“ Cinciallegra”

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“ Cinciallegra”
“ Cinciallegra”
di Mtb
Un portone rettangolare in legno con il battente in ferro si spalanca in centro paese e svela uno scorcio cinquecentesco
allettevole. Due finestre laterali, quadrate, protette da inferriate robuste, in basso allargano lo sguardo, mentre al piano
superiore distraggono tre finestrone con le ante in legno scuro. Sobrio si apre all’interno un porticato di circa quindici
metri, a forma di croce. Davanti si gode comunque la vita un grande giardino, con cachi di piante sonnecchianti, rose e
dalie di vari colori. A destra compare un altro portico, che conduce ad una porcilaia vuota ma pulita, quasi come la grande
latrina, che funziona in fondo all’importante giardino sulla sinistra; la sua porta è lignea ed è serrata da un catenaccio.
L’oblò è sempre aperto e l’acqua è piovana.
A destra di quest’ultimo luogo, il favorito è l’ orto. Più in là, due stalle conservano la memoria di cavalli deceduti e di un
calesse venduto da tempo; ne sono lapide un paio di piante ancora rigogliose e vive di fichi. Cresce inoltre dell’erba alta e
verdeggiante.
Tornando alla dimora, le camere sono tutte comunicanti. Sul porticato resistente si affaccia la sala da pranzo col
soggiorno; ad ovest si cela uno studiolo, comunicante con la cucina ampia, arricchita da un camino e da un secchiaio. Le
grate, a guardia su tutte le finestre, permettono di spiare in giardino e di carpire i segreti del sole, i singhiozzi dei suoi
raggi e le sue risate leggere.
Al primo piano, comode scale conducono alle camere da letto. Lassù, a custodia e benedizione del regno di Morfeo, abita
una cicogna imbalsamata, di cui “Cinciallegra” non ha paura. Non prova timore quando si reca a letto insieme ai parenti
piccini, a lume di candela, mentre la nonna Ninì le stringe forte la mano, dimostrandole grande dedizione.
La bellezza della bianca cicogna viva è ormai dimenticata. Restano invece intatti il becco e le zampe rosse. Volò da
qualche parte solo di passaggio, per finire vittima di un bisnonno che non la protesse…
Si sa, la piccola “Cinciallegra” fu portata da chissà dove in pianura da un volatile simile, dentro un fagotto rosa, proprio in
una stanza accanto al macabro trofeo, vagendo al freddo, senza elettricità, nove anni fa.
Quando la cicogna col fazzoletto a quadri rosa e bianchi spiccò il volo, la neonata venne lavata proprio dalla nonna in uno
dei tanti mastelli di legno della casa, con tanta acqua calda, fatta bollire nel paiolo dell’antica cucina.
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Ora che è mattina, la prima bambina ad alzarsi è “Cinciallegra” che, come dichiara il soprannome, è serena, lieta e lieve:
canta, saltella alla luce del giorno, dall’istante in cui è discesa dal letto fino a che, la sera, riposa. Alle 8.00 può così
raggiungere fratellini, sorelline e cuginetti con lei in vacanza. Furbetta e birichina, li strattona e li sveglia, li incita a
giocare, a rotolare, a saltare i fossi dei dintorni o la corda, sfruttando in questo caso gli ampi spazi delle enormi camere
comunicanti.
I catini e le bacinelle nelle stanze sono colmi d’acqua fresca, che Ninì versa regolarmente nel momento in cui la luce sorge
all’orizzonte, in punta di piedi, per ognuno dei nipoti. Poi ciascuno di questi ci immerge il becco e con minuzia si strofina
le penne, profumando di Marsiglia e borotalco di altri tempi.
Tra i bambini, una sola fa parte della razza cincia ed è riconoscibile dalle trecce raccolte in un nastro blu e nero, per le gote
con le lentiggini. L’abito leggero che predilige è giallo, con una striscia nera a mo’ di cintura mediana. Si presenta come
vivace e, rispetto ai coetanei, è senza troppe pretese. Essendo burlona, talvolta si nasconde nelle buche dei tronchi. Con
limpidezza è in grado di usare la sua mente, come l’immaginazione. Sa fare ciò ed è abile nel camminare lontano, tra i
campi, superando sicura ogni abisso, arrivando in tempo a destinazione.
Il cinguettio della piccina, il suo correre, l’andare ed il venire come leggero vento, il silenzio irreale e prematuro del suo
pensare sono per Ninì pari al sole che, con la sua lucentezza calda e confortante, conforta il giardino, adornato da un cielo
limpido. “Cinciallegra” la sorprende come la bellezza di un fiore specchiato nell’acqua di un ruscello.
Per lei e la compagnia, la nonna prepara in tempo la merenda: barattoli di marmellate, pane, burro e zucchero. Quando
riesce, organizza una sorpresa con biscotti secchi, comprati in un negozio in piazza, a forma di animaletti o con savoiardi
freschi per il giorno di festa.
Elia, Ugo, Piero, Ernestina ed Enrichetta sono nell’aria da mattina a sera; fatica di più Romedio a causa dei danni creati
dalla poliomelite, che l’ha spezzato ed amareggiato già nella prima giovinezza, se pur supportato da adatte scarpette.
Comunque sia, c’è “Cinciallegra” che lo attende se rimane indietro e lo distrae costruendo ponti sotto il portico, sfruttando
i legnetti raccolti vicino ai fichi o tra le erbacce, allontanandolo dalla tristezza e dal baratro. Si presta a dargli la mano per
fargli il letto e, una volta, l’ha pure salvato quando è inciampato nel vaso da notte, odorante e strapieno…
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Per la sua età, la bimba è alta: un metro e cinquanta. Mangia molto ed è ghiotta di frutta. Mastica tanto, come le ha
insegnato Ninì. Una creatura preziosa, che ama la compagnia ma anche le sfide, se occorre, contro i prepotenti. In questo
caso sa attaccare colpendo nel segno, con intelligenza arguta, trattando i nemici pari a pidocchi. Come gli altri compari, è
curiosissima. Educata e gentile, incanta con la sua grazia e leggerezza. Vive spensierata la sua età sventata, con la mente
sgombra da nuvole, senza preoccuparsi dei solchi sul volto della nonna, di un taglio sul piede del fratello minore, dello
straccio lasciato a terra in cucina.
Pare una creatura superiore al dolore, al danno, simile ai toni di una commedia, ad una damina sciocca, capace però di
donare momenti lieti alla combriccola. Possiede quest’arte e svolazza con armonia, spesso a piedi scalzi sul cotto,
improvvisando smorfie e spaccate.
Percorre con gli altri una discesa per ammirare un faggio altissimo su cui vuol penzolare, sgambetta veloce dopo la
pioggia, attratta dalla presenza delle pozzanghere e, quando vi scivola dentro, senza affanno e per bene si sporca ed è
contenta. Spesso, con le scarpe slacciate, casca, ma è piena di risorse…
L’infanzia di “Cinciallegra” è da lei vissuta con la mente aperta. Essendo le condizioni favorevoli, la serenità supera ogni
prova ed allontana sia un capriccio che un piccolo tormento.
Ogni cosa le sembra possibile. Zampetta sul mais assolato e, come lei, assai biondo. Nel suo animo regna l’allegria,
avendola cucita addosso alla spensieratezza, ombra dorata che regna ovunque vada. La sua voce squillante echeggia e
risuona in ogni stanza grigia, come questa capacità di slanciarsi nell’etere, mentre la sera gusta la zuppa di riso ben servita
ed ascolta il crepitio del fuoco, che parla nel camino, annunciando segreti, accompagnando i racconti delle magnifiche
imprese di ogni giornata estiva. Ciascuna sua parola è allegro dono, inconsapevole saggia dottrina.
“Cinciallegra” sa far buon uso della Serenità, futuro rifugio nel caos del mondo, corazza segreta, esistendo senza
proiezioni ambiziose né disagio. Respira quaggiù come piuma gialla e leggera, ignara dello sguardo attento di Ninì.
La nonna, compiaciuta, si innalza accanto a lei, cammina spedita nel suo empireo, assaporando più di una vacanza
tranquilla. Per miracolo, uno stanco cuore fiorisce nuovamente, perché il dolore degli anni spinge spesso nell’oblio ciò che
conta.