la nostra pensione - Ordine Avvocati Milano

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la nostra pensione - Ordine Avvocati Milano
LA NOSTRA PENSIONE:
UNA BABELE LEGISLATIVA
Mi sembra opportuno esaminare la legge che regola attualmente il sistema previdenziale forense,
con particolare riguardo alla pensione di vecchiaia.
Premetto un brevissimo accenno alle più rilevanti leggi precedenti.
Con la l. 8 gennaio 1952, n. 6 viene «Istituita la Cassa nazionale di previdenza e assistenza a
favore degli avvocati e procuratori, allo scopo di provvedere ai trattamenti di previdenza e
assistenza». All'art. 2 si statuisce «l'iscrizione d'ufficio» di coloro che, esercitando la professione
con continuità, sono compresi nei ruoli dell'imposta di ricchezza mobile. Vengono stabiliti i
contributi dovuti degli iscritti. E quindi, all'art. 32, si precisa che «La pensione si consegue a) dopo
40 anni di iscrizione alla Cassa, a qualunque età, b) dopo 25 anni di iscrizione alla Cassa, con
almeno 70 anni di età».
Segue la l. 25 febbraio 1963, n. 289, per «Modifiche alla l. 8 gennaio 1952, n. 6, sull'istituzione
della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore di avvocati e procuratori».
Numerosi sono gli articoli «sostituiti» o «integrati». Si tratta, tra l'altro, dei contributi generali (in
relazione ai procedimenti svolti) e personali («1,50% del reddito professionale accertato ai fini
dell'imposta di R.M.»). Sono altresi istituiti i contributi «minimi, dovuti in ogni caso». L'art. 32 è
modificato nel senso che «La pensione si consegue» dopo 35 anni, o dopo 25 anni, o dopo 20 anni,
o dopo 15 anni di iscrizione alla Cassa, a seconda dell'età dell'iscritto «alla data di entrata in vigore
della l. 8 gennaio 1952, n. 6». E, nel caso estremo, «L'iscritto potrà esercitare il diritto di riscatto
degli anni mancanti, non superiori però a 10, per raggiungere i quindici anni di iscrizione alla
Cassa, versando a quest'ultima la somma di lire 60.000 per ogni anno mancante».
Segue la l. 22 luglio 1975, n. 319 con «Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e
l'assistenza forense». In questa legge viene ribadito e rafforzato il concetto di «continuità
dell'esercizio professionale».
Si precisano i contributi dovuti dagli iscritti, come da tabelle allegate. Si modifica l'art. 32
precisando che «La pensione si consegue dopo 35 anni, o dopo 25 anni, o dopo 20 anni «di
iscrizione alla Cassa», a seconda dell'età dell'iscritto «all'entrata in vigore della l. 8 gennaio 1952 n.
6». E che, in ogni caso «L'iscritto pùò esercitare il diritto di riscatto per un periodo massimo di
cinque anni (più due per il periodo di servizio militare assolto), versando per ogni annualità una
somma pari al doppio del contributo minimo».
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Ed eccoci alla l. 20 settembre 1980, n. 576. Qui non si prevedono «modifiche», ma si annuncia la
«Riforma del sistema previdenziale forense».
E, com'è noto, l'attuale sistema previdenziale è appunto regolato da:
l. 20 settembre 1980, n. 576... (però modificata e integrata da:
l. 20 maggio 1983 n. 175 (e da
l. 11 febbraio 1992, n. 141.
Inevitabilmente, in conseguenza di queste frequenti e non ben coordinate «modifiche e
integrazioni» la legge vigente risulta zeppa di ripetizioni e contraddizioni, ci sono articoli straripanti
di norme (esemplare l'art. 2), articoli vicendevolmente incompatibili, fastidiosi rinvii ad altri articoli
e commi, ad altre leggi. Il che rende questa legge di ben faticosa interpretazione. Ne derivano
quindi, da un lato, le più disparate interpretazioni delle parti in causa, costrette spesso a ricorrere a
ingarbugliati sofismi; e dall'altro lato, purtroppo, anche errori e difformità delle sentenze, anche ai
più alti livelli, tanto da rendere persino necessaria la «Pronuncia a sezioni unite» della Corte
suprema, a sensi dell'art. 374 comma 2 del codice di procedura civile.
***
Ciò premesso va rilevato che, diversamente dalle leggi precedenti, questa di «riforma» n.
576/1980, stabilisce, come principio generale per tutti gli avvocati, l'indispensabile decorso di
almeno «trenta anni di iscrizione alla Cassa» per conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia. Ed
infatti:
Art. 1. _ «(1) La Cassa nazionale di previdenza ed assistenza corrrisponde le seguenti pensioni: a)
di vecchiaia, b) di anzianità, c) di inabilità e invalidità, d) ai superstiti, di riversibilità o indiretta.
(2) Tutte le pensioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto.
(3) I trattamenti pensionistici decorrono... dal primo giorno del mese successivo al verificarsi
dell'evento da cui nasce il diritto per le pensioni a) (di vecchiaia) e d)».
Ma di che «evento» si tratta? Semplice, della «maturazione del diritto a pensione di vecchiaia»,
come stabilito nel primo comma dell'articolo seguente:
Art. 2. _ «(1) La pensione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno
sessantacinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla
cassa».
L'improprietà di linguaggio («corrisposta») mi sembra qui evidente. Infatti per la materiale
«corresponsione» della pensione, per il pagamento, è prima necessaria «la domanda», ex art. 1
comma 2. E quindi, mentre al momento della «maturazione del diritto a pensione» si verifica il
pensionamento, dato che da quel momento «decorrono i trattamenti pensionistici» ex art. 1 comma
3; invece la pensione sarà materialmente corrisposta (con gli arretrati), solo dopo la presentazione
della «domanda» di rito. Pertanto prima della «domanda» abbiamo un «pensionato di diritto» che,
per sua libera scelta, non riscuote subito la pensione (peraltro già fissata e dovuta per il combinato
disposto degli art. 1 comma 3 e 2 comma 1). Ed è sicuramente erroneo ritenere «la domanda» quale
condizione del pensionamento: essa è un semplice presupposto per il pagamento della pensione già
maturata, automaticamente ex lege dopo trascorsi i trenta anni di iscrizione alla Cassa.
Penso che qui il primo comma dell'art. 2, avendo sancito il visto principio generale, doveva
fermarsi, anzi sarebbe stato opportuno passare ad articolo successivo. Macchè! il primo comma
prosegue imperterrito:
«(1) La pensione è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa, all'1,75%
della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'imposta sui
redditi delle persone fisiche _ IRPEF _ risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari
anteriori alla maturazione del diritto a pensione».
E qui finisce il comma 1 dell'art. 2. Sembra però che il legislatore abbia dimenticato un criterio
indispensabile per completare il «calcolo della pensione» (che ha poi infilato a caso nel comma 2) e
cioè:
«I redditi annuali dichiarati, escluso l'ultimo, sono rivalutati a norma dell'art. 15 della presente
legge».
L'art. 2 prosegue poi per altri sette commi! Ma fermiamoci qui, al comma 1, e rileggiamolo. Tutto
chiaro? a me non sembra. In questo unico comma vi sono confusamente tanti termini-regole-cifrepercentuali... che, per un'agevole comprensione, esso andava «disciolto» in più articoli, chiari e
concisi. Solo così sarebbe stato possibile comprenderne il significato, che è questo:
1) Bisogna anzitutto determinare esattamente i trenta anni di iscrizione alla Cassa, dal primo al
trentesimo, prescindendo qui dalla loro valenza ai fini del calcolo della pensione. È dal decorso di
questi trenta anni di iscrizione che nasce, come visto, l'evento della «maturazione del diritto a
pensione» (espressione questa che il legislatore ha ritenuto così importante da ripeterla, ben nove
volte! nei tre artt. 2, 10 e 11).
2) Determinati questi fondamentali trenta anni, suddividiamoli in due quindicennii, dato che, ai
fini del calcolo della pensione, contano soltanto «gli ultimi quindici anni solari».
3) Tra questi ultimi quindici anni-reddito, prescegliamo «i dieci più elevati redditi professionali
dichiarati ai fini IRPEF».
4) «A norma dell'art. 15» rivalutiamo «i redditi annuali dichiarati, escluso l'ultimo, secondo
l'andamento dell'indice Istat» al 100% (per le pensioni liquidate anteriormente al 1991 la
rivalutazione era limitata allo 0,75%).
5) Sommiamo questi dieci redditi (di cui nove rivalutati Istat) e dividiamo il risultato per dieci,
ottenendo così «la media» dei dieci redditi più elevati.
6) Moltiplichiamo questa media per 1,75%: ed ecco apparire, come per incanto, la pensione
maturata dall'iscritto (che verrà materialmente corrisposta, con gli eventuali arretrati, dopo la
presentazione della preecritta «domanda»).
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Che altro aggiungere circa la pensione di vecchiaia? Sempre nello straripante art. 2 della l. n. 576
del 1980 si statuisce che:
«(7) Coloro che dopo la maturazione del diritto a pensione di vecchiaia, restano iscritti all'Albo
hanno diritto ad un supplemento di pensione alla scadenza dei primi due anni successivi alla
maturazione del diritto a pensione e ad un ulteriore supplemento al compimento dei cinque anni
dalla maturazione del diritto a pensione» (od anche prima, in caso di cancellazione dall'albo o di
morte).
Questi supplementi «Sono calcolati, per ogni anno successivo a quello di maturazione del diritto
a pensione in base alle percentuali di cui al comma 1 e 4... con applicazione delle disposizioni di
cui al comma 2» (Sic!); cioè, cerco di interpretare: rivalutazione ISTAT al 100%; e poi, «la media»
moltiplicata per l'1,75%).
Va infine ricordato che:
_ «L'obbligo del contributo minimo, sia soggettivo (art. 10 comma 3) che integrativo (art. 11
comma 4), È escluso dall'anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione».
E che, infine:
Il contributo soggettivo è ridotto (dal 10%) «alla misura del 3% del reddito dell'anno solare
successivo al compimento dei cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione» (art. 10 comma
3).
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E qui mi fermo. Ben altri sono gli argomenti da trattare in materia di previdenza e assistenza
forense. Segnalo quelli che ritengo più rilevanti:
_ i vari contributi, soggettivo, integrativo e minimo,
_ le norme concernenti riscatti e retrodatazioni,
_ il trattamento delle pensioni diverse da quelle di vecchiaia.
(Ma soprattutto auspico un integrale rifacimento della legge che, eliminando i difetti sopra
rilevati, e ricorrendo ad una normativa più chiara, semplice e incisiva, renda la materia
previdenziale forense immediatamente comprensibile sia agli avvocati iscritti che alle Corti
giudicanti).
Milano 21 maggio 2002
Vincenzo Giglio
avvocato in Milano