numero 2 - 2012 - Club Alfa Romeo Duetto

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numero 2 - 2012 - Club Alfa Romeo Duetto
Duetto News
numero 2 2012
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N. 2
2012
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l‟editoriale del Presidente
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Spazio Club D - day Elba
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Spazio Club RIAR a Cremona
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Prossimi appuntamenti
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Alfa e le Corse 5‟ puntata
32
Chateaux et Relais
38
Musica
42
I migliori amici del duettista
47
Di “vino” Duetto
50
La Tecnica
58
Contatti
60
Indirizzi utili
Romagna
revisioniamo il devioluci IV serie
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Spazio Club
l'editoriale del Presidente
"TERREMOTO ITALIA"
Cari Amici,
Come tutti ben sapete, alcune forti scosse di terremoto hanno colpito l'Emilia
Romagna alcune settimane or sono, mettendo in ginocchio la forte economia di
questa regione e distruggendo paesi interi e tante aziende.
Non si poteva stare con le mani in mano, perchè il CARD conta tanti soci in
Emilia Romagna e da sempre le città ed i paesi di questa regione hanno accolto
il CARD con calore e tanta partecipazione. Fortunatamente i nostri soci,
residenti in quelle zone, stanno bene e in generale hanno contenuto i danni alle
proprie abitazioni.
Tuttavia abbiamo subito messo in moto la "macchina della solidarietà" e in
circa un mese abbiamo raccolto la cifra di Euro 4000,00.
L'amico Marco (Insetto) di Novellara (RE) ha verificato diverse situazioni,
prima di decidere di devolvere l' intero ricavato in favore del comune di Novi
di Modena. La cifra è stata bonificata ad inizio Luglio 2012 e il Sindaco di
Novi di Modena ne è stato informato.
Grazie di cuore a tutti coloro che hanno concorso a questa raccolta di fondi
targata CARD. Tuttavia a ben guardare...nel titolo di questo piccolo articolo
mancherebbe la preposione "in", che ho consapevolmente omesso. In Italia
abbiamo avuto il terremoto "tellurico" e tutti i giorni abbiamo quello
"finanziario".
Tante famiglie sicuramente cenano con lo Spread servito come primo piatto,
secondo piatto e contorno (bucatini allo spread e arrosto con contorno di
spread). Ormai non se ne può più e soprattutto non si capisce più nulla! La
gente è spaventata e preoccupata e chiaramente ha drasticamente ridotto i
consumi, che diminuendo gli ordinativi mettono a loro volta in ginocchio l'
industria. I giornali e le reti televisive, dopo mesi e mesi che battono
ossessivamente il tasto sulla crisi, dovrebbero scrivere/trasmettere qualche
notizia "più leggera o d'evasione", in modo che la gente torni forse a sorridere e
affrontare le difficoltà senza il timore di essere sconfitta già in partenza. Serve
quindi più speranza a tutti i livelli, perchè di questo passo non si può
continuare. Concludo dicendo che per anni e anni, il mondo dei collezionisti di
auto d'epoca venne considerato quale un "movimento d'elite per pochi". Gli
ecologisti ci tacciavano per inquinatori con vecchie vetture fumanti e sputanti
olio bruciato. Ebbene il CARD non è niente di tutto questo! Quando ci
muoviamo portiamo centinaia di persone in giro per l' Italia e in quei fine
settimana il CARD spende molte migliaia di Euro in favore di Hotel, Ristoranti,
Musei etc. e nel nostro piccolo facciamo muovere l' economia. Quindi ribadisco
con forza che continueremo sulla nostra strada senza farci condizionare e
magari sputando un po' di olio bruciato, ma con la speranza che il "terremoto"
finisca.
Max
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Spazio Club
D-Day all’isola d’Elba per i Duetto
Se non è stato uno sbarco in grande stile poco c‟è mancato, ma quando si sono
spalancati i boccaporti dei traghetti che percorrono la tratta PiombinoPortoferraio e sono sbarcate 50 spider del Club Alfa Romeo Duetto, è stato uno
spettacolo unico per i tanti turisti che affollavano le banchine del porto.
Nel week-end 11-13 Maggio 2012, tanti Duetto provenienti da innumerevoli
regioni italiane, si sono dati appuntamento all‟ isola d‟ Elba, per passare un fine
settimana in compagnia di tanti amici e tante spider.
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C‟era molta apprensione per le condizioni climatiche, ma contrariamente al
resto della penisola, i Duettisti hanno potuto godere tre splendide giornate di
sole e grande caldo, che sicuramente hanno agevolato gli organizzatori e messo
di buon umore gli equipaggi.
La soddisfazione era palpabile ed i visi arrossati e cotti dal sole ne erano la
veritiera testimonianza. Il programma concordato con Napoleon, tour operator
elbano, ha incontrato il gradimento degli intervenuti e permesso la corretta
scoperta dell‟ isola d‟ Elba. I tempi giusti hanno scandito le varie tappe,
permettendo una più che completa visita dell‟ isola e toccando i punti di
maggiore interesse turistico:
Capoliveri, Marciana Marina, Portoferraio, Marina di Campo e la bella funivia
fino alla sommità del Monte Capanne.
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Le cose sono state fatte senza mai entrare in affanno o costringere gli
equipaggi a controproducenti rincorse contro il tempo. Un programma in
libertà, che ha permesso a molte persone di andare in spiaggia oppure ai bordi
della piscina, per un giusto e meritato relax. E‟ stata una grande gita in
compagnia dell‟ amato Duetto e di un bel gruppo di amici accomunati dalla
passione per la Spider Alfa Romeo. Per esaltare le qualità di una celebre
bevanda, il grande Ernesto Calindri aveva coniato il detto: contro il logorio
della vita moderna…Prendiamo in prestito questa celebre frase della pubblicità,
per affermare che il CARD e il raduno all‟ isola d‟ Elba sono stati la giusta
miscela per combattere il logorio e lo stress.
Questi tre giorni elbani hanno ritemprato lo spirito e permesso un contatto
diretto con la natura della bella isola tirrenica. Chi volesse vedere le tante
fotografie scattate durante questa kermesse, può entrare e registrarsi nel forum
del CARD: www.clubarduetto.it/forum e magari osservando questa belle
fotografie, verrà voglia di fare una gita all'Elba
Max
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Spazio Club
Cremona si tinge di RIAR
50° REGISTRO ITALIANO ALFA ROMEO 23-24 GIUGNO 2012
Il 23 giugno a Cremona il RIAR ha festeggiato il suo cinquantesimo e noi del
CARD c‟eravamo. Insieme ad altre 120 auto di soci RIAR, Paolo, Fabrizio,
Renato e Andrea hanno portato i loro IV serie giallo e rosso e un bel GT Junior
biancospino a rappresentare il nostro club.
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Ma lo spettacolo delle auto Alfa Romeo a Cremona è stato davvero più
imponente dei nostri bei raduni di Spider: GTA e GTAM si sono fatte
ammirare in Piazza del Duomo nel pomeriggio di sabato, insieme a numerose
6C 2500 anni 40 di varie carrozzerie tra le quali spiccava la vincitrice del
Concorso d‟Eleganza di Villa D‟Este del 2011 l‟Alfa Romeo 6C 2500 SS nera
di Bertone del 1942. Solo per ignoranza non parliamo delle 6C 1750 anni 30
con un passato sportivo d‟eccellenza…
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Ma l‟Alfa Romeo era rappresentata da berline e coupè 1900 degli anni 50,
Giulietta e Giulia, Sprint e Spider in gran numero, Giulietta SS, Spider 2000 e
2600, Alfetta, Giulia GT di tutti i modelli, berline Giulia, Duetto di tutte le serie
e poi 916, 2000 berlina, 156 e 147 GTA, 8C e SZ. E sicuramente abbiamo
dimenticato qualcuno e qualche modello meraviglioso.
E‟ stato un grande spettacolo, le auto sono rimaste in mostra nelle due piazze
principali di Cremona dal sabato pomeriggio alla domenica mattina e tanti
cremonesi le hanno ammirate sia nel pomeriggio che nella serata.
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Per i soci intervenuti, circa 200 persone, il RIAR ha organizzato un evento
davvero unico. Piazza del Duomo a Cremona, riservata all‟evento, è stato il
teatro dell‟esposizione delle vetture più preziose e antiche: sempre in Piazza del
Duomo si è tenuta l‟accoglienza ai soci, che hanno partecipato ad un
bell‟aperitivo sotto i portici e alla seguente ottima cena all‟aperto nella cornice
della Piazza, sotto il Torrazzo, simbolo di Cremona.
Dopo l‟aperitivo, prima di sederci a tavola, abbiamo avuto il privilegio di
assistere ad un concerto di musica classica all‟interno del Duomo, dove per noi
sono stati suonati due violini antichi, uno Stradivari e un Amati!
All‟imbrunire ci siamo seduti a tavola, dove il cibo, il servizio e la cornice sono
stati eccellenti e la conversazione con gli amici incontrati a cena come sempre
interessante. Ma il meglio doveva ancora venire!
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Dopo la cena uno straordinario spettacolo di coreografia, suoni e luci ha
animato la piazza, lasciando tutti a bocca aperta per quasi due ore: musica e
luci con una regia straordinaria, un corpo di ballo davvero eccellente, gli
sbandieratori e alla fine l‟angelo che nel cielo volteggiava appesa a tanti palloni
bianchi sono stati uno spettacolo davvero suggestivo, del quale la nostra piccola
macchina fotografica non poteva dare conto, non essendo adatta alla fotografia
notturna: sul sito del RIAR potete vedere immagini più suggestive della serata.
Ci siamo veramente divertiti e meravigliati come tutti gli altri e dobbiamo
ringraziare il RIAR per averci offerto questa splendida serata, una parata di
auto spettacolari e una bella occasione di rivedere tanti amici appassionati di
Alfa Romeo e di conoscerne di nuovi.
Paolo
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Spazio Club
Prossimi appuntamenti
settembre 2012 in Romagna
Il XII Raduno Nazionale CARD 2012 si svolgerà il 21 - 22 - 23 Settembre e
possiamo affermare che si tratta di un gradito ritorno ai luoghi di origine. La
terra di Romagna ci vide protagonisti in magnifici raduni negli anni: 2003,
2004, 2005, 2006 e girammo la Romagna in lungo ed in largo, toccando
bellissimi posti, sconfinando a San Marino e per arrivare anche a
Mirabilandia con la pista da Stunt-Cars.
L' amico Francesco è andato sul sicuro, utilizzando le passate esperienze di
Montebello (fantasma di Azzurrina e S.Leo (fantasma di Cagliostro),
aggiungendo un pizzico di sportività con il Trofeo Bisulli di regolarità. Un
raduno ben studiato e con tempi rilassanti per gli spostamenti, visite e soste
culinarie.
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La Romagna è terra di gente generosa, che ha sempre accolto il CARD con
calore e simpatia e vedrete che anche per il 2012 saprà stupirci con i suoi
gusti ed i suoi colori. Ci auguriamo di vedervi numerosi, per festeggiare tutti
insieme il XII Raduno Nazionale CARD. Max
http://it.wikipedia.org/wiki/Azzurrina
http://www.fantasmitalia.it/montebello.htm
http://www.google.it/search?q=cagliostro+rocca+di+san+leo&hl=it&prmd=i
mvns&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=c0_wT6LEDpSP4gSt7P
XXDQ&ved=0CG0QsAQ&biw=1280&bih=880
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L'Alfa e le Corse
Quinta puntata: La Formula 1 moderna
La formula 1
del dopoguerra nasce nel… 1938!
Nel 1938 le vetture della formula maggiore potevano adottare motori aspirati da
4,5 litri, per un peso minimo di 850 Kg, oppure motori sovralimentati da 3 litri,
per un peso minimo di 400 Kg. Le auto della categoria inferiore, le cosiddette
"vetturette", potevano invece installare motori fino a 1,5 litri sovralimentati. Il
confronto tra le due categorie non era così impari come la differente cubatura
potrebbe far pensare, e la migliore vettura della formula minore, l'ALFETTA
158, era assai competitiva nei confronti delle vetture appartenenti alla formula
maggiore, soprattutto, come abbiamo visto nel numero scorso, nei circuiti
stradali.
La 158 "anteguerra" disponeva di un motore 8 cilindri in linea da 1479 cc con
basamento in elektron, sul quale erano imbullonati due monoblocchi in lega
leggera che comprendevano anche le teste a due assi a camme con camere di
scoppio emisferiche. L'alimentazione era assicurata da un carburatore triplo
corpo verticale Weber 50DR3C e da un compressore a due lobi. Inizialmente la
potenza era di 195 CV a 7200 giri/min con una pressione di sovralimentazione
di 1,2 bar, ma, attenzione, questi sono dati della prima versione, destinati ad
aumentare vertiginosamente nel tempo.
Il telaio era a longheroni e traverse in lamiera d'acciaio, il cambio posteriore a 4
marce, la sospensione anteriore a ruote indipendenti con bracci obliqui e
balestra trasversale, quella posteriore anch'essa a ruote indipendenti con bracci
trasversali ed obliquo e balestra trasversale.
SILOUETTE ALFA 158
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MOTORE ALFA 158
Scusate l'arida descrizione, ma nel prosieguo sarà utile analizzare l'evoluzione
di questa vettura perché l'adozione di soluzioni tecniche sempre più evolute
consentirono di mantenerla vincente per ben 13 anni ( t-r-e-d-i-c-i a-n-n-i ); sì,
ripeto cose già dette precedentemente, ma dovete concedermelo perchè questa
auto è veramente unica nel panorama delle vetture da competizione di tutti i
tempi.
Alle prime competizioni del dopoguerra molti giunsero impreparati, ma non il
neonato reparto ALFA CORSE, che aveva preservato, nascondendole, le 158
che avevano dominato le corse anteguerra nella categoria vetturette e le aveva
aggiornate nell‟impianto di alimentazione installando una coppia di
compressori Roots bistadio costruiti all‟interno delle proprie officine.
In questa configurazione, con una potenza di 254 CV a 7500 giri/min, Nino
Farina vinse il Gran Premio delle Nazioni del 21 luglio 1946 a Ginevra, con
Trossi secondo e Wimille terzo. Altri successi furono conseguiti il 1° settembre
al Circuito del Valentino, a Torino (Varzi) e il 29 settembre al Parco Sempione
a Milano (Trossi); non male per un‟Azienda uscita con le ossa rotte dalla
guerra.
Nel 1947 il regolamento divenne ancora più sfavorevole per le auto
sovralimentate perchè metteva a confronto la formula 1,5 litri compressore
contro la formula 4,5 litri senza compressore, senza alcuna restrizione di peso e
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di carburante. Era necessaria un‟ulteriore iniezione di cavalli per mantenere la
competitività e il generoso motore progettato da Gioacchino Colombo fu
portato a 275 CV a 7500 giri/min; ovviamente i consumi aumentarono e fu
necessario aggiungere un serbatoio supplementare.
I successi non mancarono: GP della Svizzera (1° Wimille, 2° Varzi, 3° Trossi),
GP di SPA (1° Wimille, 2° Varzi, 3° Trossi ), GP d‟Italia (1° Trossi, 2° Varzi,
3° Sanesi, 4° Gaboardi). Altre vittorie furono conquistate in circuiti minori.
Nel 1948 continuò l‟escalation della potenza, arrivando a 315 CV a 7500
giri/min; quell‟anno la 158 vinse tutte le gare a cui partecipò, ma un destino
tragico si portò via Achille Varzi nelle prove del GP della Svizzera.
VARZI 1° AL CIRCUITO DEL VALENTINO 1946
Anche il 1949 fu un anno drammatico, perché in un incidente al GP
d‟Argentina perì Jean-Pierre Wimille e il 5 maggio, a causa di un male
incurabile, morì anche Carlo Felice Trossi.
WIMILLE AL GP DI FRANCIA 1948
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TROSSI N 12 VINCITORE AL PARCO SEMPIONE NEL 1946
La squadra ALFA, annientata dagli eventi e da problemi di natura economica,
ritirò la sua partecipazione ai GP ma proseguì nell'aggiornamento tecnico della
vettura che iscrisse nel 1950 al "1° CAMPIONATO DEL MONDO PILOTI
DI FORMULA 1".
Il dominio in FORMULA 1
Tutti ricordano che il vincitore del primo campionato del mondo piloti di F1fu
Nino Farina su ALFETTA 158; qui giova ricordare che il successo dell'ALFA
in realtà fu un trionfo perchè al secondo posto si piazzò Juan Manuel Fangio ed
al terzo finì Luigi Fagioli.
Dei sette gran premi della stagione l'ALFETTA ne vinse sei, tre con Farina
(Gran Bretagna, Svizzera e Italia ) e tre con Fangio (Monaco, Belgio e Francia);
il settimo gran premio si corse a Indianapolis e fu disputato solamente da
vetture U.S.A. essendo il circuito troppo a favore delle auto americane che
erano espressamente progettate per quel tipo di tracciato ed avevano soluzioni
tecniche assurde in ogni altro circuito quali cambi a due marce e sospensioni
asimmetriche… tanto si curvava sempre da una parte e non si frenava né si
cambiava mai.
SQUADRA ALFA AL GP DI INGHILTERRA 1950
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FARINA VINCITORE DEL GP DI INGHILTERRA 1950
A Monza Farina vinse al debutto con la ALFETTA 159, che era stata sviluppata
con l'intento di perfezionare ulteriormente una vettura ancora competitiva ma
che cominciava a risentire dell'età.
La potenza del motore 158 non era mai stata un problema, però all'ALFA, già
che c'erano, provarono a tirare fuori qualche altro cavallo e si passò dai 350 CV
a 8500 giri/min con pressione di sovralimentazione di 2,5 bar della 158 ai 425
CV a 9300 giri/min con pressione di sovralimentazione 3 bar della 159.
La conferma che i cavalli promessi ci fossero tutti viene dal primato di velocità
sul chilometro stabilito da Felice Bonetto alla media di 275 Km/h con una punta
di 324 Km/h su base cronometrata.
Vorrei fare una piccola digressione: oggi siamo abituati ad ascoltare l‟urlo
lancinante di motori che girano a regimi stratosferici (io l‟ho installato come
suoneria del telefono cellulare) e che godono di un‟affidabilità esemplare, ma i
progettisti di oggi utilizzano programmi di simulazione per analizzare a
tavolino ogni possibile risultato delle loro intuizioni, dispongono di strumenti di
calcolo sofisticati che sono in grado, in pochi minuti, di risolvere sistemi di
operazioni per i quali ad un uomo servirebbero anni di applicazione continua, si
affidano a materiali, metallici e compositi, estremamente resistenti e nel
contempo leggeri e, attraverso l‟elettronica, possono adattare in continuo i
parametri di funzionamento dei motori a tutte le possibili condizioni
operative......
Nel 1951, invece, il progettista disponeva, per il progetto, solamente del proprio
cervello e del regolo; e per la costruzione si poteva affidare alle leghe di
alluminio, alla ghisa e all‟acciaio da bonifica e/o cementazione. Quanto
all‟elettronica, questa era di là da venire. Eppure, nel 1951, l‟8 cilindri ALFA
sviluppava ben 283 CV/litro ad un regime incredibile per l'epoca, e per di più
era affidabile.
L'affinamento tecnico dell'ALFETTA 159 rispetto alla 158 proseguì nella parte
telaistica, con l'inserimento di una struttura "a ringhiera" sul telaio per
migliorare la resistenza torsionale e con l'introduzione del ponte posteriore De
Dion che la rese meno "nervosa" in curva.
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Nel 1951 l'ALFETTA 159 vinse i gran premi di Svizzera, Francia e Spagna con
Fangio e il GP del Belgio con Farina, inoltre Fangio si aggiudicò il Campionato
del mondo piloti di F1 1951 davanti alla Ferrari 375 con motore 4500 aspirato.
FANGIO E L'ALFA 159
L'ultimo gran premio a cui l'ALFETTA 159 partecipò fu il GP di Spagna a
Barcellona del 28 ottobre 1951, dove vinse con Fangio; lo stesso pilota ne
rimpianse nel seguito il ritiro dalle corse perchè avrebbe potuto vincere ancora,
ma l'ALFA in quel periodo stava affrontando una nuova ed impegnativa
competizione: si apprestava ad assumere un nuovo ruolo nell'ambito
dell'industria automobilistica mondiale e, per fare ciò, tutte le risorse umane ed
economiche dovevano essere dirottate verso l'auto di tutti i giorni. Le auto da
competizione furono sacrificate a favore del lancio della 1900, poi venne la
Giulietta, poi la Giulia e infine, l'Alfetta, che riprendeva l‟impegnativo
soprannome delle 158/159 avendone ereditato importanti scelte tecniche, quali
il cambio al retrotreno e il ponte posteriore De Dion; con tali soluzioni poteva
regalare ai fortunati possessori (e io ho avuto la fortuna di esserlo) tantissimi
chilometri di puro piacere, grazie ad un “handling” che nessuna auto dell‟epoca
possedeva e che ancora oggi sarebbe allo stato dell‟arte quanto a soluzioni
tecniche.
L‟ALFA, negli anni ‟50 e ‟60 ha rappresentato l‟eccellenza tecnica tra i
produttori di auto di medio-grande serie, ma lo scotto pagato è stata l‟uscita
dalla scena per lungo tempo dalle competizioni al massimo livello, in parte
ripagato dai trionfi nelle categorie turismo e gran turismo.
I difetti delle 158/159? Il consumo di carburante e la rapida usura delle gomme:
Il primo era così elevato che aveva costretto i progettisti a predisporre due
serbatoi ai lati della vettura ed uno posteriormente per un totale di 300 litri di
miscela di alcool metilico, ciononostante erano necessari 2 o 3 rifornimenti per
completare una corsa mentre le vetture aspirate da 4500 cc potevano arrivare al
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traguardo senza rifornimenti. Basti sapere che con un litro di carburante
percorrevano circa 600-650 m (se preferite 150-170 l/100 Km)!
Le seconde degradavano rapidamente se strapazzate dai piloti a seguito di
patinamenti di potenza, e questa era una condizione che si verificava
frequentemente.
Il ritorno (come motorista)
Nei primi anni sessanta, vigente la formula 1,5 litri, motori ALFA giulietta
furono installati artigianalmente su vari telai; DE TOMASO iscrisse una F1
motorizzata ALFA al GP d‟Italia del 1961 per Bussinello e Vaccarella, ma
ambedue si ritirarono; analoga sorte per una COOPER-ALFA di Mike Harris al
GP del Sud Africa del 1962.
Lous Douglas Serruriers, il pilota-costruttore sudafricano titolare della LDS,
ebbe maggiore perseveranza e corse il gran premio di casa dal 1962 al 1965
ottenendo nel 1963 l‟11° posto. In Sud Africa l‟ALFA era assai considerata, ed
un altro sudafricano, Peter De Klerk, sviluppò un‟ALFA SPECIAL, anch‟essa
con motore giulietta, con cui ottenne il 10 posto al GP del Sud Africa del 1965.
Nel 1968 vi fu un tentativo, da parte della COOPER, di installare il propulsore
che l‟ALFA stava studiando per le corse sport con la 33; fu predisposto un
telaio COOPER T86C da sottoporre al collaudatore Lucien Bianchi, ma i
risultati furono deludenti a causa della scarsa potenza (quanto tempo era passato
dal binomio 158-159!).
Risultati meno catastrofici ma ancora nettamente insufficienti furono raggiunti
nel 1970 dal binomio MCLAREN-ALFA/Andrea de Adamich che si qualificò
una sola volta con la M7D e giunse 8° con la M14D al Gran premio d‟Italia. Mi
ricordo bene quella corsa; ad ogni giro, e più volte in un giro, i piloti si
avvicendavano alla testa della corsa favoriti dall‟effetto scia caratteristico della
pista di Monza di allora. Alla fine la spuntò Regazzoni, ma ben 5 piloti
arrivarono con distacco inferiore ai 7”; per De Adamich giungere 8° a 7 giri
non fu un gran risultato.
Non migliore sorte toccò nel 1972 alla MARCH 711 ALFA, sempre pilotata da
De Adamich che ottenne un 11° posto al GP degli Stati Uniti.
Poi, il 26 ottobre 1975 scende in pista a Balocco una BRABHAM BT45 che, in
luogo del COSWORTH 8V, monta il boxer 12 cilindri ALFA campione del
mondo marche.
Il patron della BRABHAM, Bernie Ecclestone, rinuncia per tutta la stagione
1976 all‟utilizzo dei motori FORD COSWORTH a fronte di un accordo di
reciproca esclusiva con l‟ALFA e incarica il ventottenne progettista sudafricano
Gordon Murray di progettare un telaio che possa accogliere quel motore così
diverso da quello della BT44.
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La stagione 1976 vede Carlos Reutemann 4° al GP di Spagna e Carlos Pace 4°
al GP di Francia e Germania.
CARLOS PACE SULLA BT45
L‟inizio del rapporto tra BRABHAM e ALFA è promettente.
Il 1977 sembra confermare il trend positivo della squadra BRABHAM-ALFA,
perché al GP di Argentina Carlos Pace arriva secondo, ma la sfortuna è in
agguato; il 18 marzo 1977 Pace perisce in un incidente aereo; la BRABHAMALFA e la F1 perdono un pilota dalle enormi potenzialità.
La vettura è molto competitiva, avendo la versione BT45B risolto il problema
del sovrappeso che aveva penalizzato la stagione precedente, e il motore,
accreditato di 520-540 CV, è il più potente del lotto e manifesta una buona
affidabilità. Watson spesso ottiene il miglior tempo in prova ma in gara, pur
lottando costantemente per la vittoria, la consacrazione non arriva a causa dei
motivi più svariati, dai tamponamenti alla mancanza di carburante.
Il campionato piloti vede primeggiare la guida estremamente regolare e
redditizia di Niki Lauda, che, in occasione del gran premio d‟Italia annuncia il
suo passaggio dalla FERRARI alla BRABHAM-ALFA.
Per il 1978 il binomio Lauda-Watson fa sognare, così come la vettura, la BT46,
che Gordon Murray ha approntato secondo le più avanzate tecniche
aeronautiche favorito dalla particolare forma piatta del motore, che consente al
progettista di ottenere una forma della scocca estremamente favorevole sia dal
punto di vista strutturale che aerodinamico.
Gordon Murray sviluppa un progetto di vettura con soluzioni assai azzardate,
addirittura sperimenta un sistema di raffreddamento basato su pannelli applicati
superficialmente all‟auto che vengono raffreddati dall‟aria che li investe senza
generare resistenza supplementare. Purtroppo, però, la capacità raffreddante è
insufficiente e l‟idea, teoricamente promettente, viene abbandonata.
Anche in configurazione più tradizionale le prestazioni sono notevoli, pur se
penalizzate da una ripartizione dei pesi non ottimale a causa della soluzione di
ripiego adottata per i radiatori, e da gomme, le Good Year a tele incrociate,
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meno performanti delle Michelin radiali; la BT46 consente ai suoi piloti di
lottare per la vittoria e di rimanere nelle parti alte della classifica.
A rompere le uova nel paniere ci pensa Colin Chapman, che nella seconda metà
del 1977 riesce a risolvere i problemi di gioventù della LOTUS 78, una vettura
rivoluzionaria che di colpo fa invecchiare tutte le altre auto sfruttando in
maniera ottimale il passaggio dell‟aria al di sotto della vettura che di fatto si
comporta come un‟ala rovesciata; quello che era un vantaggio per l‟ALFA, il
motore piatto, che consente di abbassare il baricentro e di ottenere un migliore
flusso dell‟aria verso l‟alettone posteriore, diventa un handicap perché non
consente la formazione di un adeguato canale di Venturi al di sotto della
scocca.
Le Lotus 78 e 79 dominano le corse e Gordon Murray cerca di parare il colpo
contrapponendo, alla vettura-ala, la vettura-ventilatore, riprendendo
fedelmente l'idea lanciata già dal 1970 dalla CHAPARRAL 2J ed ottenendo lo
stesso risultato della Lotus non con un effetto naturale, il condotto di Venturi,
ma con una azione forzata, l‟applicazione di una grande ventola mossa dal
motore che, aspirando l‟aria da sotto la vettura, crea un effetto-aspirapolvere.
Questa “strana” vettura risulta vincente all‟esordio con Lauda al Gran Premio di
Svezia.
ALFA-VENTILATORE
Idea geniale eh? Si, però giudicata illegale dalla Commissione Sportiva
Internazionale e, per questo, messa “fuorilegge”.
I vantaggi derivanti da tale soluzione erano realmente vincenti, pur
considerando la perdita di circa 30-40 CV per azionare la ventola; innanzi tutto
gli effetti di schiacciamento al suolo erano indipendenti dalla velocità, poiché la
ventola era azionata dal motore e non dal passaggio dell‟aria sotto la vettura (ve
la immaginate, quest‟auto, a Montecarlo?), inoltre la depressione creata
“artificialmente” consentiva di ridurre le appendici aerodinamiche con benefici
effetti sul coefficiente di forma e, quindi, sulla velocità di punta, infine i
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radiatori, investiti dal flusso dell‟aria generato dalla ventola avevano un
elevatissimo potere raffreddante e potevano essere ridotti nelle dimensioni e nel
peso.
Ritornata nella configurazione “legale” la BT46 ottenne una doppietta al Gran
premio d‟Italia, primo Lauda e secondo Watson, ma quella fu una vittoria triste
per l‟incidente in partenza a Peterson che a causa delle ferite perì pochi giorni
dopo, e rocambolesca perché favorita dalla penalizzazione di 1‟ attribuita ad
Andretti e Villeneuve per partenza anticipata. Quella, purtroppo, fu l’ultima
vittoria dell’ALFA in F1.
Certamente non si può dire che la BT46 fosse un fiasco, però l‟aver ottenuto
solamente due vittorie, di cui una drogata, ha deteriorato il rapporto tra la
BRABHAM e l‟ALFA che, come in tutti i matrimoni non riusciti, si
scaricavano le colpe vicendevolmente.
Ecco alcuni brani di un‟intervista all‟ing. Carlo Chiti, fondatore e trascinatore
dell‟AUTODELTA, subentrata all‟ALFA CORSE nella progettazione e
gestione delle vetture da competizione, pubblicata nel numero di giugno 1978
del mensile Quattroruote:
Ingegnere, cosa ne pensa della sua formula 1?
“La BT46 non è né mia né dell‟ALFA ROMEO. Noi ci limitiamo a fornire
motori e basta. Molto spesso non conosco neppure le modifiche che fanno in
Inghilterra alla Brabham; solo il giorno della corsa vedo se è stato cambiato
qualcosa. In particolare la BT46, più di ogni altra formula 1 attuale, soffre i
mali di gioventù a causa della sua iniziale tecnica d‟avanguardia. I vantaggi in
peso e aerodinamica dei famosi radiatori a sfioramento non si sono ancora
potuti apprezzare perché le prove in Inghilterra con la Marston non hanno
ancora dato esito soddisfacente.”
Quali le formula 1 avversarie che l’hanno impressionato?
“Ho un debole per la LOTUS 78. E‟ la macchina dell‟avvenire, non ricalca
nessun‟altra formula 1 ed è quella aerodinamicamente più interessante. Ad
esempio l‟uso delle “minigonne “ della 78 applicate alle fiancate contribuisce
ad aumentare la deportanza: quasi tutti l‟hanno copiata.”
Quando debutterà la formula 1 tutta ALFA?
La vettura è quasi pronta e ha completato la prima fase di evoluzione di una
formula 1. Ora dobbiamo iniziare i primi collaudi. Dovremmo partire prima
delle ferie con Brambilla. Per il debutto in corsa si vedrà.”
Il ritorno 2 (come costruttore)
Memorizzate bene la data di questa intervista (ripeto, giugno 1978) perché è
utile per capire quanti errori siano stati fatti dall‟una e dall‟altra parte.
Da tempo in ALFA, forti della consapevolezza di disporre del migliore motore
di tutto il circus della F1, si lamentavano per i troppi aggiornamenti ai quali
veniva sottoposta la vettura che talvolta alteravano le condizioni operative del
motore e di cui, spesso, erano tenuti all‟oscuro. Durante il GP del Sud Africa
del 1976 (due anni prima dell‟intervista) ambedue le auto si ritirarono prima
23
della metà corsa (al 16° e al 22° giro) essendo entrambe rimaste senza olio nel
motore a causa di una modifica effettuata dai tecnici della BRABHAM al
serbatoio dell‟olio all‟insaputa dell‟ALFA.
Con tali presupposti era prevedibile che l‟AUTODELTA volesse dimostrare di
poter costruire una monoposto vincente e, quasi in sordina iniziò a girare a
Balocco quella che veniva chiamata da tutti l‟ALFA-ALFA. Fu un periodo
caratterizzato da incertezze, ripensamenti, stressanti trattative a livello politico,
aziendale, economico e sportivo, durante il quale l‟ing. Chiti, pur continuando
a garantire la fornitura di motori alla BRABHAM, procedeva con i collaudi
della 177, l‟ALFA-ALFA il cui propulsore era identico a quelli forniti alla
BRABHAM, e con lo studio di un nuovo motore 12 cilindri a V di 60°.
Questo fu, a mio parere, un grandissimo errore strategico dell‟AUTODELTA,
infatti era ormai evidente che il motore a cilindri contrapposti fosse perdente se
installato su vetture ad effetto suolo, tant‟è vero che lo stesso ing. Chiti si
dichiara un ammiratore della LOTUS 78, allora perché continuare lo sviluppo
della 177 e non puntare tutto sulla vettura con motore a V stretto?
Invece si continuò a perdere tempo con i collaudi a Balocco della 177 evitando
il confronto con gli altri concorrenti, fattore determinante per l‟evoluzione
positiva di una F1 (e non solo) e il 13 maggio 1979 l‟ALFA la presentò al via
del Gran premio del Belgio: debuttante ma vecchia di due anni.
Non fu un buon esordio: Giacomelli fu tamponato da Elio De Angelis intorno a
metà gara e fu costretto al ritiro.
Nel frattempo, anche le BRABHAM avevano perso competitività, dal momento
che il loro sviluppo era stato interrotto e, in occasione proprio del Gran Premio
del Belgio Niki Lauda, in una intervista, così stigmatizzò l‟imminente divorzio
tra BRABHAM ed ALFA:
“La presenza della monoposto dell‟ALFA a Zolder è la conferma di come il
lavoro nella collaborazione tra la BRABHAM e l‟ALFA ROMEO non venga
condotto in funzione di un unico traguardo, ma bensì alla ricerca di proprie
esperienze. Purtroppo per me questa é la peggior situazione, perché nella F1 del
giorno d‟oggi non si vince se non c‟é perfetta unità di intenti e di lavoro tra
tutti, piloti, tecnici e meccanici. Mi dispiace che all‟ALFA questo non lo
abbiano capito: per stare a metà schieramento con la loro macchina va a finire
che perdono una stagione con la BRABHAM. Peccato perché il nuovo motore a
V di 60° è fantastico e se Chiti si concentrasse al suo sviluppo, mettendo a
punto il telaio della BRABHAM, avrei potuto essere ancora in lizza per il
mondiale.”
Al Gran Premio di Monza, il 9 settembre 1979, la 177 lasciò il posto alla 179
(finalmente!), e dal gran premio successivo, in Canada, la BRABHAM tornò ad
utilizzare i motori FORD COSWORTH.
Con la 179 l‟ALFA, nel tentativo di riguadagnare il tempo perduto, fece uno
sforzo notevolissimo per creare una vettura vincente, tra l‟altro in un periodo di
difficoltà aziendale per il rinnovamento di alcuni quadri direttivi e di
contenzioso sindacale (ma guarda un po‟!). Il progetto fu completamente
incentrato sul nuovo motore, o meglio, sulla sua forma, infatti esso consentiva
24
di allargare i camini laterali di ben 20 cm e ciò fu ritenuto premiante nella scelta
nonostante causasse l‟innalzamento del baricentro dell‟auto di 50 mm e fosse
naturalmente meno equilibrato rispetto al motore a cilindri contrapposti.
Per consentire il passaggio del maggior volume di aria possibile all‟interno
della vettura questa fu completamente ridisegnata abbandonando soluzioni
tecniche ormai consolidate:





Fu allargata la carreggiata anteriore (addirittura 1,72 m)
Fu ristretta al massimo la cellula che conteneva il pilota con effetti
negativi sulla resistenza torsionale del telaio, ma la scelta era
inevitabile.
I radiatori furono posizionati in alto e fortemente inclinati innalzando
ulteriormente il baricentro
Le sospensioni furono praticamente “bloccate” a causa della differenza
del carico verticale al variare della velocità e con i gruppi molla
ammortizzatore entrobordo.
Si eliminò l‟alettone dal musetto che assunse una forma tondeggiante
Il responso della galleria del vento fu positivo; è vero che il coefficiente di
forma della 179 era peggiore di quello della 177: Cx=0,76 contro Cx=0,6, ma
il coefficiente di deportanza era molto più favorevole: Cz = 1,2 contro Cz = 0,8
della 177, il che, tradotto in carico verticale, voleva dire ben 700 Kg a 260
Km/h. Anche se questo dato mi sembra oltremodo ottimistico è inequivocabile
che la nascita della 179, una vera “wing-car”, abbia costituito un notevole passo
avanti rispetto alla “vettura – laboratorio”, la 177; rimaneva da eliminare solo
un certo “sovrappeso”, di circa 50 Kg, difetto ormai congenito sin dai tempi
della BT45.
LE FORME ESASPERATE DELL'ALFA 179 DI GIACOMELLI
25
Per descrivere grossolanamente il salto di qualità delle prestazioni consentito
dall'effetto suolo, senza trascurare, ovviamente, l'apporto della geometria delle
sospensioni e della mescola delle gomme, bastino i seguenti dati:
Anno 1953, Laurence Pomeroy, della rivista inglese "THE CAR", analizzò
sperimentalmente l'accelerazione laterale di una ASTON MARTIN da corsa e
rilevò che questa era in grado di percorrere una curva con raggio di 300 m alla
velocità di 160 Km/h, con una accelerazione laterale di 0,7g.
Anno 1979, l'accelerazione centripeta di una "wing car" raggiunse i 2g (pari ad
una velocità di percorrenza di circa 280 Km/h per una curva di raggio 300 m)
Anno 1989, Jean Alesi, con la TYRRELL 019 percorse la curva di Signes, al
Paul Ricard, che ha un raggio di curvatura pressochè costante di 180 m, alla
velocità di 290 Km/h, con un'accelerazione laterale di 3,65 g.
Oggi i piloti di F1 nelle curve più veloci sono sottoposti ad accelerazioni
laterali che superano i 4 g grazie ad auto a mio parere esteticamente orrende,
rese informi da musetti posizionati in modo improbabile sulla sommità della
scocca anteriore e contornati da ogni genere di appendice alare. L'estetica in F1
non conta nulla ma a me ogni tanto piace sognare una F1 senza le esagerazioni
attuali in termini di appendici aerodinamiche e di impianti frenanti, che debba
staccare a 200 m da una curva e non a 70 m, così da rendere possibile l'azzardo
di un sorpasso senza ricorrere a sotterfugi regolamentari quali il permesso di
stallare l‟ala concesso agli inseguitori, ma solo se il distacco è inferiore al
secondo!
La questione regolamentare potrebbe essere argomento di una serie futura di
articoli, ma ora ritorniamo ad analizzare l'evoluzione delle ALFA da GP.
Nel 1980 l‟ALFA si presentò al via forte della sponsorizzazione della
MARLBORO, il cui appoggio finanziario le permise di sviluppare il
programma di F1 senza prestare il fianco alle critiche che, inevitabilmente,
sarebbero sorte a causa delle difficoltà crescenti sul piano industriale. La
squadra venne rafforzata, Bruno Giacomelli fu affiancato dal velocissimo
Patrick Depailler che portò un grande contributo di esperienza utile sia in corsa
sia durante le fasi di sviluppo.
Nel primo gran premio, in Argentina, Giacomelli giunse 5°, mentre nei gran
premi successivi la grande competitività manifestata in prova non venne mai
capitalizzata in corsa per problemi di affidabilità, poi, il 1 agosto un altro duro
colpo: Depailler, probabilmente per la rottura di una minigonna, ebbe un
tremendo incidente durante una sessione di prove libere in vista del GP di
Germania; la F1 perdeva un altro validissimo protagonista e l‟ALFA, per
l‟ennesima volta, perdeva un fortissimo pilota ma, soprattutto, un valente
collaudatore, cosa di cui aveva ancor più necessità.
26
DEPAILLER E GIACOMELLI ALFA 179B AL GP DI INGHILTERRA 1980
Nella seconda parte della stagione la 179 continuò ad ottenere ottimi risultati il
sabato e ritiri la domenica culminati con la pole di Giacomelli proprio
all‟ultimo appuntamento a Watkins Glen per il GP USA EAST. In quella corsa
Giacomelli dimostrò di essere un pilota ormai maturo e rimase autorevolmente
in testa fino a oltre metà corsa, ma anche questa volta un banale guasto alla
bobina di accensione lo costrinse al ritiro.
Nel 1981 la FIA, nell‟intento di ridurre le velocità di percorrenza delle curve,
proibì le minigonne mobili e impose un‟altezza minima delle vetture di 6 cm.
Con regole cervellotiche veniva punito non il reato, cioè lo sfruttamento
dell‟effetto suolo, ma uno dei mezzi per ottenerlo, cioè le minigonne mobili. E‟
del tutto evidente che i campionati del mondo successivi al 1980 furono
appannaggio dei “più furbi”, vale a dire tutti coloro che trovarono altri
“espedienti” per commettere reiteratamente il reato senza utilizzare l‟unica
arma proibita (le minigonne mobili).
Ci fu chi provò a fare vetture con due telai e fu colto con le mani nella
marmellata (la LOTUS 86/88 disponeva di un telaio mobile che, sollecitato da
un modesto carico aerodinamico si posizionava sopra il vero telaio, trascinando
con se verso il basso tutta la carrozzeria in modo da portare le minigonne
“fisse” a contatto col suolo) e chi diventò Maestro (WILLIAMS, BRABHAM)
nell‟utilizzazione di dispositivi idropneumatici che consentivano di percorrere
tutta la corsa in condizioni di totale illegalità abbassando le vetture in modo da
sigillarle a terra con minigonne “fisse” per poi riportare l‟altezza ai valori
“legali” una volta giunti ai box.
L‟ALFA veniva costantemente superata dalle squadre dei “più furbi” che
adottavano questi stratagemmi e da quelle che avevano osato la nuova
soluzione tecnologica dei motori turbo (RENAULT e FERRARI) e, durante la
stagione 1981 racimolò soltanto 10 punti, pari a due quarti posti (Andretti in
USA OVEST e Giacomelli in Canada) ed un terzo posto (Giacomelli in USA
EST).
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Vista la china discendente presa dalla 179, ormai giunta alla versione C,
l‟ALFA corse ai ripari ingaggiando, nella metà del 1981, il valentissimo
progettista della LIGIER, Gerard Ducarouge, che in soli 4 mesi concepì e portò
al battesimo delle corse una macchina completamente nuova, la 182, che già
alla prima uscita, al Castellet, superò le prestazioni delle migliori vetture spinte
da motori aspirati, posizionandosi appena sotto alle FERRARI e RENAULT
turbocompresse.
Il progettista, che sapeva di poter confidare ancora nella potenza del favoloso
V12 ALFA, in attesa del motore turbo si impegnò nello sviluppo di un telaio
che adottasse la medesima tecnologia scelta dalla MC LAREN; mise da parte la
tradizionale monoscocca in allumino per affidarsi ad una più rigida struttura in
fibra di carbonio.
Purtroppo mancò ancora una volta l‟affidabilità e le speranze accese alla
seconda uscita della 182, al GP USA OVEST a Long Beach da Andrea De
Cesaris, che il 4 aprile 1982, a 22 anni e 308 giorni, divenne il più giovane
“poleman” della F1, furono vanificate dal grippaggio di una pinza dei freni.
Nel gran premio successivo, a Montecarlo, De Cesaris rimase senza benzina
all‟ultimo giro quando era al comando della corsa; giunse al terzo posto (se non
è sfortuna questa!). Dopo tali premesse si devono considerare un ben magro
risultato il sesto posto di De Cesaris in Canada ed il quinto di Giacomelli in
Germania; l‟ALFA terminò il campionato 1982 al decimo posto tra i costruttori,
con 7 punti. La mancanza di risultati, pur con un potenziale notevolissimo,
dipese soprattutto dal gran numero di incidenti che capitarono in quella stagione
ai piloti ALFA, ben 16, da alcuni difetti di fabbricazione di elementi che non
avevano mai dato problemi, tra questi i semiassi, e, in ultimo, almeno a
Montecarlo, dall'elevato consumo di carburante.
ALFA 182 DE CESARIS BRANDS HATCH 1982
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Di nuovo fornitore di motori
Nel corso del 1982 i motori turbo avevano evidenziato una superiorità
schiacciante nei confronti degli aspirati e quando non vincevano il motivo era
sempre da ricercare nella ancora scarsa affidabilità a causa delle tremende
sollecitazioni, soprattutto termiche a cui erano sottoposti.
Tutte le squadre più agguerrite si dotarono di motori turbo nel corso dell'anno,
seguendo la strada tracciata prima da RENAULT e poi da FERRARI; la BMW,
per la BRABHAM, preparò un 4 cilindri in linea e la stessa soluzione fu
prescelta anche da HART per la TOLEMAN. L'ing. Chiti, per l'ALFA, optò per
una soluzione a 8 cilindri a V che, sulla carta, prometteva sfracelli.
Le prime prove furono effettuate utilizzando un'alimentazione soffiata, con ben
otto carburatori DELLORTO che, però, vennero presto sostituiti dall'iniezione
che assicurava consumi inferiori di carburante; il consumo era, oltre alla scarsa
affidabilità, il tallone d'Achille di questi propulsori. La sovralimentazione era
fornita da due turbocompressori ALFA AVIO (un ritorno alle origini) ma già
l'ing. Chiti aveva in animo di passare a ben due turbocompressori per bancata.
Purtroppo il bilancio di AUTODELTA vedeva, da una parte un cospicuo
aumento dei costi sia per il completamento della fase di sviluppo di questo
propulsore, sia per la necessità di dover nuovamente riprogettare la parte
telaistica poichè il nuovo regolamento imponeva fondo piatto e abolizione delle
minigonne, dall'altra un ridimensionamento dell'impegno da parte degli
sponsors.
L'ALFA non era in grado di sopportare un simile sbilancio nei conti e fu
costretta ad adottare nuovamente una soluzione di compromesso: per il 1983
avrebbe fornito gratuitamente alla EURORACING di Giampaolo Pavanello 16
motori turbo per l'intera stagione e Pavanello avrebbe acquistato dall'ALFA
tutto il materiale dell'AUTODELTA, inoltre avrebbe provveduto alla gestione
della scuderia e alla revisione dei motori. Gerard Ducarouge, oltre a un certo
numero di motoristi avrebbero garantito la necessaria continuità tra
AUTODELTA ed EURORACING.
Le potenzialità della vettura erano notevoli e la stagione avrebbe potuto fornire
grandi soddisfazioni ma purtroppo gli incidenti, la solita serie di avarie,
soprattutto agli accessori, e una certa inesperienza del team hanno spesso
penalizzato il risultato di gare in cui l‟ALFA lottava nel gruppo di testa.
Il campionato della 183T si concluse con 18 punti e la 6° posizione nel
campionato costruttori con De Cesaris, pilota velocissimo ma un po‟ troppo
rude con la meccanica e troppo frequentemente coinvolto in incidenti, autore di
due splendidi secondi posti in Germania e nel Sud Africa.
Gran parte del merito della competitività della 183T era di Ducarouge ma
contrasti insanabili con Pavanello ne causarono l‟allontanamento; Ducarouge si
accasò rapidamente alla LOTUS e alla EURORACING iniziò il valzer dei
progettisti.
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ALFA 183T DE CESARIS SPA 1983
Nel 1984 l‟EURORACING si presentò con nuovi piloti, Patrese e Cheever,
nuova vettura, la 184T sviluppata da Marmiroli/Tolentino partendo dal progetto
di Ducarouge dell‟anno precedente, nuova livrea, Benetton, ma i risultati
peggiorarono: 11 miseri punti alla fine del campionato e 8° posizione nel
Campionato del Mondo Costruttori. Certamente il motore turbo ALFA fu
quello maggiormente penalizzato dal nuovo regolamento, che vietava i
rifornimenti in corsa e autorizzava una capacità massima dei serbatoi di 220
litri; essendo più assetato degli altri propulsori in quanto motore maggiormente
frazionato e dotato di elettronica non particolarmente evoluta, doveva essere
parzializzato nella pressione di sovralimentazione e questo impediva il
raggiungimento della potenza che le specifiche di costruzione avevano
promesso.
CHEEVER ALFA 184T
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Frattanto, nel 1983, la Scuderia OSELLA aveva ricevuto in dotazione i
“vecchi” motori aspirati che nulla potevano contro i più prestazionali motori
turbo e non raggranellò nemmeno un punto. Nel 1984, abbandonati gli aspirati,
anch‟essa ottenne in dotazione il turbo ALFA 184T, ma la vettura, pesante e
superata tecnicamente, consentì al primo pilota, Ghinzani, di ottenere solamente
un modesto quinto posto in un rocambolesco gran premio USA e al secondo
pilota Jo Gartner un quinto posto (senza punti, essendo stato iscritto a
campionato iniziato), al gran premio d‟Italia.
Nel corso della stagione 1984 l‟ing. Chiti venne dimissionato e fondò la
MOTORI MODERNI, l‟AUTODELTA fu cancellata e fu nominato direttore
tecnico l‟ing. Gianni Tonti che apportò per il 1985 modifiche sostanziali al
motore con l‟obiettivo di risolvere gli atavici problemi del motore turbo ALFA:
per ridurre i consumi venne adottata l‟iniezione Bosch Motronic, e per
migliorare l‟affidabilità, minata dalle eccessive temperature di acqua e olio,
furono ridisegnati i percorsi dei fluidi sia nelle testate sia nel basamento. La
stessa fluidodinamica della vettura fu rivista dal nuovo progettista
dell‟EURORACING John Gentry, ma i risultati non arrivarono e, benché fosse
già partito lo sviluppo di un nuovo motore turbo a 4 cilindri in linea destinato
alla LIGIER, il programma ALFA F1 fu stoppato anche nella previsione di
rilevanti modifiche regolamentari.
MOTORE ALFA 4 CILINDRI TURBO
All‟ing. Tonti fu affidato il programma PROCAR, in cui l‟ALFA credeva
molto, per il quale progettò un promettentissimo 10 cilindri 3,5 litri da installare
centralmente sulla silouette di una 164; purtroppo questo programma abortì
ancor prima di nascere.
L‟OSELLA continuo per qualche tempo ad utilizzare i motori 185T con
risultati modestissimi, poi passò, come MINARDI, alla MOTORI MODERNI e
l‟ALFA uscì definitivamente ed in sordina dalla F1.
Eugenio SILVANO
Socio C.A.R.D. N° 15
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Chateux et Relais
Villandro
- Sud Tirolo
Amici Duettisti,
Per questo numero avrei pensato di proporVi una splendida “ sduettata” in Sud
Tirolo , piu‟ precisamente in Val D‟ Isarco.
Per chi dista piu‟ di 500 km da Chiusa consiglio la partenza il Venerdi‟.
Questa valle e‟ ritenuta una delle piu‟ belle impreziosita dalla bellezza di
Bressanone ( Brixen ) che , se seguirete i miei consigli, Vi regalera‟ un tuffo nel
passato, Vi sembrera‟ di passeggiare ai tempi della Principessa Sissi…
SI PARTE
VENERDI‟
Il SUD TIROLO si raggiunge dall‟ Autostrada del Brennero, direzione Nord.
Consiglio dunque l‟ arrivo all‟ uscita di CHIUSA ( Klausen ) per le h. 12,00 .
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Una volta usciti a Chiusa, mantenere la destra , oltrepassare il ponte, svoltare a
sinistra e seguire le indicazioni per il centro di CHIUSA ( annoverata tra i
borghi piu‟ belli d‟ Italia ).
Ci sono ampi e comodi parcheggi ovunque.
Una volta lasciata l‟ auto , percorrete il viale principale sino ad arrivare ad una
piccola piazza ma realmente caratteristica .
Quindi svoltare la prima via a destra e fermarsi assolutamente da : GASSL
BRAU , rinomata birreria dove gustare un taglierie di salumi e speck
sorseggiando una birra scura ( tra le piu‟ gettonate ).
NOTA : mi raccomando lasciate spazio per la cena…..
Intorno le 14,00 , si risale sul duetto alla volta di Villandro dove Vi attendera‟
Frau Elizabeth al famoso CASTELLO DI VILLANDRO….
Villandro si raggiunge dalla statale in direzione Bolzano (la svolta per i tornanti
e‟ a solo 3 km da Chiusa ) , facendo attenzione al cartello “ Villandro”
posizionato sull‟estremo lembo stradale a destra.
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Una volta imboccata la salita, si guidera‟ il nostro duetto per circa 12 tornanti
perfettamente accessibili e molto larghi.
Dopo 6 km si arriva finalmente al CASTELLO ben visibile all‟ inizio del paese
…
HOTEL STEINBOCK - VILLANDERS -
All‟arrivo Vi accogliera‟ la bellissima Frau Elizabeth Rabensteiner, che in abiti
tradizionali Vi illustrera‟ il castello e i suoi segreti..
NOTA : consiglio la camera DEI CONTI
Dopo un po‟ di relax , e magari sorseggiando un‟ ottimo Traminer ,
rigorosamente in camera ( la vista e‟ spettacolare ) si pensa alla cena.
Il ristorante del Castello e‟ molto blasonato ed il consiglio e‟ di non farselo
mancare. Ah, il pane lo fanno loro…
Dopo cena non rimane che fare una bella passeggiata pe le vie del borgo antico
SABATO
Dopo colazione, ed assicurandosi di avere il pieno di benzina e pedule nel
bagagliaio , risale la montagna seguendo le indicazione per l‟ ALTOPIANO DI
VILLANDRO dove si arriva dopo circa 30 minuti di strada, perfettamente
asfaltata.
All‟ arrivo scoprirete perche‟ questo Altopiano e‟ famoso
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Ci sono 5 percorsi guidati , consigliati a tutti . RicordateVi pero‟ che siamo gia‟
a 1900 mt di altezza.
Non fateVi mancare il pranzo in uno dei 2 rifugi dove uova al tegamino con
prosciutto vi faranno letteralmente svenire.
Non dimenticate di assaggiare lo JAEGERTEE.
Intorno le 15,00 si rientra al Castello Steinbock per un po‟ di relax e prepararsi
alla visita di Bressanone ( Brixen ) .
Bressanone si raggiunge scendendo a valle ( sempre i soliti tornanti) quindi
seguendo i numerosi cartelli che indicano appunto la localita‟
Consiglio di arrivare per le 18,00 ( tutti i negozi chiudono alle 19,30 )
parcheggiare nell‟ autosilo comunale sito proprio all‟entrata del centro storico.
E qui girate e girate, passeggiate sotto i caratteristici portici, visitate la
meravigliosa chiesa nella Piazza Centrale …
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L‟ aperitivo poi e‟ di rigore al GOLDENER ADLER ..
Ed e‟ arrivata l‟ ora di cena e non si puo‟ non andare all‟ OSTE SCURO
Ricordatevi di prenotare il tavolo di fronte alla vetrate qualche ora prima
DOMENICA
Alla buon‟ ora si riparte solo dopo aver consumato la mitica colazione al
Castello ed aver stretto la mano alla Famiglia Rabensteiner che non manchera‟
di offrirVi un ricordo del Vostro soggiorno.
Buon Viaggio Max
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NUMERI UTILI
GASSL BRAU
Gerbergasse 18 ▪ I 39043 Klausen ▪ Tel 0472 523623
HOTEL ZUM STEINBOCK
Defreggergasse
14,
39040
www.zumsteinbock.com
VillandersTel.:
0039
0472
843111
www.villanders.org
RISTORANTE OSTE SCURO
vicolo Duomo 3, Bressanone (BZ) Telefono 0472 835343
www.abbazianovacell.it
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Musica
Quattro chiacchiere su auto e musica col
Maestro Vince Tempera
"...dirige l'orchestra il Maestro Vince Tempera"...penso che ognuno di noi abbia sentito
questa frase almeno una volta nella vita. Dal 1968 ad oggi, il Maestro Vince Tempera è
stato uno dei protagonisti del Festival di San Remo e molti suoi brani sono arrivati al
grande successo. Pur non avendo mai avuto la patente, il Maestro tempera ha tenuto a
battesimo il nostro amato Duetto. Ora non ci resta che leggere con interesse la bella
intervista che gli ha fatto l' amico Carlo di Milano:
Vince Tempera per me non è solo un ben più famoso, titolato e illustre collega, ma un
Amico. Ci siamo conosciuti nel 1995 quando, per conto della Ricordi, stavo realizzando
la produzione di una giovane artista che avrebbe esordito nel Sanremo Giovani
dell'anno successivo, purtroppo, come spesso capita, senza poi raggiungere il successo
sperato. Avevo appuntamento alla sede della casa discografica nel centro di Milano per
incontrare Vince che era stato scelto per gli arrangiamenti e la direzione dell'orchestra.
Facendo le scale, vidi il Maestro un piano avanti a me che saliva i gradini a due a due
ed era praticamente irraggiungibile, allorchè gli dissi: “Maestro Tempera, se va così
veloce di sicuro Vince!!” Si voltò, mi guardò con l'espressione di chi pensa “ma chi è
questo imbecille” e quindi mi presentai.
Da allora ci trovammo in grande sintonia, nacque una bella amicizia, facemmo altri
lavori insieme e tutt'ora ci sentiamo spesso.
Oggi lo incontro per un aperitivo, appuntamento in zona navigli per poi scegliere un
bar carino dove fermarci, ma il meteo inclemente ci sorprende con un bell'acquazzone
improvviso e grandinata compresa, costringendoci a rifugiarci nella mia twingo (mai
prendere il duetto quando minaccia pioggia) e a restare quasi tutto il tempo in macchina.
in auto sotto la pioggia
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Ciao Vince, queste “quattro chiacchiere sotto l'acquazzone” sono per il giornalino del
Club Alfa Romeo Duetto. So bene che non hai la patente (il Maestro gira solo in taxi
n.d.r.) ma vorrei chiederti qualche tuo ricordo legato al rapporto auto-mondo
musicale.
Beh, innanzitutto ricordo bene negli anni '60 l'osso di seppia. Allora suonavo nei night
milanesi e il duetto era l'auto degli “sboroni” anzi, erano due le auto da “cucco”: Il
duetto e il pagoda (Mercedes SL n.d.r.). Spesso al night Gatto Verde vedevo il giocatore
Mario Corso col suo pagoda amaranto e una ragazza diversa per sera. Che tempi
meravigliosi, era arrivato il Beat e la musica era davvero un modo nuovo di comunicare
per i giovani di allora.
Se non sbaglio alla fine degli anni 60 hai esordito a Sanremo...
Sì, era il '68 e diressi l'orchestra per Iva Zanicchi e Bobby Solo che cantavano
“Zingara”.
Poi arrivarono gli anni '70
I primi anni '70 per noi musicisti furono gli anni del pulmino VolksWagen (il mitico
“Bulli” n.d.r.), ne avevamo uno color “trasudeciuc” (espressione milanese per definire
un violetto bruttino n.d.r.) e giravo l'Italia con Ares Tavolazzi (bassista che poi farà
parte dei grandissimi Area n.d.r.) e Ellade Bandini (batterista, fra i turnisti più
apprezzati, suonerà poi con De Andrè, Vecchioni, Guccini e tanti altri n.d.r.) con il
gruppo Pleasure Machine prima e poi con Il Volo più avanti. Con la stessa formazione
registrammo anche l'album “l'isola non trovata” di Francesco Guccini col quale ancora
collaboro nei live.
Vince Tempera fra Ares Tavolazzi a destra ed Ellade Bandini a sinistra, The Pleasure
Machine
Il “Bulli” era anche un'ottima alcova, si vociferava che fosse il “riparo da occhi
indiscreti” di Patty Pravo nel dopo-Cantagiro, ma non l'ho detto io! (ride di gusto)
Tornando al “duetto”, devo dire che era una delle auto che si vedevano più
frequentemente proprio al Cantagiro insieme alla Fiat 124 spider, gli artisti amavano
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farsi ammirare dal pubblico al volante di questi mezzi da “fighi”.
...e negli anni '80 e '90 come cambiò il rapporto musica-automobile?
Negli anni '80 l'automobile perse quel ruolo di status symbol per l'artista di successo
come
era stata negli anni '60: non succedeva più che il cantante del momento si comprasse la
Rolls Royce dipingendola a fiori come aveva fatto vent‟anni prima l'Equipe 84, oppure
la Cadillac Eldorado di Little Tony o la, purtroppo infausta, Ford Thunderbird di Fred
Buscaglione.
A fine anni '80 l'unico esempio forse è stato Jovanotti che si comprò una Harley
Davidson, ma altri non ne ricordo...
Ah, però ricordo che proprio nel '90 l'ex batterista de I Ragazzi della via Gluck, ora
discografico, aveva vinto un duetto IV serie ad un concorso, mi pare dell'Agip o
comunque legato ad una marca di carburante. Fortunello!!
In effetti l'automobile non è mai stata un “buon investimento”...
Infatti ai giovani che produco consiglio sempre di spendere i loro soldi in viaggi: il
viaggio ti
regala emozioni, sensazioni, vissuto, cose nuove che servono per scrivere. Così era per
Hemingway, lo è stato per i Beatles, ma lo è anche per artisti più moderni come Alanis
Morissette. Tra l'altro ricordo un disco di Fabio Concato, da me prodotto, che si
intitolava proprio “In viaggio” ed aveva in copertina una Topolino...
Album In Viaggio di Fabio Concato
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Ehi, Vince, sembra che stia spiovendo..che ne dici? Proviamo a uscire dalla
macchina e a prendere questo benedetto aperitivo?
Magari!! anche perché mi aspettavo venissi col tuo duetto e non con questo catorcio di
twingo!! (ride)
Il Maestro Tempera ed io alla fine degli anni 90 nel mio studio di
registrazione
Charlie
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I migliori amici del duettista
Gatto Certosino
PERMESSA:
Nel rispetto della par condicio del mondo animale parleremo questa volta del
gatto Certosino che si riallaccia al buledogue del primo numero proprio perché
anch‟egli considerato a lungo gatto nazionale francese.
STORIA:
Il gatto certosino è una delle razze feline più antiche. È stato importato in
Francia dall'Oriente dai cavalieri templari attorno al 1100. Le origini sembrano
ricondurci alle regioni montuose della Turchia e dell'Iran.
La leggenda narra che i Crociati, di ritorno dalla Terra Santa venivano ospitati
nelle certose. Per sdebitarsi con i monaci dell'ospitalità offerta, regalavano loro
una coppia di gatti dall'esotico mantello grigio-blu. Essi avevano la fama
d'essere dei grandi cacciatori di topi. Per questa loro dote i monaci iniziarono
ad allevarli, allo scopo di proteggere i granai e le scorte alimentari, come pure
per evitare la distruzione di preziosi manoscritti.
42
La razza venne successivamente selezionata in Francia nel Settecento e da
allora il Certosino è sempre stato considerato il gatto nazionale francese.
E‟ nel “Dizionario Universale del Commercio di Storia Naturale e delle Arti e
Mestieri”, apparso nel 1723, che si fa menzione per la prima volta del nome
Gatto Certosino. Si tratta di un‟opera tecnica destinata ai commercianti ed è
indicato quanto segue:
Certosino: nome volgare di un gatto che ha il pelo grigio, la cui pelliccia è
commercializzata da pellicciai.
In seguito ”Il Dizionario Ragionato Universale degli Animali” apparso nel
1759 ci indica: “chiamano a Parigi Gatti Certosini quelli che sono interamente
di colore cenere”.
In passato diventò una specie di simbolo dello stato ed era il micio preferito
dal generale Charles de Gaulle.
Colette con in braccio uno dei suoi numerosi certosini
Fu anche il più amato dalla celebre scrittrice Colette, che proprio ad uno dei
suoi numerosi Certosini dedicò il romanzo “La gatta” del 1933.
43
Scrisse di loro: “I compagni migliori non hanno mai meno di quattro zampe” e
anche “l‟idea che hanno i gatti della comodità è assolutamente incomprensibile
agli umani”.
Sempre alla fine degli anni „30 la gatta Mignonne di proprietà delle sorelle
Léger (coloro che avviarono l‟allevamento del Certosino inteso in chiave
moderna) fu dichiarata all'esposizione di Parigi il più bel gatto Certosino del
mondo.
Una delle sorelle Léger e La gatta Mignon “Più bel gatto certosino del
mondo”
Purtroppo il Certosino non è sempre stato apprezzato come animale da
compagnia ma nel settecento veniva anche allevato a scopo alimentare. Era
infatti usuale il consumo della sua carne, come spesso capitava in epoche meno
“civilizzate”, a quelli che oggi consideriamo animali da compagnia.
44
Inoltre, molto ricercata era la sua folta pelliccia, molto simile al tatto a quella
della lontra. Fu proprio nell‟ambiente dei pellicciai che al “Gatto grigio
francese”, come si chiamava allora, venne dato il nome di Certosino. Sui
banchi dei commercianti di tessuti, le merci migliori e più pregiate erano la
pelle dei Gatti grigi e una lana che veniva dalla Spagna e si chiamava “Pile de
Chartreux”. Entrambe erano straordinariamente morbide e così, poco a poco, si
finì per identificarle. Da quel momento il termine “Chartreux”, Certosino
appunto, venne esteso anche ai gatti.
CARATTERISTICHE:
E' un gatto robusto, dalla corporatura massiccia, la femmina raggiunge le
dimensioni tipiche del gatto domestico, mentre il maschio può raggiungere pesi
considerevoli, fino a 10 kg.
Fiero e indipendente il certosino è proprio come suggerisce il suo possente
aspetto, un magnifico gattone con i nervi saldi e sicuro di sé.
45
Il Certosino ha il pelo soffice e morbido che al tatto sembra quasi seta ed è di
uno splendido color grigio cenere. Gli occhi accesi sono di color rame.
L‟espressione del muso è irresistibile: sembra sempre che il gatto stia
sorridendo, che stia salutando nella maniera più allegra le persone che gli
stanno attorno.
Sviluppa un attaccamento molto particolare con chi si occupa di lui, al punto di
seguirlo come un cagnolino. Per questa ragione a volte il Certosino viene
chiamato “il gatto-cane”. Gli allevatori sostengono che, a differenza di altre
razze, nel Certosino è il maschio ad affezionarsi maggiormente alle persone. La
femmina invece rimane più distaccata e riesce a stare da sola per diverso
tempo.
NOTE DEL VETERINARIO:
Il Certosino è un gatto calmo, tranquillo,equilibrato e rassicurante e proprio per
questo, ben si addice al ruolo di compagno di persone sole o anziane.
Non ama essere preso in braccio o strapazzato inutilmente: è di indole
indipendente.
Si adatta bene alla vita in appartamento, ma deve avere abbastanza spazio a
disposizione.
Se ha la possibilità di uscire di casa si rivela un buon cacciatore.
Sopporta bene le basse temperature.
Non si addice a convivere con chi è facile preda di bruschi cambi d‟umore o
con chi grida inutilmente. I rumori, i dispetti e l‟inutile vociare lo disturbano e
l‟innervosiscono.
Il suo mantello abbastanza corto necessita solo di una spazzolata ogni tanto per
eliminare il pelo in eccesso durante il periodo della muta.
Si deve però fare attenzione al cibo perché il Certosino è davvero molto goloso,
un buongustaio che non dice di no a nulla (un membro onorario del CARD in
pratica). Se non si vuole farlo ingrassare troppo bisogna dosare la sua pappa e
abituarlo a mangiare a orario, senza lasciargli a disposizione tutto il giorno la
ciotola piena!
Fabryvet
46
Di “vino” Duetto
Liguria
Ci sono luoghi che rimangono nella nostra memoria di bambini. Luoghi
frequentati per le vacanze, luoghi di origine dei nostri genitori o dove ogni tanto
ci portavano, luoghi che uscivano dalla nostra quotidianità. Uscire dalla
quotidianità era per noi proiettarci in un mondo nuovo che ci attraeva e al quale
poi siamo rimasti indissolubilmente legati.
Luoghi che ci trasmettono una sorta di tranquillità quando ci ritorniamo e lo
facciamo proprio per rivivere queste sensazioni.
Li riconosciamo anche ad occhi chiusi questi luoghi, solo per i profumi unici
delle cose che lì troviamo, dalle piante e i fiori, al fornaio; oppure per i colori
inconfondibili delle abitazioni tipiche o la particolare luce delle giornate.
Vorrei parlarvi oggi di uno di questi luoghi, che nella mia infanzia frequentavo
per le vacanze e a cui poi sono rimasto legato a doppio filo, quello del ricordo e
la passione per il vino: la costa di Levante della Liguria, dalla provincia di La
Spezia risalendo a quella di Genova
Lo farò indicandovi solo le zone più significative.
Non è sicuramente una zona conosciuta ai più dal punto di vista enologico, la
produzione è davvero piccola rispetto alle altre grandi realtà, ma già i greci
avevano introdotto qui la coltura della vite. Quindi vi è una grande tradizione.
Difficilmente troverete i vini di questa zona sugli scaffali dei supermercati, così
vi obbligherò a far visita a queste zone meravigliose con il vostro Duetto per
verificarne di persona l‟ottima qualità e la tradizione di produzione mantenuta
invariata. Infatti mai questi luoghi si sono piegati alle modifiche richieste del
mercato (grande fortuna ndr), non ne hanno necessità, vista l‟esigua quantità
prodotta.
Nella zona direttamente confinate con la Toscana, in provincia di La Spezia
troviamo la DOC Colli di Luni dove il Vermentino ci regala un‟espressione
molto importante, che ben si abbina alle fritture di pesce o ai pesci al forno;
meno rilevanti i rossi di questa zona.
Quindi, risalendo, troviamo la DOC Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà,
che comprende la zona costiera sempre battuta dal vento e dal sole delle note
località Monterosso, Riomaggiore, Vernazza, Manarola (una menzione alla
località di Volastra ndr) e Corniglia, sempre in provincia di La Spezia.
Qui si producono ottimi vini bianchi secchi freschi e di buona sapidità,
utilizzando vitigni quali: l‟uva di bosco, il vermentino e l‟albarola, quasi sempre
in assemblaggio tra loro, che abbineremo con piatti di pesce cucinati in modo
semplice o carni bianche.
Non certo ultimo il più famoso Sciacchetrà le cui uve subiscono l‟appassimento
in graticci prima della vinificazione. Vino molto raro e prodotto solo in annate
particolari, lo Sciacchetrà lo possiamo abbinare al pandolce genovese, ai
formaggi stagionati o semplicemente berlo come vino da meditazione (per chi
ama i sigari, provare per credere).
Questa delle Cinque Terre è una zona di produzione che definire “eroica” è dire
davvero nulla.
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Dove c'è la spettacolarità unica dei terrazzamenti ripidi delle Cinque Terre che
richiedono davvero tanti sacrifici (foto1) e rischi notevoli.
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La cura della vite e la raccolta dell‟uva è totalmente manuale, ancora oggi chi si
occupa delle vigne in questa zona sono in maggioranza gli anziani, che sperano
peraltro sempre nel riavvicinamento dei giovani (foto2).
Un piccolo passo ancora verso Genova e ci troviamo nella DOC Golfo del
Tigullio, che comprende la zona costiera e il primo entroterra tra Genova e il
confine della provincia di La Spezia.
In questa zona vi invito a visitare Camogli, Recco, Portofino, Moneglia, Zoagli
solo per citarne alcune delle tante e belle località, qui troviamo oltre ai classici
vini bianchi da vermentino e gli assemblaggi prima citati, anche la bianchetta
genovese.
Ecco anche i primi rossi di beva semplice da ciliegiolo e dolcetto per finire con
un particolare vino da fine pasto, il Moscato Dolce ottenuto da moscato bianco
che si trova solo nella zona del territorio dell‟Alta Val Petronio (comuni di
Casarza Ligure e Castiglione Chiavarese); veniva coltivato già nel 1600, anche
nelle varianti passito.
Voglio lasciarvi come sempre degli indirizzi di produttori che in genere si
rendono disponibili per farvi degustare i loro prodotti e ovviamente anche
acquistarne a prezzi interessanti.
Cantine Litàn, Riomaggiore via Matteotti, 32/f tel. 3407655840
Luciano Cappellini, Riomaggiore fraz. Volastra tel.3397232578
Giacomelli, Castelnuovo Magra via Polvotrisia, 134 tel.0185675709
Bisson, Chiavari Corso Giannelli, 28 tel. 0185314462
Salute a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!
Tiziano Nebuloni
Sommelier e Degustatore Ufficiale A.I.S.
49
La Tecnica
Revisioniamo il devioluci degli spider IV serie
Questi appunti seguono l‟articolo pubblicato su un recente numero di Duetto
News in cui si spiegava come proteggere il devioluci dalle cospicue correnti che
lo attraversano ogni volta che accendiamo i fari. Il materiale con cui il devio è
costruito può prestare il fianco a qualche critica, ma con un po‟ di buona volontà
si può effettuare una sorta di revisione evitando di dover ricomprare un ricambio
spesso molto costoso.
I problemi a cui i devioluci possono andare incontro sono essenzialmente di due
tipi: meccanici e/o elettrici.
Chiaramente ci metteremo all‟opera solo dopo che il problema si sarà posto: un
sintomo tipico che denota il problema è la mancata accensione dei fari dopo aver
ruotato la bacchetta del devio e/o un eccessivo gioco della stessa.
Per poter accedere al devioluci dovremmo necessariamente smontare alcune parti
componenti dell‟abbigliamento interno della vettura.
Iniziamo con i gusci di protezione in plastica che racchiudono il mozzo del
volante: con un cacciavite a croce sviteremo da sotto 4 lunghe viti che sbloccano i
due semigusci. A questo punto, il semiguscio inferiore sarà libero e potremo
riporlo con le 4 viti appena tolte.
Dovremo quindi togliere il volante, prima però scolleghiamo la batteria per evitare
che un contatto inavvertito faccia suonare le trombe.
Per prima cosa rimuoviamo il pulsante del clacson e stacchiamo il faston che porta
il segnale a massa collegato dietro al pulsante stesso; al di sotto noteremo un dado
da 24 stretto sul perno del mozzo. Con una chiave a tubo rimuoviamo il dado
liberando il mozzo (attenzione alla linguetta ferma dado). Per togliere il volante,
dovremo però utilizzare un estrattore; per chi non riuscisse a reperirlo ecco le
istruzioni per realizzarlo:
Figura 1 - piastra estrattore
A fianco al perno centrale noteremo due fori da 6 mm. Inseriamo e avvitiamo nei
due fori del fondo del mozzo due barre filettate da 6 mm lunghe una quindicina di
cm. Fatto questo, inseriamo le due barre filettate nei fori da 8 mm della piastra di
fig. 1. Provvediamo quindi ad avvitare 2 dadi da 6mm sulle due barre in modo che
la piastra non possa uscire.
50
Figura 2 - avvitiamo le due barre filettate
Ora possiamo inserire una terza barra filettata da 10 mm con dado e controdado
sul foro centrale in modo che vada a forzare sul mozzo filettato da cui abbiamo
tolto prima il dado da 24.
Figura 3 - inserimento della terza barra
Ora, facendo forza con una chiave sul gruppo dado-controdado, riusciremo a
sfilare il gruppo mozzo/volante; riponiamo con cura il tutto in modo che non si
perda nulla e finalmente vedremo il devioluci libero.
51
Figura 4 - estratto il mozzo, si cambia il devio guasto con quello revisionato
Potremo a questo punto togliere pure il guscio superiore della plastica coprimozzo
e togliere le due viti che fermano il devioluci. Sfiliamo i faston che portano i
contatti alla valvoliera sulla sinistra e portiamo il nostro devioluci su un tavolo da
lavoro ben illuminato. Nel cerchio rosso di figura 5 è evidenziato il blocchetto
porta contatti su cui agisce la bacchetta di comando luci.
Figura 5 - devioluci IV serie
Per aprire il blocchetto dovremo far saltare 2 rivetti.
52
Figura 6 - apriamo il blocchetto contatti
Nella figura sottostante è riportato lo schema di funzionamento del blocchetto
contatti, dove un nottolino eccentrico solidale con la bacchetta di comando, agisce
sulle lamelle dei contatti permettendo l‟accensione dei vari dispositivi luminosi
(posizione, anabbaglianti, abbaglianti e lampeggio). Ruotando la bacchetta, la
lamella principale entra in contatto con una secondaria a seconda della posizione
che abbiamo impostato (quindi quale tipo di faro vogliamo accendere). La foto
mostra il funzionamento appena descritto.
Figura 7 - schema di funzionamento
53
Figura 8 - schematico collegamenti
Figura 9 - bacchetta ed eccentrico azionano le lamelle di contatto
54
Figura 10 - vista da dietro
Figura 11 - terminale della bacchetta
Ora possiamo finalmente esaminare le lamelle di contatto per capire se esiste
qualche problema meccanico o elettrico. Nel caso in figura, la lamella in basso (a
55
cui è collegato il filo grigio degli anabbaglianti) si era piegata non assicurando più
l‟accensione dei fari. La piega della linguetta, non lavorando più correttamente,
implicava anche un evidente problema meccanico: infatti, ruotando la bacchetta di
comando dei fari, il nottolino eccentrico, arrivato in posizione anabbaglianti, non
trovava più la spinta della linguetta creando quindi un eccessivo gioco alla
bacchetta stessa. Probabilmente il fenomeno si è amplificato perché inizialmente
questo gioco poteva essere compensato attraverso una leggera forzatura
meccanica della bacchetta, ma a lungo andare, ciò ha ulteriormente compromesso
il contatto.
Figura 12 - evidenza della lamella rovinata
Nel caso il problema sia elettrico (es contatti consumati), si dovrà ricostruire la
lamella d‟ottone oppure saldarvi sopra del materiale per riassicurare il contatto.
Una volta conclusa la revisione, ripuliamo per bene tutti i contatti elettrici e
richiudiamo il blocchetto. Eviterei di riutilizzare nuovi rivetti per garantire la
chiusura: molto meglio un paio di bulloncini e dadi del 3 che possono essere
rimossi facilmente in caso di nuovi problemi.
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Figura 13 - blocchetto richiuso
A questo punto, ricolleghiamo i faston del devio alla valvoliera, fissiamo le due
viti di bloccaggio e proviamo che tutto sia nuovamente funzionante. Una volta
verificata la corretta esecuzione dell‟intervento, reinseriamo il guscio superiore
del coprimozzo e reinseriamo il volante curando il corretto allineamento delle
razze rispetto alle ruote anteriori. Dopo aver reinserito il gruppo volante/mozzo
riposizioniamo il dado da 24 sul perno centrale e serriamo (per chi ha una chiave
dinamometrica impostare il valore della coppia di serraggio a 5,5 Kgm).
Rimontiamo il pulsante del clacson dopo aver ricollegato il faston di contatto e
riavvitiamo il semiguscio inferiore del mozzo.
A questo punto abbiamo terminato il lavoro. Alla prossima puntata!
Luca Regoli
57
Contatti
I soci che hanno bisogno di parlare con i membri del direttivo possono
contattare direttamente le seguenti persone, quali responsabili di zona:
Presidente
Massimo Mello Ceresa
Piemonte e Liguria
348.5725440 - [email protected]
Vicepresidente e Tesoriere
Francesco Gori
Romagna e Marche
333.1878926 - [email protected]
Segretario
A. Thomas Candeago
[email protected]
339.4475071
Consigliere
Gaetano Vaccaro
Lazio
[email protected]
Consigliere
Tiziano Nebuloni
Lombardia
349.1857449 - [email protected]
Consigliere
Marco Mottini
…
Consigliere
Gian Piero Giannetti
Toscana e Umbria
339.6853419 - [email protected]
Redazione Duetto News
Girolamo Virgadamo
[email protected]
335.8135321
i Sigg. Marco Mottini e Maurizio Buscaglia sono stati nominati
Commissario Tecnico CARD in ambito ASI
Responsabile Scuderia CARD: Thomas Candeago, Paolo Casagrande
Probiviri: Fabrizio Adami, Cesare Basilico, Michele Dalla Montà
58
Revisori dei Conti: Dott. Piero Gori, Dott.ssa Sabrina Acciarri,
Dott.Gianluca Zamagna
Responsabile Raduni: Massimo Mello Ceresa, Thomas Candeago
Coordinatori
Toscana: Gian Piero Giannetti
Sicilia: Beppe Zarcone: [email protected]
Liguria: Eugenio Silvano.
Piemonte e Valle d' Aosta: Fabrizio Coraglia ([email protected]) e Fabrizio
Adami ([email protected]), Thomas Candeago
Lazio e Centro Italia: Salvatore Di Bella, Luca Regoli, Gaetano Vaccaro
Lombardia: Brenna Massimiliano ([email protected]),
Raimondo Grazioli ([email protected]), Tiziano Nebuloni
TriVeneto: Cesare Basilico e Michele Dalla Montà
Emilia: Matteo D'Avena, Marco Giusti, Francesco Gori
59
Indirizzi utili: convenzioni, officine,
ricambi
CONVENZIONI
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E' stata confermata la convenzione del Club con la Edidomus per
avere l'abbonamento annuale (12 numeri) del prestigioso mensile
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