KONARMIJA L`ARMATA A CAVALLO di e con Moni Ovadia
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KONARMIJA L`ARMATA A CAVALLO di e con Moni Ovadia
KONARMIJA L’ARMATA A CAVALLO di e con Moni Ovadia liberamente tratto da L’armata a cavallo di Isaac Babel’ SINOSSI SCENA 1. SULLA CANAGLIA Saška il Cristo, cantore della Prima Armata a Cavallo, intona una melodia malinconica e raggiunge il suo drappello che avanza verso la prima destinazione. Il Narratore, il Commissario Politico e il giovanissimo Kurdjukòv, declamano la poesia di Majakowskij Sulla canaglia. Il grande poeta, già nel 1921, preconizzava il soffocamento del comunismo a opera dell’apparato burocratico piccolo borghese che, dopo aver mutato piumaggio, si apprestava a rioccupare tutte le istituzioni. SCENA 2. IL GUADO DELLO ZBRUČ Nell’accampamento i soldati riposano. Ljutov, che non si è ancora unito a loro, trova riparo nella casa diroccata di una giovane donna ebrea incinta che veglia sul cadavere del padre. Il suo riposo è bruscamente interrotto dall’attacco dell’esercito polacco. SCENA 3. UNA LETTERA Il soldato Kurdjukòv scrive una lettera alla madre in cui racconta la tragica morte del fratello per mano dello stesso padre, il quale, in conseguenza di tale atto, viene condannato e ucciso da un altro figlio. La Guerra Civile sovverte le coscienze mettendo padri contro figli, fratelli contro fratelli. SCENA 4. IL SOLE D’ITALIA Sidorov, uno dei soldati dell’Armata a Cavallo, viene ferito in battaglia e scrive all’amica Vittoria nella speranza di poter essere mandato in Italia. SCENA 5. LA MIA PRIMA OCA L’intellettuale Ljutov (eteronimo di Babel’) è emarginato dai cosacchi della propria brigata che detestano i quattrocchi. Per farsi accettare dovrà commettere il suo primo delitto: sciabolare l’innocente oca di una vecchia contadina. Pagherà la sua prodezza con sanguinosi incubi notturni. SCENA 6. GHEDALI Ljutov incontra Ghedali, il cieco robivecchi ebreo, e discute con lui sul valore della Rivoluzione. Il robivecchi/profeta contesta una Rivoluzione basata sulla violenza e in un disperato tentativo di coniugare ebraismo e comunismo, invoca la fondazione dell’impossibile Internazionale di uomini buoni che porterà gioia e prosperità. SCENA 7. IL RABBINO Ghedali accompagna Ljutov nella casa del rabbino Motale dove un gruppo di ebrei si prepara ad accogliere lo Shabbat. In disparte, fumando, Ilià Bratzlavskij, l’ultimogenito del rabbino, il figlio ribelle, è in procinto di abbandonare la fede dei padri per la rivoluzione. SCENA 8. LA STRADA PER BRODY Ljutov considera amaramente i delitti della guerra contro la natura. In Volinia le api sono sterminate dagli eserciti belligeranti. Il cosacco Afon’ka Bida gli racconta l’episodio dell’ape che si rifiutò di pungere Cristo sulla croce. SCENA 9. TEORIA DELLA TACHANKA Elogio della tachanka, l’innovativa e mobilissima arma che rivoluzionò tattica e strategia nella guerra civile. Inventata da Machnò, combattente anarchico, era costituita da una mitragliatrice montata nella parte posteriore di un agile calessino. SCENA 10. MORTE DI DOLGUŠOV Il soldato Dolgušov, colpito a morte dai polacchi mentre porta un dispaccio, prega il compagno Ljutov di finirlo con un colpo di pistola. Ljutov si rifiuta e l’ingrato compito viene portato a termine da Afon’ka Bida. Il cosacco, poi, aggredisce violentemente Ljutov accusandolo di combattere con le armi scariche e di sognare un mondo senza nemici. Quindi si lascia andare a un lirico elogio della violenza come strumento di redenzione rivoluzionaria. SCENA 11. STORIA DI UN CAVALLO L’Armata rossa ha tolto al soldato Chlebnikov il suo baio bianco, dandogli in cambio una cavalla corvina. Questo affronto, scatena la follia del soldato che rassegna le sue dimissioni dall’Armata a Cavallo e dal Partito. SCENA 12. KONKIN IL VENTRILOQUO Un vecchio generale polacco aristocratico cade nelle mani dei soldati Rossi. Rifiuta di arrendersi a un commissario comunista e dichiara di essere disposto a consegnare la sua sciabola solo al generale Budënnyj in persona. Il ComDiv (comandante di divisione) Vas’ka Konkin è costretto a malincuore a finirlo. SCENA 13. I DUE IVAN Durante uno spostamento notturno, Ljutov si ferma per un bisogno e si accorge di aver orinato sul cadavere di un polacco. SCENA 14. UNA VEGLIA In una fredda notte di neve Ljutov confida al compagno d’armi Galin il suo sfinimento e l’intenzione di abbandonare l’Armata. Mentre Galin ribadisce la necessità della lotta, all’improvviso infuria di nuovo la battaglia. Il soldato Kurdjukòv viene colpito da una raffica di mitra: il giovanissimo Kurdjukòv si rivela il simbolo della Rivoluzione che agonizza e muore. SCENA 15. IL FIGLIO DEL RABBINO Anche il soldato Bratzlavskij, figlio del rabbino Motale, viene ferito mortalmente e muore per la Rivoluzione, tra le braccia di Ljutov. Sotto la divisa si scopre il suo tallet (lo scialle rituale di preghiera degli ebrei). *I testi dello spettacolo sono recitati in russo, yiddish e italiano. Le parti in russo e in yiddish sono interpretate anche in italiano.