L`arte del combattimento samurai

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L`arte del combattimento samurai
“La nascita del Kobudo”
La storia è il collegamento tra il passato ed il presente ma al contempo la chiave per il
futuro.
Il mondo delle arti marziali tradizionali possono essere viste come la continuazione della
cultura samurai espressione della profonda conoscenza del Bushido (il codice d’onore del
guerriero) e del Giappone stesso.
Le arti marziali tradizionali vanno anche sotto il nome Kobudo. Quest’ultimo abbraccia un
certo numero di stili (ryugi) e scuole (ryuha) fondate durante l’era dei samurai ed ancora
oggi insegnate nel mondo.
Con lo studio delle tecniche e della filosofia di questi ryugi, si perpetrano l’ideale degli
antenati. Argomento fulcro di tutti i ryugi: la continua guerra tra la vita e la morte.
Il Bushido insegna a scovare cosa è bene e come affrontare e combattere il male.
Come sopravvivere sul campo di battaglia attraverso la pratica delle tecniche di
combattimento ed eliminazione di un nemico.
Le origini del Bushido possono essere ricondotte ai guerrieri del 600 b.c. (a.d. 6), conosciuti
col nome di “Mononofu”. I Mononofu adoravano numerosi dei e mediante le loro
credenze possedevano quanto fosse loro necessario per combattere e distruggere i loro
nemici.
La loro notorietà era legata soprattutto alle decapitazioni nemiche per assicurarsi il non
ritorno del loro spirito ed erano quindi riconosciuti e venerati dalla comunità come uomini
forti e giusti.
Durante il nono/ decimo secolo (nel mezzo dell’era Heian), i guerrieri giapponesi
conosciuti come samurai erano servitori della nobiltà e spesso erano o contadini o arcieri
(jige e yumitori).
La parola “samurai” oggi significa “colui che attende ordini”. Nel tardo Heian, i guerrieri
venivano col essere indicati come bushi. Fu durante quel periodo che essi abbracciarono il
Buddismo, che insegnò loro la compassione per gli avversari.
Questa era l’origine di molti ideali del bushido che consentì ai guerrieri di trovare il modo
che avrebbe consentito loro ed ai propri avversari di sopravvivere.
I guerrieri riuscirono ad ottenere il potere politico per la prima volta nell’era Kamakura
(1192-1333), quando la sede del potere si spostò dal palazzo imperiale di Kyoto al nuovo
governo militare di Kamakura. In quel periodo, i capo clan combattevano accanto ai
membri della loro famiglia e si univano in gruppi singoli detti bumon. Un bumon ben
conosciuto era quello di Genji, Heike, Fujiwara, Tachibana e la famiglia Otomo. Le arti
marziali erano dunque utilizzate sul campo di battaglia, ed ogni guerriero era il fautore di
un suo personale stile. Quindi i risultati che incrementavano le capacità e le conoscenze
filosofiche erano gelosamente custodite dalle famiglie stesse.
La fine del periodo Kamakura viene ricordata come un fase d’instabilità ed in particolare a
causa delle continue lotte tra i clan rivali. I problemi del paese furono ulteriormente
aggravati quando i mongoli, sotto il Kublai Khan, effettuarono due massicci attacchi
contro il Giappone nel 13° secolo. I bushi cercarono di respingere questi attacchi ma il
paese imperversava loro malgrado in una profonda crisi politico-economica.
Fu così che la faida interna s’intensifico e la casa imperiale si spezzò in due linee di
pensiero rivali tra loro ma che entrambe reclamavano il ripristino della giustizia e di leggi
valide. Una di queste linee provò ad afferrare e restaurare il potere imperiale legittimo
attraverso il ripristino della nobiltà e dell’elevato splendore che essi avevano raggiunto
nell’era Heian. Ma il tentativo fallì, ad ogni modo rappresentava un certo risultato, infatti
si vennero a creare due corti imperiali quella nel nord (Kyoto) e quella nel sud (Nara).
Per tale motivo questo periodo fu denominato Nanbokucho (ossia quello delle corti del
nord e del sud, 1337-1392). Entrambe gli imperatori poterono contare su un gran numero
di guerrieri che continuarono a contrastarsi.
Durante il periodo Heian e Kamakura, le principali armi adoperate in battaglia furono
l’alabarda (naginata) e le armi con lunghe lame (nagamaki) combinate tra loro. Nel
periodo Nanbokucho il nodachi (odachi: spadone) e la yari (lancia) furono le armi preferite
e la loro adozione diede luogo all’evolversi delle tecniche di combattimento proprio in
questo periodo.
Fu invece durante il periodo Muromachi (1392-1573) in cui differenti stili o ryugi furono
insegnati ufficialm ente per la prima volta. Questo anche perché era un’era d’instabilità con
frequenti lotte che culminò nel periodo Sengoku ( l’era della guerra fra stati, 1467-1568).
Il governo militare Kamakura vedeva crescere la sua debolezza e col daimyo rivale
(signore del feudo che veniva assegnatogli dallo shogun) diede luogo ad una serie di
furenti lotte. Tuttavia il periodo fu anche caratterizzato dalla diffusione della cultura e
dell’arte promossa dai daimyo stessi.
Sebbene la mansione principale dei samurai-bushi fosse quella di combattere le guerre,
durante questo periodo anch’essi furono assorti nell’apprendimento dei modi raffinati e
della bellezza in generale.
Più le battaglie erano intense più gli ideali dei samurai assurgevano a concetti profondi e
con una certa estetica nella vita come nella morte. Questo tipo di estetica era definita Hana
(fiore).
La classe dei guerrieri era anche dedita allo studio del “Ocho Bunka” (cultura di corte),
che si originò come corrente estetica tra la nobiltà nel periodo Heian e sviluppatosi nei
successivi 100 anni. Essi studiavano anche la letteratura, poesia e No drama ( o anche
sarugaku). Dalla musica del No drama “Yokyoku” i samurai studiavano il canto e
l’affinità col ritmo ed il tempo e con la danza stimai appresero la bellezza dei movimenti: i
samurai si dedicavano, quindi, a tutte queste pratiche giorno per giorno.
Si dedicavano anche allo studio della filosofia tratta dal Buddismo, Mikkyo (Buddismo
esoterico) e Ekikyo (I Ching, il libro del divenire).
Paradossalmente i samurai da una parte volevano la raffinatezza e la nobiltà di spirito,
dall’altra volevano eccellere nella lotta sui campi di battaglia: questo era il dualismo della
natura di un guerriero.
Tutto ciò durò per tutta l’era medievale fino al periodo di pace raggiuntosi nell’era Edo
(1600-1868). I samurai-bushi godevano ormai dei più alti ranghi della scala sociale come
orgogliosi ufficiali responsabili del mantenimento della pace attraverso una attenta
gestione dei cittadini e del territorio.
Ma anche in tempi di pace i samurai continuarono a coltivare l’arte del combattimento
attraverso il bujutsu (arti marziali) e l’ hyoho (strategia). La mentalità del samurai si era
dunque forgiata in centinaia di anni di guerre, ma erano fortemente consapevoli dei limiti
del combattimento isolato (da solo contro l’avversario).
Quindi sotto l’influsso della filosofia del combattimento praticata per anni affermavano:
“Malgrado le dimensioni di un paese se esso combatte da solo (non c’è unione d’intenti) di
certo sarà destinato a perire. Tuttavia anche in tempi di pace era pericoloso dimenticare il
concetto di guerra”.
Nel bujutsu si mirava alla perfezione. Così le arti da combattimento furono suddivise in 18
stili, i quali includevano il kenjutsu (combattimento con la spada), sojutsu (combattimento
con la lancia), bajutsu (combattimento a cavallo), kyujutsu (con l’arco), naginatajutsu
(combattimento con l’alabarda), bojutsu (combattimento con bastone lungo), iaijutsu
(combattimento veloce con spada), shurikenjutsu (lancio di coltelli), juttejustu (cattura ed
immobilizzazione dell’avversario) ed altri ancora.
Le 18 arti sono anche denominate “bugei juhappan” che racchiudono le tecniche ed i
principi di livello elevato.
In accordo con Confucio, “Una persona educata dovrebbe essere ben preparata al
combattimento assicurandosi la certezza della vittoria”.
Così le arti marziali iniziarono ad essere inquadrate sotto l’ottica di una vera e propria arte
propriamente detta (letteratura, poesia, etc…).
Il bujutsu abbracciava una duplice filosofia: essere valida in tempi di guerra, ma
altrettanto efficace in tempi di pace per accrescere il carattere e lo spirito.
Questa è l’essenza del bun-bu-ryodo (quella che considerava l’ arte marziale e letteratura
separatamente, ma con eguale importanza) e bun-bu-ittai (arte marziale e letteratura erano
un'unica entità).
L’essenza del bushido è ormai morta. La bellezza dell’esistenza del guerriero era insita
nella sua fermezza nel rinunciare alla sua vita in qualsiasi istante qual’ora fosse necessario
e nella sua preparazione fisica e spirituale nel prendere con risolutezza decisioni cruciali.
Quindi un samurai è consapevole delle buone maniere di essere un valido maestro di arti
marziali ma non sarà mai disposto a diventare un assassino. In tempi in cui il pericolo può
celarsi ovunque è vitale la capacità di restare calmi vedendo l’essenza delle cose,
possedere un animo gentile e ricercare sempre la bellezza nella vita e nella morte. E’
questo lo spirito custodito dal samurai-bushi e in tutte le arti marziali tradizionali.
A cura di
Imagawa