Discorso di Federico Pedrini - Collegio Superiore

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Discorso di Federico Pedrini - Collegio Superiore
12/02/2010 Inaugurazione XII a.a. Collegio Superiore - Discorso di Federico Pedrini
Cerimonia di inaugurazione del XII anno accademico del Collegio Superiore
Discorso di Federico Pedrini
Buonasera,
vi parlo, oggi, su gentile invito del Direttore del Collegio Superiore, prof. Paolo Leonardi, e
dell’amico Paolo Annibale, Presidente dell’Associazione Alumni del Collegio, nella duplice
veste di ex collegiale e di attuale membro dell’Associazione.
L’idea sarebbe pertanto quella di raccontare qualcosa del mio percorso post-lauream da una
parte, e di spendere qualche parola sull’Associazione Alumni dall’altra. Ebbene il mezzo più
sensato per tale fine, vista la sede, mi è parso – istituendo così un “ponte” tra le due parti
del mio intervento – proprio quello della continuità con alcune “linee guida” dell’esperienza
collegiale, (linee guida) che del resto gli anni trascorsi mi aiutano ad apprezzare da un lato, e
mi spingono (in parte) a “rivisitare” dall’altro.
Sui dettagli del mio itinerario di studi successivi alla Laurea in Giurisprudenza (e alla
Licenza del Collegio) non credo sia interessante indugiare più di tanto: è stato infatti un iter
accademico piuttosto “tipico”. Immediatamente dopo la laurea, concluso un periodo di
approfondimento di studi presso la Freie Universität di Berlino, ho iniziato a collaborare con
la cattedra del Prof. Augusto Barbera e sotto la sua supervisione (insieme a quella del Prof.
Aljs Vignudelli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia) mi sono successivamente
addottorato in Diritto Costituzionale presso l’Università di Bologna, conseguendo
parallelamente (e, devo dire, assai più svogliatamente) l’abilitazione all’esercizio della
professione di avvocato. Ad oggi risulto titolare, sempre presso la Facoltà di
Giurisprudenza dell’Alma Mater, di un assegno di ricerca in Diritto Costituzionale.
Dicevo, continuità con l’esperienza collegiale. Ma continuità in che senso?
Anzitutto, credo, nella stessa scelta della materia in cui proseguire gli studi, se consideriamo
che fra le varie branche del diritto positivo, quello costituzionale è tradizionalmente
considerato come il più “aperto” rispetto a (e più strutturalmente ed intrinsecamente
comunicante con) una nutrita serie di ambiti disciplinari “limitrofi” come la politica, la
storia, la sociologia, l’economia, ovviamente la filosofia, ma anche la logica e l’analisi del
linguaggio, cui in tempi più recenti si sono aggiunti pure la statistica e addirittura alcuni
aspetti delle c.d. scienze naturali.
Chi ha a che fare col diritto costituzionale, quindi, si rende quotidianamente conto – specie
se ha avuto la fortuna di lavorare insieme a Maestri come i miei – di quanto siano utili e
persino necessari i collegamenti con le altre discipline; e naturalmente la vocazione
all’interdisciplinarietà e la curiosità per tutto ciò che esula dal proprio più diretto oggetto di
studio non può che farmi ripensare agli anni di straorinaria vivacità trascorsi (anche) sotto
questo profilo all’interno del Collegio.
Al tempo stesso – e veniamo così al profilo della “rivisitazione” –, proprio la mia
esperienza all’interno della scienza del diritto costituzionale mi rende particolarmente
avvertito dei pericoli per così dire “fatalmente” connessi a questa prospettiva: è sempre
stupefacente come, anche nella scienza del diritto, si riesca a passare da un estremo all’altro:
12/02/2010 Inaugurazione XII a.a. Collegio Superiore - Discorso di Federico Pedrini
dallo “splendido isolamento” ad una sorta di “pan-ancillarità”, dove lo studioso –
segnatamente in quanto privo di un centro di gravità specificamente proprio (e
necessariamente specifico) – appare talora alla sconsolata ricerca di un collega che gli dica chi
è (o chi dovrebbe essere).
E analoghi rischi (peccati?) “originali”, a mio avviso, lambiscono anche una istituzione (e
un’esperienza) come quella del Collegio, dove il pericolo rimane pur sempre quello –
nell’ottica interdisciplinare che in sé meritoriamente lo contraddistingue – di concentrarsi
più sugli elementi contenutistici di dettaglio (magari quelli più accattivanti e attuali) delle varie
discipline che non sulle strutture e sugli strumenti (magari più insipidi), che soli tuttavia
possono prestarsi ad essere utilizzati – peraltro non “sempre e comunque” e mai senza
adeguati “adattamenti” – anche al di fuori del proprio ambito scientifico di provenienza.
A costo di precisare l’ovvio, interdisciplinarietà non significa (non deve significare) confusione.
“Apertura” non implica (e non dovrebbe risolversi in) un eclettismo generalista e disinvolto.
Curiosità non vuol significare dispersione del proprio percorso in un pulviscolo di interessi
generici e magari irrelati. Il pericolo per il viandante incauto è sempre quello di annegare in
un mare indistinto di suggestioni e di assonanze, svolgendo ragionamenti poggianti su parole
(tenute insieme da meri espedienti dialettici) e non su concetti (uniti da argomentazioni
logiche stringenti).
Proprio in questo senso ritengo, peraltro, che un contributo di rilievo possa provenire in
prospettiva anche dall’Associazione Alumni, all’interno della quale “naturalmente”
confluiscono (e sempre più potranno confluire) persone con un background fortemente
interdisciplinare, ma anche con una più matura consapevolezza delle necessità insite nella
suddivisione (e quindi nella specializzazione) della ricerca scientifica.
Inutile nascondere che, in questo momento, l’Associazione Alumni naviga ancora in una
fase embrionale (in due battute: ci stiamo contando e cerchiamo di capire cosa
effettivamente potremo fare da grandi) e che, non avendo autonoma struttura e risorse
economiche proprie, essa rimane attualmente più una “comunità di volenterosi” che
un’istituzione pleno titulo. Ma penso sarebbe sbagliato da questo sminuire il significato
simbolico e culturale della medesima, che rimane a mio credere non solo in sé “altamente
significativo”, ma anche profondamente sentito da tutti i membri, oltre che da sempre
sostenuto dal Direttore.
Del resto, in questa mia (speranzosa?) valutazione sono forse condizionato dal ricordo per
cui la vera “ricchezza” del Collegio furono per me sempre più le persone – alcune delle quali
da molti anni mi privilegiano della loro amicizia – che non la (pur importantissima)
istituzione.
Tornando in conclusione a ribadire l’ovvio, se il Collegio è istituzione recente,
l’Associazione lo è ancor di più. Se quindi il Collegio è una scommessa e in certa misura un
azzardo, tuttora bisognoso di attenzioni e di cure per attestarsi come progetto vincente e
caratterizzante dell’Ateneo bolognese, questo non può che valere a fortiori per
l’Associazione Alumni. Da cui anche l’auspicio finale – ancor più valido in momenti di
celebrata difficoltà come quello che attraversiamo – di un sostegno reciproco forte e di una
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collaborazione ancora più stretta e costante fra queste due realtà, la cui “delicatezza” non
può farci dimenticare (e semmai ci esorta vieppiù a ricordare) l’importanza e il valore.
Federico Pedrini