1 Gli strumenti indispensabili del sistema DIR

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1 Gli strumenti indispensabili del sistema DIR
Gli strumenti indispensabili del sistema DIR/hogarthian
Quali informazioni servono per andare sott’acqua?
Molti subacquei credono che per immergersi serva disporre di un gran numero di dati per gestire i
quali sia necessario utilizzare strumenti elettronici all’avanguardia. Niente di più falso. Questo
articolo cercherà di spiegare perché nel sistema DIR/hogarthian vengano impiegate strumentazioni
estremamente semplici e assolutamente economiche, partendo sostanzialmente dai numerosi dubbi
legati all’ortodossia nella comune pratica decompressiva. Questo articolo però non rappresenta
l’occasione adatta per una storia della decompressione, ovvero dell’evoluzione dai modelli
compartimentali fino a quelli a fase libera (che già da sola giustificherebbe l’abbandono del computer
subacqueo a causa dei molteplici dubbi scientifici), ma partendo dalle più evidenti incongruenze
vuole stigmatizzare sulle motivazioni di una scelta.
Nonostante siano passati oltre cento anni dalle intuizioni di Paul Bert e dalle elaborazioni di Haldane
1
Figura 1 - Il fisiologo John Scott Haldane (1860-1936)
relativamente ai modelli compartimentali, i computer subacquei non sono stati capaci di fornire
l’algoritmo perfetto in grado di eliminare dalla testa del subacqueo l’incubo della “Patologia Da
Decompressione”. Infatti, per quanto si sia evoluta la capacità dei calcolatori digitali, i dati su cui essi
si basano sono di una semplicità imbarazzante: profondità e tempo. Questo inconsistente numero di
variabili è stato poi condito con successive correzioni legate magari alla temperatura dell’acqua, a
parametri fisiologici quali il battito cardiaco, alla incomprensibilmente1 tardiva scoperta dei modelli a
fase libera ma, alla fine di tutto, le penalizzazioni prodotte come risultato sono ancora ampliamente
1
I primi studi sulle microbolle risalgono alla fine degli anni 60 e già negli anni 70, con l’impiego delle tecniche
eco-doppler, i dati sul loro numero e dimensioni erano stati strettamente correlati alle diverse tipologie
d’immersione subacquea.
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slegate dall’evoluzione delle conoscenze medico-scientifiche ancora in atto2. Traduzione di tutto
questo “non sappiamo un bel niente di che cosa avvenga nel nostro corpo quando ci immergiamo”.
Questa spiazzante verità è riassunta eloquentemente in una frase del recente ed esaustivo manuale
trimix della FIPSAS che posiziona la decompressione in bilico tra “scienza o arte“. Ciò rappresenta la
presa di coscienza del fallimento dell’approccio ingegneristico alla decompressione. Anche la ricerca
medica però non ha prodotto innovazioni particolari rispetto per esempio alle intuizioni-ipotesi
buhlmaniane, che produssero il primo grande ridimensionamento dei limiti di NDL rispetto alla
dogmatica “sacralità” delle tabelle US Navy. Quest’ultime poi, immobili per oltre 50 anni, nel 2008
sono state modificate destando però tra i subacquei grandi perplessità. Se la decompressione
rappresenta infatti il più elevato esempio di pressapochismo matematico, perché mai tanto rigore
nella determinazione dei limiti di NDL? La US Navy si è limitata infatti a ritoccare i tempi delle quote
intermedie3, non curandosi delle penalizzazioni prodotte dagli studi di Buhmann4 ai vecchi limiti di
NDL del modello compartimentale e, fatto purtroppo ancora più incomprensibile, continuando a
considerare esclusivamente solo quest’ultimo. Completamente ignorata anche tutta la ricerca
medica che promuove già da anni diversi protocolli di risalita che focalizzano sulla necessità delle
soste profonde. Nella US Navy non c’è stata una evoluzione che considerasse nuovi modelli e nuove
strategie di risalita forse anche in virtù dei profili quadri utilizzati dai propri operatori, tanto distanti
da quelli dei subacquei ricreativi quanto le loro caratteristiche fisico-atletiche. Allo stesso modo
anche i protocolli di risalita suggeriti dalla ricerca medica sono stati farciti con soste profonde di
diversa lunghezza e distribuzione, quasi esclusivamente in base agli studi condotti su una percentuale
elevatissima di profili d’immersione ricreativa. Come dire, che un produttore di pneumatici per
testare una nuova mescola si affidasse all’utilitaria condotta da un’arzilla vecchietta nel ciclo urbano
considerando di secondaria importanza il risultato del test su un’auto da formula 1 in pista. Quindi
da qualunque parte si guardi al problema della decompressione, ovvero al modo in cui consideriamo
quanto gas disciolto abbiamo nel nostro corpo e come liberarcene, ci troviamo di fronte ad una
valanga di incongruenze e mezze verità. In realtà, in relazione a tutto ciò, i computer hanno
2
Attualmente la ricerca medica sta orientando in propri sforzi verso quel complesso maccanismo di interazioni
chimiche-fisico di risposta del sistema del complemento, con il coinvolgimento e lo studio di proteine specifiche
capaci di originare delle reazioni di tipo immunitario
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Le nuove tabelle US Navy nell’ultima versione del 2008, hanno prodotto delle penalizzazioni per i tempi di
fondo delle quote che interessano i subacquei ricreativi. Per esempio alla quota dei 24 metri si passa da 40
minuti a 39 di tempo in NDL, ai 21 metri si passa dai 50 minuti a 48, a 15 metri si passa da 100 minuti a 92, a 12
metri si passa da 200 a 163. Mentre si insiste su pochi minuti per i limiti di NDL quasi fosse di un’importanza
vitale, si mantengono quote e tempi di decompressione in ossigeno puro decisamente spinti ed in pieno
contrasto con i protocolli utilizzati dalla maggior parte dei subacquei tecnici
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I suoi studi pur evidenziando la presenza di bolle dopo l’immersione non furono in grado di correlarle allo
sviluppo della PDD, ciononostante essi produssero uno dei principali concetti che diventarono il punto cardine
delle strategie di risalita dei modelli a fase libera. Egli scoprì infatti che i tessuti veloci si scaricano nella prima
parte della deco, quella più profonda, mentre i tessuti lenti si scaricano più vicino alla superficie.
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paradossalmente rappresentato la panacea. Essi hanno liberato molte agenzie didattiche dalla
responsabilità dell’addestramento alla comprensione dei fenomeni decompressivi, disincentivando
però inconsapevolmente i propri istruttori ad insistere per creare consapevolezza negli allievi verso
queste importanti tematiche. Dopo il corso di base, in cui si parla dei limiti di NDL, l’allievo acquista il
computer e il problema è risolto. Probabilmente egli non sa neppure su quali tabelle quello
strumento si basi, magari completamente diverse rispetto a quelle studiate durante il corso, però egli
si sente tutelato e protetto.
Gli strumenti del sistema DIR/hogartian
Profondimetro/timer o computer?
Durante i corsi DIR/hogarthian si cerca di creare un nuovo rapporto olistico con l’immersione, che ne
coinvolga tutti gli aspetti non escluso quello relativo alla decompressione. Si cerca di creare una
nuova consapevolezza nell’allievo relativamente al proprio grado di controllo di tutti i parametri
dell’immersione, spiegando l’importanza che questo approccio investe nell’evoluzione del suo
percorso di crescita. Il sistema DIR/hogarthian è strettamente legato ai modelli a fase libera e ciò
contribuisce a creare una minore sudditanza nei confronti della rigidità dei limiti di NDL. Questo non
significa però una liberazione capace di produrre profili sconsiderati ma, al contrario, determina
paradossalmente una grande rigidità dei protocolli di risalita. Infatti, si parte dal presupposto che
NON ESISTE UN’IMMERSIONE SENZA DECOMPRESSONE. Ogni immersione necessita di una “risalita
controllata obbligatoria” che rappresenta a tutti gli effetti una decompressione. Non si trascura
infatti che esistano dei limiti di riferimento della saturazione stabiliti in maniera medico-scientifica5
ma il vero problema non è quale sia la quantità di gas disciolto nei tessuti ma il modo con cui viene
controllata la sua liberazione, in particolar modo nella fase libera iniziale che è la più critica poiché
interessa i tessuti veloci maggiormente irrorati e perfusi. Quindi ascesa e deep stop diventano i punti
cardine sia per l’immersione tecnica che per l’immersione ricreativa. Volutamente semplificando,
come anticipato all’inizio dell’articolo, il risultato pratico di questo tipo di approccio alla strategia
decompressiva è sostanzialmente questo: due, tre, quattro immersioni al giorno che possono essere
svolte senza astrusi calcoli sull’azoto residuo, senza l’utilizzo di software particolari o costosi
computer ma solo con l’ausilio di una semplice sequenza di numeri (le tabelline imparate alle
elementari sono estremamente più complesse) e da uno strumento in grado di fornirci profondità e
tempo. Questo sistema mnemonico (“deco on the fly”) di decompressione, elaborato all’interno dei
gruppi speleosubacquei statunitensi, vanta uno straordinario numero di profili quasi tutti ai limiti
delle capacità umane. Un bagaglio di informazioni suffragate da una straordinaria evidenza empirica,
5
Sostanzialmente gli esperimenti di Haldane agli inizi del 900, estremamente costosi e finanziati dalla Royal
Navy, rappresentano il più antico e maestoso lavoro condotto su tessuti viventi che portò a stabilire dei “limiti
di saturazione problematica dei compartimenti” stabilendo gli antichi parametri di quelli che sarebbero
diventati i nostri limiti NDL
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l’unica in grado di far luce tra le incongruenze del tradizionale approccio medico-ingegneristico ( un
po’ come quando fisiologi e tecnici spiegavano ad Enzo Maiorca e Jacques Mayol che se avessero
superato i 40 metri sarebbero morti poiché in base agli studi i loro polmoni sarebbero collassati…
invece sappiamo benissimo com’è andata). Il sistema DIR/hogarthian è semplicità perché
l’immersione è, ma soprattutto deve essere, una cosa semplice. Perché mai per un’immersione
complessa con molte bombole stage e deco, gas diversi con lunghe permanenze sul fondo dovrebbe
bastare un semplice misuratore di profondità e tempo, mentre per una tranquilla immersione
ricreativa nelle calde acque tropicali con una bombola da 11 litri si dovrebbero indossare costosi e
complessi computer subacquei? L’utilizzo del computer subacqueo è incentivato da molte agenzie
didattiche per i motivi espressi precedentemente ma, d’altra parte, molti centri d’immersione lo
considerano alla stregua di una liberatoria, capace di tutelarli dalle omissioni o dai cattivi
comportamenti del propri clienti. Non c’è dubbio che tutta l’industria subacquea abbia stimolato a
rendere il computer uno strumento indispensabile all’attività subacquea allo stesso modo con cui i
grandi produttori di materiale subacqueo, insieme a tutta la catena distributiva, si sono premurati di
boicottare il sistema DIR e la configurazione hogarthiana a causa del suo approccio minimalista, in
netta controtendenza con la filosofia produttiva e gli interessi del mercato.
Gli strumenti ed il metodo didattico-filosofico
Accanto ai numerosi dubbi di carattere medico-scientifico, capaci di delineare una vera e propria
inadeguatezza di qualsiasi algoritmo matematico a simulare il complesso meccanismo di interazioni
chimico-fisiologiche che avvengono nel nostro corpo durante la respirazione di gas in regime
iperbarico, si inseriscono quelli di carattere filosofico-didattico. Come già accennato poc’anzi,
l’adozione del computer subacqueo non stimola la discussione ma rende il subacqueo
assolutamente succube e passivo rispetto alle indicazioni della macchina. Molto spesso, soprattutto
utilizzando quelli dotati della sonda-manometro, si abbandona anche qualsiasi tipo di pianificazione.
Figura 2 - Computer subacqueo con sonda per il calcolo della pressione del gas nelle bombole. Si tratta di computer
capaci di dire al subacqueo anche quando è il momento di risalire in base alla profondità corrente e al gas presente nelle
bombole.
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I computer sono volutamente dotati di una grande ridondanza informativa ma non sempre ciò aiuta
il subacqueo, soprattutto quello ricreativo. Ho assistito personalmente ad allievi terrorizzati
dall’indicazione “CNS 5%” dopo una tranquilla immersione di corso ed altri spaventati dal blocco
della macchina dopo un profilo non proprio ortodosso. Nei corsi DIR/hogarthian di base viene
insegnata la Minimum Deco per gestire più immersioni ricreative nella stessa giornata con una
semplicità di calcolo memonico disarmante. Nei corsi tecnici viene insegnata la Ratio Deco che
amplia ulteriormente l’orizzonte delle possibilità offerte al subacqueo di poter gestire senza alcuna
difficoltà più immersioni profonde nella stessa giornata con l’utilizzo di gas diversi. Nel tech2 UTD,
strutturato per esempio per garantire la logistica ideale per un full-day relitti, si possono effettuare
due immersioni nella fascia dei 50 metri, con tempi di fondo che vanno dai dai 20 ai 30 minuti ed un
intervallo minimo di un’ora l’una dall’altra; tutto con l’utilizzo di un semplice profondimetro/timer.
Molto utile che il profondimetro/timer sia dotato del calcolo della profondità media poiché questo
dato agevola notevolmente l’esecuzione e la precisione dei conteggi “on the fly”.
Gli altri strumenti e dove posizionarli
Nel sistema DIR/hogarthian il profondimetro/timer viene posizionato sul braccio destro per vari
motivi, tra i quali il più importante è la coerenza con l’apprendimento e la memoria muscolare delle
manovre del gas-switch. Molto utile è la sostituzione del normale cinturino con degli elastici che
consentono aderenza al braccio indipendentemente dai cambiamenti di quota.
Figura 3 – Pratico ed economico profondimetro/timer
dotato di elastici. I modelli più recenti sono provvisti del
calcolo della profondità media.
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Figura 4 - Bussola con cassa dotata di basso profilo,
estremamente ergonomica e poco ingombrante
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La bussola
Sul braccio sinistro viene posizionata la bussola, l’altro fondamentale strumento per la conduzione
dell’immersione. È preferibile che la bussola sia di piccole dimensioni, con una cassa a basso profilo,
per agevolare tutte le operazioni di vestizione dell’attrezzatura. Anche i questo caso la sostituzione
del cinturino con gli elastici offre due importanti vantaggi:
1) È più facile togliere e rimettere la bussola nel caso si debba procedere ad una lettura
ravvicinata sulla linea di prora
2) Diventa un fondamentale punto di ancoraggio per trasformare la torcia di backup in una
Goodman in caso di guasto della torcia primaria (procedura insegnata nei corsi tecnici)
Il Wet Notes
Sott’acqua è molto difficile comunicare. Talvolta tutti i segnali imparati e concordati non sono
sufficienti a garantire una adeguata comprensione all’interno dei membri del team. Inoltre,
nonostante il metodo decompressivo DIR/hogarthian si avvalga del sistema mnemonico (Minimum e
Ratio Deco), è utile conservare la pianificazione principale in forma scritta. In tutto questo ci aiuta il
Wet Notes, un piccolo raccoglitore di fogli plastificati in cui è possibile scrivere ciò che interessa e
capace di mettere a disposizione velocemente le informazioni ricercate. Al fine di garantire una
buona ridondanza di sicurezza, deve essere dotato di almeno tre matite a punta grossa che devono
essere controllate periodicamente. Il lato in cui scrivere ciò che deve essere consultato sott’acqua è
quello sinistro poiché il segnalibro viene posizionato su quello destro.
Figura 5 – Foglio interno al Wet Notes. Come si può notare le informazioni vengono scritte sul lato sinistro per facilitare
la lettura dopo aver utilizzato il segnalibro per aprire sulla pagine stabilita
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La copertina sul retro del Wet Notes è dotata di una tasca trasparente in cui contenere brevetti e
qualsiasi altro documento utile per l’immersione in grado di resistere all’acqua. Lo scopo è quello di
avere sempre tutto con se con il minimo ingombro possibile e con la minima possibilità di
dimenticanza. Il Wet Notes dovrà essere dotato di un moschettone a doppia luce per essere
vincolato all’elastico della tasca destra della muta stagna, “safety”, insieme alle altre dotazioni di
sicurezza fondamentali come l’SMB e spool.
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Figura 6 - Documenti resistenti all'acqua inseriti nella tasca trasparente sul retro del Wet Notes
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