"Diario" di Lorenzo - CISADU

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"Diario" di Lorenzo - CISADU
Scuola e culture. Materiali di antropologia della mediazione scolastica
Valentina Aufieri, I figli dell’ altrove. Primi contributi per un archivio scolastico interculturale
Tesi di laurea
Università degli Studi di Roma 'La Sapienza' - Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di laurea in Lettere
a.a. 2000/2001
Relatore: prof. Laura Faranda - Correlatore: dott. Mauro Geraci
Documento pubblicato sul sito del Dipartimento di Studi glottoantropologici e Discipline musicali il 14 luglio
2004 - http://rmcisadu.let.uniroma1.it/glotto/index.html
I APPENDICE
IL “DIARIO” DELL’OSSERVAZIONE IN CLASSE
L’osservazione, dopo un periodo di ambientazione, è redatta da martedì
17 ottobre 2000. L’alternanza mattina/pomeriggio è dovuta alla disponibilità
delle maestre e alla loro alternanza di turno, dato che l’osservazione viene
effettuata prevalentemente durante le ore svolte dall’insegnante dell’area
umanistica.
Il resoconto dell’osservazione verterà sia sullo stato d’animo del bambino
e sul suo comportamento nella relazione con i compagni, sia sull’apprendimento
degli
insegnamenti
curriculari
impartiti,
sia
comportamento in attività non curriculari.
Di ogni bambino si terrà un “diario” distinto.
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sull’apprendimento
e
DIARIO di LORENZO
Mercoledì 4 Ottobre 2000 (mattina)
Entro in classe durante la ricreazione e la maestra mi indica Lorenzo: è
seduto al suo banco e gioca da solo con dei temperini. La maestra mi spiega che,
essendo ancora i primi giorni di scuola, il bambino deve ancora abituarsi a
socializzare con i compagni.
L’anno precedente la socializzazione era avvenuta solo ad anno inoltrato
ed ora, dopo l’estate Lorenzo deve piano piano recuperare il rapporto con i
compagni. Qualcuno gli si avvicina gli lascia un suo gioco in prestito; egli lo
prende senza ringraziare. Si percepisce l’affetto dei compagni nei suoi confronti
ma quando qualcuno si avvicina egli si scosta un po’ quasi ad evitare ogni
contatto fisico.
Io mi avvicino ed egli mi riconosce: mi ha già visto in altre occasioni. Mi
sorride e mi mostra il suo astuccio nuovo. Gli chiedo come ha passato le
vacanze estive e dove è andato: a questa domanda gli occhi si spalancano e tutta
la sua timidezza iniziale sembra sparire. Mi comincia a raccontare dell’Albania,
dei suoi cugini con i quali ha giocato tutta l’estate ma che poi ha dovuto lasciare
di nuovo, di come si divertiva con loro e di quanto ora gli mancano: con quelli
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che sono qui non ha un buon rapporto, sono più grandi di lui. Nel raccontarmi
ciò è contento perché può parlarmi della sua Terra ma allo stesso tempo triste
nel ricordare un periodo felice della sua vita che ora è passato e non sa se e
quando potrà ritornare in Albania.
Dopo la ricreazione, al momento di comporre un testo “Racconta qualche
momento bello delle tue vacanze”, appare distratto ma appena mi avvicino per
invitarmi a dire che cosa vuole scrivere mostra interesse e desiderio di
cominciare il lavoro. Io lo invito a scrivere ciò che mi ha appena raccontato, lo
aiuto a formulare il pensiero e vedo che è abbastanza autonomo nella scrittura:
devo aiutarlo solo in alcune difficoltà ortografiche e “fargli sentire” le doppie.
La maestra mi dice che ha fatto molti progressi rispetto a l’anno scorso poiché
alla fine dell’anno tendeva ancora a scrivere la parole di un pensiero tutte
attaccate. Alla fine del lavoro gli faccio rileggere ciò che ha scritto e vedo che è
padrone della tecnica della lettura anche se ha difficoltà a riconoscere le pause
della punteggiatura.
Giovedì 5 Ottobre 2000 (mattina)
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Mentre tutti stanno colorando il disegno di una loro esperienza, una
bambina si avvicina alla maestra mostrando una scatoletta vuota:
“Non ci sono più i miei pastelli, dove saranno andati?”
La maestra coglie l’occasione e sta al gioco:
“Forse sono scappati! Ma perché ?”
“Perché stavano stretti lì dentro!” grida uno.
“E cosa avranno visto uscendo?” suggerisce la maestra.
“Un mondo senza colori ! E loro lo pitturano!”
“Finisce così la storia?” chiede la maestra.
Tante sono le soluzioni proposte. I pastelli, tristi nel vedere un mondo così
grigio, ritornano nella scatola…I pastelli si mettono a dipingere tutti quello che
li circonda.
“Ma a furia di colorare i pastelli diventano corti!” interviene Lorenzo.
“Si consumano e muoiono!” interviene un altro.
“L’idea è bella” osserva la maestra “potremmo scrivere una storia illustrandola
con i disegni“.
Venerdì 6 Ottobre 2000 (pomeriggio)
Nel Laboratorio di Biblioteca l’insegnante decide con gli alunni quali
sono le sequenze della storia che vengono scritte alla lavagna: i colori scappano,
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vedono la città grigia, le strade grigie, i giardini grigi, la gente grigia, le facce
della gente tristi. I colori cominciano a colorare la città, le strade, i giardini, la
gente, le facce: alla fine il mondo è tutto colorato. Dodici sono quindi le
sequenze da disegnare. Qualcuno nota che basta disegnare una volta sola la città,
le strade, i giardini, la gente, le facce: basterà colorarli prima grigi e poi con tutti
i colori. La proposta è accolta da tutti. Ognuno disegna la sequenza che vuole
cercando di fare un disegno molto semplice perché esso andrà colorato con la
tecnica del collage.
Lorenzo sceglie di fare il giardino e vi disegna una fontana, uno scivolo,
una altalena in mezzo ad alberi e fiori. Su di essi brilla uno spicchio di sole. Il
suo disegno è molto completo e, considerando il fatto che è solo da quest’anno
che Lorenzo disegna, la maestra è molto contenta. Lo elogia e gli dice che il suo
bozzetto sarà utilizzato nella stesura finale dei disegni.
Si scelgono tutti i bozzetti cercando di utilizzare parti di disegno di ogni
bambino. Qualcuno propone di colorare la prima parte del libro, quella con le
varie sequenze tutte grigie, utilizzando carta di quotidiano, la seconda parte con
carta di riviste. La proposta piace a tutti e l’insegnante suggerisce di portare a
scuola il materiale necessario.
Martedì 10 Ottobre 2000 (mattina)
La classe viene divisa in sette gruppi composti ciascuno da tre bambini:
ognuno dovrà disegnare una sequenza cercando di utilizzare gli elementi più
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significativi dei vari bozzetti. Lorenzo lavora con Sara, una bambina molto
paziente, e con Daniel, il suo migliore amico. Riprende fra le mani il suo
bozzetto e propone agli altri di mettere, nel disegno, i suoi alberi, i suoi fiori e la
sua fontana. Per gli altri due va bene ma Sara vuole aggiungere la sua panchina e
le sue rondini, Daniel la sua fontanella di ghisa. E’ Sara che disegna la scena,
mentre gli altri due le suggeriscono dove piazzare i vari elementi del disegno.
Quando il lavoro è finito corrono tutti e tre dalla maestra che suggerisce loro di
aggiungere qualche fiore e li loda perché sono stati bravi e soprattutto hanno
cercato di lavorare d’accordo. Lorenzo nota che bisogna fare un altro disegno
simile a quello fatto: uno sarà colorato di grigio, l’altro multicolore.
“So io come fare!” esclama Sara prendendo il foglio dalle mani della
maestra e aggiungendo: “Venite” . Prende dal banco un foglio pulito, lo poggia
sul primo, si avvicina al vetro della finestra e, con aria di comando, dice:
“Reggete”.
Lorenzo e Daniel osservano incuriositi. Non appena “l’operazione” è
terminata Lorenzo strappa il foglio ricalcato dalle mani di Sara e corre dalla
maestra dicendo “Abbiamo già fatto. Possiamo ora cercare la carta che ci serve
per il collage ?” La maestra raccomanda allora di prendere, di ogni colore, varie
tonalità in modo che nel disegno ci siano varie sfumature.
Giovedì 12 Ottobre 2000 (mattina)
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Lorenzo, Sara e Daniel hanno a loro disposizione alcune buste
portadocumenti di plastica trasparente in cui inserire i ritagli di carta.
Cominciano dal quotidiano. “Non prendiamo i pezzi con i titoli” suggerisce
Lorenzo “Sono brutti, sono troppo neri”. La proposta è accolta dagli altri due.
Mentre sfogliano il giornale e trovano una superficie sufficientemente ampia si
chiamano l’un l’altro e tagliano velocissimi il pezzo di giornale occorrente.
Passano poi alle riviste. “Ci serviranno tanti tipi di verde” osserva Sara. “E’
vero” ribatte Lorenzo con entusiasmo “Dobbiamo colorare un giardino!
Mettiamo ogni tipo di verde in una busta diversa”. Lorenzo e Daniel afferrano
contemporaneamente la stessa rivista: ognuno dei due afferma che lui l’ha vista
per primo e cercano di strapparsela l’un l’altro per essere il primo a sfogliarla.
Sara interviene suggerendo di prendere una rivista ciascuno: cosi avranno anche
più materiale a disposizione.
Il lavoro è molto lungo e impegna parecchio i bambini: ogni tanto Daniel
e Lorenzo infilano pezzi di carta colorata nella busta sbagliata ma è Sara a
riportarli all’ordine: i due sbuffano ma seguono le sue direttive. Dopo due ore di
lavoro sui banchi di ogni gruppo sono sparse molte cartelline piene di carta
colorata. Daniel, Lorenzo ed Sara mostrano trionfanti cinque cartelline. ”Guarda
maestra: siamo riusciti a trovare cinque tipi di verde”.
Venerdì 13 Ottobre 2000 (pomeriggio)
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La maestra suggerisce di illustrare le vignette colorate con pezzetti di
carta di riviste di varia tonalità coprendo così pian piano ogni elemento del
disegno. Ogni elemento delle vignette grigie sarà invece colorato con un
“pezzo” intero di carta di quotidiano. “E’ difficile ritagliare ogni elemento del
disegno dal giornale” osserva qualcuno.
“Mettiamo il foglio con il disegno sopra la carta di giornale e ripassiamo
tante volte con la penna per esempio la fontana così si buca il foglio e poi anche
il giornale e avremo la sagoma della fontana: mettiamo su un foglio bianco le
sagome così ottenute e avremo tutta la scena colorata di grigio” propone un
altro. Si riformano i gruppi. Lorenzo mette il disegno sulla carta da giornale e
dice che vuole essere lui ad incidere l’albero ma pigia con poca forza e non tiene
fermi i due fogli. “Noi dobbiamo reggere e tu devi spingere di più la penna, fino
a bucare anche il pezzo di giornale che sta sotto!” osserva Sara.
“Si ma facciamo un po’ per uno” ribatte Daniel.
“Certo, dopo di me tocca a te” accondiscende Lorenzo.
Ogni sagoma che si stacca dal giornale viene accolta con grida di
entusiasmo e alla fine basta poggiare le sagome su un foglio bianco, nella
posizione originaria, per avere la scena di un giardino colorato di grigio. Fare il
giardino colorato richiede ancora più ordine e precisione ma c’è Sara che ricorda
continuamente agli altri due di fare i “pezzi piccoli”, di mettere poca colla, di
non sovrapporli l’uno a l’altro. Lorenzo è silenzioso, è tutto concentrato nel
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lavoro, alza gli occhi di tanto in tanto verso Sara e, mostrando sull’indice il
pezzetto di carta colorata, chiede: “Va bene così ?”
Giovedì 19 Ottobre 2000 (mattina)
Osservo Lorenzo durante la ricreazione: è allegro e sorridente, sembra un
bambino più sereno rispetto ai primi giorni di scuola. Gioca a “macchinine” con
i compagni ma quando mi vede mi corre in contro e mi saluta. Corre poi a
prendere, sul davanzale della finestra, il collage di gruppo, me lo mostra
orgoglioso. “Guarda io ho fatto questo, questo e questo” indicando due alberelli
e un fiorellino. Gli dico che è stato bravissimo e molto preciso, chiamo gli altri
due bambini che hanno lavorato con lui e mi complimento anche con loro.
Giovedì 19 Ottobre 2000 (mattina)
Nel pomeriggio, all’uscita da scuola, la maestra mi presenta la madre di
Lorenzo. Le spiego in che cosa consisterà il mio lavoro e lei mi dichiara subito
la sua disponibilità: in settimana mi farà sapere quando potrò andare da loro.
Lunedì 6 Novembre 2000 (pomeriggio)
Mi incontro con la mamma di Lorenzo a casa sua. Mi ha raccontato di
quando lei e il marito sono venuti in Italia e Lorenzo è rimasto con i nonni in
Albania per un anno e mezzo. (cfr.: Cap. IV).
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Mercoledì 15 Novembre 2000 (mattina)
Nell’ambito del progetto “Laboratorio di Biblioteca” gli insegnanti
aderenti hanno deciso di fare una mostra natalizia dei lavori prodotti dai
bambini, libri e tutto quanto concerne il mondo della scrittura: segnalibri,
biglietti augurali, agende…
La maestra di Lorenzo, visto che nella sua classe sono presente sette
bambini che non aderiscono all’insegnamento della Religione Cattolica, evita di
considerare l’aspetto religioso della festa e propone ai bambini di scrivere ed
illustrare due libretti: uno su Babbo Natale e l’altro sull’albero di Natale. Invita
poi a portare a scuola libri dove ci siano immagini che possano servire da
stimolo per l’illustrazione dei due libri. Aggiunge poi che la classe lavorerà con
quella parallela, con gruppi misti di alunni alla produzione di alcune agende che
poi, insieme ai libri, potranno essere visionati nella mostra e comprati dai
visitatori. Lorenzo è ben felice e dice che non vede l’ora di lavorare con alcuni
bambini dell’altra classe che ha conosciuto all’asilo. Le classi si riuniscono, le
insegnanti spiegano il lavoro e invitano i bambini a formare gruppi da due. Ogni
coppia, composta dai bambini delle due classi dovrà comporre una agenda.
Lorenzo si precipita subito verso un suo “vecchio” amichetto, si abbracciano e
corrono poi dalla maestra per farsi dare il materiale. C’è molta confusione nel
laboratorio ma Lorenzo è tutto intento nel tagliare con precisione delle immagini
poi chiede alla maestra quando le due classi lavoreranno di nuovo insieme.
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Venerdì 17 Novembre 2000 (pomeriggio)
Si lavora alla colorazione dei libri sul Natale che sono già stati scritti e
disegnati. Lorenzo dice in continuazione di essere stanco e quindi di non voler
lavorare. Dice che vuole scrivere un testo per raccontarmi dell’Albania ma la
sua poca voglia di fare si riscontra anche in questa cosa nata dalla sua volontà:
infatti egli inizia a scrivere, compila mezza pagina, si stanca e si ferma. Questa è
un giorno particolare in quanto oggi è il suo compleanno che festeggerà a casa di
Daniel, un suo compagno di classe. Per questo motivo Lorenzo è così eccitato da
non riuscire a pensare ad altro da vari giorni e non riesce a combinare nulla.
Oggi ha invitato anche me alla sua festa ed è stato molto contento quando gli ho
detto di sì.
Venerdì 17 Novembre
2000 (pomeriggio dopo la scuola: festa di
compleanno di Lorenzo)
La signora Loretta, che fin dall’ingresso di Lorenzo nella scuola
elementare si è presa cura di lui e della sua famiglia, alla quale ha cercato di
risolvere dei problemi pratici, aveva pensato di organizzare una festa in
occasione del compleanno di Lorenzo e mi aveva chiesto che cosa ne pensassi.
Avevo risposto che mi sembrava una buona idea poiché nella classe i bambini
sono soliti festeggiare i loro compleanni invitando a casa loro tutti i compagni:
la festa sarebbe stata un’occasione, per Lorenzo, di non sentirsi diverso dagli
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altri. La casa di Daniel, con il suo ampio salone e un portico antistante la casa, si
presentava molto più adatta per lo svolgimento della festa, poiché quella di
Lorenzo è molto piccola. Mi ero, quindi, offerta di aiutarla e abbiamo
organizzato la festa con molta cura preparando anche una serie di giochi. Le
famiglie degli altri bambini, intuendo l’importanza che la festa poteva avere per
il bambino, hanno tutte permesso ai propri figli di intervenire nonostante i loro
soliti impegni pomeridiani: piscina, danza, musica e altro.
Lorenzo ha ricevuto molti regali, tutti utili: molti capi di abbigliamento,
alcuni libri, alcuni giochi. Li ha scartati con frenesia, non si preoccupava di
leggere i bigliettini che li accompagnavano, ed era restio ai ringraziamenti
nonostante le sollecitazioni della madre. Sembrava quasi infastidito dalle
attenzioni che gli mostravano i compagni e i loro genitori. Anche in questa
occasione Lorenzo ha avuto pudore di manifestare i suoi sentimenti ed era
intimidito dal fatto di essere al centro dell’attenzione. Ha partecipato con
entusiasmo a tutti i giochi ma, nel corso di uno di essi, quando è stato sostituito
nel suo ruolo di capitano della squadra, si è offeso ed ha abbandonato il gioco
scappando in giardino. In questo modo ha cercato di attirare l’attenzione su di sé
e non rispondeva alle sollecitazioni di chi lo invitava a ritornare a casa. Gli ho
fatto capire che il suo atteggiamento era sbagliato sia nei confronti della signora
Loretta che della madre che si erano date tanto da fare per lui. Solo dopo aver
riflettuto su questo, e per il fatto che nessuno si curava più di lui, è tornato in
casa .
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Al momento delle foto, si è rifiutato di farne con le compagne nonostante
esse siano molto attaccate a lui e sempre attente e sollecite nei suoi confronti:
ha provato un senso di vergogna nei loro confronti e si è aperto più facilmente
con i maschi con i quali ha riso e scherzato alla stessa maniera.
Lunedì 20 Novembre 2000 (pomeriggio)
Nel Laboratorio Teatrale proponiamo oggi di svolgere degli esercizi che
mirano a far acquisire ai bambini la conoscenza del proprio corpo e in
particolare del viso e delle mani. Invitiamo i bambini a massaggiare il proprio
viso come se dovessero stendere una crema, a storcere la bocca verso destra e
verso sinistra, a compiere grandi masticazioni con una gomma americana
immaginaria, a gonfiare e sgonfiare le guance il più possibile, ad allargare e
stringere le narici, a seguire il volo immaginario di un insetto, girando solo gli
occhi e non facendo intervenire nel movimento anche il capo.
Lorenzo esegue le consegne ricevute ma non è concentrato su se stesso e
su quello che sta facendo, guarda gli altri e tende ad imitarli. Li guarda e non
riesce a trattenere un riso di imbarazzo per quello che si sta facendo,
Nei giochi con le mani i bambini sono invitati a disegnare con le dita un
albero, ad immaginare di avere fra le mani un pallone di lanciarlo in aria e di
riprenderlo, ad immaginare di avere una soffice coperta per farne ciò che si
vuole. Ogni bambino presenta il suo lavoro alla classe ed ognuno mostra agli
altri cosa farebbe con la coperta immaginaria. Gli altri sono invitati ad
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indovinare. C’è chi la stende, chi la piega per bene, chi la usa come lenzuolo di
un fantasma, chi la stira, chi la lavora ai ferri, chi ne fa un velo da sposa, chi un
grembiule…
Lorenzo guarda attentamente gli altri, presta attenzione a ciò che fanno
ma quando tocca a lui scuote la testa e persiste nel suo rifiuto nonostante le
sollecitazioni.
L‘insegnante prende ora un cartoncino fissato ad un piccolo telaio di
legno e bucato all’altezza selle mani dei bambini che sono invitati a far uscire
dai buchi le manine e a fare con esse ciò che vogliono. C’è chi fa il prestigiatore,
chi il direttore di orchestra chi il prigioniero, chi il giocoliere, chi lavora la creta
…
Lorenzo viene chiamato più volte ma non vuole intervenire. Viene
invitato a pensare dicendogli che verrà richiamato più tardi. Quando alla fine
ognuno ha mostrato il proprio lavoro, si alza rassegnato, si avvia dietro la
“parete” di cartone e con le mani fa il gesto di spezzare della carta per fare il
collage imitando il lavoro proposto dalla compagna che l’aveva preceduto.
La consegna data ai bambini ora è più difficile. Le mani devono esprimere
un sentimento. Mentre i compagni esprimono via via il dubbio, la stanchezza, il
disprezzo, la gioia, la rabbia… Lorenzo nemmeno li guarda e si estranea, anzi
addirittura si mette in un angolo e sembra pensare ad altro.
Per favorire la socializzazione fra gli alunni e per fare acquisire ad ognuno
confidenza e fiducia nell’altro, proponiamo una seria di esercizi fra i quali
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quello degli “abbracci”: i bambini, ad un comando dell’insegnante devono o
abbracciare se stessi, o un compagno o due. Lorenzo non ha reticenze
nell’abbracciare i compagni ma, al comando si affretta sempre ad abbracciare i
maschietti fuggendo il contatto con le bambine. Prendo allora da parte una
bambina e la invito a fare in modo di essere vicina a Lorenzo nel momento
dell’abbraccio anzi ad abbracciarlo lei stessa. Quando questo succede la prima
volta egli dà le spalle alla bambina e non partecipa all’abbraccio; le volte
seguenti è meno passivo e arriva, infine, a rispondere all’abbraccio.
Giovedì 23 Novembre 2000 (pomeriggio)
Lorenzo nel laboratorio di ceramica. E’ il primo giorno in cui i ragazzi
tornano, quest’anno, nel laboratorio. La maestra stacca dei pezzi dal blocco di
creta e li distribuisce a ciascun bambino chiedendo loro se si ricordano che
colore assumeva e dove veniva cotta la creta usata lo scorso anno. Tutti sono
pronti a rispondere e Lorenzo si unisce al coro. Come tutti è contento, eccitato e
impaziente di riprendere questa attività. La maestra richiama alla mente di tutti i
successivi passaggi nella manipolazione della creta e Lorenzo, come gli altri
dimostra di ricordarli. Quando ha finalmente il suo pezzo fra le mani lo
manipola con energia ed intanto ascolta con attenzione le spiegazioni
dell’insegnante sulle successive fasi del lavoro. Stende con cura la sfoglia ed
intaglia con le formine delle stelle, un alberello di Natale. Chiede poi
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all’insegnante se occorrerà ancora molto tempo prima che i pezzi possano essere
infornati e poi dipinti.
Quando arriva l’altra insegnante, con il gruppo dei bambini che ha svolto
il Laboratorio Teatrale, per lo scambio dei gruppi Lorenzo la chiama e le mostra
orgoglioso che cosa ha fatto.
Lunedì 27 e Martedì 28 Novembre 2000 (pomeriggio)
Oggi svolgiamo attività che mirano alla acquisizione della consapevolezza
di sé e della propria identità. Per far questo invitiamo i bambini a sedersi in
cerchio e a presentarsi ai compagni dicendo il proprio nome nel modo che
vogliono: sussurrando, gridando, cantando. Lorenzo pronuncia il suo nome con
un tono di voce neutro e, quando invito i bambini a dire il proprio nome
accompagnando la voce con un gesto, egli rimane pensieroso. Qualcuno a bassa
voce lo incita ed egli, prima sembra sordo ad ogni sollecitazione, poi con un
movimento frettoloso e dicendo velocemente il suo nome fa il gesto di mettersi
sull’attenti. Negli esercizi di riscaldamento, con andature di vario tipo e
nell’imitare i salti di vari animali si diverte moltissimo; ride, guarda quello che
fanno gli altri e si concentra poco su quello che deve fare lui. Quando viene
richiamato si concentra maggiormente.
Per l’integrazione con gli altri e l’accettazione della diversità,
raccontiamo la fiaba del “brutto anatroccolo” che presenta spunti utili in questo
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senso. Per far rivivere nei bambini la situazione di rifiuto-allontanamento invita i
bambini prima a sentirsi “uovo” e poi un pulcino chiuso nell’uovo.
Lorenzo si raggomitola su se stesso e tende a farsi piccolo piccolo poi
segue con attenzione la mia voce che invita i “pulcini” ad “uscire pian piano
dall’uovo”. Parlo del rifiuto da parte dell’anatra del “suo” piccolo e, poi, invito i
bambini a sentirsi anatroccoli rifiutati: ogni bambino dovrà esprimere la
“condizione di rifiutato” con i movimenti del corpo e in particolare con i
movimenti delle braccia e delle mani e con l’espressione del viso. Dopo qualche
minuto di preparazione invitiamo ciascun alunno a mostrare agli altri il suo
lavoro. Quando tocca a lui Lorenzo indietreggia a testa bassa, velocemente e non
mostra, come invece avevano fatto gli altri, il viso. Quando l’insegnante gli dice
che ha fatto bene il suo lavoro e lo invita a ripeterlo mostrando, questa volta,
anche l’espressione del suo volto, Lorenzo accenna ad un sorriso nervoso ed
affretta il lavoro facendo venire fuori così tutto il suo disagio. Ora i bambini ad
esprimere il senso di abbandono anche con la voce dicendo la parola “mamma”
nei modi, nel tono nell’intensità che essi vogliono poiché esprima il senso di
disperazione e di abbandono provato dall’anatroccolo. Quando tocca a Lorenzo
farlo, subito risponde: “Chi io?”, come tutte le volte che viene interpellato, poi,
dopo aver svolto l’esercizio come prima ed aver pronunciato la parola “mamma”
con un tono di voce neutro, si ferma rimanendo chinato in ginocchio a testa
bassa. Passano interminabili secondi poi l’insegnante gli chiede se il suo lavoro
sia finito. Egli le risponde di no e si rimette a testa bassa; passano altri secondi
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ed egli si alza solo quando l’insegnante gli dice: “Bene Lorenzo, sei stato
bravo”.
Martedì 5 Dicembre 2000 (pomeriggio)
In questo periodo, quando entro nella sua classe, Lorenzo, appena mi
vede, scappa e si nasconde alle mie spalle e, quando mi giro è scontroso e non
risponde alle domande che gli faccio. Osservandolo ho capito che soffre molto
di gelosia, sia nei riguardi dei suoi compagni, se scambio qualche parola con
loro, sia nei confronti di Chiara. Quando sa che devo andare nella sua classe mi
chiede “Che ci vai a fare? Perché non vieni qui? … lei è brutta…”.
Anche oggi, nel Laboratorio Teatrale, fa lo spiritoso, si nasconde e,
quando mi avvicino a lui, abbassa gli occhi e sfugge i miei sguardi ma poi, per
attirare l’attenzione, inventa un mal di pancia cosa che faceva spessissimo
prima, mi riferiscono le maestre, lo scorso anno. Ora la maestra dà le consegne
per la costruzione di una bacchetta di carta, individuale, con un foglio di
giornale. Essa servirà a sollecitare la fantasia dei bambini. Tutti eseguono con
attenzione le istruzioni e, con facilità, portano a compimento l’operazione.
Lorenzo dice che lui non riesce ad arrotolare il giornale e chiede il mio aiuto. Gli
avvio il lavoro e lo invito a continuare da solo ma sono costretta, dopo ripetute
richieste, a completare il lavoro.
Le bacchette costruite dai bambini si ritirano e si mettono da parte:
serviranno dopo.
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L’insegnante depone la sua bacchetta nel mezzo del cerchio dei bambini
che vengono, a turno, invitati ad alzarsi, venire nel mezzo del cerchio,
raccogliere la bacchetta fare qualcosa con la stessa per alcuni secondi, deporla e
ritornare al posto. Tutto questo in perfetto silenzio. E così la bacchetta diventa
“canna da pesca” e chi la raccoglie “pescatore”. La bacchetta diventa, di volta in
volta fucile, bandiera, archetto di un violino, matterello, zappa… Tutti, in
special modo gli ultimi bambini che devono eseguire la consegna, cercano di
non ripetere la proposta di chi li ha preceduti inventando nuove soluzioni.
Quando tocca a lui, Lorenzo, si porta un dito alla bocca, sorride con aria
imbarazzata ed usa la bacchetta come zappa, imitando il compagno. Ora tutti i
bambini prendono la loro bacchetta ed eseguono in tondo camminando con un
fondo musicale, l’esercizio. La maestra “ordina” il gioco come un direttore di
danze. Al “via” tutti si mettono in marcia; “bacchetta!”: tutti portano la
bacchetta ritta nella mano destra; poi: “bastone da passeggio”, “ombrello”,
“racchetta da tennis”, “cavallo”… Il tutto dà l’impressione di una passeggiata
dove ”il bastone da passeggio”, che di tanto in tanto l’insegnante nomina, è il
momento di pausa. La passeggiata è intervallata da “invenzioni” durante le quali
i bambini, pur camminando, eseguono. C’è quindi da parte loro uno stato di
attenzione, un rapido richiamarsi alla mente di uno oggetto e del suo portatore
da restituire nello spazio drammatico in frazioni di secondi insieme al gruppo.
Tutti
sono
concentrati
nell’eseguire
il
lavoro,
pronti
ad
adeguarsi
immediatamente alla consegna data dopo un attimo di concentrazione: Lorenzo
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è un po’ più lento degli altri, anche perché esegue il suo esercizio solo dopo aver
osservato ed imitato i compagni. Si ripete lo stesso esercizio tenendo in mano
due bacchette che ora sono “racchette da sci”, ora “candele”, ora “remi”, ora
“ferri “ che sferruzzano una immaginaria maglia.
Quando suona la campana di uscita si alza un coro di proteste.
Dall’atteggiamento di Lorenzo non riesco a capire se anche lui sia dispiaciuto
come gli altri: come al solito tende a frenare i suoi slanci emotivi.
Lunedì 11 Dicembre 2000 (mattina)
Le pagine dei libri e delle agende sono pronte: occorre procedere alla loro
rilegatura.
Lorenzo, che nella fase operativa della stesura del libro si era mostrato
svogliato, è eccitato, come gli altri del resto, all’idea di usare la taglierina, la
plastificatrice,
la cucitrice e, quando la maestra informa che ci sarà una
rotazione dei bambini nell’uso di questi strumenti, Lorenzo chiede di poter
plastificare le copertine dei libri. Viene accontentato e si dimostra subito serio e
concentrato nel lavoro attento a non sbagliare. Quando poi i compagni gli
passano il libro impaginato, da incollare alla copertina, ed ha fra le mani il libro
finito, lo sfoglia contento più volte. Lorenzo deve cedere, malvolentieri, il suo
posto ad un altro ma è contento di impaginare i fogli delle agende. Ma rispettare
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l’ordine dei fogli è una operazione troppo complicata per lui ed accoglie con
sollievo l’invito dell’insegnante a lavorare con un compagno.
Lunedì 18 Dicembre 2000 (mattina)
La classe di Lorenzo e quella di Chiara hanno assunto l’incarico di
allestire la mostra: i bambini delle due classi ricoprono la superficie dei grandi
tavoloni del laboratorio con carta da pacchi: su di essi verrà disposto il materiale
prodotto dalle varie classi. Lorenzo e Chiara insieme ad altri bambini ricevono
l’incarico di andare a prendere il materiale presso le classi aderenti al progetto.
Tutti e due capiscono l’importanza del loro compito e, quando ritornano, Chiara
da perfetta donnina di casa, dispone i libri con cura e precisione sui tavoli, mette
i biglietti augurali e i segnalibro nei cestini. Poco dopo colorano, insieme con i
compagni, dei grandi fiocchi rossi che serviranno di ornamento ai tavoli.
Quando le insegnanti propongono di addobbare le vetrate del laboratorio
con centrini di carta bianca Lorenzo si offre di incollarli e, mentre Chiara ed
altre bambine dispongono ramoscelli d’abete e candele rosse sui davanzali, di
sistemarli a suo piacimento chiedendo aiuto e consiglio ad altri bambini. Altri
bambini allestiscono ed addobbano pannelli.
Alla fine sono tutti stanchi ma soddisfatti.
Mercoledì 20 Dicembre 2000 (pomeriggio)
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Lorenzo viene alla mostra accompagnato dalla mamma di Daniel. I due
bambini “trascinano” la signora Loretta verso il banco dove sono esposti i lavori
della II A. Afferrano i libri li sfogliano mostrando il lavoro fatto. La signora
chiede spiegazioni sulla tecnica usata , sulle modalità del lavoro e dice loro che
sono stati bravi. Lorenzo e Daniel corrono verso il banco su cui sono poggiate le
agende, ne afferrano una dicendo che quel lavoro l’hanno svolto insieme ai
bambini della II B. Mostrano poi i lavori delle altre classi riferendo che sono
stati loro a sistemarli in modo così ordinato. Daniel chiede alla madre di
acquistare per sé e per il suo amichetto il puzzle ricostruendo il quale si ottiene
la storia della Nascita di Gesù. La signora Loretta li accontenta ed aggiunge che
comprerà anche i libricini fatti dalla loro classe, così avranno un ricordo del loro
lavoro. Lorenzo dice contento: “Così li porto a casa e li faccio vedere a mamma,
poi li nascondo se no mio fratello me li rompe.”
Lunedì 8 Gennaio 2001 (mattina)
In un’ottica di formazione interculturale, come risulta dal progetto
“Biblioteca come Laboratorio”, con l’insegnante intendiamo portare avanti un
lavoro che sia occasione di interazione e di scambio di esperienze tra coetanei
appartenenti a diverse etnie e culture.
A tale scopo ci rechiamo alla “Biblioteca Centrale dei Ragazzi” di via S.
Paolo alla Regola allo scopo di cercare nello scaffale multiculturale libri utili per
svolgere questo lavoro e per richiedere “la valigia dell’Albania” contenente
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materiale relativo alla cultura del popolo albanese. Dalla consultazione dei libri
relativi ai popoli del Mediterraneo, apprendiamo che il personaggio del nostro
Giufà ha una origine molto antica nei paesi arabi e che da questi è stato diffuso
in un’area molto vasta che comprende molti popoli e culture. Questo
personaggio è presente nei libri della civiltà giudaico-spagnola, del Magreb.
Pensando al Giufà siciliano, preso dalle “Fiabe italiane” di Italo Calvino,
predisponiamo con i bambini un percorso di lettura sul tema dello “sciocco” e
del “furbo – sciocco” con il Joha marocchino, Giufà siciliano, Giochà ebraico
e, naturalmente, Hoca albanese. Infatti,
poiché
questo personaggio della
letteratura per l’infanzia e della narrativa possiede la qualità di appartenere a
più culture, è un “personaggio-ponte” capace di creare collegamenti,
connessioni, di mettere in moto curiosità e confronti, di mettere in luce
somiglianze e differenze.
Non troviamo nello scaffale multiculturale della
Biblioteca le Fiabe albanesi. La bibliotecaria ci riferisce che esiste solo un
piccolo volume di fiabe in cui, però, non è presente questo personaggio.
Aggiunge che è stato prodotto un video dal “Centro Internazionale Crocevia”,
“Giufà nel Mediterraneo”, all’interno della collana “Fiabe dal mondo”, con
quattro storie di culture diverse , fra cui quella albanese. Ci rechiamo presso
questo centro ed otteniamo il materiale richiesto. Ci riproponiamo, comunque,
visto che nel video è presente una sola storia, di consultare i genitori di Lorenzo
e Chiara per sapere se essi conoscono questo personaggio.
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Martedì 9 Gennaio 2001 (mattina)
L’insegnante mi incarica di presentare alla classe il personaggio di Giufà.
Decido di utilizzare, nel lavoro con i bambini,
diverse tecniche e diversi
linguaggi: la lettura ad alta voce, il disegno, la costruzione del personaggio e
soprattutto la drammatizzazione dei racconti letti. Nel Laboratorio di Biblioteca
l’insegnante spiega ai bambini che Giufà è il protagonista di molte storielle
divertenti diffuse in molti paesi del Mediterraneo. Indico sulla cartina dove si
trova questo mare ed aggiunge che le facezie di Giufà si sono tramandate
oralmente, di generazione in generazione, con alcune varianti e caratteristiche
locali, in alcuni paesi che si affacciano su di esso.
Le origini del personaggio sono arabe ed esso ha diversi nomi, diversi
paesi di appartenenza, molte facce. Giufà è un ragazzo ma anche un adulto:
intelligente e stupido, furbo e credulone, onesto e disonesto, triste e allegro,
povero e ricco, credente e miscredente. Lo si ritrova nelle situazioni più diverse:
realistiche, fantastiche, tragiche, comiche.
Propongo ai bambini di fare un gioco: ricercare sulla cartina il Marocco,
la Sicilia, l’Albania, la Palestina. Lorenzo viene invitato a ricercare il suo paese
di origine. Qualcuno nota che è molto vicino all’Italia ed egli aggiunge che i due
Paesi sono separati solo da “un po’ di mare”. Leggo poi alcuni racconti popolari
del Giochà ebraico, in particolare alcuni di essi suscitano l’ilarità dei bambini e
la richiesta di drammatizzarli subito.
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Ci si reca, allora, nel Laboratorio Teatrale. L’insegnante distribuisce
alcune fotocopie e gli alunni divisi in gruppi si accingono a preparare le varie
scenette da far visionare poi agli altri. Lorenzo sceglie di fare l’asinello di
Giochà. Capisco il perché: il suo ruolo non richiede l’uso della parola ed egli
può limitarli a stare accovacciato sotto il suo padrone. E’ comunque serio ed
attento e segue il dialogo fra gli interpreti. Sulla battuta finale la sua risata si
unisce a quella degli altri.
Mercoledì 10 Gennaio 2001 (pomeriggio)
Nel Laboratorio Teatrale la maestra di musica invita i bambini a formare
delle coppie. Consegna a ciascuno di esse pezzi di spago di circa un metro ed
invita ogni bambino della coppia a prenderne un capo. La consegna è quella di
eseguire dei movimenti seguendo la musica, ad occhi chiusi.
Ogni
coppia
lavora compiendo piccoli e delicati movimenti cercando di raccordarsi al
movimento dell’altro. Lorenzo, in coppia con Veronica, si lascia guidare da lei;
ridacchia ed ogni tanto apre gli occhi per guardare la compagna e cercare di
imitare i suoi movimenti.
La maestra se ne accorge e ripete a tutti l’invito
di tenere gli occhi chiusi. Lorenzo ora si sforza di adeguarsi alla consegna e
sembra più concentrato nell’eseguire i suoi lenti movimenti.
La maestra nota
che tutti eseguono con serietà e concentrazione il lavoro e li invita ora a posare
in terra lo spago immaginando però che ci sia ed invitandoli a fare gli stessi
movimenti di prima. Terminato l’esercizio l’insegnante invita i bambini a
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sedersi in cerchio, vicino a lei, e a ripensare a tutto il lavoro svolto. Chiede loro
se notano differenze fra l’esercizio eseguito tenendo in mano la spago e
l’esercizio senza.
Tutti vogliono parlare: “Lo spago tirava, ora siamo più liberi”. “Non c’è
nessuna differenza”. “Avevo la sensazione che il compagno girasse con me”. “Io
immaginavo di stare in barca e di remare”. “Era bello io mi sono rilassata”.
“Mentre sentivo la musica mi immaginavo un bambino che nasceva”. Anche
Lorenzo dice la sua: “Maestra a me prima veniva da ridere, poi ho sentito solo la
musica”.
Venerdì 12 Gennaio 2001 (pomeriggio)
I bambini sono nell’aula di musica. L’insegnante propone l’ascolto di
“Acquario” da “Il Carnevale degli animali” da Saint-Saens. I bambini sono
seduti uno per banco.
La consegna è la seguente: rimanere in silenzio,
concentrarsi per individuare momenti diversi del brano musicale, allo scopo di
analizzarlo.
Lorenzo oggi non sta bene: ha mal di testa, forse ha la febbre. Tiene la
testa poggiata sul banco con gli occhi chiusi. Sembra assente: prima guarda fuori
dalla finestra, poi si gira e mi guarda. Si tocca la testa e gli occhi.
L’insegnante invita all’ascolto dei vari passaggi musicali chiede ai
bambini quale immagine della natura viene loro davanti agli occhi durante
l’ascolto. Varie sono le risposte: la neve che si posa delicatamente sulle case,
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fiori che si lasciano cullare dal vento, uccelli che volano, la sabbia che si muove
sul fondale marino, onde che arrivano alla riva …
La maestra chiede a Lorenzo se la musica gli ha fatto venire in mente
qualche immagine. Lui fa cenno di no con la testa. Gli chiede allora se questo
lavoro non gli piaccia ed egli risponde che gli piace ma si sente male.Lo
porto
dalla dottoressa: non ha alterazione. Quando torniamo in classe i compagni gli
chiedono se ha la febbre. Intanto, in nostra assenza, i bambini hanno deciso di
rappresentare un ambiente marino con i movimenti delle braccia. Ad ogni
passaggio musicale corrisponde un diverso momento della natura e quindi un
diverso movimento. I bambini ora sono sabbia, ora onde, ora alghe, ora
conchiglie che si aprono, ora sole. Lorenzo non segue e il suo sguardo è assente
e quando la maestra si avvicina a lui per chiedergli se veramente si senta tanto
male e per invitarlo ad unirsi ai compagni, lui scuote la testa. La maestra non
riesce ad attirare la sua attenzione nemmeno quando invita tutti i bambini ad
osservare attentamente Sara e Marta che “fanno” le alghe.
Invita ora tutti i bambini a sostituire alla sequenza di movimenti una
sequenza musicale con gli strumenti. Tutti si alzano per andarli a prendere:
Lorenzo rimane con la testa china sul banco e si alza solo quando l’insegnante
gli chiede: “Tu che cosa vuoi rappresentare?”. Egli ci pensa un po’ poi risponde:
“Il mare con le maracas”. Dimostrando così di non essere stato del tutto assente
mentre gli altri lavoravano, si unisce al gruppo dei compagni che fanno: la
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sabbia battendo i polpastrelli sul tamburello, il sole con il triangolo, le
conchiglie con i legnetti.
Sabato 13 Gennaio 2001 (mattina)
Le
insegnanti mi comunicano una loro decisione. Dai discorsi del
bambino hanno capito che la mamma di Lorenzo lavora ora a tempo pieno come
collaboratrice domestica ed il bambino, tutti i pomeriggi dalle 16:30 alle 19:30
ed il Sabato per l’intera giornata, rimane solo a casa. Io confermo loro che, più
di una volta, cercando di prendere i contatti con la mamma, ho trovato il
bambino da solo. Abbiamo anche notato che spesso il bambino ha i capelli
bruciacchiati sulla fronte e ci viene il sospetto che egli, per tenere caldo
l’ambiente, metta da solo la legna nella stufa. Le insegnanti hanno pensato,
quindi, di tenere a casa loro Lorenzo il Sabato per tenerlo occupato in qualche
lavoretto manuale ed offrirgli anche un po’ di supporto didattico. Hanno chiesto
anche la collaborazione di quattro famiglie della classe che, unitamente alla
signora Loretta, possano invitare a turno Lorenzo a casa loro, tre ore ogni
pomeriggio, per farlo giocare con i loro figli e svolgere con loro qualche piccolo
esercizio di lettura.
Le famiglie hanno subito dichiarato la loro disponibilità. Le insegnanti si
ripropongono di invitarle al più presto a scuola per decidere una linea comune
da seguire. Lo scopo delle insegnanti è duplice: da una parte fare in modo che
Lorenzo non trascorra lunghe ore solo in casa; dall’altra offrirgli un piccolo
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aiuto nell’esercizio della lettura. Tale aiuto si dovrà limitare ad un semplice
controllo poiché il bambino deve pian piano responsabilizzarsi nello
svolgimento dei suoi doveri scolastici e diventare sempre più autonomo.
Martedì 16 Gennaio 2001 (pomeriggio)
Per stimolare la curiosità dei bambini nei confronti dei paesi che vedono
Giufà protagonista di alcune storie che fanno parte della loro tradizione,
evidenziando che il loro compagno Lorenzo, proviene proprio da uno di essi,
proponiamo un gioco: immaginare e poi descrivere qualche caratteristica di
questo paese sconosciuto: l’Albania.
Le “domande – stimolo” sono state:
- Dove si trova l’Albania ? Tu come ci andresti ?
- Come è l’Albania ?
- Perché si chiama così ?
- Come vestiranno i suoi abitanti ?
- Cosa si mangerà ?
- Che feste ci saranno ? …
I bambini chiedono se le cose che disegnano e scrivono possono anche essere
inventate. Quando li rassicuriamo dicendo che essi sono liberi di usare la loro
fantasia, si scatena l’entusiasmo.
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A Lorenzo è affidato un compito diverso: disegnare ciò che egli ricorda
del suo paese, considerando il fatto che vi si è recato anche la scorsa estate.
L’intento è quello di cercare, insieme agli alunni, qual è la realtà corrispondente
a ciascuna delle loro “fantasie”. A questo serviranno le testimonianze di
Lorenzo, dei suoi genitori, le documentazioni che essi potranno metterci a
disposizione e quelle che potremo ricercare sui libri. Quanto prodotto in questo
primo approccio alla conoscenza dell’Albania, ”L’Albania nella fantasia”, è
raccolto nell’Appendice dedicata alla raccolta dei disegni dei bambini.
Giovedì 8 Febbraio 2001 (pomeriggio)
In quest’ultima settimana vengono letti in classe molti racconti di Giufà
tratti da raccolte di fiabe dei quattro paesi: per la Sicilia sono state lette le Fiabe
italiane, raccolte da Italo Calvino, ed. Einaudi; per il Marocco, L’erede dello
sceicco, di F. Lazzaretto – V. Ongini, edito da Mondadori; per l’Albania Fiabe
macedoni curato da W. Eschken, ed. Mondadori, per gli Ebrei Fiabe ebraiche,
di vari autori. Fra le tante fiabe lette e drammatizzate all’impronta, gli alunni ne
scelgono alcune per le quali stenderanno dei copioni teatrali. Le fiabe infatti
sono in forma di racconto e sono brevissime: vanno sceneggiate, arricchite di
personaggi e di situazioni per far recitare il maggior numero di bambini insieme
e per rendere meglio le atmosfere tipiche dei paesi d’origine. A tale scopo ci si
documenta, per i paesi stranieri, sui testi su citati che in appendice presentano
curiosità e notizie relative ad ognuno di questi paesi.
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Spieghiamo ai bambini che a questa lettura sommaria, tesa solo a dare
un’immagine generale dei paesi presi in considerazione, seguirà, durante le ore
curriculari, uno studio più approfondito relativo alla posizione geografica e alle
caratteristiche fisiche, al clima, alla flora e alla fauna, alla lingua, alla religione,
agli usi e costumi dei tre paesi stranieri. Verranno analizzate somiglianze e
differenze fra di essi e con l’Italia. In tutto si scelgono undici racconti per
ognuno dei quali verrà elaborato un copione.
Venerdì 9 Febbraio 2001 (mattina)
Per la stesura dei copioni, svolta nelle ore dedicate al Laboratorio di
Biblioteca, gli alunni vengono divisi in gruppi, guidati da me e dall’insegnante,
invitati a immaginare situazioni, a inventare personaggi, a creare battute: il
nostro compito è quello di suggerire i termini giusti, regolare la lunghezza delle
battute, proporre situazioni comiche. Ogni gruppo, composto da quattro
bambini, elabora due copioni; un gruppo ne elabora tre. A Lorenzo, che è
inserito nel gruppo che stende il copione Hoca e la zuppa di chiave, viene
chiesto di descrivere il tipico mercato albanese, i venditori che lo animano, le
parole che dicono per richiamare l’attenzione della gente sulla merce esposta. E’
così che viene stesa il canovaccio del copione che dovrà essere poi
drammatizzato nel Laboratorio Teatrale ed eventualmente riadattato dai bambini
stessi a seconda delle loro capacità interpretative e delle improvvisazioni venute
a mano a mano alla luce.
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A stesura ultimata, ogni gruppo legge ai compagni i copioni elaborati.
L’attenzione dei bambini è massima. Ognuno di loro è curioso di sentire come è
stata elaborata la storia nella sceneggiatura. Tutti ascoltano le battute, cercano di
immaginare le scene, molti chiedono la parola, interrompendo la lettura, per
proporre nuove battute, suggerire altre situazioni. Molti interventi vengono presi
in considerazione e vengono apportate modifiche ai copioni. Io faccio notare ai
compagni che la scena del mercato albanese è stata realizzata grazie alla precisa
descrizione fatta da Lorenzo. Sottolineo anche quanto sia stata utile la presenza
di un bambino nativo di quel paese per avere una testimonianza diretta delle
abitudini e della vita vissuta. Lorenzo, che già si era sentito utile nella stesura
del copione del suo gruppo, è visibilmente contento per questo mio
riconoscimento di fronte ai compagni.
Lunedì 12 Febbraio 2001 (mattina)
Contemporaneamente alla stesura dei copioni, si procede all’ideazione e
alla realizzazione dei fondali che serviranno ad ambientare i quattro paesi nella
messa in scena dello spettacolo teatrale che si terrà a fine anno. L’insegnante ed
io pensiamo che sul fondo della scena si rappresenterà il mare e il sole come
elementi comuni, in quanto tutti e quattro i paesi si affacciano sul Mediterraneo.
L’idea viene discussa in classe e piace molto agli alunni che fanno svariate
proposte su cosa rappresentare sulle quinte laterali per caratterizzare ogni paese.
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Alla fine la decisione è presa. Sulle quinte laterali si rappresenteranno
quegli elementi tipici di ogni popolo, che in qualche caso sono comuni, e che
verranno quindi utilizzati per due popoli allo scopo di sottolineare la
somiglianza tra di essi. Per la Sicilia saranno posti a destra un fondale con fichi
d’india e a sinistra un fondale con le tipiche casette basse tipiche della costa.
Passando alle scene albanesi, il fondale con le casette verrà spostato a destra al
posto di quello con i fichi d’india; a sinistra apparirà un nuovo fondale
rappresentante la moschea, dato che l’Albania è per il 70% di religione
musulmana. Il fondale della moschea verrà posto a destra quando si
rappresenterà il Giuhà marocchino, dato che anche il Marocco è musulmano, e a
sinistra comparirà il fondale con una palma. Quest’ultimo fondale sarà spostato
a destra per le scene del Giuca ebreo, con a sinistra un fondale rappresentante
l’agglomerato di case tipico della costa sud-orientale del Mediterraneo.
Martedì 13 febbraio 2001 (pomeriggio)
Siamo andati a comprare della fodera di raso celeste. La portiamo in
classe e la tagliamo ricavandone sei fondali: cinque della stessa misura, che
saranno usati per le quinte laterali, ed uno più grande che servirà da sfondo.
Chiediamo ai bambini quale tecnica essi vogliano usare per comporre le scene.
Qualcuno propone di dipingerli ma l’idea viene scartata perché la stoffa è troppo
leggera e non assorbe il colore. Qualcun altro propone di fare un collage di
stoffe ma qualcuno osserva che sarebbe necessario fare troppe cuciture. Si
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prende allora in considerazione l’idea di Ivan di usare la carta al posto della
stoffa, servendosi cioè della tecnica che abbiamo utilizzato quest’anno per
l’illustrazione dei libri da noi prodotti nel Laboratorio di Biblioteca. Veronica
obietta che la superficie da coprire, dieci metri per due metri e mezzo d’altezza,
è troppo grande e non basterebbe tutta la carta ritagliata dalle riviste che è stata
messa da parte per i collages. Sara suggerisce allora di servirsi dei fogli
contenuti nei cataloghi della carta da parati messi da parte per futuri lavori.
Propongo di fare una prova per vedere con quale tipo di colla è possibile
attaccare sulla fodera questa carta, pesante, rigida, quasi tutta vinilica.
L’insegnante sottolinea il fatto che questa fodera potrebbe essere riutilizzata per
latri fondali e che quindi bisognerebbe usare una colla che permetta in qualche
modo di staccare la carta senza lasciare traccia. Facciamo varie prove: la colla
più adatta è la colla solida in stick, che i bambini usano abitualmente.
Mercoledì 14 Febbraio 2001 (mattina)
L’ambiente adatto per eseguire un lavoro di proporzioni così grandi è il
Laboratorio di Biblioteca che dispone di grandi tavoli.
Portiamo nel laboratorio i sei teli, disponiamo su tre tavoli il fondale su
cui dovremo raffigurare il mare per far capire quanto è grande la superficie da
coprire: è poco più della metà. Sopra il mare, nel cielo, ossia sulla parte di
fodera non ricoperta, andrà il collage del sole. Invitiamo i bambini ad unirsi in
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coppia e andare a prendere i cataloghi della carta da parati nella stanzettamagazzino del Laboratorio di Biblioteca.
L’eccitazione è al massimo. Lorenzo subito corre vicino ad Sara, contento
di lavorare con lei. Si aiutano l’uno con l’altro nel trasporto dei cataloghi, li
poggiano sui tavoli in attesa delle direttive dell’insegnante. La maestra fa
prendere tutte le carte delle varie tonalità di blu, dal celeste chiarissimo al blu
notte. Lorenzo ed Sara sfogliano freneticamente il catalogo, fermano la loro
attenzione su un celeste quasi bianco e rimangono perplessi. Il bambino urla:
“Maestra, va bene questo?” e, ricevuta una risposta affermativa, cerca di
strappare con cura il foglio. Questo fa resistenza ma Sara viene in aiuto di
Lorenzo e insieme portano il foglio al tavolo dove vengono raccolti e divisi per
gradazione di colore i fogli portati da ogni gruppo. Finito la ricerca, Lorenzo ed
Sara, come gli altri, prendono un foglio e lo fanno a pezzetti. Tutti mettono i
pezzetti della stessa tonalità in una scatola.
L’operazione richiede un lavoro molto lungo.
Ripieghiamo il telone rimandando a domani l’operazione di collage.
Giovedì 15 Febbraio 2001 (pomeriggio)
Oggi si incolla. Viene nuovamente dispiegato sui tavoli il telo. Si
comincia dal basso incollando i pezzi di celeste più chiari cercando di dare con
la loro disposizione l’idea delle onde. Mentre il resto della classe cerca dai
cataloghi tutti i fogli di varie tonalità di verde per raffigurare la palma, cinque o
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sei bambini a turno, sotto la mia guida, incollano i pezzetti del mare. I bambini
che stanno cercando il verde gridano eccitati, chiamano in continuazione
l’insegnante per mostrare la bellezza delle tonalità di verde trovate e felici
vedono crescere la pila dei fogli.
Lorenzo è nel gruppo che incolla i pezzetti di celeste. Con cura
distribuisce la colla sulla carta e poi li posa sulla fodera premendo forte per farli
attaccare. Sta bene attento a lasciare solo un piccolo spazio tra un pezzetto e
l’altro, come gli ho raccomandato e, di tanto in tanto, mostrando quello che ha
fatto, mi chiede se va bene. Quando mi complimento con lui per la sua
precisione, posa la colla e il pezzetto di carta che ha in mano e mi abbraccia
felice. Sono stupita di questo gesto perché so che lui ha molto pudore nel
mostrare i suoi sentimenti. Capisco che questo gesto è l’espressione della gioia
che egli prova nel fare un’attività estremamente gratificante per lui, come per gli
altri, perché vede gradatamente il suo lavoro prendere forma.
Dopo qualche ora prendiamo il lavoro concluso, a cui manca solo il sole, e
lo appendiamo alla ringhiera delle scale per vedere da lontano che effetto fa. I
bambini sono stupiti: lavorando sul tavolo, su una superficie così grande, non
avevano avuto l’idea dell’effetto che il fondale avrebbe avuto una volta messo in
posizione verticale, con tutte le sue sfumature di azzurro. Qualcuno esclama che
sembra un mare vero.
Venerdì 16 febbraio 2001 (mattina)
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Il fondale laterale con la palma, largo un metro e mezzo e alto due metri e
mezzo, può essere posto su un unico grande tavolo e permette ai bambini di
stare attorno ad esso per “colorarlo”. Possono essere impiegati molti bambini
contemporaneamente. Una volta che l’insegnante ha tracciato i contorni della
palma, il lavoro procede molto alla svelta: la palma è enorme e viene utilizzata
un’enorme quantità di verde. Ne rimane ben poco per fare il fondale con i fichi
d’india, che l’insegnante ha già disegnato. Si decide, però, di iniziarlo
ugualmente e servirsi, per completarlo, anche dei ritagli delle riviste messi già
da parte. Si va a prendere la scatola del “verde” con i ritagli delle riviste. Appare
subito chiaro che non basterà a completare il lavoro e si raccomanda ai bambini
di non sprecare alcun pezzetto per utilizzare tutto il verde disponibile.
Quando appendiamo alla ringhiera il fondale, tutti esclamano che è
bellissimo. Qualcuno osserva, però, che le pale dei fichi d’india, ricoperte dalla
carta da parati, sono di un verde opaco in contrasto con tutte le brillanti tonalità
del verde preso dalle riviste. Altri si uniscono a quest’osservazione e qualcuno
propone di staccare quei pezzi di verde che non piacciono più a nessuno e
sostituirli con quello sarà preso dalle riviste una volta tornati a casa.
L’insegnante accetta a patto che ci sia l’impegno da parte dei bambini di reperire
questo materiale.
Lorenzo dice che andrà a casa di Daniel a cercare con lui sulle riviste i
pezzi di carta verde.
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Lunedì 19 Febbraio 2001 (mattina)
Portato a termine il fondale della palma, si provvede a ricreare il
paesaggio di casette costiere mediterranee per il fondale comune alla Sicilia e
all’Albania Decidiamo di adottare una tecnica diversa per questa realizzazione.
Creiamo sagome di casette con carta di giornale e ne diamo una ad ogni coppia
di bambini; diciamo loro di cercare dai cataloghi carte di tutte le sfumature del
beige e del rosa e ritagliarle secondo la sagoma. Questo lavoro è molto veloce
ma le rifiniture del fondale sono invece molto laboriose.
Mentre l’insegnante cerca con il resto della classe dai cataloghi tutta la
carta color avorio che servirà per costruire la moschea, io prendo ad una ad una
le coppie di bambini e faccio completare con i particolari ogni casetta
disegnandoli sopra la carta. Qui la fantasia dei bambini si sbizzarrisce: qualcuno
vuole mettere delle finestre chiuse, altri con i battenti spalancati, qualcuno
propone di mettere un balcone, chi vasi di fiori.
Peccato non ci sia Lorenzo, che è malato. Avrei voluto sapere da lui come
sono le facciate delle case del paese dove viveva. Con la maestra decidiamo di
lasciarne una da completare con lui.
Martedì 20 Febbraio 2001 (pomeriggio)
Per realizzare il fondale con la moschea che è un edificio unico ed occupa
quasi tutto lo spazio del fondale, si è proceduto in un modo diverso dai
precedenti. Si è appoggiata l’intera sagoma di carta sulla fodera stesa sui tavoli.
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Si è tracciato il contorno della cupola sulla fodera con i gessetti da sarto. Per non
perdere la posizione e le proporzioni, si è poi sollevata solo la parte della
sagoma di carta della cupola e si è disegnata sulla fodera un pezzo sottostante. Si
è poi tagliato il primo pezzo, solo la cupola Si è sollevato il secondo pezzo, per
poi tracciare col gessetto il pezzo sottostante. Si è tagliato il secondo pezzo e si è
proceduto con questo sistema scendendo verso il basso. Si sono ottenuti così
tutti i pezzi con i loro particolari, senza che nessuno di essi andasse fuori
squadro o si perdesse la proporzione. Su tutti i pezzi della moschea contornati a
gessetto si è poi incollata la carta da parati procedendo come per il collage. Per
dare una certa idea di veridicità, la cupola è stata costruita a collage incollando
pezzettini di carta di colore dorato; per il corpo del fabbricato si sono incollate,
invece, strisce di carta di varia lunghezza.
Questa soluzione è stata anche in parte suggerita da Lorenzo, il quale,
mentre tutti cercavano il colore più adatto, trovando un foglio dorato sul
catalogo, ha esclamato: “Ecco, questo sembra proprio l’oro della cupola”. In
effetti molte cupole di chiese, musulmane, ortodosse e anche cattoliche, sono
costruite con mattonelle dorate che brillano alla luce del sole, come qui a Roma,
la cupola della basilica di S. Paolo fuori le mura.
Mercoledì 21 febbraio 2001 (pomeriggio)
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Nel Laboratorio Teatrale i bambini leggono il copione dei tre racconti
albanesi: Hoca e la zuppa di chiave, Hoca coccodé chicchirichì, Hoca e i sei
asini. Lasciamo ogni bambino libero di scegliere sia il racconto sia la parte da
interpretare. I bambini si dividono in tre piccole compagnie ed ognuna prende
posto in un angolo del laboratorio per provare in base al ruolo scelto da ognuno.
Passiamo tra i gruppi consigliando, suggerendo movimenti e i toni di qualche
battuta. Mi fermo poi nel gruppo più numeroso, quello che deve provare Hoca e
la zuppa di chiave. I bambini sono in difficoltà, non riescono a gestire i tempi di
entrata e di uscita in scena. Rileggiamo il copione insieme e decidiamo quali
spazi ognuno debba occupare per non essere d’intralcio all’altro. Lorenzo
sembra essere, in questo lavoro, molto più coinvolto rispetto ai giorni
precedenti: fa proposte, chiede che tipo di movimenti debba fare per far capire
che impersona un bambino che sta giocando, accetta con gioia la proposta di
Marco che vuole portare un giocattolo di legno per il suo personaggio. Quando
più tardi mi avvicino a questo gruppo per verificare il lavoro che stanno
svolgendo, noto che hanno saputo organizzarsi bene da soli e, copione alla
mano, leggono con espressione, cercando di interpretare bene il personaggio;
s’interrompono di tanto in tanto per suggerirsi proposte e modalità diverse
riguardo le entrate in scena, il modo di dire battute, i gesti, gli spazi da
percorrere. Quello che mi sorprende è che lavorando su questo copione sono
subito entrati tutti nella parte e fin dal primo momento hanno saputo dare la
giusta espressione alle loro battute. Penso che tutto questo sia dovuto al fatto
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che, grazie al precedente lavoro di “improvvisazione teatrale”, i bambini hanno
acquisito una certa padronanza nell’affrontare la recitazione basandosi su un
copione scritto.
Ma chi mi stupisce è proprio Lorenzo: lui che ha avuto sempre bisogno di
molti incoraggiamenti, ora si offre di sua spontanea volontà per sostituire un
compagno assente. Si offre contemporaneamente a Marco ma non mi lascio
sfuggire l’occasione. È a lui che permetto di salire sul palco. Lo fa ancora con
timidezza, con ritrosia ma si sforza di parlare a voce alta e chiaramente.
Giovedì 22 Febbraio 2001 (mattina)
In una riunione tenuta agli inizi di febbraio, tutti gli insegnanti aderenti al
Progetto Biblioteca hanno deciso che, nella mostra di fine anno scolastico sui
libri “scritti” dai bambini, trovino posto, accanto a libri di altro genere, anche
alcuni libri di carattere interculturale. Ogni insegnante, in base alla propria
programmazione e ai propri interessi, ha scelto il paese di cui occuparsi.
L’insegnante di Lorenzo, che nel Laboratorio Teatrale ha preso in esame con me
le culture del Mediterraneo, ha dichiarato che farà scrivere ai bambini un libro
sul Marocco, uno su Israele, uno sull’Albania. A quest’ultimo, fra l’altro, è già
da parecchio che stiamo lavorando (cfr.: Diario di Lorenzo del 16 gennaio):
infatti, dopo aver svolto con i bambini le prime due parti del libro, riguardanti
l’Albania nella nostra immaginazione e l’Albania nei ricordi di Lorenzo, ci
stiamo accingendo, con appropriate letture e proponendoci di invitare a scuola la
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mamma di Lorenzo per dare ai bambini testimonianze dirette sul suo paese, ad
elaborare con gli alunni la terza parte del libro, che riguarderà l’Albania nella
realtà.
Per svolgere quest’ultima parte dividiamo in gruppi i bambini,
consegniamo ad ognuno fotocopie su vari argomenti: la posizione geografica, la
lingua, la religione, il clima, il paesaggio, i lavori svolti, la moneta, la bandiera, i
personaggi storici, i piatti tipici, gli strumenti musicali, le danze, i costumi, le
fiabe.
Lorenzo, che svolge la ricerca sugli strumenti musicali albanesi, è
orgoglioso di leggere lui ai compagni i nomi così difficili degli strumenti che
sono descritti nel testo. Mi corregge quando io pronuncio male la sciftèli e ride
mentre me lo ripete con l’accento giusto: scìfteli. Descrive ai compagni come è
fatto: ha la forma di un piccolo mandolino dal lungo manico, con due sole
corde.. I compagni lo ascoltano e sono ancora più sorpresi quando lui aggiunge
che c’è anche un altro strumento che non compare nel testo: la scarchi che lui ha
a casa perché lo suonava il padre in Albania; adesso non lo suona più perché ha
le corde rotte.. Lorenzo poi spiega che la scarchi ha la stessa forma e lo stesso
numero di corde della scifteli ma è più grande. Incarico Lorenzo di chiedere al
padre se il suo strumento può essere aggiustato e se è disposto a venire a
suonarlo in classe.
Venerdì 23 Febbraio 2001 (pomeriggio)
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Oggi consegniamo ai bambini delle schede di letture sulle usanze e
tradizioni del Marocco e del popolo ebreo. La classe è divisa in gruppi ed
ognuno di essi prende in esame alcuni aspetti delle due culture. Spieghiamo
alcune parole difficili, chiariamo qualche concetto, invitiamo i bambini a
riferirci quello che hanno capito per assicurarci che le notizie siano state ben
comprese. Alla fine ogni gruppo disegna ciò che ha capito e poi relaziona le
notizie apprese ai compagni. In questo modo hanno una globale conoscenza
degli aspetti più salienti di queste due civiltà. A questo punto vengono scelti i
disegni più significativi e lineari che si prestino meglio ad un lavoro di collage.
Nel Laboratorio di Biblioteca disponiamo su grandi tavoli le scatole con la carta
di riviste già tagliata e divisa per colore: è a disposizione dei vari gruppi. I
bambini prendono ciò che serve loro, aiutati e consigliati da me e
dall’insegnante. Una volta che ogni gruppo ha a disposizione ciò che occorre per
il lavoro, inizia l’operazione di collage. Le attività fervono: ognuno lavora su
una parte di disegno. Io mi stupisco come possano strappare e incollare pezzi di
carta così piccoli su una superficie minuscola. L’insegnante mi dice che sono
diventati così bravi perché fin dall’inizio della prima elementare hanno svolto
molti lavori con questa tecnica.
Lunedì le varie figure che compongono ogni disegno saranno incollate su
fogli di carta da parati che serviranno da sfondo.
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Lunedì 26 febbraio 2001 (pomeriggio)
Nel pomeriggio, durante l’ora di compresenza, con un numero ridotto di
bambini, circa metà classe per volta, disponiamo sui tavoli del Laboratorio di
Biblioteca i cataloghi della carta da parati. Lasciamo liberi i bambini di cercare i
colori che ritengono più adatti da fare da sfondo al collage del Marocco. Quando
l’operazione di scelta è terminata, si tagliano a misura gli sfondi: abbiamo
deciso che ogni pagina del libro sarà pari alla metà di un foglio formato A4,
disposto in orizzontale. Poi sugli sfondi si incollano i piccoli pezzi che
compongono ogni figura. Marco chiede: “Maestra, pure quest’anno potremo
comprare per noi le copie dei libri nella Mostra del Libro di fine anno?”. La
maestra risponde che quest’anno le fotocopie dei libri non possono essere in
bianco e nero e poi colorate da ognuno ma, essendo stato fatto un lavoro di
collage e non essendo possibile rifarne delle copie con lo stesso sistema, i libri
dovranno essere fotocopiati a colori. Le fotocopie hanno dei costi: il libro del
Marocco e quello d’Israele costeranno ognuno 2.800 lire. E questo perché siamo
riusciti a trovare grazie all’interessamento di un genitore, un laboratorio molto
economico. Per non spendere ulteriormente bisognerà evitare di fotocopiare la
copertina. Francesca propone allora di fare le copertine per entrambi i libri con
la tecnica della “polverina”, utilizzare cioè il colore polverizzato e spalmato sul
foglio, tecnica che i bambini usano molto spesso e che abbiamo adoperato anche
per molte pagine del libro dell’Albania. L’idea di Francesca viene accolta da
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tutti e qualcuno suggerisce di plastificare i due libbricini dato che sono composti
di poche pagine. Ci si mette all’opera per preparare la copertina di ognuno dei
due libri. Per quello del Marocco si decide di utilizzare una polverina gialloarancio, per Israele una polverina giallo-verde.
Lunedì 12 Marzo 2001 (pomeriggio)
Abbiamo invitato in classe la signora Leila, mamma di Lorenzo, per
aiutarci ad arricchire le nostre conoscenze sull’Albania. Si presenta, dice ai
bambini che ha letto il libro sull’Albania che Lorenzo ha portato a casa. Si
complimenta con loro ed aggiunge che tutto ciò che è stato scritto corrisponde
alla realtà. Ha portato le cartoline delle principali città albanesi, fra cui quelle di
Tirana e Scutari, luoghi d’origine di Lorenzo, del papà, dei suoi. Le cartoline
circolano tra i bambini e ciascuno nota somiglianze e differenze con quanto
avevano immaginato nella loro fantasia. Subito dopo viene “bersagliata” da un
“fuoco di fila” di domande. Io le scrivo tutte alla lavagna, poi raggruppo quelle
di argomento simile. A mano a mano che Leila parla, emerge una realtà simile
alla nostra ed allo stesso tempo diversa. Simile perché molti giochi, molte fiabe,
molti modi di celebrare le ricorrenze sono uguali ai nostri (la famiglia di
Lorenzo è cattolica); diversi invece nelle abitudini alimentari, nella scuola, nel
lavoro poiché la maggior parte degli Albanesi sono agricoltori o pastori. I
bambini sono meravigliati nel sentire che quasi ogni famiglia, che abita fuori
città, possiede almeno un cavallo e una mucca che sono le principali fonti di
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sostentamento, poiché il primo serve ai lavori agricoli e la seconda fornisce latte
e quindi formaggio e yogurt, un alimento molto importante nella cucina albanese
come in tutti i Balcani. A un bambino che chiede come si vestano, Leila
risponde che il loro abbigliamento non è dissimile al nostro ma che essi
indossano, in occasione di alcune feste, il loro costume tradizionale come si può
vedere dalle foto che ha portato. Racconta che nella loro cultura la musica
riveste un ruolo importante e promette ai bambini che nei prossimi giorni tornerà
con il marito che farà ascoltare ai bambini il suono della scarki.
Venerdì 16 Marzo 2001 (mattina)
Oggi le classi di Lorenzo e Chiara si recano alla Biblioteca Centrale dei
ragazzi, che si trova in un antico quanto malandato palazzo in via di S. Paolo
alla Regola, dietro il Ministero di Grazia e Giustizia, per prendere visione e
portare, poi, a scuola la “Valigia dell’Albania”, una grande scatola che contiene
materiale inerente alla cultura di questo Paese. Ci accoglie la bibliotecaria, la
signora Anna Maria, che, dopo averci parlato di come è strutturata la Biblioteca
e illustrato il suo funzionamento, ci mostra il contenuto della Valigia. La signora
estrae cartine che localizzano il Paese, libri che forniscono notizie sull’Albania
ma sono soprattutto gli oggetti ad attrarre la curiosità dei bambini. In una bustina
ci sono dei sassolini e la signora spiega che i bambini albanesi ci giocano
lanciandoli in aria e riprendendoli al volo. Chiara interviene dicendo che lei
ricorda di aver visto le sue amichette albanesi giocarci. Viene invitata ad andare
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vicino alla Valigia e a dire a tutti i compagni quello che ricorda: con aria sicura
aggiunge che un altro gioco che si può fare con i sassolini è quello di “mandarli
in buca”. Quando vengono mostrati dei rametti secchi di una pianta di
montagna, con la quale si fanno infusi, Chiara dice che il suo profumo le ricorda
quello del tè che si beve a casa sua. I rametti vengono fatti annusare a tutti ed
ognuno dice la sua: “sa di camomilla…, sa di mimosa…, sa di vaniglia…”.
Anche Lorenzo viene invitato ad avvicinarsi. Sbircia nella Valigia e nota le
schede recanti il disegno di parti del corpo umano con il relativo nome sia in
italiano sia in albanese ed osserva: “Questi nomi sono scritti in due lingue”. La
signora Anna Maria prende tutte le schede e le mostra ai due bambini invitandoli
a leggere i nomi in albanese. Tutti e due dicono che non ne sono capaci ma che
sanno come si chiamano quelle parti del corpo nella loro lingua. Mentre
vengono mostrate le schede ai compagni, Chiara e Lorenzo, a turno, nominano
ciò che è disegnato sulla scheda. La signora Anna Maria legge la parola “viso”
in albanese. Lorenzo e Chiara scoppiano a ridere. Nessuno capisce perché e
Lorenzo ci spiega che la parola che la signora ha pronunciato in realtà significa
“cacca”. I due bambini vengono invitati a far sentire di nuovo la differenza di
pronuncia delle due parole. Tutti ascoltano con attenzione Lorenzo e Chiara e
sono stupiti nel sentirli parlare un’altra lingua.
Vengono poi mostrati, fra gli altri, libri di fiabe albanesi: alcuni tradotti in
italiano, altri in lingua originale; libri italiani di Rodari e Collodi tradotti in
albanese, a sottolineare lo scambio tra le due culture. Vengono fatti circolare tra
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i bambini francobolli e monete albanesi ed ancora una volta viene notata la
figura dell’aquila, simbolo dell’Albania.
L’attenzione dei bambini è massima quando viene presentata la
marionetta di Giufà (Hoca), usata nel teatro delle ombre, figura-ponte tra le
figure del mediterraneo. Lorenzo ed i suoi compagni dicono alla signora Anna
Maria che loro stanno allestendo una rappresentazione teatrale su questo
personaggio e chiedono se possono farle vedere qualche breve scena; ella li
accontenta mettendo un sottofondo di musiche albanesi.
Con la valigia facciamo ritorno a scuola.
Lunedì 19 Marzo 2001 (mattina)
Facciamo circolare in classe il contenuto della Valigia, forniamo ulteriori
spiegazioni, poi invitiamo i bambini a scegliere un oggetto o un libro in essa
contenuti e a disegnarlo: tutti i disegni forniranno la “memoria” di quanto nella
Valigia è contenuto ed andranno ad arricchire il nostro Libro sull’Albania.
Ognuno esegue il suo disegno nelle dimensioni che desidera ma poi,
prima di colorarlo, si presenta la necessità di ridurlo a dimensioni più piccole per
far entrare più disegni in una stessa pagina. Riduciamo i disegni con la
fotocopiatrice, poi ogni bambino colora il suo.
Con i disegni componiamo le pagine che “raccontano”, sul Libro
dell’Albania, la nostra visita alla Biblioteca Centrale dei Ragazzi.
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