Il governo ricatta gli elettori
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Il governo ricatta gli elettori
Agli Europei di calcio l’Italia di Conte batte due a zero il Belgio nella partita d’esordio. Si attendono i commenti festanti dei politici da social network Martedì 14 giugno 2016 – Anno 8 – n° 163 a 1,50 - Arretrati: a 3,00 - a 12 e con1,50 il libro “Il Fatto Personale” – Arretrati: e 3,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 ORLANDO Il repubblicano attacca gli islamici, il presidente li difende SevinceilNo Il buio dopo la strage: lite Trump-Obama e flop Fbi p Dopo i 49 morti della discoteca gay Pulse, Obama non avalla la pista jihadista ipotizzata dall’Fbi. Critiche sulla sicurezza per gli scarsi controlli sul killer. Alcune vittime forse uccise dal “fuoco amico” degli agenti q CATTANO E GRAMAGLIA A PAG. 8 - 9 y(7HC0D7*KSTKKQ( +.!z!.!=!& » MARCO TRAVAGLIO S I DUE RAGAZZI AFROAMERICANI, SIMBOLI DI OGNI OCCIDENTE q FURIO COLOMBO A PAG. 9 Abbraccio A Orlando Reuters GIOCO SPORCO Non solo il caso Boschi-Appendino: tutte le pressioni sulle città Il governo ricatta gli elettori Così Renzi & C. usano i fondi pubblici per minacciare chi non vota Pd p Torino e Roma hanno problemi legati al bilancio. Napoli pure, e deve poter contare su Palazzo Chigi anche per la riqualificazione di Bagnoli. A Milano i conti sono in ordine, ma c’è l’incognita delle aree Expo q BARBACETTO, MANAGÒ, FIERRO E GIAMBARTOLOMEI A PAG. 4 - 5 OLIMPIADI “Dire No è onestà” Adriano Celentano e la Capitale al voto: “La lupa dei romani” POLEMICHE SU FB La dirigente fa lo spot a Fassino col figlio disabile q DELLA SALA A PAG. 3 PARLA BOSSI Gomorra alla milanese: Scheggia, Lulù e Pelato, i padroni della coca “Attorno a B. vedo solo pecore con le zanne” q MILOSA A PAG. 7 q ADRIANO CELENTANO A PAG. 2 q VECCHI A PAG. 6 30 ANNI DALLA MORTE Il fotografo Scianna e il grande scrittore La cattiveria Borges, il dubbio in uno scatto Avvertenza: oggi, e soltanto oggi, questo giornale non sarà antiberlusconiano » ROBERTA ZUNINI T rent’anni fa Jorge Luis Borges moriva a Ginevra dove visse gli ultimi anni della sua vita. Due anni prima andò a Palermo per ritirare un premio che era stato istituito di fatto per omaggiare il suo genio e, in qualche modo, le sue origini perché era cresciuto nel barrio Palermo di Buenos Aires. Si trattava di un riconoscimento dalle modalità inedi- te: il vincitore avrebbe dovuto designare il proprio successore. Prima di sceglierlo, il grande poeta argentino ormai cieco da decenni, trascorse nove giorni a “guardare” la Sicilia grazie alla moglie Maria Kodama. Ma in quell’occasione, a tradurgli in immagini la luce dell’isola, c’era anche uno dei più importanti fotografi del mondo, Ferdinando Scianna, siciliano di Bagheria. SEGUE A PAGINA 19 PIAZZA AFFARI -2,9% Borse a picco, adesso la Brexit pare più vicina q BORGHESE E DI FOGGIA A PAG. 13 i assiste con la più viva trepidazione alla galoppante crisi di nervi di Renzi & Boschi. Come disse Veronica Lario per il marito, chi vuol bene a Matteo & Mariaele stia loro vicino in un momento tanto delicato. Le loro condizioni non potranno che peggiorare: se sono già in questo stato a quattro mesi dal referendum costituzionale, figurarsi come saranno ridotti a quattro giorni od ore: forse in camicia di forza, con due robusti infermieri accanto. Non passa giorno senza che entrambi, o almeno uno dei due, non avverta l’impellente bisogno di metterci in guardia dai pericoli che corriamo con un’eventuale, malaugurata vittoria del No. Il tormentone SevinceilNo si candida a sostituire i più celebri “Vengo anch’io, no tu no” e “Quelli che” di Enzo Jannacci, o “Nuntereggaepiù” di Rino Gaetano. Finora abbiamo appreso che SevinceilNo accadrà, nell’ordine, questo: “L’Italia sarà ingo vern abi le”, “tornerà nella palude”, “cadrà in preda all’instabilità”e alla “speculazione”, “risalirà lo spread”, “non avremo più riforme per 30 anni”, “saremo il paradiso degli inciuci”, vincerà “un’Armata Brancaleone” di “falsi partigiani” e pure “CasaPound”, “l’Europa non ci filerà più”, ma soprattutto – lo scenario più terrificante – Renzi e la Boschi andranno “a casa” (ciascuno nella sua, si suppone), e forse si porteranno anche Padoan. Prossimamente su questi schermi: SevinceilNo avremo sette anni di guai, ci invaderanno mosche, zanzare, rane, pidocchi e cavallette, l’acqua diventerà sangue, uomini e animali si ricopriranno di ulcere e foruncoli, pioveranno fuoco, ghiaccio e anche merda (variante referendaria alle bibliche piaghe d’Egitto), caleranno le tenebre 24 ore su 24 inclusi i festivi, i primogeniti maschi moriranno, ci sarà una grande morìa delle vacche, come voi ben sapete, e i ragazzini diventeranno ciechi anche senza farsi le pippe. Finora purtroppo la Pubblicità Progresso governativa per il Sì non ha sortito gli effetti sperati. Anzi, l’unica conseguenza sin qui rilevata è che gli italiani, anziché spaventarsi, fanno crescere il No nei sondaggi. E fanno perdere il Pd nelle urne. Tant’è che i candidati superstiti ai ballottaggi, disperati per l’e f f e t t o- b o o m erang, hanno pregato Renzi e la Boschi di non farsi più vedere al loro fianco. E, possibilmente, di esercitare l’aurea virtù del silenzio. Fiato sprecato. I due continuano imperterriti a far danni con sparate da neurodeliri, in una campagna impostata sulla totale abrogazione della logica. SEGUE A PAGINA 20 2 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 A TESTA IN GIÙ IL REFERENDUM E LE BRAVE PERSONE » PAOLO HENDEL , LO CONFESSO: se sento Gustavo Zagrebelsky che spiega le ragioni del No mi dico: “Quest'uomo ha ragione da vendere. Bisogna votare No”. Ma se poi sento Massimo Cacciari che spiega le ragioni del Sì mi dico: “Quest'uomo ha ragione da vendere. Bisogna votare Sì”. Invece, chissà perché, quando sento Renzi e Salvini pronunciarsi l’uno per il Sì e l’altro per il No, mi vien voglia di fare il contrario! È buffa la vita! Come ne esco? Il mio psicanalista non mi è d’aiuto. A peggiorare le cose ci si mette Dario Fo, nostra luce e guida, che quasi quasi a Milano voterebbe per Parisi piuttosto che per Sala... Per ritrovarsi poi Salvini assessore! E sempre lui, Dario Fo, accusa Benigni, altra nostra luce e guida, di essere per il Sì per biechi interessi personali. Ma non si potrebbe da qui a ottobre limitarci a entrare nel merito della (non facile) questione, evitando di parlare di golpe e di dividere il mondo tra buoni e cattivi? Conosco bravissime persone che sono per il Sì e altrettante bravissime persone che sono per il No, e sono sicuro che seguiteranno a essere bravissime persone anche dopo il referendum di ottobre, comunque esso vada. BALLOTTAGGIO CAPITALE Meloni ha sbagliato con la via ad Almirante. Marchini è caduto sulla Ferrari. Raggi ha detto che “fare le Olimpiadi è da criminali”: e ha ragione, è onesta » ADRIANO CELENTANO P erché gli italiani vanno male e per colpa loro, tranne me e Mina, vanno male anche gli altri cantanti? Perché sbagliano repertorio. La Meloni per esempio era in pole position, poi ha steccato proprio sulla via di Almirante. Che, con tutto il rispetto, in quel momento non aveva nulla a che vedere col progetto romano. Lo stesso vale per Marchini che, una volta sindaco, si sarebbe vergognato di andare in Comune con la Ferrari. Chissà quanti dei suoi elettori avranno pensato: “Non farà mica la fesseria di presentarsi in Comune con la Topolino?!”. È inutile poi incolpare l’astensione. Anche a Milano c’è stata qualche stonatura. Giuseppe Sala, per esempio, che a me non dispiace anche per come ha condotto con successo l’Expo: bisogna dire che anche a lui gli si è spezzato “l’acuto” sul problema delle moschee. Ma, a parte questo e le grandi bugie che dicono sul suo conto, Sala può essere davvero un buon sindaco. E il fatto che uno come l’ex pm Colombo, in seguito a una proposta dello stesso Sala, abbia accettato di istituire un comitato per la LEGALITÀ e la TRASPARENZA, è un segnale positivo da non sottovalutare. PERÒ. Non esiterebbe ad accogliere le Olimpiadi. Come se anche a Milano non ci fossero gli stessi problemi che ci sono a Roma, Napoli, La lupa dei romani Palermo e dove la terra dei fuochi potrebbe espandersi dalla Calabria ai confini della Germania. La MAFIA insegna. LA VERITÀ È CHE gli italiani non li freghi più. Sono troppo abituati a fregarsi fra di loro, e quello dei politici è ormai un copione fisso che an- PARADOSSI che i romani hanno imparato a memoria e, proprio per questo, si domandano: ma allora di chi dobbiamo fidarci? Certo non è facile, i segnali attraverso i quali è possibile rilevare una parvenza di reale onestà, specie nelle persone a cui è affidato il difficile ruolo di PASTORE, appaiono purtroppo sempre più sofisticati, ma non è detto che non ci siano. Uno dei più espliciti e direi fulminanti è quello lanciato da chi ha avuto il coraggio di dire che “fare le Olimpiadi è da criminali”. Una dichiarazione impopolare, quella di Virginia Raggi. Ma, proprio per questo, tremendamente ONESTA. Prima di giocare al pallone è necessario pulire il campo, non solo dalla sporcizia, ma anche dalla corruzione, sembra volerci dire la probabile LUPA dei romani. Per la prima volta, dunque, una donna al comando di Roma, e tutt’altro che inesperta. La quale, oltretutto, si rispecchia in pieno in quel movimento inarrestabile che ha creato Grillo. E qui devo dire che la mossa del “Politik-Comico” nel mettere in scena il suo silenzio durante il periodo elettorale dei sindaci ha rafforzato di parecchio l’idea che alle prossime elezioni nazionali ci sarà un duello all’ultimo dibattito fra i due personaggi più importanti della nostra scena politica: Renzi e Grillo. Nelle veci di quest’ultimo potrebbe poi esserci Di Maio. Ammesso che Renzi perda... © RIPRODUZIONE RISERVATA Vita quotidiana a Roma La città allo sfascio e l’incredibile arte di arrangiarsi IL TOM TOM DEI PROFUGHI DEL 92 » GIORGIO MELETTI L’autobus non parte, l’autista non conosce la strada e i pendolari sono costretti a guidarlo verso la meta A Roma si vive così. Ieri alle 15:30 alcuni cittadini inferociti attendevano da mezz’ora al capolinea della stazione Termini l'autobus 92, gestito dall’efficiente Atac, gioiello dell'amministrazione capitolina che vanta un debito consolidato di soli 1,3 miliardi di euro. Un elettore chiede notizie a una specie di capostazione, che risponde come se fosse in un aeroporto intercontinentale: “Oggi con il 92 abbiamo dei problemi, mi dia dieci minuti di tempo e le dico qualcosa”. Si erano guastati tre autobus, pare. TUTTI DELLA LINEA 92? Il capo- stazione si sfoga con un collega: “Non posso neppure togliere un autobus dal 64, perché quello lì in alto sai che guai a chi gli tocca il 64”. Il 64 è la linea che collega Termini con San Pietro, famosa in tutto il mondo come paradiso dei borseggiatori. Arriva un autobus con la scritta “Deposito”,. È libero. Il capostazione apostrofa l'autista: “Che me fai 'na 92?”. Replica dell’autista laconico: “No”. Il capostazione si sfoga: “Cosa je costava?”. Gli aspiranti passeggeri del 92 cominciano a rumoreggiare. Due immigrate, prive del diritto di vendicarsi alle urne, sono disperate: “Dobbiamo andare a lavorare”. Il capostazione promette la magia: “Il prossimo che arriva lo faccio diventà un 92”. Eccolo. “Che me fai 'na 92?”. “Nun so 'a strada”. Il capostazione non si arrende, convoca sul posto un’assemblea dei profughi del 92 e chiede chi si sente in grado di mettersi accanto all’autista per indicargli il percorso. Qualcuno eccepisce la procedura non del tutto aderente agli standard occidentali. Il capostazione si offende: “Anziché dire grazie...”, e forse ha ragione, se a Roma ogni tanto un autobus passa è merito di pochi eroi misconosciuti come lui. ALLA FINE L’INCARICO di naviga- tore è assegnato a un tonico settantacinquenne, che prende posto con malcelato orgoglio accanto alla cabina di guida e impettito come il capitano MacWhirr (Joseph Conrad, Tifone) scruta l’orizzonte metropolitano e indica la rotta. Chi non vive a Roma fatica a ren- dersi conto che milioni di persone, e in particolare la fascia più povera, sono privi del diritto alla mobilità, ostaggio di vere e proprie bande che hanno spolpato l’At ac per decenni sotto l’occhio vitreo di sindaci sedicenti competenti (Ignazio Marino, Gianni Alemanno, Walter Veltroni e Francesco Rutelli) e dei loro ambiziosi portaborse. Chi si interroga sugli orientamenti elettorali del populus romanus provi a prendere un autobus: capirà perché così tanti cittadini, piuttosto che per uno dei competenti che hanno ridotto così la Capitale, voterebbero per un cane lupo. © RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | Lo sberleffo I MISSILI DI PINOTTI CONTRO L’ANPI » FERRUCCIO SANSA IL CASO » VIRGINIA DELLA SALA M i chiamo Riccardo. Ho 14 anni. Quella vicino a me è la mia mamma. Sono un ragazzino disabile. Non parlo, non cammino, non posso fare nulla in autonomia. Sono fortunato perché sono circondato da persone meravigliose che mi amano e anche perché vivo a Torino, città governata da cinque anni da Piero Fassino, attento e sensibile alle situazioni come la mia. Io e la mia mamma ci fidiamo molto di lui, siamo in buone mani! Se potessi votare, al ballottaggio sceglierei Fassino!”. Un post e una foto pubblicati su Facebook il 10 giugno da Maurizia Rebola, torinese, direttrice del Circolo dei Lettori della città, fondazione che dipende dalla Regione Piemonte, governata da Sergio Chiamparino. Un endorsement che ha sollevato polemiche sui social network, tra chi l’ha accusata di “strumentalizzazione”. MAURIZIA REBOLA, infatti, è la mamma di Riccardo ma è anche la moglie di uno degli uomini incaricati della comunicazione elettorale di Piero Fassino: Valerio Saffirio, fondatore e managing director dell’agenzia Stylum. “Non abbiamo nulla da commentare – Punti di vista Nicoletti: “Nulla di sbagliato, ma serviva chiarezza”. Argentin: “Io non la condivido” spiega al Fatto Saffirio –, chi ci critica dovrebbe venire a trascorrere un giorno con noi e nostro figlio. Il suo sorriso è tutto quello che ci interessa”. Non è la prima volta che il tema della disabilità entra in campagna elettorale. Già a febbraio, il Pd aveva scelto di sostenere la candidatura alle primarie per il Campidoglio di Chiara Ferraro, 25enne auti- LA VIGILIA , IL MISSILE DEL MINISTRO arriva da Genova: ”Dispiace davvero che ci sia chi cavalchi contro la riforma i temi della Resistenza e della Liberazione”. Così parlò Roberta Pinotti in una lenzuolata di intervista al Secolo XIX. Destinataria della pesante critica è l’Anpi. Dopo Maria Elena Boschi e la sua spericolata affermazione su Casa Pound ecco che l’associazione dei partigiani è presa di mira da un altro ministro. Un missile degno di un F35 contro l’associazione guidata da Carlo Smuraglia che la Resistenza l’ha fatta per davvero: “Il fatto che l’Anpi si schieri per il “no” alla riforma ha turbato anche tanti che hanno fatto la Resistenza”. Tanti lo dice Pinotti, visto il risultato plebiscitario del voto dell’assemblea Anpi. Ma il ministro della Difesa non si ferma: “Dopo la guerra ci fu la capacità di mettere insieme le forze diverse del Paese e ridurre a sintesi le diversità per dare vita alla Costituzione”. Capacità dimostrata anche oggi. Renzi e Verdini al posto di De Gasperi e Togliatti. L’ex pacifista Pinotti rassicura i lettori parlando di un maxi appalto in arrivo per le navi di Fincantieri e del suo interesse per i droni. Infine un peana per il Jobs Act che ha portato 455 mila posti di lavoro. E un’agenda per la sua città dove arrivò terza alle ultime primarie per il sindaco: “A Genova voglio bene e sto cercando di aiutarla”. La dirigente sponsorizza Fassino col figlio disabile Il post di Maurizia Rebola, moglie dell’ addetto alla comunicazione del sindaco Strumento o messaggio? Il post Facebook in cui Maurizia Rebola “dichiara” il voto di suo figlio LaPresse stica di Roma. La ragazza aveva raccolto circa mille firme (ne servivano 2 mila) e la sua era stata definita una “candidatura simbolica” (in precedenza era nella civica di Ignazio Marino). Poi, il 28 febbraio, la sua comparsa al programma In ½ ora di Lucia Annunziata aveva fatto cambiare idea a molti dei suoi iniziali sostenitori. La sua presenza silenziosa, l’esposizione mediatica, la sensazione che la candidatura fosse riconducibile alla volontà del padre Maurizio, da sempre con coraggio in prima linea nelle battaglie per l’integrazione, e alle famiglie da lui rappresentate. “Il nostro è un punto di vista diverso” disse Maurizio Ferraro in trasmissione, parlando delle critiche. “Non stiamo parlando di un’esposizione, ma di un esserci”. Il confine è delicato. “Non c’è nulla di sbagliato nell’esposizione della disabilità –spiega Gianluca Nicoletti, giornalista, scrittore, padre di Tommy, un ragazzo autistico –. Mio fi- LA PAGELLA Antonio Campo Dall’Orto Domenica scorsa la Rai era tutta allo stadio. Ha avuto più compassione per uno sgambetto, più attenzione per un cross, più emozione per un gol che per la carneficina di Orlando. Ci sono gli Europei e poi la domenica è sempre una festa. ANTONELLO CAPORALE glio è sempre presente: nei miei libri, nei miei articoli, nelle trasmissioni. Mi aiuta a veicolare i messaggi, a far capire cosa significhi. Perciò una madre fa bene a mostrare il figlio disabile su Facebook. E fa bene anche ad appoggiare un candidato se crede che abbia fatto cose buone per sé e il proprio figlio. Il discorso cambia solo se dietro c’è dell’altro. Ma questo riguarda la sua coscienza, non possiamo giudicare. Certo, avrebbe potuto essere trasparente, dire chi era e cosa faceva, dire quale fosse il ruolo del marito o il suo”. Per Nicoletti, l’immagine dei disabili non può essere un problema in un Paese in cui se ne cercano di teneri e carini per fare un film o in cui per chiedere l’8 per mille mostrano bambini poveri e denutriti. E nelle scorse settimane sul suo sito web www.pernoiautistici.com ha chiesto a tutti i candidati sindaco delle grandi città di rispondere a tre domande per raccontare cosa avrebbero fat- to per aiutare le persone autistiche e le loro famiglie. Chi più, chi meno bene, hanno risposto tutti. “SOSTENGO la candidatura di Fassino, sono del Pd, ma questa scelta proprio non la condivido –spiega invece la deputata dem Ileana Argentin, affetta da un’amiotrofia spinale che la costringe su una sedia a rotelle (“Io, la poltrona me la porto da casa” fu lo slogan di quando si candidò a Roma nel 2006) –. Avrebbe avuto più senso che la Rebola raccontasse quali cose buone ha fatto per i disabili Fassino o quali siano i problemi e i servizi che non funzionano”. Senza contare che Riccardo è minorenne. “Ognuno è protagonista della propria disabilità e ognuno deve scegliere di farne un uso adeguato. Il confine si supera però quando si strumentalizza il limite. E quando si strumentalizza la politica della disabilità”. © RIPRODUZIONE RISERVATA Da lontano Il premier a San Pietroburgo a celebrare il Made in Italy Renzi giovedì vola da Putin, niente comizi con i candidati: in forse anche la festa dell’Imu C he non avesse alcuna voglia di metterci la faccia, era chiaro sin dalle prime ore dopo la chiusura dei seggi al primo turno: di fronte all’ipotesi di sconfitta, il premier preferisce restare dietro le quinte e, va detto, nemmeno i candidati reclamano la sua presenza. Così, a pochi giorni dai ballottaggi, la strategia sembra confermata: Renzi non parteciperà a nessuna iniziativa elettorale e perfino la “festa dell’Imu”, giovedì 16 giugno, dovrebbe celebrarsi senza di lui. Il premier, infatti, è atteso già in tarda mattinata a San Pietroburgo, al vertice economico a cui quest’anno l’Italia partecipa come ospite d’onore. La “Davos”russa impegnerà Renzi almeno fino al venerdì sera. Sarà una due giorni all’insegna della narrazione sull’Italia che vince (o che dice Sì, come direbbero a palazzo Chigi): accordi tra imprese, celebrazione del Made in Italy e sfilata con Vladimir Putin. Molto meglio che un comizio con Piero Fassino, Roberto Giachetti o Beppe Sala, in effetti. Nessuno dei tre, a quanto pare, ha particolarmente sofferto la scelta: Matteo Renzi e Vladimir Putin LaPresse »3 Fassino lo ha praticamente detto durante il confronto su Sky (“meglio che non venga” è stato il succo del suo discorso) e anche gli altri candidati in corsa lo temono: se il voto per le Amministrative diventa un referendum pro o contro Renzi, c’è il rischio che gli oppositori del governo si mettano insieme per buttarlo giù. Renzi, dal canto suo, ha già avvertito che anche il risultato più disastroso (la sconfitta a Milano o Torino) non cambierà le sorti della legislatura. In ogni caso, meglio restare alla larga. NAPOLI IL FANTASMA DE MAGISTRIS CHE SPARISCE DALLA TV » FABRIZIO D’ESPOSITO S arà che l’esito del ballottaggio appare scontato, sarà che lì il Pd renziano prende solo mazzate, fatto sta che Napoli e Luigi de Magistris sono spariti dal racconto nazionale di queste elezioni amministrative. Domenica, per esempio, la brava e paziente Lucia Annunziata nel suo programma su Raitre, In mezz’ora, si è sorbita ben tre confronti diretti: Milano, Roma e Torino. Facili le ragioni dell’esclusione di Napoli: il Pd non è al ballottaggio e quindi non “pesa” nell’unico dato che conterà lunedì a livello nazionale, quello sulla sconfitta o sulla vittoria del premier. In realtà, Napoli sconta questo gap di informazione sin dall’inizio della campagna elettorale. La gran parte dei quotidiani, si pensi al Corriere della Sera o allo stesso Mattino partenopeo, si sono limitati a saccheggiare i luoghi comuni sulla plebe ignorante dei lazzari, vittima di un malefico incantesimo da parte di de Magistris. Perché tutto nasce, ovviamente, dal solito pregiudizio sul sindaco populista, zapatista se non chavista. Invece il sindaco edizione 2016, votato da 172.700 cittadini al primo turno (42,8 %), è un po’ diverso dal de Magistris di 5 anni fa. Come dimostra il noto comizio in cui intima a Renzi di farsela sotto (l’unica volta che il sindaco si è guadagnato la ribalta nazionale) de Magistris incarna un sentimento di autonomismo cittadino, per dirla in termini catalani e non neoborbonici, che taglia trasversalmente tutte le fasce sociali e le classiche categorie politiche di destra e di sinistra. Il suo antirenzismo è una controrottamazione basata sui risultati di un’amministrazione che i cittadini hanno per il momento giudicata buona: il boom del turismo, la scomparsa dell’immondizia, finanche uno zero meritevole alla voce inchieste giudiziarie. Non solo. A votare in massa per de Magistris sono stati soprattutto i quartieri più borghesi (Vomero, Chiaia e Posillipo). Altro che plebe. Forse a Napoli si vive meglio. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 GOVERNO E CASSE COMUNALI In tv la minaccia del ministro Boschi sui fondi stanziati IL PRIMO COLPO è arrivato domenica in tv. Tra la candidata sindaco dei 5Stelle Chiara Appendino e il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi sono volati tweet e note. Tutto è cominciato su SkyTg24, quando il ministro ha detto: “Se vince la Appendino Torino perde 250 milioni di euro stanziati per il Parco della salute”. Lei, la Appendino, ha replicato su RaiTre: “Sarò il sindaco di q Torino e farò gli interessi di tutti i cittadini e mi auguro che gli altri referenti istituzionali, governo compreso, facciano lo stesso. Un governo non può fare differenze a seconda di chi vince le elezioni amministrative, perché questo è un ricatto”. La Boschi non si è tirata indietro: “Confermo. Se rinunciate al progetto, rinunciate al finanziamento. Non è un ricatto”. La schermaglia è indicativa del clima: alla vigilia dei ballottaggi nelle principali città italiane, il tema del rapporto con il governo nazionale diventano i soldi. Tanto più che in tre delle città al voto (Roma, Torino, Napoli) la situazione delle casse comunali è a dir poco disastrata. In queste pagine vi raccontiamo lo stato dell’arte e proviamo a mettere a fuoco alcune delle questioni che presto potrebbero arrivare al tavolo delle trattative. Soccorso dem Le promesse dei ministri per portare voti al renziano: dal Grande raccordo anulare per le bici ai soldi per le maestre precarie ROMA » ANDREA MANAGÒ H o trovato una città costruita di mattoni, ve la restituisco di marmo”, si narra abbia detto l’imperatore Ottaviano Augusto. Altra epoca, altri fasti. Oggi le risorse insufficienti sono uno dei problemi principali per Roma, da anni alle prese con la crisi del “capitalismo municipale”, un modello con cui Palazzo Senatorio garantiva investimenti a pioggia e occupazione, incurante della crescita del debito cittadino. Ponti e ciclabili, il governo prova a salvare Giachetti I numeri 12 I miliardi di debito che gravano sul Comune di Roma 145 LA CAMPAGNA elettorale per il Campidoglio è stata scandita, tra gli altri temi, dal dibattito sul debito storico del Comune: 12 miliardi di euro maturati tra la fine degli anni Cinquanta e il 2008. Ma la reale capacità di rilancio della città dipende soprattutto dalle risorse immediatamente a disposizione nel bilancio corrente. La manovra economica 2016, redatta dal commissario Francesco Paolo Tronca, fotografa un ente gravato di passività (con 250 milioni di debiti fuori bilancio), sostanzialmente incapace di programmare interventi a lungo termine senza fare ricorso a nuovi prestiti o al soccorso del governo. Nei prossimi mesi Pa- I milioni stanziati per il Ponte dei congressi Lo scontro Roberto Giachetti e Virginia Raggi Ansa/LaPresse lazzo Chigi potrebbe essere determinante per le sorti del nuovo sindaco, sbloccando o meno risorse. Senza fondi ad hoc, molti progetti promessi da Roberto Giachetti e Virginia Raggi rischiano di rimanere solo propaganda elettorale. E chissà che Matteo Renzi, in caso di vittoria a 5Stelle, non voglia svolgere un ruolo di “opposizione ombra” nella Capitale. Il Campidoglio ogni anno vara un bilancio da circa 5 miliardi e mezzo per garantire soprattutto raccolta e smaltimento dei rifiuti (1,4 miliardi), trasporto pubblico (1,1 miliardi) e politiche sociali (780 milioni). E, naturalmente, per sostenere il costo della macchina amministrativa e del personale (1,1 miliardi). Risorse che arrivano in buona parte dalle tasse cittadine, le imposte comunali più alte in tutta Italia. Il governo, dal 2014, garantisce uno stanziamento di 110 milioni per gli extra-costi legati alle funzioni di Capitale, a parziale copertura delle spese organizzative legate al numero elevato di 14 I milioni necessari per il Grande raccordo anulare delle biciclette. Il ministro dei Trasporti Delrio lo ha posto tra le opere prioritarie con 14 milioni di euro. Poi c’è il “Ponte dei Congressi”, finanziato nel 2015 con 145 milioni di euro dallo Sblocca Italia: enPOCA COSA PERÒ, specie se si tro l’anno il Provveditorato pensa che a Parigi lo Stato co- per le opere pubbliche del Lapre il 23 per cento delle risorse zio deve scrivere il bando eucittadine, mentre Londra e ropeo. Mentre il ministro della Berlino dispongono di finan- Pubblica amministrazione, ziamenti specifici per la loro a- Marianna Madia, ha annunrea metropolitana. Il bilancio ciato entro giugno un decreto comunale piange e con esso gli per stabilizzare le precarie imprenditori cittadini, inca- delle scuole comunali di tutta gliati tra grandi opere ferme al Italia, con Roma in prima linea tra i benefici. palo, crisi del mattone e scarsa Senza dimenticare la vertenza apertura all’i nnovazione. Così i sul salario accessorio dei dipenf i n an z i a m en t i Debito record statali restano Sul Campidoglio denti capitolini, sbloccata poche l’unica via per tentare di mo- pesa un passivo settimane dopo la candidatura di dernizzare la cit- da 12 miliardi, tà. In campagna Giachetti (grazie elettorale il go- con 250 milioni all’avallo tecnico verno è venuto di disavanzo dell’Avvocatura più volte in socdi Stato a un provcorso del candi- fuori bilancio vedimento prodato sindaco del posto da Tronca) dopo due anni di Pd, Roberto Giachetti, promettendo lo sblocco sostanziale immobilismo in di alcune infrastrutture e di materia da parte di Palazzo provvedimenti a beneficio Chigi. Nei giorni scorsi Renzi ha della Capitale. Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, ha ripetuto: “Se il Pd perde a Roricordato che il Grande Rac- ma ho l’impressione che salti cordo Anulare delle biciclette, la candidatura alle Olimpiadi un percorso ciclabile di 44 chi- 2024”. E forse non solo quellometri, è stato inserito tra le lo. opere prioritarie e finanziato © RIPRODUZIONE RISERVATA manifestazioni, cortei e celebrazioni istituzionali ospitate in città. Voragine Sotto la Mole cinque miliardi di passivo e progetti in bilico senza i soldi dello Stato TORINO Cantieri a rischio nella città in “rosso” » ANDREA GIAMBARTOLOMEI Torino U una città in profondo “rosso”, dove ogni residente ha sulle spalle un debito di più di tremila euro. Per l’esattezza, 3.290 euro per ogni torinese. Abbastanza per comprendere quanto i soldi dal governo di Roma saranno fondamentali per Torino. NEGLI ANNI dell’amministrazione del dem Piero Fassino il disavanzo è sceso di 355 milioni di euro, passando dai 3,284 miliardi di euro del 2011 ai 2,929 miliardi iscritti nel rendiconto del 2015 approvato a maggio dal Consiglio comunale. In questa campagna elettorale, però, Fassino va ripetendo che il debito è sceso a 2,85 miliardi, ma è la previsione del bilancio 2016, che sarà certa soltanto nella primavera 2017. L’economista Carlo Manacorda fa notare come resti I numeri 11 I milioni che si attendono dal governo per il cantiere della Linea 1 della metro 125 I milioni che servono per il primo lotto della Linea 2 140 I milioni per la linea ferroviaria Torino-Ceres un mistero il debito che grava sulle municipalizzate. E ricorda: “Dal 2017, con le nuove regole contabili, il bilancio del Comune andrà sempre letto come quello di una holding a capo di una galassia di partecipate”. È quello che sostiene anche la candidato sindaco dei Cinque Stelle, Chiara Appendino, che chiede un audit complessivo per conoscere con esattezza l’entità del passivo e rinegoziarlo. L’ex assessore al Bilancio Gianguido Passoni ribatte : “Il debito del Comune e delle sue aziende ammonta a circa 5 miliardi, ma assieme danno lavoro a 30mila persone e hanno un patrimonio di 8 miliardi di euro. E comunque negli ultimi cinque anni abbiamo ridotto il debito delle partecipate di due terzi”. La riduzione, sostiene, è avvenuta perché “abbiamo estinto vecchi mutui e non ne abbiamo fatti di nuovi”. Il 5 per cento La sfida Chiara Appendino e Piero Fassino Ansa/LaPresse dei ricavi delle vendite di immobili comunali è servito ad accelerare l’estinzione di alcuni mutui o la chiusura di derivati. Il resto di questi incassi straordinari è servito per spese straordinarie e investimenti una tantum, come una quota della metro nel 2014. Torino ha anche venduto quote di alcune partecipate ottenendo un avanzo usato come riserva per coprire l’eventuale mancato incasso di alcuni crediti. Se Fassino fosse riconfermato l’obiettivo sarebbe riportare il debito al livello del 2004, quando era di 2,3 miliardi. Ancora Passoni: “Fra due anni saremo in un’area di non preoccupazione, e si può immaginare di ridurre la pressione fiscale”. Ma molti dei progetti del Comune dovranno essere finanziati dallo Stato. Come i 250 milioni di euro per il Parco della Salute, oggetto della disputa tra Maria Elena Boschi e la Appendino. In ballo c’è anche il p r o l u n ga m e n t o della Linea 1 del- la metro in entrambe le direzioni. IL CANTIERE a piazza Bengasi (a lungo fermo perché la ditta appaltatrice aspettava i soldi) attende 11 milioni da Roma, mentre per la parte diretta a Rivoli dovrebbero arrivarne 40 milioni. Per il primo lotto della Linea 2 se ne aspettano 125 milioni dal Cipe. Cifra simile, 140 milioni, è attesa per la linea ferroviaria Torino-Ceres e l’innesto del passante ferroviario, un’opera - quest’ultima - finanziata con un miliardo di euro dallo Stato e 350 milioni dalla città. Altri stanziamenti per circa 150 milioni di euro serviranno per i campus universitari, per due stazioni intermediarie della ferrovia urbana e per il programma operativo nazionale di rigenerazione. Tradotto, il rapporto con il governo sarà fondamentale per il futuro di Torino. © RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | Lo sberleffo MR EXPO INVENTA IL 3X2 GOMMOSO » FQ L’ULTIMA frontiera della campagna elettorale ha il sapore di arancia, pera e fragola. A Milano –come documenta il sito affaritaliani.it – circola un omaggio per i futuri elettori di Beppe Sala: caramelle. Lo slogan vorrebbe essere accattivante: “Caramelle da uno conosciuto” si stuzzica, parafrasando l’antico motto con cui si in- “La prima caramella è per te, le altre regalale a chi vuoi”, scrive il volantino-ricetta. Le gommose ovviamente sono allegate: “Con dolcezza puoi moltiplicare i voti per Sala. Regala caramelle e volantino a due amici e portali con te al seggio”, è la disposizione finale. Attenzione, per sabato è prevista una straordinaria distribuzione porta a porta di guinzagli. vitavano i bambini a non dare troppa confidenza in giro. Ecco, l’idea dei comunicatori di Mr. Expo è che bisogna ricominciare ad avere fiducia e impegnarsi a fare proseliti: certo, se a un volenteroso pro-Sala venisse in mente di girovagare per la città a convincere elettori indecisi, uno zuccherino a portata di mano può sempre tornare utile: Il bilancio L’isola felice del capoluogo lombardo e il risanamento targato Pisapia nonostante i tagli dei trasferimenti statali MILANO » GIANNI BARBACETTO A , »5 Milano l confronto di situazioni finanziarie come quelle di Torino o, peggio, Roma, Milano fa la figura della città virtuosa. È vero che chiudere il bilancio è ogni anno un’impresa, ma è un’impresa finora riuscita. L’amministrazione guidata da Giuliano Pisapia si vanta di aver ridotto il debito. Letizia Moratti lo aveva fatto lievitare da 3.656 a 4.268 milioni di euro. L’assessore al bilancio uscente, Francesca Balzani, lo ha abbassato quest’anno a 3.945 milioni di euro. E Milano ha scalato la speciale classifica dell’Anci sui bilanci virtuosi, passando in cinque anni dal posto numero 1.313 al numero 28. In presenza di condizioni sfavorevoli, visto che i trasferimenti statali anche al Comune di Milano erano 728 milioni di euro nel 2010, nel 2016 si sono ridotti a 380 milioni. Conti in ordine (ma tasse alte) L’incognita Expo SE IL DEBITO È DIMINUITO, è però aumentato il costo del debito: 218 milioni nel 2010, nel 2016 è lievitato a 311 milioni di euro. Colpa dei pesanti piani di ammortamento definiti dal centrodestra, si giustifica l’amministrazione Pisapia. Che si vanta di un altro paio di cose: di aver chiuso i derivati dell’epoca di Gabriele Albertini sindaco, che rimandavano il rosso nel futuro; e di aver azzerato l’utilizzo, per chiudere i bilanci, di entrate straordinarie spremute dai dividendi delle società partecipate (principalmente Atm trasporti, A2a energia e Sea aeroporti). Derivati: nel 2012 il Comune ha con- NAPOLI 5 mila voti Il distacco al primo turno tra Sala e Parisi Ansa/LaPresse cluso un accordo transattivo con le banche che, tra capitale e interessi, porterà nei prossimi 20 anni un beneficio di circa 700 milioni. Entrate straordinarie da dividendi: erano 243 milioni nel 2010, nel 2015 sono zero. Le partecipate si presentano all’appello con i conti in attivo e i bilanci in ordine. Nel 2015, Atm ha un utile netto di 10,8 milioni, tre volte quello dell’anno precedente, il miglior bilancio di sempre, dopo aver realizzato investimenti per 525 milioni nel triennio 2014-2016. La Sea ha ricavi per 694,8 milioni di euro (+1,4%) e utile netto del gruppo di 83,8 milioni di euro (altro record storico, con incremento del 52,8%). L’opposizione di centrodestra ripete però che Pisapia ha quadrato i conti aumentando le tasse. È vero che Milano ha la soglia più alta di addizionale Irpef (0,8%). Ma è anche vero che ha la soglia d’esenzione più alta d’Italia: non paga chi è ha redditi sotto i 21 mila euro, cioè il 53,6% dei milanesi. Un altro vanto dell’amministrazione meneghina è la lotta all’evasione: è in questo campo il primo Comune d’Italia nel 2013, nel 2014 e nel 2015, con controlli e segnalazioni decuplicate in due anni: da 120 del 2010 a 1.134 nel 2012. Nel 2012 sono entrati 37,8 milioni da accertamento tributi (il risultato più alto in assoluto nella storia del Comune di Milano). L’ASSESSORE BALZANI è soddi- sfatta di aver realizzato il Bilancio partecipativo: nel 2015 il Comune di Milano ha coinvolto oltre 30 mila persone che hanno scelto come impiegare per il proprio quartiere 9 milioni di euro, 1 milione per ogni zona. E di aver introdotto il Fondo per lo sviluppo urbano (Milano è la sola città in Europa ad averlo, insieme a Londra): 100 milioni di euro stanziati per promuovere progetti di riqualificazione della città che non hanno una redditività finanziaria suffi- Prossime partite La “nuova” Esposizione e le immense aree degli scali ferroviari da ricontrattare con Fs I numeri 28 La posizione di Milano nella classifica dell’Anci sui bilanci virtuosi 53,6 La percentuale di milanesi esente dal pagamento Irpef perché ha redditi inferiori a 21 mila euro 10,8 ciente per attirare capitali. Per il futuro, a pesare sul bilancio saranno gli investimenti per le nuove linee della metropolitana, M4 in testa: almeno 100 milioni annui. I grandi investimenti in cui anche il governo di Roma dovrà dire la sua sono lo sviluppo del dopo-Expo (con Arexpo spa trasformata in sviluppatore immobiliare) e le immense aree degli ex scali ferroviari, per cui il Comune dovrà trattare un nuovo accordo con Ferrovie dello Stato. I milioni di euro di utile di Atm, l’azienda del trasporto pubblico di Milano. Il bilancio 2015 è il migliore di sempre © RIPRODUZIONE RISERVATA I progetti Da Scampia al default scampato: così De Magistris tenta il secondo slalom Bagnoli e i guai della città “derenzizzata” » ENRICO FIERRO L e città, qualunque sia il colore dei sindaci liberamente eletti, sono da sempre, dai tempi di Cattaneo, parte fondamentale dell’architettura istituzionale del Paese. Un governo che non le rispetti minacciando addirittura il taglio dei finanziamenti, minerebbe al cuore la Costituzione”. Per Carmine Piscopo, architetto e docente universitario, assessore alle Politiche urbane del Comune di Napoli, la querelle Appendino-Boschi potrebbe finire qui. Facile a dirsi nella città “d er en ziz za ta” da De Magistris. Qui le partite in ballo tra governo e Comune sono tante. A cominciare da Bagnoli, ex area Italsider da risanare. La battaglia tra Renzi e De Magistris è nota. Il Comune rivendica la competenza esclusiva in materia di programmazione urbanistica dell’area, il governo, dopo un lungo brac- cio di ferro, ha commissariato l’intera fase del risanamento allungando le mani anche alle scelte urbanistiche. Dal 2014 Bagnoli è un Sin (sito di interesse nazionale), c’è un commissario di governo (Salvatore Nastasi, strappato al suo lavoro di capo di gabinetto al Mibac) e una cabina di regia. “Presto i napoletani faranno il bagno nelle acque risanate di Bagnoli”, è lo slogan governativo. Ma ad oggi è stato approvato solo un piano di caratterizzazione, una cosa ben lontana dalla bonifica delle acque, che in una delle ultime riunioni è stata smentita dall’Arpac. L’Agenzia regionale per l’am- Un braccio di ferro che continuerà dalle 24 ore successive al ballottaggio con Lettieri che De Magistris conta di vincere anche grazie alla vittoria elettorale nella Municipalità di Bagnoli. Qui, nella ex roccaforte “rossa”, ha vinto l’arancione Diego Civitillo col 34,72% dei voti e un programma di netta autonomia rispetto alle scelte del governo. NON SOLO BAGNOLI, a Napoli Caccia al bis Luigi De Magistris e Gianni Lettieri Ansa/LaPresse biente ha messo sul tavolo dei dati sull’inquinamento che dimostravano una sostanziale inadeguatezza del progetto, tanto che Invitalia, società coinvolta nel programma di risanamento, si è impegnata a rivedere il progetto. La linea del sindaco e dei suoi è chiara: allo Stato tocca la bonifica, al Comune le decisioni sul dopo. la partita governo-Comune riguarda anche l’area di Napoli-Est e il Centro storico. Si tratta di programmi di riqualificazione del tessuto urbano cofinanziati da Ue, Regione e governo. Stessa storia per l’ambizioso progetto di rigenerazione urbana di Scampia, con l’abbattimento di 3 Vele su 4 (più di 100 milioni di investimento), la creazione di asili, laboratori artigianali, centri sportivi e di socialità (insomma tutto quello che serve per I numeri 3 Le Vele di Scampia che si dovrebbero abbattere con un progetto cofinanziato 1,5 I miliardi di debito nel 2011 66% Il tasso di riscossione del Comune (che ha abolito Equitalia) uscire da Gomorra) e una viabilità che colleghi la metropolitana con il parco. Napoli città sull’orlo del default? È stato un tema di campagna elettorale. De Magistris e i suoi insistono su un dato: quattro anni fa, alla fine della ventennale esperienza di centrosinistra, il Comune aveva 1,5 miliardi di debiti e un disavanzo di 850 milioni. Oggi non sono rose e fiori, ma l’outlook è passato da negativo a stabile e l’agenzia Fitch ha confermato il rating a “bbb”. Nella città “derenzizzata” scompare Equitalia e nasce “Napoli riscossione”, un colpo decisivo per la vittoria elettorale al primo turno. Funzionerà in una realtà dove la capacità di riscossione del Comune è al 66%? Sì, dicono gli esperti finanziari di De Magistris, e assicurano che in tempi brevi recupereranno non meno di 100 milioni di tributi evasi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 » POLITICA L’INTERVISTA C Biografia IL SENATÙR Umberto Bossi ha fondato la Lega Nord e ne è diventato leader e simbolo. Senatore, europarlamentare, ora deputato, è stato anche ministro delle Riforme nel governo Berlusconi II. È stato condannato in Cassazione a otto mesi per violazione della legge sul finanziamento pubblico. Nel 2012, a seguito dello scandalo sui fondi della Lega, ha rassegnato le dimissioni da segretario del partito | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 Umberto Bossi L’operazione di B. e la successione: “Solo comparse che cercano un posto a tavola”. E sul referendum dice: “Io voto No” Glielo auguro, anche se rassegnarsi a veder morire una tua creatura è difficilissimo. » DAVIDE VECCHI inviato a Trescore (Bergamo) ita, di certo involontariamente, Socrate. “Io sapevo di andare a morire politicamente, ma sapevo anche che loro non avrebbero fatto una fine migliore”. Umberto Bossi lo trovi dove è sempre stato: sotto i tendoni delle feste della Lega sparse per le province del Nord che lui chiama ancora Padania. Sabato e domenica sera l'ha trascorse a Trescore Balneario, un paesotto incastrato tra le valli bergamasche. Il Capo è in forma. Parla dal palchetto per una mezz’oretta buona. Poi smaltisce la coda di militanti che gli chiedono una foto, una firma sulla bandiera del partito o, più semplicemente, una stretta di mano. Ma a fargli sparire il sorriso ci vuole poco. Basta citare Silvio Berlusconi. “Un amico, un generoso: supererà l'intervento senza problemi ne sono sicuro”. È andato a trovarlo? Volevo andare, ma il suo medico ha detto che era meglio aspettare. Andrò appena potrà ricevermi. Al suo capezzale si sono assiepati gli aspiranti eredi. Non esiste l'erede di Berlusconi. Non lo è neanche Renzi, perché non ha l'umanità di Silvio né la passione per ciò che fa, questi di oggi hanno solo interessi personali. Anche Berlusconi, come lei, dovrà passare il testimone di Forza Italia. In politica il testimone non si passa, si cede a chi lo conquista con i voti e i numeri non con sotterfugi di Palazzo. Oggi ci sono solo finti leader, fatti di tv e Internet. Lei ne sa qualcosa, di successioni. Io sapevo di andare a morire politicamente, ma sapevo anche chi arrivava non avrebbero fatto una fine migliore: c’è un libro che racconta bene tutto (Marco Lillo, Il potere dei segreti, ndr). Speravo però che gli ideali della Lega venissero salvati. Secessione e Padania? Gli ideali certo. Io e Silvio siamo stati gli ultimi politici ad aver avuto un obiettivo concreto, ideali veri, espressi chiaramente e rispettati: feci cadere il suo governo nel 1994 perché voleva toccare le pen- Ha molti intorno ad aiutarlo, donne per lo più. La figlia Marina è forse l'unica che può sostituirlo. Anche il figlio credo sia molto capace. Gli altri non so, mi pare siano solo comparse che cercano un posto a tavola, ma non li conosco tutti. Sono parecchi in effetti. Il problema di Silvio è che è un generoso, un benefattore. C'è chi lo definisce in altri modi, meno lusinghieri. Una volta ero al bar Giolitti, anni fa, a Roma. Una signora piangeva perché doveva vendere il rene per far operare il marito. Era ancora innamorata, si vedeva. L'ho portata in ufficio e ho chiamato Silvio. Lui è arrivato, ha ascoltato la storia e ha insistito per pagare l'intervento. Capisce? È così con gli estranei, figurarsi con chi fa entrare in casa sua. Le mancano gli anni del potere, dica la verità “Attorno a Berlusconi ormai vedo solo pecore con le zanne” sioni e perché iniziarono a girare notizie sui suoi presunti legami con la mafia, la Lega non poteva accettare né indagati, né storie opache: non sapevamo ciò che si sa oggi. Vuole che le chieda dell'alleanza Renzi e Verdini? No, non mi interessa. Usano il potere solo a fini personali e infatti stanno insieme tra Pd ed ex forzisti, alfaniani, persino i traditori della Lega si sono venduti e il Pd li compra pure: è ridicolo. Tutto per spartirsi la torta, ma la gente non ama la prepotenza né sentirsi presa in giro. L'astensione e i risultati pessimi delle Amministrative dimostrano che se ne stanno accorgendo. Spacciano per vittorie le non Oggi l’intervento per l’ex Cav. “Certo che sono preoccupato, ma ho l’affetto di tutti” Da vicino Alberto Zangrillo e Francesca Pascale LaPresse È IL GIORNO dell’operazione di Berlusconi. L’ex premier subirà stamattina all’ospedale San Raffaele di Milano l’intervento per la sostituzione di una valvola cardiaca. Il tempo previsto per l’operazione è di circa 4 ore. “Sono naturalmente preoccupato. Ma sono stato molto confortato dalle tantissime dimostrazioni di stima, di sostegno e di affetto che mi sono pervenute da ogni parte, anche dai cosiddetti avversari politici. A tutti un grazie riconoscente e un abbraccio affettuoso” ha detto ieri l’ex premier. C’è comprensibile tensione per l’intervento. “Berlusconi ha rischiato la vita” aveva spiegato il suo medico personale Alberto Zangrillo nel giorni scorsi facendo riferimento al tour de force elettorale per i ballottaggi che l’ex premier aveva comunque affrontato lo scorso fine settimana. Anche ieri al San Raffaele è stato un andirivieni tra famigliari e stretti collaboratori. “Mio padre subirà un intervento a cuore aperto, non è il momento di fare dichiarazioni”, ha tagliato corto la figlia Marina. No, non riuscirei ad avere a che fare con questa politica fatta di scambi di voti, incapace di rispettare gli elettori. Io ho bisogno di vedere in faccia i miei, avere la loro approvazione. Beh, oggi ci sono i like su Facebook e Twitter Cosa c’è? L’erede di Silvio non esiste, oggi ci sono soltanto finti leader fatti di tv e Internet La figlia Marina forse è l’unica che può sostituirlo Quei giorni da leoni Accanto, Bossi assieme a Berlusconi durante un appuntamento elettorale. Sopra, il Senatùr a un comizio Ansa/LaPresse Silvio supererà tutto, spero non lo facciano ringiovanire troppo mettendogli in testa di tornare al governo Il premier? Una nemesi: la sinistra ha fatto fuori la Dc con i giudici e ora la Dc per rinascere fa fuori la sinistra vittorie. Dicono balle. sta uccidendo la sinistra. Lo sono. Ho lasciato il partito, affrontato i processi e costretto chi ha sbagliato a pagare e molti sono poi risultati innocenti. I miei figli, invece, sono stati usati per colpire me. E hanno pagato. Ma anche per questo eravamo migliori. È una cazzata. Le alternative ci sono sempre o arrivano. Tangentopoli spazzò via tutto e tutti, salvò la sinistra che però non riuscì a imporsi nonostante l'aiuto della magistratura e arrivammo noi e Berlusconi che ha vinto per tre volte nelle urne con i voti. Chi governa ora non ha mai preso un voto. Renzi non è neanche parlamentare. Anche lei ha avuto i suoi problemi. E con Berlusconi ha fatto altri governi, votato o tentato di votare provvedimenti come il lodo Alfano, la legge bavaglio. Insomma, Bossi, siamo onesti. Per gli ideali? Certo. Ci credevamo e c'eravamo arrivati lottando. Oggi ci sono comparse miracolate, ex cortigiani, pecore che hanno morsicato la mano che gli ha dato da mangiare. Pecore. Matteo Renzi il potere se l'è conquistato. Non con i voti, con un inciucetto. E a parte le parole, i risultati mi pare siano pessimi. È una nemesi: La sinistra ha fatto fuori la Dc con i magistrati, ora la Dc per rinascere Eppure nel Paese è amato e si sottolinea che non esista un'alternativa a Renzi. Voterà il referendum per la riforma Boschi? Certo, voto No. Ci manca che gli facciamo cambiare la Costituzione e compiere una restaurazione statalista. Per ridurre i senatori non serve cambiare 40 articoli: la smettano di provare a prenderci in giro, non gli crede nessuno. Ne ha parlato anche con Berlusconi? È da qualche settimana che non lo sento, era preoccupato. Ora dovrà lasciare tutto. Renzi ha preso il potere senza nemmeno un voto, ha fatto un inciucetto e i risultati mi sembrano pessimi: la gente non ama la prepotenza I social network, Internet Roba effimera. Un politico vero sta tra la gente. Non per i complimenti ma per i vaffanculo: se non sai ascoltare le critiche dei tuoi hai vita breve, è solo questione di tempo. Lei e Berlusconi ne avete presi un po'. Parecchi, infatti abbiamo fatto la storia e avessimo qualche anno in meno saremmo ancora lì, altro che Renzi. Vabbè, ora Silvio si opera. Andrà tutto bene, anche se io una paura ce l'ho. Quale? Che lo facciano ringiovanire troppo e si metta in testa di tornare al governo. Senza di me dove va? Mi toccherebbe seguirlo di nuovo. © RIPRODUZIONE RISERVATA CRONACA Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | VADO LIGURE Tirreno Power, al via la seconda inchiesta per omicidio colposo LE NUOVE LEVE » DAVIDE MILOSA B Milano iancaneve non c'è oggi”. Il tizio esce dal bar. Testa bassa, sale in macchina. Peppe Wind torna a sedersi nel locale di piazza Prealpi. Milano, periferia ovest. Oltre piazza Pompeo Castelli, via Console Marcello, il cavalcavia di Palizzi e via Lessona, le prime arterie di Quarto Oggiaro, quartiere criminale. Wind giocherella con la tazzina del caffè. Marchino detto Scheggia piega la sua Mv Agusta F4 in via Jacopino da Tradate. Arriva in piazza, saluta e si avvia sul marciapiede. Ore 13, Scheggia è di turno montante allo spaccio. Cocaina en plein air. Oggi la “settimana” tocca a lui: dodici bustine termosaldate da 0,4 grammi ciascuna compongono “la settimana”. Più settimane valgono “una palla”.“Una mano intera”, invece significa cinque buste con 12 dosi. Il denaro, quelli di Prealpi, lo chiamano “love” e quando la roba non c’è, basta una parola: “Sono rimasto a piedi”, e la roba ecco che arriva. La cronaca aggiorna lo Zanichelli del crimine. Scheggia, giubbotto di pelle, jeans e scarpe di cuoio, distribuisce ai cavallini che arrivano e ripartono, giorno e notte, con il sole o il diluvio. Perché qui il lavoro non soffre crisi. Wind, Scheggia, il Ciccione, Alfa, il Pelato. BRAVI RAGAZZI di piazza Prealpi. Giovanissimi re della coca. Figli di brava gente, alcuni. Altri, invece, intenti a emulare parenti pregiudicati. Nomi noti agli investigatori: Carvelli, Tatone, Di Giovine. Educazione criminale quotidiana. Lezione al bancone del bar, per strada, negli imboschi di Novate Milanese e Paderno Dugnanoo nelle cantine di via Grigna. Corrono veloci i nuovi boys di Prealpi. Maneggiano armi, hanno già il piglio del boss e spendono tutto in belle macchine e cocaina. Perché se la cronaca si aggiorna, i vizi restano. E l’omertà vale sempre. OSTIA UN NUOVO FASCICOLO con l’accusa di omicidio colposo per la centrale a carbone di Vado Ligure. Per questo i pm devono individuare, una per una, le possibili vittime dell’inquinamento provocato dall’impianto Tirreno Power. L’accusa di omicidio colposo è stata stralciata dall’inchiesta principale per disastro ambientale che vede imputati dirigenti di spicco della q società, nonché esponenti politici di centrosinistra e centrodestra. La novità, come ha scritto Il Secolo XIX, sarebbe stata imposta dalla difficoltà di formulare l’accusa per omicidio senza l’individuazione dei nomi. Un’ipotesi che riguarda 23 persone tra vertici dell’azienda, ex sindaci di Vado e Quiliano, dirigenti della Provincia e della Regione Liguria. Un lavoro complesso che, però, si può avvalere dei dossier depositati dai comitati savonesi e dai medici dell’associazione Medicina democratica. Nella perizia di accusa del filone principale dell’inchiesta si parla di ben 440 persone morte “per cause attribuibili alle emissioni della centrale, quale causa esclusiva o come concausa prevalente” tra il 2000 e il 2007. Scheggia, il Pelato e Lulù I re della coca a Milano Sono giovani e spregiudicati. Oggi comandano lo spaccio all’ingrosso in città Droga per tutta Europa Secondo il collaboratore di giustizia Franchino Petrelli oggi in città arrivano circa sette tonnellate di droga alla settimana LaPresse A volte, poi, serve per proteggere “un compare”dall’accusa di tentato omicidio sacrificando sull’altare della giustizia un Mi sono innocente. Scheggia impazzirotto, loro sce per le moto. Altri viaggiaguadagnano, no in Jaguar. Non hanno istruzione. Covano un odio profonnoi facciamo la do per le forze dell’ordine. E così il Ciccione, mentre passa galera con i davanti al commissariato di telefoni. Gli Quarto Oggiaro, parla di uno devo sbirro che lo ha arrestato: “Sto parlare merda, mi ha fatto fare sei anni, sto figlio di puttana”. perché oggi mi ha fatto marcare troppo, la spezzo sta scheda CAVALLINI E VICERÉ. Tocca ai capi riportarli con i piedi per terra. Oggi qui chi comanda si porta sulle spalle una condanna per omicidio. Ora è fuori. E al telefono urla con i ragazzi: “Le cose non si fanno così. Avete degli orari e dovete fare delle cose”. E a chi si lamenta di non aver denaro, la frase è sempre la stessa: “Se voi ve li mangiate, non è che non guadagni”. E poi c’è chi come Luigi, detto Luisa o Lulù, confe- ziona la roba in un comune strada. E allora si fa di necesdell’hinterland. Lui, che in ta- sità virtù. Si diventa fantasiosi. sca si porta parentele impor- Si camuffa. “Portagli un guantanti con la ‘ndrangheta di to”, o ancora “scendimi un Dodici Marcedusa, la porta al confine paio di giochi, quelli miei”. I bustine con Milano, dove viene prele- giovani principi della coca vata da “un collega” che ha il hanno i loro grossisti di fidutermosalcompito di nasconderla negli cia. In alcuni casi si compra a date da 0,4 Bruzzano, gr ciascuna imboschi di piazza Prealregno del compongono p i . P e p p e I nuovi broker clan Flachi, ‘la settimaW i n d f a i l I grossisti gestiscono gente con i na’. Più centralinista. giusti quarti settimane Raccoglie le partite da venti chili di nobiltà maordinazioni alla volta e hanno un fiosa. “Quello valgono è il ristorante dei clienti. ‘una palla’. Ma usare il filo diretto con Platì migliore di ‘Una mano M i l a no ”. Si telefono non intera’, gli piace. È parla così per significa sempre arrabbiato. Ne parla segnare la provenienza di 5 buste con il Pelato. Dice: “Mi sono “biancaneve”. I canali sono rotto i coglioni, loro guadagna- questi e vengono alimentati no, noi facciamo la galera con i dai narcos serbi o anche dai catelefoni”. E l’altro: “Infatti gli labresi che stanno a Buccinadevo parlare perché oggi mi ha sco. Giovanissimi anche loro. fatto marcare troppo, la spez- Filo diretto con Platì. Tra Corzo sta scheda”. In fondo hanno sico e Buccinasco oggi i carichi ragione. Parlare al telefono, vanno a 20 chili alla volta. E cocon i tempi che corrono, è più sì Milano torna Coca city. pericoloso che spacciare per © RIPRODUZIONE RISERVATA In aula Pene confermate per 10, assolti in 8. Tolti i sigilli al locale del boss Sentenza d’appello per i clan Fasciani e Triassi I giudici: “Qui non c’è la mafia, solo gangsterismo” C ade l’associazione e l’aggravante della modalità mafiosa. Si è chiuso ieri con 10 condanne e 8 assoluzioni il processo d’appello che vedeva alla sbarra 18 persone, tra cui componenti delle famiglie Fasciani e Triassi, accusate di aver dominato le attività illecite a Ostia, quartiere litoraneo di Roma. I GIUDICI della II Corte d’appello, dopo oltre tre ore di camera di consiglio, hanno condannato a 10 anni di reclusione il capo famiglia Carmine Fasciani, confermando l’assoluzione di Vito e Vincenzo Triassi. Tre le associazioni giun- successiva distribute al vaglio processuazione e cessione a Role d’appello e tutte cadute in appello: la prima e Ostia di sostanze ma, di tipo mafioso, stupefacenti. I giudici contestata ai due hanno condannato iTriassi; la seconda, di noltre Terenzio Fatipo mafioso, contesciani (5 anni e 8 mesi), stata al gruppo FasciaSabrina Fasciani (5 ni e finalizzata alla Verdetto Niente mafia Ansa anni e 4 mesi), Azzurcommissione di delitti ra Fasciani (4 anni e 10 di usura, estorsione, controllo di atti- mesi), Alessandro Fasciani (4 anni e vità economiche, concessioni, appalti, mezzo), Silvia Franca Bartoli (6 anni e intestazione fittizia di beni; la terza, as- mezzo), Riccardo Sibio (4 anni e mezsociazione armata, quella contestata zo), John Gilberto Colabella (4 anni e per l'importazione dalla Spagna e la mezzo), Luciano Bitti (4 anni e mezzo), »7 Gilberto Inno (5 anni e 8 mesi). Nella sentenza di ieri il giudice ha deciso il dissequestro del ristorante “Al contadino non far sapere” di Ostia, riconducibile alla famiglia Fasciani. “L’assoluzione dei Triassi dall’accusa di mafia mi indigna –ha detto il commissario del Pd di Ostia, il senatore Stefano Esposito –: per alcuni giudici il 416 bis non si applica a Roma. Mi chiedo perché abbiamo sciolto il municipio X per mafia. Pochi giorni fa la Cassazione ha confermato la mafia per imputati che, nell’ambito dello stesso processo, avevano scelto il rito abbreviato”. AMIANTO Olivetti, l’accusa “Condannate De Benedetti a 6 anni 8 mesi” S u Carlo De Benedetti pesa una richiesta di condanna a sei anni e otto mesi per sette omicidi colposi e due lesioni colpose. Ieri a Ivrea, nel processo per l’utilizzo dell’amianto a l l ’ O l ivetti, i pm Laura Longo e Francesca Traverso hanno chiesto al giudice Elena Stoppini di condannare l’imprenditore che dal 1978 al 1996 ha guidato la fabbrica di macchine da scrivere fondata da Camillo Olivetti. Oltre all’Ingegnere, i pm hanno chiesto la condanna di suo fratello, Franco Debenedetti, a sei anni e quattro mesi, dell’ex ministro Corrado Passera (tre anni e sei mesi) e altri dodici imputati tra amministratori e dirigenti della “Ing. C. Olivetti spa” e di alcune aziende collegate. Le accuse variano dall’omicidio colposo alle lesioni colpose per la morte di tredici ex dipendenti e per i tumori di due ex lavoratori. Nei confronti di Roberto Colaninno e Onofrio Bono è stata chiesta l’assoluzione, mentre la posizione di un’imputata, Maria Luisa Ravera, sarà stralciata per le sue condizioni di salute. Secondo i pm sarebbe esistita una struttura aziendale che si occupava di ambiente e sicurezza ma era priva di poteri decisionali, qualsiasi scelta veniva fatta dai vertici. Sorpreso l’avvocato Tomaso Pisapia, difensore dell’Ingegnere: “Non tiene conto della documentazione depositata sia con riferimento alla organizzazione aziendale sia con riferimento al talco (usato nella lavorazione, ndr), che dimostra che a metà degli anni 70 quello utilizzato in azienda era privo di tremolite d’a m ia n t o ”. Per Giulio Calosso, avvocato del Comune di Ivrea, “q ue ll o degli ex manager e dirigenti è stato un tradimento silenzioso nei confronti della Comunità”, concetto a cui Adriano Olivetti era molto legato. Per il sindacalista Fiom Fabrizio Bellono “l’azienda non ha fatto tutto quello che avrebbe potuto per evitare una tragedia tutt'altro che conclusa”. AN.GI. © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 » ESTERI | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 WASHINGTON “FERMERÒ I LUPI SOLITARI” “Fermare i lupi solitari sarà la mia priorità”. Lo ha detto Hillary Clinton, sottolineando - in polemica con Donald Trump - come “questo è il momento che gli americani stiano uniti”, indipendentemente dalla razza o dalla religione. La candidata democratica ha aggiunto: “Se l’Fbi è sulle tue tracce non dovrebbe essere possibile che tu possa acquistare armi senza che nessuno ti chieda nulla”.Reuters NEW YORK MARCUS, L’IMAM OMOFOBO Omar Mateen, il killer di Orlando, era un seguace di Marcus Dwayne Robertson, 47 anni, un imam che predicava l’odio contro i gay. Robertson è noto alle forze dell’ordine sin al 1991. È un ex marine Usa diventato capo di una gang a New York: “Alì Baba e i 40 ladroni”. La pena fu lieve perché era diventato un informatore dell’Fbi fra il 2004 e il 2007 per documentare piani e reti terroristiche in Africa, Egitto e Usa. LA STRAGE L’Islam non è criminale Obama non avalla la pista jihadista della strage. Madeen era sotto osservazione da tempo. Alcune delle vittime forse colpite dagli agenti » GIAMPIERO GRAMAGLIA M a davvero Omar Sediq Mateen era un soldato del Califfo? O un terrorista di al Qaeda? Quel ragazzo che – dicono le foto e raccontano i testimoni – era un narcisista violento e instabile, che, se aveva un po’ di tempo, lo passava in palestra e non in moschea, che flirtava con il jihad più per posa che per convinzione. L’interrogativo se lo pone pure l’Fbi, che non attribuisce molta importanza alle rivendicazioni sul web che seguitano a venire dal sedicente Stato islamico: avalli e omaggi ex post per un musulmano che ha comunque ucciso una cinquantina di americani, più che prove d’un disegno preesistente. OBAMA, che convoca un con- sulto alla Casa Bianca, dice che non c’è alcuna certezza che il killer del Pulse, la peggior strage con armi da fuoco mai compiuta sul territorio americano dalla Guerra civile, sia stato guidato da integralisti stranieri e preferisce parlare “d’integralismo di casa nostra”, come per la coppia radicale della strage di San Bernardino in California: marito e moglie freschi d’America. È anche vero che l’Fbi ci va con i piedi di piombo prima d’ammettere di avere preso una cantonata da decine di morti: a più riprese, indagò Omar, senza trovare nulla da conte- Lutto elettorale Obama e alcune delle vittime di sabato notte: in gran parte giovani latinos Reuters/Ansa “Fuoco amico” e altri flop Dopo il Pulse, Fbi nel mirino stargli. Nel 2013, aveva pronunciato, parlando con colleghi, “frasi provocatorie su possibili legami con terroristi”; nel 2014, furono verificati i suoi rapporti con Moner Mohammad Abusalha, il primo americano a compiere un attacco suicida in Siria, originario dalla stessa città, Fort Pierce in Florida, e frequentatore della stessa moschea. Verifiche, interrogatori, senza che ne emergesse nulla di serio. Fino alla sconclusionata chiamata al 911, con dichiarazione di fedeltà allo Stato islamico annessa, fatta mentre scatenava la strage, in pieno Ramadan. È questo l’a nd amento delle indagini, mentre teggiamento verso la comunità islamica sono due temi della campagna per la presidenza. Il primo, è un cavallo di battaglia di Hillary Clinton, che ora lo rilancia, forte delle tesi di Obama e con l’appoggio del suo rivale Bernie Sanders. 49 i morti e 53 i feriti nella discoteca frequentata da omosessuali emergono dettagli sull’assassino, di cui l’ex moglie ricorda la violenza ma non il fanatismo religioso –ma c’è chi lo dice assiduo alla preghiera e per due volte in pellegrinaggio alla Mecca –, e sulla sua famiglia. Il matrimonio l’aveva combinato online; e, dopo il divorzio, aveva avuto un bimbo da un’altra donna. Ma è stato proprio il padre Mir Seddiq, nel chiedere scusa per la strage, a indicare la pista omofoba: “Tempo fa, a Miami, due gay si erano baciati davanti al figlioletto di 3 anni. L’episodio l’aveva molto disturbato”. È lì il movente?, o un depistaggio? “Se fosse vivo –dice Mir –gli farei una sola domanda: ‘Perché lo hai fatto?’”. Controllo delle armi e at- IL SECONDO lo scatena Donald Trump, che torna sull’idea di tenere al bando i musulmani. Sulle armi, tutto resterà com’è: a 150 giorni dal voto presidenziale e politico, il Congresso non farà nulla. Sui musulmani, c’è il rischio d’innescare ritorsioni, come già avvenne dopo l’11 Settembre 2001. La stampa, intanto, registra, un fenomeno finora sconosciuto, la corsa all’iscrizione alle liste elettorali dei cittadini americani di fede islamica: un gruppo minoritario, che restava spesso avulso dalla vita politica del proprio Paese, mostra l’intenzione di partecipare, sollecitato dalla prese di posizione anti-Islam di Trump. Anche i gay musulmani escono allo scoperto: dichiarano di esistere e piangono le vittime della follia di un musulmano omofobo. Intanto, dietro la crudezza delle cifre –49 vittime, oltre 50 feriti –, emergono le storie di giovani vite distrutte, diversi di loro forse colpiti dal “fuoco amico” degli agenti che braccavano il killer. © RIPRODUZIONE RISERVATA Pago e sparo Il refrain della Casa Bianca su regole più rigide non ha portato a cambiamenti IL CASO In Florida né porto d’armi né registro dei nomi » VALERIO CATTANO Oltre 30 mila vite vengono spezzate ogni anno dalle armi negli Usa, dobbiamo agire con urgenza per salvare vite B. OBAMA GENNAIO 2016 O ltre 30 mila vite vengono spezzate ogni anno dalle armi negli Usa: dobbiamo agire con urgenza per salvare vite”. Questa, nei primi giorni di gennaio 2016, doveva essere la frase conclusiva del presidente Obama su uno dei temi caldi: l'utilizzo indiscriminato di armi da fuoco. Nel dicembre 2012, quattro anni prima, Obama si era commosso alla veglia di Newton, dove erano state uccise 27 persone, tra cui venti bambini nella Sandy Hook Elementary School, da Adam Lanza, ventenne con problemi psichici. “Queste tragedie devono finire e per finire dobbiamo cambiare”. Si arriva a Orlando, proprio quando il presidente pensava di aver trovato il modo perché Mateen di lavoro faceva l’agente di sicurezza in una struttura detentiva per minori e probabilmente, anche se avesse fatto il netturbino, avrebbe comprato e utilizzato nel modo più cruento possibile il suo Ar15. di aggirare le opposizioni che i Repubblicani, sostenuti dalla Nra (National rifle association) hanno sempre sciorinato alle misure restrittive sul “secondo emendamento”, l'articolo della Costituzione che attribuisce la libertà a ogni singolo americano di possedere armi. In 40 dei 50 Stati d’America questo diritto è garantito. FRA LE MISURE SOLLECITATE dal presidente c’era anche questa: gli Stati federali devono raccogliere e distribuire le informazioni sulle persone che non hanno le caratteristiche necessarie per l’acquisto, a causa di malattie mentali o perché autori di violenze domestiche. Un paragrafo che sembra perfetto perché rispecchia la condizione di Omar Ma- SI TRATTA DI UN FUCILE che il Glielo incarto? Armeria Usa Ansa teen: uno che la moglie descrive come instabile e violento se lei non faceva i servizi di casa e che il padre descrive come fuori di testa per aver visto due omosessuali baciarsi per strada. Le indicazioni del presidente Obama non sono servite a nulla mercato offre ai civili sulla base della piattaforma militare M4. Ogni grande marchio produce più versioni dell'Ar15 con caricatori fino a 30 colpi in calibro 5.56 (223 remington per i civili, in Europa solo modalità semiautomatica). Ogni Stato ha le sue norme, la Florida è fra gli Stati permissivi: lo stesso sito web della Nra conferma che non serve una licenza di porto d'armi, basta compilare un ‘Id form’, un modulo con le proprie generalità e pagare 8 dol- lari. L’organizzazione non profit Law Center to Prevent Gun Violence sostiene che a dispetto di quello che aveva auspicato il presidente Obama, la Florida non richiede background checks, ricerche sui precedenti del compratore; la registrazione delle armi; la licenza; restrizioni sulle armi d'assalto; limiti sul numero delle armi che un singolo può comprare. E c’è poi il mercato clandestino, a cui ogni cittadino con velleità di giustiziere o terrorista può rivolgersi: l’Atf (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) ha calcolato che nel 2012 circolavano negli Usa 190.342 armi di provenienza illecita. Su quelle non vale nessuna regola. © RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | ORLANDO GAY, NO A DONAZIONI SANGUE La comunità gay di Orlando insorge contro il bando delle donazioni di sangue per le vittime della strage al club Pulse da parte di omosessuali se attivi sessualmente nell’ultimo anno. “Ci viene impedito hanno detto - di aiutare i nostri fratelli e sorelle”.Le donazioni di sangue da parte di gay e bisessuali sono regolamentate dalla Food and Drug Administration. Fino allo scorso anno vigeva il divieto a vita. Ansa »9 IRAN CONDANNA DELL’ATTO “MALVAGIO” Il governo iraniano ha condannato la strage compiuta a Orlando definendola un atto terroristico “malvagio”. “La Repubblica islamica, sulla base del principio politico di condannare il terrorismo e della sua forte volontà di affrontare seriamente questo fenomeno malvagio, condanna il recente attacco terroristico a Orlando”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Hossein Jaberi Ansari. LaPresse Le lacrime dell’Occidente colpito da Orlando a Parigi L’immagine simbolo della strage poteva essere presa in qualsiasi città d’Europa » FURIO COLOMBO D ue ragazzi afroamericani si abbracciano stretti (forti, alti, tatuati, con smartphonein mano e maglietta da fitness) e una signora (una madre?) li guarda e piange. Sono diventati i protagonisti (sopravvissuti, in un modo o nell’altro) della più grande strage con armi da fuoco della storia americana, e gli attori di una scena che ha fatto istantaneamente il giro del mondo. Ricorderà la perfetta coincidenza delle due ragioni che tuttora girano, come calabroni impazziti, dentro le stanze delle intelligence del mondo, e quelle in cui si devono dare e spiegare e commentare le notizie. Dopo il ta- ta-ta -ta infinito (centinaia di proiettili sparati in pochi istanti da un’arma perfetta) che alcuni sopravvissuti hanno subito raccontato con disperata meraviglia, è seguito un lungo silenzio, interrotto solo da due discorsi di pura costernazione, di Obama e del governatore della Florida. C’è poco da vendicarsi. Il nemico è americano, l’arma fa propaganda a se stessa (la strage è un macabro spot della sua perfezione). E le vittime sono gay. Si forma un gorgo di sorpresa, costernazione, paura. Ma anche disorientamento. Per la prima volta, un islamico pazzo condivide con tanti, di diverse radici e religioni, un grano della sua follia. In fondo, Omar Mateen, guardia notturna che diventa all'improvviso combattente islamico, avrebbe potuto ispirarsi al manifesto cattolico (“cattol ico” quanto Mateen era “is la m ic o”) pubblicato per giorni su grandi giornali italiani (mentre in Italia si votava una legge, piena di omissioni e frenate, sulle unioni omoses- Fatto a mano LE VITTIME Generazione arcobaleno Amici e parenti delle vittime in attesa davanti al quartier generale della polizia di Orlando Reuters Un’America moderna e antica, con gente giovane, carica di informazioni ma povera di ragioni, e gente anziana, convinta di cose che non esistono più suali) che istigava a combattere con il grido di guerra “difendi i tuoi figli, difendi la famiglia naturale”. Come vedete, se i ragazzi in maglietta che piangono e una donna-madre che li consola, sono in compagnia del dolore e del sentire solidale d’una parte del mondo, anche l'assassino lo è, come lo è chi insegue e uccide, fuori dalla sua casa, il presunto ladro sparandogli alla schiena e meritandosi celebrazioni. LA DOMANDA IMPOSSIBILE, data la presenza imponente di Donald Trump su questa stessa scena (ha immediatamente dichiarato – di nuovo – guerra agli islamici, ma sta dalla parte delle armi); e il fatto che decine di Stati americani minacciano di introdurre, o non hanno mai cancellato, leggi omofobiche, la domanda impossibile è: chi sono gli americani di cui ci parla questa strage, la peggiore nella storia di delitti d'arma da fuoco in America? Chi sono coloro che dovranno scegliere fra Clinton e Trump? Sono loro, i ragazzi in maglietta da fitnessesmartphone della ormai celebre foto, e tutti coloro che vogliono porre fine alla loro persecuzione che , in un modo o nell'altro, è sempre ordinata da Dio (“Solo Dio ha diritto di punire gli omosessuali”, ha detto con apparente mitezza, il padre di Mateen, come unica vera condanna per la carneficina di coetanei di cui suo figlio, è responsabile)? Ho detto: domanda impossibile. Infatti la risposta è ambigua. Lo sparatore, presumibilmente islamico e certamente omofobico, ha reciso in modo netto la corda che dovrebbe tenere insieme giudizio e pregiudizio, che un’asfaltatura di civiltà il più delle volte nasconde. Se lo ha fatto in nome e per ‘ispirazione di qualcuno dell’Isis, il colpo è geniale. Si sente dire da sondaggisti americani che “la sparatoria porterà l’America a destra”. Si è colpito il più debole, appena messo al riparo (non sempre, non dovunque) da leggi in ritardo di un secolo, e si dà una mano al più forte (nel caso, Trump) che si presta a fare la guerra (o le guerre ) che Obama ha sempre negato, che tutti i fanatici aspettano, in nome di valori inventati e di trionfi medievali attesi e pretesi, a spese di popoli continuamente in fuga, che i migliori islamici fanno morire di fame, e i migliori cristiani rifiutano. Un’America moderna e antica (moderna al punto di essere affollata di credenti diversi, antica al punto da credere seriamente, gli uni e gli altri, di obbedire direttamente a Dio) attraverserà, con la sua gente giovane, carica di informazioni ma povera di ragioni, insieme alla sua gente anziana, profondamente convinta di cose che non esistono più, la vasta discarica di ciò che un tempo era il potere e che Trump promette come se fosse arrivato 30 anni prima. Anche i non credenti si augurano che Dio ci sia e che decida di essere buono. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuove generazioni Il candidato repubblicano attacca la comunità musulmana Giovani, latinos, elettori: e ora Trump li usa » ROBERTA ZUNINI I volti e i nomi della maggior parte delle 49 vittime della strage ad Orlando ci suonano familiari. Perché sono di origine ispanica, come Amanda Alvear, la studentessa 25enne che stava trascorrendo una serata con gli amici al Pulse e mandava in diretta sul social network Snapchat le sequenze più divertenti. Fino a quando una raffica di mitra ha interrotto brutalmente le riprese, la sua breve vita e quella di altre 48 persone quasi tutte tra i 20 e i 37 anni. Come Juan Ramon Guerrero, studente in un college della città e il coetaneo Luis S. Vielma che lavorava agli eventi di Harry Potter per il parco diverti- menti della Universal. O Eric Ivan Ortiz-River, sposato da un anno. E poi Edward Sotomayor, 34 anni, brand manager per un’agenzia di viaggi della comunità gay. Stanley Almodovar III stava per compiere 24 anni ed era tec- Dal Messico arrivano per rubare il lavoro agli americani veri. Hillary non ha mai denunciato l’estremismo islamico nico in una farmacia. La mamma Rosalie come al solito gli aveva messo in frigo la cena del dopo-festa. Ma è stata svegliata alle 2 di notte dalla chiamata di una amica che le diceva di correre al Pulse. book: “Non avrei mai immaginato che ti potesse accadere una cosa del genere. Ti voglio bene e ricorderò sempre con piacere quella volta in cui andammo a trovare i tuoi nonni in Messico”. ROSALIE HA SPERATO fino all’ultimo che il figlio fosse solo ferito: ora questa madre disperata vuole ricordare il figlio con il video spensierato in cui canta e balla sulla strada verso il locale. Luis Omar Ocasio Capo invece era un ballerino di professione e Peter Gonzales Cruz un 23enne impiegato all’Ups. Anthony Luis Laureano Disla, 25 anni, viveva a Orlando e aveva studiato all’Università del Sagrado Corazon dopo aver vis- GIÀ, IL MESSICO, il paese di Reuters suto anche a Puerto Rico. Luis Daniel Wilson-Leon e Jean Carlos Mendez Perez erano una coppia di 36enni appena trasferitasi a Orlando da Miami. Miguel Angel Honorato, 30 anni, originario di Apopka in florida, aveva lavorato nella catena di catering FajitaMex Mexican. Di lui l’amico Enrique scrive su Face- confine che il candidato repubblicano alle presidenziali Donald Trump riteneva fino all’altro ieri un verminaio da sigillare, per impedire ai tanti poveri in cerca di un’occupazione di entrare negli Usa “a rubare il lavoro agli americani veri” al ceto medio bianco e di religione protestante impoverito dalla crisi. Ora invece i latinos gli tornano utili per rivolgere le sue accuse strumentali contro tutti i cittadini statunitensi di fede islamica e la sua rivale Hillary Clinton perché “non ha mai denunciato l’estremismo islamico”. Il 2016 passerà alla storia per questa strage, ma anche per essere l’anno in cui 49 giovani vittime innocenti sono state usate senza vergogna per conquistare la Casa Bianca. La Florida è uno degli Stati a più alta concentrazione di americani di origine ispanica e di fatto la lingua più parlata è lo spagnolo. Trump grazie alla sua retorica piena di odio verso gli ispanici ha eliminato dalle primarie il candidato Marco Rubio, giovane avvocato di origine cubana, senatore della Florida. © RIPRODUZIONE RISERVATA P G 10 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 iazza rande Il populista dei populisti si chiama Matteo R. Si moltiplicano sdegnati interventi contro i “populismi”, che mischiano ad arte le varie forme di protesta contro l’evidente degrado istituzionale con false notizie di accordi sottobanco e non credibili accostamenti: questo accade tra i “benpensanti”, mentre Maria Elena Boschi fa perfino “minacce”, per intimorire gli elettori, dimostrando quale sia lo spirito democratico che la ispira. Se sono emerse tante forti reazioni contro il “sistema”, non solo italiano, vuol dire semplicemente che la politica così detta democratica ha fallito quasi ovunque e non che milioni di persone schiacciate dalle lobby internazionali di ogni genere siano in torto nella loro sfiducia: vanno quindi distinti i modi con cui viene espressa.Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, promette di tutto, perfino un incredibile decreto che limiti la durata di quel potere che ha perseguito tenacemente con arroganza in una carriera di sfrenata ambizione: un padre padrone che forse un giorno, prima o poi, ti premierà: cos’è questo, se non populismo della più bassa lega, da punire con un “No” secco? GIAMPIERO BUCCIANTI Cosa mi hanno insegnato 5 anni di scuola superiore A oggi, finalmente fuori quell'istituzione alla quale manca sia la testa che la coda, la scuola superiore italiana, sento l’esigenza di dover dire qualcosa. In questi cinque anni che dovrebbero essere un unicum di formazione alla vita, ho cambiato classe ben tre volte, passando anche da un liceo a un altro e sono giunta alla conclusione che non denunciare tutto lo scempio visto sarebbe stato addirittura immorale. Si iniziò subito bene, eufemisticamente parlando, incontrando una professoressa con la capacità di insultare con nonchalance i propri alunni; demoralizzandoli e non incitandoli minimamente, al contrario gioendo delle loro sconfitte senza mai farsi un esame di coscienza. Pensai e sperai fosse un episodio circoscritto, anche superabile insomma, ma mi sbagliavo. Virgilio diceva ab uno disce omnis, e come contraddirlo? Nei tre anni successivi entravo in classe e almeno una volta al giorno mi domandavo chi diamine avesse affidato a quelle persone dei ragazzi in formazione, che parlandoci chiaramente hanno solo bisogno d'essere riempiti e non svuotati fino a perdere la fiducia in se stessi. Il tempo passò e destino volle che mi ritrovai A DOMANDA RISPONDO Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected] FURIO COLOMBO Migranti: non bastano nemmeno religioni e Nobel CARO FURIO COLOMBO, ho ascoltato l’invito del ministro degli Esteri austriaco: deportare in un’isola lontana i migranti pescati vivi, come hanno fatto, esemplarmente, secondo lui, gli australiani. Nazismo puro. VITTORIA LA PROVA DEL SALVARE IL PROSSIMO si sta rive- lando più dura di ogni altra prova. Ha ragione il ministro austriaco (29 anni, interessante, no?) a chiamare in causa gli australiani, ma solo come qualcuno che dica: “Vedete? non sono il solo criminale in giro”. Il comportamento australiano è ignobile (deportare tutti i migranti in isole lontane e senza rapporti col mondo) così come è ignobile la proposta austriaca. Angela Merkel ha avvertito gli austriaci della pericolosa insensatezza del loro comportamento, ma la classe dirigente politica di quel Paese sembra attanagliata dal mito della stessa destra che già una volta ha distrutto l’Europa. Però, come ho detto, la prova è anche più dura, e i fatti anche più contraddittori del puro e semplice riferimento alla tipica ossessione della destra che vuole il controllo padronale della realtà. Un primo esempio desolante è il Dalai Lama, che ha tracciato una sua frontiera, un presunto limite oltre il quale non si può andare e dopo il quale si deve respingere, un’idea che è più vicina alla Fede in Salvini che alla moralità tibetana. Un secondo esempio, an- in una realtà ancora più scioccante di quella precedente; perché non si trattava più di notare mancanza di humanitas ed empatia con i ragazzi, bensì è stato addirittura difficile trovare un professore che si comportasse per il titolo che in qualche modo ha. Queste riflessioni e queste constatazioni le ho potute fare solo ed esclusivamente grazie all'immensa fortuna che ho avuto nell'incontrare veri professori, maestri di vita, quelli che porterò nel mio cuore e ringrazierò tutte le volte che avrò un successo, perché sì, è vero che di professori “di nome e non di fatto” ce ne sono molti, ma sono anche la prima a dire che non sono del tutto spariti coloro che insistono e resistono. Spero che le mie parole possano essere anche solo spunto di un minuto di riflessione per chi come me deve affrontare la maturità, per chi ha appena iniziato, per chi ha già finito, per chi è dall'altra parte della cattedra, per chi è genitore e per chiunque si trovi a leggere. ANNA DI ROCCO che più desolante, dato il potere politico ritrovato dopo tanta persecuzione e lunghissima detenzione, è quello del premio Nobel per la Pace Daw Aung San Suu Kyi, diventata da poco presidente della Birmania-Myanmar. La Nobel San Suu Kyi deve affrontare un grave problema nel suo paese: la persecuzione crudele e sistematica del popolo rohingya, oltre un milione di musulmani. I birmani, autorità militari, religiose, burocrazia e gente comune, li vogliono espellere perché considerati “non birmani”, nonostante l’insediamento nel Paese da oltre due secoli. Occorre ricordare con tristezza che la Nobel non solo non ha fatto nulla, ma si è allineata con la persuasione xenofoba della parte peggiore (e maggioritaria) del suo popolo, e soprattutto dei potenti monaci buddisti. I rohingya, espulsi a centinaia, poi a migliaia, poi a decine di migliaia, vagano (con le loro donne, i loro bambini, i loro vecchi, i loro malati) spinti e abbandonati in mare perché nessun Paese dell’area li vuole accogliere e nessun organo internazionale se ne è occupato. Non si conosce il numero delle vittime e non si è ascoltata alcuna voce di difesa. In un mondo come questo, l’inutilmente giovane ministro degli Esteri viennese non è che uno dei tanti grigi conformisti del peggio. Furio Colombo - il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 [email protected] Tutti pronti a soccorrere il vincitore di queste elezioni “Renzi era convinto di avere sfondato a destra. Ma è finito l’e f f e tto-novità”. Nell'immediato l'osservazione non fa una piega. Ma siccome in Italia “non c’è mai limite al peggio”, con l’orrenda chiacchiera dovuta all’occupazione di pressoché tutti i media, a maggioranza il popolo finirà per dare immenso corpo alla nuova “balena bianca”: è questo che accadrà e non ditemi che sono un gufo nonostante che nel mio piccolo mi stia dando da fare, già da adesso, per il No. Tutti, da quelli del Pd, esclusa la minoranza che avrà il coraggio di abbandonarlo (Fassina lo ha già fatto), fino all’estrema destra, sono in attesa del soccorso al cosiddetto vincitore (Alfano e Verdini lo hanno già fatto), così che la meno perfetta democrazia italiana finisca (finirà) in una immensa cloaca, alla faccia di questo Paese già marcio di suo (o “in metastasi” copyright di Massimo Fini). FRANCO L’ineleggibilità di Sala che nessuno ricorda mai A proposito di Sala, candidato sindaco a Milano, si era scoperto che, fino a pochi giorni fa, non aveva ancora rinunciato alle sue cariche in Expo. Secondo la legge Sala era libero di candidarsi ma non sarebbe eleggibile, nel caso in cui vincesse al ballottaggio. Perché nessuno lo ricorda? ro. Tale vicenda riguarda la contestazione circa la presunta ma mai accertata violazione dell'articolo 648 c.p. (ricettazione) in relazione al pagamento non di ingenti somme, ma di soli 220mila euro. Il dottor Capone da voi qualificato con l'epiteto infamante di “presunto riciclatore” ha già fornito ampie ed esaustive spiegazioni suffragate da prove documentali nel corso di interrogatori da lui stesso richiesti e puntualmente accordati dal sostituto procuratore incaricato ed è auspicabilmente in attesa dell'archiviazione. La signora Annalisa Ciampoli, citata nell'articolo, non è mai stata collaboratrice del mio assistito, circostanza già ampiamente dimostrata nei sopra indicati interrogatori. Irrilevanti e tendenziose sono le informazioni riguardanti la Finstar Holding Srl, società non più partecipata dal dottor Capone, e la Equity Liner, società non più partecipata da Finstar Holding e che detiene una partecipazione solo minima in Wadi Sca, società i cui soci sono assai numerosi e che opera di fatto come un fondo di private equity. La Equity Liner Sa non è mai stata fatta oggetto di cessazione alla Facililty Partners Sa è bensì il risultato di una semplice operazione di scissione parziale della prima. Né tanto meno tale falsa rappresentazione avrebbe potuto costituire, come viene fatto dolosamente e strumentalmente intendere ai vostri lettori, la spinta alla ricandidatura di Renzi alle primarie del suo partito. Si stigmatizzano i toni calunniatori pretestuosi e persecutori utilizzati ai danni del mio assistito. La reputazione del dottor Capone, del tutto ingiustificatamente e in palese violazione di legge, è gravemente danneggiata dalle suddette notizie (peraltro del tutto estranee e non pertinenti al tema trattato dall'articolo in questione). AVVOCATO STEFANO PUCCI GIORGIO CASTRIOTA DIRITTO DI REPLICA A proposito dell'articolo intitolato “La rete occulta di 007 Carrai: fondi esteri spioni e faccendieri” pubblicato il 21 marzo 2016 mi preme precisare che il mio assistito, Bruno Capone, non svolge né ha mai svolto alcuna attività di faccendiere, limitandosi invece a quella di fiscalista esperto di finanza straordinaria, anche a livello internazionale. La presunta notizia secondo cui sarebbe “indagato dalla procura per riciclaggio in relazione a ingenti trasferimenti di denaro in Lussemburgo” non risponde al ve- Prendiamo atto che non si trattava della contestazione di un presunto riciclaggio ma, come spiega lo scrivente, di una presunta ricettazione. Reato che per stessa ammissione del dottor Capone non è stato ancora archiviato. Riguardo la somma di 200 mila euro, prendiamo altresì atto che trattasi secondo il dottor Capone di somma non ingente. Sempre il dottor Capone conferma l'assunto principale della nostra inchiesta, ovvero che sia socio di Marco Carrai, seppure per una piccola quota. Ci scusiamo per aver usato impropriamente il termine cessione, invece di scissione, per quanto riguarda la società Equity Liner. ANTONIO MASSARI E DAVIDE VECCHI PROGRAMMITV 10:30 TELEFILM Reef Doctors Dottori a Hope Island 11:15 Don Matteo 7 13:30 Tg1 14:05 Estate in diretta 15:35 SOAP Legàmi 16:30 Tg1 16:40 Estate in diretta 18:45 Reazione a Catena 20:00 Tg1 20:30 Europei 2016 Portogallo - Islanda 23:13 Tg1 60 Secondi 23:20 Il grande match 00:40 Tg1 NOTTE 01:15 Europei 2016 Portogallo - Islanda (R) 03:00 Sottovoce 03:30 Il poeta e il contadino 04:25 DA DA DA 05:15 RaiNews24 10:30 Summer Voyager 11:20 TELEFILM Il nostro amico Charly 12:10 TELEFILM La nostra amica Robbie 13:00 Tg2 GIORNO 13:30 Il caffè degli Europei 14:00 Marie Brand e il Peccato Originale 15:35 TELEFILM Elementary 16:15 TELEFILM Guardia Costiera 18:00 Tg Sport 18:20 Tg2 18:50 TELEFILM N.C.I.S. 20:30 Tg2 20.30 21:05 Coppie in attesa 2 22:55 Tg2 23:10 A Sud di Made in Sud 00:35 FILM Nati stanchi 01:55 Appuntamento al cinema 02:00 Fine Secolo 08:00 10:00 11:00 12:00 12:45 13:10 14:20 15:00 15:50 17:25 19:00 20:00 20:10 20:35 21:05 00:00 01:15 01:45 Agorà Mi manda RaiTre Elisir Tg3 Pane quotidiano Il tempo e la Storia Tg3 TELEFILM La casa nella prateria Napoléon Geo Magazine Tg3 Blob Roma. I giorni di Parigi Un posto al sole Ballarò Tg3 Linea notte Terza Pagina Fuori Orario. Cose (mai) viste 08:55 09:45 10:45 11:30 12:00 13:00 14:00 15:30 16:39 18:55 19:36 19:55 20:30 21:15 00:50 01:50 02:12 02:27 03:27 Bandolera VI - Prima Tv Carabinieri 2 Ricette all'italiana Tg4 Detective in Corsia La Signora in Giallo Lo Sportello di Forum Hamburg Distretto 21 Ucciderò Willie Kid Tg4 Dentro La Notizia Tempesta d'amore 10 Dalla Vostra Parte Una serata bella! Per te, Bigazzi Con il vento nel petto Tg4 Night News Media Shopping Music Line - Speciale Help 07:59 08:46 09:45 11:00 13:00 13:41 14:10 14:45 15:45 16:46 18:45 20:00 20:40 21:12 23:30 01:30 02:20 Tg5 Centovetrine Le tre rose di Eva Forum Tg5 Beautiful Una Vita III - Prima Tv Cherry Season - La Stagione del cuore Il Segreto Inga Lindstrom Caduta Libera Tg5 Paperissima Sprint Estate Romanzo Siciliano - Prima Tv FILM Ocean’s Eleven - Fate il vostro gioco Tg5 Paperissima Sprint Estate 10:25 White Collar - Fascino Criminale 12:25 Studio Aperto 13:05 Sport Mediaset 13:45 I Simpson 14:35 I Griffin 14:58 Radio Italia Live 15:00 Big Bang Theory 15:35 My Name Is Earl 16:05 Due Uomini e 1/2 16:35 Suburgatory I 17:00 Friends 18:00 Mike & Molly 18:30 Studio Aperto 19:25 C.s.i. Miami 21:10 Blindspot - Prima Tv 23:00 The Last Ship 00:55 FILM 4-4-2- Il gioco più bello del mondo 02:50 Studio Aperto - La Giornata 03:05 Premium Sport News 06:55 07:00 07:30 07:55 09:45 11:00 13:30 14:00 14:20 16:15 17:15 19:00 20:00 20:35 21:10 00:00 00:10 00:45 01:40 03:35 05:25 Oroscopo Omnibus News Tg La7 Omnibus La7 Coffee Break L'aria che tira Tg La7 Tg La7 Cronache Tagadà Avoiding Apocalypse Josephine, ange gardien A cena da me Tg La7 Otto e mezzo Di martedì Tg La7 Otto e mezzo A cena da me L'aria che tira Starsky & Hutch Omnibus La7 13:30 The Walk 15:35 The Prince - Tempo di uccidere 17:10 Benvenuti al nord 19:05 Adaline - L'eterna giovinezza 21:10 Gomorra - La serie 01:00 Robin Hood principe dei ladri 16:00 17:40 18:10 20:10 20:20 Strike Back Mozart In The Jungle I Soprano Atlantic Confidential Gomorra - La serie 22:50 Dov'è Mario? 01:20 I Soprano PIAZZA GRANDE Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | IDENTIKIT PERCHÉ L’APPELLO NON VA ABOLITO N ell’articolo a sua firma pubblicato domenica, Gian Carlo Caselli, reiterando una convinzione in qualche modo diffusa, auspica l’abolizione del giudizio di appello per velocizzare la giustizia penale ed evitare che la “casa crolli”. Non sono d’accordo: in realtà, non si tratterebbe affatto di una “decisione coraggiosa” come egli la definisce, ma di una scelta che andrebbe a ledere vistosamente il sistema di tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nel processo, parti offese incluse. L’appello va semmai reso più agile, ma non certo cancellato. Il nostro codice prevede tre gradi di giudizio: nel secondo – l’appello, appunto –tutto ciò che è stato valutato dal giudice di primo grado può essere rivisto nella misura in cui è stato oggetto dei motivi di impugnazione. E questa – semplificando al massimo – può essere proposta dall’imputato condannato (anche per ottenere una pena più lieve) e/o dal pubblico ministero contro una sentenza di assoluzione (ma anche per chiedere una pena più alta). Dopo il giudizio di appello (ma talvolta anche dopo quello di primo grado), si può ricorrere in Cassazione solo per specifiche ragioni giuridiche, riconducibili alla ipotesi di violazione di legge (ad es., riguardanti la correttezza della motivazione della sentenza oggetto del ricorso). Tutto troppo lungo e A ll’insegna della più profonda ignoranza costituzionale e di un’irresistibile tendenza al populismo (che si esprime, anche con le Cinque Stelle, nel porre limite alle cariche elettive), Matteo Renzi ha prodotto una inequivocabile esternazione: limite di due mandati al capo del governo, come negli Usa. Forse, giunto al termine di una faticosa e confusa riforma costituzionale, Renzi si è dimenticato che l’Italia ha una forma di governo parlamentare e che quella degli Usa è presidenziale. NON GLI DEBBONO mai avere det- to, anche perché nel suo entourage è improbabile che lo sappiano, che nessuna delle forme parlamentari di governo, a cominciare dalla prima e più importante, quella del Regno Unito, prevede e fissa un limite alla durata in carica del capo del governo. Che nelle forme parlamentari di governo non è mai esistito e tuttora non esiste un mandato al capo del governo anche perché, tranne nei casi anglosassoni, i governi sono coalizioni che debbono raggiungere accordi programmatici. Che ciascun capo del governo entra in carica grazie a un rapporto di fiducia, che non sempre consiste in un voto esplicito, con il Parlamento ovvero la maggioranza parlamentare, e ne esce quando la maggioranza parlamentare, quella o un’altra, lo » ARMANDO SPATARO complicato? Nient’affatto. Piuttosto tutto rispondente alla nostra cultura giuridica che non va dispersa: la giustizia è amministrata da uomini e donne, e non è dunque infallibile. Affidarsi a un solo grado di giudizio, significa escludere che si possa rimediare a un possibile errore, anche se non è certo che l’ultima sentenza sia quella aderente alla verità storica dei fatti: lo è solo per convenzione logica e giuridica, in quanto frutto delle valutazioni di più giudici, il che indiscutibilmente diminuisce i margini di errore. E non sono pochi – va detto – quelli cui rimediano le Corti d’appello: per questo io stesso, pubblico ministero, credo nella necessità che una condanna possa essere poi valutata da altri giudici, così come nessun imputato o parte offesa accetterebbe di buon grado, in nome della velocità, di giocarsi tutto in “un colpo solo” come ne Il Cacciatore di Michael Cimino. Ricordiamoci anche della legge Pecorella del 2006, poi dichiarata incostituzionale: in tanti la criticammo non solo perché aboliva l’appello del pm, lasciando in piedi quello del difensore, ma proprio perché comprometteva l’equilibrio del nostro sistema dei diritti. GLI AMANTI del “colpo solo”, pe- raltro, dimenticano altre questioni: l’art. 111 della Costituzione prevede che contro le sentenze si possa ricorrere in Cassazione solo per “violazione di legge”, dunque non per questioni di merito che rimarrebbero assolutamente senza una seconda valutazione. E del resto, se si dilatassero le possibilità di ricorso alla Corte di Cassazione, parzialmente la si trasformerebbe in giudice di merito, ingolfandola e rendendone ingestibile l’attività. Non sto affatto dicendo, però, che, al di là delle assunzioni del personale amministrativo che manca, nulla si possa fare per migliorare la situazione. Sono sempre stato d’accordo, ad es., con il pensiero di Guido Galli che, da accademico, era favorevole alla abolizione del divieto di reformatio in peius nel caso di appello del solo imputato e credo anche che bloccare il decorso della prescrizione, almeno dopo la sentenza IL PREMIER NON PUÒ ESSERE A TEMPO » GIANFRANCO PASQUINO sconfigge e lo costringe a lasciare la carica, magari sostituendolo hic et nunc. Che uno degli elementi, probabilmente, il più importante, che differenzia i parlamentarismi costituzionali. Immagino che, nell’ordine, Konrad Adenauer (quattro vittorie elettorali, in carica dal 1949 al 1963), Margaret Thatcher (tre vittorie elettorali in carica dal 1979 al 1990), Felipe Gonzales AUTOLESIONISMO (tre vittorie eletIl presidente del Consiglio torali, in carica dal 1982 al 1996), Helpropone pubblicamente mut Kohl (quattro vittorie elettorali, il limite dei due mandati in carica dal 1982 al 1998, record asE nessuno osa ricordargli soluto), Tony che è un’idiozia giuridica Blair (tre vittorie elettorali, in carica dal 1997 al dai presidenzialismi è la loro fles- 2007), Angela Merkel (finora tre sibilità proprio nella formazione e vittorie elettorali, in carica dal nella sostituzione dei governi e dei 2005) si stiano chiedendo “che loro capi che, nei presidenzialismi diavolo dice il presidente del Conè praticamente impossibile se non siglio italiano; che cosa ha in mencon l’i mpe ac hme nt , quando ha te, a che cosa mira?” Potrebbero successo, e che trasforma crisi po- chiederselo anche, farò pochi elitiche (incapacità, malattia, cor- sempi selezionati, De Gasperi che ruzione del presidente, sue viola- guidò sette governi, Fanfani e Mozioni della Costituzione) in crisi ro che, rispettivamente ne guida- » 11 Renzi si autosabota, Alessia Rotta è la prova lampante di primo grado, avrebbe un effetto deflattivo su un consistente numero di appelli. Nè possiamo dimenticare che, nel disegno di legge di riforma del codice di procedura penale ora fermo in Senato, sono previste varie misure deflattive rispetto alle possibilità di impugnazione e alle relative procedure: se ne può discutere per migliorarle e renderle realmente efficaci. Ma per favore evitiamo formule pur se certamente d’effetto comunicativo (“Abolire l’appello per rendere la giustizia più rapida”) e soprattutto non rinunciamo nemmeno ad un’oncia della nostra cultura giuridica. Altrimenti rischiamo di replicare la logica – che non è certo quella di Caselli – di chi afferma che si governa meglio e più velocemente con un solo ramo del Parlamento o che i problemi delle imprese si risolvono agevolando i licenziamenti. Abbiamo bisogno di una giustizia più veloce, questo è sicuro, ma non certo meno giusta, come sarebbe senza il grado di appello. *Procuratore Capo di Torino Non pretendo di insegnare il diritto ad altri. Semplicemente ribadisco che la casa della giustizia brucia, per cui occorrono interventi radicali e coraggiosi, praticabili a breve e con costi sostenibili. Per garantire meglio i diritti di tutti con un processo rapido e certo. Serve a poco procedere a spizzichi e bocconi. In ogni caso, dei Paesi con rito accusatorio il nostro è fra i pochissimi con due gradi di giudizio nel merito (anche di più se nel conteggio si comprendono gip, Riesame, rinvii vari ecc. ). Non è una formula a effetto. È un fatto. GIAN CARLO CASELLI © RIPRODUZIONE RISERVATA rono sei e cinque. Magari avrebbero potuto chiederlo a Renzi anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, e l’interv istatore Claudio Toti. Le interviste sono belle e utili quando sfidano l’intervista, non quando stendono tappeti. Invece, no, e la notizia del limite ai mandati è subito rimbalzata senza correzione alcuna (forse arriveranno, presto, le rettifiche di Napolitano). AZZARDO la mia interpretazione, che va oltre l’ignoranza di Matteo Renzi, ma non la giustifica e non la sottovaluta. Renzi cerca di prendere due piccioni con una fava. Vuole fare sapere agli italiani che non starà in carica oltre, se ci arriva, il 2023. Offre questa sua graziosa disponibilità a non restare di più (quindi a non entrare in competizione con i capi di governo, alquanto prestigiosi, che ho menzionato sopra) in cambio di un “sì” al plebiscito di ottobre sul quale sta investendo tutte le sue energie. Se, proprio, voleva sia l’elezione popolare diretta del capo del governo parlamentare, che non esiste da nessuna parte al mondo, sia la non rieleggibilità dopo due mandati poteva cercare di riformare la Costituzione in questo senso. Dimenticavo, sostiene che non glielo avrebbero lasciato fare. Peccato gli abbiano lasciato fare soltanto brutte e confuse riforme. Poteva rifiutarle. Meglio niente. © RIPRODUZIONE RISERVATA » ANDREA SCANZI N on sembra, ma Matteo Renzi è un uomo democratico: conscio di avere quasi tutta l’informazione dalla sua parte, si autosabota circondandosi di giannizzeri al cui confronto Mara Carfagna è Rosa Luxemburg. Dopo l’avvento sul pianeta Terra della “nuova classe dirigente renzina”, il concetto di vuoto cosmico è stato totalmente riscritto. Nardella, Gozi, Nicodemo, Picierno, Morani, Ascani, Boschi, Faraone, Carbone, eccetera: il nulla assoluto, però arrogante. Per questo, anche se non sembra, Renzi è democratico: inondando la tivù di tali paninari invecchiati e droidi renzine, vanifica larga parte dell’instancabile lavoro che la stampa celebrante compie per lui. E ristabilisce un meritorio equilibrio democratico tra le parti in campo. Di questa tragicomica galassia di turiboli e scherani fa parte tal Alessia Rotta, che potremmo definire la risposta sbagliata a una domanda qualsiasi della Picierno. Di lei non si sa sostanzialmente nulla, non per discrezione ma perché nulla c’è da sapere. Wikipedia la definisce “politica e giornalista”, e non si sa se sia più ironica la prima definizione o la seconda. Nata a Tregnago nel 1975, ha l’apertura mentale della Biancofiore e pare buffamente uscita da una tela gotico-incazzosa di Goya. Tal Rotta staziona con una certa regolarità in tivù non perché sia preparata (ahahah), ma perché “fa casino”. È usata nel piccolo schermo per creare confusione e far salire non tanto lo share, che con lei si suicida, ma i decibel. LA ROTTA ha oggi la funzione che nel ven- tennio berlusconiano avevano i Ghedini e le Santanchè, solo che è molto meno efficace (nonché tutto sommato meno telegenica) di entrambi. Non avendo argomenti ma unicamente propaganda, accetta di andare in tivù solo con chi crede di dominare (eccedendo puntualmente in autostima) e non appena è in difficoltà (sempre) cambia argomento. Se qualcuno – legittimamente snervato da cotanto parossismo di niente – osa criticarla, lei parte con la immutabile Renzo-litania in tre mosse imparata nel “Manuale delle giovani Rondolino”. Fase uno: faccette schifate, tipo “emoticon disgustata dal mondo” (o da se stessa, chissà). Fase due: accuse generiche all’interlocutore, tacciato di fascismo e faziosità (che per la Rotta va bene solo se coincide con una Meli). Fase tre: sessismo. Se non sei d’accordo con tal Rotta, o anche solo non la ritieni bellissima e intelligentissima, sei automaticamente un “sessista misogino maschilista”. Va da sé che il sessismo è tale solo se riguarda lei o la Boschi: se l’attacco colpisce una Raggi o Taverna, sticazzi. A conferma di come Renzi sia tanto democratico quanto appena masochista, la Rotta nel Pd non fa la hooligan marginale ma è addirittura “responsabile della comunicazione Pd”. E questo spiega tante cose. Tal Rotta, più che renzina, è anti-grillina: parla solo di loro, e ovviamente malissimo. Su Twitter, dove non arriva a 8 mila follower (daje) e dove lodevolmente usa come profilo un primo piano sfuocato, a dimostrazione di come lei stessa si vergogni di se stessa, ripete – ignorata dai più – che i 5Stelle sono fascisti perché si sono accordati con la Lega per i ballottaggi. Stranamente non mostra lo stesso imbarazzo nell’essere alleata organicamente con Verdini, o nell’avere per stampelle al Senato quei filosofi sopraffini di D’Anna e Barani. La sua ultima missione è far vincere Giachetti al ballottaggio: “#iocicredo”, è il suo grido di battaglia. Solidarietà a Giachetti: nessuno si merita un bacio della morte così. © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 » ECONOMIA NESSUNA ADESIONE | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 Rcs, Piazza Affari chiama il rilancio: offre il 50% più di Cairo I (NON) VIGILANTI » GIORGIO MELETTI I l presidente della Consob Giuseppe Vegas sembra più vicino alle dimissioni dopo che ieri è sceso in campo per criticarlo aspramente anche il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, appena nominato da Matteo Renzi. Ma soprattutto è lo stesso Vegas a essersi inguaiato da solo, accusando Calenda di aver vulnerato l’indipendenza della Commissione che vigila sui mercati finanziari. A peggiorare ulteriormente la situazione dell’ex vice ministro è l’intervento compatto in sua difesa dei suoi compagni di partito di Forza Italia. Il partito che nel 2011 spostò di peso Vegas dalla poltrona di viceministro di Giulio Tremonti a quella di presidente della Consob adesso lo difende in nome dell’indipendenza dell’autorità. Vegas è sotto accusa dopo la rivelazione di Milena Gabanelli, nell’ultima puntata di Report, di una lettera dell’ex dirigente Consob, Claudio Salini, che nel 2011 ha scritto a Vegas attribuendogli la responsabilità di aver ordinato agli uffici, “per le vie brevi”, l’abolizione dai prospetti informativi delle obbligazioni bancarie dei cosiddetti scenari probabilistici, che fino ad allora indicavano in modo sintetico all’investitore le probabilità di guadagno e il rischio di perdita. Vegas non ha mai smentito direttamente quanto scritto da Salini. IERI MATTINA CALENDA, intervi- stato da Radio 24, ha detto: “Non credo che stia al governo commentare l’attività di istituzioni indipendenti però degli errori gravi sono stati fatti”. A Giovanni Minoli che gli ha chiesto se dunque Milena Gabanelli (che ha chiesto le dimissioni di Vegas) avesse ra- LA GUERRA HI TECH » VIRGINIA DELLA SALA U n’occhiata alle ultime acquisizioni di Microsoft: 9,4 miliardi di dollari per entrare nel business della telefonia mobile con Nokia; 8,5 miliardi nel 2011 per comprare Skype, il programma di messaggistica e video chiamate; 2,5 miliardi nel 2014 per Mojang AB, il creatore del videogioco Minecraft. E ieri, l’annuncio dell’acquisizione di un Social Network. Non uno a caso: LinkedIn, che Microsoft acquisirà per 26,2 miliardi di dollari (196 dollari per azione) è la piattaforma per i professionisti, quella che mette in comunicazione aziende, esperti e dipendenti. Serve a creare reti di professionisti e ogni anno cresce del 19 per cento, con più di 433 milioni di membri. L’annuncio dell’acquisizio- NESSUNA ADESIONE all’Offerta pubblica di scambio (Ops) fatta da Urbano Cairo per Rcs. Il Presidente del Torino offriva per ogni azione di Rcs 0,12 azioni di Cairo Communication. Tuttavia, il valore delle azioni di Rcs si attesta attorno a 0,78 euro mentre quanto offerto da Cairo avrebbe solamente un valore di 0,51 euro. A queste cifre, l’offerta del patron della Cairo q Communication è del 51% inferiore rispetto al valore al quale le azioni di Rcs sono al momento scambiate in Borsa. La scadenza dell’offerta è l’8 luglio. Il valore delle azioni Rcs, del resto, al momento risulta maggiore persino rispetto a quello dell’altra offerta fatta da Bonomi ed altri ex azionisti di Rcs (Della Valle, UnipolSai, Tronchetti Provera), che si attesta a 0,70 euro. Il risultato è che l’offerta di Urbano Cairo è stata messa fuori gioco e quindi nel caso l’editore voglia rimanere in lizza per l’acquisizione di Rcs si vedrà obbligato a rilanciare. Anche Bonomi dovrà rilanciare la propria offerta. Secondo gli esperti un valore appropriato si aggirerebbe tra 0,80 e 1,13 euro per azione. La partita finanziaria rientrerà nel vivo il 20 giugno quando parte l’offerta di Bonomi. Sotto assedio Dopo Zanetti, il ministro Calenda: “Ha fatto errori gravi” su Etruria & C. Forza Italia lo difende. Renzi attende le urne Scandalo Consob: il governo attacca Vegas dopo le bugie autoassoluzioni”. Vegas a questo punto ha reagito: “Prendo atto delle pressioni politiche esercitate nei miei confronti da alcuni esponenti di governo”. Chiara la scelta del terreno di scontro. Il governo viola l’autonomia della Consob “che il Parlamento ha voluto indipendente fin dalla sua legge istitutiva del 1974”. Vegas sottolinea che sulla Consob non vige lo spoil system, accusando implicitamente il governo di volerlo far fuori per sostituirlo con un presidente più gradito. IL PUNTO DI CALENDA è però un altro: i “gravi errori”che sono stati 350 mln In fumo con i bond delle 4 banche, privi degli scenari di rischio (eliminati da lui) Nel ciclone Il capo di Consob Giuseppe Vegas. Sotto: Carlo Calenda Ansa gione, il ministro ha risposto: “Si, ha ragione”. Immediato il giubilo del vice ministro dell’Economia Enrico Zanetti, che nei giorni scorsi si era espresso nello stesso modo, non prima di essersi assicurato che il ministro Pier Carlo Padoan non lo avrebbe sconfessato: “Bene, adesso siamo in due, nel governo, a dire in modo esplicito che ci sono stati errori e goffe commessi, sui quali Vegas ritiene, in nome dell’indipendenza della Consob, di avere il diritto di autoassolversi. Pippo Civati di Possibile chiede infatti a Matteo Renzi, non come premier ma come segretario del Pd, di far sentire la sua voce, anche se è improbabile che ciò accada prima dei ballottaggi di domenica prossima: “Serve un intervento forte del partito di maggioranza, nella persona del segre- tario Matteo Renzi. A lui chiediamo se si sia fatto finalmente un’idea di questo scandalo”. A testimonianza della violenza dello scontro in atto – particolarmente grave nel momento in cui i titoli bancari vanno a picco in Borsa – ci sono le accuse di Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, al dirigente della Consob Marcello Minenna, capo dell’ufficio che faceva gli scenari probabilistici e notoriamente bestia nera di Vegas. Secondo Brunetta il “torbido” dello scandalo Consob è rappresentato proprio da Minenna: “È grave quanto ho appreso a seguito di un esposto che mi è stato recapitato al quale sono state allegate mail provenienti da un alto dirigente Consob, Marcello Minenna, che si occupa di scenari probabilistici e che la signora Gabanelli nel 2013 ha raccomandato a deputati del Movimento 5 stelle. In tali mail si dà evidenza di un’occulta attività di Minenna (se lecita o illecita lo deciderà la magistratura) volta a condizionare gli esiti di una consultazione avviata dalla Consob, predisponendo per soggetti terzi quanto necessario affinché essi rispondessero a favore degli scenari probabilistici”. IL RIFERIMENTO è alla primavera del 2011 e alla consultazione durante la quale Vegas ordinò “per le vie brevi” agli uffici di far sparire gli scenari probabilistici. La presunta attività occulta di Minenna sarebbe comunque servita a poco di fronte a quella pubblica dell’Assonime, la lobby delle società per azioni di cui era allora vicedirettore generale Carmine Di Noia, oggi commissario Consob (da vigilato a vigilante). Ieri Di Noia ha buttato lì una dichiarazione sibillina: “La Consob sta facendo il suo dovere di accertare le responsabilità”. Di chi? Record Redmond si compra il social network delle professioni Microsoft punta tutto sulle aziende: 26 miliardi (a debito) per LinkedIn Office – W or d , ne, che si concluExcel, Power derà nel 2016, è point – poi il pocoerente con la strada intrapresa tenziamento del dal Ceo di Microcloud, e ancora soft Satya Nadelgli strumenti per la: arrivati al pungestire il proprio to in cui l’e vo ludesktop da qualzione degli har- In crescita LinkedIn ha 433 siasi dispositivo dware e dei siste- milioni di iscritti nel mondo con l’idea di potersi portare omi operativi non può più apportare significativi vunque scrivania e lavoro. Si progressi (vale anche per le al- concentra su come ottimizzare tre aziende) si punta sui servizi la produttività, la gestione del e sui software. O sulla roboti- lavoro aziendale, ma anche dei ca. liberi professionisti. E si fa strada in un settore dove non ha riIL COLOSSO DI REDMOND, inve- vali. ce, punta alla conquista degli ufAllo stesso tempo, come sotfici e ritrova la sua identità. In tolineato da diversi esperti, con origine i prodotti del pacchetto Linkedin acquisisce i dati di un trafficatissimo social network che del lavoro fa il suo punto forte, presente in 200 Paesi e che cresce al ritmo di un milione di utenti a settimana. Obiettivo: far parlare tra loro le diverse applicazioni e fare in modo che si potenzino l’una con l’altra. Un investimento per cercare di recuperare terreno, senza scontrarsi con i big del settore e rinunciando alla tradizionale concorrenza diretta con Apple. E anche una scommessa: Microsoft finanzierà l’acquisizione con l’emissione di nuovo debito e Nadella ha previsto un impatto negativo pari a circa l’1 per cento sull’utile per gli anni 2017 e 2018. Che diventerà positivo 2019. © RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas è al centro delle polemiche per aver fatto togliere, appena arrivato (2011), gli scenari probabilistici dai prospetti delle emissioni obbligazionarie Si tratta di strumenti che davano le probabilità di perdere in tutto o in parte l’investimento fatto. Nei giorni scorsi, “Report” ha rivelato una lettera interna in cui un dirigente riferisce dell’ordine dato “per le vie brevi” da Vegas di toglierli e farli togliere dalle banche che l’avevano già inseriti © RIPRODUZIONE RISERVATA Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi Vicecaporedattore Stefano Citati Art director Fabio Corsi mail: [email protected] Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Layla Pavone, Marco Tarò Comitato dei garanti: Peter Gomez, Marco Lillo, Antonio Padellaro, Michele Santoro, Marco Travaglio Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130; Litosud, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Da mesi, girano rapporti allarmanti. “Vanno gestiti con molta attenzione”, si legge in un report di LC Macro la società di consulenza dell’ex Capo economista del Tesoro italiano Lorenzo Codogno. Per Codogno le stime fatte dal Tesoro inglese (tra 3,6 e 6 punti di Pil in meno) sono basate su un’ipotesi “neutrale”, cioè senza rea- q Cifre allarmistiche, ma l’impatto può essere limitato zione politica. La Gran Bretagna sarebbe sì fuori dal mercato comune Ue, ma può risolvere il problema aderendo allo Spazio economico europeo (come la Norvegia), accorciando i tempi e “limitando così l’impatto”. La Banca d’Inghilterra potrebbe poi “iniettare liquidità per evitare un aumento dei costi di finanziamento dell’economia” e il governo attuare politiche anticicliche per attenuare gli effetti su crescita » 13 e occupazione. Il problema (ma lo è soprattutto per l’Ue) è che l’Inghilterra è un importatore netto di beni europei, e il deficit commerciale potrebbe spingere a un deprezzamento della sterlina intorno al 12-15% (che però spingerebbe al rialzo i titoli azionari del Regno Unito) per riequilibrare i conti con l’estero: “Una scossa così avrebbe ripercussioni a livello globale”. CDF La Brexit spaventa i mercati Banche italiane, allarme rosso In vista del voto i listini sprofondano di nuovo. Milano a picco con gli istituti, già in crisi » CARLO DI FOGGIA A poco più di una settimana dal voto, i mercati prezzano la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea su cui i britannici si esprimeranno nel referendum del 23 giugno. Ieri, complice il pessimo dato sugli investimenti fissi in Cina (scivolati sotto il 10% per la prima volta dal 2000) le Borse asiatiche sono crollate. L’incertezza del voto inglese ha fatto il resto, trascinando al ribasso – come venerdì – i listini europei (Londra -1,16%, Francoforte -1,8%, Parigi -1,85% e Madrid -2,2): 130 miliardi in fumo. Milano la peggiore dopo Atene: -2,91%, portata a picco dai titoli bancari. Con il Quantitative easingdella Bce (l’acquisto massiccio di titoli di Stato) che anestetizza il differenziale con i bund tedeschi, sono ormai i titoli degli istituti italiani il nuovo spread: Banco Popolare perde YOUTREND » SALVATORE BORGHESE* T ra poco più di una settimana, gli elettori del Regno Unito si recheranno alle urne per il referendum sul “Brexit”, l’uscita del Paese dall’Unione europea. Quello del prossimo 23 giugno è un appuntamento storico per molti motivi: prefigura la possibilità che un Paese possa fuoriuscire dall’Ue e poi perc h é l e c o n s eguenze di un eventuale “Br exit” sull’economia britannica cos tituis cono un’incognita sulla quale molte istituzioni hanno lanciato l’allarme. Si temono ripercussioni gravi su un sistema economico tra i più aperti e interconnessi al mondo: il “Brexit” comporterebbe maggiori controlli sul flusso di persone (e quindi lavoratori), capitali e merci –anche se su quest’ultimo punto è probabile che si intervenga con un nuovo accordo ad hoc con l’Ue per salvaguardare le tante imprese che prosperano grazie a un’economia aperta. In bilico Il primo ministro inglese, David Cameron: se vince il Sì potrebbe lasciare LaPresse GIÀ NELLA (vittoriosa) cam- pagna elettorale del 2015, il primo ministro conservatore David Cameron si era impegnato a dare la parola ai suoi cittadini sulla permanenza nell’Ue, cercando di sfruttare e allo stesso tempo di contenere il forte euroscetticismo degli inglesi. Cameron ha poi rinegoziato il 10,08%, Bpm il 9,9%) e Mps il 9,14%, scesa fino lordi ad aprile, di cui un quarto in pancia a Ua 0,50 euro. Malissimo anche Mediolanum nicredit) e il fondo salva banche Altante ha mu(-6,53%), Ubi (-6,12%), Bper (-6,09%) e Intesa nizioni troppo ridotte per impattare. Tornando al referendum, i segnali d’isteria (-5,89%), piombata sotto i 2 euro. Sempre più giù Unicredit (-5,29%) a 2,25 maggiore arrivano dai vertici euro: nei primi 5 mesi del 2016 Ue: “La Brexit potrebbe essere l’inizio della distruzione ha perso il 42%, mentre l’indi- Segnali d’isteria non solo dell’Ue, ma di tutta la ce di Bloomberg delle 500 Tusk (Consiglio Ue): maggiori banche europee il 14, civiltà politica dell’Occidene dovrà attendere fine luglio “Sarebbe la fine te”, ha detto ieri il presidente per trovare un sostituto all’ad dell’Unione e della del Consiglio europeo Donald appena cacciato. Qui la Brexit Tusk. Prima era toccato al miaggrava solo una débâcle in at- civiltà occidentale” nistro delle Finanze tedesco to da mesi. Il governo ha un eSchäuble (“sarebbe fuori dal norme problema con il commercato unico”), e poi al preparto, che ha perso quasi il 50% in Borsa e lancia sidente della Commissione Jean Claude Junsegnali di sofferenza a partite dall’unica banca cker seminare terrore. Uscite già viste con la “sistemica” italiana: i crediti inesigibili del set- Grecia l’estate scorsa. tore hanno ripreso la galoppata (198,3 miliardi © RIPRODUZIONE RISERVATA In negativo Borse europee in rosso Ansa I filo-europei sono più forti di quanto dicono i giornali I numeri Il “remain” è in testa, ma lo scarto è minimo. Gli anziani sono per l’exit, i giovani per restare. Pure con la Scozia i sondaggi ingannarono Brexit È il nome dato al referendum che si terrà il 23 giugno nel Regno Unito sulla permanenza o meno del Paese all’interno dell’Unione europea. La possibilità di lasciare il club dei 28 è contenuta nel Trattato di Lisbona. Nel caso il Regno Unito rimanga all’interno dell’Ue, lo farà alle condizioni che David Cameron ha ottenuto lo scorso 19 febbraio dopo un round di negoziati con il Consiglio europeo Il martedì sul Fatto numeri e statistiche sulla politica a cura di You Trend i termini dei rapporti tra il suo Paese e l’Europa, raggiungendo a febbraio un accordo che dà al Regno Unito uno status di membro “speciale”: formalmente è proprio su questo accordo che si terrà il referendum, con la formula “prendere o lasciare”. Cameron difende il suo operato e si è schierato per il “Remain” (restare nell’Ue alle nuove condizioni), ma il suo partito, e il suo stesso governo, sono spaccati: una buona parte, che fa capo all’ex sindaco di Londra Boris Johnson, è a favore del “Leave” (lasciare la Ue). A questo fronte pro-Brexit si aggiunge lo Ukip dell’euroscettico Nigel Farage. Sono invece per la permanenza nell’Ue gli altri principali partiti: laburisti, liberal-democratici e nazionalisti scozzesi. Nei giorni scorsi si sono levate voci “allarmate” per via dei sondaggi che darebbero il fronte del “Leave” in netto vantaggio. I mercati finanziari hanno subìto i contraccolpi di queste voci. In realtà, il “Remain” è in vantaggio nella maggioranza dei sondaggi: le incertezze derivano dall’entità (ridotta) di questo scarto e dall’alto numero degli indecisi, superiore al 10% degli intervistati. Il “Leave” è dato in testa in alcuni sondaggi, ma questo accade spesso quando si tratta di un referendum in cui le due opzioni sono molto vicine. Secondo il Financial Times (che pubblica 10% Indecisi Inglesi i più euroscettici. Gallesi e scozzesi vogliono l’Ue una sua “supermedia” aggiornata di tutti i sondaggi realizzati sul “Brexit”) queste differenze possono essere dovute alla diversa metodologia con cui vengono effettuati i sondaggi: nelle interviste telefoniche, di fronte a una scelta più “netta”, gli intervistati tendono maggiormente – rispetto ai più “confortevoli” questionari online – a scegliere lo status quo. Un precedente significativo è il referendum sull’indipendenza della Scozia tenutosi meno di due anni fa. Anche in quel caso i sondaggi registravano una distanza molto ridotta tra “y es ” e “no”, e anche in quel caso i pochi sondaggi che davano in vantaggio i “sì” all’indipendenza facevano molto più “rumore” della maggioranza che prevedeva una vittoria dei “no”. Gli scozzesi votarono in maggioranza “no” con oltre dieci punti di margine sui “sì ” (55,3% a 44,7%). ALCUNI SONDAGGI hanno indagato i profili degli elettori. Come riportato da Rob e r t a D a m i a n i s u Y o uTrend, secondo un’inchiesta di Survation gli inglesi (l’84% della popolazione chiamata a esprimersi) sono i più euroscettici tra le diverse nazioni del Regno Unito, mentre in Galles, Scozia e soprattutto Nord Irlanda prevalgono nettamente i favorevoli a restare nella Ue. Da un sondaggio di YouGov è emerso un triplice gap: generazionale, di istruzione e di interesse verso la politica. Gli euroscettici prevalgono tra i più anziani, i meno interessati alla politica e quelli con un livello di istruzione più basso, mentre sono per il “R em ai n” gli elettori più giovani, quelli con un più alto livello di istruzione e quelli con un più alto interesse verso la politica. Proprio per questo la partecipazione al voto dei più giovani rappresenta un’i nc og ni ta potenzialmente decisiva: un’alta affluenza di questo segmento di elettori potrebbe far pendere definitivamente la bilancia a favore della permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. *YouTrend © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 » ESTERI | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 LIBIA CONTINUA LA BATTAGLIA DI SIRTE A Sirte avanzano le forze fedeli al governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj contro l’Isis, che sta opponendo resistenza. La riconquista della città procede ma ad un ritmo rallentato rispetto a qualche giorno fa. Le truppe si trovano oramai all’entrata della zona di 5 km quadrati dove si nascondono i jihadisti, un’area che si estende dal centro città e prosegue a nord fino al mare. Reuters NATO QUATTRO BATTAGLIONI A EST La Nato è pronta a schierare 4 “battaglioni multinazionali” nei tre Paesi baltici e Polonia come deterrente contro la Russia. Oggi e domani i ministri della difesa dell’Alleanza - nell’ultimo appuntamento prima del vertice dell’8-9 luglio a Varsavia - metteranno a punto i dettagli. La conferma che l’Alleanza schiererà i battaglioni è stata data dal segretario generale, Jens Stoltenberg. REGNO UNITO Una giornata nel Dipartimento di Politica e Studi internazionali frequentato dal ricercatore. La cordialità si raffredda quando si parla di Giulio e spuntano i “no comment” Regeni: fumo di Cambridge Sei mesi di depistaggi e bugie dietro l’omicidio del ricercatore friulano della porta. L’edificio è aperto al pubblico, le porte sono trasparenti e spalancate, le finestre lasciano passare il sole sulle pareti decorate con quadri etnici. L'atmosfera è informale, la password per il wi-fi si ottiene domandandola all’ingresso. C’è un volantino giallo anche nella bacheca del bar. 25 I SORRISI di benvenuto si ap- » FRANCESCA MARCHESE W Cambridge Le date e miss you, Giulio” (Ci manchi, Giulio). È il biglietto scritto dai colleghi di Giulio Regeni sotto una foto di gruppo che lo ritrae sorridente in un momento spensierato, il compleanno di uno di loro. Foto e biglietto si trovano nella sede del Polis, il Dipartimento di Politica e Studi Internazionali dell’Università di Cambridge. Tra silenzio e commozione, è con questo ricordo che i ricercatori del Polis continuano a lavorare. Un omaggio perenne, con le foto di Giulio su quasi ogni parete insieme con i volantini gialli di Amnesty International che chiedono verità sulla sua vicenda. Specie nell'aula studio 238 dove Giulio stava ore sui libri e al computer: un’altra foto di lui, ritratto mentre era seduto a studiare, è poggiata sulla stessa scrivania bianca vicino alla finestra. gennaio Giulio Regeni scompare a Il Cairo dove si era trasferito per una ricerca di dottorato sui diritti dei lavoratori e i sindacati egiziani 5 febbraio IL VOLANTINO su ll' inc ont ro pubblico organizzato lo scorso 20 maggio è attaccato alla porta d’ingresso, plastificato. Dal lato opposto della stanza, un altro tributo ancora: una bacheca con immagini e ritagli di giornale che “è rimasta così da gennaio”, raccontano alcuni studenti; per il resto, bocche cucite dopo i no comment sconsigliati dall'ateneo. Dicono solo, tra occhi lucidi e gentilissimi commenti di circostanza, di essere tutti molto scossi. Sono 63: 26 studenti hanno iniziato il dottorato a ottobre 2015, 16 a ottobre 2014 e 21 a ottobre 2013. Quasi tutti non britannici. Han- no ricordato il loro compagno, domenica scorsa, in una cerimonia ufficiale in suo onore: un memorial, come si usa da queste parti, per rendere omaggio a chi non c’è più e condividere pensieri e riflessioni. Il luogo scelto è stato il Girton College, a mezz’ora di autobus dal centro città, dove il ragazzo viveva. Quel pomeriggio la cappella era gremita, i suoi genitori erano lì ad ascoltare colleghi e professori ricordare il suo profilo di ricercatore e persona perbene. Il cuore del Polis si trova al secondo piano dell'edificio Alison Richard Building, in una località appena fuori dal centro città nota come Sidwick Site che raccoglie una ventina di facoltà circondate dal verde. L’ingresso del dipartimento è al primo piano, ma gli uffici di coordinamento sono al secondo svoltando un angolo alla fine di un corridoio: una fotocopia con una foto di Giulio in giacca e cravatta è attaccata a una colonna, ad altezza d’uomo, poco prima Disco rotto Anche il capo di Polis, David Runciman, evita di esporsi, in linea con i vertici dell’Università chi è direttamente coinvolto, sia chi non lo è e continua a lav o r a rc i ”. La stessa linea che Cambridge ha opposto alle richieste della Procura di Roma che indaga sull'omicidio dello studente al Cairo, nonostante abbia ribadito di “stare dalla parte dei valori della libertà accademica che questo omicidio insensato attacca in maniera tanto spregevole”. Anche il capo del dipartimento, David Runciman, ripete il no comment durante l'incontro casuale al posteggio delle biciclette, dopo pranzo all’esterno del palazzo, e rimanda ogni parola ai vertici dell’università. © RIPRODUZIONE RISERVATA Due settimane al voto Il leader dell’alleanza di sinistra appoggia l’indipendenza catalana SPAGNA » ELENA MARISOL BRANDOLINI Barcellona P Luogo di pace L’ingresso dell’Università di Cambridge e Giulio Regeni LaPresse Nel tardo pomeriggio il corpo del ricercatore italiano viene ritrovato in un fosso sull’autostrada che collega Il Cairo ad Alessandria d’Egitto pannano appena si cita il nome che inizia per G. Si fatica a pensare che in questo luogo così aperto e luminoso, senza nessuna traccia visibile di presidi di sicurezza se non le telecamere di videosorveglianza, possa essere collegato alla brutta storia che ha portato alla fine di Giulio. Le università britanniche sono così, brillanti e liberali. A nessuno verrebbe in mente di mettere lucchetti e protezioni. Qualche settimana fa, c’è stata una manifestazione pubblica in centro, ma uno degli studenti racconta che “a impegnarsi attivamente è una minoranza; molti studenti sono concentrati sugli esami”. Un altro studente, Davide Martino dello Young European Movement, dice invece: “Non conoscendo Giulio, ognuno di noi studenti, italiani o no, a Cambridge o meno, dovrebbe sentirsi vicino alla vicenda di un ragazzo che, fino a prova contraria, stava conducendo un progetto di ricerca come tanti altri, su un tema di grande attualità”. Al Polis si continua a studiare gli stessi temi che riguardano le condizioni di lavoro e i diritti umani in Egitto. Tanto che il portavoce dell'università sottolinea l'importanza del no commentper tutelare “sia alco d’eccezione sabato mattina a Barcellona per l’apertura della campagna elettorale della coalizione Unidos Podemos in Catalogna collegata alla lista di confluenza En Comú Podem, arrivata prima nelle elezioni di dicembre. Sotto l’Arc di Triomf, nel Passeig dedicato al repubblicano Lluís Companys, presidente della Generalitat, trucidato dai franchisti nel 1940, accolti da una folla militante e festosa, parlano la sindaca Ada Colau, il responsabile del programma elettorale Íñigo Errejón, la vicepresidente della comunità valenciana ed esponente di Compromís Mònica Oltra, Alberto Garzón leader “Barcellona sarà capitale”: Iglesias lancia il sorpasso per conquistare Madrid di Izquierda Unida, Pablo Iglesias, leader di Podemos e candidato presidente e il capolista Xavier Domènech. “Avevamo già dimostrato quale fosse il cammino un anno fa, in occasione delle amministrative: sommare per moltiplicare e quindi vincere”, dice Colau, rivendicando il lavoro fatto dalla sua amministrazione. GLI ULTIMI SONDAGGI danno la lista En Comú Podem addirittura in crescita rispetto al risultato di dicembre, mentre la coalizione di sinistra Unidos Podemos si colloca al 2° posto, consolidando la distanza dal Psoe. “Abbiamo anteposto alla Pablo Iglesias Ansa nostra appartenenza partitica le necessità del nostro popolo e della società”, sostiene un acclamatissimo Garzón, che ha sacrificato molto della visibilità del partito in nome dell’alleanza. Le parole più ripetute sono la “fraternità” con cui costruire un futuro comune, il “sorriso” opposto alla paura e alla rassegnazione, il “popolo” che attraverso la politica trasforma la società. Ciò che è successo il 20 dicembre in Catalogna, succederà il 26 giugno in tutta la Spagna, assicura Domènech e ai socialisti dice “La nostra ossessione è il cambio, non il sorpasso del Psoe. Siamo nati per vincere il Partido Popular”. Tutti fanno appello ad una campagna elettorale che sarà determinante, perché può decidersi per pochi seggi e, come dice Iglesias, “in Spagna, i cambiamenti storici in chiave progressista sono stati possibili solo con il sostegno della Catalogna”: ne sanno qualcosa i socialisti che, in Catalogna, e in Andalusia, un tempo avevano il loro granaio di voti. “ASPIRO A ESSERE presidente di una Spagna che ascolti la Catalogna”, continua Iglesias, riaffermando il diritto a decidere del popolo catalano attraverso un referendum. Lo fa, consapevole del momento di crisi che sta attraversando il movimento indipendentista catalano. Specie dopo la bocciatura del bilancio preventivo per il 2016 presentato dal governo della Generalitat da parte della Candidatura d’Unitat Popular, la formazione della sinistra radicale indipendentista, fino a quel momento alleata di Junts pel Sí nel processo che avrebbe dovuto portare la Catalogna alle soglie di un nuovo Stato indipendente. Dopo quel voto in Parlamento, il presidente Carles Puigdemont dichiarava: “Mi sottoporrò a una mozione di fiducia” per ripristinare il patto di legislatura o andare a nuove elezioni. D’altra parte, i due principali partiti indipendentisti catalani, secondo gli ultimi sondaggi, mostrano una diversa tendenza, con la conferma del buon risultato per Esquerra Republicana e della non buona salute per Convergència Democràtica. © RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | 17 SOGGETTI, BANCHE COMPRESE Scandalo Mps, la procura chiede il giudizio per tutti L’ANTICIPAZIONE Pubblichiamo un’anticipazione del libro di Fabrizio Corona, edito da Mondadori. In quasi 200 pagine ripercorre la sua vita tra belle donne, moda e soldi facili. NEL GIORNO in cui il titolo Monte dei Paschi di Siena perde il 9.14%, arriva il rinvio a giudizio per i 17 imputati del caso Mps. La richiesta dei pm della Procura di Milano, Giordano Baggio e Stefano Civardi, è stata accolta dopo l’udienza preliminare. Tra i 17 imputati, oltre alle banche Monte dei Paschi di Siena, Deutsche Bank e alla filiale inglese dell’istituto di credito q giapponese Onura, rientrano ex-vertici e manager della banca italiana, un dipendente e 5 ex-dipendenti di Deutsche Bank. Durante l’udienza preliminare è stata ripercorsa la storia dei derivati Santorini e Alexandria assieme al prestito ibrido Fresh e il caso della cartolarizzazione Chianti Classico. Secondo l’accusa, grazie a queste operazioni sarebbero stati coperti centinaia di mi- “Dalla piscina vuota al carcere Ecco come è andata davvero” TUTTI I GUAI GIUDIZIARI D Tutto gratis e la ragazza del momento Mi chiamo Fabrizio Corona, ho quarantadue anni, e questa è la storia di come sono finito in galera. Dall’inizio. E l’inizio è qui, a nove anni, in questa piscina vuota. “Sai chi sono io?”, chiedo. Egon von Fürstenberg, Naomi Campbell, Gianni Versace. “Sai chi sono io?”, ripeto. Antonio Cabrini, Enrico Ruggeri, Cindy Crawford. Le mani infilate in guanti di almeno cinque misure più della mia. Ci troviamo alla festa evento più importante di Milano, per il compleanno di Moda, a Palazzo Reale, diretta su Rai Uno, collegamento tv con le quattro capitali della moda: Parigi, New York, Los Angeles, Tokyo. È la festa di mio padre, voluta e organizzata da lui, un momento che sancisce la lioni di euro mai in realtà prodotti. I vari capi di accusa vanno dall’ostacolo delle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia e della Consob, alle false comunicazioni sociali, all’aggiotaggio, per finire col falso. Si ritornerà in aula il 4 luglio quando la parola passerà alla difesa. Intanto, però, il processo continua a contribuire ai timori che hanno tanto dominato la scena in borsa negli ultimi giorni. Fabrizio Corona L’adolescenza e il mito del padre Vittorio, la vita facile e la Milano da bere: “Ditemi cosa non devo fare e lo farò” » FABRIZIO CORONA itemi cosa non devo fare, e io lo farò. Ditemi: “Non correre, non arrampicarti, non buttarti”. Ditemelo come ora, un coro di voci che urla. “Ti ammazzi, ti spacchi la testa”, ditemelo e non vi ascolterò. Divisa blu del Kinderheim, come tutti gli altri. Solo che gli altri sono al sicuro di fronte all’edificio, gregge ubbidiente. Io invece sono sul trampolino, e vi assicuro che da quassù il mondo è diverso –quanti saremo quest’estate, trenta, quaranta? –. I bambini della Milano bene, sancarlini, sanbabilini. Bambini fortunati, con un grande futuro davanti: avvocati, industriali, giornalisti. Il mondo è nostro, i nostri padri lo hanno consegnato a noi, e noi non dobbiamo far altro che usarlo. La strada è stata tracciata: basta seguirla. Kinderheim di Cervia, inizio luglio, mamma e papà sono ancora in città a lavorare. Il coro di voci alle mie spalle aumenta: “Pazzo, incosciente, i mb e ci l le ”. Io non sento niente, tranne la mia voce che dice: “Tu sei diverso. Tu il mondo non lo prendi in consegna, lo crei”. Eccomi qui a guardare dritto di fronte a me – che sia questo orizzonte indefinito il futuro? Da quassù è tutta un’altra cosa, una vertigine infinita –, eccomi alzare le braccia al cielo e tuffarmi di testa. » 15 Estorsioni e soldi falsi Tutte le vite La fama, le copertine, gli eccessi. Poi l’arresto, il carcere e la libertà vigilata: Fabrizio Corona Ansa/LaPresse Ipse dixit IL GRANDE EVENTO DELLA MODA “Sai chi sono io?”, chiedo. Egon von Fürstenberg, Naomi Campbell, Versace. “Sai chi sono io?”, ripeto. Cabrini, Ruggeri, Cindy Crawford MIO PADRE VITTORIO E LA FOTO CON STALLONE C’è una foto di lui che firma un autografo a Stallone, la luce dei riflettori è puntata su Vittorio Corona anche se di fianco c’è Sylvester, cioè Rocky nascita ufficiale del decennio della moda. Nessuno mai dimenticherà quella serata. “Sai chi sono io?”, domando di nuovo in mezzo alla folla, stavolta a Loredana Berté, Elio Fiorucci, Oliviero Toscani. “Il figlio di Vittorio Corona”. E dunque: quali privilegi comporta questo? Perché c’è un ragazzino che lo sbandiera con orgoglio? Che cosa significa essere il figlio di Vittorio Corona nel 1986? Innanzitutto, significa tutto gratis; significa aprire la porta di casa e ritrovarsi davanti la ragazza del momento, quella su ogni copertina, Anna Falchi; significa che un giorno papà ti può dire: “Lunedì andiamo a Los Angeles”. Il carisma della persona più importante Vittorio Corona, mio padre, è un uomo alto e robusto. Schiena dritta e spalle larghe, grazie al nuoto praticato fin da bambino. Capelli e occhi scuri, mascella squadrata. Il tipico maschio alfa, capigliatura folta, faccia vissuta. Disinvolto, affabile, scaltro, sa affascinare e intriga uomini e donne. Chiunque, più alto o più basso, dalla sfolgorante bellezza o trasandato, noto o sconosciuto, chiunque ne riconosce il carisma. C’è una foto di lui che firma un autografo a Sylvester Stallone. La luce dei riflettori è puntata su Vittorio Corona, anche se di fianco c’è Stallone (già famoso per Rocky III e Rambo 2). Non si tratta solo di carisma, è anche una questione di empatia. Vittorio mostra un interesse particolare per il prossimo. Chiunque percepisce che Vittorio Corona ti rivolge un’attenzione speciale, sì, proprio a te. Lui riceve tutti, ascolta richieste e necessità di ognuno. Solo che in una stanza piena di gente, magari durante un evento pubblico, ci sono tantissimi te da riconoscere… come si può pretendere che li ricordi tutti? Di questo la gente si lamenta: “Non mi ha salutato”, dice. Da qui la sua fama di genio ma lunatico, di fuoriclasse ma spietato. La verità è che ha poca memoria per i visi, tutto qui. Poi, certo, sa essere anche molto duro. Quando si arrabbia non alza la voce, gli basta guardare dritto in faccia l’interlocutore; quando si arrabbia parla in siciliano, e le persone ammutoliscono. Il 10 aprile 1986 saliamo sul volo Roma-Los Angeles, scalo a New York. Prima classe. Siamo io, mio fratello DICIOTTO MESI DI FOLLIA sono costati a Fabrizio Corona una condanna complessiva a 13 anni e 2 mesi, poi ridotta a 9 anni per la continuazione. I guai per l’ex re dei paparazzi incominciano nel 2008 e finiscono nel 2009. Le prime condanne arrivano nel 2013. Il primo pasticcio inizia con Vallettopoli. All’epoca Corona finirà in carcere. Custodia preventiva durata 3 mesi. Di quel processo la condanna più grave è quella a 5 anni per estorsione aggravata all’allora calciatore della Juventus, David Trezeguet. L’aggravante fu contestata perché il fotografo si presentò accompagnato dall’autista. Poi c’è 1 anno e 5 mesi per la tentata estorsione al calciatore Adriano. L’episodio delle banconote false gli è costato 1 anno e 6 mesi, mentre la foto scattata in carcere 1 anno e 2 mesi. In questo caso il reato è quello di corruzione. L’ultimo verdetto sono i 3 anni e 10 mesi per bancarotta. Il 18 giugno 2015 sarà affidato ai servizi sociali nella comunità di don Mazzi. Il 21 ottobre il giudice dispone l’affidamento sul territorio. La storia giudiziaria attende ancora un verdetto. A settembre è fissata l’udienza per rivalutare la continuazione. Se il gip deciderà di toglierla, i giochi per Corona cambieranno (ma in peggio). Francesco e papà. Francesco dice di aver lasciato una lettera per Cristina, la fidanzata, dovesse mai cadere l’aereo: “Ti amerò per sempre”, le ha scritto. E io? Io non ho lasciato nessuna lettera. Non sono fidanzato, alle donne non ci penso. E se quest’aereo dovesse mai cadere – mi accoccolo sul sedile, occhi socchiusi, cercando di prendere sonno –, pazienza. La persona più importante è qui di fianco a me, mio padre. Il predestinato è mio fratello, ma non ho paura Ho dodici anni, ma ne dimostro meno. Magrolino e timido, è difficile dire cosa ci sia nella mia testa. È più facile dire quello che non c’è. Non ci sono timore, smarrimento, complessi di inferiorità. Accetto che il predestinato in famiglia sia Francesco, il mio fratello maggiore. Lui, che gioca a calcio come centrocampista, farà il modello e conquisterà il mondo. È lui l’erede diretto di Vittorio, così pare (…). La cosa non mi spaventa – mi sistemo ancora meglio su questo sedile di prima classe, la testa sulla spalla di papà – niente mi spaventa. Il mio ideale da imitare è Vittorio Corona, voglio diventare come lui. E non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. (…) © RIPRODUZIONE RISERVATA Il libro La cattiva strada l Fabrizio Corona Pagine: 199 Prezzo: 17 e Editore: Mondadori 16 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 Cultura | Spettacoli | Società | Sport Secondo Tempo VITTORIA Battuto il Belgio 2-0 grazie a Giaccherini e Pellè I » ROBERTO BECCANTINI Successo di gruppo L’Italia è un collegio in cui ognuno sa quello che. Gli avversari una cricca di talentuosi solisti Pillola FEDEZ SCRITTORE Il 21 giugno sarà in libreria il primo libro del rapper italiano. Nato da un’idea innovativa in collaborazione con una start up, si intitola: "FAQ. Copie autografate. A domanda rispondo", Mondadori. Le domande sono quelle postate dai suoi oltre due milioni di fan sui social network. In libro va oltre la solita autobiografia, nello stile dell’autore n battesimi sono sempre riti ambigui, anche se passano le prime due di ogni gruppo e addirittura le quattro migliori terze. Il Belgio è secondo nella classifica Fifa, l’Italia dodicesima. Abbiamo imbottito la vigilia di appelli al carattere e al collettivo. Ci siamo riempiti del talento di Hazard e De Bruyne fino a diventarne docili ostaggi, come se la storia fossero loro, e gli azzurri la cronaca, solo questa. L’ultima volta era stata il 13 novembre, un’amichevole a Bruxelles. La sera tragica del Bataclan e dell’assalto allo Stade de France. Vinse il Belgio, 3-1, ma lo scarto andò oltre la trama, gli episodi, i meriti. Se Wilmots appartiene alla tradizione dei tecnici gestori che la stampa non ama, Conte, per Sacchi, è addirittura un “valore aggiunto”. NON PIOVE PIÙ, a Lione, Conte ha preferito Eder a Zaza e Darmian a El Shaarawy: 3-5-2, naturalmente. Wilmots, lui, ha scelto il 4-2-3-1, con De Bruyne, Fellaini e Hazard dietro a Lukaku. Una discesa di Candreva e un’incursione di Darmian indicano il menu della casa, ma i tiri introduttivi sono di Nainggolan, il primo parato da Buffon, il secondo fuori. Giocano di squadra, i nostri, e allargano il campo, mentre i belgi si aggrappano all’estro di Hazard, i cui sentieri si perdono spesso nella giungla di De Rossi, Parolo e Barzagli. È la partita che mi aspettavo. Molto tattica, molto aggrovigliata, abbastanza noiosa. L’Italia aspetta che gli avversari avanzino e magari si scoprano. Servirebbe precisione, nell’a l imentare le azioni di disturbo. E bisognerebbe pure tirare, qualche volta: ci prova Pellè, non se ne accorge nessuno. Candreva e Darmian non solo presidiano le fasce: le agitano. Piano piano, l’Italia strappa metri, guadagna autorità. Al Belgio manca Kompany, il radar difensivo: si vede. E al 32’, il reparto ne paga il fio. Splendida pennellata di Bonucci, alla Pirlo, per l’inserimento di Giaccherini: carezza di sinistro e destro chirurgico. Il Belgio, indispettito, si sfilaccia. Candreva spreme i guanti di Courtois; Pellè, di testa, si mangia il raddoppio. Conte, con il sangue al naso (letteralmente), urla come un ossesso. Non è facile, per i tenori di Wilmots, piazzare il do di petto. Giaccherini, anima attraversata, “mura” De Bruyne. I “contigiani” alternano la difesa bassa – fin troppo, a volte –a ripartenze audaci. Il possesso delle corsie è que- Grinta e corsa l’Azzurro grezzo brilla a Lione stione di vita o di morte. L’Italia è un collegio in cui ognuno sa quello che deve fare, e pazienza se lo fa male. Il Belgio, in compenso, è una cricca di talentuosi solisti che Witsel e Nainggolan faticano a governare. L’ordalia si consegna a un copione datato, Barzagli, Bonucci e Chiellini pronti a chiudere a chiave l’area, Candreva e Parolo lesti a rovesciare il fronte. Lukaku ci grazia in contropiede, proprio così: in contropiede, a conferma che il calcio, talvolta, è più riffa che scienza. Poco dopo, Courtois si supera su Pellè; adesso sì che la partita, liberata dal risultato, frigge, trascina. De Sciglio avvicenda Darmian, Hazard è la provvidenza che i compagni invocano. Il muro tiene, anche perché ben protetto. Si procede a spallate, a folate. Un’azione noi, una loro. Tocca a Mertens: esce Nainggolan, sprofondato nel pozzo del centrocampo. Lukaku, De Bruyne, Mertens, Fellaini, Hazard: alla lotteria degli episo- di, Wilmots cerca, disperatamente, il biglietto vincente. Il gioco che abbozza la Nazionale di Conte è superiore ai piedi di molti interpreti. L’ULTIMA MEZZ’O RA è di sofferenza biblica, con il Belgio che ci schiaccia. Si lotta su ogni zolla, al di là di una gestione territoriale che la fatica rende complicata, spasmodica. Gli ingressi di Origi e Car- Incrocio e festa Al centro la rete di Giaccherini del 1-0 (con assist di Bonucci); a destra il commissario tecnico Conte subito dopo i festeggiamenti Ansa rasco sono le mosse estreme di un ct alla canna del gas. Sulla pressione dei rivali, rischiamo sbandamenti clamorosi. Immobile e Thiago Motta rilevano Eder e De Rossi, esausti. I favoriti erano loro, mai dimenticarlo. Si chiude tutti indietro, appassionatamente. Catenaccio mon amour. Fioccano le ammonizioni (Chiellini, Eder, Bonucci, Motta). Potrebbe segnare O- rigi, potrebbe farlo Immobile (che parata, Courtois). La ciliegina sulla torta è di Pellè, agli sgoccioli degli sgoccioli, su assist di Candreva, uno dei migliori. La prestazione, per un’ora, e il risultato, soprattutto, non hanno prezzo. Italia due, Belgio zero: la testa del girone, davanti a Irlanda e Svezia. Era sant’Antonio: anche per questo, forse. © RIPRODUZIONE RISERVATA DAZEROADIECI De Rossi è un guerriero a protezione dei guerrieri: quelli della difesa juventina » PAOLO ZILIANI B ONUCCI. Il lancio da metà campo con cui mette Giaccherini a tu per tu con Courtois per l’’1-0 è roba da Beckenbauer: o per restare agli eroi di casa nostra, da Di Bartolomei. Una gemma. In difesa, scortato dagli altri 2 moschettieri Barzagli e Chiellini, non sbaglia un pallone. Voto 8 Monolite FELLAINI. Alto come un pilone, si presenta con una capigliatura che potrebbe valergli un provino nei Cugini di Campagna: purtroppo per lui, si sono appena sciolti. Lui invece non si scioglie mai: lento, Bonucci il migliore: è Beckenbauer Fellaini è solo Cugino di Campagna pigro, macchinoso, non fa una cosa buona in tutto il suo match. Voto 4,5 Bradipo PELLE’. Subito dopo l’1-0 di Giac- cherini, Parolo gli recapita in fronte la palla che potrebbe chiudere subito i conti; ma lui, forse per non rovinare la mise alla Rodolfo Valentino, con tanto di riga curatissima, colpisce di striscio e grazia Courtois. Al 54’ ci riprova con più decisione: ma Courtois sembra Zamora. Alla fine, Leonardo Bonucci ma proprio alla fine, Ansa ce la fa: di piede, 2-0. Voto 6,5 Forrest Gump HAZARD. Pronti-via, il 25enne vio- linista londinese si guarda attorno e scopre di avere attorno un’orchestra di tromboni sfiatati. Witsel, Fellaini, Lukaku: sembrano tutti sotto Valium e lui prova a suonare la carica, ma inutilmente. Nel 2° tempo qualcuno si scuote, ma lui predica sempre nel deserto. Voto 7+ Incompreso GIACCHERINI. Per mezzora gli az- zurri lo cercano con palloni così alti che lui potrebbe intercettare solo salendo in groppa a Fellaini. Poi arriva il razzo terra-aria di Bonucci, lui sguscia via a Ciman, stoppa a seguire di sinistro, tira di destro e in- fila Courtois con uno dei più bei gol visti all’Europeo. Voto 7 Scoiattolo NAINGGOLAN. Nel primo tempo è l’unico, oltre ad Hazard, che dimostra di essere vivo, in partita. Al 9’ scalda le mani a Buffon da 25 metri; poi ci riprova ancora, palla fuori. Dopo un’ora Wilmots, che per lui non stravede, lo toglie: i morti in piedi però sono altri. Voto 6+ Applicato DE ROSSI. Guerriero a protezione dei guerrieri (quelli della difesa juventina), sfodera una partita delle sue, da gladiatore: per informazioni chiedere a Lukaku, il 23enne centravanti dell’Everton cui lette- SECONDO TEMPO Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | Pjanic-Juventus, c’è la firma La Nannini festeggia i 60 I maghetti del botteghino Il centrocampista bosniaco si è legato ai bianconeri con un quinquennale da 4,5 milioni di euro E subito urla: “Forza Juve” L’icona rock femminile italiana compie 60 anni e celebra i 40 dal primo album da solista, dopo l’esordio con Flora, Fauna e Cemento “Now you see me 2, I maghi del crimine” di Jon M. Chu sui piccoli maghi ha spodestato “Alice” come film più visto in Italia nel fine settimana » 17 COPPA AMERICA La Nazionale verdeoro eliminata dal Perù nella fase a gironi (decisivo un gol di mano di Ruidíaz) due anni dopo l’umiliazione al Mondiale contro la Germania Seleção squadra materasso C’era una volta il Brasile » LUCA PISAPIA L a mano de adios, titola beffardamente il quotidiano argentino Olé. Esattamente trent’anni dopo la mano de dios con cui Diego Armando Maradona castigava l’Inghilterra a Messico ’86, un altro gol di mano segna una data storica del calcio sudamericano: il Brasile è eliminato al primo turno della Copa América 2016, non succedeva dall’anno dopo quel gol, 1987. seff. Decimata dal Fifa Gate, che ha portato all’a rres to dell’ex presidente José Maria Marin e all’immobilità del neo presidente Marco Polo Del Nero, che se esce dal paese deve fare i conti con i mandati internazionali di cattura che pendono sulla sua testa, la federcalcio brasiliana Cbf ha fatto danni in serie. Gabriel, 19enne attaccante esordiente in Nazionale. Con loro, unici giocatori di talento, Willian e Coutinho. E così, dopo lo 0-0 nella partita di esordio con l’Ecuador, e l’illusorio 7-1 contro Haiti, ecco la sconfitta per 1-0 contro il Perù, 48mo posto del ranking Fifa, che segna l’eliminazione al primo turno. Oltre il danno, la beffa del gol arrivato al 75’ con un evidente fallo di mano di Raúl Ruidíaz. Lo hanno visto tutti, tranne l’arbitro uruguagio Cunha, NON SOLO gli accordi con una DOPO LA SBERLA presa dalla Germania nella semifinale del Mondiale 2014, finita 7 a 1, l’eliminazione ai quarti di finale nella Copa América 2015 per opera dell’Honduras, la prematura uscita di scena della Nazionale verdeoro apre ufficialmente la crisi strutturale dell’intero movimento. Al torneo, il Brasile si è presentato con una squadra imbarazzante: all’assenza di Neymar, che il Barça ha concesso solo per le Olimpiadi, si sono aggiunte altre defezioni, ultima quella di Kaká, che a 34 anni suonati avrebbe dovuto essere la stella della squadra, per capire il livello. Il tecnico Carlos Dunga, richiamato in sostituzione di Felipe Scolari dopo l’umiliazione tedesca, ha impostato una squadra ultra difensiva che ruota intorno a Casemiro, uno che ha senso far giocare se ai fianchi gli metti Kroos e Modric, e L’uscita di scena della squadra di Dunga (non accadeva dall’87) apre ufficialmente la crisi strutturale dell’intero movimento che dopo essersi consultato sul campo per quattro minuti con il suo assistente e avere ascoltato all’auricolare la voce di qualcuno che evidentemente stava guardando un film e non la partita, ha deciso di convalidare. In conferenza stampa, Dunga ha adombrato complotti sulla voce fuoricampo che ha istruito Cunha, e poi ha dichiarato di non avere paura dell’esonero, ma solo della morte. “La mano de adios” Il peruviano Paolo Guerrero in azione contro il Brasile a Foxborough (Usa) LaPresse Molto probabilmente però per lui è finita, il suo sostituto sulla panchina verdeoro sarà Adenor Leonardo Bacchi, detto Tite, attuale tecnico del Corinthians. Umiliazione paragonabile al Maracanaço del 1950, quando perse 2-1 la finale mondiale in casa con l’Uruguay, già nel Mineiraço del 2014 il Brasile aveva mostrato una poco invidiabile mancanza di talento: fuori le uniche stelle Thiago Silva e Neymar, a essere asfaltati dai tedeschi furono i carneadi Hulk, Fernandinho, Fred e Bernard. Non certo Garrincha, Didì, Pelé e Vavà. Ma all’assenza di buoni giocatori, e alle cervellotiche scelte di Dunga, si aggiunge lo sfaldamento di un movimento calcistico che precede e rispecchia la profonda crisi economico-politica del Paese, sfociata nel recente colpo di Stato contro la presidentessa Dilma Rous- “nota casa di abbigliamento sportiva” (come appare dalle carte dei procedimenti sulla Fifa, ndr) che si arroga di decidere le convocazioni in nazionale al posto del commissario tecnico. Un depauperamento dell’intero movimento che ha fatto sì che l’82% dei calciatori brasiliani riceva come stipendio, quando sono pagati, 1.000 reais al mese (250 euro), poco sopra il salario minimo di 800. Questo, oltre alla solita fuga delle stelle verso i grandi campionati, come è prassi dagli Anni Ottanta, porta anche alla partenza dei giovani verso campionati minori, principalmente Cina e Ucraina, dove il livello del gioco è basso e non allenante ma gli stipendi sono più alti. A ottobre 2015, il Brasile aveva esportato 1.784 giocatori, quasi il doppio dell’Argentina che lo segue in questa classifica. C’era una volta il Brasile del futebol bailado. Oggi, invece, dietro la cresta di Neymar, non è rimasto più nulla. © RIPRODUZIONE RISERVATA EUROPALLE Rischio scontri tra tifoserie, l’Uefa sposta il match in autunno in Baviera ralmente fa perdere la trebisonda. Voto 7+ Baluardo BUFFON. In apertura è Il ct Conte Nel temuto debutto presenta una formazione autoritaria e sicura: indovina tutte le mosse già caldo e sventa in angolo una fucilata velenosa di Nainggolan. In avvio di ripresa, invece, su un’azione di contropiede Debruyne-Lukaku decide di fare il Neuer ed esce alla sperindìo sul n. 9 belga: porta spalancata, per fortuna Lukaku sparacchia di poco alto. Voto 6,5 Ardito COURTOIS. Sul gol dell’1-0, forse scambia Giaccherini per un nano da giardino dimenticato sul prato fra Ciman e Alderweireled: e l’azzurro lo punisce. Al 54’, su una sassata di testa di Pellè, da pochi passi, ha i riflessi di un gatto. Al minuto 84, su missile in corsa di Immobile, è Superman per davvero. Al 93’ s’inchian a Pellè. Voto 8 Chapeau CONTE. Nel temuto debutto (il Belgio è 2º nel ranking mondiale, per chi l’avesse dimenticato) presenta un’Italia sicura e autoritaria. Il c.t. indovina le mosse di Giaccherini (in campo) e Motta (in panchina) e vince una partita per cui molti avrebbero firmato il pari. Voto 8 Condottiero CARESSA. . Il solito ultrà del micro- fono, ulula alla luna quando Giaccherini, al minuto 22, sullo 0-0, cade in area in contrasto con Ciman. Sembra lo scandalo degli scandali, un rigore gigantesco, poi Bergomi gli spiega che è stato l’azzurro a mettere la scarpa sulla scarpa del belga. © RIPRODUZIONE RISERVATA » PA. ZI. N el primo tempo di Spagna-Repubblica Ceca, De Gea si annoiava talmente tanto che a un certo punto ha chiamato Benzema e gli ha detto: “Come butta lì da te? Pollastrelle?” . DOPO MODRIC che esulta abbracciato all’ultrà croato schizzato in campo dalla tribuna, grande attesa per vedere all’opera il vincitore della campagna indetta dall’Isis: “Festeggia col goleador infedele con un’esultanza esplosiva!”. AI MONDIALI 2014 fu im- mortalato mentre porgeva la mano a CR7 subito dopo Inghilterra-Galles, si gioca all’Oktoberfest essersi “scaccolato”. Oggi ecco Löw affondare la mano sotto la cintura, grattarsi i dicotiledoni e poi zac!, una bella annusata di mano a favore di camera. L’Uefa sarà contenta: RESPECT! DOPO IL TG2 delle 13, ne “Il Caffè degli Europei”Simona Rolandi dialoga con Candela e lo costringe a rispondere, per via del nome, a lume di candela. Quando arriverà Kakà, dialogherà con la Rolandi a pantaloni giù direttamente dalla tazza del WC. TEMENDO disordini tra le due tifoserie, l’Uefa comunica che Inghilterra-Galles verrà disputata in autunno a Monaco, direttamente all’Oktoberfest. FARAGE ha chiamato Hod- gson e gli ha detto che se l’Inghilterra giovedì perderà contro il Galles, il primo passo verso la Brexit sarà cosa fatta. DOPO la clamorosa elimi- nazione in Coppa America contro il Perù, è scattata la campagna “Aiuta il Brasile: donagli un giocatore”. L’Italia ha già pronti per la restituzione Motta ed Eder. POLEMICHE in Uk per Roo- ney schierato a centrocampo. Siccome in quel ruolo il capitano del Manchester fa ridere, contro il Galles Rooney si farà scrivere sulla maglia Mac Ronay. DOPO Italia-Belgio, Conte medita di chiamare a Montpellier Renzi per spiegare a Candreva e Florenzi come ci si muove a destra. L’ETÀ MEDIA dell’Inghilterra, la più bassa di tutto l’Europeo (25,8), preoccupa Hodgson: su suggerimento di Rooney, convocato il Principe Filippo di Edimburgo (95 compiuti il 10/6). © RIPRODUZIONE RISERVATA SECONDO TEMPO Martedì 14 Giugno 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO | L’INTERVISTA A Chi è » 19 FERDINANDO SCIANNA A trent’anni esatti dalla morte, il fotografo racconta il viaggio insieme al poeta e la moglie: “Era curioso di tutto” SEGUE DALLA PRIMA » ROBERTA ZUNINI llora quarantenne, ma già entrato (primo italiano, ndr) nell’Olimpo della fotografia, cioè l’Agenzia Magnum fondata dal francese Henri Cartier-Bresson, Scianna si trovava non solo a tentare di restituire su pellicola il mito al di là della disabilità che ne orientava l’interazione fisica con il mondo e, di conseguenza far emergere il suo vero sguardo, bensì a rendere visibile la propria “ossessione” per l’opera di Borges che lo aveva spinto a leggere tutto quello che era stato pubblicato del e sull’Omero argentino. Cosa la colpì innanzitutto di Borges? Ferdinando Scianna, nato a Bagheria nel 1943, è un fotografo e fotoreporter. Nel 1982 è il primo e unico fotografo italiano nella prestigiosa agenzia fotografica internazionale, Magnum Photos, di cui diventerà membro effettivo nel 1989. Il viaggio in Sicilia con Borges è diventato un libro nel 1989 Che il suo scetticismo sentimentale, la sua grazia scettica erano forme di pudore, non di freddezza e distacco dal mondo. Era un uomo umile, disponibile, generoso e ironico, umanamente all’altezza della sua grandezza letteraria. Aveva una forte e genuina curiosità per tutto ciò che lo circondava e un grande rispetto per chiunque lo avvicinasse. Un giorno un giornalista lo chiamò mentre stava per partire. Nonostante avesse poco tempo, decise comunque di rispondere a quelle domande impegnative come “cos’è la saggezza? “Cosa ci riserva il futuro?” “La saggezza – rispose – è quella che hanno gli altri, non io. Quanto al futuro, non so bene se esista. Non sono nemmeno molto sicuro che esista il presente”. Subito dopo si rivolse a Maria e con un sorriso dolce e ironico disse: “Sono diventato un oracolo automatico”. Lei allora era già molto amico di Leonardo Sciascia, che incontrò Borges qualche anno prima del suo arrivo a Palermo. Cosa disse Sciascia a proposito di quell’incontro? Sciascia lo definì un teologo laico. Nel senso che era figlio della cultura illuminista e allo stesso tempo era inteNEL PRIVATO E NEL PUBBLICO “Un uomo umile, disponibile, generoso e ironico, umanamente all’altezza della grandezza letteraria” ALL’ACROPOLI DI SELINUNTE “Amava i templi nominati secondo l’alfabeto: gli pareva giusto che le lettere diventassero delle divinità” ressato ai testi religiosi che riteneva facessero parte della letteratura fantastica. C’è un suo racconto in cui mette a confronto due teologi con teorie diverse ma che, una volta defunti, scoprirono di essere due versioni prodotte dal Dio che li aveva creati. Sciascia scher- “Quei nove giorni con Borges nella Sicilia dei suoi dubbi” zava sulla mia ossessione per Borges, ma in realtà conosceva molto bene la sua opera e la amava perché stimola a dubitare su tutto. Borges definì il dubbio sinonimo di intelligenza. Lei nel 1989 pubblicò un libro (edito da Sciardelli, ndr) con le foto che fece a Borges in quella settimana assieme a un testo in cui scrisse che il poeta considerava la Sicilia “terra di dubbi”. Cosa intendeva esattamente? Per lui la Sicilia era la Magna Grecia, il luogo dove gli uomini iniziarono a costruire la speculazione filosofica, quel castello di dubbi dove è nato un mondo parallelo fatto di parole ma non per questo meno vero del mondo costituito dalla materia. “Quest’isola – mi disse – è per me di straordinaria importanza. È qui, tra queste pietre, davanti a questo stesso mare che non è più lo stesso mare, che l’uomo ha smesso di sentire soltanto e ha cominciato a costruire il proprio sistema di dubbi Qual è il ricordo più indelebile che lei conserva di quei giorni trascorsi assieme? Sono due, apparentemente molto diversi tra loro. Uno è quando gli chiesi, mentre eravamo seduti a tavola, perché ordinasse sempre prosciutto. Lui rispose che “gli sembrava una parola molto nutriente”. Anche a tavola continuava a giocare con l’immaginazione e le parole. L’altro è quando andammo a visitare la magnifica acropoli di Selinunte. Era affascinato di apprendere che quei templi di cui si ignora a quali Dei fossero dedicati, JORGE LUIS BORGES Scetticismo sentimentale, la grazia scettica erano forme di pudore, non di freddezza e distacco dal mondo Per lui la Sicilia era la Magna Grecia, il luogo dove gli uomini iniziarono a costruire la speculazione filosofica Due scatti memorabili Al centro e in basso, due immagini scattate da Ferdinando Scianna La saggezza è quella che hanno gli altri, non io. Quanto al futuro, non so bene se esista. Non sono nemmeno molto sicuro che esista il presente siano designati con lettere del l’alfabeto. Niente gli sembrava più giusto che le lettere dell’alfabeto diventino divinità: “Tempio C, come Conrad, per esempio, non sarebbe giusto dedicare un tempio a Conrad?”, disse. Allora, gli proponemmo di dedicare il tempio B a Borges. “No, no, molto meglio Buster Keaton”. Lei lo portò anche a Bagheria, la sua città natale, e lo fotografò nella sala degli specchi di villa Palagonia. Come reagì? Era rapito da questo misterioso gioco del riflesso, che fu così importante nella sua opera. Ma non parlò dei suoi versi e dei suoi racconti in merito, ma di quelli di un ignoto poeta espressionista che aveva scritto un sonetto immaginando una stanza le cui pareti e il pavimento e il soffitto erano completamente fatti di specchi nei quali la sua immagine si rifletteva all’infinito. Come commentò il fatto che gli studenti universitari lo accolsero in modo molto caloroso, quando fino a qualche anno prima era stato accusato anche dall’accademia di aver ignorato la brutalità della dittatura argentina? “È il frutto – mi disse serio – di un troppo generoso, per me, concorso di circostanze. Il fatto è che sono argen- tino, sono vecchio e sono cieco. L’argentino è sempre stato visto con un pregiudizio favorevole, come un personaggio pittoresco; poi sono vecchio, lo sono ancora di più adesso che ho avuto il torto di essermi sopravvissuto di almeno vent’anni, e un vecchio poeta, cieco per giunta, viene facilmente scambiato per Milton, se non addirittura per Omero. La mia povera opera non c’entra. Se fossi sordo, per esempio, sarebbe diverso. La sordità non diffonde alcuna aura poetica”. Alla fine a chi decise di consegnare la staffetta letteraria ? A Henri Cartier-Bresson. Il poeta cieco scelse l’occhio del secolo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 » ULTIMA PAGINA Dalla Prima » MARCO TRAVAGLIO B astava guardare il volto imbarazzato di Fassino, domenica, mentre la Annunziata gli leggeva la dichiarazione della Boschi sui fondi governativi per la Città della Salute che non arriveranno se a Torino vince la Appendino. Un volto che voleva tanto dire: “Possibile che ’sta &%£$§@ina $£&%?#£ente non riesca mai a tenere la bocca chiusa?”. Intanto la fu Unità rivoltava la frittata (“Appendino attacca Boschi”) e incolpava i 5Stelle persino del Mein Kampf allegato al Giornale: “Silenzio assenso dei candidati grillini”, “Quella manovra elettorale: da destre e M5S silenzio assenso”. Sempre sulla fu Unità, Giachetti dichiarava che “fare il mio capo di gabinetto permetterà a Sabella di continuare la sua azione”: e chi mai avrà impedito finora di continuarla? Forse il Pd che licenziò in uno studio notarile il sindaco Marino che aveva nominato Sabella assessore alla Legalità? Ma ecco la meraviglia delle meraviglie: il radicale Cappato che annuncia l’apparentamento con Sala, intravedendo mirabolanti “c o n v e rgenze con i nostri obiettivi”. Ora, Cappato l’avevamo lasciato appena 10 giorni fa impegnatissimo nel ricorso sull’ineleggibilità di Sala, che si è dimesso per finta da commissario Expo. Ora che si apparenta con lui, ritira il ricorso? Nemmeno per sogno. “L’esponente radicale – flauta l’Unità – va avanti con l’esposto sulla ineleggibilità. Sala: non importa”. Apparentarsi con una sedia vuota: non è meraviglioso? Intanto a Napoli – sc ri ve sempre l’house organ pidino – “nasce il Comitato del Sì nel Paese di Di Maio”, ma subito “compaiono scritte intimidatorie” (dev’essere Di Maio, di notte, con lo spray). A questo punto, è col più vivo entusiasmo che registriamo l’arrivo al giornale fondato da Gramsci di una nuova firma di punta: Manuela Repetti in Bondi, eletta con B. poi transitata in Ala. L’editoriale di esordio s’intitola ”Matteo Renzi, ‘garçon fatal’” ed è una bella lezione di coerenza a Dario Fo, tentato di votare Parisi: il putribondo Nobel vuole “abbattere Renzi, reo di voler cambiare davvero questo Paese” e addirittura “sconfiggere il Pd”, cosa che fa inorridire una ex Pdl. Unità e Repubblica, in stereo, arruolano Piercasinando: “Io scelgo Giachetti, da brividi votare M5S” (bei tempi quando si votava Cuffaro). È l’ultima variazione sul SevinceilNo: il SevinceGrillo. Anche lì maledizioni, macumbe e profezie di sventura. In sintesi, SevinceGrillo accadrà questo. Roma perderà i 177 mila posti di lavoro delle Olimpiadi (non uno di meno), avrà un sindaco eterodiretto e per giunta donna, e forse non sarà più nemmeno capitale (già allo studio un ritorno a Firenze, o a Torino ma solo se vince Fassino). Invece Milano, SenonvinceSala, avrà sindaco un top manager (come Sala), passato da sinistra a destra (a differenza di Sala, passato da destra a sinistra) ed ex dirigente della vecchia giunta di destra (come Sala): da brividi. Infine Torino: SevinceGrillo, oltre ad avere un sindaco eterodiretto e per giunta donna, perderà 250 milioni per la Città della Salute, la Mole Antonelliana crollerà e la Fiat traslocherà a Firenze, insieme al Po e ai gianduiotti. S periamo che Francesca Pascale abbia vietato a Silvio la visione sul mega-schermo della maratona Non è la Rai day trasmessa domenica su Mediaset Extra. Le esibizioni di Ambra Angiolini, Laura Freddi, Claudia Gerini e delle altre 200 minorenni fluttuanti nell’acquario monocromo non sono tra le più indicate per un cardiopatico. “Il paradiso terrestre deve essere così”, confidò Silvio a Gianni Boncompagni nel 1991, al debutto di Non è la Rai. Di sicuro è stato il climax della videocra- | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 14 Giugno 2016 IL PEGGIO DELLA DIRETTA I dolori di Silvio e il colpo della non-stop Non è la Rai Day » NANNI DELBECCHI zia, l’eldorado di Publitalia, l’anello di congiunzione tra Colpo grosso e il bunga bunga visto dall’occhio nichilista di Boncompagni. Il video e il vuoto. Dopo 25 anni, anche l’eden prende una prospettiva storica: gli inizi spudoratamente nabokoviani, l’uccisione della madre (Enrica Bonaccorti), del tutor del Cepu (Paolo Bonolis), l’incoronazione di Ambra che cammina sulle acque e ammaestra le ninfe. Alle accuse di lolitismo Boncompagni aveva risposto rivestendo le sue adolescenti (rendendole così ancora più sexy) e facendo dichiarare ad Ambra che era tutto un gioco. Ma in questo “giocare a fare la tv”, perfido controcanto a chi la tv credeva di farla davvero, c’era tutto lo spirito dei tempi. Ce lo ha ricordato la serie 1992, con il pubblicitario Stefano Accorsi folgorato proprio da Ambra, né pare un caso che Non è la Rai abbia chiuso i battenti nel 1995, a un anno della nascita di Forza Italia. L’inferno della politica e il paradiso terrestre non potevano dividere lo stesso tetto.