3. Ecosistemi - Sassetti Peruzzi

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3. Ecosistemi - Sassetti Peruzzi
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LA BIOSFERA
Gli ecosistemi
Capitolo 1 Struttura e funzioni di un ecosistema
Gli ecosistemi
Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, temperatura, luce, acqua e sostanze nutritive sono
fattori che limitano la distribuzione della vita sia nei biomi terrestri che in quelli marini. In altre
parole energia e “tipo di materia” sono fondamentalmente integrati ed interagiscono tra loro. Lo
studio puramente descrittivo dei biomi come semplice somma di mondo vegetale più mondo
animale, non tiene conto infatti delle relazioni che intercorrono tra i vari organismi viventi e il
territorio nel quale vivono. In questo caso termini come ambiente o paesaggio perdono significato
ed è più corretto parlare di ecosistema cioè di un sistema integrato formato da uno o più
organismi e dall’ambiente fisico chimico e biologico in cui vivono. L’ecosistema è una sintesi delle
relazioni che intercorrono tra parte vivente, detta biocenosi, parte minerale e condizioni fisiche,o
biotopo, presenti in un certo luogo, parti che si influenzano reciprocamente. In questa ottica i
biomi non sono altro che il risultato di diversi ecosistemi di minori dimensioni che interagiscono tra
loro per formare, tutti insieme, le caratteristiche di un dato bioma. L’ecosistema rappresenta
quindi l’unità base costitutiva della biosfera.
Le relazioni alimentari
Lo studio delle interazioni fra organsimi è molto complesso; si può semplificare analizzandone le
relazioni alimentari. Dal momento che ogni individuo per sopravvivere deve nutrirsi e quindi
procurarsi cibo, la nutrizione partecipa ad alcune tra le più importanti interrelazioni tra gli
organismi. Come certamente saprete esistono due tipi di organismi: gli organismi autotrofi e quelli
eterotrofi; i primi sono i soli capaci di fabbricarsi ed utilizzare composti organici partendo da
sostanze più semplici (inorganiche) presenti nell’ambiente. Le piante e le alghe, insomma tutti i
vegetali,
sono
autotrofi
perché
in
grado,
attraverso
la
fotosintesi
che
studieremo
successivamente, di costruire materiale organico. Gli organismi eterotrofi, invece sono in grado di
utilizzare solo composti organici preconfezionati: è il tipico esempio degli animali. Siamo così in
presenza di due categorie di esseri viventi: quella dei produttori di materia organica (gli autotrofi)
e quella dei consumatori (gli eterotrofi) che si nutrono di altri organismi.
Fra i consumatori, poi,
possiamo distinguere due livelli: i primari ,come gli erbivori,che si nutrono dei produttori, e i
secondari cioè i carnivori che, invece, si nutrono dei consumatori primari. Un gruppo molto
particolare di consumatori sono i cosiddetti decompositori che traggono il loro nutrimento dalla
decomposizione di tutti gli altri organismi morti e dai rifiuti; si tratta in genere di esseri microscopici
come funghi e batteri. I decompositori provocano la completa mineralizzazione delle sostanze
organiche ritrasformandole in sostanze semplici come acqua, sali minerali e anidride carbonica.
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Catene e reti alimentari
Considerando tutti gli organismi appartenenti ad un ecosistema, cioè la biomassa totale, ci
accorgiamo immediatamente che i vegetali ne formano una grande parte; di questa vivono gli
erbivori, che se ne nutrono direttamente, ed i carnivori che se ne nutrono indirettamente
mangiando gli erbivori; ma esistono anche carnivori che mangiano altri carnivori e carnivori che si
nutrono invece di carogne. Gli organismi sono concatenati l’uno all’altro, a formare sequenze
lineari nelle quali ciascuno mangia chi lo precede ed è mangiato da chi lo segue: si tratta delle
catene alimentari. Esse si originano sempre dai produttori, cui segue un erbivoro (consumatore
primario), cui segue un carnivoro (consumatore secondario), cui segue un altro carnivoro che si
nutre del precedente e così via. L’ultimo carnivoro, quello che non è mangiato da nessun altro , è
detto superpredatore.
Se poi si guarda meglio ciò che succede negli ecosistemi, ci si accorge che lo stesso animale
spesso occupa posti diversi in catene alimentari diverse: una volpe che mangia della frutta è un
erbivoro, se mangia un topo è un carnivoro di primo ordine, mentre se mangia un riccio
(carnivoro) è un carnivoro di secondo ordine, se infine mangia una carogna svolge un ruolo
ancora diverso. Nasce così la rete alimentare, che è l’insieme di tutte le catene alimentari,
interconnesse tra loro, presenti in un ecosistema. La rete descrive molto meglio della catena i vari
ruoli che ogni animale viene a ricoprire nelle varie catene delle quali fa parte; si identificano così i
livelli trofici, cioè ruoli alimentari ben definiti: ogni individuo potrà occupare livelli trofici diversi a
seconda della catena alimentare considerata.
Gli ambienti della vita
Capitolo 2 Flusso di energia e ciclo della materia
L’energia negli ecosistemi
In natura i vegetali sono gli unici esseri viventi capaci di utilizzare l’energia, di origine solare, per
produrre materia vivente. In un ecosistema quindi l’energia entra attraverso i produttori e da
questi passa ai consumatori. In generale i produttori assorbono solo la metà dell’energia luminosa
che li colpisce ; molta di questa parte viene dispersa come calore e una piccola frazione viene
respirata e solo l’1% dell’energia assorbita viene convertita in materia vivente. Questa è a
disposizione degli erbivori i quali, però, non la consumano tutta: una parte non viene utilizzata;
della frazione mangiata dagli erbivori una parte non è assimilata e viene riemessa all’esterno
sotto forma di feci mentre la parte assimilata viene in parte respirata e in parte utilizzata per
produrre biomassa; questa produzione secondaria, che è pari al 10% di quella primaria, è a
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disposizione dei carnivori, i quali, però, non la utilizzano totalmente; della parte che mangiano
una frazione non viene digerita e viene espulsa sotto forma di feci, mentre la parte assimilata
viene in parte respirata in parte da luogo ad una produzione terziaria pari al 10% di quella
precedente
Ad ogni salto di livello trofico viene perso il 90% dell’energia prodotta dal livello precedente: dopo
tre soli passaggi l’energia disponibile si è ridotta ad un millesimo di quella iniziale, per cui, per
quanto alta sia la quantità di partenza, tre o quattro passaggi sono sufficienti ad esaurirla.
Flusso di energia tra ecosistemi
Ad ogni ecosistema giunge energia solare, ma, in aggiunta arriva anche energia proveniente
dagli ecosistemi vicini o anche lontani: l’energia di un tifone che si è accumulata sull’oceano
giunge anche a migliaia di chilometri di distanza, mentre altra ne esce in direzione opposta.
L’energia, quindi, può circolare sotto varie forme, compresa quella contenuta nei legami chimici
dei composti organici che formano i viventi. Per ogni ecosistema si potrà fare quindi un bilancio
energetico che difficilmente risulterà in pareggio, ma di solito avrà valori positivi o negativi.
SCHEDA : Ambienti artificiali e flussi energetici
In genere le considerazioni fatte per gli ecosistemi naturali funzionano anche per situazioni
artificiali quali ad esempio gli allevamenti zootecnici. Dal punto di vista della biomassa prodotta,
saranno più redditizi gli animali di piccole dimensioni, quali polli e conigli, rispetto agli animali
grossi quali bovini, a causa del ciclo vitale più rapido dei primi: tra gli animali di grosse dimensioni,
solo i suini hanno una produttività paragonabile a quella dei polli (si mangia tutto del maiale), pur
avendo, un ciclo vitale più lungo. Inoltre gli animali sono a crescita continua, come le piante, ma,
raggiunte certe dimensioni, cessano di crescere e iniziano a consumare tutta l’energia che
assimilano (respirazione). E’ per questo motivo che la macellazione avviene prima che si
raggiunga questa situazione, situazione che rappresenta una perdita energetica secca.
A proposito del flusso di energia sussidiaria c’è da dire che i massimi apporti li ritroviamo nei
sistemi artificiali costruiti dall’uomo (sistemi urbano-industriali) dove l’apporto dell’energia solare è
praticamente trascurabile, mentre assolutamente preponderanti sono i contributi energetici forniti
attraverso l’energia elettrica, il petrolio, gli alimenti, energia che deriva da altri ecosistemi.
I cicli della materia
A differenza dell’energia luminosa, gli elementi nutritivi non possono contare su un flusso
costante e rinnovabile ma devono essere riciclati all’interno di un ecosistema. Elementi come il
carbonio, l’ossigeno e l’azoto percorrono dei tragitti muovendosi dalla biocenosi verso il biotopo
per reinserirsi poi nel corpo degli organismi viventi, dando vita ai cicli biogeochimici.
Il ciclo del carbonio -E’ strettamente collegato al flusso di energia perché la maggior parte dei
processi che liberano energia liberano anche il carbonio, l’elemento fondamentale dei composti
organici, contenuto nell’anidride carbonica che è l’unico composto del carbonio direttamente
utilizzabile dai vegetali per la sintesi della materia organica. La respirazione e la combustione e la
decomposizione assicurano il ritorno dell’anidride carbonica nell’aria, ma una piccola parte di
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carbonio viene immagazzinata nelle rocce sedimentarie (carbon fossili e idrocarburi) e solo dopo
milioni di anni può tornare in circolazione.
Il ciclo dell’ossigeno
- L’ossigeno viene liberato durante i processi fotosintetici attraverso la
scissione delle molecole d’acqua. Con la respirazione e la combustione, l’ossigeno ritorna
all’ambiente formando, con l’idrogeno, nuova acqua. Una parte, molto piccola, viene
immagazzinata anch’essa in alcune rocce sedimentarie (pensate agli ossidi). Anche questo ciclo
dura diversi milioni di anni
Il ciclo dell’azoto - Come abbiamo visto l’azoto costituisce più del 78% dell’atmosfera ma nè i
produttori nè i consumatori sono in grado di utilizzarlo direttamente; esistono dei particolari
organismi unicellulari, detti batteri azotofissatori, capaci di fissare l’azoto formando alcuni
composti come nitrati e ammoniaca.
Le piante prelevano l’azoto da queste sostanze e lo
incorporano nei costituenti delle loro foglie e dei loro corpi in genere che serviranno come
nutrimento per i consumatori. Lungo la rete alimentare una parte dell’azoto si libera nei cadaveri e
nei rifiuti e i batteri decompositori la ritrasformano in nitrati e ammoniaca. Il ciclo è mantenuto in
equilibrio grazie all’azoto restituito all’atmosfera dall’azione di batteri detti denitrificanti (tipici di
stagni, paludi e acquitrini) che demoliscono i composti azotati liberando azoto gassoso.
Il ciclo del fosforo
- Un altro ciclo importante per gli organismi è quello del fosforo. Questo
elemento si ritrova nei gusci delle conchiglie, nelle ossa e nei denti e, come vedremo in seguito
(parte 6°), è utilizzato dagli organismi nei trasferimenti energetici che avvengono all’interno dei
loro corpi. Il fosforo è presente in quantità molto limitate e si concentra soprattutto nei fosfati. Man
mano che si sciolgono nell’acqua, o penetrano nel suolo o vengono trasportati dai fiumi fino al
mare. Solo le piante assorbono i fosfati ,attraverso l’apparato radicale, che poi passano nella rete
alimentare fino ai decompositori, che li rimettono in ciclo. I fosfati che raggiungono il mare
difficilmente si sciolgono e si depositano sul fondo dove vengono assorbiti dalle alghe marine e
da qui ai pesci e agli uccelli, che riportano parte dei fosfati al terreno con i loro rifiuti.
L’ecosistema è un sistema dinamico
Come abbiamo visto ogni ecosistema è attraversato da un flusso di materia e di energia e può
essere considerato una specie di organismo che si accresce e si sviluppa, un sistema dinamico
destinato a cambiare nel tempo. La trasformazione che subisce un ecosistema sono quasi
sempre difficili, da seguire perchè avvengono molto lentamente. A volte, però, un brusco
cambiamento ha effetti più rapidi sulle caratteristiche di una comunità. In questi casi è possibile
assistere alla trasformazione dell’ecosistema in un altro ( successione ecologica). Tra le
successioni ecologiche più frequenti vi è la trasformazione di un campo abbandonato in un
bosco, l’interramento di un lago, ecc. La maggior parte delle associazioni vegetali ed animali
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sono in continua trasformazione. Un gruppo di organismi prende il posto di un altro e questo
ancora di un altro, e così via; in tal modo l’associazione cambia attraverso una successione di
comunità diverse. Le successioni sono determinate da modificazioni apportate nell’ambiente
fisico, e culminano con l’affermarsi di quell’ecosistema che è il più stabile da un punto di vista
ecologico. Durante la fase di transizione da una
comunità ad un altra si trovano mescolati
insieme organismi della vecchia comunità e quelli della nuova, che si sta formando, in
competizione tra loro per spazio e per nutrimento. La comunità finale stabile, che rappresenta lo
stadio finale nella serie delle trasformazioni, e che non viene più sostituita da nessun altra,
prende il nome di climax. Il climax è caratterizzato da una biomassa maggiore, da un maggior
numero di organismi animali, da una maggiore complicazione della rete alimentare.
Lo stadio finale di una successione sembra essere determinato dal clima e della geologia del
luogo. Eventi calamitosi sia naturali (la siccità, le inondazioni, eruzioni vulcaniche) che antropici
(incendi, pascoli, agricoltura) possono però interrompere il processo di successione; il climax così
può venire alterato e può tornare temporaneamente ad uno stadio iniziale.