Iniziazione cristiana

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Iniziazione cristiana
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approfondimenti
LE INIZIATIVE PRESENTI IN ITALIA, NEL TRIVENETO E NELLA DIOCESI DI PADOVA
IC: qualcosa si muove
Sono stati presentati, in occasione dell’incontro nazionale degli Uffici catechistici
regionali (Roma, 6/7 febbraio 2012), i dati sulle sperimentazioni in atto nelle varie
regioni italiane riguardanti l’iniziazione cristiana. Una situazione “a macchia di leopardo”.
Rendere responsabili le comunità cristiane. I punti di forza e alcuni nodi problematici.
Così in Italia
L’
Incontro nazionale dei direttori degli Uffici catechistici diocesani
(UCD), tenutosi a Roma il 6-7 febbraio, ha visto l’apertura ufficiale
del convegni catechistici regionali promossi dall’Ufficio catechistico
nazionale (UCN) nelle singole regioni da aprile a settembre prossimi.
In tale contesto si è voluto “fare il punto” sul rinnovamento dell’iniziazione cristiana (IC) in atto nelle diocesi italiane, attraverso la presentazione dei dati sulle sperimentazioni.
Questi dati, provenienti dalla prima ricognizione del 2004 (presentata alla 53a Assemblea generale della Cei), dalla seconda ricognizione del 2007 (presentata da mons. Ruspi, al convegno dei direttori
UCD di Genova 2008) e dall’aggiornamento fino al 2012, sono il frutto
del lavoro dell’Attenzione permanente sulla catechesi dell’IC costituita
dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, all’interno
dell’UCN nel settembre 2009, ed affidatami con lo scopo di seguire le
diocesi nell’ascolto delle problematiche e nella recezione delle risorse,
ma anche per conoscere e monitorare la situazione delle Chiese locali. Più che un’indagine di carattere statistico, si tratta dunque di una
“fotografia ragionata” il più possibile vicina alla situazione reale dell’IC di fanciulli e ragazzi nelle nostre Chiese.
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Perché la nuova sperimentazione
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La necessità di sperimentare non è una novità nella prassi pastorale
italiana, basti pensare alla redazione del Documento di Base (1970)
che ha coinvolto globalmente le comunità ecclesiali. Ma anche agli
stessi catechismi che furono redatti “per la consultazione e la sperimentazione” nelle varie comunità, prima di una loro stesura definitiva. Questo modo di procedere, allora come oggi, si fonda sull’ecclesiologia di comunione del Vaticano II che vede insieme pastori, operatori e vita delle comunità impegnati nella doppia fedeltà al Vangelo e al tempo presente.
Le sperimentazioni, su indicazione della 51a Assemblea generale
della Cei (2003) e della nota Il volto missionario delle parrocchie in un
mondo che cambia (2004), furono promosse dai vescovi, limitatamente ad alcune parrocchie e con la possibilità di proporre anche una
diversa scansione della celebrazione della confermazione e della
messa di prima comunione, con lo scopo di raccogliere degli indicatori utili per una futura riflessione comune su questo tema (n. 7). L’attenzione all’IC, avviata dalla riscoperta del catecumenato, ha portato
alla progressiva stesura di tre note pastorali.i
Nella seconda nota, in particolare, furono offerti i criteri per un’efficace azione di annuncio e catechesi, per una pertinente educazione
alla testimonianza, e per una corretta celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione, chiedendo il coinvolgimento delle famiglie e delle comunità parrocchiali. In pratica la anota proponeva una organizzazione degli itinerari secondo i quattro momenti propri del Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti: evangelizzazione, catecumenato,
celebrazione pasquale dei sacramenti dell’IC e mistagogia.
Sperimentazioni in atto
Alla luce di queste indicazioni, nelle sedici regioni ecclesiastiche si
è riflettuto, nell’ultimo decennio, in vario modo e in diverse circostanze, sui temi dell’IC, del Catecumenato, del primo annuncio e della
formazione dei catechisti, e in cinque regioni (Piemonte-Val d’Aosta,
Triveneto, Lazio, Lombardia e Campania) sono maturati anche degli
orientamenti comuni promossi dalle rispettive Conferenze episcopali
regionali o dall’Ufficio catechistico regionale (UCR). Inoltre, in molte
parrocchie e diocesi italiane, a seguito anche della pubblicazione della
Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi (2001), si è dato vita
a sperimentazioni di cammini iniziatici con proposte diverse, comprendenti sia un percorso ordinario, sia l’itinerario catecumenale, sia
la catechesi familiare o gli itinerari proposti da movimenti e associazioni.
Questo “fermento catechistico” ha prodotto una vasta edizione di
sussidi e proposte. L’interessante ricognizione dei dati mostra una
mappa variegata, “a macchia di leopardo”. Vicino alle diocesi sparse
per tutto il territorio nazionale in cui si è mantenuto l’impianto tradizionale (35%), si è dato vita in molte Chiese a interessanti percorsi
di riflessione. I dati sono stati composti considerando come percorso
completo quello che, partendo da una riflessione diocesana (sinodi,
convegni ecclesiali, convegni catechistici), è giunto a degli orientamenti del vescovo (lettera pastorale, progetto diocesano, direttorio),
resi poi operativi dalle indicazioni dell’UCD (linee e sussidi operativi),
dando così inizio effettivo alla sperimentazione nelle parrocchie. Va
tuttavia osservato che questa sequenza, per quanto logica, non sempre è avvenuta con questo ordine.
La maggiore prevalenza di parrocchie che hanno avviato un qualche passo di rinnovamento sono concentrate al nord e al sud; meno
presenti nel centro Italia. Nel Triveneto, ad es., dove nel 2002 i vescovi hanno pubblicato il documento Iniziazione cristiana: un invito
alla speranza, in otto diocesi ci sono parrocchie che hanno iniziato le
sperimentazioni, tra queste ricordiamo (perché hanno avuto una eco
nazionale), la parrocchia di Mattarello (TN), la “catechesi familiare”
della diocesi di Trento, la “catechesi in 4 tempi” della diocesi di Verona. In Lombardia (dove tutte le dieci diocesi hanno avviato la riflessione, e i vescovi nel 2009 hanno pubblicato La sfida della fede:
il primo annuncio) in otto diocesi vi sono parrocchie in sperimentazione.
Due diocesi (Brescia e Milano) hanno già concluso questa fase, rendendo operativo il cammino sperimentato. Anche nella Liguria abbiamo alcune diocesi (Genova, Chiavari…) che hanno dato vita ad itinerari attenti al primo annuncio della fede.
La lettera Annuncio e catechesi per la vita cristiana, pubblicata dalla
Commissione Episcopale per la dottrina della Fede, l’annuncio e la
catechesi nel 2010, ha affermato che le «sperimentazioni hanno evidenziato come l’IC cominci quando i genitori chiedono il battesimo
per il loro bambino a poche settimane o mesi di vita, così del resto già
indicato dai catechismi della Cei. Anche per i fanciulli che incominciano la catechesi a 6/7 anni, è oggi quanto mai necessario un adeguato primo annuncio del Vangelo, che possa condurli, insieme ai
genitori, a un inserimento globale nella vita cristiana anche attraverso
la celebrazione dei sacramenti della confermazione e dell’eucaristia,
insieme a itinerari penitenziali, che culminano nel sacramento della
riconciliazione» (n. 14). Proprio in questa prospettiva l’Emilia- Romagna e il Piemonte e la Val d’Aosta in questi ultimi anni si sono impegnate nella promozione della pastorale battesimale in tutte le
chiese locali.
Al centro Italia, sembra significativo ricordare che nel Lazio già
nel 2002 l’UCR aveva pubblicato il documento Linee per un progetto
di primo annuncio, mentre attualmente nella diocesi di Roma sono
in corso un’articolata verifica e la stesura di un itinerario diocesano.
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Luci e ombre
Globalmente emergono alcuni “punti di forza” che, almeno teoricamente, si possono ritenere acquisiti: la sempre più piena consapevolezza dell’importanza del dato e del contenuto di fede all’interno di
un processo comunicativo; la responsabilità condivisa a livello organizzativo (pastorale integrata e lavoro in équipe) con una dimensione
comunitaria dell’IC; la sensibilità missionaria; le forme del primo annuncio ai piccoli e gli itinerari pre e postbattesimali; il coinvolgimento attivo e responsabile della famiglia dei ragazzi; la consapevolezza che i fanciulli e i ragazzi hanno una personalità evolutiva autonoma e sono interlocutori attivi del rapporto educativo; la formazione
alla globalità della vita cristiana; la dimensione formatrice dei sacramenti per la vita cristiana; una pluralità di esperienze, coinvolgenti e
attive, collegate organicamente tra loro attraverso una seria programmazione; un’articolazione unitaria a tappe successive e graduali;
la valorizzazione dell’anno liturgico e la centralità del Giorno del Si-
Così nel Triveneto
L e diocesi del Triveneto hanno accolto favorevolmente l’idea nata e
maturata in Consulta nazionale dell’Ufficio catechistico e approvata
dalla Segreteria generale della Cei e dalla Commissione episcopale
per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi che cioè il tradizionale Convegno dei direttori e collaboratori degli uffici catechistici
diocesani – normalmente celebrato da quarantacinque anni ad oggi
e l’ultimo dei quali si è tenuto a Pesaro, alla fine del mese di giugno
– quest’anno venisse celebrato nelle singole Regioni ecclesiastiche.
La Commissione regionale, con la guida del vescovo di Adria-Rovigo, Lucio Soravito, delegato della Conferenza episcopale triveneta
per la catechesi, si è subito messa all’opera ipotizzando per le nostre
diocesi un convegno catechistico spalmato, per così dire, in tre incontri e in date distinte per poter riflettere sulle prospettive dell’iniziazione cristiana (IC) e della catechesi che l’accompagna con tutte le
categorie di persone che sono coinvolte nel cammino e nella prassi
dell’IC dei nostri ragazzi.
La prima tappa
Domenica 29 gennaio 2012, presso il Centro pastorale diocesano
“Card. Urbani” a Zelarino nel veneziano, con il vescovo delegato, i direttori degli UCD, le équipes degli uffici catechistici diocesani e i coordinatori vicariali della catechesi, si è iniziato a celebrare il convegno
regionale dal titolo “Rinnovare l’iniziazione cristiana del Nord-Est.
Passi compiuti, prospettive intuite”. Erano presenti 120 persone in
rappresentanza di tutte le quindici diocesi del Nord-Est.
Nella “Giornata”, a partire da alcune acquisizioni legate alla riflessione sull’IC, sono state presentate alcune sperimentazioni in atto
nelle nostre Chiese locali riguardanti in particolare la pastorale battesimale e il cammino di catechesi di IC dei fanciulli e dei ragazzi.
Riflettendo, a gruppi, sulla situazione delle singole Chiese locali a
dieci anni dal documento dei vescovi del Triveneto Iniziazione cristiana: un invito alla speranza, le persone, che nelle diocesi hanno il
compito di coordinare, sostenere, promuovere, ispirare e guidare le attività catechistiche, hanno sottolineato e messo in luce un’immagine
di Chiesa che rifiuta logiche sedentarie rassegnate o falsamente rassicuranti. Nel cammino decennale che ci sta alle spalle la grazia del
movimento è andata a braccetto con quella della comunione: si è camminato molto insieme.
È stato, inoltre, sottolineato che, in questi anni di sperimentazioni,
gnore e dell’Eucaristia; il ruolo insostituibile di accompagnamento
degli educatori: sacerdoti, genitori, catechisti, padrini…; l’attenzione
alla disabilità (e alla marginalità) e la catechesi degli adulti.
Rimangono, certamente anche alcuni “nodi problematici”, riassumibili in cinque binomi: obbligatorietà/proposta libera delle nuove
esperienze; ripristino/mantenimento dell’ordine teologico dei Sacramenti; famiglia/comunità (la famiglia riferimento centrale ma non
esclusivo, in quanto la comunità è più e oltre la famiglia);
ragazzi/adulti, soggetti che vanno entrambi salvaguardati; mistagogia/pastorale giovanile (quale rapporto?). Educare alla vita buona del
vangelo chiede di chiarire questi interrogativi, perché attraverso il discernimento e la valutazione, si possano «promuovere una serie di
criteri che dalle sperimentazioni in atto possano delineare il processo
di rinnovamento della catechesi, soprattutto nell’ambito dell’iniziazione cristiana» in vista, anche, di un «aggiornamento degli strumenti
catechistici, tenendo conto del mutato contesto culturale e dei nuovi
linguaggi della comunicazione» (n. 54/a). I prossimi convegni catechistici regionali, saranno in tal senso una ulteriore opportunità per
“fotografare” realmente la vivacità, la generosità e la creatività delle
diocesi in vista di un cammino di rinnovamento dell’IC.
don Carmelo Sciuto
aiutante di studio UCN
1 Cf. Consiglio episcopale permanente della Cei, L’iniziazione cristiana 1. Orientamenti
per il catecumenato degli adulti. Nota pastorale, 30 marzo 1997; Id., L’iniziazione cristiana 2.
Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni. Nota pastorale, 23
maggio 1999; Id., L’iniziazione cristiana 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta. Nota pastorale, 8 giugno 2003.
si sono evitate scelte dirompenti e si è mantenuto un legame con la
tradizione formativa delle nostre comunità, persuasi, da una parte,
di alcune esigenze di cambiamento ma, dall’altra, capaci anche di adeguarci al passo degli ultimi.
In modo particolare, nella riflessione si sono intravisti alcuni snodi
che costituiscono l’approccio necessario per nuove percorrenze: il
primo e secondo annuncio, la logica catecumenale, la comunità, la famiglia.
È emerso, infine, che sono disseminate qua e là “esperienze” dove
si sperimentano itinerari più o meno complessi e che sono più di
quelle che si pensa o che si riesce a censire: tutte dicono ricchezza
creativa affidata ad una logica progressiva e condivisa che passa dalle
forme più tradizionali sullo sfondo del “catechismo” a percorsi di carattere innovativo dove si constata che l’itinerario, pensato inizialmente per qualcuno, finisce poi per ospitare anche altre realtà della
parrocchia.
Questo primo incontro ha fatto conoscere alcune esperienze significative di un rinnovato processo di iniziazione cristiana, presenti in
alcune delle nostre Chiese diocesane, ha aiutato a cogliere gli elementi
più apprezzabili e a individuare le scelte pastorali e catechistiche da
privilegiare per rendere più efficaci i processi di iniziazione cristiana.
Le tappe successive
Abbiamo vissuto anche il secondo incontro del “trittico” del convegno regionale, il 28 febbraio scorso. Stavolta erano protagonisti i
preti del Triveneto: parroci, vicari foranei e sacerdoti giovani. L’obiettivo era di riflettere con loro soprattutto sul rapporto tra il rinnovamento dell’IC e la pastorale parrocchiale globale, individuando opportunità, difficoltà e condizioni.
A partire dall’esperienza, alcuni parroci hanno aiutato, con le loro
testimonianze, a cogliere, nell’articolato quadro della pastorale, le modalità in cui si inseriscono i percorsi dell’iniziazione cristiana. Nei lavori di gruppo, poi, si sono cercate le strade realisticamente possibili
e a quali condizioni. Si è dialogato con i sacerdoti anche su quelle acquisizioni che le équipes diocesane hanno fatto emergere nell’appuntamento precedente.
Il terzo e ultimo momento sarà il 9 giugno a Padova e si daranno
appuntamento tutti i catechisti, in particolare i referenti parrocchiali.
L’incontro sarà l’occasione per cogliere quanto di più interessante sta
avvenendo nella catechesi triveneta, evidenziando prospettive e appelli rivolti alle nostre Chiese del Nord-Est. Ci si confronterà in particolare sulle esigenze rivolte alla formazione dei catechisti e di quanti
operano nei processi dell’iniziazione cristiana.
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Nell’Abruzzo e nel Molise, nelle Marche e nella Toscana, alcune diocesi hanno iniziato delle sperimentazioni.
La situazione del sud è anch’essa “a macchia di leopardo”: in Campania (in cui i vescovi nel 2005 hanno pubblicato Iniziazione alla vita
cristiana nelle nostre Comunità) e in Calabria (dove in alcune diocesi
– S. Marco Argentano, Locri-Gerace e Oppido-Palmi – è in atto una
sperimentazione in quasi tutte le parrocchie), mentre in Sicilia il 50%
delle diocesi ha parrocchie che hanno iniziato nuovi percorsi di IC. La
Puglia negli ultimi due anni ha avviato un confronto regionale (promosso dall’UCR e dall’Istituto pastorale pugliese) attraverso laboratori
residenziali per i direttori UCD ai fini di un progetto di sperimentazione regionale.
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approfondimenti
È tutta una Chiesa, insomma, che si sente coinvolta nel grande movimento messo in moto da questa felice intuizione di un convegno regionale. Il presidente della Conferenza episcopale triveneta, il vescovo
di Gorizia, Dino De Antoni, riprendendo l’espressione di 1Pt 2,5 che
dà il titolo a tutti i convegni regionali, ha rivolto, a nome dei vescovi
della Regione conciliare, ai partecipanti del convegno catechistico,
questo invito: «… Come pietre vive vi radunate consapevoli che ciascuna delle nostre Chiese porta con sé un patrimonio di esperienza e
di fede. Le parole di Pietro ci ricordano che noi siamo “pietre vive”,
pietre cioè scelte dal tornante della storia, non come mattoni prefab-
bricati né tutti squadrati allo stesso modo».
L’augurio è che il nostro lavoro, assieme a quello di tutte le altre regioni, contribuisca a realizzare nel grande cantiere dell’IC quella “costruzione” capace di essere attenta all’oggi della storia e della Chiesa
e soprattutto di essere significativa per i nostri ragazzi, per le loro famiglie e per le comunità, grembi che generano soprattutto la vita cristiana.
Così a Padova
odierna. Questa pedagogia richiede di essere attuata su due piani complementari: quello dell’“intelligenza” delle verità e quello della “forma
di vita” cristiana, cioè di accompagnamento a vivere l’originalità e la
“differenza” cristiana in una società e cultura secolarizzata e pluralista». Da qui la scelta del modello catecumenale.
Così, dopo l’esperienza ormai consolidata del Servizio diocesano
per il catecumenato, nato nel 2005, e l’avvio di alcune esperienza di
iniziazione cristiana dei ragazzi in alcune parrocchie e vicariati, adeguatamente accompagnate dall’Ufficio catechistico e dall’Ufficio per
la liturgia, ora il tempo sembra maturo per aprire il modello all’intera diocesi. I primi passi, dopo la richiesta di discernimento avviata
con l’incontro congiunto dello scorso 4 febbraio, si effettueranno a
partire dall’anno pastorale 2012-2013 per il cammino che interessa i
fanciulli e i ragazzi. L’obiettivo del rinnovamento dell’iniziazione cristiana – ha ricordato ancora il vescovo – non è di riempire le chiese
o riportare tutti i ragazzi alla messa, bensì di favorire in primo luogo
«una spinta di rinnovamento delle nostre comunità, dei presbiteri e
di tutti gli operatori pastorali».
C
onvinta che «cristiani si nasce, non si diventa» (Tertulliano, Apol.,
18,4) e riconoscendo che il cristianesimo oggi non è più religione di
tradizione, ma di scelta e scelta sempre più consapevole, la Chiesa di
Padova, dopo alcuni anni di sperimentazione a livello di singole parrocchie e vicariati, ha intrapreso la via dell’innovazione dell’impianto
dell’iniziazione cristiana. Non un aggiornamento formale, dunque,
ma la proposta di un modello nuovo a fronte di una tradizione che
sembra aver ormai segnato il passo.
A presentare il progetto agli organismi di comunione è stato lo
stesso vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, in occasione dell’incontro congiunto che ormai da cinque anni vede riunirsi, per una
giornata di lavoro, consiglio pastorale diocesano, consiglio presbiterale, vicari foranei, presidenza delle aggregazioni laicali e il coordinamento pastorale. Un’assise che si è presentata all’appello tra l’incuriosito e lo spaventato di parte della componente presbiterale e la
più benevola predisposizione della parte della componente laica, maggiormente convinta della necessità di un cambiamento, pur nella gradualità dei tempi e delle velocità delle diverse realtà parrocchiali, vicariali e delle persone.
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Una “nuova” mentalità
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«Siamo chiamati a re-impostare le modalità di iniziazione cristiana
adottata dalla Chiesa in Occidente nei secoli passati» – ha esordito il
vescovo, precisando come in questo sia in gioco «la missione essenziale della Chiesa, la sua stessa ragione di essere che consiste nell’annunciare Gesù Cristo, unico Salvatore, renderlo presente e introdurre
le persone all’incontro salvifico con lui per vivere un’esistenza rinnovata di fede-speranza-carità e averne la vita eterna». La storicità
della Chiesa impone l’attenzione al tempo, alla mentalità, alla cultura
dell’uomo contemporaneo.
Si è consapevoli che oggi il modello della scuola di dottrina cristiana si è esaurito con il cambiamento sociale e culturale che ha portato a quella che il vescovo definisce «la fine della cristianità», ma
non dell’impegno missionario della Chiesa. Così, se pur in questo panorama «i sacramenti dell’iniziazione cristiana continuano ad essere
largamente richiesti» per tradizione di adulti e anziani e come riti di
passaggio, «ciò avviene spesso con deboli motivazioni di fede». Riprendendo l’appello di papa Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI
poi a una “nuova evangelizzazione”, come pure il richiamo alla conversione da una «pastorale di conservazione a una pastorale specificatamente missionaria», si «comprende e si giustifica – sottolinea il
vescovo – l’esigenza di una corrispondente e rinnovata iniziazione
cristiana».
Un cambiamento per altro già indirizzato sia dal Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti del 1978, dai vescovi del Triveneto nel
2002 e dalle tre note pastorali dell’iniziazione cristiana della Cei, in
cui si identificano chiaramente tre elementi: la parrocchia come luogo
originario per realizzare il cammino dell’iniziazione cristiana; la responsabilità della famiglia nella trasmissione della fede; la prospettiva
catecumenale con un cammino scandito in tappe con percorsi differenziati.
Per “introdurre”
Su questa linea si muove la Chiesa di Padova convinta che – ha ribadito mons. Mattiazzo – «occorre mettere in atto una pedagogia di
“introduzione”, di accesso alla comprensione e assimilazione della verità di fede, perché essa non è più un dato scontato nella cultura
don Danilo Marin
direttore Ufficio catechistico regionale Triveneto
Cosa cambia?
Secondo questa prospettiva, cosa cambia concretamente? In primo
luogo, ad essere interessata è «la comunità cristiana che inizia alla
fede e al discepolato di Cristo» e ciò deve spingere tutti le componenti a «crescere in qualità di fede, di testimonianza di vita, di accoglienza», ma deve anche responsabilizzare presbiteri, catechisti, operatori pastorali… ad agire per mandato della comunità.
Un secondo aspetto riguarda il percorso: l’iniziazione cristiana non
si realizza conducendo ai sacramenti, bensì «attraverso i sacramenti
dell’iniziazione cristiana» e recuperandone l’unitarietà di battesimo,
cresima ed eucaristia, ponendo quest’ultima al vertice del percorso.
Due le fasi evidenziate nel progetto: la prima riguarda il periodo da
0 a 6 anni laddove i genitori chiedono il battesimo del proprio figlio.
Su questo fronte la diocesi padovana ha avviato dei corsi per équipes
di pastorale battesimale che porteranno successivamente a un progetto definitivo in tre tappe: la richiesta del battesimo, l’accompagnamento alla celebrazione, il percorso negli anni successivi.
La seconda fase riguarda, invece, il periodo dai 6 anni alla conclusione del cammino di iniziazione cristiana (che apre poi al periodo
della maturazione cristiana, dai 14/15 anni in poi), con un percorso
ispirato al catecumenato che prevede quattro tempi: la prima evangelizzazione, il catecumenato, la quaresima con la celebrazione dei
sacramenti, la mistagogia. Si tratta di un cammino che si configura
diffuso nel tempo e che prevede l’unità dei sacramenti e la loro celebrazione nella veglia pasquale.
La nuova impostazione dell’iniziazione cristiana, che prenderà il
via con il prossimo anno pastorale, riguarda i fanciulli e i ragazzi. Nel
primo anno ci sarà la responsabilizzazione dei consigli pastorali e il
coinvolgimento delle comunità cristiana, mentre con l’anno 20132014 dovrebbe partire il primo gruppo di fanciulli di 6/7 anni, gli altri
completeranno il percorso già avviato.
Quattro i tempi previsti, tutti contraddistinti da un rito: celebrazione di accoglienza, rito di ammissione, rito di elezione nella quaresima che li conduce alla celebrazione dei sacramenti della cresima e
dell’eucaristia nella veglia pasquale. A seguire, il quarto tempo è di accompagnamento, sostegno e testimonianza. Il tutto per un arco temporale di circa 6-7 anni, in cui ci saranno obiettivi e impegni per i
fanciulli e per i genitori in un cammino di interazione continua che
coincide con l’iniziazione dei fanciulli alla fede e la riscoperta della
fede per i genitori che saranno accolti, accompagnati e aiutati; ma
anche esperienze di carità e introduzione progressiva alla liturgia.
Sara Melchiori