Richiami ai concetti di natura ambiente e paesaggio

Transcript

Richiami ai concetti di natura ambiente e paesaggio
DIDATTICA DELL’ARTE NEL TERRITORIO
Corso on line
Prof. Paolo Pavan
PREMESSA
Questo secondo modulo ha lo scopo di evidenziare i caratteri spaziali del territorio antropico in
funzione di costanti che possiamo definire fisico - percettive.
Si prenderanno in considerazione alcune teorizzazioni relative al concetto di Natura e di Spazio,
passando successivamente alla rappresentazione di modelli interpretativi dello spazio urbano.
RICHIAMI AI CONCETTI DI NATURA, DI AMBIENTE E DI PAESAGGIO
“Il mondo naturale non è quasi mai come così come ci serve e se, da un lato, fiumi e rilievi sono
degli alleati per la difesa, sono anche degli avversari per gli spostamenti. Allora vengono costruite
torri e mura per la difesa e vengono costruite strade e ponti per i collegamenti. In genere le città
sono cresciute sulle rive di un fiume perché i loro abitanti hanno bisogno di acqua, ma nello stesso
tempo hanno bisogno di ponti per superare quel fiume. Ma questo vuol dire intaccare e modificare
il mondo naturale. Un ponte su un fiume, un tempio su un colle, una casa o una città sono uno
stravolgimento dell’ambiente naturale, sostituzione del mondo naturale con un mondo arti-ficiale,
dell’artefatto nei confronti del naturale”.1
Manfredo Massironi
È evidente che i valori di emergenza, di monumento o di parte di città compiuta non possono
bastare a spiegare la complessità del valore spazio, in un determinato luogo e tempo.
Distinguere tra territorio, paesaggio, ambiente e assetto urbano è operazione in sé empirica,
essendo questi termini polisemici, visto che rispondono a significati multipli e mutevoli, spesso in
contrasto l’uno con l’altro.2
Così anche per il termine Natura, che ”Soltanto la conoscenza ingenua o le necessità dell’uso
linguistico possono attribuirgli un contributo rigorosamente definito”.3
Nell’etimo greco Φύσιѕ si designa “l’atto compiuto del costituirsi” la natura manifesta in tutte le
sue proprietà. Nella trascrizione latina vi è un rimando all’attività propria di un soggetto.4
Nello slittamento di significato si evidenzia l’interpretazione aristotelica di “modo di apparire”, che
permette la definitiva egemonia del pensiero che vede nella natura il “principio e causa del
1
Manfredo Massironi: “L’osteria dei dadi truccati” editrice Il Mulino; Bologna 2000.
Bruno Zevi: “Paesaggi e città” Newton editore; Roma 1995.
3
Paolo Casini: “La Natura” Edizioni Mondadori; Milano 1979.
4 Girolamo de Michele: “Natura e artificio” in Gilles Deleuze: “Tecnofilosofia; per una nuova
antropologia filosofica” Mimesis Eterotopia edizioni; Milano 2000.
2
movimento e della quiete in tutto ciò che esiste di per sé e non per accidente”.5 Ne consegue che
già per Aristotele Natura è tutto ciò che ha un ordine, si realizza con tipi o specie e si forma con
principi universalmente validi, leggi.
La nozione originaria di natura è, quindi, di forma primigenia, originaria, strettamente legata al
concetto di nascita e di pluralità generatrice: si tratta sicuramente di un’interpolazione tra mitico e
antropomorfo; “la nozione di natura è in origine una proiezione antropomorfa, intessuta di impulsi
e istinti irrazionali… l’idea di natura appare connessa o giustapposta all’idea di divinità”.6
Dopo Lucrezio (“ultima voce a riaffermare la positività della Natura creatrix, del pluralismo legato
all’affermazione molteplice, del molteplice in quanto diverso e oggetto di gioia”)7, attraverso un
lungo percorso, si impone una visione che possiamo definire razionale: “la concezione razionale
della natura – la ragione umana stessa, in un certo senso, è venuta maturando attraverso un
progressivo distacco dall’animismo e dall’antropomorfismo… in questo secondo caso (concezione
razionale) il termine “naturale”8, comunque corrente nell’uso linguistico designa evidentemente
qualcosa di profondamente diverso, è, al limite, un simbolo o una metafora…il senso generale
della svolta realizzatasi all’incirca nel corso di due secoli – da Copernico a Newton - si potrebbe
riassumere sommariamente nella scoperta che la natura è realmente dominata da leggi; che
queste leggi sono razionali; ossia che possono essere ricostruite dall’intelligenza umana per via
matematica e sperimentale.”9
Certo le incrostazioni mitiche sopravvivono producendo poetiche infinite.10
Il concetto di natura, quindi, più che una costante autonoma, della quale si possa seguirne gli
sviluppi distinti e a sé stante, è piuttosto una variabile tra altre variabili.
Dal nostro punto di vista possiamo affermare che il sistema di segni, preesistenti nel “territorio”,
si possono definire Natura in quanto siano presenza al mondo precedente l’azione diretta della
specie umana.11
Ne consegue che l’intervento antropico, in un determinato paesaggio, si può configurare sotto il
duplice aspetto di creatore ex novo di un nuovo paesaggio (il costruito, l’urbano, la città), per così
dire artefatto ed artificiale, e costitutivo di una lettura estetica dell’esistente (natura).12
5
Aristotele: “La natura”
Paolo Casini: op.cit.
7
Gilles Deleuze: “Lucrezio ed il naturalismo” in “Logica del senso” editore Feltrinelli; Milano 1975.
8
Paolo Casini: op.cit.
9
Paolo Casini: op.cit.
10
Anche al giorno d’oggi vi sono interpretazioni che reificano il concetto di natura mitologica: si
pensi al concetto di genius loci (Christian Norberg-Schulz) o interpretazioni come quella di Iñaki
Abalos (Iñaki Abalos: “Che cos’è il paesaggio?” in Domus 873, Editoriale Domus; Milano 2004.
11
Vittorio Gregotti: “Il territorio dell’Architettura”; edizioni Feltrinelli; Milano 1975.
12
“è stato osservato ,che ,per aver godimento estetico dagli oggetti naturali ,conviene astrarre
dalla loro estrinseca e storica realtà ,e separare dall’esistenza la semplice apparenza o parvenza ;
che guardando noi un paesaggio col passar la testa fra le gambe , in modo da toglierci dalla
relazione consueta con esso , il paesaggio ci appare come uno spettacolo fantastico ; che la
6
Resta da individuare il carattere trasformativo che permette il passaggio della percezione in
percezione estetica: sicuramente l’idea di mito ne è un elemento fondativo, ogni qualvolta cioè un
gruppo sociale elegge un sito a luogo simbolico, vi riconosce un valore, distinto dalla natura anche
se a essa dedicato, che avvia il luogo a divenire oggetto, a definirsi come figura circostante.
Queste figure permangono nella città: in essa è certamente avvenuta una traduzione di questi
segni da elementi dell'assetto geofisico del territorio ad elementi che in vario modo hanno
contribuito ad un particolare assetto morfologico e morfologico/tipologico di una realtà urbana, ma
gli archetipi generatori sono sempre evidenti.13
D'altra parte anche la cultura illuminista – figure 1, 2, 3, 4, 5 e 6 -, nel suo complesso, si riferisce
ad una natura che dà origine ad una sorta di mito polimorfo: forme certamente complesse e
differenziate, dove l’architettura elabora dei prototipi spaziali autonomi, ma che parallelamente si
mostrano anche intrise di mitologia “prescientifica”.14
Elementi che possono sembrare contrapposti: da una parte “la conoscenza della natura fornita
dalle matematiche e dal corpus della scienza sperimentale costituiva ora il banco di prova di ogni
discussione sul metodo della ricerca, sui mezzi e sui fini della conoscenza, più in generale sul
posto e sul destino dell'uomo nella natura."15 dall'altra l'identificazione di Natura con Ragione. "La
Ragione diviene esplicitamente figlia della Natura e la ragione coincide con la philosophie della
nuova liturgia della Ragione che si situa nella Religione della Natura”.16
“...Tutti questi problemi sono percorsi dalla questione dell'immagine urbana, della sua
architettura; questa immagine investe il valore di tutto il territorio vissuto e costruito dall'uomo…
la brughiera, i boschi, i campi coltivati, le zone incolte si fissano in un insieme inseparabile di cui
l'uomo porta con se il ricordo.”17
Similarmente possiamo definire con il termine ambiente il complesso di relazioni e interazioni che
configurano la fenomenologia di un territorio, cioè di un lembo della superficie terrestre – figura.
La sua evoluzione si svolge nel realizzarsi sia di processi naturali, dai quali è assente l'opera
dell'uomo, sia di processi umani, cui invece tale opera è direttamente connessa. Tra i processi
naturali vanno ricordati quelli legati alle forze endogene della Terra e quelli derivanti dalla
situazione, dalla configurazione, dalla diversa natura delle varie parti della superficie terrestre. Tra
natura è bella solo per chi la contempli con occhio di artista; che zoologi e botanici non conoscono
animali e fiori belli ; che il bello naturale si scopre(ed esempi di scoperte sono i ”punti di vista”
additati da artisti e da uomini di fantasia e di gusto); che, senza il concorso della fantasia,
nessuna parte della natura è bella”. Benedetto Croce; in Bruno Zevi: “Paesaggi e Città”; Newton
edizioni; Roma 1995.
13
Si veda il discorso su “Mito, rito e monumento” della prima lezione.
14
Emil Kaufmann: “Tre architetti rivoluzionari. Boullee Ledoux Lequeu” Franco Angeli Editore;
Milano 1993.
15
P. Casini: op. cit.
16
Paolo Marconi
17
Vidal de la Blache: ”Principes de géographie humaine” Colin, Paris 1922.
i fattori umani di evoluzione di un'area geografica vanno ricordati la tradizione e la cultura dei
singoli gruppi umani, il loro livello tecnologico, le loro strutture sociali e istituzionali, il loro sistema
economico e il loro ordinamento politico.
Tutto ciò è insieme causa ed effetto di una continua evoluzione del modo di vivere degli uomini,
non meno che del territorio in cui essi sono insediati.
Testimonia di tali influenze l'evoluzione del paesaggio, che è appunto la manifestazione concreta
dell'ambiente, in uno spazio territoriale più o meno esteso, in una forma transitoria di coesistenza
ed equilibrio tra diversi fenomeni – figura 7, 8 e 9 -.
Allorché tra essi prevalgono quelli naturali, cioè i processi evolutivi cui presiedono leggi di natura
(un territorio d'alta montagna, un deserto, una foresta pluviale ecc.), si identifica un paesaggio
naturale, mentre quando si affermano fenomeni e processi di trasformazione essenzialmente
umani vien logico parlare di paesaggio antropico.
il paesaggio, “non più concepito come un aggregato di forme fisiche, circostanza ricorrente in
passato: la parola chiave non è più ‘geomorfologia’ (o geografia corografica).
Esso è visto come un insieme organico di forme umane e fisiche, come l’espressione concreta, di
luogo in luogo, che nasce dall’incontro della cultura e della tecnologia delle comunità con
l’ambiente fisico.
Sotto questo punto di vista il paesaggio è un concetto strettamente coordinato con quello di
genere di vita”.18
RICHIAMI AL CONCETTO DI SPAZIO
“Gli uomini sanno fare tutto tranne i nidi degli uccelli”.
Ambrosie Paré
“Secondo il geofisico, lo spazio è ciò che impedisce che tutto sia nello stesso posto, compreso
nella densità di un pianeta sospeso al di sopra dell’abisso”.19
È questa una definizione che procede secondo il principio di negazione: lo spazio si dà in quanto
accidente al non–spazio, vale a dire di impossibilità alla compenetrazione della materia.
In effetti la definizione di spazio è stata a partire dal secolo XIX° tra gli elementi più colpiti dalle
scienze fisiche e dalle metafisiche.
Noi cercheremo di mettere in luce come il concetto di spazio corra parallelamente, alle volte
sovrapponendosi, al concetto di architettura, di paesaggio e di città.
Lo spazio non è l'ambito (reale o logico) in cui le cose si dispongono, ma il mezzo in virtù del
quale diviene possibile la posizione delle cose; dobbiamo pensarlo come la potenza universale
18
19
Vallega: “Geografia umana” Edizioni Mursia; Milano 1989.
Paul Virilio: “Città panico” Raffaello Cortina Editore; Milano 2004.
delle loro connessioni. Per dirla alla Baudrillard, lo spazio è il codice simbolico che relaziona le
cose.20
La geometria ci permette di relazionare spazio e tempo e, se pure in maniera parziale, può
descriverci aspetti spaziali di relazione, posizione, connessione tra gli oggetti.
Se alcune caratteristiche dello spazio di ordine quantitativo possono essere misurate dalla
geometria, è però del resto vero che la difficoltà di rendere esplicito il concetto di spazio sta in
grande parte nella insufficienza di queste rispetto ad una più larga comprensione; in questo senso
ci avviciniamo alle tesi di Bachelard: “Si crede talvolta di conoscersi nel tempo e non si conosce
che una suite di fissazioni negli spazi della stabilità dell'essere, di un essere che non vuole
passare, che, nel suo passato, quando va alla ricerca del tempo perduto, vuole “sospendere” il
volo del tempo. Lo spazio nei suoi mille alveoli, racchiude e comprime il tempo: lo spazio serve a
questo scopo”.21
Bachelard non a caso parla di spazio poetico, e di come questo concetto sia intimamente legato
alla memoria, all’immaginazione e dello stretto rapporto che intercorre con il sistema simbolico ed
alla stessa immagine.
“Attraverso lo spazio, nello spazio, rinventiamo i bei fossili della durata, concretizzati da lunghi
soggiorni”.22 E ancora: “La casa è un corpus di immagini che forniscono all’uomo ragioni o illusioni
di stabilità: distinguere tutte le immagini, dal momento che incessantemente si reimmagina la
propria realtà, vorrebbe dire svelare l’anima della casa, sviluppare una vera e propria psicologia
della casa”.23 Affermando che la casa non possiede radici e i grattacieli non hanno cantine,
Bachelard vuole enunciare il principio per il quale gli edifici cittadini mancano di “cosmicità” poiché
non si trovano nella “natura” e le vie sono come tubi in cui vengono aspirati gli uomini.24
In sostanza per Bachelard, e per i fenomenologici, non viviamo in uno spazio omogeneo e vuoto,
ma in uno spazio dove proiettiamo le nostre esperienze primarie, dell’infanzia, delle passioni, di
tutti i nostri fantasmi interiori, della nostra memoria individuale.
Per Aldo Rossi, pur nella dicotomia tra spazio fenomenico e spazio “personale”, soggettivo, esiste
uno spazio della memoria, storica e non, che diviene architettonicamente reattivo grazie al legame
che intercorre con la quantificazione e qualificazione geometrica dello spazio; tramite la geometria
possiamo restituire ed interpretare lo spazio; esso è il codice che noi abbiamo a disposizione che
ci permette di esprime i "valori posizionali" e dunque gli elementi di relazione fra opera e
contesto: "La geometria è il mezzo che ci siamo fabbricati per percepire le cose intorno a noi e per
esprimerci. La geometria è il nostro principio fondamentale. Dà anche forma ai simboli che
20
21
22
23
24
Jean Baudrillard: “Lo scambio simbolico e la morte” edizioni Feltrinelli; Milano 1980.
Gaston Bachelard: “La poetica dello spazio” Edizioni Dedalo Libri; Bari 1975.
Gaston Bachelard: op. cit.
Gaston Bachelard: op. cit.
In questi enunciati vi è anche l’anticipazione di ciò che sarà teorizzato da Paul Virilio.
rappresentano la perfezione, il divino. E ci procura le sottili soddisfazioni della matematica."25
La geometria si gioca sul duplice terreno del mezzo compositivo e della sostanza in sé: non si
presenta come mezzo "stabile" di comprensione e di espressione ed in quanto codice è valido il
tracciato regolatore lecorbuseriano – figure 10 e 11 - quanto il Mandala indiano – figure 12 e 13 -.
"Costruire significa per lo Sthapati portare l'essere non ordinato e caotico in armonia con la
regolarità che penetra tutte le cose. E ciò è possibile solo in quanto ogni architettura segna con
esattezza il magico diagramma del Vastu-Purusha-Mandala.
Ogni attività edilizia significa una nuova vittoria sul pericolo della dissoluzione e puntella, regge
l'ordine cosmico".26
Cesare Brandi dice a proposito dell'architettura giapponese – figura 14 e 15 -: "il tema spaziale
dell'architettura giapponese non è ne l'interno ne l'esterno,ma una sorta di interno-esterno a se
stesso e di esterno che fa sistema, non ha aperture, e quindi è praticamente un interno”.27 E
ancora Nitschke: "tradizionalmente in occidente si intende con il termine spazio -in senso
tridimensionale-, l'opposto di oggetti materiali tangibili. Come, cioè, una scatola, vista
dall'esterno, è un oggetto, così l'interno di questa scatola è costituito dallo spazio. Nella
terminologia buddista, invece, il termine forma sta talvolta per oggetto e la non forma sta per
spazio… dalle loro architetture migliori si deduce piuttosto che lo spazio come entità non esiste del
tutto. In senso giapponese dello spazio è MA, cioè coscienza del sito la coscienza del MA,
combinando le dualità oggetto-spazio, tempo-spazio, oggetto-mondo esterno, soggetto-mondo
interno, sta alla base dell'architettura giapponese”.28
Dunque, se si confrontano le concezioni di spazio indiano, giapponese e occidentale esse risultano
ben diverse, dimostrano che l’identità spazio ha storicamente assunto forme specifiche nei vari
gruppi umani.
Interno ed esterno, si affermano e si negano attraverso un limite che assume di volta in volta
qualità diverse: di barriera, di diaframma sensibile e/o trasparente, di segno, ecc.
Vedremo più avanti come nel Post-Moderno l’infosfera produrrà un capovolgimento di codice.
25
Le Corbusier: ”Verso una architettura” Longanesi; 2003.
Andreas Volwahsen: “Cosmic architecture in India” edizioni Prestel; New York, 2001.
27
Cesare Brandi: “Budda sorride“ Einaudi editore; Torino 1973.
28
Gûnter Nitschke: “Japanese gardens. Right angle and natural form" Taschen, 1999.
26
L’IMMAGINE DELLA CITTÀ
Delle costruzioni si fruisce in duplice modo: attraverso l’uso e attraverso la percezione. O in
termini più precisi: in modo tattico e in modo ottico.
L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella
distrazione e da parte della collettività. Le leggi della sua ricezione sono le più istruttive.
Walter Benjamin29
La città è un artefatto di scala enorme che, come un’architettura, è percepita in una scansione
temporale, ma, differentemente da questa, la scansione non può che essere molto lunga.
Le variabilità sono infinite: luci, temperature, condizioni meteorologiche; le sequenze percettive
possono interrompersi, sovrapporsi, invertirsi.
Anche la sua stessa stabilità temporale è dinamica: la struttura urbana è sottoposta a
trasformazioni da innumerevoli agenti operativi, di ordine fisico e connettivo.
Ma il fenomeno urbano è soprattutto il prodotto del lavoro attivo dell’uomo sull’ambiente, atto a
creare una funzionalità pratica di gestione organizzativa del tempo-vita.
Kevin Lynch indaga a partire dalla condizione di utenza dell’abitante della città, i criteri che
permettono all’immagine urbana di essere assimilata e memorizzata; egli inoltre si pone il
problema se esista, da parte dei pianificatori, la possibilità di creare un linguaggio sistemico per
rendere definita, percettivamente, la forma urbana.
La Chiarezza e leggibilità dell’immagine della città divengono caratteri fondanti per agire lo spazio
urbano: se le strategie del vivente sono legate alla capacità di organizzare indicazioni sensorie in
riferimento all’ambiente esterno, ne consegue che più l’immagine dell’ambiente sarà precisa e
distinta, più efficace sarà muoversi con efficacia ed efficienza. In questo senso non c’è alcuna
differenza con l’uomo antico che doveva ri-conoscere il territorio nell’arte della caccia o della
guerra e l’uomo moderno inserito nel traffico veicolare di una metropoli; come gli antichi, anche
l’uomo contemporaneo associa cose a nomi del paesaggio a condizioni funzionali del suo
orientamento.
Nonostante l’immagine sia diversa da individuo ad individuo, ne esiste per approssimazione una
pubblica: lo skyline di New York o di Venezia, al di là delle diverse emozioni suscitate, sono
elementi riconosciuti.
Essa si definisce nelle componenti di identità (fisicità dell’oggetto), struttura (aspetto relazionale
con il soggetto traguardante e gli altri oggetti) e significato (pratico od emotivo).
Le identità fisiche a loro volta si possono classificare in
percorsi (tutta la rete connettiva, pubblica e privata, di un territorio: strade pedonali,
automobilistiche, ferrate, canali ecc.) – figura 16 -,
margini (confini e discontinuità tra parti: mura, rive, linee di continuità edilizia ecc.) – figura 19 -,
29
Walter Benjamin: “Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità” Einaudi Editore; Torino 2000.
,
quartieri (parti omogenee – bidimensionali - di territorio con caratteri morfologici ed edilizi
comuni),
nodi (focalità strategiche con effetti di condensazione di uso o di caratteristica fisica: un angolo,
una piazza, ma anche un quadrivio, un attraversamento ecc., e dove l’osservatore può transitare),
riferimenti (segnali puntiformi costituiti da un oggetto fisico: un edifico, un’insegna, il dettaglio di
una porta, la forma di una cornice muraria).
Statisticamente, nell’orientamento cittadino, i percorsi sono gli elementi di maggior rilievo, sia per
coloro che hanno legami stabili con il luogo, che per coloro che posseggono una mappa (mentale)
meno articolata, perché occasionale.
I percorsi trovano la loro distinzione percettiva in vari modi, come ci viene descritto da Lynch,
quando descrive i risultato della sua ricerca sulla città di Boston: “impedimenti al traffico, che
spesso complicano la struttura, possono in altri casi concentrando il flusso trasversale in pochi
canali, che divengono così concettualmente dominanti. Beacon Hill, agendo come una gigantesca
rotatoria, accresce l’importanza di Cambridge e Charles Street; i Giardini Pubblici rinforzano
Beacon Street. Il Charles River, confinando il traffico a pochi ponti, tuti visibili e dotati di una
forma specifica, indubbiamente chiarisce la struttura dei percorsi”. 30
Così anche la concentrazione di determinate attività lungo un asse stradale ne strutturano la forza
di catalizzatore percettivo: che siano banche, cinema, negozi, ma anche il semplice ripetersi di
tipologie edilizie abitative simili.
Un percorso è per definizione il descrittore di elementi di flusso e di direzione; proprio alla
condizione di flusso si lega il principio di memorizzazione, cosicché spesso si associa un percorso
alla corrente di traffico, riconoscibile per la presenza di grandi folle, di tram, di pedoni ecc.
“Cercare di fare affidamento sulla strada «principale» (cioè ampia) diviene automatico, e il
sistema stradale di Boston di solito effettivamente verifica questo presupposto".31
È altrettanto usuale ricondurre il percorso ad un sistema geometrico lineare, dove si
sequenzalizzano incroci e curve, oppure lo relazionano ad un ordine di scacchiera.
I margini si definiscono come limiti, in genere impermeabili al flusso trasversale, tra aree diverse:
le città d’acqua, o che al proprio interno hanno presenze notevoli di fiumi e canali, hanno nelle
rive una costante di riferimento, anche se dobbiamo aggiungere che tali rive sono margini nella
misura della loro visibilità; esistono infine margini che possono essere anziché ordinatori,
disgregatori: è il caso in cui i margini sono costituiti da ferrovie, autostrade, e limiti di quartiere,
che vengono “mentalmente cancellati”.
Il quartiere è una parte omogenea di città, nella quale si può penetrare, che è identificabile
30
31
Kevin Lynch:”L’immagine della città” Marsilio editori; Padova 1975.
Kevin Lynch: op.cit.
attraverso margini ed unità tematiche: “portoni profondi, bianchi, ben tenuti, modanature nere,;
marciapiedi in ciotoli o in mattoni; tranquillità…”32, e dove si includono percezioni sensoriali nonvisive come il rumore. Anche una designazione del quartiere attraverso un nome ne aiuta la
definizione.
Appartengono alla categoria dei nodi le stazioni ferroviarie, punti scambiatori tra trasporto privato
e pubblico, fermate della metropolitana interrata o meno. Gli elementi dell’intorno si allineano
sulle loro direttrici, cosicché “la principale sensazione ubicazionale per chi vi arriva è
semplicemente «eccomi qui»”.33
Nodo paradigmatico, dove anche la forma fisica si definisce come sinergeticamente attiva (nel
senso che anche il valore simbolico è intensificativi dal punto di vista percettivo), è Piazza San
Marco a Venezia.
Il vuoto della piazza contrasta fortemente con l’intrico di calli che strutturano il tessuto urbano; la
sua bipartizione tra Piazza e Piazzetta ne costruisce una interna gerarchia ordinata secondo
figurazioni distinte e certe (biblioteca, campanile, procuratie vecchie e nuove, basilica, palazzo
ducale)34 con la connessione ben marcata verso il Canal Grande (percorso e margine) definito
dalle due colonne.35
Riferimento è un elemento puntiforme, esterno all’osservatore, che si definisce per un buon
contrasto figura-fondo: in una città grigia un edificio colorato o dipinto (Majolikhaus a Vienna),
una cupola dorata (State House a Boston), un edificio arretrato rispetto al fronte stradale
(Seagram Building a New York).
Nessuno di questi elementi esiste di per sé isolatamente: gli elementi si sovrappongono e
penetrano l’un l’altro determinando un’immagine pregnante in funzione della loro efficacia
collaborativa.
Le infinite combinatorie tra percorsi, nodi, margini e riferimenti producono immagini che i possono
sintetizzare in due tipologie: statiche e sequenziali; nel primo caso le immagini sono viste come
insiemi suddivisi e gerarchizzati dal generale al particolare, o nel reciproco; nel secondo caso
l’organizzazione delle parti è vista come temporale, continua e scandita da connessioni lineari,
date da un movimento reale di flusso, come se si trattasse di una ripresa cinematografica.
Un buon disegno urbano è sicuramente definito anche da un sapiente dosaggio reciproco di questi
cinque elementi; è in questo senso che anche certa urbanistica ne calcola le prestazioni in fase di
32
Kevin Lynch: op.cit.
Kevin Lynch: op.cit.
34
Che peraltro non sfumano in unità permeabili e sfrangiate.
35
È interessante che proprio su questo margine, tra la colonna che sorregge il Leone di San Marco
e quella di San Todaro, avvenissero le esecuzioni capitali, all’epoca della Serenissima Repubblica.
Inoltre esse si configurano come una vera e propria porta trionfale al centro della città.
33
progetto e di planning.
Lynch ci dà un’elencazione sia dei macro obiettivi dell’urbanistica, passata e presente, che dei
requisiti funzionali per fissare dei criteri significativi della forma urbana, che possono essere
parametrizzati dal punto di vista quantitativo attraverso la definizione di standards minimi.
Gli obiettivi erano di:
1. Difesa: tra i movimenti principali delle realizzazioni urbanistiche del passato.
2. Mantenimento dei rifornimenti (soprattutto alimentari).
3. Relazionati ai sistemi rituali che sviluppavano la forma urbana in funzione all’armonia
celeste.
4. Relazione a ragioni simboliche: la conformazione urbana aveva lo scopo di ispirare il
timore e la memoria, verso simboli di governo e degli altri valori dominanti.
5. Ospitare le attività necessarie, secondo un’adeguata sistemazione ed accessibilità,
determinando degli standards ottimali. Come sotto obiettivo si può inserire quello degli
allineamenti stradali, la rete dell’acquedotto, topografia.
6. Evitare il fastidio, l’attrito o l’«incompatibilità» (per esempio: tenere il traffico di
attraversamento lontano dalle strade residenziali).
7. Prevenire le calamità (incendi, inondazioni, epidemie).
8. Minimizzare i costi del trasporto.
9. Minimizzare i costi iniziali o di manutenzione.
10. Fornire un luogo di produzione efficiente.
11. Fornire un ambiente attrattivo per manodopera e capitale.
12. Permettere cambiamenti futuri del piano, senza lacerazioni.
13. Sviluppare la persona dal punto di vista intellettuale, morale, artistico, emotivo, fisico.
14. Sviluppare la salute mentale e fisica.
15. Permettere la possibilità di scelta del modello di vita, attrezzatura, lavoro e svago.
16. Partecipare alle decisioni.
17. Rafforzare l’identità comunitaria.
18. Rafforzare il senso di ordine ed armonia.
19. Evitare ciò che è non è appropriato.
20. Rafforzare la base imponibile.
21. Conservare il luogo così com’è.
22. Massimizzare le possibilità di profitto.
23. Conservazione e incremento del potere.
Mentre gli attuali obiettivi formali e requisiti funzionali dovrebbero essere:
1. Accessibilità; relazione tra localizzazioni, con ottimizzazione dei mezzi di comunicazione.
2. Adeguatezza; rispetto di standard ottimali tra richiesta e offerta di alloggi, scuole, attività
per lo svago ecc.
3. Congruenza; idoneità dell’assetto fisico alle attività che vi si svolgono, relazionandole al
flusso circolatorio.
4. Varietà; l’entità numerica dei servizi e delle funzioni, nella loro mescolanza spaziale.
5. Adattabilità; la trasformabilità funzionale di un determinato ambiente con costi minimi.
6. Leggibilità; strutturazione semplice e significativa dell’immagine percettiva.
7. Sicurezza; rapporto tra forma urbana e riduzione delle sciagure, delle malattie, della
morte.
8. Sollecitazione;
in
senso
psicologico
e
fisiologico,
né
eccessivamente
forte
né
eccessivamente debole (clima, fatica, stimolo percettivo ecc.).
9. Efficienza; massimo beneficio in rapporto agli obiettivi di soddisfacimento.
Tra gli elementi d’analisi in cui scompone il percettivo urbano Lynch, il più interessante è
sicuramente quello dei percorsi.
Proprio su tale tematica lavora l’urbanista inglese Gordon Cullen.
Egli ipotizza la città come la percezione di una serie di forme consequenziali che si organizzano
lungo un percorso in un determinato tempo.
“Una città è più della somma dei suoi abitanti”, 36 e allo stesso tempo lo spazio urbano è più della
somma degli edifici che lo compongono. Le regole percettive creano all’interno del soggetto uno
stato emotivo nelle interazioni tra l’individuo e l’ambiente costruito. La percezione visiva non è
soltanto utile, ma evoca i nostri ricordi e le nostre esperienze, quelle emozioni sensibili rimaste
impresse in noi, che hanno il potere di disturbare la mente quando appaiono.
E’ questo l’invisibile sovrappiù di cui stiamo parlando, poiché chiaramente se l’ambiente produce
una reazione emotiva in noi, con o senza il nostro volere, sta in noi cercare di capire quali sono le
tre vie attraverso le quali questo accade.”37
Per legare il fenomenologico percettivo alle sensazioni psichiche individua quindi tre chiavi di
lettura dello spazio urbano:
- la serialità della visione in movimento;
- il rapporto corporeo con la fisicità del luogo;
- il contenuto del luogo (materiali e elementi che lo costituiscono).
Ci pare opportuno soffermarci solo sugli elementi integrativi di Cullen rispetto all’analisi offerta da
Lynch, che vengono ben sintetizzati da Alessandro Franceschini in “Percezione e spazio urbano”38.
36
G. Cullen, "Il paesaggio urbano", Ed. Calderini, Bologna, 1976.
G. Cullen, "Il paesaggio urbano", Ed. Calderini, Bologna, 1976.
38
Alessandro Franceschini: “Percezione e spazio urbano” Quaderni del Dipartimento
37
Le visioni seriali
La struttura urbana viene sempre rivitalizzata da stimoli visivi seriali fortemente contrastanti.
Il luogo come territorio occupato
E’ difficile immaginare un sagrato senza affollamento dopo la funzione eucaristica così come è
difficile immaginare un affollamento senza un sagrato: le due cose nell’immaginario della città si
compenetrano fino a coincidere l’una con l’altra.
Il luogo come possesso in movimento
E’ un luogo riservato alla marcia pedonale: spesso distinto dal resto con una pavimentazione
diversa o con un particolare uso della superficie della strada. Può essere collocato all’interno di
una piazza e attraversarla, oppure passare tangente agli edifici. Su di esso ci si sente a proprio
agio solo camminando.
Il conflitto tra possesso statico e possesso dinamico: la viscosità
Quando abbiamo un conflitto tra spazio diviso tra un possesso dinamico e quello statico avviene il
fenomeno di “viscosità”, cioè il formarsi di gruppi di gente ferma in conversazione, di lenti
ammiratori delle vetrine, venditori di frutta, di fiori… Lo spazio ideale in cui si può verificare questo
fenomeno è la parte della città coronata dai portici, chiusa dalle tende, oppure in stradine sinuose.
Enclaves
Si tratta di un interno aperto verso l’esterno. Una “stanza” staccata dal traffico dalla quale si
ammira la scena della circolazione urbana esterna e alla quale si può accedere in entrambe i
sensi. Si tratta di una spazio protetto dove la luce si abbassa e dove i rumori ed il frastuono del
traffico arrivano lontani e ovattati.
Enclosure
Spazio chiuso distante dal traffico. Ha ragione di esistere in quanto esiste il traffico. Luogo
tranquillo in cui si può udire solo da lontano il caos del traffico, è solitamente disposto in
prossimità dei luoghi di passaggio ma non direttamente sulla direttrice. Su di esso possono
affacciarsi edifici residenziali ed è caratterizzato dalla presenza di verde urbano.
Punti focali
E’ il punto verticale di una collettività. Nelle strade animate e nelle piazze dei mercati di città e dei
villaggi è il punto focale che stabilisce il centro di una situazione. La civiltà dell’automobile ha
causato una disaffezione a questi elementi tipici dei luoghi pedonali.
Ambiente interno e spazio esterno
URB - materiali e ricerche 2 Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Ingegneria Civile e
Ambientale; Comune di Trento - Servizio Sviluppo Economico 2004; il testo di Franceschini dà
un’ampia panoramica delle teorie percettive del fenomeno urbano. È possibile visionarlo al sito:
www.trentocittaalpina2004.com
L’esterno viene adattato all’uomo proprio come un interno e quindi ne viene ad assumere
rapidamente tutte le caratteristiche. Se l’esterno deve essere abitato, l’architettura da sola non
basta. Servono altri elementi come gli alberi e l’arredo urbano, i dislivelli e il cielo, le montagne e
il pavimento; tutti concorrono a possederlo e a viverlo sia staticamente che dinamicamente.
Livello superiore e livello inferiore
L’essere ad un livello inferiore o ad un livello superiore determina uno stato d’animo
specificatamente diverso. L’essere a un livello inferiore crea intimità ma anche senso di inferiorità
e di claustrofobia; l’essere ad un livello superiore, invece, dà sensazioni di allegria, di senso del
comando, di superiorità ma anche di esposizione e di vertigini. Ancora: l’atto di salire dà
sensazioni di trovarsi in mezzo a cose sconosciute, l’atto di scendere, invece, provoca emozioni
simili al ritorno ai luoghi famigliari.
Vista grandiosa e vista schermata
Esistono due modi per dividere lo spazio: aprire il più possibile la visuale ed evitare una divisione
tra primo piano e sfondo produce una sensazione di onnipotenza e di grandezza. Al contrario, una
vista schermata riduce il senso della profondità e dell’unità con lo sfondo; il mondo esterno è reso
più remoto e il gioco dello schermo può essere usato anche per aumentare il senso della sorpresa
una volta superata la barriera.
Il particolare piacevole
Conferisce bellezza ad una via secondaria solitamente insignificante.
Non è necessario che essa sia un capolavoro di pietra o un affresco di superba qualità: spesso è
sufficiente un’insegna particolarmente curata o una porta con degli elementi di originalità per
conferire ad uno spazio mediocre un’aria più raffinata.
Vista chiusa e vista deviata
Accade quando abbiamo una vista chiusa che individua un edificio e costringe gli utenti ad un
arretramento per poterlo ammirare. E’ in qualche modo un atteggiamento innaturale e
tipicamente architettonico, ma la vista chiusa è suscettibile ad infiniti adattamenti.
Una delle varianti della vista chiusa è la deviazione, in cui l’edificio preso in considerazione non è
nel giusto angolo visuale, e cioè ortogonale a chi guarda, facendo così sorgere l’idea che questo
avvenga a qualche proposito, cioè che ci sia un luogo alla fine della strada, per il momento ancora
nascosto alla vista, di cui l’edificio è parte integrante.
Proiezione, arretramento e singolarità
La sensazione di noia in cui può cadere l’occhio in un contesto urbano può essere evitata o attutita
da una serie di trucchi visivi che fanno sì che con l’occhio non si veda tutta la strada in un solo
sguardo ma si indugi invece sui particolari. Questo si può ottenere attraverso l’intrico sinuoso
degli edifici che evitano l’allineamento classico oppure attraverso l’introduzione di elementi di
spicco e di imponente od originale mole, che catturano e magnetizzano l’attenzione dello sguardo.
L’abile disposizione di queste singolarità da risalto alle forme fondamentali della strada o della
piazza: è un punto fondamentale.
Anticipazione, infinito, mistero, abisso
Esistono spazi urbani che danno dei chiari stimoli percettivi che immediatamente provocano senso
di curiosità o di rifiuto. Tra questi l’anticipazione è quella percezione dell’ambiente che annuncia
ciò che avverrà dopo il superamento di un determinato limite. Solitamente l’anticipazione non
ha caratteristiche di positività o di negatività, ma semplicemente annuncia ciò che può avvenire (e
che non è detto che avvenga) proseguendo un determinato percorso.
La sensazione di infinito avviene normalmente attraverso due vie: la prima è quella di eliminare la
posizione intermedia degli oggetti, e cioè quando il cielo si trova a contrastare direttamente con
un bordo o un limite sospeso in primo piano; la seconda si ha quando si sostituisce il cielo alla
strada.
Il mistero caratterizza invece quel luogo che ci fa intuire l’esistenza di ciò che potrebbe avvenire
dopo, ma di cui non possediamo nessun indizio.
E’ quello che rende un luogo più appetibile di altri. Una piccola dose di mistero è un aspetto
assolutamente necessario per conferire maggiore curiosità all’osservazione di uno spazio.
Del tutto differente, anche se per alcuni aspetti simile, è il concetto di abisso: un luogo scuro,
immobile e silenzioso come un grosso animale dotato di infinita pazienza che osserva la gente
muoversi avanti e indietro alla luce del sole; suscita diffidenza e un velo di paura.
Una lettura che integra il pensiero di Lynch a quello di Cullen è quella che propongono Bersi e
Ricci.39 Riportiamo brevemente la loro proposta operativa per il rilievo ambientale:
LIVELLO A: Lettura dell’immagine ottica
A1) Delimitazione spaziale della zona oggetto d’indagine;
A2) Sopralluogo per individuare (con fotografie e disegni) e catalogare spazi ed elementi plastici:
_
Luogo – figure 23A e 23B - (come dimensione fisica dell’esistenza e delle azioni umane) che
può essere: Chiuso/Aperto
Vuoto/Occupato
Geometrico/Articolato
Interno/Esterno
Strutturato/Libero
Unitario/Frazionato
Ben caratterizzato/Ambiguo.
39
Sergio Bersi, Carlo Ricci: “Linguaggi e progetto” Zanichelli editore; Bologna 1992.
_
Asse: direzionalità preminente – figure 24A e 24B -; può organizzarsi in percorsi (strade,
porticati, ferrovie) oppure in strutturazioni compositive della forma ambientale (filari di
alberi).
L’asse può essere:
Rettilineo/Ondulato
Curvo/Spezzato
Libero/Bloccato
Semplice/Composito
Uniforme/Variabile
Forte/Debole.
_
Nodo e Polo – figure 25 e 26 -: sono l’intersezione di due o più assi che enucleano come
spazi caratterizzati da forze centrifughe (assi che si allontanano: nodo) o da forze centripete
(assi che convergono: polo).
I nodi e poli possono essere:
Semplici/Complessi
Statici/Dinamici
Deboli/Forti.
_
Area – figura 27 -: zona riconoscibile per uno o più caratteri di omogeneità e dotata di
funzione unificante.
Un quartiere compreso tra due arterie principali può essere considerato un’area.
L’area si può classificare come:
Funzionale/Visiva
Determinante/Indeterminante
Strutturata/Caotica
Estesa/Ristretta.
_
Volumi – figure 28A e 28B -: elementi tridimensionali che rendono sensibile lo spazio
possono funzionare come riferimenti(obelisco,chiesa,montagna).
Il volume si può classificare:
Semplice/Complesso
Ortogonale/Curvo
Pieno/Vuoto
Alto/Basso
Continuo/Discontinuo
Opaco/Trasparente.
_
Colore– figura 29 -: componente dell’immagine urbana fortemente caratterizzante.
Il colore si classifica come:
Forte/Debole
Caldo/Freddo
Limpido/Opaco
Significante/Casuale.
_
Dettaglio – figura 30 -: i dettagli possono essere a diverse scale, possono essere formali
(plastici e cromatici) o tecnico-costruttivi, oppure paesaggistici (particolare essenza o tecnica
di coltivazione).
_
Segnale – figura 31 -: elemento che unisce una determinata forma ad una precisa immagine
con contenuto comunicativo univoco.
A3) Sequenza – figure 21 e 22 -: gli spazi vengono vissuti nello snodarsi sequenziale nel tempo.
LIVELLO B: dopo il rilievo dell’immagine ottica (LIVELLO A) è necessario un secondo rilievo per
scoprirne i valori comunicativi, i significati, riportando in modo schematico su una planimetria le
informazioni del livello A; successivamente, fissando una maglia di percorsi per sviluppare il
sopralluogo, si cercano le relazioni tra le componenti già individuate.
Parallelamente al sopralluogo, si realizzeranno interviste ad un gruppo «campione» di abitanti. 40
40
Si rimanda al questionario stilato da Kevin Lynch per l’indagine su Boston e riportiamo in
appendice.
Elenco immagini:
Figura 1: sesto disegno del secondo volume dell’ “Architettura civilie” di Jean Jacques Lequeu.
Figura 2: “Le rendez-vous de Bellevue …” di Jean Jacques Lequeu.
Figura 3: “Le rendez-vous de Bellevue …” di Jean Jacques Lequeu.
Figura 4: Cenotafio per Newton, esterno (si noti la macroscala architettonica, confrontandola con
i giri di cipressi intorno all’edificio); progetto di Etienne Boullée.
Figura 5: Cenotafio per Newton, sezione; progetto di Etienne Boullée.
Figura 6: Cenotafio; progetto di Etienne Boullée.
Figura 7: esempio di paesaggio, con intervento antropico; complesso agricolo in Iran.
Figura 8: Aratura a Bombay.
Figura 9: Esempio di aratura sacra nelle Nuove Ebridi.
Figura 10: Esempio di tracciato regolatore lecorbusieriano; villa La Roche-Jeanneret, 1923.
Figura 11: Il “Modulor” di Le Corbusier.
Figura 12: Esempi di Mandala indiani.
Figura 13: Relazione tra tracciato di Mandala e corpo umano.
Figura 14: Tokonama (alcova) nel Shigure - Tei.
Figura 15: Particolare del giardino Ryōanji a Kyoto.
Figura 16: esempi di percorsi urbani (tratti da Cinti/Valeri: “Disegno e progettazione” La Nuova
Italia editrice; Firenze, 1992).
Figura 17: Il margine, secondo Lynch.
Figura 18: Il quartiere, secondo Lynch.
Figura 19: Il nodo, secondo Lynch.
Figura 20: Il riferimento, secondo Lynch.
Figura 21: esempio di percorso in città storica (indicato dai vettori), che definisce le sequenze
della figura 22 (da G. Cullen, "Il paesaggio urbano", Ed. Calderini, Bologna, 1976).
Figura 22: Le figure rappresentano le sequenze percepite seguendo il percorso planimetrico
indicato nella figura 21 (da G. Cullen, "Il paesaggio urbano", Ed. Calderini, Bologna,
1976).
Figure 23A e 23B: Il luogo, secondo Bersi/Ricci.
Figure 24A e 24B: L’asse, secondo Bersi/Ricci.
Figura 25: Il nodo, secondo Bersi/Ricci.
Figura 26: Il polo, secondo Bersi/Ricci.
Figura 27: L’area, secondo Bersi/Ricci.
Figure 28A e 28B: Il volume, secondo Bersi/Ricci.
Figura 29: Il colore, secondo Bersi/Ricci.
Figura 30: Il dettaglio, secondo Bersi/Ricci.
Figura 31: Il segnale, secondo Bersi/Ricci.
APPENDICE
Questionario (da Kevin Lynch:”L’immagine della città” Marsilio editori; Padova 1975).
1.
Che cosa le viene in mente anzitutto, che cosa simbolizza la parola « Boston » per lei?
Come potrebbe approssimativamente descrivere Boston sotto l'aspetto fisico?
2.
Vorremmo che lei tracciasse una rapida pianta del centro di Boston, all'interno o
downtown rispetto a Massachussetts Avenue. La tracci come se dovesse fornire ad un
estraneo una rapida descrizione della città, che ne contempli tutte le principali
caratteristiche. Non ci attendiamo un disegno accurato - solo un rozzo schizzo. [L'intervistatore deve prendere appunti sulla sequenza in cui viene disegnata la pianta].
3a. Prego, mi fornisca istruzioni complete ed esplicite sul tragitto che lei compie di
solito per andare al lavoro da casa sua. Immagini di compiere effettivamente tale
tragitto, e descriva la sequenza delle cose che lei vedrebbe, udirebbe o fiuterebbe
lungo la strada, includendo i r iferiment i di percorso che sono diventati impor tanti
per lei, e le indicazioni che sarebbero necessarie ad un estraneo per prendere le
medesime decisioni che prende lei. A noi interessano le caratteristiche fisiche delle
cose. Non importa se lei non riesce a ricordare i nomi di strade o di luoghi. [Nel
corso dell'esposizione del tragitto, l'intervistatore, ove necessario, deve insistere per
descrizioni più dettagliate].
b. C'è alcuna emozione particolare che lei prova nelle v ar ie pa rt i del t ra gitt o? Q uanto
t em po le pr ende? V i sono parti del tragitto nelle quali lei si sente incerto sulla sua
ubicazione? [La domanda 3 deve quindi venir riproposta per uno o due tragitti che
sono fissati per tutti gli intervistati, cioè: « si rechi a piedi dal Massachusetts Genera i
H ospit al alla S outh S tat ion », oppur e «va da in auto da Faneuil Hall a Symphony
Hall»].
4. Ora noi desidereremmo sapere quali elementi del centro di Boston lei considera
magg i ormente distintivi. Possono essere grandi o piccoli, ma ci dica quali sono per
lei i più facili da individuare e ricordare. [Per due o tre degli elementi elencati in
seguito, l'intervistatore continua rivolgendo la domanda 5].
5a.Vorrebbe
descrivermi...?
Se
la
conducessero
là
ad
occhi
bendati,
quando
le
togliessero la benda, di quali indizi lei si servirebbe per identificare con certezza il
posto in cui si trova?
b.
C'è alcuna particolare emozione, che lei prova riguardo a...?
c.
Vorrebbe indicarmi sulla sua pianta dove si trova...? [e se applicabile] Dove sono i confini
di esso?
6.
Vorrebbe mostrarmi sulla pianta la direzione del Nord?
7.
Ora l'intervista è finita, ma sarebbe utile poter avere giusto qualche minuto di libera
conversazione. [Le rimanenti domande sono inserite con disinvoltura].
a.
Che cosa pensa noi si stia cercando di appurare?
b.
Che importanza hanno per la gente l'orientamento ed il riconoscimento di elementi della
città?
c.
Prova alcun piacere nel sapere dove si trova o dove sta andando? O, in caso contrario,
alcun dispiacere?
d.
Le pare che Boston sia una città facile per trovarvi la strada, o per identificarne le parti?
e.
Quali città di sua conoscenza offrono un buon orientamento? Perché?
Esercitazione modulo 2
1. Cosa intendiamo con il termine natura?
2. Cos’è il paesaggio?
3. Cosa permette il passaggio dalla percezione alla percezione estetica?
4. Cosa intendiamo con il termine ambiente?
5. Si articoli una definizione di spazio.
6. Cosa intendono gli assertori della fenomenologia per spazio?
7. In cosa la geometria può aiutare per la comprensione dello spazio?
8. In cosa differisce il concetto di spazio tra occidente e oriente?
9. Quali sono gli elementi analitici che strutturano la percezione urbana per Lynch?
10. Quali sono gli elementi in più che vengono inseriti da Cullen per analizzare il fenomeno
urbano?
Esercizio per il forum modulo 2
Ogni corsista esegua il rilievo di un luogo, secondo il metodo indicato da Bersi/Ricci e realizzi
alcune interviste, in relazione a quel determinato luogo, secondo il questionario proposto da Kevin
Lynch.