Il Pinot grigio a 360 gradi
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Il Pinot grigio a 360 gradi
NOTIZIE Imp_6_2001_1.qxd 12/02/2002 16.31 Pagina 14 Il Pinot grigio a 360 gradi Un convegno a VITE 2001 ne ha tratteggiato i contorni G. Crespan, G. Colugnati, D. Picco - ERSA Centro pilota per la vitivinicoltura Cenni storici e origine Il Pinot grigio, come gli altri Pinot, è originario della Francia e deriva da una mutazione gemmaria delle cellule dello strato superficiale dell’apice vegetativo del Pinot nero. Meno coltivato degli altri due (Pinot bianco e Pinot nero) nella sua terra d’origine, trovò al contrario, largo riscontro in Germania. In Italia giunse verso la fine del 1800 e si diffuse inizialmente in Trentino Alto Adige e successivamente in tutte le Tre Venezie dove si trovano le principali zone di coltivazione (Costacurta A. e Carraro R.) Situazione attuale Attualmente, nonostante il calo generale degli impianti di varietà a bacca bianca, il Pinot grigio ha avuto un incremento significativo delle superfici in Italia ed in particolare nel Friuli Venezia Giulia dove è passato dai 1.415 ha del 1990 ai 3.090 ha attuali. Inoltre, per quanto riguarda la richiesta di barbatelle innestate durante la campagna 1991-1992 il Pinot grigio rappresentava il 14,4% delle varietà utilizzate in Friuli, mentre 10 anni dopo rappresenta ben il 22,5% superando così anche il Merlot, che nell’ambito delle varietà a bacca rossa è stato il vitigno più richiesto. In sintesi negli ultimi dieci NOTIZIARIO ERSA 6/2001 glio di proposte a disposizione del viticoltore è piuttosto ampio e sufficientemente rappresentativo della variabilità intravarietale di questa cultivar. Attualmente in Italia i cloni utilizzati sono una decina, tra i quali ricordiamo VCR5, SMA 505 e 515, ISV F1 Toppani, 52 e 53 INRA, 49-207 FR e Hauser1. Il più diffuso è però l’R6, che, secondo i dati forniti dai Vivai Cooperativi di Rauscedo, rappresenta l’80% del totale. Fra i portinnesti utilizzati nella produzione vivaistica di Pinot grigio sono preferiti gli appartenenti al gruppo Berlandieri x Riparia (Kober 5BB, SO4, 420A) per un totale del 95,8% della massa di barbatelle innestate, mentre il 4,2% è rappresentato da portinnesti del gruppo Berlandieri x Rupestris (140RU, 1103P). Il grande utilizzo del Kober 5BB è da imputare, oltre che all’ambiente pedo-climatico che caratterizza le zone di maggior diffusione, anche dal ridotto vigore tipico di questa varietà che trova un’ottima compatibilità con questo portinnesto; per terreni pesanti ed impianti fitti si preferisce l’SO4, mentre per gli ambienti particolarmente calcarei e difficili si utilizzano il 1103P e il 140RU (Sartori E.). Risposte vegeto-produttive alle Pinot grigio clone R6 anni, si è completamente invertito il rapporto tra l’utilizzazione di varietà a bacca bianca (passate dal 67,7% della campagna 1991-1992 all’attuale 37,6%) e varietà a bacca rossa (dal 32,4% al 62,4% nello stesso periodo). Tale tendenza è stata frenata in Friuli Venezia Giulia proprio dalla richiesta di Pinot grigio, cultivar senza la quale i vitigni bianchi richiesti in regione assommerebbero al solo 15% del totale. Mercato vivaistico, cloni e portinnesti La forte richiesta vivaistica di questa varietà è sostenuta da forti flussi di esportazione, di cui è difficile stabilire la tenuta nel tempo, e che espongono a qualche rischio per il futuro. Per quanto riguarda le selezioni clonali il venta14 diverse tecniche agronomiche Gli elementi caratteristici di questa varietà sono il ridotto vigore vegetativo e l’elevata produttività che, nel caso siano combinati, creano notevoli difficoltà a mantenere un corretto equilibrio vegeto-produttivo. Nella cultivar Pinot grigio si riscontra infatti con un’alta frequenza una certa difficoltà ad attivare quelle forme di regolazione interna della pianta, tipiche di altre varietà, che consentono di evitare un eccessivo aggravio produttivo (riduzione del germogliamento, della fertilità delle gemme, della taglia del grappolo). Le conseguenze più diffuse di tale squilibrio della pianta sono la non ottimale gradazione zuccherina dei mosti e l’ottenimento di vini poco strutturati e non longevi. Per garantire buoni livelli qualitativi occorre ricercare l’equilibrio fisiologico della pianta rispettando alcuni importanti fattori tra i quali la valutazione dell’interazione vitigno ambiente, la scelta oculata del materiale genetico all’impianto e l’azione di specifiche pratiche colturali. Scelta dell’ambiente Il Pinot grigio risulta molto reattivo al sito in cui viene coltivato, raggiungendo livelli qualitativi soddisfacenti solo quando si scelgono i bio- Imp_6_2001_1.qxd 12/02/2002 16.31 tipi migliori per le diverse combinazioni pedoclimatiche. Considerata la sua precocità di maturazione, il vitigno può essere coltivato a diverse altitudini, fornendo prodotti che si differenziano sia sotto il profilo produttivo che qualitativo. Le superfici maggiormente investite a Pinot grigio sono posizionate in fondovalle o in bassa collina, dove le condizioni di fertilità del terreno permettono di ottenere livelli di buona qualità della produzione grazie al raggiungimento di un equilibrio vegeto produttivo ottimale. In terreni magri, invece le piante manifestano frequentemente problemi di squilibrio fisiologico, con gravi sintomi di stress che compromettono la qualità della produzione. In tali situazioni è fondamentale adeguare le tecniche agronomiche e la scelta di cloni e portinnesti in funzione della regolazione del potenziale produttivo e del mantenimento dell’equilibrio fisiologico. Sistemi di allevamento e pratiche colturali La forma di allevamento adottata, che varia a seconda della zona in cui si opera, deve comunque ridurre al minimo la sovrapposizione dei tralci che può determinare un microclima favorevole all’attacco delle crittogame ed in particolare di Botrytis cinerea. Da esperienze pluriennali svolte in Trentino, con la potatura invernale si dovrebbe prevedere l’impostazione di una carica di gemme compresa tendenzialmente tra le 60.000 e 70.000 gemme ad ettaro, cariche di gemme superiori infatti hanno fatto registrare maggiori produzioni ac- Pagina 15 compagnate da uno scadimento qualitativo ed ad una riduzione del vigore vegetativo. re il rapporto produzione/superficie fogliare. Come in tutte le varietà, però, il diradamento dei grappoli deve essere considerato un intervento straordinario, in quanto la regolazione del potenziale produttivo è normalmente riservata agli interventi di potatura invernale. Poiché la fertilità del Pinot grigio è spesso elevata (si rilevano anche tre grappoli per germoglio) l’eliminazione del terzo grappolo risulta pratica da attuare in tutte le situazioni. Gestione della chioma La presenza nella varietà di internodi relativamente corti può essere causa di una cattiva distribuzione spaziale della vegetazione. In questi casi può risultare opportuna l’eliminazione precoce di germogli nelle zone di maggior affastellamento nel periodo a cavallo della fioritura. La sfogliatura è un intervento fondamentale per garantire un buon arieggiamento dei grappoli e favorire una buona distribuzione dei fitofarmaci. Il periodo migliore per effettuare questa operazione colturale è quello compreso tra allegagione e pre-chiusura grappolo. L’intervento di sfogliatura deve essere coordinato con quelli necessari per la cimatura dei germogli, infatti, lo stimolo alla produzione di femminelle che ne deriva, deve consentire lo sviluppo di foglie che diverranno efficienti nel periodo di maturazione dei grappoli. Tecniche di nutrizione I più elevati livelli fogliari di azoto, fosforo, calcio e zolfo riscontrati in Pinot grigio, rispetto agli standard di riferimento, potrebbero indicare che tale varietà necessiti di una particolare attenzione nella gestione della fertilizzazione, particolarmente di quella azotata. Infatti, vista anche la forte sensibilità varietale ad attacchi crittogamici, favoriti generalmente da squilibri vegeto produttivi, la gestione del rigoglio vegetativo potrebbe aiutare a prevenire l’insorgere di tali fenomeni negativi. Inoltre, per ottenere accumuli zuccherini più che elevati ed un consistente deposito di precursori d’aroma, è fondamentale favorire il rallentamento e l’arresto dell’attività vegetativa nel Diradamento dei grappoli L’eliminazione di alcuni grappoli in soprannumero può esser di estrema utilità nel caso del Pinot grigio, per riequilibra- periodo tra invaiatura e maturazione. Proprio per tali ragioni frazionare gli apporti azotati (40% nella fase di germogliamento pieno e 60% in post-allegagione) può risultare un’arma fondamentale per favorire un miglior equilibrio vegeto produttivo. Per quanto riguarda potassio e fosforo la distribuzione va effettuata in autunno o all’inizio della ripresa vegetativa. Infine, in annate particolarmente soggette a fenomeni di marciume, è opportuno prevedere la somministrazione di calcio per via fogliare (in post-allegagione ed a cavallo dell’invaiatura), in modo da aiutare l’ispessimento della buccia e diminuire l’attacco di malattie fungine e/o fisiopatie (Stefanini M., Colugnati G., Versini G., Porro D., Bertamini M. e Crespan G.). Vinificazione Il Pinot grigio è sicuramente un vino apprezzato dal consumatore medio, con ottime caratteristiche di eleganza e bevibilità, derivanti in primis dalla bassa acidità e dalla equilibrata complessità aromatica, che si accompagnano bene alla cucina italiana. Grazie alle sue caratteristiche, si presta particolarmente bene a essere lavorato in molti modi diversi. Le innumerevoli possibilità offerte dalle biotecnologie e dai nuovi sistemi di controllo e misura permettono di sottoporre la materia prima a interventi mirati alla valorizzazione di determinate caratteristiche. Fra i di- Effetto della carica di gemme sul contenuto in zuccheri del mosto e sull’equilibrio vegetoproduttivo del Pinot grigio 15 NOTIZIARIO ERSA 6/2001 Imp_6_2001_1.qxd 12/02/2002 16.31 A Vinificazione in bianco con ossidazione (A); con protezione dall’ossigeno (B); con macerazione a freddo (C) fetti riconosciuti del Pinot grigio ricordiamo la frequente presenza di marciumi e la scalarità di maturazione che rendono fortemente preferibile la raccolta manuale delle uve; infatti, anche se con le moderne tecnologie è possibile produrre, anche a partire da uve colpite da un sensibile attacco di botrite, un vino bianco senza difetti analitici ed organolettici apprezzabili, in realtà le tecniche correttive utilizzate provocano un depauperamento del prodotto. Pigiatura, diraspatura e pressatura In un uva di buona sanità è preferibile l’eliminazione del raspo prima della pressatura soprattutto perché in una varietà a grappolo compatto come il Pinot grigio nel raspo si accumulano i residui dei fitofarmaci. L’eccezione, non tanto rara, può essere rappresentata da uve botritizzate in cui la presenza del raspo e dei suoi tannini può fornire una difesa naturale contro gli effetti del pool enzimatico fungino. NOTIZIARIO ERSA 6/2001 Pagina 16 B C di chiarificazione. L’utilizzo della macerazione a freddo è un’altra possibilità per caratterizzare il prodotto, specialmente in previsione dell’affinamento in legno. L’adozione di questa tecnica è però possibile per il Pinot grigio solo a partire da uve perfettamente sane altrimenti diventa estremamente difficile non incrementare l’estrazione di antociani. È inoltre importante il raffreddamento immediato dopo la pigiatura per limitare le attività enzimatiche e rallentare la proliferazione della microflora indigena. Gestione dell’ossigeno e macerazione a freddo Considerando che senza una gestione dell’apporto di ossigeno si possono avere prodotti molto diversi a partire dalla stessa uva solo in seguito a variazioni della temperatura esterna, è facilmente comprensibile l’importanza di questa tecnica in funzione della materia prima e del prodotto finale che si vuole ottenere. Gli effetti dell’ossidazione dei mosti sono: vini più stabili all’imbrunimento, ma più «poveri»; demolizione di alcuni aromi primari dell’uva, ma anche probabile produzione di precursori di aromi; ossidazione degli antociani liberi e scomparsa della colorazione in varietà, come il Pinot grigio, a basso contenuto di antociani; illimpidimento statico più facile. Gli effetti di una lavorazione delle uve in condizioni riduttive sono invece: vini più ricchi e complessi, ma molto più vulnerabili all’ossidazione; mantenimento degli aromi primari ossidabili, ma inibizione dell’attività di liberazione di precursori d’aroma; mantenimento di un maggior contenuto antocianico e, in alcuni casi, di una colorazione leggermente rosata; maggiori difficoltà Considerazioni enologiche generali In sintesi la tecnica iperossidativa porta alla produzioni di vini molto gradevoli, fruttati, puliti, che, nei primi mesi di vita li fanno preferire ai vini prodotti con criomacerazione o in riduzione, i quali a causa del maggior contenuto in polifenoli danno sensazioni di amaro ed astringenza. La situazione si capovolge nel corso dell’affinamento specie in botti di legno. La maggior struttura polifenolica e colloidale dei vini prodotti con macerazione a freddo o in riduzione permette una maggiore protezione dall’in16 vecchiamento precoce. La maggior estrazione di precursori d’aroma, nel momento in cui si indebolisce l’apporto di componenti di origine fermentativa, consente una maggior longevità aromatica dei prodotti. Come abbiamo visto è possibile produrre vini molto diversi fra loro partendo dalla stessa materia prima semplicemente ricorrendo all’utilizzo razionale di freddo, ossigeno, enzimi, lieviti e batteri selezionati, ecc. Resta comunque fondamentale mantenere la costanza qualitativa attraverso una corretta interpretazione delle caratteristiche indotte dall’ambiente, in modo da produrre un vino che sia difficilmente imitabile altrove, ma che contemporaneamente incontri e non tradisca il gusto e le aspettative del consumatore (Pichler U. e Varner M.). Il mercato: attualità e prospettive Come noto, già da alcuni anni sia il mercato interno che internazionale sta premiando consistentemente questa varietà e anzi, soprattutto nelle ultime vendemmie, si sono ulteriormente proposti quali potenziali clienti Paesi anche molto lontani dove il Pinot grigio ha sicuramente stimolato l’interesse del consumatore. Tali prospettive economiche naturalmente pongono a questo punto all’attenzione degli operatori la necessità della urgente definizione di un «modello» di produzione del Pinot grigio, accompagnato e sostenuto da un’attenta e saggia politica del prezzo di collocamento sullo scaffale internazionale (Giacomini G.). ν