Executive Summary - The European House

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Executive Summary - The European House
COMUNICAZIONE E RILANCIO DELL'ATTRATTIVITÀ DELL'ITALIA: PERCORSI
DI CRESCITA E INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE
Executive summary del secondo Advisory Board WPP/ THE EUROPEAN HOUSE - AMBROSETTI
8 giugno 2016, Milano
PREMESSA
Da oltre 5 anni WPP e The European House - Ambrosetti hanno avviato un percorso di sviluppo di
contenuti di scenario sul futuro del settore della comunicazione, evidenziandone le valenze positive
e distintive come insieme di attività professionali ad alto valore aggiunto e come elemento centrale
per ogni strategia di sviluppo e crescita di un Paese.
Nel secondo dei quattro incontri previsti nel percorso di quest’anno, l’Advisory Board si è
concentrato sulla comunicazione e attrattività dell’Italia e sui percorsi di crescita e
internazionalizzazione delle imprese.
L’ADVISORY BOARD 2016
L’Advisory Board è un fattore distintivo di successo del progetto che garantisce validità scientifica al
lavoro svolto fornendo, al tempo stesso, contributi originali per le analisi e autorevolezza
concettuale relativamente ai contenuti sviluppati.
I membri dell’Advisory Board 2016 sono:
Antonio Baravalle, Amministratore Delegato, Lavazza
Fabio Caporizzi, CEO, Burson Marsteller Italia
Luca Colombo, Country Manager, Facebook Italia
Massimo Costa, Country Manager, WPP Italia
Marco Costaguta, Fast Moving Consumer Goods Expert e Presidente, LTP
Luca Garavoglia, Presidente, Davide Campari
Valerio De Molli, Managing Partner, The European House - Ambrosetti
Gad Lerner, Giornalista e Presidente Comitato Editoriale, Laeffe
Roberto Masi, Amministratore Delegato, McDonald’s Italia
Franco Riva, Senior Banker, Crédit Agricole
Cristina Scocchia, Amministratore Delegato, L'Oréal Italia
Andrea Zappia, Amministratore Delegato, SKY Italia
RELATORI ESTERNI COINVOLTI NELLA SECONDA RIUNIONE
L’Advisory Board ha un funzionamento a geometria variabile e beneficia del contributo di relatori
esterni con competenze specifiche sui temi oggetto di analisi. Alla riunione dell’8 giugno hanno
partecipato:
Gregorio De Felice, Head Research Division, Intesa Sanpaolo
Claudio Domenicali, Amministratore Delegato, Ducati
Roberto Italia, Senior Advisor, Cinven
Carlo Ferrari, Area Attrazione Investimenti Esteri, Ufficio supporto operativo agli investitori
esteri, ICE Agenzia
© 2016 The European House - Ambrosetti S.p.A. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Questo documento è stato ideato e preparato da TEH-A
per il cliente destinatario; nessuna parte di esso può essere in alcun modo riprodotta per terze parti o da queste utilizzata, senza
l’autorizzazione scritta di TEH-A. Il suo utilizzo non può essere disgiunto dalla presentazione e/o dai commenti che l’hanno
accompagnato.
EXECUTIVE SUMMARY
1. Attrattività dell’Italia nel contesto internazionale: c’è ancora molto lavoro da fare
La crisi economico-finanziaria del 2008 non ha rappresentato solo una battuta d’arresto
rispetto al boom economico del periodo 2002-2007 (in cui si è registrata una crescita annua
del PIL globale compresa tra il +3,8% e il +5,2%), ma ha segnato un vero e proprio anno zero per
quanto riguarda la dinamica delle variabili strutturali dell’economia internazionale: dal 2010 al
2020 la crescita media globale si attesterà intorno al +2,7%, mentre per quanto riguarda le singole
economie nazionali dei Paesi sviluppati la crescita sarà strutturalmente più lenta
rispetto ai periodi pre-crisi.
In questo scenario, caratterizzato da un clima ancora incerto, tendono sempre più a scomparire le
posizioni di rendita e diventa cruciale investire per migliorare la competitività e
l’attrattività dei Paesi. Il piano di riforme avviato dalle Istituzioni italiane va nella giusta direzione
e ciò è testimoniato dall’aumento di fiducia della classe imprenditoriale del Paese. Tuttavia, sul
piano della competitività, resta ancora molto lavoro da fare, soprattutto con particolare riferimento
ad alcuni grandi "cantieri" come ad esempio quello dell’innovazione, del rilancio della grande
industria, dell’educazione.
La prova della presenza di criticità importanti per il nostro Paese e, in particolare, della scarsa
attrattività dell’Italia all’estero, emerge dagli ultimi aggiornamenti UNCTAD sul fronte dei Paesi di
destinazione degli investimenti diretti esteri. L’Italia si colloca al 25° posto nella classifica dei Paesi
destinatari di flussi di investimenti diretti. In particolare nel 2014 il Paese ha registrato uno stock
accumulato di IDE di 374 miliardi di $ e flussi per un valore pari a 11 miliardi di $, corrispondenti
allo 0,53% del PIL. Rispetto al Regno Unito, che a livello europeo mostra le performance migliori,
l’Italia ha meno di un quarto dello stock di IDE del Regno Unito e meno di un sesto dei flussi di IDE
del Regno Unito.
Anche sul fronte dell’attrattività territoriale emerge un profondo divario tra il Nord e il Sud, che
amplifica il risultato non brillante sull’attrazione degli investimenti a livello nazionale. Nel
Mezzogiorno sono presenti solo il 5,6% delle imprese italiane a partecipazione estera (in calo del
5,0% rispetto al 2007). Inoltre solo il 2,1% degli investimenti diretti esteri ha come destinazione le
regioni del Mezzogiorno mentre solo l’1,4% degli investimenti italiani verso l’estero ha come origine
una regione del Sud Italia. In sintesi, quasi due terzi del totale degli investimenti provenienti
dall’estero è diretto verso il Nord-Ovest (65,4%) che significa come tre quarti del nostro territorio
sia percepito scarsamente o poco attrattivo.
2. Percorsi di crescita e internazionalizzazione delle imprese: piccolo non è bello
Oltre agli IDE, per valutare l’attrattività di un Paese possiamo guardare anche ai risultati ottenuti
dalle aziende di quel Paese nell’ambito della competizione internazionale. Il Trade Performance
Index mette in evidenza la competitività dell’Italia in alcuni specifici comparti. A livello globale
l’Italia è il Paese più competitivo nei settori dell’abbigliamento, del conciario, del calzaturiero e del
tessile e segue solo la Germania in settori come quello dei manufatti di base, dell’elettronica e della
meccanica
Il Trade Performance Index non considera solo il semplice valore lordo delle esportazioni di ciascun
Paese nei singoli comparti analizzati, ma elabora un risultato di sintesi prendendo in
considerazione altri fattori quali per esempio la diversificazione dei mercati di sbocco e la
numerosità delle aziende produttrici. Quest’ultimo punto, se da un lato ci premia per quanto
riguarda il posizionamento in classifica, l’elevata numerosità accompagnata da una minore
dimensione media delle imprese rappresenta una delle criticità più delicate da gestire per
il nostro Paese. Infatti, nonostante le esportazioni totali italiane del 2015 rappresentino il 20,9% del
PIL (secondo valore più alto tra i Paesi benchmark dopo la Germania), se considerato il valore
assoluto, l’Italia è penultima, con una performance lievemente superiore a quella del Regno Unito
L’Italia è un Paese a forte vocazione per l’export e con eccellenze in produzioni ad alto valore
aggiunto, ma è carente in quelle produzioni industriali di massa che per la loro dimensione
possono fornire una spinta alla ripresa e alla crescita a livello nazionale. L’Italia, infatti, totalizza
quota considerevole dell’export in nicchie di mercato, che rappresentano eccellenze e saper fare
unico e distintivo, ma che esprimono volumi contenuti con indotti economici importanti ma limitati
per le dimensioni della nostra economia. In aggiunta, i principali mercati di sbocco dell’Italia sono
le economie sviluppate (Germania, Francia, Stati Uniti), caratterizzate da tassi di crescita più
contenuti. Solo al nono posto nella classifica dei Paesi di destinazione dell’export italiano troviamo
un Paese, la Cina, che ha espresso e esprime tassi di crescita elevati.
Da studi e analisi sull’attrattività del Made in Italy emerge chiaramente come, nel Mondo, vi sia
grande richiesta di Italia: dal 2004 al 2014, solo nel comparto agroalimentare si è registrata una
crescita del 180% dell’Italian Sounding (*), contro una crescita dell’export Made in Italy del 79%. Si
tratta di 20 miliardi di fatturato di prodotti Italian Sounding che non sono stati "conquistati" dai
prodotti italiani. Questo è in parte per il fenomeno della contraffazione, ma soprattutto è dovuto al
sotto-dimensionamento produttivo delle nostre piccole e medie imprese, che non riescono a
soddisfare la domanda del mercato globale come quella dei grandi player della GDO internazionale.
Nel Mondo c’è grande richiesta di prodotti italiani, ma se le nostre imprese non
riescono a raggiungere la domanda, quest’ultima viene soddisfatta da produttori esteri con
prodotti Italian Sounding
Esiste quindi un problema di competitività d’impresa, che inevitabilmente si ripercuote sulla
competitività e attrattività del sistema Paese preso nel suo complesso. Attraverso un semplice
confronto tra Paesi benchmark si può, infatti, notare come il numero di piccole e medie imprese
(PMI) manifatturiere in Italia è doppio rispetto a quello di Francia e Germania e che le PMI italiane
contano per quasi il 50% del fatturato complessivo. L’Italia, come noto, è un Paese di piccole
imprese, elemento che ha ripercussioni a livello economico e strategico. Quello meno noto è che tra
le imprese di piccole e di medio-grandi dimensioni esiste uno scarto notevole sul livello di
redditività operativa, con differenze che possono arrivare a raggiungere quasi 3 punti
percentuali nel caso dell’Italia
Con l’aumentare della dimensione, inoltre, le organizzazioni dispongono di una maggiore solidità
finanziaria, di una maggiore capacità di attrarre talenti e competenze e, quindi, di una maggiore
capacità di elaborare e finanziare strategie internazionali di lungo termine. Le imprese più grandi,
infatti, investono di più: mediamente il 2,8% del proprio fatturato, contro l’1,2% di quelle piccole e
medie. Tali investimenti comprendono, ad esempio sia quelli in ricerca e sviluppo, che incidono
molto sulla competitività delle imprese e di un Paese, sia quelli nel settore di comunicazione volano,
come più volte sottolineato di sviluppo per l’Italia.
La dimensione media delle imprese di un territorio, dunque, è una delle variabili chiave che
determina le probabilità di successo internazionale dei sistemi economici e la loro capacità di
attrarre investimenti diretti esteri ed essere competitivi.
3.La comunicazione come fattore di competitività e crescita
L’aumento delle dimensioni delle imprese determina, in sintesi, un effetto sinergico sul sistema
economico di un Paese il quale, grazie ai vantaggi indotti da maggiori investimenti, può beneficiare
di un incremento di competitività e attrattività internazionale. Ciò ha un effetto incrementale sui
flussi di investimenti diretti esteri che, a loro volta, determinano ulteriore crescita e sviluppo.
In particolare, maggiori investimenti diretti esteri generano uno spill-over positivo sugli
investimenti in comunicazione che, d’altro canto, beneficiano anche delle maggiori dimensioni
delle imprese, spesso "culturalmente" disposte a riconoscere un maggior valore agli investimenti in
attività comunicazione, rispetto a quelle di più piccole dimensioni.
Un aumento dell’attrattività dell’Italia, con conseguente aumento degli IDE favorirebbe una
maggiore crescita e internazionalizzazione delle imprese presenti nel Paese, con conseguente
incremento della propensione ad investire in pubblicità, marketing e comunicazione. In particolare,
un aumento di attrattività che colmasse l’attuale gap dell’Italia nei confronti della media di Francia,
Spagna e Germania produrrebbe un incremento degli investimenti in comunicazione pari al
16%, circa 1,1 miliardi di Euro l’anno.
Resta il tema, già emerso nel percorso 2015, dell’influenza negativa derivante dal posizionamento
del Paese all’interno di riconosciute classifiche internazionali: l’Italia è una fucina di esperienze,
imprese e capitale umano che possono diventare l’avanguardia di un nuovo modello di sviluppo
fatto di innovazione e competitività che si dispiega anche in settori tradizionali. A patto che
assecondi la propria vocazione a produrre bellezza e qualità, che riconosca i propri talenti e li
accompagni, che coltivi il proprio capitale sociale, che alimenti il saper fare delle sue industrie con
la ricerca e lo sviluppo tecnologico, comunicando e “facendo comunicare” in maniera
corretta.
The European House - Ambrosetti S.p.A.
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