CONVEGNO: “ LA CENTRALITA` DEL CORPO DI POLIZIA

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CONVEGNO: “ LA CENTRALITA` DEL CORPO DI POLIZIA
CONVEGNO: “ LA CENTRALITA’ DEL CORPO DI POLIZIA
PENITENZIARIA NELLA RIORGANIZZAZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE
DOPO L’INDULTO. RIORDINO DELLE CARRIERE”
ROMA – 26 MARZO 2007 –
Un cordiale saluto voglio inizialmente rivolgere a tutte le Autorità
presenti a questo Convegno, che intende principalmente effettuare
un’analisi
dell’attuale
situazione
penitenziaria,
valutando
quelle
iniziative che emergono come essenziali e improcrastinabili nel tempo.
Innanzi tutto, è certamente di fondamentale importanza il
contenuto di quella
disposizione, che indica che “l’ordine e la
disciplina negli istituti penitenziari garantiscono la sicurezza, che
costituisce
la
condizione
per
la
realizzazione
delle
finalità
del
trattamento”, per cui le finalità previste dalla Costituzione (ex art. 27,
comma 3) non possono compiersi se non regnano la sicurezza e il
rispetto delle regole, che sono esclusivo appannaggio del servizio di
sicurezza e di custodia.
Ed è al Corpo di polizia penitenziaria che sono demandate la
funzione di prevenire crimini o infrazioni disciplinari nonché quella di
proteggere la struttura stessa, evitando condotte illecite o abusi.
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Non vi è dubbio, allora, che tra i due termini (ordine e sicurezza)
vi è un rapporto di “Mezzo a fine”, in cui si identifica la tutela di un
interesse
pubblico
e
imprescindibile
rispetto
agli
obiettivi
costituzionali, tant’è che l’attività del Corpo si colloca oggi in tutti gli
ambiti territoriali connessi al carcere e ai servizi di traduzione e di
piantonamento, non escludendo quelle funzioni di tutela dell’ordine
pubblico e della sicurezza pubblica di cui agli articoli 13 e 16 della
Legge 121\1981.
Partecipando, poi, alle attività di osservazione e di trattamento
rieducativo dei detenuti e degli internati, la sicurezza è garanzia di
legalità, anche perché la prima opera di convincimento sul valore
civico del rispetto della legalità inizia senza dubbio proprio all’interno
dei servizi e dei reparti:
la polizia penitenziaria, da strumentale
rispetto all’oggetto sociale, è, pertanto, diventata il perno attorno a cui
deve
adattarsi
e
ruotare
l’attività
penitenziaria
prescritta
nell’ordinamento.
Se per ordine va inteso il normale svolgersi della vita all’interno
del carcere e mantenere la disciplina significa far rispettare tutte le
norme dell’ordinamento penitenziario e i principi normali su cui si
basano la saldezza e l’efficienza operativa, sicurezza vuole dire
garantire l’esistenza di tutte le condizioni necessarie per evitare il
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verificarsi di fatti spiacevoli, cioè scongiurare pericoli per l’incolumità
generale. Quindi, i motivi di sicurezza, di ordine e di disciplina sono
propedeutici
al
trattamento
penitenziario,
proprio
per
avviare
qualunque possibilità di miglioramento del recluso.
Ecco perché l’ordine e la sicurezza sono il mezzo indispensabile e
ineludibile per la realizzazione degli intendimenti costituzionali: ed è
alla polizia penitenziaria che tali prerogative sono demandate. Ne
consegue che se interventi devono essere posti in essere, devono
riguardare, in primis, la polizia penitenziaria, il cui impegno serio e
responsabile consente il conseguimento di questi risultati affidati
all’intero mondo penitenziario.
In
proposito,
tanto
per
rimanere
al
presente,
pur
nella
consapevolezza che le argomentazioni esposte non possono non
essere
condivise,
indifferenza
nell’anno
governativa
2006,
nei
si
è
registrata
confronti
del
una
completa
Corpo:
l’unico
provvedimento ritenuto utile, immediato ed esaustivo della emergenza
carceraria, è stato l’indulto!
Circa
i
risultati
del
provvedimento,
sostenuto
dal
SAPPe,
esclusivamente ai fini di uno sfollamento della popolazione detenuta,
prodromico a migliori condizioni operative del personale del Corpo,
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dati statistici rilevano che almeno il 15% dei detenuti beneficiari è
rientrato in carcere e i rientri sono in costante crescita, in quanto i
destinatari sono per la maggior parte senza aiuti, senza casa, senza
lavoro e assistenza sanitaria.
Non credo sia opportuno soffermarsi sugli effetti dell’indulto, dal
momento che, dopo dieci mesi, i ristretti ammontano già a 42.000
unità, vale a dire che è stata già superata la soglia della capienza
ottimale nelle carceri, sicchè, nello spazio di qualche altro mese, il
sovraffollamento diventerà di nuovo parola di uso comune.
Quello che occorre, e sempre con maggiore impellenza, sono le
riforme strutturali, che sono quelle volte a riorganizzare gli istituti; di
pari passo, bisogna procedere a riforme di tipo normativo che
coinvolgono sia l’ordinamento del Corpo di Polizia Penitenziaria sia il
diritto penale, soprattutto quello sostanziale, attraverso interventi di
depenalizzazione di alcuni reati onde evitare che si continui ad entrare
in carcere anche per fatti che non suscitano alcun allarme sociale
ovvero rispetto ai quali la minaccia di una pena detentiva non svolge
né funzioni deterrenti né tanto meno contribuisce, quando viene
applicata, a far diminuire la recidiva e risocializzare il condannato.
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E’ ormai acclarato che l’unico deterrente efficace è la certezza
della pena, da intendersi come certezza che lo Stato riesca ad
assicurare alla giustizia gli autori dei fatti costituenti reato e la
conseguente applicazione della sanzione prevista.
Le riforme e le innovazioni organizzative devono necessariamente
tenere conto del mutare del contesto sociale e del comune sentire
dell’opinione pubblica e degli operatori del settore, in considerazione
che nel nostro Paese non c’è certezza della pena e la funzione della
pena è ridotta al minimo.
Anche il Presidente della Repubblica, in numerose occasioni, ha
voluto lanciare messaggi in tal senso, diretti a ripensare la pena.
Sarebbe, invero, indispensabile, per non vanificare in poco tempo un
atto
di
clemenza,
che
il
Governo
e
il
Parlamento
adottino
provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che
tengano in carcere chi veramente deve starci, con un maggior
contestuale ricorso alle misure alternative alla detenzione, non legato
ad
automatismi
ma
ad
un
concetto
premiale,
istituendo
nuclei
territoriali del Corpo di polizia penitenziaria a cui affidare, previo un
incremento
sostanziale
dell’organico,
i
compiti
di
controllo
nell’esecuzione penale.
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Da ultimo, è obbligatorio parlare a questa Assemblea così attenta
del Riordino delle carriere delle Forze di polizia, rammentando che la
conclusione positiva, nella decorsa legislatura, della prima fase
parlamentare, se aveva rappresentato un forte segnale per gli
operatori
della
sicurezza,
ha
messo
anche
in
luce
una
scarsa
considerazione da parte delle Autorità politiche .
La relativa legge-delega all’esame del Senato dovrebbe essere
calendarizzata al più presto e approvata in tempi rapidi, atteso che i
suoi
contenuti
appartenenti
a
comprendono
tutte
le
aspettative
Forze
di
e
polizia,
rivendicazioni
intese
ad
degli
assicurare
omogeneità nei ruoli e nei trattamenti economici di più categorie.
In sintesi, gli aspetti più significativi riguardano:
-
la unificazione dei ruoli agenti, assistenti e sovrintendenti,
garantendo la progressione economica o, in alternativa di
qualifica, nel ruolo dei sovrintendenti, a tutti gli assistenti capo,
con l’acquisizione della qualità di ufficiale di polizia giudiziaria; la
progressione per tutti nel ruolo dei sovrintendenti;
-
la revisione delle procedure di avanzamento e di valorizzazione
economico-funzionale
di
tutto
il
personale
appartenente
all’attuale ruolo dei sovrintendenti;
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-
la valorizzazione economico-funzionale degli ispettori superiori;
-
la previsione del riallineamento retributivo dei parametri di tutti
gli ispettori, in relazione a quelli dei sovrintendenti capo;
-
la modifica o la soppressione dei ruoli direttivi speciali, mediante
la
valorizzazione
economico-funzionale,
anche
con
la
rideterminazione degli organici;
-
l’unificazione dei ruoli dei commissari e dei dirigenti.
La legge delega approvata dalla Camera dei Deputati deve essere
generica, deve delineare la “cornice” in cui dovranno muoversi i tecnici
del Governo per redigere successivamente i decreti legislativi.
Questa non sarebbe una riforma complessiva, perché tante sono le
sperequazioni create nel corso di decenni, ma sarebbe un importante
passo in avanti, che eliminerebbe alcune differenze,
tendendo
all’equità dei trattamenti e a nuove prospettive e percorsi di carriera.
Si
devono,
però,
trovare
i
fondi
di
bilancio,
quelli
che
la
manifestazione del 5 dicembre 2006 per il Centro di Roma è riuscita
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solo a far incrementare, senza sollecitare ulteriori finanziamenti: il
Riordino potrà avvenire articolandolo in due-tre anni, ma bisogna
trovare
assolutamente
le
risorse
finanziarie
dimenticare il rinnovo contrattuale che ci
adeguate,
senza
impegnerà nei prossimi
mesi.
Ma
non
posso
abbandonare
questo
palco,
senza
prima
evidenziare un’esigenza che lo stesso Ministro Guardasigilli ha voluto
puntualizzare, in occasione della cerimonia solenne, celebrativa della
Festa del Corpo, cioè la volontà di procedere ad una reale riforma del
Corpo, ad un riordino che non sia solo di facciata ma anche di
sostanza.
Un riordino che preveda:
-
la Direzione Generale del Corpo di polizia penitenziaria;
-
un Capo che sia un dirigente generale del Corpo di polizia
penitenziaria, alla stregua di quanto in essere per tutte le Forze
di Polizia italiane e straniere;
-
un allineamento, effettivo ed efficace, agli ordinamenti dei ruoli
del personale della Polizia di Stato;
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-
un
ampliamento
di
compiti
istituzionali
del
Corpo,
con
la
previsione del controllo dei detenuti in esecuzione penale esterna
e
il
presidio
delle
strutture
giudiziarie:
ciò,
peraltro,
consentirebbe il recupero di centinaia di carabinieri e poliziotti da
destinare all’attività di contrasto alla criminalità;
-
un riassetto generale, da realizzarsi mediante decreti legislativi
delegati.
Quanto testè illustrato non può certamente considerarsi esaustivo
di molteplici aspetti, che vanno, comunque, affrontati e definiti con
ogni sollecitudine.
(Dott. Donato Capece)
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