EDITORIALE Futuro prossimo
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EDITORIALE Futuro prossimo
EDITORIALE Futuro prossimo di MATTEO L. BELLATI A quarant’anni di distanza è ancora ben viva e feconda l’ispirazione offerta dai documenti elaborati nel corso del Concilio Vaticano II. Rileggendo alcune note pagine di Gaudium et Spes troviamo, per esempio, un’indicazione forte, precisa e radicale a proposito di quale sia il compito di ogni cristiano e di come si debba assolverlo. In primo luogo, si afferma che esso consiste nel seguitare, sulle orme di Cristo, «a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non a essere servito». In secondo luogo, asseriscono i padri conciliari, per svolgere un simile alto compito la Chiesa – cioè ogni cristiano – deve «scrutare i segni dei tempi» e «interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto» (GS, 3-4). Proprio la questione del «senso della vita presente e futura», cioè del senso del tempo che siamo chiamati a vivere nell’oggi e nel domani in un modo tale che sia «adatto a ciascuna generazione», mi pare meriti di essere posto al centro di alcune brevissime riflessioni. Nell’Editoriale del numero scorso dei «Quaderni» avevamo insistito sulla peculiare «difficoltà» rilevabile nell’epoca che stiamo attraversando. Dodici mesi dopo, non possiamo ritenere che si siano verificati quegli auspicati mutamenti e quelle positive evoluzioni in cui pure confidavamo. Ciò che tuttavia si presenta come sempre più manifesto è il desiderio, o forse il bisogno, di sollevare lo sguardo dagli impedimenti che sembrano limitarci nella nostra esperienza quotidiana, per dedicarci a progetti e realizzazioni di più ampio respiro. Nella stessa vita del Collegio, accanto alle consuete dinamiche relazionali, a tratti esaltanti ma mai chiaramente definite né li3 nearmente risolte – dinamiche «liquide» come la modernità in cui si sviluppano – si intravedono esigenze per certi versi nuove. Le incertezze permanenti intorno alla riforma universitaria, sebbene alimentino dubbi consistenti che investono ogni studente, e quindi ogni collegiale, devono motivare a lavorare con sempre maggior impegno affidandosi alla qualità della propria preparazione in vista di scenari forse nebulosi, nei quali però il valore personale non potrà che continuare ad acquistare ulteriore importanza. Le attività specifiche del Collegio, concepite e organizzate per mezzo degli organi di rappresentanza (Assemblea e Commissioni), possono nel contempo rivelarsi utili palestre di formazione alla discussione e alla decisione pubblica: simili strumenti si trasformano così in fondamentali (anche se faticosi) percorsi in direzione della maturazione di un’autentica sensibilità politica, sempre più necessaria quanto più rara. Dall’incontro e dal confronto – finanche dallo scontro, se inserito in una cornice di rispetto dei soggetti in gioco e finalizzato al conseguimento costruttivo di un risultato – possono e devono generarsi competenze umane, approfondimenti culturali e maturazioni spirituali che vanno indirizzati verso iniziative concrete. I segni dei tempi, oltre che letti e interpretati come qualcosa di “altro da noi”, vanno anche e soprattutto incisi nella realtà del mondo, come “parte di noi” da donarsi gratuitamente per il progresso dell’umanità. Sta alla capacità di ciascuno e di tutti, dell’individuo e della comunità a qualsiasi livello la si intenda (dal Collegio all’Europa), sta a noi il saper trovare per le diverse generazioni il «modo adatto» di cogliere la pienezza della persona. L’altisonanza delle ultime affermazioni vorrebbe non essere retorica. La stessa pubblicazione dei «Quaderni del Ludovicianum», come tutti gli sforzi che ogni giorno in Collegio si compiono per migliorare la nostra esistenza insieme, sono i piccoli «segni» in grado di fornire un «senso» al tempo che ci è dato di vivere, fiduciosi nel fatto che, come ha scritto recentemente Giovanni Paolo II, «nell’amore che ha la sua sorgente nel cuore di Cristo sta la speranza per il futuro del mondo» (Memoria e identità, p. 200). 4