Tutorial 5 - Polo Territoriale di Piacenza

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Tutorial 5 - Polo Territoriale di Piacenza
Guya Bertelli
DETERMINAZIONI TIPOLOGICHE 2:
dal tipo-archetipo al tipo -prototipo
Sfondi
La situazione di crisi che connota l’età ‘moderna’ nei diversi campi
della sperimentazione filosofica, letteraria, artistica e architettonica,
può essere intesa non solo come necessità di recidere i legami con una
tradizione culturale e sociale che comincia a mostrare incertezze su
tutti i fronti, ma di fare i conti con una realtà diversa non più adeguata
ai temi aperti dal nuovo progresso scientifico, economico e
produttivo. Tale necessità vede in primo luogo la messa in discussione
di quelle categorie, metodi e strumenti su cui la storia aveva fondato le
proprie certezze e che ora appaiono incoerenti rispetto alle necessità
imposte dai nuovi ‘modelli’ di sviluppo. In questo contesto anche il
concetto di ‘tipo’ viene messo in crisi nelle sue componenti culturali,
simboliche e costruttive, non essendo più in grado di dare una risposta
sicura ad una domanda sociale assai distante da quella tramandata
dalle scuole di pensiero accademico lungo tutto il XIX secolo: “ I
teorici del Moderno rifiutavano il concetto di tipo com’era inteso nel
XIX secolo, perché per loro era sinonimo di immobilismo: vi
vedevano un insieme di restrizioni imposte a chi creava, che doveva
godere di totale libertà……. Il tipo, sia la ‘specie artificiale’ descritta
da Quatremère che la ‘media’ dei modelli descritta dai manuali
ottocenteschi, era da dimenticare. I processi industriali avevano
stabilito un nuovo rapporto tra produzione e oggetto diverso da tutte le
esperienze precedenti”” (R. Moneo, 2001).
All’interno di una nuova ‘corrente’ positiva fondata sui principi della
razionalizzazione industriale e della meccanizzazione dei processi di
produzione, sembra profilarsi dunque una nuova
ideologia
‘macchinista’ che costruisce la categoria tipologica sulla risposta
funzionale alle nuove istanze sociali, sia in termini di consumo che in
termini di produzione. Il nuovo modo di pensare si riflette nei nuovi
paradigmi della ‘circolazione’, della ‘ripetizione’ e del
‘funzionamento’, intorno ai quali graviterà il pensiero dell’età
‘moderna’. Soprattutto il concetto di ripetizione, strettamente
connesso alla produzione in serie, lega la questione del tipo al
concetto di ‘prefabbricazione’ edilizia, secondo i modelli imposti dalle
nuove leggi della lavorazione industriale. Modelli che troveranno
spazio soprattutto in rapporto alla produzione delle ‘case per
abitazione’, in cui la prefabbricazione invita alla ideazione e
produzione di un ‘modello residenziale’ capace di adeguarsi alle
regole ripetitive imposte dal mercato economico. Il ‘tipo’ cede il
posto al ‘prototipo’ e sulla scena irrompe la figura della ‘macchina’,
metafora del nuovo progresso civile ed economico: “Bisogna puntare
alla standardizzazione” afferma Le Corbusier in quegli anni, “per
affrontare il problema della perfezione….L’architettura agisce sugli
standard. Gli standard sono un fatto di logica, di analisi, di studio
scrupoloso;…. La sperimentazione fissa definitivamente lo standard…
Realizzare uno standard significa esprimere tutte le possibilità pratiche
e razionali, dedurre un tipo riconosciuto conforme alle funzioni,
rispettando il principio del massimo rendimento con l’impegno
minimo di mezzi, mano d’opera, materiali, parole, forme, colori,
suoni…..Una grande epoca è cominciata”. Proprio le ricerche che Le
Corbusier effettuerà in quel periodo intorno al campo dell’estetica,
della tecnica e della produzione industriale troveranno massimo
riscontro negli studi per la definizione del sistema Dom-ino (1914-15)
e in seguito nella maison Citrohan (1920-22), risultato emblematico
dello sforzo di stabilire un nuovo ‘ordine’ per mezzo di un ritorno ai
principi-base della costruzione serie. Ma il sinuoso iter della ricerca
lecorbuseriana riscontrerà la massima espressione nel paradigma della
Villa Savoye (1929), che emancipandosi dal suolo attraverso il
dispositivo dei pilotis e restituendo il terreno sottostante come
giardino in copertura, assumerà il valore di testo riassuntivo dei
‘cinque punti dell’architettura moderna’.
L’esperienza dell’abitazione
Kracauer, 1929: “ La razionalizzazione è l’applicazione di tutti i
mezzi offerti dalla tecnica e dalla pianificazione per elevare il livello
dell’attività economica e quindi per incrementare la produzione dei
beni, diminuire il loro prezzo e migliorare anche la loror qualità”
-
Ma il problema dell’abitazione sarà al centro di tutta la
vicenda europea soprattutto negli anni della ricostruzione
post-bellica.
Alle ingenti perdite provocate dal conflitto si devono
aggiungere infatti i ritardi dovuti al rallentamento dell’attività
edilizia, all’aumento dei costi di produzione, alla carenza della
forza-lavoro e infine al rincaro delle materie prime. Rottura
con la tradizione, come è stato detto, e presa di distanza dal
modello pre-bellico di città borghese sorreggono gli ideali dei
maestri moderni, il cui obiettivo è appunto quello di adeguarsi
ai nuovi criteri della produzione industriale: l’attenzione si
estende dall’alloggio all’edificio, dall’edificio al blocco, dal
blocco al quartiere e dal quartiere alla città, secondo un
-
processo in crescita che dalla piccola scala si estende sino alla
dimensione metropolitana.
In questo contesto la Germania socialdemocratica primeggia
sugli altri paesi europei; qui la produzione edilizia è legata
alle decisioni dell’amministrazione pubblica, che delega
alcuni ‘tecnici’ alla scelta dei principali orientamenti in tema
di urbanizzazione; al centro della politica urbana emerge il
ruolo dell’architetto-amministratore (Stadtbauten). In
quest’ottica si possono leggere, seppure con le dovute
differenze, gli interventi di di E. May a Francoforte, di F.
Schumacher ad Amburgo, di O. Haesler a Celle, di M.
Wagner a Berlino, di M. Berg a Breslavia.
- Al centro degli obiettivi si possono riscontrare sia i problemi legati
alla gestione urbana, sia i rapporti con l’organizzazione dell’industria
edilizia, a fronte dell’enorme richiesta di alloggi ( si pensi che la
guerra aveva causato il fabbisogno di più di un milione e mezzo di
nuovi alloggi). Nella Germania di Weimar questi problemi
coincidevano con il distacco dalla tradizione ottocentesca da un lato e
con il capitalismo dall’altro.
L’industrializzazione d’altra parte si era trasformata in un problema
non solo sociale ‘Soziale Wohnungdben’, ma anche un problema
economico, dato che sia l’aumento del costo dei materiali, sia lo stato
ormai inaccettabile delle mietkasernen operaie rendono necessarie
nuovi adeguamenti economici.
In questa prospettiva la politica socialdemocratica abbracciò gli
obiettivi della produzione industriale, fondati sulla serializzazione
non solo degli alloggi, ma dell’intero blocco edilizio. Tuttavia il
desiderio di una normalizzazione dell’edificio rimase spesso sui
tavoli dell’utopia; solo a Francoforte questo tentativo mostrò evidente
nella normalizazione della cucina.
Dal 1930 la nuova crisi politica ed economica dovuta all’avvento del
nazionalsocialismo bloccherà le iniziative aprendo ulteriori e più gravi
problemi.
TRE CASI PARADIGMATICI
- May a Francoforte
Francoforte costituisce un ‘paradigma’ dal punto di vista della
applicazione della politica socialdemocratica allo sviluppo edilizio. La
trasformazione inizia nel 1925, allorché a May viene affidato il ruolo
di ‘tecnico-amministratore’ per la riqualificazione della città.
Superando l’ideologia ‘antiurbana’ che aveva appreso presso la scuola
anglosassone di Unwin, May prevede per Francoforte una espansione
a nuclei residenziali decentrati, secondo un modello insediativo che,
nonostante aderisca a schemi funzionali, già apre a nuove e importanti
riflessioni sulle modalità di sviluppo della città per nuclei acentrati.
Francoforte, come Breslavia, si appresta infatti a divenire una ‘città
nucleare’, dove le siedlungen distribuite nel territorio in prossimità dei
centri produttivi, si ergono a nuovi poli di sviluppo, oltreche a
possibili nodi d’espansione.
Tra i più importanti interventi del periodo si annoverano le
siedlungen Praunheim e Romerstadt, costruite lungo la valle del
Nidda, in un luogo particolarmente favorevole dal punto di vista
ambientale.
Modulazione, prefabbricazione, standardizzazione, saranno i concetti
attorno ai quali si svilupperà la politica edilizia di May; le siedlungen
faranno propri i temi dell'existenzminimum, dell'elementarismo, della
articolazione per componenti separati, secondo le tecniche
razionalizzate della catena di montaggio.
Ma il sogno delle siedlungen esterne come ‘oasi’ di ordine ed
equilibrio si scontrerà ben presto sia con la realtà degli elevati costi di
produzione, sia con le difficoltà indotte dalla imminente crisi
economica e produttiva del paese. Inoltre il sopravvento del
nazionalsocialismo condurrà alla condanna non solo della
socialdemocrazia, ma anche della stessa politica edilizia che in quegli
anni l’aveva sostenuta. E. May, considerato un non-ariano e dunque
un architetto non adeguato al ‘regime’, dovrà esiliare e continuare la
sua attività in Unione Sovietica.
Nota-scheda – Reinterpretazione di: La ‘Fabbrica delle case’ , di
Christian Borngraber
May dirige a Francoforte l’Ufficio Tecnico Comunale per l’edilizia.
Nel 1926 comincia, sotto la sua direzione, il più grande tentativo di
‘industrializzazione dell’edilizia’ abitativa della Repubblica di
Weimar La posizione di architetto-capo permette a May
l’introduzione di materiali e metodi costruttivi innovativi (carriponte e gru divengono il segno distintivo della industrializzazione e
del progresso).
A Francoforte avviene l’applicazione più completa del principio di
normalizzazione esteso a tutti i componenti della produzione
edilizia: finestre, telai, serramenti per porte, cucine tipizzate per
mini-appartamenti. L’inizio avviene con la ‘fabbrica di case ‘ (o di
pannelli), come veniva chiamato, a Francoforte, il ‘capannone’
fieristico utilizzato per la prefabbricazione di elementi edilizi in
serie. Il ‘pannello’ realizzato a Francoforte ha dimensioni costanti:
3m x 1,10 x 20 cm di spessore (per pareti esterne), 12 cm di
spessore (per pareti interne). La fascia delle finestre viene studiata in
rapporto alle misure dei pannelli (solitamente una fascia di finestre
ogni tre fasce di pannelli per parete).
Piano di montaggio: secondo May bisogna “costruire con la tecnica
di un gioco per bambini”; la produzione di un pannello dura circa 25
minuti; il montaggio avviene per opera di operai specializzati.
Tra le riviste specializzate del periodo non si può dimenticare
l’apporto dato da Das neue Frankfurt sul tema della ‘Fabbrica di
Pannelli’. Significative anche le sequenze tratte dal film:’Die
Hanserfabrik der Stadt Frankfurt’ (girato nel 26-27 dall’ufficio
tecnico edile del comune di Francoforte sul Meno direttamente sui
cantieri delle prime siedlungen).
- Wagner e Taut a Berlino
Anche Berlino sarà al centro delle trasformazioni della Repubblica
socialdemocratica tedesca. Contrariamente a Francoforte tuttavia, la
politica adottata da Wagner per la trasformazione della città, fonderà
sulla standardizzazione non tanto dei componenti edilizi, quanto dei
‘modi di produzione’. Seguendo i principi del metodo ‘Taylor’,
Wagner punterà infatti su metodi di lavoro controllati e meccanizzati,
al fine di raggiungere elevati livelli di abbassamento sia dei costi di
produzione sia della manodopera. In quanto Stadtbaurat della città,
affiderà alla GEHAG e a Taut l’incarico per la realizzazione delle più
importanti siedlungen periferiche, ‘modelli’ indiscussi dei nuovi
modi di abitare secondo i canoni dell’existenz minimum..
Berlin-Britz si può considerare in questo senso uno degli esempi più
‘significativi’ di adesione totale alla poetica della Neue Sachlichkeit ,
soprattutto per la forte tensione culturale e politica che ha sorretto
l’intera operazione.
Nonostante l’utilizzo di un procedimento di lavorazione
standardizzato tuttavia (applicato ad un n° limitato di appartamenti),
l’uso di materiali tradizionali (mattone a vista) non consente di parlare
né di standardizzazione completa dei componenti, come a Francoforte,
né di meccanizzazione assoluta del lavoro. Berlin-Britz infatti verrà
considerata un ‘exemplum’ di razionalizzazione per l’urbanistica
tedesca più per i principi ideologici che l’hanno supportata che per le
modalità realizzative adottate, in gran parte ancora legate a metodi di
lavorazione tradizionali.
Gropius a Dessau
-Siedlung Torten, 1926-28
Dessau diviene un campo di sperimentazione significativo per la
scuola del Bauhaus. Nonostante i problemi di ordine politico e
amministrativo, a Gropius vengono affidati gli incarichi per la
costruzione della siedlung Torten e per le case dei ‘maestri’ della
scuola, in un’area ai margini della città.
La soluzione urbanistica adottata nel disegno della siedlung prevede
una disposizione degli edifici a ‘raggera’ intorno ad un centro virtuale
da cui diramano potenziali ‘raggi’ di costruzione. Ne deriva una
tipologia innovativa che reinterpreta in modo aggiornato la
distribuzione tradizionale su ‘lotto allungato’, secondo uno schema
che associa a ciascun alloggio un appezzamento di terreno agricolo
per la lavorazione all’aperto. In questo modo rispondendo alla
necessità del cittadino di integrare abitazione privata e lavoro, secondo
gli ideali dell’epoca.
Da un punto di vista tecnico-costruttivo gli alloggi a schiera disposti
su due piani, vengono realizzati con un metodo di prefabbricazione
leggera, che prevede l’adozione di pannelli standardizzati costruiti
direttamente in cantiere.
- Case per i maestri della Bauhaus
Le ‘case per i maestri’ della scuola vengono progettate da Gropius
secondo uno schema che privilegia il punto di vista tipologico e
distributivo. In questo senso gli alloggi (otto per gli insegnanti e uno
per il direttore) vengono pensati secondo un ‘modello’ combinatorio
fondato su un modulo abitativo ad L, che prevede sia la possibilità di
adottare alloggi singoli, sia quella di abbinarli a ‘coppie’, secondo un
sistema a ‘domino’ che fonda sulla addizione di cellule abitative
autonome. In questo modo le singole tipologie assumono valore sia in
quanto edifici autonomi rispondenti a prototipi tipologici ottimali, sia
in quanto ‘principi’ formali per la costruzione di nuovi insediamenti
estesi. In questo doppio significato risiede la specificità e la
innovazione del sistema adottato, capace di rispondere e adattarsi a
molteplici situazioni ambientali e necessità abitative.
-Siedlung Siemenstadt, Berlino 1929-30
Il piano per la costruzione delle siedlungen Siemenstadt viene redatto
da Schauroun per la Cooperativa edilizia omonima. La progettazione
dei milleottocento alloggi viene tuttavia affidata a numerosi architetti
(tra i quali W. Gropis, U. Haring, Schauroun etc) che, sotto la guida
dello stesso Schauroun, realizzano per blocchi isolati l’intero sistema
insediativo, secondo una logica che rispecchia la formula della
addizione per elementi in serie meccanicamente ripetuti secondo la
migliore disposizione eliotermica.
Gropius realizza due blocchi di edifici ad L, disposti su quattro piani
(case medie), con distribuzione interna differenziata, secondo i
principi fondamentali dell’urbanistica razionalista.
Nonostante l’adozione di una tecnologia costruttiva tradizionale
fondata sulla parete in muratura, i blocchi di Gropius possono essere
riletti come esempi significativi di un pensiero ‘moderno’
profondamente aderente al linguaggio scarno ed essenziale della
‘Nuova Oggettività’. Sullo sfondo di questa interpretazione, le
costruzioni sinuose di Haring o di Schauroun possono essere rilette
oggi come rielaborazioni lessicali del tema dell’abitazione in chiave
organica.
Secondo una nota interpretazione di Tafuri, la Siedlungen Siemenstadt
può essere guardata infatti “una sorta di 'Company town' per gli operai
della Siemens” in cui appare evidente la “contrapposizione tra sinuosa
planimetria e variazioni di linguaggio di Schauroun e purismo
programmatico di Gropius”.
Siedlung Damnerstock, Karlsruhe, 1927-28
Presentato al CIAM di Bruxelles del 1930, il progetto di Gropius per
la siedlung Damnerstock a Karlsruhe è il risultato di un concorso
internazionale per una “Sieclung a dimensione estendibile”. La sua
realizzazione comprende blocchi lamellari a 4 e 5 piani e case
monofamiliari a schiera.
Coordinatore del piano urbanistico, Gropius adotta un impianto di
chiara matrice razionalista, disposto secondo le migliori condizioni
eliotermiche ai margini del paesaggio della Selva Nera.
Gli edifici in linea vengono pensati con alloggi a doppio affaccio
costruiti seguendo una tipologia strettamente funzionale ai canoni
abitativi dell’existenz minimum. Circolazione,
ripetizione e
funzionamento diventano i paradigmi fondamentali su cui si fonda
l’intero sistema, secondo un piano complessivo che prevede una
rinaturalizzazione del suolo secondo intervalli regolari capaci di
scandire i ritmi dei nuovi corpi edificati.