesmartphone della ormai celebre foto, e tutti
coloro che vogliono porre fine alla
loro persecuzione che , in un modo
o nell'altro, è sempre ordinata da
Dio (“Solo Dio ha diritto di punire
gli omosessuali”, ha detto con apparente mitezza, il padre di Mateen,
come unica vera condanna per la
carneficina di coetanei di cui suo figlio, è responsabile)? Ho detto: domanda impossibile. Infatti la risposta è ambigua. Lo sparatore, presumibilmente islamico e certamente
omofobico, ha reciso in modo netto
la corda che dovrebbe tenere insieme giudizio e pregiudizio, che un’asfaltatura di civiltà il più delle volte
nasconde. Se lo ha fatto in nome e
per ‘ispirazione di qualcuno dell’Isis, il colpo è geniale.
Si sente dire da sondaggisti americani che “la sparatoria porterà l’America a destra”. Si è colpito il più
debole, appena messo al riparo (non
sempre, non dovunque) da leggi in
ritardo di un secolo, e si dà una mano
al più forte (nel caso, Trump) che si
presta a fare la guerra (o le guerre )
che Obama ha sempre negato, che
tutti i fanatici aspettano, in nome di
valori inventati e di trionfi medievali
attesi e pretesi, a spese di popoli continuamente in fuga, che i migliori islamici fanno morire di fame, e i migliori cristiani rifiutano. Un’America moderna e antica (moderna al
punto di essere affollata di credenti
diversi, antica al punto da credere
seriamente, gli uni e gli altri, di obbedire direttamente a Dio) attraverserà, con la sua gente giovane, carica
di informazioni ma povera di ragioni, insieme alla sua gente anziana,
profondamente convinta di cose
che non esistono più, la vasta discarica di ciò che un tempo era il potere
e che Trump promette come se fosse
arrivato 30 anni prima. Anche i non
credenti si augurano che Dio ci sia e
che decida di essere buono.
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Nuove generazioni Il candidato repubblicano attacca la comunità musulmana
Giovani, latinos, elettori: e ora Trump li usa
» ROBERTA ZUNINI
I
volti e i nomi della maggior
parte delle 49 vittime della
strage ad Orlando ci suonano
familiari. Perché sono di origine ispanica, come Amanda
Alvear, la studentessa 25enne che stava trascorrendo una serata con gli amici al Pulse
e mandava in diretta sul social
network Snapchat le sequenze più divertenti. Fino a quando una raffica di mitra ha interrotto brutalmente le riprese, la sua breve vita e quella di
altre 48 persone quasi tutte
tra i 20 e i 37 anni. Come Juan
Ramon Guerrero, studente
in un college della città e il
coetaneo Luis S. Vielma che
lavorava agli eventi di Harry
Potter per il parco diverti-
menti della Universal. O Eric
Ivan Ortiz-River, sposato
da un anno. E poi Edward Sotomayor, 34 anni, brand manager per un’agenzia di viaggi
della comunità gay. Stanley
Almodovar III stava per
compiere 24 anni ed era tec-
Dal Messico arrivano
per rubare il lavoro
agli americani veri.
Hillary non ha
mai denunciato
l’estremismo islamico
nico in una farmacia. La
mamma Rosalie come al solito gli aveva messo in frigo la
cena del dopo-festa. Ma è stata svegliata alle 2 di notte dalla chiamata di una amica che
le diceva di correre al Pulse.
book: “Non avrei mai immaginato che ti potesse accadere
una cosa del genere. Ti voglio
bene e ricorderò sempre con
piacere quella volta in cui andammo a trovare i tuoi nonni
in Messico”.
ROSALIE HA SPERATO fino
all’ultimo che il figlio fosse solo ferito: ora questa madre disperata vuole ricordare il figlio con il video spensierato in
cui canta e balla sulla strada
verso il locale. Luis Omar Ocasio Capo invece era un ballerino di professione e Peter
Gonzales Cruz un 23enne
impiegato all’Ups. Anthony
Luis Laureano Disla, 25 anni, viveva a Orlando e aveva
studiato all’Università del Sagrado Corazon dopo aver vis-
GIÀ, IL MESSICO, il paese di
Reuters
suto anche a Puerto Rico.
Luis Daniel Wilson-Leon e
Jean Carlos Mendez Perez
erano una coppia di 36enni
appena trasferitasi a Orlando
da Miami. Miguel Angel Honorato, 30 anni, originario di
Apopka in florida, aveva lavorato nella catena di catering
FajitaMex Mexican. Di lui l’amico Enrique scrive su Face-
confine che il candidato repubblicano alle presidenziali
Donald Trump riteneva fino
all’altro ieri un verminaio da
sigillare, per impedire ai tanti
poveri in cerca di un’occupazione di entrare negli Usa “a
rubare il lavoro agli americani
veri” al ceto medio bianco e di
religione protestante impoverito dalla crisi.
Ora invece i latinos gli tornano utili per rivolgere le sue
accuse strumentali contro
tutti i cittadini statunitensi di
fede islamica e la sua rivale
Hillary Clinton perché “non
ha mai denunciato l’estremismo islamico”. Il 2016 passerà
alla storia per questa strage,
ma anche per essere l’anno in
cui 49 giovani vittime innocenti sono state usate senza
vergogna per conquistare la
Casa Bianca.
La Florida è uno degli Stati
a più alta concentrazione di americani di origine ispanica e
di fatto la lingua più parlata è
lo spagnolo. Trump grazie alla sua retorica piena di odio
verso gli ispanici ha eliminato
dalle primarie il candidato
Marco Rubio, giovane avvocato di origine cubana, senatore della Florida.
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P G
10 »
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
iazza rande
Il populista dei populisti
si chiama Matteo R.
Si moltiplicano sdegnati interventi
contro i “populismi”, che mischiano
ad arte le varie forme di protesta
contro l’evidente degrado istituzionale con false notizie di accordi sottobanco e non credibili accostamenti: questo accade tra i “benpensanti”,
mentre Maria Elena Boschi fa perfino “minacce”, per intimorire gli elettori, dimostrando quale sia lo spirito democratico che la ispira.
Se sono emerse tante forti reazioni
contro il “sistema”, non solo italiano, vuol dire semplicemente che la
politica così detta democratica ha
fallito quasi ovunque e non che milioni di persone schiacciate dalle
lobby internazionali di ogni genere
siano in torto nella loro sfiducia:
vanno quindi distinti i modi con cui
viene espressa.Il presidente del
Consiglio, Matteo Renzi, promette
di tutto, perfino un incredibile decreto che limiti la durata di quel potere che ha perseguito tenacemente
con arroganza in una carriera di
sfrenata ambizione: un padre padrone che forse un giorno, prima o
poi, ti premierà: cos’è questo, se non
populismo della più bassa lega, da
punire con un “No” secco?
GIAMPIERO BUCCIANTI
Cosa mi hanno insegnato
5 anni di scuola superiore
A oggi, finalmente fuori quell'istituzione alla quale manca sia la testa
che la coda, la scuola superiore italiana, sento l’esigenza di dover dire
qualcosa.
In questi cinque anni che dovrebbero essere un unicum di formazione
alla vita, ho cambiato classe ben tre
volte, passando anche da un liceo a
un altro e sono giunta alla conclusione che non denunciare tutto lo
scempio visto sarebbe stato addirittura immorale. Si iniziò subito bene, eufemisticamente parlando, incontrando una professoressa con la
capacità di insultare con nonchalance i propri alunni; demoralizzandoli
e non incitandoli minimamente, al
contrario gioendo delle loro sconfitte senza mai farsi un esame di coscienza. Pensai e sperai fosse un episodio circoscritto, anche superabile insomma, ma mi sbagliavo. Virgilio diceva ab uno disce omnis, e come contraddirlo?
Nei tre anni successivi entravo in
classe e almeno una volta al giorno
mi domandavo chi diamine avesse
affidato a quelle persone dei ragazzi
in formazione, che parlandoci chiaramente hanno solo bisogno d'essere riempiti e non svuotati fino a perdere la fiducia in se stessi. Il tempo
passò e destino volle che mi ritrovai
A DOMANDA RISPONDO
Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected]
FURIO COLOMBO
Migranti: non bastano
nemmeno religioni e Nobel
CARO FURIO COLOMBO, ho ascoltato l’invito del ministro degli Esteri austriaco: deportare in un’isola lontana i migranti pescati vivi, come hanno fatto, esemplarmente, secondo lui, gli australiani. Nazismo puro.
VITTORIA
LA PROVA DEL SALVARE IL PROSSIMO si sta rive-
lando più dura di ogni altra prova. Ha ragione il ministro austriaco (29 anni, interessante, no?) a chiamare in causa gli australiani, ma solo come qualcuno
che dica: “Vedete? non sono il solo criminale in giro”.
Il comportamento australiano è ignobile (deportare
tutti i migranti in isole lontane e senza rapporti col
mondo) così come è ignobile la proposta austriaca.
Angela Merkel ha avvertito gli austriaci della pericolosa insensatezza del loro comportamento, ma la
classe dirigente politica di quel Paese sembra attanagliata dal mito della stessa destra che già una volta
ha distrutto l’Europa.
Però, come ho detto, la prova è anche più dura, e i fatti
anche più contraddittori del puro e semplice riferimento alla tipica ossessione della destra che vuole il
controllo padronale della realtà.
Un primo esempio desolante è il Dalai Lama, che ha
tracciato una sua frontiera, un presunto limite oltre il
quale non si può andare e dopo il quale si deve respingere, un’idea che è più vicina alla Fede in Salvini
che alla moralità tibetana. Un secondo esempio, an-
in una realtà ancora più scioccante
di quella precedente; perché non si
trattava più di notare mancanza di
humanitas ed empatia con i ragazzi,
bensì è stato addirittura difficile
trovare un professore che si comportasse per il titolo che in qualche
modo ha.
Queste riflessioni e queste constatazioni le ho potute fare solo ed esclusivamente grazie all'immensa
fortuna che ho avuto nell'incontrare veri professori, maestri di vita,
quelli che porterò nel mio cuore e
ringrazierò tutte le volte che avrò
un successo, perché sì, è vero che di
professori “di nome e non di fatto”
ce ne sono molti, ma sono anche la
prima a dire che non sono del tutto
spariti coloro che insistono e resistono. Spero che le mie parole possano essere anche solo spunto di un
minuto di riflessione per chi come
me deve affrontare la maturità, per
chi ha appena iniziato, per chi ha già
finito, per chi è dall'altra parte della
cattedra, per chi è genitore e per
chiunque si trovi a leggere.
ANNA DI ROCCO
che più desolante, dato il potere politico ritrovato dopo tanta persecuzione e lunghissima detenzione, è
quello del premio Nobel per la Pace Daw Aung San
Suu Kyi, diventata da poco presidente della Birmania-Myanmar. La Nobel San Suu Kyi deve affrontare
un grave problema nel suo paese: la persecuzione crudele e sistematica del popolo rohingya, oltre un milione di musulmani. I birmani, autorità militari, religiose, burocrazia e gente comune, li vogliono espellere perché considerati “non birmani”, nonostante
l’insediamento nel Paese da oltre due secoli.
Occorre ricordare con tristezza che la Nobel non solo
non ha fatto nulla, ma si è allineata con la persuasione
xenofoba della parte peggiore (e maggioritaria) del
suo popolo, e soprattutto dei potenti monaci buddisti.
I rohingya, espulsi a centinaia, poi a migliaia, poi a
decine di migliaia, vagano (con le loro donne, i loro
bambini, i loro vecchi, i loro malati) spinti e abbandonati in mare perché nessun Paese dell’area li vuole
accogliere e nessun organo internazionale se ne è occupato. Non si conosce il numero delle vittime e non si
è ascoltata alcuna voce di difesa.
In un mondo come questo, l’inutilmente giovane ministro degli Esteri viennese non è che uno dei tanti
grigi conformisti del peggio.
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42
[email protected]
Tutti pronti a soccorrere
il vincitore di queste elezioni
“Renzi era convinto di avere sfondato a destra. Ma è finito l’e f f e tto-novità”. Nell'immediato l'osservazione non fa una piega. Ma siccome in Italia “non c’è mai limite al
peggio”, con l’orrenda chiacchiera
dovuta all’occupazione di pressoché tutti i media, a maggioranza il
popolo finirà per dare immenso
corpo alla nuova “balena bianca”: è
questo che accadrà e non ditemi
che sono un gufo nonostante che
nel mio piccolo mi stia dando da fare, già da adesso, per il No. Tutti, da
quelli del Pd, esclusa la minoranza
che avrà il coraggio di abbandonarlo (Fassina lo ha già fatto), fino
all’estrema destra, sono in attesa
del soccorso al cosiddetto vincitore
(Alfano e Verdini lo hanno già fatto), così che la meno perfetta democrazia italiana finisca (finirà) in una immensa cloaca, alla faccia di
questo Paese già marcio di suo (o
“in metastasi” copyright di Massimo
Fini).
FRANCO
L’ineleggibilità di Sala
che nessuno ricorda mai
A proposito di Sala, candidato sindaco a Milano, si era scoperto che,
fino a pochi giorni fa, non aveva ancora rinunciato alle sue cariche in
Expo. Secondo la legge Sala era libero di candidarsi ma non sarebbe
eleggibile, nel caso in cui vincesse
al ballottaggio. Perché nessuno lo
ricorda?
ro. Tale vicenda riguarda la contestazione circa la presunta ma mai
accertata violazione dell'articolo
648 c.p. (ricettazione) in relazione
al pagamento non di ingenti somme, ma di soli 220mila euro. Il dottor Capone da voi qualificato con
l'epiteto infamante di “presunto
riciclatore” ha già fornito ampie ed
esaustive spiegazioni suffragate
da prove documentali nel corso di
interrogatori da lui stesso richiesti
e puntualmente accordati dal sostituto procuratore incaricato ed è
auspicabilmente in attesa dell'archiviazione. La signora Annalisa
Ciampoli, citata nell'articolo, non
è mai stata collaboratrice del mio
assistito, circostanza già ampiamente dimostrata nei sopra indicati interrogatori. Irrilevanti e
tendenziose sono le informazioni
riguardanti la Finstar Holding Srl,
società non più partecipata dal
dottor Capone, e la Equity Liner,
società non più partecipata da Finstar Holding e che detiene una partecipazione solo minima in Wadi
Sca, società i cui soci sono assai numerosi e che opera di fatto come un
fondo di private equity. La Equity
Liner Sa non è mai stata fatta oggetto di cessazione alla Facililty
Partners Sa è bensì il risultato di una semplice operazione di scissione parziale della prima. Né tanto
meno tale falsa rappresentazione
avrebbe potuto costituire, come
viene fatto dolosamente e strumentalmente intendere ai vostri
lettori, la spinta alla ricandidatura
di Renzi alle primarie del suo partito. Si stigmatizzano i toni calunniatori pretestuosi e persecutori utilizzati ai danni del mio assistito.
La reputazione del dottor Capone,
del tutto ingiustificatamente e in
palese violazione di legge, è gravemente danneggiata dalle suddette
notizie (peraltro del tutto estranee
e non pertinenti al tema trattato
dall'articolo in questione).
AVVOCATO STEFANO PUCCI
GIORGIO CASTRIOTA
DIRITTO DI REPLICA
A proposito dell'articolo intitolato
“La rete occulta di 007 Carrai: fondi esteri spioni e faccendieri” pubblicato il 21 marzo 2016 mi preme
precisare che il mio assistito, Bruno Capone, non svolge né ha mai
svolto alcuna attività di faccendiere, limitandosi invece a quella di fiscalista esperto di finanza straordinaria, anche a livello internazionale. La presunta notizia secondo
cui sarebbe “indagato dalla procura per riciclaggio in relazione a ingenti trasferimenti di denaro in
Lussemburgo” non risponde al ve-
Prendiamo atto che non si trattava della
contestazione di un presunto riciclaggio
ma, come spiega lo scrivente, di una
presunta ricettazione. Reato che per
stessa ammissione del dottor Capone
non è stato ancora archiviato. Riguardo
la somma di 200 mila euro, prendiamo
altresì atto che trattasi secondo il dottor
Capone di somma non ingente. Sempre
il dottor Capone conferma l'assunto
principale della nostra inchiesta, ovvero
che sia socio di Marco Carrai, seppure
per una piccola quota. Ci scusiamo per
aver usato impropriamente il termine
cessione, invece di scissione, per quanto
riguarda la società Equity Liner.
ANTONIO MASSARI E DAVIDE VECCHI
PROGRAMMITV
10:30 TELEFILM Reef Doctors Dottori a Hope Island
11:15 Don Matteo 7
13:30 Tg1
14:05 Estate in diretta
15:35 SOAP Legàmi
16:30 Tg1
16:40 Estate in diretta
18:45 Reazione a Catena
20:00 Tg1
20:30 Europei 2016
Portogallo - Islanda
23:13 Tg1 60 Secondi
23:20 Il grande match
00:40 Tg1 NOTTE
01:15 Europei 2016
Portogallo - Islanda (R)
03:00 Sottovoce
03:30 Il poeta e il contadino
04:25 DA DA DA
05:15 RaiNews24
10:30 Summer Voyager
11:20 TELEFILM Il nostro amico
Charly
12:10 TELEFILM La nostra
amica Robbie
13:00 Tg2 GIORNO
13:30 Il caffè degli Europei
14:00 Marie Brand e il Peccato
Originale
15:35 TELEFILM Elementary
16:15 TELEFILM Guardia
Costiera
18:00 Tg Sport
18:20 Tg2
18:50 TELEFILM N.C.I.S.
20:30 Tg2 20.30
21:05 Coppie in attesa 2
22:55 Tg2
23:10 A Sud di Made in Sud
00:35 FILM Nati stanchi
01:55 Appuntamento al cinema
02:00 Fine Secolo
08:00
10:00
11:00
12:00
12:45
13:10
14:20
15:00
15:50
17:25
19:00
20:00
20:10
20:35
21:05
00:00
01:15
01:45
Agorà
Mi manda RaiTre
Elisir
Tg3
Pane quotidiano
Il tempo e la Storia
Tg3
TELEFILM La casa nella
prateria
Napoléon
Geo Magazine
Tg3
Blob
Roma. I giorni di Parigi
Un posto al sole
Ballarò
Tg3 Linea notte
Terza Pagina
Fuori Orario. Cose (mai)
viste
08:55
09:45
10:45
11:30
12:00
13:00
14:00
15:30
16:39
18:55
19:36
19:55
20:30
21:15
00:50
01:50
02:12
02:27
03:27
Bandolera VI - Prima Tv
Carabinieri 2
Ricette all'italiana
Tg4
Detective in Corsia
La Signora in Giallo
Lo Sportello di Forum
Hamburg Distretto 21
Ucciderò Willie Kid
Tg4
Dentro La Notizia
Tempesta d'amore 10
Dalla Vostra Parte
Una serata bella! Per te,
Bigazzi
Con il vento nel petto
Tg4 Night News
Media Shopping
Music Line - Speciale
Help
07:59
08:46
09:45
11:00
13:00
13:41
14:10
14:45
15:45
16:46
18:45
20:00
20:40
21:12
23:30
01:30
02:20
Tg5
Centovetrine
Le tre rose di Eva
Forum
Tg5
Beautiful
Una Vita III - Prima Tv
Cherry Season
- La Stagione del cuore
Il Segreto
Inga Lindstrom
Caduta Libera
Tg5
Paperissima Sprint
Estate
Romanzo Siciliano
- Prima Tv
FILM Ocean’s Eleven
- Fate il vostro gioco
Tg5
Paperissima Sprint
Estate
10:25 White Collar - Fascino
Criminale
12:25 Studio Aperto
13:05 Sport Mediaset
13:45 I Simpson
14:35 I Griffin
14:58 Radio Italia Live
15:00 Big Bang Theory
15:35 My Name Is Earl
16:05 Due Uomini e 1/2
16:35 Suburgatory I
17:00 Friends
18:00 Mike & Molly
18:30 Studio Aperto
19:25 C.s.i. Miami
21:10 Blindspot - Prima Tv
23:00 The Last Ship
00:55 FILM 4-4-2- Il gioco più
bello del mondo
02:50 Studio Aperto
- La Giornata
03:05 Premium Sport News
06:55
07:00
07:30
07:55
09:45
11:00
13:30
14:00
14:20
16:15
17:15
19:00
20:00
20:35
21:10
00:00
00:10
00:45
01:40
03:35
05:25
Oroscopo
Omnibus News
Tg La7
Omnibus La7
Coffee Break
L'aria che tira
Tg La7
Tg La7 Cronache
Tagadà
Avoiding Apocalypse
Josephine, ange gardien
A cena da me
Tg La7
Otto e mezzo
Di martedì
Tg La7
Otto e mezzo
A cena da me
L'aria che tira
Starsky & Hutch
Omnibus La7
13:30 The Walk
15:35 The Prince - Tempo
di uccidere
17:10 Benvenuti al nord
19:05 Adaline - L'eterna
giovinezza
21:10 Gomorra - La serie
01:00 Robin Hood principe
dei ladri
16:00
17:40
18:10
20:10
20:20
Strike Back
Mozart In The Jungle
I Soprano
Atlantic Confidential
Gomorra
- La serie
22:50 Dov'è Mario?
01:20 I Soprano
PIAZZA GRANDE
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
IDENTIKIT
PERCHÉ L’APPELLO
NON VA ABOLITO
N
ell’articolo a sua firma pubblicato domenica, Gian Carlo Caselli, reiterando una
convinzione in qualche modo diffusa, auspica l’abolizione del giudizio di appello per
velocizzare la giustizia penale ed
evitare che la “casa crolli”. Non sono d’accordo: in realtà, non si tratterebbe affatto di una “decisione
coraggiosa” come egli la definisce,
ma di una scelta che andrebbe a ledere vistosamente il sistema di tutela dei diritti di tutti i soggetti
coinvolti nel processo, parti offese
incluse. L’appello va semmai reso
più agile, ma non certo cancellato.
Il nostro codice prevede tre gradi di giudizio: nel secondo – l’appello, appunto –tutto ciò che è stato valutato dal giudice di primo
grado può essere rivisto nella misura in cui è stato oggetto dei motivi di impugnazione. E questa –
semplificando al massimo – può
essere proposta dall’imputato condannato (anche per ottenere una pena più lieve) e/o dal pubblico ministero contro
una sentenza di assoluzione (ma anche per
chiedere una pena più
alta). Dopo il giudizio di
appello (ma talvolta anche dopo quello di primo
grado), si può ricorrere
in Cassazione solo per
specifiche ragioni giuridiche, riconducibili alla
ipotesi di violazione di
legge (ad es., riguardanti
la correttezza della motivazione della sentenza
oggetto del ricorso).
Tutto troppo lungo e
A
ll’insegna della più
profonda ignoranza
costituzionale e di
un’irresistibile tendenza al populismo
(che si esprime, anche con le Cinque Stelle, nel porre limite alle cariche elettive), Matteo Renzi ha
prodotto una inequivocabile esternazione: limite di due mandati al capo del governo, come negli
Usa. Forse, giunto al termine di una faticosa e confusa riforma costituzionale, Renzi si è dimenticato che l’Italia ha una forma di governo parlamentare e che quella
degli Usa è presidenziale.
NON GLI DEBBONO mai avere det-
to, anche perché nel suo entourage
è improbabile che lo sappiano, che
nessuna delle forme parlamentari
di governo, a cominciare dalla prima e più importante, quella del Regno Unito, prevede e fissa un limite alla durata in carica del capo del
governo. Che nelle forme parlamentari di governo non è mai esistito e tuttora non esiste un mandato al capo del governo anche
perché, tranne nei casi anglosassoni, i governi sono coalizioni che
debbono raggiungere accordi
programmatici. Che ciascun capo
del governo entra in carica grazie a
un rapporto di fiducia, che non
sempre consiste in un voto esplicito, con il Parlamento ovvero la
maggioranza parlamentare, e ne
esce quando la maggioranza parlamentare, quella o un’altra, lo
» ARMANDO SPATARO
complicato? Nient’affatto. Piuttosto tutto rispondente alla nostra
cultura giuridica che non va dispersa: la giustizia è amministrata
da uomini e donne, e non è dunque
infallibile. Affidarsi a un solo grado di giudizio, significa escludere
che si possa rimediare a un possibile errore, anche se non è certo
che l’ultima sentenza sia quella aderente alla verità storica dei fatti:
lo è solo per convenzione logica e
giuridica, in quanto frutto delle valutazioni di più giudici, il che indiscutibilmente diminuisce i margini di errore. E non sono pochi –
va detto – quelli cui rimediano le
Corti d’appello: per questo io stesso, pubblico ministero, credo nella
necessità che una condanna possa
essere poi valutata da altri giudici,
così come nessun imputato o parte
offesa accetterebbe di buon grado,
in nome della velocità, di giocarsi
tutto in “un colpo solo” come ne Il
Cacciatore di Michael Cimino. Ricordiamoci anche della legge Pecorella del 2006, poi dichiarata incostituzionale: in tanti la criticammo non solo perché aboliva l’appello del pm, lasciando in piedi
quello del difensore, ma proprio
perché comprometteva l’equilibrio del nostro sistema dei diritti.
GLI AMANTI del “colpo solo”, pe-
raltro, dimenticano altre questioni: l’art. 111 della Costituzione prevede che contro le sentenze si possa ricorrere in Cassazione solo per
“violazione di legge”, dunque non
per questioni di merito che rimarrebbero assolutamente senza una
seconda valutazione. E del resto, se
si dilatassero le possibilità di ricorso alla Corte di Cassazione, parzialmente la si trasformerebbe in
giudice di merito, ingolfandola e
rendendone ingestibile l’attività.
Non sto affatto dicendo, però, che, al di là
delle assunzioni del
personale amministrativo che manca, nulla si
possa fare per migliorare la situazione. Sono
sempre stato d’accordo, ad es., con il pensiero di Guido Galli che,
da accademico, era favorevole alla abolizione del divieto di reformatio in peius nel caso
di appello del solo imputato e credo anche
che bloccare il decorso
della prescrizione, almeno dopo la sentenza
IL PREMIER
NON PUÒ ESSERE
A TEMPO
» GIANFRANCO PASQUINO
sconfigge e lo costringe a lasciare
la carica, magari sostituendolo hic
et nunc. Che uno degli elementi,
probabilmente, il più importante,
che differenzia i parlamentarismi
costituzionali.
Immagino che, nell’ordine, Konrad Adenauer (quattro vittorie elettorali, in carica dal 1949 al 1963),
Margaret Thatcher (tre vittorie elettorali in carica
dal 1979 al 1990),
Felipe Gonzales
AUTOLESIONISMO
(tre vittorie eletIl presidente del Consiglio
torali, in carica dal
1982 al 1996), Helpropone pubblicamente
mut Kohl (quattro
vittorie elettorali,
il limite dei due mandati
in carica dal 1982
al 1998, record asE nessuno osa ricordargli
soluto), Tony
che è un’idiozia giuridica
Blair (tre vittorie
elettorali, in carica dal 1997 al
dai presidenzialismi è la loro fles- 2007), Angela Merkel (finora tre
sibilità proprio nella formazione e vittorie elettorali, in carica dal
nella sostituzione dei governi e dei 2005) si stiano chiedendo “che
loro capi che, nei presidenzialismi diavolo dice il presidente del Conè praticamente impossibile se non siglio italiano; che cosa ha in mencon l’i mpe ac hme nt , quando ha te, a che cosa mira?” Potrebbero
successo, e che trasforma crisi po- chiederselo anche, farò pochi elitiche (incapacità, malattia, cor- sempi selezionati, De Gasperi che
ruzione del presidente, sue viola- guidò sette governi, Fanfani e Mozioni della Costituzione) in crisi ro che, rispettivamente ne guida-
» 11
Renzi si autosabota,
Alessia Rotta
è la prova lampante
di primo grado, avrebbe un effetto
deflattivo su un consistente numero di appelli. Nè possiamo dimenticare che, nel disegno di legge di
riforma del codice di procedura
penale ora fermo in Senato, sono
previste varie misure deflattive rispetto alle possibilità di impugnazione e alle relative procedure: se
ne può discutere per migliorarle e
renderle realmente efficaci.
Ma per favore evitiamo formule
pur se certamente d’effetto comunicativo (“Abolire l’appello per
rendere la giustizia più rapida”) e
soprattutto non rinunciamo nemmeno ad un’oncia della nostra cultura giuridica. Altrimenti rischiamo di replicare la logica – che non
è certo quella di Caselli – di chi afferma che si governa meglio e più
velocemente con un solo ramo del
Parlamento o che i problemi delle
imprese si risolvono agevolando i
licenziamenti. Abbiamo bisogno
di una giustizia più veloce, questo è
sicuro, ma non certo meno giusta,
come sarebbe senza il grado di appello.
*Procuratore Capo di Torino
Non pretendo di insegnare il diritto
ad altri. Semplicemente ribadisco che
la casa della giustizia brucia, per cui
occorrono interventi radicali e
coraggiosi, praticabili a breve e con
costi sostenibili. Per garantire meglio
i diritti di tutti con un processo
rapido e certo. Serve a poco procedere
a spizzichi e bocconi. In ogni caso, dei
Paesi con rito accusatorio il nostro è
fra i pochissimi con due gradi di
giudizio nel merito (anche di più se
nel conteggio si comprendono gip,
Riesame, rinvii vari ecc. ). Non è una
formula a effetto. È un fatto.
GIAN CARLO CASELLI
© RIPRODUZIONE RISERVATA
rono sei e cinque. Magari avrebbero potuto chiederlo a Renzi anche
il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, e l’interv istatore
Claudio Toti. Le interviste sono
belle e utili quando sfidano l’intervista, non quando stendono tappeti. Invece, no, e la notizia del limite ai mandati è subito rimbalzata senza correzione alcuna (forse
arriveranno, presto, le rettifiche di
Napolitano).
AZZARDO la mia interpretazione,
che va oltre l’ignoranza di Matteo
Renzi, ma non la giustifica e non la
sottovaluta. Renzi cerca di prendere due piccioni con una fava.
Vuole fare sapere agli italiani che
non starà in carica oltre, se ci arriva, il 2023. Offre questa sua graziosa disponibilità a non restare di
più (quindi a non entrare in competizione con i capi di governo, alquanto prestigiosi, che ho menzionato sopra) in cambio di un “sì”
al plebiscito di ottobre sul quale sta
investendo tutte le sue energie. Se,
proprio, voleva sia l’elezione popolare diretta del capo del governo
parlamentare, che non esiste da
nessuna parte al mondo, sia la non
rieleggibilità dopo due mandati
poteva cercare di riformare la Costituzione in questo senso.
Dimenticavo, sostiene che non
glielo avrebbero lasciato fare. Peccato gli abbiano lasciato fare soltanto brutte e confuse riforme. Poteva rifiutarle. Meglio niente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
» ANDREA SCANZI
N
on sembra, ma Matteo Renzi è un
uomo democratico: conscio di avere quasi tutta l’informazione
dalla sua parte, si autosabota circondandosi di giannizzeri al cui confronto Mara
Carfagna è Rosa Luxemburg. Dopo l’avvento sul
pianeta Terra della “nuova classe dirigente renzina”, il concetto di vuoto cosmico è stato totalmente riscritto. Nardella, Gozi, Nicodemo, Picierno, Morani, Ascani, Boschi,
Faraone, Carbone, eccetera: il nulla assoluto, però arrogante. Per questo, anche
se non sembra, Renzi è democratico: inondando la tivù di tali paninari invecchiati e droidi renzine, vanifica larga parte dell’instancabile lavoro che la stampa
celebrante compie per lui. E ristabilisce
un meritorio equilibrio democratico tra
le parti in campo.
Di questa tragicomica galassia di turiboli e scherani fa parte tal Alessia Rotta,
che potremmo definire la risposta sbagliata a una domanda qualsiasi della Picierno. Di lei non si sa sostanzialmente
nulla, non per discrezione ma perché nulla c’è da sapere. Wikipedia la definisce
“politica e giornalista”, e non si sa se sia
più ironica la prima definizione o la seconda. Nata a Tregnago nel 1975, ha l’apertura mentale della Biancofiore e pare
buffamente uscita da una tela gotico-incazzosa di Goya. Tal Rotta staziona con
una certa regolarità in tivù non perché sia
preparata (ahahah), ma perché “fa casino”. È usata nel piccolo schermo per creare confusione e far salire non tanto lo share, che con lei si suicida, ma i decibel.
LA ROTTA ha oggi la funzione che nel ven-
tennio berlusconiano avevano i Ghedini e
le Santanchè, solo che è molto meno efficace (nonché tutto sommato meno telegenica) di entrambi. Non avendo argomenti ma unicamente propaganda, accetta di andare in tivù solo con chi crede di
dominare (eccedendo puntualmente in
autostima) e non appena è in difficoltà
(sempre) cambia argomento. Se qualcuno – legittimamente snervato da cotanto
parossismo di niente – osa criticarla, lei
parte con la immutabile Renzo-litania in
tre mosse imparata nel “Manuale delle
giovani Rondolino”.
Fase uno: faccette schifate, tipo “emoticon disgustata dal mondo” (o da se stessa, chissà). Fase due: accuse generiche
all’interlocutore, tacciato di fascismo e
faziosità (che per la Rotta va bene solo se
coincide con una Meli). Fase tre: sessismo. Se non sei d’accordo con tal Rotta, o
anche solo non la ritieni bellissima e intelligentissima, sei automaticamente un
“sessista misogino maschilista”. Va da sé
che il sessismo è tale solo se riguarda lei o
la Boschi: se l’attacco colpisce una Raggi o
Taverna, sticazzi.
A conferma di come Renzi sia tanto democratico quanto appena masochista, la
Rotta nel Pd non fa la hooligan marginale
ma è addirittura “responsabile della comunicazione Pd”. E questo spiega tante
cose. Tal Rotta, più che renzina, è anti-grillina: parla solo di loro, e ovviamente
malissimo. Su Twitter, dove non arriva a
8 mila follower (daje) e dove lodevolmente usa come profilo un primo piano sfuocato, a dimostrazione di come lei stessa si
vergogni di se stessa, ripete – ignorata dai
più – che i 5Stelle sono fascisti perché si
sono accordati con la Lega per i ballottaggi. Stranamente non mostra lo stesso imbarazzo nell’essere alleata organicamente con Verdini, o nell’avere per stampelle
al Senato quei filosofi sopraffini di D’Anna e Barani. La sua ultima missione è far
vincere Giachetti al ballottaggio: “#iocicredo”, è il suo grido di battaglia. Solidarietà a Giachetti: nessuno si merita un bacio della morte così.
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12 » ECONOMIA
NESSUNA ADESIONE
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
Rcs, Piazza Affari
chiama il rilancio:
offre il 50% più di Cairo
I (NON) VIGILANTI
» GIORGIO MELETTI
I
l presidente della Consob
Giuseppe Vegas sembra più
vicino alle dimissioni dopo
che ieri è sceso in campo per
criticarlo aspramente anche il
ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, appena nominato da Matteo Renzi. Ma soprattutto è lo stesso Vegas a essersi inguaiato da solo, accusando Calenda di aver vulnerato l’indipendenza della Commissione
che vigila sui mercati finanziari.
A peggiorare ulteriormente la situazione dell’ex vice ministro è
l’intervento compatto in sua difesa dei suoi compagni di partito
di Forza Italia. Il partito che nel
2011 spostò di peso Vegas dalla
poltrona di viceministro di Giulio
Tremonti a quella di presidente
della Consob adesso lo difende in
nome dell’indipendenza dell’autorità.
Vegas è sotto accusa dopo la rivelazione di Milena Gabanelli,
nell’ultima puntata di Report, di
una lettera dell’ex dirigente Consob, Claudio Salini, che nel 2011
ha scritto a Vegas attribuendogli
la responsabilità di aver ordinato
agli uffici, “per le vie brevi”, l’abolizione dai prospetti informativi delle obbligazioni bancarie
dei cosiddetti scenari probabilistici, che fino ad allora indicavano in modo sintetico all’investitore le probabilità di guadagno e
il rischio di perdita. Vegas non ha
mai smentito direttamente
quanto scritto da Salini.
IERI MATTINA CALENDA, intervi-
stato da Radio 24, ha detto: “Non
credo che stia al governo commentare l’attività di istituzioni indipendenti però degli errori gravi
sono stati fatti”. A Giovanni Minoli che gli ha chiesto se dunque
Milena Gabanelli (che ha chiesto
le dimissioni di Vegas) avesse ra-
LA GUERRA HI TECH
» VIRGINIA DELLA SALA
U
n’occhiata alle ultime acquisizioni di Microsoft: 9,4
miliardi di dollari per entrare
nel business della telefonia mobile con Nokia; 8,5 miliardi nel
2011 per comprare Skype, il programma di messaggistica e video chiamate; 2,5 miliardi nel
2014 per Mojang AB, il creatore
del videogioco Minecraft. E ieri,
l’annuncio dell’acquisizione di
un Social Network.
Non uno a caso: LinkedIn, che
Microsoft acquisirà per 26,2 miliardi di dollari (196 dollari per
azione) è la piattaforma per i
professionisti, quella che mette
in comunicazione aziende, esperti e dipendenti. Serve a
creare reti di professionisti e ogni anno cresce del 19 per cento,
con più di 433 milioni di membri. L’annuncio dell’acquisizio-
NESSUNA ADESIONE all’Offerta
pubblica di scambio (Ops) fatta da
Urbano Cairo per Rcs. Il Presidente del Torino offriva per ogni azione di Rcs 0,12 azioni
di Cairo Communication. Tuttavia, il valore
delle azioni di Rcs si attesta attorno a 0,78
euro mentre quanto offerto da Cairo avrebbe solamente un valore di 0,51 euro. A queste cifre, l’offerta del patron della Cairo
q
Communication è del 51% inferiore rispetto al valore al quale le azioni di Rcs sono al
momento scambiate in Borsa. La scadenza
dell’offerta è l’8 luglio. Il valore delle azioni
Rcs, del resto, al momento risulta maggiore
persino rispetto a quello dell’altra offerta
fatta da Bonomi ed altri ex azionisti di Rcs
(Della Valle, UnipolSai, Tronchetti Provera), che si attesta a 0,70 euro. Il risultato è
che l’offerta di Urbano Cairo è stata messa
fuori gioco e quindi nel caso l’editore voglia
rimanere in lizza per l’acquisizione di Rcs si
vedrà obbligato a rilanciare. Anche Bonomi
dovrà rilanciare la propria offerta. Secondo
gli esperti un valore appropriato si aggirerebbe tra 0,80 e 1,13 euro per azione. La partita finanziaria rientrerà nel vivo il 20 giugno
quando parte l’offerta di Bonomi.
Sotto assedio Dopo Zanetti, il ministro Calenda: “Ha fatto errori
gravi” su Etruria & C. Forza Italia lo difende. Renzi attende le urne
Scandalo Consob:
il governo attacca
Vegas dopo le bugie
autoassoluzioni”.
Vegas a questo punto ha reagito: “Prendo atto delle pressioni
politiche esercitate nei miei confronti da alcuni esponenti di governo”. Chiara la scelta del terreno di scontro. Il governo viola
l’autonomia della Consob “che il
Parlamento ha voluto indipendente fin dalla sua legge istitutiva
del 1974”. Vegas sottolinea che
sulla Consob non vige lo spoil
system, accusando implicitamente il governo di volerlo far fuori
per sostituirlo con un presidente
più gradito.
IL PUNTO DI CALENDA è però un
altro: i “gravi errori”che sono stati
350 mln
In fumo con i bond delle 4
banche, privi degli scenari
di rischio (eliminati da lui)
Nel ciclone Il capo di Consob Giuseppe Vegas. Sotto: Carlo Calenda Ansa
gione, il ministro ha risposto: “Si,
ha ragione”. Immediato il giubilo
del vice ministro dell’Economia
Enrico Zanetti, che nei giorni
scorsi si era espresso nello stesso
modo, non prima di essersi assicurato che il ministro Pier Carlo
Padoan non lo avrebbe sconfessato: “Bene, adesso siamo in due,
nel governo, a dire in modo esplicito che ci sono stati errori e goffe
commessi, sui quali Vegas ritiene,
in nome dell’indipendenza della
Consob, di avere il diritto di autoassolversi. Pippo Civati di Possibile chiede infatti a Matteo Renzi, non come premier ma come segretario del Pd, di far sentire la sua
voce, anche se è improbabile che
ciò accada prima dei ballottaggi di
domenica prossima: “Serve un intervento forte del partito di maggioranza, nella persona del segre-
tario Matteo Renzi. A lui chiediamo se si sia fatto finalmente un’idea di questo scandalo”.
A testimonianza della violenza
dello scontro in atto – particolarmente grave nel momento in cui i
titoli bancari vanno a picco in Borsa – ci sono le accuse di Brunetta,
capogruppo di Forza Italia alla
Camera, al dirigente della Consob
Marcello Minenna, capo dell’ufficio che faceva gli scenari probabilistici e notoriamente bestia nera di Vegas. Secondo Brunetta il
“torbido” dello scandalo Consob
è rappresentato proprio da Minenna: “È grave quanto ho appreso a seguito di un esposto che mi è
stato recapitato al quale sono state allegate mail provenienti da un
alto dirigente Consob, Marcello
Minenna, che si occupa di scenari
probabilistici e che la signora Gabanelli nel 2013 ha raccomandato
a deputati del Movimento 5 stelle.
In tali mail si dà evidenza di un’occulta attività di Minenna (se lecita
o illecita lo deciderà la magistratura) volta a condizionare gli esiti
di una consultazione avviata dalla
Consob, predisponendo per soggetti terzi quanto necessario affinché essi rispondessero a favore
degli scenari probabilistici”.
IL RIFERIMENTO è alla primavera
del 2011 e alla consultazione durante la quale Vegas ordinò “per le
vie brevi” agli uffici di far sparire
gli scenari probabilistici. La presunta attività occulta di Minenna
sarebbe comunque servita a poco
di fronte a quella pubblica
dell’Assonime, la lobby delle società per azioni di cui era allora
vicedirettore generale Carmine
Di Noia, oggi commissario Consob (da vigilato a vigilante). Ieri Di
Noia ha buttato lì una dichiarazione sibillina: “La Consob sta facendo il suo dovere di accertare le
responsabilità”. Di chi?
Record Redmond si compra il social network delle professioni
Microsoft punta tutto sulle aziende:
26 miliardi (a debito) per LinkedIn
Office – W or d ,
ne, che si concluExcel, Power
derà nel 2016, è
point – poi il pocoerente con la
strada intrapresa
tenziamento del
dal Ceo di Microcloud, e ancora
soft Satya Nadelgli strumenti per
la: arrivati al pungestire il proprio
to in cui l’e vo ludesktop da qualzione degli har- In crescita LinkedIn ha 433
siasi dispositivo
dware e dei siste- milioni di iscritti nel mondo
con l’idea di potersi portare omi operativi non
può più apportare significativi vunque scrivania e lavoro. Si
progressi (vale anche per le al- concentra su come ottimizzare
tre aziende) si punta sui servizi la produttività, la gestione del
e sui software. O sulla roboti- lavoro aziendale, ma anche dei
ca.
liberi professionisti. E si fa strada in un settore dove non ha riIL COLOSSO DI REDMOND, inve- vali.
ce, punta alla conquista degli ufAllo stesso tempo, come sotfici e ritrova la sua identità. In tolineato da diversi esperti, con
origine i prodotti del pacchetto Linkedin acquisisce i dati di un
trafficatissimo social network
che del lavoro fa il suo punto forte, presente in 200 Paesi e che
cresce al ritmo di un milione di
utenti a settimana. Obiettivo: far
parlare tra loro le diverse applicazioni e fare in modo che si potenzino l’una con l’altra.
Un investimento per cercare
di recuperare terreno, senza
scontrarsi con i big del settore e
rinunciando alla tradizionale
concorrenza diretta con Apple.
E anche una scommessa: Microsoft finanzierà l’acquisizione
con l’emissione di nuovo debito
e Nadella ha previsto un impatto
negativo pari a circa l’1 per cento
sull’utile per gli anni 2017 e 2018.
Che diventerà positivo 2019.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La vicenda
Il presidente
della Consob,
Giuseppe
Vegas è al
centro delle
polemiche per
aver fatto
togliere,
appena
arrivato
(2011), gli
scenari
probabilistici
dai prospetti
delle
emissioni
obbligazionarie
Si tratta di
strumenti che
davano le
probabilità di
perdere in
tutto o in
parte
l’investimento
fatto. Nei
giorni scorsi,
“Report” ha
rivelato una
lettera interna
in cui un
dirigente
riferisce
dell’ordine
dato “per le
vie brevi” da
Vegas di
toglierli e farli
togliere dalle
banche che
l’avevano già
inseriti
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ECONOMIA
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
LE ANALISI SUL REFERENDUM
QUALESARÀ il vero impatto della Brexit sull’economia inglese ed Ue? Da mesi, girano rapporti allarmanti. “Vanno gestiti
con molta attenzione”, si legge in un report di
LC Macro la società di consulenza dell’ex Capo
economista del Tesoro italiano Lorenzo Codogno. Per Codogno le stime fatte dal Tesoro inglese (tra 3,6 e 6 punti di Pil in meno) sono basate su un’ipotesi “neutrale”, cioè senza rea-
q
Cifre allarmistiche,
ma l’impatto può
essere limitato
zione politica. La Gran Bretagna sarebbe sì fuori dal mercato comune Ue, ma può risolvere il
problema aderendo allo Spazio economico europeo (come la Norvegia), accorciando i tempi
e “limitando così l’impatto”. La Banca d’Inghilterra potrebbe poi “iniettare liquidità per evitare un aumento dei costi di finanziamento
dell’economia” e il governo attuare politiche
anticicliche per attenuare gli effetti su crescita
» 13
e occupazione. Il problema (ma lo è soprattutto per l’Ue) è che l’Inghilterra è un importatore
netto di beni europei, e il deficit commerciale
potrebbe spingere a un deprezzamento della
sterlina intorno al 12-15% (che però spingerebbe al rialzo i titoli azionari del Regno Unito) per
riequilibrare i conti con l’estero: “Una scossa
così avrebbe ripercussioni a livello globale”.
CDF
La Brexit spaventa i mercati
Banche italiane, allarme rosso
In vista del voto i listini sprofondano di nuovo. Milano a picco con gli istituti, già in crisi
» CARLO DI FOGGIA
A
poco più di una settimana dal voto, i mercati
prezzano la Brexit, l’uscita del Regno Unito
dall’Unione europea su cui i britannici si esprimeranno nel referendum del 23 giugno. Ieri,
complice il pessimo dato sugli investimenti fissi in Cina (scivolati sotto il 10% per la prima
volta dal 2000) le Borse asiatiche sono crollate.
L’incertezza del voto inglese ha fatto il resto,
trascinando al ribasso – come venerdì – i listini
europei (Londra -1,16%, Francoforte -1,8%, Parigi -1,85% e Madrid -2,2): 130 miliardi in fumo.
Milano la peggiore dopo Atene: -2,91%, portata
a picco dai titoli bancari. Con il Quantitative
easingdella Bce (l’acquisto massiccio di titoli di
Stato) che anestetizza il differenziale con i
bund tedeschi, sono ormai i titoli degli istituti
italiani il nuovo spread: Banco Popolare perde
YOUTREND
» SALVATORE BORGHESE*
T
ra poco più di una
settimana, gli elettori del Regno Unito
si recheranno alle
urne per il referendum sul
“Brexit”, l’uscita del Paese
dall’Unione europea. Quello del prossimo 23 giugno è un appuntamento storico per
molti motivi: prefigura la possibilità
che un Paese possa
fuoriuscire
dall’Ue e poi perc h é l e c o n s eguenze di un eventuale “Br exit” sull’economia britannica
cos tituis cono
un’incognita
sulla quale molte
istituzioni hanno lanciato l’allarme. Si temono ripercussioni gravi su un sistema economico tra i
più aperti e interconnessi al mondo: il “Brexit” comporterebbe
maggiori controlli sul
flusso di persone (e quindi
lavoratori), capitali e merci –anche se su quest’ultimo
punto è probabile che si intervenga con un nuovo accordo ad hoc con l’Ue per
salvaguardare le tante imprese che prosperano grazie a un’economia aperta.
In bilico
Il primo ministro inglese,
David Cameron: se vince il
Sì potrebbe lasciare LaPresse
GIÀ NELLA (vittoriosa) cam-
pagna elettorale del 2015, il
primo ministro conservatore David Cameron si era impegnato a dare la parola ai
suoi cittadini sulla permanenza nell’Ue, cercando di
sfruttare e allo stesso tempo
di contenere il forte euroscetticismo degli inglesi.
Cameron ha poi rinegoziato
il 10,08%, Bpm il 9,9%) e Mps il 9,14%, scesa fino lordi ad aprile, di cui un quarto in pancia a Ua 0,50 euro. Malissimo anche Mediolanum nicredit) e il fondo salva banche Altante ha mu(-6,53%), Ubi (-6,12%), Bper (-6,09%) e Intesa nizioni troppo ridotte per impattare.
Tornando al referendum, i segnali d’isteria
(-5,89%), piombata sotto i 2 euro. Sempre più
giù Unicredit (-5,29%) a 2,25
maggiore arrivano dai vertici
euro: nei primi 5 mesi del 2016
Ue: “La Brexit potrebbe essere l’inizio della distruzione
ha perso il 42%, mentre l’indi- Segnali d’isteria
non solo dell’Ue, ma di tutta la
ce di Bloomberg delle 500 Tusk (Consiglio Ue):
maggiori banche europee il 14,
civiltà politica dell’Occidene dovrà attendere fine luglio “Sarebbe la fine
te”, ha detto ieri il presidente
per trovare un sostituto all’ad dell’Unione e della
del Consiglio europeo Donald
appena cacciato. Qui la Brexit
Tusk. Prima era toccato al miaggrava solo una débâcle in at- civiltà occidentale”
nistro delle Finanze tedesco
to da mesi. Il governo ha un eSchäuble (“sarebbe fuori dal
norme problema con il commercato unico”), e poi al preparto, che ha perso quasi il 50% in Borsa e lancia sidente della Commissione Jean Claude Junsegnali di sofferenza a partite dall’unica banca cker seminare terrore. Uscite già viste con la
“sistemica” italiana: i crediti inesigibili del set- Grecia l’estate scorsa.
tore hanno ripreso la galoppata (198,3 miliardi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In negativo Borse europee in rosso Ansa
I filo-europei sono più forti
di quanto dicono i giornali
I numeri Il “remain” è in testa, ma lo scarto è minimo. Gli anziani sono
per l’exit, i giovani per restare. Pure con la Scozia i sondaggi ingannarono
Brexit
È il nome
dato al
referendum
che si terrà il
23 giugno nel
Regno Unito
sulla
permanenza
o meno del
Paese
all’interno
dell’Unione
europea. La
possibilità di
lasciare il
club dei 28 è
contenuta nel
Trattato di
Lisbona. Nel
caso il Regno
Unito
rimanga
all’interno
dell’Ue, lo
farà alle
condizioni
che David
Cameron ha
ottenuto lo
scorso 19
febbraio dopo
un round di
negoziati con
il Consiglio
europeo
Il martedì sul Fatto numeri e statistiche sulla politica a cura di You Trend
i termini dei rapporti tra il
suo Paese e l’Europa, raggiungendo a febbraio un accordo che dà al Regno Unito
uno status di membro “speciale”: formalmente è proprio su questo accordo che si
terrà il referendum, con la
formula “prendere o lasciare”. Cameron difende il suo
operato e si è schierato per il
“Remain” (restare nell’Ue
alle nuove condizioni), ma il
suo partito, e il suo stesso governo, sono spaccati: una
buona parte, che fa capo
all’ex sindaco di Londra Boris Johnson, è a favore del
“Leave” (lasciare la Ue). A
questo fronte pro-Brexit si
aggiunge lo Ukip dell’euroscettico Nigel Farage. Sono
invece per la permanenza
nell’Ue gli altri principali
partiti: laburisti, liberal-democratici e nazionalisti
scozzesi.
Nei giorni scorsi si sono
levate voci “allarmate” per
via dei sondaggi che darebbero il fronte del “Leave” in
netto vantaggio. I mercati finanziari hanno subìto i contraccolpi di queste voci. In
realtà, il “Remain” è in vantaggio nella maggioranza
dei sondaggi: le incertezze
derivano dall’entità (ridotta) di questo scarto e dall’alto numero degli indecisi, superiore al 10% degli intervistati. Il “Leave” è dato in testa in alcuni sondaggi, ma
questo accade spesso quando si tratta di un referendum
in cui le due opzioni sono
molto vicine. Secondo il Financial Times (che pubblica
10%
Indecisi Inglesi i più
euroscettici. Gallesi
e scozzesi vogliono l’Ue
una sua “supermedia” aggiornata di tutti i sondaggi
realizzati sul “Brexit”) queste differenze possono essere dovute alla diversa metodologia con cui vengono effettuati i sondaggi: nelle interviste telefoniche, di fronte a una scelta più “netta”, gli
intervistati tendono maggiormente – rispetto ai più
“confortevoli” questionari
online – a scegliere lo status
quo.
Un precedente significativo è il referendum sull’indipendenza della Scozia tenutosi meno di due anni fa.
Anche in quel caso i sondaggi registravano una distanza
molto ridotta tra “y es ” e
“no”, e anche in quel caso i
pochi sondaggi che davano
in vantaggio i “sì” all’indipendenza facevano molto
più “rumore” della maggioranza che prevedeva una
vittoria dei “no”. Gli scozzesi votarono in maggioranza
“no” con oltre dieci punti di
margine sui “sì ” (55,3% a
44,7%).
ALCUNI SONDAGGI hanno
indagato i profili degli elettori. Come riportato da Rob e r t a D a m i a n i s u Y o uTrend, secondo un’inchiesta di Survation gli inglesi
(l’84% della popolazione
chiamata a esprimersi) sono
i più euroscettici tra le diverse nazioni del Regno Unito,
mentre in Galles, Scozia e
soprattutto Nord Irlanda
prevalgono nettamente i favorevoli a restare nella Ue.
Da un sondaggio di YouGov
è emerso un triplice gap: generazionale, di istruzione e
di interesse verso la politica.
Gli euroscettici prevalgono
tra i più anziani, i meno interessati alla politica e quelli
con un livello di istruzione
più basso, mentre sono per il
“R em ai n” gli elettori più
giovani, quelli con un più alto livello di istruzione e
quelli con un più alto interesse verso la politica. Proprio per questo la partecipazione al voto dei più giovani
rappresenta un’i nc og ni ta
potenzialmente decisiva:
un’alta affluenza di questo
segmento di elettori potrebbe far pendere definitivamente la bilancia a favore
della permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.
*YouTrend
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14 » ESTERI
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
LIBIA CONTINUA LA BATTAGLIA DI SIRTE
A Sirte avanzano le forze fedeli al governo di unità
nazionale di Fayez al Sarraj contro l’Isis, che sta opponendo resistenza. La riconquista della città procede ma ad un ritmo rallentato rispetto a qualche
giorno fa. Le truppe si trovano oramai all’entrata
della zona di 5 km quadrati dove si nascondono i
jihadisti, un’area che si estende dal centro città e
prosegue a nord fino al mare. Reuters
NATO QUATTRO BATTAGLIONI A EST
La Nato è pronta a schierare 4 “battaglioni multinazionali” nei tre Paesi baltici e Polonia come deterrente contro la Russia. Oggi e domani i ministri
della difesa dell’Alleanza - nell’ultimo appuntamento prima del vertice dell’8-9 luglio a Varsavia
- metteranno a punto i dettagli. La conferma che
l’Alleanza schiererà i battaglioni è stata data dal
segretario generale, Jens Stoltenberg.
REGNO UNITO Una giornata nel Dipartimento di Politica e Studi internazionali frequentato
dal ricercatore. La cordialità si raffredda quando si parla di Giulio e spuntano i “no comment”
Regeni: fumo di Cambridge
Sei mesi
di depistaggi
e bugie dietro
l’omicidio del
ricercatore
friulano
della porta. L’edificio è aperto
al pubblico, le porte sono trasparenti e spalancate, le finestre lasciano passare il sole sulle
pareti decorate con quadri etnici. L'atmosfera è informale, la
password per il wi-fi si ottiene
domandandola all’ingresso. C’è
un volantino giallo anche nella
bacheca del bar.
25
I SORRISI di benvenuto si ap-
» FRANCESCA MARCHESE
W
Cambridge
Le date
e miss you, Giulio”
(Ci manchi, Giulio). È il biglietto
scritto dai colleghi
di Giulio Regeni sotto una foto
di gruppo che lo ritrae sorridente in un momento spensierato, il compleanno di uno di loro. Foto e biglietto si trovano
nella sede del Polis, il Dipartimento di Politica e Studi Internazionali dell’Università di
Cambridge. Tra silenzio e commozione, è con questo ricordo
che i ricercatori del Polis continuano a lavorare. Un omaggio
perenne, con le foto di Giulio su
quasi ogni parete insieme con i
volantini gialli di Amnesty International che chiedono verità sulla sua vicenda. Specie nell'aula studio 238 dove Giulio
stava ore sui libri e al computer:
un’altra foto di lui, ritratto
mentre era seduto a studiare, è
poggiata sulla stessa scrivania
bianca vicino alla finestra.
gennaio
Giulio Regeni
scompare a
Il Cairo dove
si era
trasferito per
una ricerca di
dottorato sui
diritti dei
lavoratori
e i sindacati
egiziani
5
febbraio
IL VOLANTINO su ll' inc ont ro
pubblico organizzato lo scorso
20 maggio è attaccato alla porta
d’ingresso, plastificato. Dal lato
opposto della stanza, un altro
tributo ancora: una bacheca
con immagini e ritagli di giornale che “è rimasta così da gennaio”, raccontano alcuni studenti; per il resto, bocche cucite
dopo i no comment sconsigliati
dall'ateneo. Dicono solo, tra occhi lucidi e gentilissimi commenti di circostanza, di essere
tutti molto scossi. Sono 63: 26
studenti hanno iniziato il dottorato a ottobre 2015, 16 a ottobre 2014 e 21 a ottobre 2013.
Quasi tutti non britannici. Han-
no ricordato il loro compagno,
domenica scorsa, in una cerimonia ufficiale in suo onore: un
memorial, come si usa da queste
parti, per rendere omaggio a chi
non c’è più e condividere pensieri e riflessioni. Il luogo scelto
è stato il Girton College, a
mezz’ora di autobus dal centro
città, dove il ragazzo viveva.
Quel pomeriggio la cappella era
gremita, i suoi genitori erano lì
ad ascoltare colleghi e professori ricordare il suo profilo di ricercatore e persona perbene. Il
cuore del Polis si trova al secondo piano dell'edificio Alison Richard Building, in una località
appena fuori dal centro città nota come Sidwick Site che raccoglie una ventina di facoltà circondate dal verde. L’ingresso
del dipartimento è al primo piano, ma gli uffici di coordinamento sono al secondo svoltando un angolo alla fine di un corridoio: una fotocopia con una
foto di Giulio in giacca e cravatta è attaccata a una colonna, ad
altezza d’uomo, poco prima
Disco rotto
Anche il capo di Polis,
David Runciman, evita
di esporsi, in linea con
i vertici dell’Università
chi è direttamente coinvolto,
sia chi non lo è e continua a lav o r a rc i ”. La stessa linea che
Cambridge ha opposto alle richieste della Procura di Roma
che indaga sull'omicidio dello
studente al Cairo, nonostante
abbia ribadito di “stare dalla
parte dei valori della libertà accademica che questo omicidio
insensato attacca in maniera
tanto spregevole”.
Anche il capo del dipartimento, David Runciman, ripete
il no comment durante l'incontro casuale al posteggio delle biciclette, dopo pranzo all’esterno del palazzo, e rimanda ogni
parola ai vertici dell’università.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Due settimane al voto Il leader dell’alleanza di sinistra appoggia l’indipendenza catalana
SPAGNA
» ELENA MARISOL BRANDOLINI
Barcellona
P
Luogo di pace L’ingresso dell’Università di Cambridge e Giulio Regeni LaPresse
Nel tardo
pomeriggio
il corpo del
ricercatore
italiano
viene
ritrovato
in un fosso
sull’autostrada che
collega
Il Cairo ad
Alessandria
d’Egitto
pannano appena si cita il nome
che inizia per G. Si fatica a pensare che in questo luogo così aperto e luminoso, senza nessuna traccia visibile di presidi di
sicurezza se non le telecamere
di videosorveglianza, possa essere collegato alla brutta storia
che ha portato alla fine di Giulio. Le università britanniche
sono così, brillanti e liberali. A
nessuno verrebbe in mente di
mettere lucchetti e protezioni.
Qualche settimana fa, c’è stata una manifestazione pubblica
in centro, ma uno degli studenti
racconta che “a impegnarsi attivamente è una minoranza;
molti studenti sono concentrati
sugli esami”.
Un altro studente, Davide
Martino dello Young European
Movement, dice invece: “Non
conoscendo Giulio, ognuno di
noi studenti, italiani o no, a
Cambridge o meno, dovrebbe
sentirsi vicino alla vicenda di un
ragazzo che, fino a prova contraria, stava conducendo un
progetto di ricerca come tanti
altri, su un tema di grande attualità”. Al Polis si continua a
studiare gli stessi temi che riguardano le condizioni di lavoro e i diritti umani in Egitto.
Tanto che il portavoce dell'università sottolinea l'importanza
del no commentper tutelare “sia
alco d’eccezione sabato
mattina a Barcellona per
l’apertura della campagna elettorale della coalizione Unidos Podemos in Catalogna collegata alla lista di confluenza
En Comú Podem, arrivata prima nelle elezioni di dicembre.
Sotto l’Arc di Triomf, nel Passeig dedicato al repubblicano
Lluís Companys, presidente
della Generalitat, trucidato
dai franchisti nel 1940, accolti
da una folla militante e festosa, parlano la sindaca Ada Colau, il responsabile del programma elettorale Íñigo Errejón, la vicepresidente della comunità valenciana ed esponente di Compromís Mònica
Oltra, Alberto Garzón leader
“Barcellona sarà capitale”: Iglesias
lancia il sorpasso per conquistare Madrid
di Izquierda Unida, Pablo Iglesias, leader di Podemos e
candidato presidente e il capolista Xavier Domènech. “Avevamo già dimostrato quale
fosse il cammino un anno fa, in
occasione delle amministrative: sommare per moltiplicare
e quindi vincere”, dice Colau,
rivendicando il lavoro fatto
dalla sua amministrazione.
GLI ULTIMI SONDAGGI danno
la lista En Comú Podem addirittura in crescita rispetto al risultato di dicembre, mentre la
coalizione di sinistra Unidos
Podemos si colloca al 2° posto,
consolidando la distanza dal
Psoe. “Abbiamo anteposto alla
Pablo Iglesias Ansa
nostra appartenenza partitica
le necessità del nostro popolo
e della società”, sostiene un acclamatissimo Garzón, che ha
sacrificato molto della visibilità del partito in nome dell’alleanza. Le parole più ripetute
sono la “fraternità” con cui costruire un futuro comune, il
“sorriso” opposto alla paura e
alla rassegnazione, il “popolo”
che attraverso la politica trasforma la società.
Ciò che è successo il 20 dicembre in Catalogna, succederà il 26 giugno in tutta la Spagna, assicura Domènech e ai
socialisti dice “La nostra ossessione è il cambio, non il sorpasso del Psoe. Siamo nati per
vincere il Partido Popular”.
Tutti fanno appello ad una
campagna elettorale che sarà
determinante, perché può decidersi per pochi seggi e, come
dice Iglesias, “in Spagna, i
cambiamenti storici in chiave
progressista sono stati possibili solo con il sostegno della
Catalogna”: ne sanno qualcosa
i socialisti che, in Catalogna, e
in Andalusia, un tempo avevano il loro granaio di voti.
“ASPIRO A ESSERE presidente
di una Spagna che ascolti la Catalogna”, continua Iglesias,
riaffermando il diritto a decidere del popolo catalano attraverso un referendum. Lo fa,
consapevole del momento di
crisi che sta attraversando il
movimento indipendentista
catalano. Specie dopo la bocciatura del bilancio preventivo per il 2016 presentato dal
governo della Generalitat da
parte della Candidatura d’Unitat Popular, la formazione
della sinistra radicale indipendentista, fino a quel momento
alleata di Junts pel Sí nel processo che avrebbe dovuto portare la Catalogna alle soglie di
un nuovo Stato indipendente.
Dopo quel voto in Parlamento,
il presidente Carles Puigdemont dichiarava: “Mi sottoporrò a una mozione di fiducia” per ripristinare il patto di
legislatura o andare a nuove elezioni. D’altra parte, i due
principali partiti indipendentisti catalani, secondo gli ultimi sondaggi, mostrano una diversa tendenza, con la conferma del buon risultato per Esquerra Republicana e della
non buona salute per Convergència Democràtica.
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POLITICA
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
17 SOGGETTI, BANCHE COMPRESE
Scandalo Mps,
la procura chiede
il giudizio per tutti
L’ANTICIPAZIONE
Pubblichiamo un’anticipazione del libro di Fabrizio Corona, edito da Mondadori. In
quasi 200 pagine ripercorre
la sua vita tra belle donne,
moda e soldi facili.
NEL GIORNO in cui il titolo Monte
dei Paschi di Siena perde il 9.14%, arriva il rinvio a giudizio per i 17 imputati del
caso Mps. La richiesta dei pm della Procura
di Milano, Giordano Baggio e Stefano Civardi, è stata accolta dopo l’udienza preliminare. Tra i 17 imputati, oltre alle banche
Monte dei Paschi di Siena, Deutsche Bank e
alla filiale inglese dell’istituto di credito
q
giapponese Onura, rientrano ex-vertici e
manager della banca italiana, un dipendente e 5 ex-dipendenti di Deutsche Bank. Durante l’udienza preliminare è stata ripercorsa la storia dei derivati Santorini e Alexandria assieme al prestito ibrido Fresh e il caso
della cartolarizzazione Chianti Classico.
Secondo l’accusa, grazie a queste operazioni sarebbero stati coperti centinaia di mi-
“Dalla piscina vuota al carcere
Ecco come è andata davvero”
TUTTI I GUAI GIUDIZIARI
D
Tutto gratis e la ragazza
del momento
Mi chiamo Fabrizio Corona, ho quarantadue anni, e
questa è la storia di come sono finito in galera. Dall’inizio. E l’inizio è qui, a nove
anni, in questa piscina vuota.
“Sai chi sono io?”, chiedo.
Egon von Fürstenberg,
Naomi Campbell, Gianni
Versace. “Sai chi sono io?”,
ripeto. Antonio Cabrini, Enrico Ruggeri, Cindy Crawford. Le mani infilate in
guanti di almeno cinque misure più della mia. Ci troviamo alla festa evento più importante di Milano, per il
compleanno di Moda, a Palazzo Reale, diretta su Rai
Uno, collegamento tv con le
quattro capitali della moda:
Parigi, New York, Los Angeles, Tokyo.
È la festa di mio padre, voluta e organizzata da lui, un
momento che sancisce la
lioni di euro mai in realtà prodotti. I vari capi
di accusa vanno dall’ostacolo delle funzioni
di vigilanza della Banca d’Italia e della Consob, alle false comunicazioni sociali, all’aggiotaggio, per finire col falso. Si ritornerà in
aula il 4 luglio quando la parola passerà alla
difesa. Intanto, però, il processo continua a
contribuire ai timori che hanno tanto dominato la scena in borsa negli ultimi giorni.
Fabrizio Corona L’adolescenza e il mito del padre Vittorio, la vita
facile e la Milano da bere: “Ditemi cosa non devo fare e lo farò”
» FABRIZIO CORONA
itemi cosa non devo fare, e io lo farò.
Ditemi: “Non correre, non arrampicarti, non buttarti”. Ditemelo come ora, un coro di voci
che urla. “Ti ammazzi, ti
spacchi la testa”, ditemelo e
non vi ascolterò. Divisa blu
del Kinderheim, come tutti
gli altri. Solo che gli altri sono al sicuro di fronte all’edificio, gregge ubbidiente. Io
invece sono sul trampolino,
e vi assicuro che da quassù il
mondo è diverso –quanti saremo quest’estate, trenta,
quaranta? –. I bambini della
Milano bene, sancarlini,
sanbabilini. Bambini fortunati, con un grande futuro
davanti: avvocati, industriali, giornalisti. Il mondo è nostro, i nostri padri lo hanno
consegnato a noi, e noi non
dobbiamo far altro che usarlo. La strada è stata tracciata: basta seguirla. Kinderheim di Cervia, inizio luglio, mamma e papà sono ancora in città a lavorare. Il coro di voci alle mie spalle aumenta: “Pazzo, incosciente,
i mb e ci l le ”. Io non sento
niente, tranne la mia voce
che dice: “Tu sei diverso. Tu
il mondo non lo prendi in
consegna, lo crei”. Eccomi
qui a guardare dritto di fronte a me – che sia questo orizzonte indefinito il futuro? Da quassù è tutta un’altra cosa, una vertigine infinita –, eccomi alzare le braccia al cielo e tuffarmi di testa.
» 15
Estorsioni e soldi falsi
Tutte le vite
La fama, le copertine, gli eccessi.
Poi l’arresto,
il carcere e la
libertà vigilata:
Fabrizio Corona
Ansa/LaPresse
Ipse dixit
IL GRANDE EVENTO
DELLA MODA
“Sai chi sono io?”,
chiedo. Egon von
Fürstenberg, Naomi
Campbell, Versace. “Sai
chi sono io?”, ripeto.
Cabrini, Ruggeri,
Cindy Crawford
MIO PADRE VITTORIO
E LA FOTO CON STALLONE
C’è una foto di lui che
firma un autografo
a Stallone, la luce dei
riflettori è puntata
su Vittorio Corona
anche se di fianco c’è
Sylvester, cioè Rocky
nascita ufficiale del decennio della moda. Nessuno
mai dimenticherà quella serata. “Sai chi sono io?”, domando di nuovo in mezzo
alla folla, stavolta a Loredana Berté, Elio Fiorucci, Oliviero Toscani. “Il figlio di
Vittorio Corona”. E dunque:
quali privilegi comporta
questo? Perché c’è un ragazzino che lo sbandiera con
orgoglio? Che cosa significa
essere il figlio di Vittorio
Corona nel 1986? Innanzitutto, significa tutto gratis;
significa aprire la porta di
casa e ritrovarsi davanti la
ragazza del momento, quella su ogni copertina, Anna
Falchi; significa che un giorno papà ti può dire: “Lunedì
andiamo a Los Angeles”.
Il carisma della persona
più importante
Vittorio Corona, mio padre,
è un uomo alto e robusto.
Schiena dritta e spalle larghe, grazie al nuoto praticato fin da bambino. Capelli e
occhi scuri, mascella squadrata. Il tipico maschio alfa,
capigliatura folta, faccia vissuta. Disinvolto, affabile,
scaltro, sa affascinare e intriga uomini e donne.
Chiunque, più alto o più
basso, dalla sfolgorante bellezza o trasandato, noto o
sconosciuto, chiunque ne
riconosce il carisma. C’è una
foto di lui che firma un autografo a Sylvester Stallone.
La luce dei riflettori è puntata su Vittorio Corona, anche se di fianco c’è Stallone
(già famoso per Rocky III e
Rambo 2). Non si tratta solo
di carisma, è anche una questione di empatia.
Vittorio mostra un interesse particolare per il prossimo. Chiunque percepisce
che Vittorio Corona ti rivolge un’attenzione speciale,
sì, proprio a te. Lui riceve
tutti, ascolta richieste e necessità di ognuno. Solo che
in una stanza piena di gente,
magari durante un evento
pubblico, ci sono tantissimi
te da riconoscere… come si
può pretendere che li ricordi tutti? Di questo la gente si
lamenta: “Non mi ha salutato”, dice. Da qui la sua fama
di genio ma lunatico, di fuoriclasse ma spietato. La verità è che ha poca memoria
per i visi, tutto qui. Poi, certo, sa essere anche molto
duro. Quando si arrabbia
non alza la voce, gli basta
guardare dritto in faccia
l’interlocutore; quando si
arrabbia parla in siciliano, e
le persone ammutoliscono.
Il 10 aprile 1986 saliamo sul
volo Roma-Los Angeles,
scalo a New York. Prima
classe. Siamo io, mio fratello
DICIOTTO MESI DI FOLLIA sono costati a
Fabrizio Corona una condanna complessiva a 13
anni e 2 mesi, poi ridotta a 9 anni per la
continuazione. I guai per l’ex re dei paparazzi
incominciano nel 2008 e finiscono nel 2009. Le
prime condanne arrivano nel 2013. Il primo
pasticcio inizia con Vallettopoli. All’epoca Corona
finirà in carcere. Custodia preventiva durata 3
mesi. Di quel processo la condanna più grave è
quella a 5 anni per estorsione aggravata all’allora
calciatore della Juventus, David Trezeguet.
L’aggravante fu contestata perché il fotografo si
presentò accompagnato dall’autista. Poi c’è 1 anno
e 5 mesi per la tentata estorsione al calciatore
Adriano. L’episodio delle banconote false gli è
costato 1 anno e 6 mesi, mentre la foto scattata in
carcere 1 anno e 2 mesi. In questo caso il reato è
quello di corruzione. L’ultimo verdetto sono i 3
anni e 10 mesi per bancarotta. Il 18 giugno 2015
sarà affidato ai servizi sociali nella comunità di
don Mazzi. Il 21 ottobre il giudice dispone
l’affidamento sul territorio. La storia giudiziaria
attende ancora un verdetto. A settembre è fissata
l’udienza per rivalutare la continuazione. Se il gip
deciderà di toglierla, i giochi per Corona
cambieranno (ma in peggio).
Francesco e papà. Francesco dice di aver lasciato una
lettera per Cristina, la fidanzata, dovesse mai cadere
l’aereo: “Ti amerò per sempre”, le ha scritto. E io? Io
non ho lasciato nessuna lettera. Non sono fidanzato, alle donne non ci penso. E se
quest’aereo dovesse mai cadere – mi accoccolo sul sedile, occhi socchiusi, cercando di prendere sonno –,
pazienza. La persona più
importante è qui di fianco a
me, mio padre.
Il predestinato è mio
fratello, ma non ho paura
Ho dodici anni, ma ne dimostro meno. Magrolino e timido, è difficile dire cosa ci
sia nella mia testa. È più facile dire quello che non c’è.
Non ci sono timore, smarrimento, complessi di inferiorità. Accetto che il predestinato in famiglia sia Francesco, il mio fratello maggiore.
Lui, che gioca a calcio come
centrocampista, farà il modello e conquisterà il mondo. È lui l’erede diretto di
Vittorio, così pare (…). La
cosa non mi spaventa – mi
sistemo ancora meglio su
questo sedile di prima classe, la testa sulla spalla di papà – niente mi spaventa. Il
mio ideale da imitare è Vittorio Corona, voglio diventare come lui. E non ho bisogno dell’aiuto di nessuno.
(…)
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Il libro
La cattiva
strada
l
Fabrizio
Corona
Pagine: 199
Prezzo: 17 e
Editore:
Mondadori
16 »
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
Cultura | Spettacoli | Società | Sport
Secondo Tempo
VITTORIA Battuto il Belgio 2-0 grazie a Giaccherini e Pellè
I
» ROBERTO BECCANTINI
Successo
di gruppo L’Italia
è un collegio in cui
ognuno sa
quello
che. Gli
avversari
una cricca
di talentuosi solisti
Pillola
FEDEZ
SCRITTORE
Il 21 giugno
sarà in libreria il primo libro del rapper italiano.
Nato da
un’idea innovativa in collaborazione
con una start
up, si intitola:
"FAQ. Copie
autografate.
A domanda
rispondo",
Mondadori.
Le domande
sono quelle
postate dai
suoi oltre due
milioni di fan
sui social
network.
In libro va oltre la solita
autobiografia, nello stile
dell’autore
n
battesimi sono sempre riti
ambigui, anche se passano le
prime due di ogni gruppo e
addirittura le quattro migliori terze. Il Belgio è secondo nella classifica Fifa,
l’Italia dodicesima. Abbiamo imbottito la vigilia di appelli al carattere e al collettivo. Ci siamo riempiti del talento di Hazard e De Bruyne
fino a diventarne docili ostaggi, come se la storia fossero loro, e gli azzurri la cronaca, solo questa.
L’ultima volta era stata il
13 novembre, un’amichevole a Bruxelles. La sera tragica
del Bataclan e dell’assalto allo Stade de France. Vinse il
Belgio, 3-1, ma lo scarto andò
oltre la trama, gli episodi, i
meriti. Se Wilmots appartiene alla tradizione dei tecnici
gestori che la stampa non ama, Conte, per Sacchi, è addirittura un “valore aggiunto”.
NON PIOVE PIÙ, a Lione,
Conte ha preferito Eder a Zaza e Darmian a El Shaarawy:
3-5-2, naturalmente. Wilmots, lui, ha scelto il 4-2-3-1,
con De Bruyne, Fellaini e
Hazard dietro a Lukaku. Una discesa di Candreva e
un’incursione di Darmian
indicano il menu della casa,
ma i tiri introduttivi sono di
Nainggolan, il primo parato
da Buffon, il secondo fuori.
Giocano di squadra, i nostri, e allargano il campo,
mentre i belgi si aggrappano
all’estro di Hazard, i cui sentieri si perdono spesso nella
giungla di De Rossi, Parolo e
Barzagli. È la partita che mi
aspettavo. Molto tattica,
molto aggrovigliata, abbastanza noiosa. L’Italia aspetta che gli avversari avanzino
e magari si scoprano. Servirebbe precisione, nell’a l imentare le azioni di disturbo. E bisognerebbe pure tirare, qualche volta: ci prova
Pellè, non se ne accorge nessuno. Candreva e Darmian
non solo presidiano le fasce:
le agitano. Piano piano, l’Italia strappa metri, guadagna
autorità. Al Belgio manca
Kompany, il radar difensivo:
si vede.
E al 32’, il reparto ne paga
il fio. Splendida pennellata
di Bonucci, alla Pirlo, per
l’inserimento di Giaccherini: carezza di sinistro e destro chirurgico. Il Belgio, indispettito, si sfilaccia. Candreva spreme i guanti di
Courtois; Pellè, di testa, si
mangia il raddoppio. Conte,
con il sangue al naso (letteralmente), urla come un ossesso.
Non è facile, per i tenori di
Wilmots, piazzare il do di
petto. Giaccherini, anima attraversata, “mura” De Bruyne. I “contigiani” alternano
la difesa bassa – fin troppo, a
volte –a ripartenze audaci. Il
possesso delle corsie è que-
Grinta e corsa
l’Azzurro
grezzo
brilla a Lione
stione di vita o di morte. L’Italia è un collegio in cui ognuno sa quello che deve fare, e pazienza se lo fa male. Il
Belgio, in compenso, è una
cricca di talentuosi solisti
che Witsel e Nainggolan faticano a governare. L’ordalia
si consegna a un copione datato, Barzagli, Bonucci e
Chiellini pronti a chiudere a
chiave l’area, Candreva e Parolo lesti a rovesciare il fronte. Lukaku ci grazia in contropiede, proprio così: in
contropiede, a conferma che
il calcio, talvolta, è più riffa
che scienza. Poco dopo,
Courtois si supera su Pellè;
adesso sì che la partita, liberata dal risultato, frigge, trascina. De Sciglio avvicenda
Darmian, Hazard è la provvidenza che i compagni invocano.
Il muro tiene, anche perché ben protetto. Si procede
a spallate, a folate. Un’azione
noi, una loro. Tocca a Mertens: esce Nainggolan, sprofondato nel pozzo del centrocampo. Lukaku, De Bruyne, Mertens, Fellaini, Hazard: alla lotteria degli episo-
di, Wilmots cerca, disperatamente, il biglietto vincente.
Il gioco che abbozza la Nazionale di Conte è superiore
ai piedi di molti interpreti.
L’ULTIMA MEZZ’O RA è di
sofferenza biblica, con il Belgio che ci schiaccia. Si lotta
su ogni zolla, al di là di una
gestione territoriale che la
fatica rende complicata, spasmodica.
Gli ingressi di Origi e Car-
Incrocio
e festa
Al centro la rete di Giaccherini del 1-0
(con assist di
Bonucci); a destra il commissario tecnico
Conte subito
dopo i festeggiamenti Ansa
rasco sono le mosse estreme
di un ct alla canna del gas.
Sulla pressione dei rivali, rischiamo sbandamenti clamorosi. Immobile e Thiago
Motta rilevano Eder e De
Rossi, esausti. I favoriti erano loro, mai dimenticarlo. Si
chiude tutti indietro, appassionatamente. Catenaccio
mon amour.
Fioccano le ammonizioni
(Chiellini, Eder, Bonucci,
Motta). Potrebbe segnare O-
rigi, potrebbe farlo Immobile (che parata, Courtois).
La ciliegina sulla torta è di
Pellè, agli sgoccioli degli
sgoccioli, su assist di Candreva, uno dei migliori. La
prestazione, per un’ora, e il
risultato, soprattutto, non
hanno prezzo. Italia due,
Belgio zero: la testa del girone, davanti a Irlanda e Svezia. Era sant’Antonio: anche
per questo, forse.
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DAZEROADIECI De Rossi è un guerriero a protezione dei guerrieri: quelli della difesa juventina
» PAOLO ZILIANI
B
ONUCCI. Il lancio da metà
campo con cui mette Giaccherini a tu per tu con Courtois per l’’1-0 è roba da Beckenbauer: o per restare agli eroi di casa nostra, da Di Bartolomei. Una
gemma. In difesa, scortato dagli
altri 2 moschettieri Barzagli e
Chiellini, non sbaglia un pallone.
Voto 8 Monolite
FELLAINI. Alto come
un pilone, si presenta
con una capigliatura
che potrebbe valergli un provino nei
Cugini di Campagna:
purtroppo per lui, si
sono appena sciolti.
Lui invece non si
scioglie mai: lento,
Bonucci il migliore: è Beckenbauer
Fellaini è solo Cugino di Campagna
pigro, macchinoso, non fa una cosa
buona in tutto il suo match.
Voto 4,5 Bradipo
PELLE’. Subito dopo l’1-0 di Giac-
cherini, Parolo gli recapita in fronte la palla che potrebbe chiudere subito i
conti; ma lui, forse per
non rovinare la mise
alla Rodolfo Valentino, con tanto di riga
curatissima, colpisce
di striscio e grazia
Courtois. Al 54’ ci riprova con più decisione: ma Courtois sembra Zamora. Alla fine,
Leonardo Bonucci
ma proprio alla fine,
Ansa
ce la fa: di piede, 2-0.
Voto 6,5 Forrest Gump
HAZARD. Pronti-via, il 25enne vio-
linista londinese si guarda attorno
e scopre di avere attorno un’orchestra di tromboni sfiatati. Witsel,
Fellaini, Lukaku: sembrano tutti
sotto Valium e lui prova a suonare
la carica, ma inutilmente. Nel 2°
tempo qualcuno si scuote, ma lui
predica sempre nel deserto.
Voto 7+ Incompreso
GIACCHERINI. Per mezzora gli az-
zurri lo cercano con palloni così alti che lui potrebbe intercettare solo
salendo in groppa a Fellaini. Poi arriva il razzo terra-aria di Bonucci,
lui sguscia via a Ciman, stoppa a seguire di sinistro, tira di destro e in-
fila Courtois con uno dei più bei gol
visti all’Europeo.
Voto 7 Scoiattolo
NAINGGOLAN. Nel primo tempo è
l’unico, oltre ad Hazard, che dimostra di essere vivo, in partita. Al 9’
scalda le mani a Buffon da 25 metri;
poi ci riprova ancora, palla fuori.
Dopo un’ora Wilmots, che per lui
non stravede, lo toglie: i morti in
piedi però sono altri.
Voto 6+ Applicato
DE ROSSI. Guerriero a protezione
dei guerrieri (quelli della difesa juventina), sfodera una partita delle
sue, da gladiatore: per informazioni chiedere a Lukaku, il 23enne
centravanti dell’Everton cui lette-
SECONDO TEMPO
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Pjanic-Juventus, c’è la firma
La Nannini festeggia i 60
I maghetti del botteghino
Il centrocampista bosniaco
si è legato ai bianconeri con un
quinquennale da 4,5 milioni di euro
E subito urla: “Forza Juve”
L’icona rock femminile italiana
compie 60 anni e celebra i 40
dal primo album da solista, dopo
l’esordio con Flora, Fauna e Cemento
“Now you see me 2, I maghi del
crimine” di Jon M. Chu sui piccoli
maghi ha spodestato “Alice” come film
più visto in Italia nel fine settimana
» 17
COPPA AMERICA La Nazionale verdeoro eliminata dal Perù nella fase a gironi (decisivo
un gol di mano di Ruidíaz) due anni dopo l’umiliazione al Mondiale contro la Germania
Seleção squadra materasso
C’era una volta il Brasile
» LUCA PISAPIA
L
a mano de adios, titola beffardamente il quotidiano argentino Olé. Esattamente trent’anni
dopo la mano de dios con cui
Diego Armando Maradona
castigava l’Inghilterra a Messico ’86, un altro gol di mano
segna una data storica del calcio sudamericano: il Brasile è
eliminato al primo turno della Copa América 2016, non
succedeva dall’anno dopo
quel gol, 1987.
seff. Decimata dal Fifa Gate,
che ha portato all’a rres to
dell’ex presidente José Maria
Marin e all’immobilità del
neo presidente Marco Polo
Del Nero, che se esce dal paese deve fare i conti con i mandati internazionali di cattura
che pendono sulla sua testa, la
federcalcio brasiliana Cbf ha
fatto danni in serie.
Gabriel, 19enne attaccante esordiente in Nazionale. Con
loro, unici giocatori di talento, Willian e Coutinho.
E così, dopo lo 0-0 nella
partita di esordio con l’Ecuador, e l’illusorio 7-1 contro
Haiti, ecco la sconfitta per 1-0
contro il Perù, 48mo posto del
ranking Fifa, che segna l’eliminazione al primo turno. Oltre il danno, la beffa del gol arrivato al 75’ con un evidente
fallo di mano di Raúl Ruidíaz.
Lo hanno visto tutti, tranne
l’arbitro uruguagio Cunha,
NON SOLO gli accordi con una
DOPO LA SBERLA presa dalla
Germania nella semifinale
del Mondiale 2014, finita 7 a 1,
l’eliminazione ai quarti di finale nella Copa América 2015
per opera dell’Honduras, la
prematura uscita di scena
della Nazionale verdeoro apre ufficialmente la crisi
strutturale dell’intero movimento. Al torneo, il Brasile si è
presentato con una squadra
imbarazzante: all’assenza di
Neymar, che il Barça ha concesso solo per le Olimpiadi, si
sono aggiunte altre defezioni,
ultima quella di Kaká, che a 34
anni suonati avrebbe dovuto
essere la stella della squadra,
per capire il livello. Il tecnico
Carlos Dunga, richiamato in
sostituzione di Felipe Scolari
dopo l’umiliazione tedesca,
ha impostato una squadra ultra difensiva che ruota intorno a Casemiro, uno che ha
senso far giocare se ai fianchi
gli metti Kroos e Modric, e
L’uscita di scena
della squadra di Dunga
(non accadeva dall’87)
apre ufficialmente
la crisi strutturale
dell’intero movimento
che dopo essersi consultato
sul campo per quattro minuti
con il suo assistente e avere ascoltato all’auricolare la voce
di qualcuno che evidentemente stava guardando un
film e non la partita, ha deciso
di convalidare. In conferenza
stampa, Dunga ha adombrato
complotti sulla voce fuoricampo che ha istruito Cunha,
e poi ha dichiarato di non avere paura dell’esonero, ma
solo della morte.
“La mano
de adios”
Il peruviano
Paolo Guerrero in azione
contro il Brasile a Foxborough (Usa)
LaPresse
Molto probabilmente però
per lui è finita, il suo sostituto
sulla panchina verdeoro sarà
Adenor Leonardo Bacchi,
detto Tite, attuale tecnico del
Corinthians. Umiliazione paragonabile al Maracanaço del
1950, quando perse 2-1 la finale mondiale in casa con l’Uruguay, già nel Mineiraço del
2014 il Brasile aveva mostrato
una poco invidiabile mancanza di talento: fuori le uniche
stelle Thiago Silva e Neymar,
a essere asfaltati dai tedeschi
furono i carneadi Hulk, Fernandinho, Fred e Bernard.
Non certo Garrincha, Didì,
Pelé e Vavà. Ma all’assenza di
buoni giocatori, e alle cervellotiche scelte di Dunga, si aggiunge lo sfaldamento di un
movimento calcistico che
precede e rispecchia la profonda crisi economico-politica del Paese, sfociata nel recente colpo di Stato contro la
presidentessa Dilma Rous-
“nota casa di abbigliamento
sportiva” (come appare dalle
carte dei procedimenti sulla
Fifa, ndr) che si arroga di decidere le convocazioni in nazionale al posto del commissario tecnico. Un depauperamento dell’intero movimento
che ha fatto sì che l’82% dei
calciatori brasiliani riceva come stipendio, quando sono
pagati, 1.000 reais al mese
(250 euro), poco sopra il salario minimo di 800. Questo,
oltre alla solita fuga delle stelle verso i grandi campionati,
come è prassi dagli Anni Ottanta, porta anche alla partenza dei giovani verso campionati minori, principalmente
Cina e Ucraina, dove il livello
del gioco è basso e non allenante ma gli stipendi sono più
alti. A ottobre 2015, il Brasile
aveva esportato 1.784 giocatori, quasi il doppio dell’Argentina che lo segue in questa
classifica. C’era una volta il
Brasile del futebol bailado.
Oggi, invece, dietro la cresta
di Neymar, non è rimasto più
nulla.
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EUROPALLE Rischio scontri tra tifoserie, l’Uefa sposta il match in autunno in Baviera
ralmente fa perdere la
trebisonda.
Voto 7+ Baluardo
BUFFON. In apertura è
Il ct Conte
Nel temuto
debutto presenta
una formazione
autoritaria
e sicura: indovina
tutte le mosse
già caldo e sventa in
angolo una fucilata
velenosa di Nainggolan. In avvio di ripresa,
invece, su un’azione
di contropiede Debruyne-Lukaku decide di fare il Neuer ed
esce alla sperindìo sul n. 9 belga:
porta spalancata, per fortuna Lukaku sparacchia di poco alto.
Voto 6,5 Ardito
COURTOIS. Sul gol dell’1-0, forse
scambia Giaccherini per un nano
da giardino dimenticato sul prato
fra Ciman e Alderweireled: e l’azzurro lo punisce. Al 54’, su una sassata di testa di Pellè, da pochi passi,
ha i riflessi di un gatto. Al minuto
84, su missile in corsa di Immobile,
è Superman per davvero. Al 93’
s’inchian a Pellè.
Voto 8 Chapeau
CONTE. Nel temuto
debutto (il Belgio è 2º
nel ranking mondiale, per chi l’avesse dimenticato) presenta
un’Italia sicura e autoritaria. Il c.t. indovina le mosse di Giaccherini (in campo) e
Motta (in panchina)
e vince una partita per cui molti avrebbero firmato il pari.
Voto 8 Condottiero
CARESSA. . Il solito ultrà del micro-
fono, ulula alla luna quando Giaccherini, al minuto 22, sullo 0-0, cade in area in contrasto con Ciman.
Sembra lo scandalo degli scandali,
un rigore gigantesco, poi Bergomi
gli spiega che è stato l’azzurro a
mettere la scarpa sulla scarpa del
belga.
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» PA. ZI.
N
el primo tempo di
Spagna-Repubblica Ceca, De Gea si
annoiava talmente tanto
che a un certo punto ha
chiamato Benzema e gli ha
detto: “Come butta lì da te?
Pollastrelle?” .
DOPO MODRIC che esulta
abbracciato all’ultrà croato schizzato in campo dalla
tribuna, grande attesa per
vedere all’opera il vincitore della campagna indetta
dall’Isis: “Festeggia col goleador infedele con un’esultanza esplosiva!”.
AI MONDIALI 2014 fu im-
mortalato mentre porgeva
la mano a CR7 subito dopo
Inghilterra-Galles,
si gioca all’Oktoberfest
essersi “scaccolato”. Oggi
ecco Löw affondare la mano sotto la cintura, grattarsi i dicotiledoni e poi zac!,
una bella annusata di mano
a favore di camera. L’Uefa
sarà contenta: RESPECT!
DOPO IL TG2 delle 13, ne “Il
Caffè degli Europei”Simona Rolandi dialoga con
Candela e lo costringe a rispondere, per via del nome, a lume di candela.
Quando arriverà Kakà,
dialogherà con la Rolandi a
pantaloni giù direttamente dalla tazza del WC.
TEMENDO disordini tra le
due tifoserie, l’Uefa comunica che Inghilterra-Galles verrà disputata in autunno a Monaco, direttamente all’Oktoberfest.
FARAGE ha chiamato Hod-
gson e gli ha detto che se
l’Inghilterra giovedì perderà contro il Galles, il primo passo verso la Brexit
sarà cosa fatta.
DOPO la clamorosa elimi-
nazione in Coppa America
contro il Perù, è scattata la
campagna “Aiuta il Brasile:
donagli un giocatore”. L’Italia ha già pronti per la restituzione Motta ed Eder.
POLEMICHE in Uk per Roo-
ney schierato a centrocampo. Siccome in quel
ruolo il capitano del Manchester fa ridere, contro il
Galles Rooney si farà scrivere sulla maglia Mac Ronay.
DOPO Italia-Belgio, Conte
medita di chiamare a Montpellier Renzi per spiegare
a Candreva e Florenzi come ci si muove a destra.
L’ETÀ MEDIA dell’Inghilterra, la più bassa di tutto
l’Europeo (25,8), preoccupa Hodgson: su suggerimento di Rooney, convocato il Principe Filippo di
Edimburgo (95 compiuti il
10/6).
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SECONDO TEMPO
Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |
L’INTERVISTA
A
Chi è
» 19
FERDINANDO SCIANNA A trent’anni esatti dalla morte, il fotografo racconta
il viaggio insieme al poeta e la moglie: “Era curioso di tutto”
SEGUE DALLA PRIMA
» ROBERTA ZUNINI
llora quarantenne, ma già
entrato (primo italiano, ndr)
nell’Olimpo della fotografia, cioè l’Agenzia Magnum
fondata dal francese Henri
Cartier-Bresson, Scianna si
trovava non solo a tentare di
restituire su pellicola il mito
al di là della disabilità che ne
orientava l’interazione fisica con il mondo e, di conseguenza far emergere il suo
vero sguardo, bensì a rendere visibile la propria “ossessione” per l’opera di Borges
che lo aveva spinto a leggere
tutto quello che era stato
pubblicato del e sull’Omero
argentino.
Cosa la colpì innanzitutto
di Borges?
Ferdinando
Scianna, nato
a Bagheria
nel 1943, è
un fotografo
e
fotoreporter.
Nel 1982
è il primo
e unico
fotografo
italiano nella
prestigiosa
agenzia
fotografica
internazionale,
Magnum
Photos, di cui
diventerà
membro
effettivo
nel 1989.
Il viaggio in
Sicilia con
Borges è
diventato un
libro nel 1989
Che il suo scetticismo sentimentale, la sua grazia scettica erano forme di pudore,
non di freddezza e distacco
dal mondo. Era un uomo umile, disponibile, generoso
e ironico, umanamente
all’altezza della sua grandezza letteraria. Aveva una
forte e genuina curiosità per
tutto ciò che lo circondava e
un grande rispetto per
chiunque lo avvicinasse. Un
giorno un giornalista lo
chiamò mentre stava per
partire. Nonostante avesse
poco tempo, decise comunque di rispondere a quelle
domande impegnative come “cos’è la saggezza? “Cosa ci riserva il futuro?” “La
saggezza – rispose – è quella
che hanno gli altri, non io.
Quanto al futuro, non so bene se esista. Non sono nemmeno molto sicuro che esista il presente”. Subito dopo
si rivolse a Maria e con un
sorriso dolce e ironico disse:
“Sono diventato un oracolo
automatico”.
Lei allora era già molto amico di Leonardo Sciascia,
che incontrò Borges qualche anno prima del suo arrivo a Palermo. Cosa disse
Sciascia a proposito di
quell’incontro?
Sciascia lo definì un teologo
laico. Nel senso che era figlio della cultura illuminista
e allo stesso tempo era inteNEL PRIVATO E NEL PUBBLICO
“Un uomo umile, disponibile,
generoso e ironico,
umanamente all’altezza
della grandezza letteraria”
ALL’ACROPOLI DI SELINUNTE
“Amava i templi nominati
secondo l’alfabeto: gli pareva
giusto che le lettere
diventassero delle divinità”
ressato ai testi religiosi che
riteneva facessero parte
della letteratura fantastica.
C’è un suo racconto in cui
mette a confronto due teologi con teorie diverse ma
che, una volta defunti, scoprirono di essere due versioni prodotte dal Dio che li
aveva creati. Sciascia scher-
“Quei nove giorni con Borges
nella Sicilia dei suoi dubbi”
zava sulla mia ossessione
per Borges, ma in realtà conosceva molto bene la sua opera e la amava perché stimola a dubitare su tutto.
Borges definì il dubbio sinonimo di intelligenza. Lei
nel 1989 pubblicò un libro
(edito da Sciardelli, ndr)
con le foto che fece a Borges in quella settimana assieme a un testo in cui
scrisse che il poeta considerava la Sicilia “terra di
dubbi”. Cosa intendeva esattamente?
Per lui la Sicilia era la Magna
Grecia, il luogo dove gli uomini iniziarono a costruire
la speculazione filosofica,
quel castello di dubbi dove è
nato un mondo parallelo fatto di parole ma non per questo meno vero del mondo
costituito dalla materia.
“Quest’isola – mi disse – è
per me di straordinaria importanza. È qui, tra queste
pietre, davanti a questo stesso mare che non è più lo stesso mare, che l’uomo ha
smesso di sentire soltanto e
ha cominciato a costruire il
proprio sistema di dubbi
Qual è il ricordo più indelebile che lei conserva di
quei giorni trascorsi assieme?
Sono due, apparentemente
molto diversi tra loro. Uno è
quando gli chiesi, mentre eravamo seduti a tavola, perché ordinasse sempre prosciutto. Lui rispose che “gli
sembrava una parola molto
nutriente”. Anche a tavola
continuava a giocare con
l’immaginazione e le parole.
L’altro è quando andammo a
visitare la magnifica acropoli di Selinunte. Era affascinato di apprendere che
quei templi di cui si ignora a
quali Dei fossero dedicati,
JORGE LUIS
BORGES
Scetticismo
sentimentale,
la grazia
scettica
erano
forme
di pudore,
non
di freddezza e
distacco
dal mondo
Per lui
la Sicilia
era
la Magna
Grecia,
il luogo
dove
gli uomini
iniziarono
a costruire
la speculazione
filosofica
Due scatti
memorabili
Al centro e
in basso, due
immagini
scattate
da Ferdinando Scianna
La saggezza è quella
che hanno gli altri,
non io. Quanto al
futuro, non so bene
se esista. Non sono
nemmeno molto sicuro
che esista il presente
siano designati con lettere
del l’alfabeto. Niente gli
sembrava più giusto che le
lettere dell’alfabeto diventino divinità: “Tempio C, come Conrad, per esempio,
non sarebbe giusto dedicare
un tempio a Conrad?”, disse.
Allora, gli proponemmo di
dedicare il tempio B a Borges. “No, no, molto meglio
Buster Keaton”.
Lei lo portò anche a Bagheria, la sua città natale, e lo
fotografò nella sala degli
specchi di villa Palagonia.
Come reagì?
Era rapito da questo misterioso gioco del riflesso, che
fu così importante nella sua
opera. Ma non parlò dei suoi
versi e dei suoi racconti in
merito, ma di quelli di un ignoto poeta espressionista
che aveva scritto un sonetto
immaginando una stanza le
cui pareti e il pavimento e il
soffitto erano completamente fatti di specchi nei
quali la sua immagine si rifletteva all’infinito.
Come commentò il fatto
che gli studenti universitari lo accolsero in modo molto caloroso, quando fino a
qualche anno prima era
stato accusato anche
dall’accademia di aver ignorato la brutalità della
dittatura argentina?
“È il frutto – mi disse serio –
di un troppo generoso, per
me, concorso di circostanze. Il fatto è che sono argen-
tino, sono vecchio e sono
cieco. L’argentino è sempre
stato visto con un pregiudizio favorevole, come un personaggio pittoresco; poi sono vecchio, lo sono ancora di
più adesso che ho avuto il
torto di essermi sopravvissuto di almeno vent’anni, e
un vecchio poeta, cieco per
giunta, viene facilmente
scambiato per Milton, se
non addirittura per Omero.
La mia povera opera non
c’entra. Se fossi sordo, per esempio, sarebbe diverso. La
sordità non diffonde alcuna
aura poetica”.
Alla fine a chi decise di consegnare la staffetta letteraria ?
A Henri Cartier-Bresson. Il
poeta cieco scelse l’occhio
del secolo.
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20 » ULTIMA PAGINA
Dalla Prima
» MARCO TRAVAGLIO
B
astava guardare il volto imbarazzato di Fassino, domenica, mentre la Annunziata gli
leggeva la dichiarazione della
Boschi sui fondi governativi per
la Città della Salute che non arriveranno se a Torino vince la
Appendino. Un volto che voleva
tanto dire: “Possibile che ’sta
&%£$§@ina $£&%?#£ente
non riesca mai a tenere la bocca
chiusa?”. Intanto la fu Unità rivoltava la frittata (“Appendino
attacca Boschi”) e incolpava i
5Stelle persino del Mein Kampf
allegato al Giornale: “Silenzio
assenso dei candidati grillini”,
“Quella manovra elettorale: da
destre e M5S silenzio assenso”.
Sempre sulla fu Unità, Giachetti dichiarava che “fare il mio capo di gabinetto permetterà a Sabella di continuare la sua azione”: e chi mai avrà impedito finora di continuarla? Forse il Pd
che licenziò in uno studio notarile il sindaco Marino che aveva
nominato Sabella assessore alla
Legalità? Ma ecco la meraviglia
delle meraviglie: il radicale
Cappato che annuncia l’apparentamento con Sala, intravedendo mirabolanti “c o n v e rgenze con i nostri obiettivi”. Ora, Cappato l’avevamo lasciato
appena 10 giorni fa impegnatissimo nel ricorso sull’ineleggibilità di Sala, che si è dimesso per
finta da commissario Expo. Ora
che si apparenta con lui, ritira il
ricorso? Nemmeno per sogno.
“L’esponente radicale – flauta
l’Unità – va avanti con l’esposto
sulla ineleggibilità. Sala: non
importa”. Apparentarsi con una
sedia vuota: non è meraviglioso?
Intanto a Napoli – sc ri ve
sempre l’house organ pidino –
“nasce il Comitato del Sì nel
Paese di Di Maio”, ma subito
“compaiono scritte intimidatorie” (dev’essere Di Maio, di
notte, con lo spray). A questo
punto, è col più vivo entusiasmo che registriamo l’arrivo al
giornale fondato da Gramsci di
una nuova firma di punta: Manuela Repetti in Bondi, eletta
con B. poi transitata in Ala. L’editoriale di esordio s’intitola
”Matteo Renzi, ‘garçon fatal’”
ed è una bella lezione di coerenza a Dario Fo, tentato di votare
Parisi: il putribondo Nobel
vuole “abbattere Renzi, reo di
voler cambiare davvero questo
Paese” e addirittura “sconfiggere il Pd”, cosa che fa inorridire una ex Pdl. Unità e Repubblica, in stereo, arruolano Piercasinando: “Io scelgo Giachetti, da brividi votare M5S” (bei
tempi quando si votava Cuffaro). È l’ultima variazione sul
SevinceilNo: il SevinceGrillo.
Anche lì maledizioni, macumbe e profezie di sventura. In sintesi, SevinceGrillo accadrà
questo. Roma perderà i 177 mila
posti di lavoro delle Olimpiadi
(non uno di meno), avrà un sindaco eterodiretto e per giunta
donna, e forse non sarà più
nemmeno capitale (già allo studio un ritorno a Firenze, o a Torino ma solo se vince Fassino).
Invece Milano, SenonvinceSala, avrà sindaco un top manager
(come Sala), passato da sinistra
a destra (a differenza di Sala,
passato da destra a sinistra) ed
ex dirigente della vecchia giunta di destra (come Sala): da brividi. Infine Torino: SevinceGrillo, oltre ad avere un sindaco
eterodiretto e per giunta donna, perderà 250 milioni per la
Città della Salute, la Mole Antonelliana crollerà e la Fiat traslocherà a Firenze, insieme al
Po e ai gianduiotti.
S
periamo che Francesca Pascale
abbia vietato a Silvio la visione
sul mega-schermo della maratona Non è la Rai day trasmessa domenica su Mediaset Extra. Le esibizioni di Ambra Angiolini, Laura
Freddi, Claudia Gerini e delle altre
200 minorenni fluttuanti nell’acquario monocromo non sono tra le più indicate per un cardiopatico. “Il paradiso terrestre deve essere così”, confidò Silvio a Gianni Boncompagni nel
1991, al debutto di Non è la Rai. Di sicuro è stato il climax della videocra-
| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
I dolori di Silvio
e il colpo
della non-stop
Non è la Rai Day
» NANNI DELBECCHI
zia, l’eldorado di Publitalia, l’anello di congiunzione tra Colpo
grosso e il bunga bunga visto
dall’occhio nichilista di Boncompagni. Il video e il vuoto. Dopo 25
anni, anche l’eden prende una prospettiva storica: gli inizi spudoratamente nabokoviani, l’uccisione della
madre (Enrica Bonaccorti), del tutor
del Cepu (Paolo Bonolis), l’incoronazione di Ambra che cammina sulle acque e ammaestra le ninfe. Alle accuse
di lolitismo Boncompagni aveva risposto rivestendo le sue adolescenti
(rendendole così ancora più sexy) e facendo dichiarare ad Ambra che era tutto un gioco. Ma in
questo “giocare a fare la tv”, perfido controcanto a chi la tv credeva di
farla davvero, c’era tutto lo spirito dei
tempi. Ce lo ha ricordato la serie 1992,
con il pubblicitario Stefano Accorsi
folgorato proprio da Ambra, né pare
un caso che Non è la Rai abbia chiuso
i battenti nel 1995, a un anno della nascita di Forza Italia. L’inferno della
politica e il paradiso terrestre non potevano dividere lo stesso tetto.