I figli dell`immigrazione sui banchi di scuola: una previsione e tre

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I figli dell`immigrazione sui banchi di scuola: una previsione e tre
I figli dell’immigrazione sui banchi di scuola: una previsione e tre congetture
di Stefano Molina (Fondazione Giovanni Agnelli) e Rita Fornari (Sapienza Università di Roma)
Nonostante il perdurare di una crisi che costringe molti immigrati al rientro nel paese di origine (una stima
per il 2010 di 20.000 partenze – peraltro non verificabili – è riportata su Mixa, il nuovo magazine dell’Italia
multietnica, numero 3, 2010), il numero di bambini stranieri nelle scuole italiane è destinato a crescere.
Motore della crescita non saranno tanto i nuovi arrivi quanto piuttosto le nascite in Italia da genitori
stranieri. Due dati interessanti: gli iscritti in anagrafe per nascita dell’anno 2002 con entrambi i genitori
stranieri erano 29.483 (fonte Istat). Sei anni dopo, all’apertura dell’anno scolastico 2008-09, erano 28.748
gli alunni stranieri nati in Italia iscritti alla prima elementare (fonte Miur). La modesta differenza tra i due
numeri potrebbe dipendere da, oltreché dalla - fortunatamente bassa - mortalità nei primi anni di vita, da
rientri in patria delle famiglie immigrate, da naturalizzazioni dei genitori intervenute prima del compimento
dei sei anni dei figli, o semplicemente dalla mancata coincidenza tra anno solare e anno scolastico. In ogni
caso, la loro prossimità legittima l’uso del primo per prevedere il secondo.
Tabella 1 – Nati in Italia e iscritti in anagrafe per nascita con entrambi i genitori stranieri, anni 2002-2009
Anno di nascita
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Nati in Italia
di cui: iscritti in
anagrafe da
genitori entrambi
stranieri
538.198
544.063
562.599
554.022
560.010
563.933
576.659
568.867
29.483
32.372
46.598
50.482
56.166
63.012
72.472
…
Quota di nati con
entrambi i genitori
stranieri sul totale
dei nati
5,5%
6,0%
8,3%
9,1%
10,0%
11,2%
12,6%
…
Fonte: Istat.
Sui banchi di scuola, il sorpasso delle seconde generazioni
Le nascite in Italia da genitori stranieri hanno subito un’accelerazione in seguito alla “grande
regolarizzazione” Bossi-Fini del 2002-03: la simultanea stabilizzazione (legale, lavorativa, previdenziale,
abitativa, ecc) che ha interessato centinaia di migliaia di famiglie immigrate ha infatti provocato
un’impennata di nascite, chiaramente osservabile a partire dal 2004 (si veda la tabella 1). Possiamo così
prevedere che a partire dall’anno scolastico appena inaugurato inizieranno ad affacciarsi sulla soglia della
scuola dell’obbligo i numerosi figli di quel baby boom. Il loro ingresso nell’età scolastica ha due
implicazioni: l’aumento degli studenti stranieri sui banchi della scuola italiana e, all’interno di questa
popolazione, il progressivo sorpasso delle seconde generazioni in senso stretto (G2, per l’appunto i nati in
Italia da genitori stranieri, oggi maggioritarie solo alla scuola dell’infanzia e nel primo biennio delle
primarie) nei confronti delle “generazioni 1,5”, composte da ragazzi nati all’estero e arrivati in Italia dopo
aver iniziato la scuola al paese di origine.
Un cambiamento non solo quantitativo
Quali conseguenze prevedibili per la scuola italiana? Possiamo formulare tre congetture.
La prima è che il ritardo e l’insuccesso scolastico per i ragazzi stranieri saranno sempre meno tollerabili e
tollerati, tanto a livello individuale quanto a livello collettivo. Oggi per un ragazzo straniero accumulare un
certo ritardo nella scuola italiana è, purtroppo, abbastanza normale (si veda il grafico 1): già in seconda
media la maggioranza degli studenti stranieri è in ritardo di almeno un anno, mentre alle superiori la quota
di ritardatari oltrepassa il 70% (per gli studenti italiani le percentuali corrispondenti sono pari al 7% e al
22%). Se ne parla poco, troppo poco, forse perché si ritiene che questo ritardo sia fisiologico: un prezzo da
pagare difficilmente evitabile da parte di chi ha cambiato sistema scolastico, lingua di riferimento, regole di
comportamento, nonché insegnanti e compagni di scuola.
Per le seconde generazioni le cose si presentano in modo diverso. Non immigrate ma nate e
socializzate in Italia, abituate sin da piccole a padroneggiare la lingua italiana, in genere desiderose
di riscatto, non trovano sui loro percorsi scolastici ostacoli diversi da quelli derivanti da eventuali
condizioni di svantaggio socio-economico. Avranno certamente bisogno di buoni insegnamenti di
italiano, matematica, inglese. Non servirà loro una romantica “intercultura del couscous”, pur
animata delle migliori intenzioni.
Grafico 1 – Percentuale di alunni totali e stranieri in corso o in anticipo, per classe frequentata, a.s.
2008-09.
E qui veniamo alla seconda congettura, che riguarda i docenti. Protagonisti positivi dell’emergenza
e della prima accoglienza, gli insegnanti saranno chiamati nei prossimi anni a cambiare registro,
per evitare di proiettare sui giovani di seconda generazione i pregiudizi e gli stereotipi
inevitabilmente consolidatisi alla presenza di tanti giovani immigrati. Si apre una sfida nella sfida:
per molti insegnanti sarà necessario ricalibrare l’elasticità del metro di valutazione, così come
ripensare la funzione di orientamento, oggi volta ad incanalare i giovani stranieri verso gli indirizzi
professionalizzanti (rispetto a uno studente italiano, al termine delle medie uno straniero ha il
doppio di probabilità di finire in un istituto professionale). Si tratterà di avviare un non facile
processo di adattamento alle trasformazioni della popolazione scolastica di origine immigrata. Da
questo punto di vista non conforta il giudizio espresso nel 2009 da circa 15.000 docenti neoassunti
intervistati sull’adeguatezza della propria formazione iniziale rispetto ad alcune competenze della
professione docente (vedi grafico 2): le maggiori carenze di formazione iniziale sono state
denunciate proprio relativamente al “saper insegnare in classi diversificate e pluriculturali”. Quegli
stessi insegnanti hanno invece giudicato del tutto adeguate le proprie competenze disciplinari.
Grafico 2 – Quota di insegnanti neoassunti che risponde “inadeguata” o “poco adeguata” alla domanda
“Come valuta complessivamente la preparazione ricevuta dal suo percorso di studi in riferimento alle
seguenti competenze professionali?”. Campione di 15.071 insegnanti neoassunti del 2009.
0
10
20
30
40
50
60
70
Saper insegnare in classi diversificate e
pluriculturali
Comunicare in maniera efficace con i genitori
Interagire con colleghi e dirigente scolastico
Utilizzo delle Tecnologie dell'Informazione e della
Comunicazione
Differenziare l'insegnamento per rispondere ai
bisogni di ciascun studente
Lavorare e pianificare in équipe
Promuovere negli alunni la motivazione
all'apprendimento e ai risultati
Valutare l'apprendimento degli alunni
Pianificazione e gestione dell'attività didattica
Competenza nella disciplina insegnata
Fonte: Indagine Neoassunti 2009, Fondazione Agnelli.
tutti i gradi
solo sec II grado
La scuola e l'acquisizione della cittadinanza italiana
Terza congettura. Man mano che i giovani di seconda generazione cresceranno, diventeranno
sempre più evidenti e potenzialmente pericolose le frizioni tra l’enfasi sulla cittadinanza (in senso
pedagogico) – sempre più diffusa nelle scuole – e le difficoltà di rispondere alla crescente domanda
di cittadinanza italiana (in senso giuridico).
La legge vigente (91 del 1992) prevede l'acquisizione automatica - dunque non discrezionale - della
cittadinanza italiana per gli stranieri nati in Italia che a 18 anni ne facciano domanda. Il problema è
che la domanda deve essere accompagnata dalla dimostrazione di una residenza legale
ininterrotta sul territorio italiano, cosa che in molti casi risulta difficile, se non impossibile: si tratta
infatti di una probatio diabolica per le centinaia di migliaia di famiglie immigrate che in passato
hanno beneficiato di una delle tante operazioni di regolarizzazione. La conseguenza è che stiamo
lasciando in sospeso numerosissimi adolescenti stranieri nati in Italia, senza offrire loro quella
certezza dell’approdo alla cittadinanza italiana, così importante nell’età in cui si costruiscono le
identità e i sensi di appartenenza.
Una soluzione ragionevole, che forse non richiede nemmeno una radicale modifica legislativa,
consisterebbe nel poter esibire la certificazione scolastica (le pagelle) quale prova sufficiente a
dimostrare quella partecipazione attiva e continuativa alla vita nel nostro paese posta dal
legislatore come condizione necessaria per l’acquisto della cittadinanza. Per inciso, questa
soluzione non comporta nessun costo aggiuntivo per il singolo e per la pubblica amministrazione,
e si presta a facili verifiche presso le istituzioni scolastiche.