Tunnel Carpale GIOENIA
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Tunnel Carpale GIOENIA
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE E’una sindrome canalicolare che si determina in caso di conflitto tra contenuto e contenente in determinate situazioni anatomiche. Comunemente detta” mano morta", interessa il 4 % della popolazione e in 9 casi su 10 si tratta di donne. I pazienti con diabete sono particolarmente predisposti. Eziopatogenesi La compressione diretta del nervo mediano al polso rappresenta il fattore principale ma la trazione e la pressione possono compromettere l'apporto ematico. Le principali cause di tale compressione, sono di tipo: 1. locale, come tenovaginiti di tipo aspecifico, posizione viziata del polso in traumi o fratture o nell'uso inadeguato delle stampelle, con edema delle strutture connettivali quali le guaine sinoviali peri-nervose e fasce muscolo-tendinee; 2. sistemico, quale artrite reumatoide, amiloidosi primitiva e secondaria, mixedema, acromegalia, disfunzioni ormonali (gravidanza, menopausa, uso di contraccettivi); 3. idiopatico (fattori di probabile origine immunitaria). Una pressione transitoria può produrre una disfunzione temporanea che recede se la compressione viene rimossa. Una compressione prolungata determina invece una degenerazione walleriana fino alla fibrosi intraneurale che determina una perdita permanente della funzione. Determinante un corteo di sintomi quali acroparestesia del pollice, indice e medio, a riacerbazione notturna (che migliorano con il movimento del polso e delle dita stesse), deficit alla prensione ed atrofia dell'eminenza thenar nelle fasi avanzate. Valutazione clinica Il tunnel può essere ridotto nelle dimensioni per effetto di una frattura dell'epifisi distale del radio, ma più spesso è il risultato di patologie connesse al contenuto che può incrementare il proprio volume in caso di sinovite reumatoide (per es.) e patologie correlate: edema, gangli, lipomi, e neuromi o altri tumori, diabete (che aumenta la vulnerabilità del nervo alla compressione) e gravidanza (secondaria a ritenzione idrica). Più raramente può verificarsi nell'ipotiroidismo, nell'amiloidosi, nell'acromegalia, nella gotta (con deposito di acido urico nel canale). I pazienti affetti da insufficienza renale, con fistole arterovenose all'avambraccio, sono esposti a questa patologia, anche se il meccanismo non è ancora chiaro. Il tunnel carpale (C), formato dallo scafoide (8), dal semilunare (L) e dal piramidale (T), sormontato dal retinacolo dei flessori (FR). Contiene i tendini flessori ed il nervo mediano (M). U = nervo ed arteria ulnare; PL = palmare lungo; P = pisiforme. Distribuzione sensoriale nell'arto superiore. M = mediano; SR = radiale superficiale (distale); DU = ulnare distale; PU = ulnare prossimale; A = ascellare; PR = radiale prossimale. Caratteristiche cliniche: la sintomatologia è caratterizzata da parestesie, dolore e compromissione della qualità della vita. La STC è spesso accompagnata dalla formazione di edema, da sclerosi vascolare, da processi fibrotici e demielinizzanti. Nelle forme più gravi, come conseguenza dell’instaurarsi di uno stato di ischemia del nervo si può associare un processo di degenerazione walleriana con perdita di fibre assonali. La sintomatologia è caratterizzata essenzialmente da tre tipi di turbe: • sensitive; • motorie; • trofiche. All'inizio, in una prima fase, si hanno solo dei disturbi irritativi; in una seconda fase esiste la compressione con deficit nervoso. Nello stadio terminale, esiste una vera e propria paresi o paralisi del nervo. Appare importante determinare correttamente la fase clinica di questa sindrome, in quanto tale determinazione consente di stabilire il tipo di trattamento, curativo o chirurgico. Si hanno tre fasi cliniche: • irritativa; • sensitiva; • paralitica. Fase irritativa. E’ dominata dalla sintomatologia dolorosa, prevalentemente notturna. Sono riferite anche disestesie che spesso si accompagnano al dolore, distribuite solo in parte nel territorio d'innervazione del nervo mediano. la sintomatologia, prevalentemente notturna, è d'intensità tale da impedire il sonno. Fase sensitiva. In questa fase il quadro clinico è sovrapponibile a quello della fase irritativa. L'unica differenza soggettiva è che i disturbi sono presenti anche durante il giorno e, quindi, continui. Fase paralitica. Nella fase tardiva o paralitica il quadro è caratterizzato da riduzione o scomparsa del dolore, con persistenza delle parestesie o segni di paralisi motoria. Obiettivamente, all’ispezione, si rileva pressochè costantemente la scomparsa della muscolatura dell'eminenza thenar, dovuta all'ipotrofia muscolare più o meno marcata. Predilige molto più frequentemente (quattro volte) il sesso femminile, con una maggiore incidenza tra la quarta e la quinta decade. Tipica la parestesia nel territorio del mediano. Il paziente spesso si sveglia dopo 3-4 ore di sonno e riferisce un miglioramento dopo aver scosso ripetutamente il braccio. Il quadro sintomatologico può essere scatenato da una compressione della regione volare del polso, anche se di solito si evidenzia spontaneamente. Il deficit motorio riguarda in prevalenza i muscoli dell'eminenza tenar e i due lombricali laterali. Molti pazienti, per lo più, presentano sintomi atipici, spesso con alterazioni sensoriali che riguardano l'intera mano o l'avambraccio. A sintomatologia conclamata si deve ricorrere ad un trattamento urgente. Diagnosi La prova dello sfigmomanometro va interpretata con particolare attenzione e cautela, il bracciale viene mantenuto per 1-2 minuti al di sopra della pressione sistolica. Comunque, la diagnosi va confermata dai test di conduzione nervosa (esame elettromiografico del nervo), e la classificazione della sindrome si può ottenere solo mediante una attenta valutazione. Si tratta di un accertamento che valuta la capacità del nervo di trasmettere deboli impulsi elettrici. Se la velocità di conduzione di uno stimolo elettrico risulta rallentato, il nervo è sofferente. Si può in questo modo individuare il tratto del nervo sofferente e dare la corretta indicazione al trattamento clinico. La sindrome neurologica è, quindi caratterizzata dalla perdita progressiva della sensibilità delle dita della mano. Il nervo mediano viene compresso nel tunnel carpale del polso che, nella donna, per fattori ormonali particolari, riduce ulteriormente il suo spazio, intrappolando il nervo. I fastidi, prima lievi, con formicolio alla punta delle dita e solo di notte, diventano gradatamente più importanti, con dolori che provocano frequenti risvegli. Nel tempo i disturbi si aggravano, finchè le parestesie alla mano persistono anche di giorno, gli oggetti scivolano dalla mano e la presa fine diventa impossibile. Nei casi più gravi e nelle forme croniche, si presenta anche un deficit muscolare e l'opposizione del pollice risulta debole per la presa. Di solito, nei casi gravi, viene ritenuto come inevitabile l'intervento chirurgico per liberare il nervo mediano compresso e restituire alla mano la sua funzione. E’preminente, difatti, giungere in tempi rapidi alla riduzione del quadro sintomatologico doloroso, alla detensione del muscolo, alla risoluzione della limitazione dei movimenti articolari. Nuova metodica terapeutica distrettuale o loco-regionalizzata Oggi esiste una valida alternativa alla chirurgia: il sistema farma t.e.b. (trans epidermal barrier) per “bio-electrodic reptation”, che fa uso di un dispositivo medico di nuova generazione. Naturale evoluzione dell’hydroelettroforesi (1999), sistema ormai obsoleto dello stesso ricercatore, è stato ripetutamente vagliato dalle maggiori organizzazioni scientifiche che ne hanno sancito l’efficacia. Il trattamento loco-regionalizzato, quindi privo di effetti sistemici, prevede la somministrazione di farmaci antiinfiammatori, decontratturanti, antido-lorifici, anestetici, antifibrotici, antinevritici, rivascolarizzanti, antiedemi-geni. Non esistono controindicazioni o effetti collaterali ed è sempre ben tollerato dal paziente. Viene prescritto nelle sindromi del tunnel carpale di grado lieve o moderato, ma soprattutto in quelli di grado medio e nei casi di maggior severità. La metodica può essere considerata come intervento di completamento e di supporto rispetto alle forme della terapia tradizionale (chirurgica). Trattamento. Se dunque, il quadro sintomatologico della sindrome è talmente grave da richiedere l'intervento operatorio, ma si preferisce optare per questa opportunità terapeutica dolce, si procede ad un trattamento terapeutico medicamentoso localizzato alla piega del polso. Si veicolano pertanto, in rapida successione, senza lesione di cute, fino al canale del carpo, i farmaci della F.U. ritenuti più idonei, secondo un protocollo descritto di seguito dettagliatamente. Questi farmaci, somministrati per questa via breve , riescono a raggiungere il tessuto muscolare sottostante grazie all'azione degli elettroni che “avvolgono”, in modo virtuale, “agganciando”le molecole farmacologiche: ciò è ampiamente convalidato da numerosissime ricerche, nel corso di un decennio, sulla veicolazione dei farmaci somministrati per via transdermica. CASISTICA. Il trattamento è stato riservato a tutte e tre le fasi: la irritativa, la sensitiva e la paralitica. Sono stati inseriti nello studio 32 pazienti di età compresa tra i 28 e i 55 anni, di sesso femminile, con diagnosi neuro-fisiologica di tunnel carpale, compresi i casi in cui era già presente atrofia dell'eminenza thenar, già sottoposti a terapia fisica e farmacologica senza alcun beneficio, positivi ai test di Tinel e di Phalen. Sono stati esclusi soggetti affetti dalle patologie sistemiche importanti. Prima del trattamento è stato chiesto consenso informato al paziente. Le applicazioni terapeutiche si sono svolte a cadenza trisettimanale, per un totale di sei applicazioni, utilizzando in modo differenziale i punti scelti, a seconda della sintomatologia iniziale del dolore e della sua evoluzione o modificazione durante il trattamento. La tecnica terapeutica è stata eseguita in conformità alle modalità d’uso del sistema con profondità in range variabile tra 0,3 e 27 mm. La valutazione della forza di presa è stata eseguita con il bracciale dello sfigmomanometro a pressione di 40 mmHg a riposo. RISULTATI E DISCUSSIONE. Nei 32 casi trattati non sono emerse complicanze nè intolleranze ai farmaci utilizzati. I parametri considerati sono stati: dolore con scala analogica visiva SAD; parestesie notturne / diurne; risvegli notturni; valutazione della forza di presa. Il confronto è stato effettuato tra la valutazione iniziale (T°) ed il controllo eseguito a distanza di un mese dalla conclusione del trattamento (T'). La SAD ha evidenziato una remissione completa del dolore in n°28 pazienti; in n°4 pazienti il dolore si è ridotto di due unità. Le parestesie diurne si sono modificate in maniera considerevole con scomparsa definitiva nel 87,5% dei casi; mentre in quattro pazienti (12,5%) si sono ridotte in modo significativo. Le parestesie notturne con i risvegli si sono modificate in tutti i pazienti trattati, in modo importante. La valutazione della forza di presa, che a T° nei ventotto pazienti era compresa tra 150 e 100 mmHg, a T' è risalita in 3 pazienti mediamente di 50 mmHg, e in 1 caso di 30 mmHg. La terapia conservativa nel trattamento della STC consiste, tradizionalmente, nella infiltrazione di corticosteroide con anestetico locale al di sotto del legamento trasverso del carpo, con una percentuale di successo riferita intorno al 50%. La nostra osservazione, anche se basata su criteri prevalentemente soggettivi, ci fa ritenere che l'efficacia del trattamento non sia, in nessuno dei casi trattati, mai inferiore allo standard della terapia infiltrativa tradizionale, con un vantaggio fondamentale non trascurabile, dal momento che la stragrande maggioranza degli Autori ritiene del tutto negativa la metodica infiltrativa con cortisone, che, se ripetuto più volte è responsabile di aderenze tendinee che si evidenziano costantemente. Bisogna inoltre considerare che, nel caso si dovesse ricorrere all'intervento chirurgico per aggravamento della sindrome, il cortisone rende più difficile la guarigione della ferita operatoria. Con il sistema Farma t.e.b. la risposta è l’allentamento progressivo del ligamento traverso che contiene e comprime il contenuto del tunnel. Richiede, in mani esperte, quindici-venti minuti senza anestesia locale e va ripetuto ogni due giorni per un ciclo medio di 5-6 trattamenti terapeutici. Dopo un breve ciclo di terapia farmacologica, assolutamente indolore, lascia gradatamente liberi i movimenti del polso e della mano. L’effetto antalgico può essere rafforzato, eventualmente, mediante la somministrazione locale di un anestetico (carbocaina, xylocaina, naropina, rupivacaina, chirocaina, in grado di bloccare le afferenze dolorifiche direttamente a livello periferico. Il protocollo dovrà prevedere farmaci quali il ketoprofene o l’indometacina che realizzano un effetto antiinfiammatorio ed eparina, arnica, escina, clorproetazina, che hanno un'azione antiessudativa mediata da due meccanismi, cioè fibrinolitico, e di “ripulitura” locale. Infine, vengono impiegati il xantinolo-nicotinato e il dantrolene: il primo esercitando una positiva azione emocinetica, aumenta l'afflusso ematico alla regione muscolare interessata e quindi migliora l'apporto d'ossigeno e consente la rimozione di scorie metaboliche. Vengono così favoriti il riassorbimento dell’edema, la «disinfiltrazione e la ripulitura» tissutale, ed infine, per l'azione proteico-metabolica, vengono accelerati i processi riparativi. L'emocinetico ha un suo ruolo, anche, in quanto adegua il microcircolo alle aumentate richieste dei tessuti, pertanto in questa fase, tutti i farmaci ad azione flebotonica, sono complementari e importanti. Il dantrolene o la clorproetazina, decontratturanti periferici, hanno un'azione antalgica giacché rimuovono lo spasmo muscolare, di per se stesso fonte di dolore, ma nel contempo, risolvendo tale spasmo. esercitano un’azione emocinetica indiretta nel senso che consentono ai vasi, posti nel contesto del muscolo non più contratturato. di dispiegarsi, consentendo e accentuando l'azione del farmaco emocinetico. L’azione decontratturante determina la decontrazione dei muscoli lombricali che vengono richiamati fuori dal tunnel carpale, mentre i legamenti del tunnel si aprono gradatamente per effetto degli antifibrotici e degli antiedemigeni. L’azione antiedemigena riduce difatti l’imbibizione del connettivo mediante depolimerizzazione dei proteoglicani, responsabili dell’idrofilia tessutale. I proteoglicani causano una viscosità della sostanza fondamentale e la loro depolimerizzazione determina una maggiore fluidità di essa e di conseguenza una facilitazione alla circolazione sanguigna, nell'interstizio, nonché del riassorbimento dell'edema. Le vitamine B1 e B6 (sostanze attive subito, non dopo trasformazione metabolica-vedi vit.B12), il Pregabalin (Lyrica) e la palmitoiletanolamide (Normast), sono da aggiungersi al protocollo terapeutico, qualora si rilevi, dalla sintomatologia e dall'obiettività, la presenza di compromissioni nevritiche, o radicolo-nevritiche. In particolare la Palmitoiletanolamide (PEA) è un lipide endogeno capace di modulare la reattività delle cellule infiammatorie e il dolore. La PEA, come gli endocannabinoidi, è prodotta on-demand all’interno del doppio strato lipidico delle membrane cellulari in seguito a danno cellulare. La somministrazione esogena della PEA è in grado di esplicare attività anti-infiammatorie in differenti modelli sperimentali di infiammazione acuta e cronica. A livello clinico la PEA riduce l’intensità del dolore e la disabilità funzionale in pazienti affetti da lombosciatalgia dolorosa e favorisce la riduzione dell’uso di farmaci antiinfiammatori e analgesici in caso di dolore neuropatico. I trattamenti terapeutici farma t.e.b. con l’uso di medicamenti (eparinoidi, flebotonici) consentono la ripresa dell’attività fisica che fa aumentare la velocità del sangue, la portata circolatoria distrettuale e, a livello degli arti superiori, il drenaggio veno-linfatico: per azione della pompa muscolare e del movimento articolare. Ciò contribuisce ad incrementare l’attività fibrinolitica, il riassorbimento più rapido dell’edema, la disinfiltrazione più rapida di eventuali residui necrotici e un incremento dell'apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie in generale. La migliore ossigenazione, il ripristino dei meccanismi di produzione energetica in aereobiosi e l'allontanamento delle scorie, restituiscono un pH fisiologico, e quindi la riacquisizione della normale contrattilità della fibra muscolare. Si restituisce in questo modo lo spazio al nervo mediano nel suo passaggio nel polso che può pertanto riprendere a funzionare. Tanto basta per recuperare in breve tempo (max 10-12 gg.), nei casi medio-gravi, la sensibilità alle dita e far regredire i disturbi dolorosi e invalidanti. I tempi di guarigione sono direttamente proporzionali ai danni causati dalla compressione, alla tempestività d’intervento, all’entità dell’edema, alla quantità di fibre muscolari e nervose interessate dall’evento lesivo. dott. Antonino d’Africa Responsabile R&S Ad Biomedical Innotech srl REFERENCES 1Manuale di mesoterapia Jean Pierre Multedo – Stefano Marcelli Edizioni Minerva Medica 2Riabilitazione e ricerca 1997-1998 Edizioni Tosinvest sanità 3Terapia reumatologia Aggiornamenti in medicina C.Cervini – W.Grassi – E. Paolinelli – A.Pauri – G.Piergiacomi Società Editrice Universo – Roma 4Manuel de Pharmacotherapie I e II Vol. Kamel Bouraoui Editore AKB Tunis 5Atlante di anestesia Ronald D. Miller Edizione Italiana a cura di Gianpiero Giron Editore Piccin 6La malattia articolare infiammatoria R.N. Maini G. Weissmann Conti tipo color S.p.A. - Firenze 7Endocrinologia dell’esercizio fisico M.Cappa Editore Utet 8Traumatologia sportiva Editore Guna 9Manuale terapia fisica C .Menarini, M. Menarini Editore Aulo Gaggi Bologna 10Trattato di fisiologia medica Guyton Editore Piccin 11*Manuale di neurologia clinico-pratica E.R. 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