L`ordinamento degli studi prima della Ratio Studiorum (1551

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L`ordinamento degli studi prima della Ratio Studiorum (1551
DA IERI A OGGI
L’ordinamento degli studi prima
della Ratio Studiorum (1551-1586)
di MIGUEL COLL S.I.
Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa
l rapido sviluppo dei collegi della Compagnia
di Gesù (Societas Iesu) rendeva urgente una sistemazione più razionale ed efficiente del metodo di studio attuato nel Collegio Romano, le cui
radici si rintracciano alla parte IV delle Costituzioni:
«Per quanto concerne le ore stabilite per le lezioni, e
l’ordine e il modo, come riguardo agli esercizi sia di composizione [...] sia di discussione in tutte le materie sia
quelli consistenti nel presentare in pubblico orazioni e odi,
tutto ciò sarà considerato a parte in un trattato approvato
dal Generale, a cui questa Costituzione rinvia, dando per
altro il seguente avvertimento: che tali cose si devono
adattare ai tempi, ai luoghi e alle persone, anche se sarebbe
consigliabile seguire tale ordine per quanto possibile»1.
Il primo regolamento scolastico dei collegi gesuitici fu opera del P. Girolamo Nadal, che compose De
studiis Societatis Iesu (1548). Più tardi ritoccò e perfezionò quest’ordinamento da Soprintendente del Collegio Romano (1564). Bisogna inoltre evidenziare
l’influsso del De ratione et ordine Collegii Romani del
P. Diego Ledesma (1558). Con questi e altri insegnamenti simili si andarono forgiando gli usi e gli statuti
del Collegio Romano, il cui esempio si propagava
velocemente. Scrive il P. Ledesma:
«1º Spinto a un tempo dal desiderio legato al mio carico, che potesse essere utile alla gloria di Cristo Nostro
Redentore e allo studio letterario di questo Collegio Romano, e affrettato nella coscienza, mi è sembrato opportuno bozzare le cose che mi sembrasse circa il suddetto
affare e porle sotto il dettame dei superiori, com’è normale
ed è richiesto dalla ragione del nostro Istituto [...]
2º Dunque giudico necessario redigere qualche norma
degli studi di questo Collegio Romano della nostra Com-
I
2° Igitur necesse prorsus arbitror
“
rationem et ordinem aliquem studiorum
Collegii huius Romani Societatis nostrae [...]
conscribere, et conscriptum superiorum
imperio stabilire, ut nonnisi eorundem
gravi consilio mutare valeat; idque sive
is qui nunc est, omni ex parte
retinendus iudicetur, sive aliqua
ex parte immutandus videatur
”
(Diego Ledesma)
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pagnia, e una volta fissata, sancirla con l’autorità dei superiori, allo scopo che non possa essere cambiata senza la
loro prudente determinazione. E questo dev’essere inteso
come qualcosa di vincolante, per essere mantenuta nella
sua totalità, oppure mutata in alcuna parte»2.
I programmi di studio: gli studi pre-universitari
e le facoltà superiori
Gli studi pre-universitari comprendevano cinque
anni di grammatica, uno di lettere umane e un altro
di retorica, oltre lo studio del greco e dell’ebraico. I
grammatici iniziavano con lo studio dell’Interpretationes Vergilianae di Donato e della Dottrina cristiana,
oltre le esercitazioni delle Concordanze. A questi argomenti seguivano le restanti regole grammaticali e
“
Gli esami erano improntati
a una notevole serietà. Per ottenere
i gradi in teologia l’iter
includeva dieci esami pubblici
distribuiti su tre livelli accademici:
baccellierato, licenza e dottorato
”
gli autori adatti a ciascun corso. Gli umanisti studiavano i principali autori classici, storici, poeti e oratori, la grammatica greca e l’arte metrica, insieme
all’esercitazione in verso e prosa. La Rethorica ad Herennium e il De inventione di Cicerone erano le opere
fondamentali. I retorici apprendevano l’arte della declamazione dal De oratore e Partitiones oratoriae dello
stesso autore.
Nelle facoltà superiori la materia dei corsi era distribuita per discipline. Il programma dei matematici comprendeva i sei libri di Euclide, l’aritmetica, il
De Sphaera, la geografia, l’astrologia, la Teorica dei
pianeti, le tavole Alfonsine, la Prospettiva, il De horologiis. Il programma degli studenti di filosofia
(Arti) abbracciava la dialettica, la filosofia naturale
e la metafisica. La filosofia morale includeva l’Etica,
la Politica e l’Economia di Aristotele. L’iter dei teologi
comprendeva la teologia scolastica, le opere di san
Tommaso, la Sacra Scrittura, i casi di coscienza e le Controversiae. Il metodo consisteva nell’ascolto delle lezioni
con integrazione di altre fonti, ripetizioni e dispute.
Collegio Romano
La pratica delle responsiones
Gli esami erano distinti per ordini di studi ed
erano improntati a una notevole serietà. C’erano le
“responsiones maiores”, in cui ogni studente, in un
gruppo di cinque, difendeva una tesi di fronte al Rettore e altri professori che intervenivano per verificare la preparazione. Gli argomenti su cui vertevano
queste tesi erano la dialettica, la fisica, la filosofia naturale, la metafisica, l’etica. Ad ogni studente veniva
assegnata uno dei cinque argomenti.
Le “responsiones parvae” erano simili alle precedenti, ma contemplavano una disputa fra gli studenti senza l’intervento dei professori.
L’ultimo esame prevedeva una commissione di
tre professori davanti ai quali rispondere su tutti i
libri aristotelici e le questioni inerenti. I risultati venivano pubblicati secondo un ordine di merito. A
continuazione i licenziati in filosofia, di fronte al
Cancelliere, pronunziavano il giuramento e ricevevano la dignità del magistero e la berretta.
Gli esami per i gradi di teologia
Per ottenere i gradi in teologia, il P. Ledesma esige
l’eccellenza dei professori e degli alunni:
«1. Non diventino dottori se non lo meritano e senza che
constino molti atti [prove] in precedenza, al meno non prima
di cinque anni; anzi, se fosse possibile dovrebbero essere
creati dottori secondo le Costituzioni e non in altro modo.
2. Conviene che ci siano altri gradi prima del dottorato
come sono il baccellierato e la licenza preceduti da alcune
altre prove [...]
5. [...] allo scopo che gli ingegni mediocri possano capire le lezioni a memoria e in questo modo ripeterle; questo
sarebbe necessario almeno in teologia scolastica, e tutti
quanti vi siano esortati affinché lo capiscano con la memoria e lo ripetano in quanto dipende da loro, giacché in
altro modo appena giudicano, lo capiscono male e lo ricornon fiant nisi merebuntur,
“ 1. Doctores
et pluribus actibus praecedentibus,
et non ante quinquennium, ut minimum;
imo, si fieri posset, creandi essent
secundum Constitutiones, et non aliter.
2. Videtur expedire ante doctoratum
sint alii gradus, nempe bacchaleureatus ac
licentiae, quibusdam actibus precedentibus. [...]
5. [...] ut vel mediocria ingenia possint
memoria lectionem concipere
et memoriter repeteant
”
(Diego Ledesma)
dano peggio. Segue da qui che le ripetizioni della classe
come quelle domestiche e le disputazioni languiscano»3.
L’iter includeva dieci esami pubblici distribuiti su
tre livelli accademici: baccellierato, licenza e dottorato.
Le prove erano le seguenti: tentativa, primum principium, secundum principium, tertium principium (baccellierato); principium bibliorum, magna ordinaria,
alphonsina, quodlibeta, examen privatum (licenza); vesperiae (laurea). L’esame si svolgeva secondo lo schema
della difesa, su un elenco di tesi comunicato in precedenza al candidato, per la durata di tre-quattro ore.
privatum concedeva
“al L’Examen
candidato due notti e un giorno
per preparare due lezioni. Alla prova,
partecipava coralmente l’Università,
in un contesto liturgico e accademico
”
L’esame per la licenza in teologia seguiva lo
stesso schema della disputa su tesi assegnate e prestabilite, ma con un iter più complesso. L’Atto Massimo, ad esempio, consisteva in una disputa analitica,
molto impegnativa e ampia (otto ore di discussione).
La prova dei Quodlibeta consisteva in una disputa su
tesi e durava sei ore, con pubblico molto qualificato.
L’Examen privatum era il più difficile e concedeva al
candidato due notti e un giorno per preparare due
lezioni. Il giorno della prova, con una partecipazione
corale dell’Università, in un contesto allo stesso
tempo liturgico ed accademico, si susseguivano la
professione di fede, la difesa vera e propria, il giudizio della commissione che concedeva l’approvazione (“A”) o il rimando (“R”). Infine c’era il solenne
conferimento del titolo di licenziato in teologia.
Il dottorato
A coronare l’iter accademico restava il dottorato.
In una solenne cerimonia – fissata negli anni del P.
Diego Laínez (1558-1565), teologo al Concilio di
Trento e successore di sant’Ignazio – il laureando
chiedeva il supremo onore della laurea e in ginocchia prestava giuramento secondo la bolla di Pio IV.
A continuazione il Cancelliere gli conferiva il
grado di dottore in teologia, imponendogli allo stesso
tempo il berretto dottorale con fiocco di seta bianca.
Sedutosi fra i superiori accademici, proponeva una
questione teologica. Tali erano l’ampio programma
di studi e il complicato cerimoniale degli atti accademici presso il Collegio Romano prima della promulgazione della Ratio Studiorum Societatis Iesu dal
Preposito Generale Claudio Acquaviva (1586). 
1. Costituzioni S.I., n. 455.
2. D. Ledesma S.I., De Ratione et Ordine Studiorum Collegii Romani in Monumenta Paedagogica Societatis Iesu II, 76, p. 521.
3. D. Ledesma S.I., Quaedam circa studia et mores Collegii Romani data R.P. Generali (1564), in Monumenta Paedagogica Societatis Iesu II, 70, p. 481.
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