Rivista Diocesana Novarese
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Rivista Diocesana Novarese
R ivista D iocesana N ovarese Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara Sommario ANNO XC - Nº 6 - GIUGNO/LUGLIO 2005 LA PAROLA DEL VESCOVO Lettera in preparazione dell’Assemblea 403 pastorale su “Iniziazione cristiana e famiglia” Studenti dell’Istituto ‘Don Bosco’ di Borgomanero intervistano il Vescovo 408 Corpus Domini Celebrazioni Eucaristiche a Borgomanero e Novara 414 Lettera in occasione della Giornata di santificazione dei sacerdoti 422 La sfida della vita Intervista sulla procreazione medicalmente assistita 425 LA PAROLA DEL PAPA CENTRO DIOCESANO GIOVANILE La sollecitudine per la Chiesa intera Ordinazioni sacerdotali 428 Matrimonio e famiglia - La minaccia del relativismo Discorso al Convegno su “Famiglia e comunità cristiana” 433 Discorso in occasione della visita al Presidente della Repubblica Italiana 440 Omelia nella festa dei Santi Pietro e Paolo 443 Dalla Commissione di Pastorale Giovanile al Laboratorio Permanente 448 401 Assemblea pastorale diocesana “Iniziazione cristiana e famiglia” 405 Proposte dei laboratori di Pastorale Giovanile 451 CONSULTA PASTORALE SANITÀ Bilancio a conclusione del quinquennio e obiettivi per il prossimo quinquennio 452 ECONOMATO Relazione al bilancio 2004 della Curia diocesana 456 CARITAS Telesoccorso a favore delle persone anziane 460 CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO Costituita una nuova Onlus per le molteplici attività della Diocesi 462 Nasce la fondazione Missio 463 Tutela e promozione del patrimonio artistico 465 COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI UFFICIO BENI CULTURALI Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili 469 INFORMAZIONI Dioecesis 470 IN MEMORIA Don Giuseppe Bricco 471 Don Marino Bertoli 473 INSERTO: FIDANZATI CON IL VESCOVO E GIORNATA DELLA FAMIGLIA Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami Amministrazione Stampa Diocesana Novarese S.r.l. Vicolo Canonica, 9/15 Novara, • Tel. 0321/611077 • C.C.P. n. 15682289 Reg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948 Per abbonamento: CANCELLERIA CURIA DIOCESANA Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662 Copia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2005 €. 40 IN COPERTINA: ULTIMA CENA di Gaudenzio Ferrari (1525 ca.) - DUOMO di Novara Gesù porge il pane eucaristico a Giuda, mentre gli apostoli sono turbati dall’annuncio del tradimento Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara 402 LA PAROLA DEL VESCOVO Il nascere e il crescere dei figli di Dio Lettera del Vescovo in preparazione dell’assemblea pastorale diocesana su “Iniziazione cristiana e famiglia” Miei cari, alla fine di settembre vivremo un’assemblea pastorale che avrà come tema: “Iniziazione cristiana e famiglia”. Mi viene spontaneo dire subito che sulla iniziazione cristiana è già stato detto pressoché tutto. Basterebbe riandare a quanto, negli ultimi anni, ha trovato approfondimento sia a livello di Chiesa italiana, sia nelle molteplici riflessioni già svolte nella nostra Diocesi. Forse è bene fare memoria di tutto questo per renderci conto che, a questo punto, il nostro compito non è quello di partire da zero, quanto piuttosto di considerare le analisi fin qui compiute e le proposte più significative già emerse, nonché le esperienze più significative per vedere come tradurre in pratica tutto ciò e far maturare nelle nostre parrocchie un lavoro adeguato alla natura dell’iniziazione cristiana e al tempo nel quale viviamo. *** Dopo un biennio dedicato agli adolescenti e ai giovani, in Diocesi stiamo prestando attenzione, per un altro biennio, ai bambini e ai ragazzi. Già è terminato il primo di questi anni, utilizzato soprattutto come un tempo nel quale interrogare i sacerdoti. A loro è stato chiesto di mettere in evidenza, partendo da ciò che toccano con mano ogni giorno, i problemi che oggi si pongono. Sono stati però invitati anche a far emergere le migliori esperienze presenti sul territorio (e sono molte!), così che tutti possano usufruire di questa ricchezza educativa, spirituale e pastorale. A loro è stato anche domandato di fare delle proposte per il futuro. Il contributo dei sacerdoti è stato attentamente sintetizzato e sarà tenuto presente come base dalla quale non prescindere nella prossima assemblea pastorale diocesana. *** Essa dovrà rispondere soprattutto a due domande. La prima, e fondamentale: quando proponiamo a un ragazzo il cammino di iniziazione cristiana, quali esperienze desideriamo che compia perché, passando attraverso di esse, cresca come vero cristiano? Questa domanda molto semplice va affrontata con senso di responsabilità da parte di noi tutti. Solo in questo modo ci si può intendere bene su ciò che si intende fare e si evitano equivoci pericolosi, e talvolta causa anche di tensione nelle nostre parrocchie in occasione del- 403 LA PAROLA DEL VESCOVO la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In ogni caso, una cosa è comunque certa: l’iniziazione cristiana non è cosa formale, né è riducibile ad un’immagine puramente scolastica. Essa tende infatti a coinvolgere la vita. Ciò che è in gioco è il nascere dei figli di Dio: quelli che – come leggiamo nel Vangelo di Giovanni – “non dalla carne e dal sangue, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati”. La Chiesa è chiamata – con la collaborazione di sacerdoti, catechisti, genitori, comunità – a svolgere questa meravigliosa funzione materna. La Visita Pastorale mi dice che, nella nostra Diocesi, questa esperienza è già reale in diverse parrocchie. Vorrei che emergesse a beneficio di tutti e per incoraggiare coloro che sono condotti, dalle difficoltà e dalle delusioni, a pensare che ci troviamo dinanzi a un muro di incomprensione che sembra invalicabile. Abbiamo bisogno di coraggio e di fiducia. Le esperienze positive in atto ce ne possono fare dono. *** La nostra assemblea di fine settembre sarà impegnata anche su un’altra domanda che riguarda in maniera diretta la famiglia. Pur sapendo che l’iniziazione cristiana va approfondita con il riferimento ai diversi soggetti chiamati in causa (ragazzi, genitori, catechisti, comunità), ci domanderemo, in maniera particolare: quali sono i sentieri realisticamente praticabili e capaci di favorire una valida esperienza di coinvolgimento della famiglia nella crescita cristiana dei figli? Porremo dunque in primo piano la famiglia perché persuasi che soltanto con questa scelta strategica ci si mette sulla strada giusta per il futuro, non lasciandoci fuorviare da qualche sentimento di pessimismo suggerito dalla crisi che molte famiglie attraversano. Mettere la famiglia in primo piano non dovrà evidentemente significare soltanto “chiedere” qualcosa, ma anche interrogarci su ciò che noi – come comunità cristiana, come sacerdoti o catechisti che portano una specifica responsabilità ecclesiale – siamo chiamati ad “offrire”: in quale modo possiamo andare loro incontro? Per quali sentieri si può far avvertire che la loro felicità ci sta a cuore e che vorremmo essere collaboratori della loro gioia, condividendo con sincerità e concretezza le fatiche di vario genere alle quali i genitori sono chiamati per mettere in atto la “sfida educativa” per la crescita umana e cristiana dei figli? *** Invito tutti a pregare perché la prossima assemblea pastorale venga vissuta con una larga partecipazione, con intensa riflessione e in un clima intensamente spirituale. Chiedo inoltre a tutte le parrocchie di prevedere, fin da ora, una significativa partecipazione a questo rilevante appuntamento diocesano che aprirà il cammino di tutto il prossimo anno pastorale. Saluto cordialmente tutti e auguro buona estate. + Renato Corti Novara, 17 giugno 2005 404 COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI Assemblea pastorale diocesana La fede dei ragazzi, sguardo alla famiglia Da venerdì 23 settembre a domenica 2 ottobre Si terrà a fine settembre l’assemblea pastorale diocesana sul tema “Iniziazione cristiana e famiglia”. L’annuncio viene dato dalla lettera del vescovo alla diocesi, pubblicata in questa pagina. Perché questa assemblea? Come si svolgerà? Chi è invitato a partecipare? PERCHE’ QUESTA ASSEMBLEA? Il termine “assemblea pastorale diocesana” rimanda ad una esperienza analoga vissuta il 25 e il 26 aprile 2002 a Pallanza, presso il Collegio Santa Maria, partecipata da quasi settecento persone. Si era allora all’inizio del decennio pastorale e la Chiesa novarese era stata convocata dal vescovo per rispondere a questo interrogativo: “Qual è il cammino che ci attende nei prossimi dieci anni?” Dai lavori dell’assemblea era emersa una priorità: la Chiesa novarese è chiamata a interrogarsi sul come comunicare il Vangelo alle nuove generazioni. Un interrogativo che prima di tutto, chiamava in causa le comunità cristiane e i passi di conversione che esse sarebbero state chiamate a compiere verso i giovani. Sulla priorità “comunicare il Vangelo ai giovani” si è riflettuto per un biennio: nove gruppi di lavoro si sono messi in ascolto dei giovani; hanno compiuto un discernimento sulle risposte raccolte, alla luce della Parola di Dio; hanno infine proposto alcune priorità pastorali a riguardo del comunicare il Vangelo ai giovani, durante l’assemblea convocata a Novara la vigilia di Pentecoste 2004. Dopo questo biennio, il desiderio di comunicare il Vangelo alle nuove generazioni ha suggerito di dedicare anche ai ragazzi e ai bambini un biennio pastorale. Nell’anno pastorale 2004-2005 si è soprattutto interrogato i sacerdoti circa la pastorale dei ragazzi, con particolare riferimento a ciò che viene chiamato “iniziazione cristiana”, cioè il cammino di introduzione alla vita di fede scandito anche dalla celebrazione della prima Confessione, prima Comunione e Cresima. Nel prossimo anno pastorale 2005-2006 si presterà particolare attenzione alle famiglie, chiamate a coinvolgersi nel cammino di fede dei ragazzi. L’assemblea di fine settembre si colloca dunque nel bel mezzo del biennio dedicato dalla diocesi ai ragazzi e ai bambini; sarà l’occasione per fare il punto sul primo anno e per avviare il secondo anno, centrato in particolare sulla iniziazione cristiana e la famiglia. 405 COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI COME SI SVOLGERA’? Per l’assemblea di fine settembre si prevede uno svolgimento originale rispetto a quella dell’aprile del 2002 o ai tradizionali convegni pastorali di fine agosto, che per anni hanno segnato il cammino della Chiesa novarese. L’originalità è dovuta al fatto che l’assemblea, nell’arco della settimana, sarà vissuta a livello diocesano, poi vicariale, parrocchiale, e infine, di nuovo diocesano: l’obiettivo è quello di coinvolgere immediatamente il maggior numero di persone intorno al tema “iniziazione cristiana e famiglia”. Si partirà, infatti con un momento diocesano al santuario di Boca, la sera di venerdì 23 settembre, con la relazione di don Simone Giusti, parroco in diocesi di Pisa, già assistente dell’Acr nazionale. Si proseguirà sabato 24 settembre nei vicariati, con i rappresentanti di ogni parrocchia e con il particolare coinvolgimento delle commissioni catechistiche e delle commissioni famiglia. Poi, a partire da domenica 25 e per tutta la settimana successiva, il lavoro approderà nelle parrocchie, con la proposta della festa della iniziazione cristiana e la convocazione del consiglio pastorale parrocchiale sulla catechesi in parrocchia. Domenica 2 ottobre si ritornerà alla dimensione diocesana, con la chiusura della assemblea pastorale in duomo e il mandato ai catechisti. Questo appuntamento, quest’anno, sostituisce il tradizionale convegno dei catechisti, solitamente collocato alla prima domenica di ottobre. CHI E’ INVITATO? All’apertura dell’assemblea diocesana, venerdì 23 settembre e alla chiusura, domenica 2 ottobre, sono attesi i sacerdoti, le comunità religiose, i rappresentanti di ogni parrocchia, i membri dei consigli pastorali, i catechisti, i gruppi famiglia, i movimenti e le associazioni. Sarà prossimamente predisposta una apposita scheda di iscrizione. Ogni vicariato e ogni parrocchia si attiverà poi per favorire il lavoro, in loco, da sabato 24 settembre a sabato 1° ottobre. 406 COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI Apertura al santuario di Boca e chiusura in Cattedrale programma Venerdì 23 settembre Da lunedì 26 settembre a sabato 1 ° ottobre Apertura dell’assemblea pastorale diocesana alle 20.30, al santuario di Boca, con la relazione di don Simone Giusti, parroco in diocesi di Pisa, già assistente dell’Acr nazionale. Sabato 24 settembre A partire dalla relazione di don Giusti, riflessione nelle assemblee vicariali con i rappresentanti di ogni parrocchia e con il particolare coinvolgimento delle commissioni catechistiche e delle commissioni famiglia. Domenica 25 settembre Settimana di riflessione parrocchiale per i catechisti e gli educatori; si propone la convocazione del consiglio pastorale parrocchiale mettendo all’ordine del giorno la catechesi in parrocchia. Domenica 2 ottobre A Novara in cattedrale, nel giorno anniversario della dedicazione della cattedrale: dalle 15 alle 17 conclusione dell’assemblea diocesana con le relazioni dei lavori dei vicariati e la sintesi del vescovo; alle 17 celebrazione della Messa e “mandato” ai catechisti. Giornata dedicata alla iniziazione cristiana in tutte le parrocchie; proposta della festa della iniziazione cristiana, con l’annuncio e la presentazione dell’anno catechistico. 407 LA PAROLA DEL VESCOVO Su una fragile canoa Gli studenti dell’Istituto “Don Bosco” intervistano il Vescovo Borgomanero, 20 aprile 2005 1. IL VESCOVO, LA SUA VITA, LA SUA VOCAZIONE, IL SUO RUOLO NELLA CHIESA Che cosa ci può dire del suo cammino di vocazione? E del suo ministero sacerdotale ed episcopale? La vocazione è come un amore. Chi la riceve è come se se la trovasse dinanzi. Prima che una discussione essa chiede una constatazione. Ci si trova di fronte un fatto. Avverti che la vita totalmente dedicata a Dio è fatta per te; il Signore ti chiama; i mille interessi che puoi avere possono piacerti ed essere molto belli, ma di nessuno di essi riesci più a dire: “È la mia vocazione”. La tua vocazione è un’altra: quella di diventare Sacerdote. Siamo di fronte ad un mistero di grazia, di una grande grazia che solo Dio comprende fino in fondo. A te non resta che esprimere la tua risposta al Signore, lasciare la barca e le reti in riva al lago; ti aspetta un altro mare. Quanto al ministero sacerdotale ed episcopale, chi diventa prete mette a disposizione di Dio e degli altri tutto quello che è e che ha. Come dice il Vangelo, “perde la sua vita”. Non cerca la carriera, ma il servizio. Non ha un suo progetto circa il dove, come, con chi realizzarlo. Dice soltanto: “Io sono qui. Dove la Chiesa ha bisogno di me, io andrò”. Questa è l’ubbidienza che investe tutta la vita. Questo criterio vale per chi diventa prete, per chi diventa vescovo, persino (e a maggior ragione), per chi diventa Papa. Come diceva l’apostolo Paolo ai Corinti parlando di se stesso: “Noi siamo vostri servitori per amore di Gesù”. Nella vita di tutti i giorni il Vescovo sa di avere una grande responsabilità: sostenere la vita di fede nei cristiani, alimentare l’attenzione e l’accoglienza in favore di ogni uomo, prestare attenzione a ciò che avviene nella società, indicando l’orientamento che il Vangelo offre per affrontare i problemi in un modo veramente degno dell’uomo. Ma in questa responsabilità il Vescovo non è solo. Molte persone la condividono: i genitori cristiani, tutti gli educatori ispirati dal Vangelo; i sacerdoti, religiosi e religiose; i cristiani laici, a cominciare dai giovani cristiani, presenti su tutte le frontiere dell’umano. Chiedo anche a voi, giovani, di entrare in questa responsabilità. Il Signore ha bisogno di voi; ne ha bisogno la Chiesa e ne ha bisogno la società. 408 LA PAROLA DEL VESCOVO 2. IL VESCOVO E IL PAPA Che cosa ci può dire degli ultimi giorni di Giovanni Paolo II? E dei suoi incontri con lui? E del nuovo Papa? Circa gli ultimi giorni c’è forse stata qualche strumentalizzazione, come qualcuno di voi ha osservato. Ma resta straordinario il fatto che una folla immensa, senza che alcuno gliel’abbia comandato, si sia mossa per andare a Roma o per partecipare a momenti di preghiera e riflessione nelle Diocesi (anche la nostra). In particolare, occorre riflettere sui tanti giovani che abbiamo visto presenti: essi sono il segno abbastanza evidente che il Papa è stato una grazia di Dio per loro. Adesso si tratterà di non sciupare il dono e di non dilapidare l’eredità. Questa osservazione mi conduce a dire una parola su colui che, proprio ieri sera, è stato eletto come successore: si tratta del Card. Joseph Ratzinger, che ha preso il nome di Benedetto XVI. Se grande è il Papa che ci ha lasciato, il nuovo Papa va accolto con alcune attenzioni proprie del cristiano. La prima è che i credenti cristiani ricordano la parola di Gesù: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Vi è una grazia specialissima di Cristo per Pietro e i suoi successori. Per questo il cristiano guarda al futuro con speranza. La seconda attenzione è che proprio per il motivo indicato, i Cardinali chiamati a eleggere il Papa, nei giorni scorsi hanno dato molto spazio alla preghiera per lui, invocando i doni dello Spirito Santo. Né andrebbe dimenticato che il luogo dell’elezione è la Cappella Sistina, dominata, nella sua parete di fondo, dal giudizio finale di Michelangelo: è sotto quello sguardo che la scelta di un nuovo Papa avviene. È facile avvertire l’originalità di questo stile che consiste nel lasciarsi interrogare da Cristo rimanendo liberi nei confronti di ogni altra indebita ingerenza. Nelle scorse settimane abbiamo più volte sentito la parola, pacata e forte, del Card. Ratzinger. A lui è stato affidato di proporre i testi della “Via Crucis” del venerdì santo al Colosseo. In qualche passaggio di quel testo egli ha richiamato, anche in termini che hanno molto impressionato, la necessità della purificazione nella vita della Chiesa. A lui è pure toccato, come Cardinale Decano, di presiedere i funerali di Giovanni Paolo II. Ha svolto l’omilia ripercorrendo il cammino di Karol Wojtyla e ne ha trovato il denominatore comune nella parola di Gesù a Pietro: “Tu seguimi!”. Ha citato anche il penultimo libro scritto da Giovanni Paolo II - “Alzatevi, andiamo!” – aggiungendo: “Con queste parole ci ha risvegliato da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi”. E infine, ha svolto anche l’omilia ai Cardinali mentre si radunavano per il Conclave: “In questa ora di grande responsabilità, ascoltiamo quanto il Signore ci dice…”. Commentando la seconda lettura della liturgia (Ef. 4,11-16) si è espresso con una franchezza inusuale. Ha parlato di cammino verso “la maturità di Cristo”, “la misura della pienezza di Cristo”, cui siamo chiamati per arrivare ad essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede – ha aggiunto – “sballottati dalle onde e portati qua e là – come dice l’apostolo Paolo – da qual- 409 LA PAROLA DEL VESCOVO siasi vento di dottrina” (v. 14). “Una descrizione – nota ancora il Card. Ratzinger – molto attuale! Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante ideologie, quante mode del pensiero.. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro… Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’ appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo… Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo”. E conclude: “Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo”. Credo che questo nuovo Papa sarà un pungolo per tutti. Penso anche che Giovanni Paolo II sia contento di avere questo successore. Se fosse stato in Conclave forse gli avrebbe dato il suo voto. Quanto ai miei incontri con Giovanni Paolo II, difficilmente potrò dimenticare di aver trascorso una settimana presso di lui negli ultimissimi tempi della sua vita. Anche per questo gli sono molto grato. Ma devo aggiungere che la mia vicinanza a lui è avvenuta anche quando c’era una lontananza fisica. Quante volte l’ho sentito vicino meditando le sue parole, approfondendo i suoi documenti, riflettendo sui suoi incontri, accompagnandolo spiritualmente nei suoi viaggi pastorali e missionari, vedendolo affrontare i grandi problemi del mondo contemporaneo. E poi c’è una vicinanza ancora più profonda: è quella di condividere la stessa fede in Gesù Cristo, Dio fatto uomo, la stessa fatica apostolica, la sollecitudine per tutte le Chiese nell’unica Chiesa cattolica sparsa in tutto il mondo. 3. IL VESCOVO E LA SUA GENTE Qual è il rapporto del Vescovo di Novara con la città? Quando e come il Vescovo incontra le comunità cristiane sparse in tutta la Diocesi? Quanto alla città, devo anzitutto dire che il Vescovo di Novara non è semplicemente il Vescovo della città di Novara, bensì della Diocesi di Novara che è molto più ampia e comprende tutta la provincia di Novara, quella di Verbania e parte di quella di Vercelli. Posso poi aggiungere che al Vescovo tocca valorizzare tutte le opportunità che si presentano per incontrare le realtà sociali, istituzionali, culturali. Se penso, in concreto, a questi ultimi mesi, ricordo gli incontri con gli Amministratori dei Comuni nei quali sto svolgendo la Visita Pastorale, l’incontro sulla “Bemberg” (attualmente in grande difficoltà occupazionale), l’incontro con le Associazioni di Volontariato, due incontri sull’Europa svoltisi nell’Aula Magna dell’Università, alcune interviste a giornali, radio, tv locali. 410 LA PAROLA DEL VESCOVO Quanto alle comunità cristiane, e in particolare alle Parrocchie, il Vescovo vive costantemente in Visita Pastorale su tutto il territorio che comprende 346 Parrocchie. Il che vuol dire condividere, almeno per qualche momento, il cammino delle comunità; rivedere insieme i vari capitoli del lavoro pastorale (ragazzi, giovani, famiglie; liturgia e preghiera; carità e missione) domandandoci come rendere vigorosa e fedele la testimonianza che, come cristiani siamo chiamati a offrire in un tempo di grandi e rapidi mutamenti. Insieme con questi incontri parrocchiali posso ricordare anche quelli che avvengono a un livello più ampio (negli otto Vicariati o a livello diocesano vero e proprio) sia con i sacerdoti e sia con i laici. Questi ultimi incontri toccano fidanzati, famiglie, anziani, religiose e religiosi e, in modo particolarmente ampio, i giovani. 4. I GIOVANI E LA FEDE Perché molti giovani sembrano allontanarsi dalla fede cristiana? Quali sono le cause più importanti? Che cosa può oggi aiutare un giovane a diventare cristiano come avvenne tanti secoli fa per un grande giovane chiamato Agostino? Con queste domande entriamo nel vivo del rapporto “giovani - vita cristiana”: c’è un interrogativo problematico da affrontare e ve n’è un altro che rivela un’attesa. Quello problematico è la percezione che la fede vada da una parte e i giovani da un’altra. A questo riguardo si deve anzitutto evitare di generalizzare perché, in realtà, anche oggi ci sono giovani – e io ne conosco! – con una fede molto viva. Giusta è la richiesta di indicare le principali cause dell’allontanamento di un giovane dalla fede. C’è una causa ambientale: mi riferisco ai vari “soggetti” che agiscono nella nostra società mass-mediatica e che si rivolgono in particolare ai giovani proponendo, attraverso le varie forme di comunicazione (la musica, la tv, il cinema, il teatro, eccetera) un modo di pensare e di comportarsi diverso, se non alternativo, al Vangelo. Talvolta la difficoltà può nascere a livello specificamente culturale, legato allo studio della storia, della letteratura, della filosofia, della psicologia, delle scienze, ecc. Il giovane si trova di fronte alla complessità e non sempre vi è qualcuno in grado di aiutarlo a rispondere agli interrogativi, a fugare i dubbi. Il risultato può essere quindi lo spaesamento o anche la tentazione di cedere al relativismo e di ritenere che – come per anni pensava e temeva Agostino – la verità sia irraggiungibile. Ma poi vi è un livello propriamente personale da considerare. Voglio dire che talvolta l’allontanamento dalla fede è provocato dal fatto di lasciarsi andare, soprattutto negli anni dell’adolescenza, a una condotta disordinata, istintiva, senza regole. Quando questo avviene, il Vangelo comincia a parere lontano, la preghiera viene lasciata cadere, Dio e Gesù Cristo vengono messi in un angolo. Questi riferimenti già lasciano intuire come un giovane può crescere cristiano. Primo, non bisogna avere paura di andare controcorrente; secondo, è necessario conoscere e confrontarsi con qualche persona, meritevole della vostra stima, con la 411 LA PAROLA DEL VESCOVO quale affrontare con onestà e profondità le questioni più serie della vita umana; terzo, siete chiamati a diventare “responsabili” di voi stessi e a imporvi un certo rigore morale nella vita di ogni giorno, tenendo conto che con la vita non si gioca. Ma c’è da aggiungere il punto più importante: il cristianesimo non è una teoria, non è una filosofia, ancor meno un’ideologia. Il cristianesimo è una persona: Gesù Cristo. È lui che va cercato, è la sua vicenda che va approfondita, è l’assoluta singolarità di un Dio fatto uomo che va meditata. Un giorno, quando numerose persone abbandonarono Gesù dopo il discorso sul “pane di vita” fatto a Cafarnao, egli disse ai discepoli: “Volete andarvene anche voi?”. I discepoli sono rimasti: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”. 5. I GIOVANI E LA CHIESA Che cosa spiega un certo distacco e una certa diffidenza dei giovani nei confronti della Chiesa? Che cosa spiega il fascino di Giovanni Paolo II sui giovani? In che modo un sacerdote dovrebbe accostarsi ai problemi dei giovani? Qual è l’esempio umano che è stato molto importante per l’orientamento della sua vita? Le domande che mi ponete sulla Chiesa accostano due termini fra loro opposti (o quasi): diffidenza, fascino. La diffidenza può essere provocata dal fatto di non sentirsi sufficientemente avvicinati, ascoltati, amati da coloro che danno volto alla Chiesa. Quando questo avviene è giusto chiedere a queste persone un cambiamento di stile, maggiore semplicità e sincerità, rispetto e condivisione. Talvolta la diffidenza nasce dai pregiudizi contro la Chiesa. A piene mani, ogni giorno, essi vengono rovesciati addosso ai giovani (e anche agli adulti), talvolta con un certo livore e con una spregiudicatezza impressionante. Qui viene chiesto ai giovani di aprire gli occhi, di scoprire l’inganno o la voluta parzialità, di farsi aiutare da chi può dare saggiamente una mano per conoscere la verità. Quanto al fascino, riscontro nel Papa Giovanni Paolo II ciò che l’apostolo Paolo scriveva in forma autobiografica: “Noi non predichiamo noi stessi, ma Gesù Cristo nostro Signore. Quanto a noi stessi siamo vostri servitori per amore di Gesù”. Non dimenticando che il fascino non può voler dire, per la Chiesa, seguire le mode, ma ancorarsi senza incertezze alla roccia che è Cristo, il quale non ha temuto di essere, per i suoi contemporanei “segno di contraddizione”. A pochi giorni dalla morte di Giovanni Paolo II non posso non auspicare che i sacerdoti sappiano accostare voi giovani come egli ha cercato – si direbbe testardamente – tutti i giovani del mondo. Anche per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, nei mesi scorsi egli ha coraggiosamente rivolto l’invito ad esserci, non soltanto ai giovani credenti, ma anche ai non credenti. Spinto, in questo, dalla persuasione profonda che la conoscenza del Signore sia il dono più grande che la Chiesa ha ricevuto come tesoro per l’intera umanità. 412 LA PAROLA DEL VESCOVO Se devo dire qual è l’esempio umano che più mi ha aiutato nell’orientamento della mia vita, dovrei mettere al primo posto mia madre, testimone umile e fedele del Vangelo. Poi il Padre spirituale che mi ha seguito con grande saggezza, freschezza e fiducia negli anni del liceo. Dovrei nominare anche qualche altra persona. E dovrei anche riferirmi agli studi, specialmente alla filosofia, che mi hanno permesso di approfondire molto seriamente domande radicali circa il senso della vita umana. Ma mi preme dire che, se questi aiuti umani hanno visibilizzato per me, per il mio orientamento cristiano e per la decisione definitiva di diventare prete, un ruolo incomparabile ha giocato la preghiera, e soprattutto l’adorazione del Signore presente nell’Eucaristia e la preghiera a Maria. Hanno permesso di superare, con la fragile canoa che ciascuno di noi è, anche i passaggi più difficili e le onde più impetuose. Mi ritrovo pienamente nell’esperienza di cui racconta Giovanni Paolo II a proposito della sua adolescenza e giovinezza e del giorno nel quale è maturata una decisione definitiva circa il diventare prete: “Un’illuminazione interiore che portava in sé gioia e sicurezza. E questa consapevolezza mi riempì di una grande pace interiore”. Dopo tanti anni di vita sacerdotale, posso dire che quel dono spiega tutta la mia vita, anche adesso. 413 LA PAROLA DEL VESCOVO Corpus Domini Nell’anno dell’Eucaristia celebrazioni eucaristiche a Borgomanero e a Novara Borgomanero - San Bartolomeo, 26 maggio 2005 I – LE GIOVANNI PAOLO II PER L’ANNO DELL’EUCARISTIA Celebrazione Eucaristica con i Sacerdoti del Vicariato INTENZIONI DI Borgomanero - San Bartolomeo, 26 maggio 2005 È già trascorso gran parte dell’ “anno dell’Eucaristia”, voluto da Giovanni Paolo II. In questo momento possiamo soffermarci sulle intenzioni che stavano a cuore del Papa e verificare come stiamo rispondendo al suo appello. È stato voluto perché “l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero” (EdE, 10); perché quest’anno “sia per tutti occasione preziosa per una rinnovata consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla sua Chiesa”; perché sia stimolo ad “una celebrazione più viva e sentita, dalla quale scaturisca un’esistenza cristiana trasformata dall’amore” (MND, 29); perché si riconosca nell’Eucaristia “la radice e il segreto della vita spirituale dei fedeli, come anche di ogni iniziativa della Chiesa locale” (MND, 5). 1. La prima intenzione è globale: è ciò che deve accompagnare tutto l’anno e che ne indica anche il frutto. Più che in termini di dovere, il Papa si esprime in termini di bellezza, come si potrebbe dire di una grande opera d’arte. Non siamo chiamati a rendere grande l’Eucaristia. Essa già lo è. Si tratta di non nascondere questo tesoro sotto la polvere o in qualche angolo buio, ma di porlo in primo piano perché ciascuno ne contempli la bellezza. 2. Di qui la seconda intenzione, che riguarda le nostre comunità nel loro insieme: rinnovare la consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla Chiesa. Il compito qui indicato ci fa pensare ai bambini che quest’anno ricevono la Prima Comunione e al ruolo delicato che sono chiamate a svolgere le catechiste. Senza dimenticare i ragazzi che riceveranno il sacramento della Confermazione e quelli che stanno tra gli anni di mezzo: a loro va comunicata la consapevolezza che l’Eucaristia è il vertice dell’Iniziazione cristiana. E senza dimenticare i loro genitori, ai quali compete di accompagnare il cammino di fede dei loro figli. Con la memoria ripenso pure all’esperienza della “lectio divina” che ho proposto in questo Vicariato nei mesi scorsi agli adolescenti e ai giovani: mirava proprio a far loro riscoprire il senso profondo e la straordinaria bellezza racchiusa nel sacramento dell’Eucaristia. 414 LA PAROLA DEL VESCOVO 3. Giustamente il Papa dà spazio a una terza intenzione che riguarda in modo speciale i sacerdoti: si tratta di rendere “viva e sentita” la celebrazione e di mirare, di settimana in settimana, ad alimentare un’esistenza cristiana trasformata dall’amore di Cristo con il quale si entra in comunione. La celebrazione va dunque sempre ben preparata, anche con l’aiuto del gruppo liturgico. Ogni particolare deve sostenere la preghiera di ciascuno e di tutti; soprattutto non va accettata una celebrazione fredda, e nemmeno quella frettolosa. Va ogni volta rinnovato il desiderio di “ascoltare” la parola di Dio e di metterla in pratica. La mente distratta non ascolta. È impermeabile come la pietra. È il terreno poroso quello al quale somigliare. Ogni volta va vissuta in prima persona la comunione con il Signore Gesù Cristo, ricevuto sotto i segni sacramentali: “Vieni in me, abita nel mio cuore, nei miei pensieri, nella mia volontà, in tutto quello che faccio, dovunque io mi trovi”: questa è la preghiera dell’adorazione e del ringraziamento che deve occupare il momento nel quale ci presentiamo all’altare per ricevere la Comunione eucaristica. È ciascuno dei membri della comunità presente alla Messa che deve vivere questa esperienza. Solo in tal modo essa diventa quella di una comunità viva e credente. Guai se essa rimanesse, per pigrizia o superficialità, una “massa” amorfa: cosa ben diversa dalla comunità! 4. La quarta intenzione indicata dal Papa è il prolungamento di quella ora accennata. Riguarda ciò che costituisce il nostro vivere quotidiano, di giorno in giorno: l’esperienza eucaristica è destinata ad arrivare fin lì perché quella è la sua meta più vera sia a livello personale, sia a livello comunitario o parrocchiale. L’Eucaristia può e vuole essere, “la radice e il segreto della vita spirituale di ciascuno di noi cristiani”. Essa vuole esserlo anche “di ogni iniziativa della Chiesa locale”, l’ispirazione della sua carità, il sostegno della sua fede, l’ossigeno per la sua speranza. Una comunità cristiana è autentica se è eucaristica. Se cioè si pensa a partire dall’Eucaristia e tende, in ogni ambito nel quale si esprime, a lasciarsi educare e plasmare dall’Eucaristia. *** Ho accennato all’inizio che, a questo punto dell’ “anno dell’Eucaristia”, occorre anche una verifica: lo stiamo valorizzando nel migliore dei modi? Non è necessario che mi dilunghi nel porre delle domande per l’esame di coscienza personale e pastorale. Basta che ciascuno di noi ritorni con calma su quanto ho detto circa le intenzioni fondamentali indicate dal Papa Giovanni Paolo II. Lascio la parola conclusiva ad una ragazza di 17 anni che mi ha inviato in questi giorni una lettera ricordando la domenica nella quale, in occasione della Visita Pastorale, sono stato nella sua Parrocchia per la celebrazione della Santa Messa e lei era presente. “Non è da molto – mi scrive – che ho sentito forte la presenza di Gesù, nel senso che, prima, andavo a Messa un po’ perché si era ‘obbligati’ e perché ci andavano tutti. Ora invece, vado a Messa perché dentro di me ho sentito Gesù e perciò, ogni domenica ho bisogno di andarlo a trovare e di sentire la sua parola” (a cui – aggiunge – si prepara prima utilizzando una “guida per la S. Messa”). “Come le ho detto, dentro di me sento la presenza di Gesù, sento di ‘seguirlo’ dovunque, nel 415 LA PAROLA DEL VESCOVO senso di partecipare a veglie, incontri… dove lo sento ancora più forte dentro di me”. E aggiunge infine: “Ecco perché ho deciso di andare a Colonia alla Giornata Mondiale della Gioventù: non per andare in vacanza o a divertirmi, ma per andare ad adorarlo, perché, Padre, io devo dirglielo, dentro di me sento veramente qualcosa di molto forte”. Ecco: questa ragazza è entrata in un cammino. A Gesù dà del tu. Lo ascolta, vuole seguirlo, lo adora. Egli è al centro della sua vita. Come non augurare un po’ della freschezza di questa adolescente a tutti i suoi coetanei? II – LA DOMENICA: IL SUO FONDAMENTO E IL SUO CUORE Celebrazione Eucaristica e processione serale Novara - San Rocco, 26 maggio 2005 Domenica scorsa, all’Angelus, il Papa Benedetto XVI diceva: “Sono lieto di rivolgere oggi, festa della Santissima Trinità, il mio saluto ai partecipanti al Congresso Eucaristico della Chiesa italiana, che si è aperto ieri a Bari. Nel cuore di questo anno dedicato all’Eucaristia, il popolo cristiano converge intorno a Cristo presente nel Santissimo Sacramento, fonte e culmine della sua vita e della sua missione. In particolare, ogni parrocchia è chiamata a riscoprire la bellezza della Domenica, Giorno del Signore, in cui i discepoli di Cristo rinnovano nell’Eucaristia la comunione con Colui che dà senso alle gioie e alle fatiche di ogni giorno. «Senza la Domenica non possiamo vivere»: così professavano i primi cristiani, anche a costo della vita, e così siamo chiamati a ripetere noi oggi” (O.R. 23-24 maggio 2005). Mi piace questa sottolineatura circa la bellezza della Domenica, giorno in cui i discepoli di Cristo rinnovano la comunione con Colui che “dà senso alle gioie e alle fatiche di ogni giorno”. Guardo a tutti voi, mentre siamo qui radunati per la festa del Corpus Domini e trovandoci all’esterno della nuova Chiesa di San Rocco che avrà come scopo fondamentale quello di accogliere i fedeli di questo quartiere, radunati dal Signore per ascoltare la sua Parola e unirsi in una reale comunione con lui nel sacramento del corpo e del sangue di Cristo. Mentre guardo a voi, penso alla vostra vita quotidiana, alle vostre speranze e ai vostri timori, alle vostre gioie e ai vostri dolori. Con il Papa, anch’io dico a voi: “Miei cari, rinnovate ogni domenica, celebrando l’Eucaristia, la comunione con Colui che dà senso alle gioie e alle fatiche di ogni giorno”. Giovanni Paolo II, che noi tutti amiamo, ci ha lasciato, nella Novo millennio ineunte, una pagina sulla domenica, su ciò che ne costituisce il fondamento ciò che ne va riconosciuto come il cuore (NMI, 35-36). La domenica e la risurrezione di Cristo Il vero punto di partenza della domenica è la risurrezione di Gesù (n. 35). “Fu essa a rendere possibile che egli fosse realmente presente al di là dei limiti della sua corporeità terrena e realmente potesse essere partecipe” (J. Ratzinger, “Il Dio vicino”, pag. 60). Senza di essa Gesù sarebbe rimasto un ricordo, e basta: e i discepoli di 416 LA PAROLA DEL VESCOVO Gesù avrebbero dovuto limitarsi a guardare indietro per ricordare qualcosa del passato. Ma Gesù è risorto e più volte si è manifestato ai suoi discepoli. Per questo il giorno della sua risurrezione era inteso e vissuto come il giorno della sua presenza, in cui egli li chiamava a raccolta, in cui essi si radunavano intorno a lui. Così è nata la domenica. Per questo venne chiamata “giorno del Signore”: per i primi cristiani dire “il Signore” equivaleva a dire “Gesù è risorto” (cfr Ap 1,10). Già all’inizio del secondo secolo Ignazio di Antiochia definiva i cristiani come coloro che “vivono secondo la domenica” (Magn. 9). Ciò voleva dire: vivere a partire dalla risurrezione di Cristo e dalla sua presenza tra noi, in particolare nella celebrazione eucaristica. Per questo quel giorno diventa giorno della gioia. Dagli Atti degli Apostoli sappiamo che i cristiani celebravano l’Eucaristia con canti di lode. Analogamente si esprime Paolo nelle sue lettere: “I cristiani glorificavano il Signore” con salmi, inni e cantici spirituali (cfr Ef 5,19; Col 3,16). La domenica e l’Eucaristia Ho già accennato all’Eucaristia. Il cuore della domenica è proprio l’Eucaristia (NMI, 36). Dobbiamo ricordare che, per i discepoli di Gesù, la domenica aveva preso il posto del sabato ebraico. “Il culto ebraico prevedeva due parti: uno era il culto sacrificale nel tempio a Gerusalemme. Poi vi era un altro ambito, che si andò sviluppando sempre più: quello della sinagoga. In essa veniva letta la sacra Scrittura, venivano recitati i salmi, si lodava insieme Dio” (id., pag. 62). Per i discepoli di Gesù non sono più gli antichi sacrifici compiuti nel Tempio di Gerusalemme ciò che conta: è invece il sacrificio di Cristo sulla croce, “il corpo dato e il sangue sparso sulla croce”. È Gesù il vero agnello immolato, che aveva detto loro: “Fate questo in memoria di me”. Quanto alla sinagoga i discepoli di Gesù l’hanno frequentata fino a quando essa non si è chiusa nei confronti di Gesù e dal fatto che proprio in lui le sacre Scritture trovavano pieno compimento. Alla fine del primo secolo i discepoli svilupparono una liturgia della parola in proprio. “Fu così che le due parti della liturgia sino ad allora separate arrivarono ad incontrarsi e compenetrarsi: la liturgia della parola si unisce a quella eucaristica”. Questa nuova forma della liturgia viene spostata alla domenica mattina nell’ora della risurrezione” (id., pag. 65). È ciò che ancora oggi costituisce la celebrazione eucaristica nella vita della Chiesa. *** Ringrazio di tutto quello che, in ciascuna delle nostre Parrocchie, si sta facendo perché la domenica sia viva e partecipata sia da parte degli adulti che da parte dei ragazzi. Poiché siamo nel biennio dedicato ai bambini e ai ragazzi, con esplicito riferimento ai sacramenti che ci introducono nella vita cristiana (Battesimo, Confermazione, Eucaristia), sarei molto contento che il prossimo anno pastorale venisse dedicato alla domenica, aiutando il maggior numero di persone a viverla intensamente e gioiosamente e, se necessario, a riscoprirla di nuovo dopo averla dimenticata o intesa come residuo di un passato ormai tramontato. Chiedo in particolare ai sacerdoti e ai catechisti di trovare modi, momenti, linguaggio per annun- 417 LA PAROLA DEL VESCOVO ciare il fatto originale sul quale poggia la fede cristiana e che sta all’origine anche della domenica: Cristo risorto, Cristo vivo, Cristo presente, Cristo che si unisce realmente a noi, Cristo che ci accompagna nel tempo e nella storia, Cristo che sostiene la nostra speranza nei giorni difficili di esistenza, Cristo che rimane con noi fino alla fine del mondo. III – “SE NOI CUSTODIREMO LA DOMENICA , LA DOMENICA CI Celebrazione Eucaristica e processione serale CUSTODIRÀ ” Borgomanero / San Bartolomeo, 27 maggio 2005 Stasera vi voglio semplicemente spiegare le parole che già sono state indicate all’inizio della celebrazione: “Se noi custodiremo la domenica, la Domenica ci custodirà”. Ma prima voglio osservare il contesto nel quale viviamo questo significativo momento. Ci troviamo nella piazza centrale di Borgomanero. Mi sembra che questo possa essere un simbolo di ciò che Gesù vuol essere per noi: il centro della nostra fede e del nostro affetto; il centro del nostro cuore, delle nostre famiglie; il centro delle nostre responsabilità negli ambiti della nostra professione e della vita sociale. Naturalmente egli si propone alla nostra libertà, bussa alla porta. Tocca a noi aprirgli. Osservo un altro particolare: vedo che, a fare quasi da parete a questa Chiesa senza mura, sono le case. Vedo anche dei lumini accesi. Questo dato concreto mi fa pensare alla missione di ognuna delle nostre Parrocchie: “Essere la Chiesa che vive tra le case della gente”. Ai numerosi sacerdoti presenti mi piace dire, in cospetto di questa grande assemblea, che le attese di tante persone, la cui vita non è mai facile, è che la Parrocchia sia un luogo, una casa di comunione, un luogo di fraterna accoglienza, un segno dell’umanità di Dio rivelata dal Verbo fatto carne per amore dell’uomo. Ma vengo all’affermazione che indicato in apertura: “Se noi custodiremo la domenica, la domenica ci custodirà”. Che cosa la domenica custodirà per noi? La domanda che voi mi potete porre è: che cosa la domenica custodirà? Vorrei dare la risposta anzitutto riferendo ciò che ho raccolto nei giorni scorsi dalla conversazione con un ebreo, molto convinto della rilevanza del sabato. Mi diceva: “Il sabato è il giorno nel quale faccio i conti con me stesso: mi guardo dentro. È il giorno nel quale innalzo il mio sguardo e mi metto in ascolto di Dio e delle sue parole. È il giorno nel quale mi chiedo come va la mia esperienza di relazione, anzitutto in famiglia, e poi nei vari ambiti di vita professionale e sociale”. La domenica custodisce la nostra umanità, a rischio di dissolvimento nel fare, nel correre dal mattino alla sera. La domenica custodisce la nostra appartenenza ecclesiale e il nostro essere una comunità, contro i rischi sempre incombenti di dispersione e di non avere una “casa” per il proprio cammino spirituale. Quest’ultimo cenno mi conduce a dire che la domenica custodisce in noi la fede: quella luce che ci illumina di dentro e ci permette di essere liberi dalle tenebre e dall’ombra della 418 LA PAROLA DEL VESCOVO morte; quella luce che ci permette di comprendere il senso profondo della nostra esistenza e che ci svela l’identità profonda di Dio. In quale maniera la domenica ci custodisce? La risposta fondamentale a questa domanda è che essa ci ottiene questo dono attraverso ciò che ne costituisce il cuore: la celebrazione dell’Eucaristia. Osserviamo ciò a cui, in questo momento della celebrazione, ci stiamo dedicando: è il momento della liturgia della parola, porta di ingresso nella Santa Messa. La domenica ci custodisce se, entrando dal portale della Chiesa della vostra Parrocchia, dite a voi stessi: “Vado ad ascoltare Gesù”. È fondamentale questo desiderio e va richiamato esplicitamente a noi stessi perché si eviti un atteggiamento passivo che ci renderebbe sordi di fronte a una parola che invece ha come sua dimora propria il nostro cuore. Se affronteremo la liturgia della Parola come chi chiede al Signore una “lampada” sui passi che i giorni seguenti chiederanno, perché siano compiuti nel modo che piace a Dio, noi vivremo la settimana accompagnati e guidati nel profondo dalla Parola di Dio. Devo aggiungere che la domenica ci custodisce se, nella parte centrale della Santa Messa – la consacrazione e la comunione eucaristica – ricorderemo a noi stessi che il Signore ha voluto stabilire una relazione profonda con l’uomo. In vista di questo il Verbo si è fatto carne. Al vertice della sua missione per noi, egli è andato liberamente incontro alla passione: il suo corpo è diventato “il corpo dato”; il suo sangue è diventato “il sangue sparso”. E tutto ciò per svelare quanto Dio voglia fare alleanza con noi, stringere con noi un legame di amicizia profonda. In correlazione a questo “cuore eucaristico”, la domenica ci custodisce se la nostra partecipazione al sacrifico del Cristo e il ricevere la Santa Comunione diventano il momento nel quale ciascuno di noi dà risposta al Signore che ci domanda: “Vuoi fare un patto di amicizia con me? Lo vuoi confermare e rinnovare?”. *** Quanto sto accennando è stato, durante questo anno pastorale, argomento della “lectio divina” che ho proposto agli adolescenti e ai giovani del vostro Vicariato perché comprendessero il significato profondo e la bellezza incomparabile dell’Eucaristia per la loro vita. Propongo, in questa occasione, che tutto il prossimo anno, in ideale prosecuzione dell’ “anno dell’Eucaristia”, venga dedicato, in tutte le Parrocchie, a una riscoperta della domenica. Questa attenzione ben ci connette con il fatto che in questo anno e nel prossimo, la Diocesi sta mettendo in primo piano bambini e ragazzi e la loro introduzione nella vita cristiana attraverso il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia. È sotto gli occhi di tutti quanto ai ragazzi vada fatto comprendere che è l’Eucaristia il vertice dell’iniziazione cristiana. Mentre mi rivolgo a voi, chiedo che diveniate persone che aiutano altre persone, che magari stanno sciupando la domenica, a riscoprirla in tutto il suo valore umano e cristiano. Naturalmente, per essere apostoli del “giorno del Signore” occorre che noi, per primi, lo viviamo nel modo più ricco e profondo. Dio ci aiuti. 419 LA PAROLA IV – IL DEL VESCOVO MALATO , L’E UCARISTIA , IL GIORNO DEL SIGNORE Celebrazione Eucaristica con malati, anziani e disabili con la presenza di numerose associazioni di volontariato Boca / Santuario del Crocifisso, 2 giugno 2005 Lodo Dio nel vedere tanta attenzione a coloro che stanno attraversando il tempo della malattia. La giornata di oggi vuol essere di aiuto a trovare, nella grazia della fede e della comunione con il Signore, le energie spirituali necessarie per percorrere un sentiero mai facile per nessuno, e spesso molto ripido e aspro. Vorrei ricordare, in maniera particolare, i papà e le mamme (e più ampiamente i familiari) degli anziani, dei malati, dei disabili. So bene che se è difficile per un malato accettare la propria condizione, molto grande è pure l’impegno chiesto alle famiglie: talvolta sembra che sia loro domandato persino l’eroismo. Perciò questa giornata non può non diventare un momento nel quale affermare esplicitamente quanto sia importante non lasciare nella solitudine coloro che devono portare, per un tempo lungo, un peso grave all’interno della loro famiglia; e che, guardando al futuro, riflettono con grande preoccupazione su ciò che avverrà ai loro figli disabili quando mancherà l’aiuto di un padre o di una madre. Sul tema del convegno “Il malato, l’Eucaristia, il Giorno del Signore” ci possono aiutare le pagine bibliche che sono state appositamente scelte: una pagina dell’apostolo Paolo (1 Cor 12,12-14.20-27) e alcuni versetti del Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,54-59). Paolo parla di unità; Giovanni del pane di vita. Mentre mi preparavo a questa celebrazione, mi tornavano alla mente alcune parole dette dal Papa domenica scorsa a Bari, concludendo il Congresso Eucaristico Nazionale. Lascio perciò a lui stesso la parola. Il pane di vita Egli ha fatto riferimento al pane di vita ricordando che il popolo ebraico, negli anni del deserto, trovò alimento nel dono della manna. Aggiungeva che Gesù ha promesso e donato una nuova manna: “Questo è il pane disceso dal cielo. Non come quello che mangiarono i padri vostri nel deserto e morirono. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”. Il Papa aggiungeva: “Abbiamo bisogno di questo pane per affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. Partecipare alla celebrazione domenicale e cibarsi del Pane Eucaristico è un bisogno per il cristiano, il quale può così trovare l’energia necessaria per il cammino da percorrere. Proprio per questo chi è malato o sta attraversando un tempo difficile della sua vita può dire: “L’Eucaristia è per me; ho un motivo in più per alimentarmi interiormente con questo cibo”. Analogamente tutti voi - familiari e malati, anziani o disabili - potete dire la stessa cosa. Aggiungo due notazioni che rivolgo ai ministri straordinari della Comunione e ai sacerdoti. Quanto ai primi ricordo che tocca loro prendere coscienza che l’incarico ricevuto mette nelle loro mani quanto di più prezioso ogni uomo e donna possa ricevere. Perciò l’esercizio del ministero deve accompagnarsi con una costante medita- 420 LA PAROLA DEL VESCOVO zione del mistero eucaristico. Non mancano gli strumenti idonei per farlo. Quanto ai sacerdoti, invito voi tutti a pregare per loro, ministri dell’altare e strumenti di Cristo capo e pastore. Essi soltanto possono dire: “Questo è il mio corpo…; questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza”. Chiediamo la grazia che la loro vita sacerdotale prenda “forma” dall’Eucaristia e divenga una “consegna” totale di sé ogni giorno, per tutta la vita - al Signore. Molte membra, un solo corpo Il Papa ha fatto anche un’altra osservazione: “Il Cristo che incontriamo nel Sacramento è lo stesso a Bari, a Roma” e in ogni luogo del mondo. “È l’unico e medesimo Cristo che è presente nel Pane Eucaristico in ogni luogo della terra”. E aggiungeva: “Questo significa che noi possiamo incontrarlo solo insieme con tutti gli altri. Possiamo riceverlo solo nell’unità”. Proprio come dice l’apostolo Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”. La conseguenza: “Non possiamo comunicare con il Signore se non comunichiamo fra noi. Se vogliamo presentarci a lui dobbiamo anche muoverci per andare gli uni incontro agli altri”. E con stile concreto concludeva: “Per questo bisogna imparare la grande lezione del perdono: non lasciare lavorare nell’animo il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità dell’ascolto dell’altro, della comprensione nei suoi confronti, dell’eventuale accettazione delle scuse, della generosa offerta delle proprie”. *** Grande richiamo, questo che ci viene offerto dal Papa! È necessario per la consolazione delle persone e per mettere unguento alle piaghe. È necessario per affrontare impegni faticosi e circostanze difficili sentendosi avvolti da un’atmosfera di serenità e dal calore dell’amore fraterno. È necessario perché tutti abbiamo bisogno di convertire il nostro sguardo sugli altri, magari anche le nostre parole e talvolta per correggere alcune nostre scelte che, invece di dare gioia, fanno soffrire. Perciò ogni mattino ciascuno di noi inizi la giornata dicendo a se stesso: “Tutto ciò che sta al di dentro del perimetro dell’amore sarà oggetto del mio desiderio, delle mie parole e delle mie scelte; tutto quello che invece ne sta fuori, dovrà stare fuori anche dalla mia vita”. 421 LA PAROLA DEL VESCOVO Voi dite: “Sì, lo voglio!” Lettera del Vescovo in occasione della Giornata di santificazione dei sacerdoti Cari Sacerdoti, in questi giorni celebriamo la festa del Sacro Cuore di Gesù, tradizionalmente dedicata, nelle nostre comunità cristiane, ad implorare che la vita dei sacerdoti sia santa. L’invocazione sgorga dal cuore dei fedeli che amano veramente il Regno di Dio e vivono un’appartenenza profonda alla Chiesa. Naturalmente trova spazio soprattutto nella preghiera dei sacerdoti stessi: essi infatti sanno, per esperienza diretta, quanto una vita santa sia dono prezioso e necessario per le comunità loro affidate e per la Chiesa tutta. *** Non è casuale che Benedetto XVI, nel suo primo incontro, svoltosi nella Basilica di San Giovanni in Laterano con i sacerdoti di Roma, abbia detto: “Cari sacerdoti non sottolineeremo mai abbastanza quanto la nostra personale risposta alla chiamata alla santità sia fondamentale e decisiva”. Il Papa ne ricorda due motivi, entrambi importanti. Primo, “perché il nostro personale apostolato sia fruttuoso”: come infatti illuderci che la fruttuosità di tutto ciò che costituisce il nostro ministero pastorale sia da cercare o possa essere trovata altrove? Secondo motivo, “perché, e più ampiamente, il volto della Chiesa rifletta la luce di Cristo, inducendo così gli uomini a riconoscere e ad adorare il Signore”: come, infatti, possiamo affascinare e attrarre al Signore gli uomini perché lo riconoscano e lo adorino, se non siamo santi? Questo vuol dire coltivare un’esistenza sacerdotale che abbia, come suoi tratti fondamentali, una grande passione apostolica, una ricchezza di umanità e sensibilità nella relazione con i singoli e con la comunità, una fedeltà robusta e gioiosa agli impegni sacerdotali del celibato, dell’obbedienza e della povertà, una vigilanza e una ponderata riflessione sulle domande e i problemi che stanno in primo piano nel dibattito pubblico della nostra società e che talvolta mettono in difficoltà l’appartenenza ecclesiale, se non addirittura la fede. Sì, la nostra santità è necessaria: indica amore alla Chiesa, alla purezza del suo volto, al fatto che sia senza macchia e senza ruga. 422 LA PAROLA DEL VESCOVO *** È per questi motivi che il Papa chiede (e noi con lui), come grazia per tutti i sacerdoti, che essi allontanino da loro stessi, con cuore sincero e animo coraggioso, “tutto ciò che li separa dal Signore ed è in contrasto con la missione che hanno ricevuto”. Un sincero desiderio di conversione dei sacerdoti troverà il Signore misericordioso e desideroso di esaudirli. Senza cedere a nessun pessimismo, e soprattutto riconoscendo con gratitudine che nella nostra Diocesi i sacerdoti sono molto generosi e fedeli, e che non mancano i santi, merita molta attenzione, da parte nostra, il riferimento che il Papa fa a ciò che “ci separa dal Signore” e a quanto “è in contrasto con la nostra missione”. Non dimenticando un dato concreto al quale ha fatto riferimento nella sua prima omilia in piazza san Pietro, quando parlava dei deserti interiori del nostro tempo e dei deserti esteriori che ne derivano, con molte sofferenze per tanta gente. Rivolgendosi ai sacerdoti metteva in rilievo che “le cause del deserto spirituale che affligge l’umanità del nostro tempo minano anche la Chiesa che vive in questa umanità. Come non temere che esse possano insidiare anche la vita dei Sacerdoti?”. *** Non ci manca certo l’aiuto del Signore. Quest’ “anno dell’Eucaristia” ci esorta ad attingere ogni giorno alle fonti della salvezza. Noi, che siamo pastori chiamati a condurre il popolo di Dio a tali fonti e a pascoli ubertosi, riceveremo dall’esercizio stesso del nostro ministero, debitamente compiuto, la sovrabbondanza della grazia del Signore. In particolare noi saremo sempre più “di Cristo” e sempre meno “del mondo” quanto più l’Eucaristia costituirà il centro premurosamente amato e intensamente vissuto di ogni nostra giornata. È proprio questo che il Papa Giovanni Paolo II diceva di se stesso. E tutti abbiamo visto quali frutti di santità sono maturati nella sua esistenza. Egli dal cielo si rivolge a tutti noi che siamo diventati ministri di Cristo capo e pastore e ci dice: “State sempre anche voi su questa strada: sarà la strada della vostra santificazione e sarà anche il massimo aiuto che potrete offrire perché quanti sono affidati alle vostre cure pastorali si mettano, a loro volta, sul sentiero che conduce alla pienezza della vita. *** Oggi è il 31 maggio. Mons. Aldo Del Monte avrebbe compiuto 90 anni. Ci ha lasciato il 16 febbraio scorso, varcando le porte della Gerusalemme celeste poco più di un mese prima di Giovanni Paolo II. Sarebbe bello e fruttuoso riprendere in mano i discorsi da lui svolti per molti anni nella Messa Crismale del Giovedì Santo mattino. Con la sua consueta intensità, percepibile non solo nelle parole, ma ancor prima nello sguardo, ha efficacemente educato generazioni di preti ad essere santi. Nell’omilia del 1985, quando si era ormai quasi alla vigilia del XX Sinodo, riprendeva la domanda che la liturgia pone ai sacerdoti durante la Messa Crismale: “Volete rinnovare le promesse che, al momento dell’ordinazione, avete fatto davan- 423 LA PAROLA DEL VESCOVO ti al Vescovo e al popolo santo di Dio?”. E commentava: “Voi, con un solenne «sì, lo voglio!», rinnovate questo duplice impegno: il primo è quello della fedeltà nella santità, nell’intima unione al Signore Gesù, modello di ubbidienza, di povertà e di verginità; il secondo è di essere fedeli dispensatori del mistero della Parola, del mistero dell’Eucaristia e di tutti i Sacramenti, e del mistero della vera carità, sull’esempio di Cristo, capo e pastore. Voi rispondete «Sì, lo voglio!». È uno spettacolo commovente, perché voi sapete bene quello che comporta questa fedeltà. Eppure dite: «Sì, lo voglio!». Nel ricordo di Mons. Del Monte auguro a ogni sacerdote di sentirsi guardato negli occhi da questo nostro caro e grande Vescovo e di rispondergli con sincerità di cuore: «Sì, lo voglio!». *** Sono certo che nelle nostre comunità cristiane l’amore e la riconoscenza nei confronti dei sacerdoti possa diventare preghiera perché siano santi ministri di Dio lungo tutta la loro vita. Chiedo questa preghiera per me e per tutti i Sacerdoti, specialmente in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù, perché tutti diventiamo – di giorno in giorno – preti secondo il suo cuore. Buona festa del Sacro Cuore di Gesù, a ciascuno di voi e un saluto cordiale a tutti. + Renato Corti Novara, 31 maggio 2005 90° anniversario della nascita di Mons. Aldo Del Monte 424 LA PAROLA DEL VESCOVO La sfida della vita Intervista al Vescovo durante il dibattito sulla procreazione medicalmente assistita Il nostro Vescovo è intervenuto con questa intervista, rilasciata al condirettore della Stampa diocesana, sul tema della procreazione medicalmente assistita durante il dibattito in vista della scadenza referendaria del 12 giugno. Lei ha già affrontato il tema che in queste settimane sta in primo piano nel dibattito pubblico. Lo ha fatto nello scorso mese di gennaio intervenendo, a Borgomanero, in occasione della “ Giornata della vita”. Può riprendere le osservazioni principali fatte in quell’occasione? Volentieri. In quell’occasione ricordavo le quattro sfide delle quali, poco prima, Giovanni Paolo II aveva parlato rivolgendosi al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede: la sfida della vita, quella del pane, quella della pace, quella della libertà. Il Papa ha messo in assoluta evidenza la sfida della vita. Perché? La risposta l’ha data il Papa stesso con parole semplici: “La vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l’uomo può godere”. A questo proposito, le vorrei domandare qual è il compito della Chiesa? La Chiesa deve illuminare le coscienze di ogni uomo su questo punto capitale. Deve, in primo luogo, alimentare una coraggiosa e gioiosa testimonianza dei cristiani. E deve poi rivolgersi a tutti gli uomini di buona volontà, in particolare a coloro che portano una responsabilità all’interno della società, perché avvertano, come loro impegno primario, precisamente la tutela e la promozione della vita umana. Perché la Chiesa considera urgente, oggi più di ieri, mettere in primo piano questa sfida? Anche a questo riguardo la risposta di Giovanni Paolo II è molto franca: perché la sfida della vita “si va facendo sempre più vasta e cruciale”. Vasta perché investe molte nazioni; cruciale perché la posta in gioco non è assolutamente sottovalutabile: vi è infatti di mezzo il modo stesso di intendere la vita umana. Giustamente è stato detto che alcune realtà che entrano nel panorama della nostra esistenza quotidiana hanno un prezzo, mentre altre hanno una dignità senza prezzo. La vita dell’uomo appartiene a queste ultime: non è un mezzo; rimane sempre un fine. 425 LA PAROLA DEL VESCOVO Quali sono, in concreto, i fronti della sfida per la vita? Sono certamente più di uno perché ci è chiesto di considerare la vita umana come un fine dall’inizio sino alla sua conclusione, con tutto quello che vi è di mezzo. I problemi aperti sono dunque molti e tutti sollecitano la nostra coscienza e la nostra responsabilità. Oggi – diceva il Papa – “concezioni opposte si manifestano sui temi dell’aborto, della procreazione assistita, dell’impiego di cellule staminali embrionali umane a scopi scientifici, della clonazione”. In questi mesi è la questione della fecondazione a stare in primo piano. Sì. E credo che la prima esigenza da rispettare nel dibattito pubblico sia quella della verità. Ciò significa grande senso di responsabilità da parte di coloro che si rivolgono a intere assemblee o attraverso i mass-media. Chiede anche, a ciascuno di noi, di impegnarsi ad acquisire una certa consapevolezza di ciò di cui si parla, soprattutto tenendo conto che non si tratta semplicemente di questioni tecniche, bensì di scelte che racchiudono una forte valenza etica. Proprio perché si tratta di problemi antropologici ed etici, la Chiesa è chiamata a svolgere il suo ruolo a favore di una coscienza retta e giusta. Nel dibattito attuale sta in primo piano la questione dell’embrione. È vero, e proprio su un punto come questo la coscienza di ogni uomo di buona volontà è chiamata in causa. Giovanni Paolo II ne ha parlato molte volte. Nell’intervento recente al quale già mi sono riferito diceva, sempre con la sua cristallina franchezza, che l’embrione “è soggetto identico all’uomo nascituro e all’uomo nato che se ne sviluppa. Nulla pertanto è eticamente ammissibile che ne violi l’integrità e la dignità”. Con questo insegnamento la Chiesa offre una grande difesa all’uomo e offre un futuro di vera civiltà. Talvolta la Chiesa è stata accusata di aver taciuto di ciò di cui doveva parlare. Certamente questo non si può dire di Giovanni Paolo II a proposito delle grandi questioni umane, in particolare di quella della vita nascente. Ne consegue che, anche di fronte ai vari quesiti previsti per il prossimo referendum, l’invito della Chiesa è a contrastare ciò che, di fatto, costituirebbe un cedimento morale su questo punto. Ciò non significa – come qualcuno dice – porre un indebito limite alla scienza, quanto piuttosto esprimere la persuasione che in gioco non vi è “qualcosa”, ma “qualcuno” che va rispettato, a maggior ragione perché è assolutamente debole. Che ne pensa della legge 40/2004? Questa legge non è una legge cattolica. Per vari aspetti è insoddisfacente per i cristiani. E tuttavia era necessario arrivare (ed è avvenuto molto faticosamente) a una legge per porre un freno al cosiddetto far-west quanto all’importante capitolo della fecondazione assistita. 426 LA PAROLA DEL VESCOVO Di fronte alla prossima scadenza referendaria, il Comitato “Scienza e vita” propone l’astensione. Che dire di questa scelta? Anzitutto che è una scelta costituzionalmente legittima e ragionevole. Ha come primo obiettivo non certo quello di favorire il disimpegno dei cittadini, quanto piuttosto – come ha detto il card. Ruini – “quello di impedire un grave peggioramento della legge: il che avverrebbe qualora i referendum avessero esito positivo. È anche un modo di affermare la non opportunità di applicare lo strumento del referendum in materia di tanta complessità”. Superata la scadenza del referendum, qualunque sia il suo esito, la Chiesa cosa pensa di fare? Continuerà – come ha detto ancora il card. Ruini - a “dedicarsi alla formazione delle coscienze riguardo alla dignità della vita umana fin dal suo inizio, alla tutela della famiglia e al diritto dei figli di conoscere i propri genitori. E lo farà con lo stesso amore e la medesima sollecitudine per l’uomo che si esprime nella cura della Chiesa per i poveri e per le altre persone in difficoltà”. 427 LA PAROLA DEL VESCOVO La sollecitudine per la Chiesa intera Ordinazioni sacerdotali Novara - Cattedrale, 11 giugno 2005 Saluto tutta questa numerosa assemblea. In particolare guardo con gioia voi che oggi diventate preti. Il mio pensiero va alle vostre famiglie, dato che il vostro cammino personale è diventato certamente anche un cammino familiare perché, chiamando voi, attraverso di voi il Signore sta parlando anche ai vostri familiari. Vedo presenti, anche quest’anno, ragazzi, adolescenti e giovani. Sono qui sulla spinta di un legame con l’uno o l’altro di questi diaconi. Anche a voi ragazzi oggi Dio parla attraverso di loro. Vi interroga: che cosa pensi di te e del tuo futuro? E a qualcuno di voi può dire: “Lascia tutto e vieni con me per dedicare la vita intera ad annunciare il Vangelo ad ogni uomo”. Io vi suggerisco: qualunque invito il Signore vi rivolga, dite: “Eccomi!”. La Chiesa ha molto bisogno di nuovi Sacerdoti. In particolare ne ha bisogno la nostra Diocesi. La celebrazione di oggi ci fa pensare a tutti i popoli della terra perché sono qui presenti, e li ringrazio, anche due Vescovi che vengono da lontano: uno dall’Africa e un altro dall’America Latina. Questo orizzonte mondiale è pure richiamato da due ordinandi: Antimo, della Guinea Equatoriale, e Honoré, del Togo. Mi viene spontaneo aggiungere che uno dei preti novelli di quest’anno andrà a sostituire un nostro giovane prete che, tra pochi mesi, partirà come “fidei donum” per l’Uruguay. Sottolineo questi dati perché chi diventa prete lo diventa per l’intera Chiesa cattolica. La nostra Diocesi non ha che da guadagnare tenendo ben vivo, in tutte le nostre Parrocchie, l’orizzonte missionario: non potrà che stimolare al coraggio e alla gioia di appartenere alla grande famiglia dei discepoli e degli inviati dal Signore. A dire questo mi sospinge anche il fatto che, proprio oggi, ricorre la festa liturgica dell’apostolo San Barnaba, primo missionario insieme con Paolo. *** Le pagine bibliche scelte per questa circostanza (Is 49,1-6; Ps 70; 1 Cor 9,16-22; Lc 22,14-20) ci conducono anzitutto nel Cenacolo, là dove è stata istituita l’Eucaristia e cioè il sacramento che si pone al centro della vita ecclesiale e del ministero sacerdotale: “Dopo duemila anni continuiamo a realizzare quella immagine primigenia di Chiesa” (EdE, 3). Ci viene anche offerta la testimonianza dell’apostolo delle genti, il quale dice di se stesso: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”; e 428 LA PAROLA DEL VESCOVO che aggiunge: “Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro”. E prima di tutto, ci è stata proclamata una pagina del profeta Isaia nella quale, parlando del “servo di Javhé”, che troverà la sua realizzazione piena nel Signore Gesù Cristo, si dice: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”. Ciascuna di queste letture meriterebbe la nostra attenta meditazione. Ma in questo momento mi piace chiedere un commento a Giovanni Paolo II, che da poco ci ha lasciato per entrare nella Gerusalemme celeste, e di Benedetto XVI, che è a lui subentrato come Vicario di Cristo e successore di Pietro. Non chiedo loro un commento esegetico puntuale, quanto piuttosto di dirci con quali pensieri hanno vissuto il momento nel quale sono diventati preti e come hanno cominciato il loro ministero sacerdotale. L’ordinazione di Karol Wojtyla Incomincio da Giovanni Paolo II. Di lui ho già parlato recentemente, raccontando la sua ricerca vocazionale e la sua esperienza di seminarista. A quanto ho già detto vorrei aggiungere il riferimento estremamente commovente al giorno nel quale divenne prete. Era la festa di Ognissanti. L’ordinazione avvenne nella cappella privata dell’Arcivescovo di Cracovia. Alla cerimonia, svoltasi nelle ore mattutine, partecipò un piccolo gruppo di parenti e amici. Vi è un particolare di quella celebrazione che rimarrà sempre nella memoria di Karol Wojtyla: la prostrazione a terra: “Mi rivedo, così, in quella cappella durante il canto del Veni Creator Spiritus e delle litanie dei santi, mentre, steso per terra in forma di croce, aspetto il momento dell’imposizione delle mani. Un momento emozionante! C’è qualcosa di impressionante nella prostrazione degli ordinandi: è il simbolo della loro totale sottomissione di fronte alla maestà di Dio e contemporaneamente della piena disponibilità all’azione dello Spirito Santo che discende in loro come artefice della consacrazione”. Nell’approfondimento del significato di quel gesto aggiunge ancora qualcosa: “Chi si appresta a ricevere la sacra Ordinazione si prostra con tutto il corpo e poggia la fronte sul pavimento del tempio, manifestando con ciò la sua completa disponibilità ad intraprendere il ministero che gli viene affidato. Quel rito ha segnato profondamente la mia esistenza sacerdotale”. Tanti anni dopo, all’inizio del Concilio Vaticano II, trovandosi nella basilica di San Pietro tornò a riflettere su quella esperienza e scrisse una poesia. Si rivolge a Pietro: “Sei tu, Pietro. Vuoi essere qui il pavimento sul quale camminano gli altri per giungere là dove guidi i loro passi”. 429 LA PAROLA DEL VESCOVO In quel giorno non pensava solo a Pietro, ma a tutta la realtà del sacerdozio ministeriale. Non immaginava che, circa un decennio dopo, egli sarebbe stato Pietro e che quelle parole avrebbero quindi avuto per lui un valore ancora più grande e che le avrebbe comprese in modo più pieno. E infatti, in occasione del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale scriverà: “In quel giacere per terra in forma di croce, accogliendo nella propria vita – come Pietro – la croce di Cristo e facendosi con l’Apostolo Pietro ‘pavimento’ per i fratelli, sta il senso più profondo della spiritualità sacerdotale” (cfr “Dono e mistero”, pagg. 51-54). *** È difficile non riconoscere la dimensione mistica di K. Wojtyla. Essa emerge già quando ha ventisei anni. Per la verità, già attorno ai vent’anni, nella sua Parrocchia di Debniki, un laico di nome Jan Tiranowski, educatore dei giovani, gli metteva tra le mani gli scritti di San Giovanni della Croce e di Teresa d’Avila. Egli stesso dirà: “Una lettura straordinaria per la mia età” (pag. 32). L’estrema concentrazione di questo giovane durante l’ordinazione sacerdotale viene eloquentemente testimoniata da ciò che egli pensa soprattutto mentre, prostrato a terra, e soprattutto dalla preghiera silenziosa che egli compie nel suo cuore. Si riconosce un nulla dinanzi a Dio, che solo è grande. Invoca e accoglie l’azione trasformante dello Spirito Santo facendo sue le parole dell’inno: “Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita, imple superna gratia que Tu creasti pectora”. Mette in paragone quanto avviene in lui con la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo nella Santa Messa. Sa che “il Vescovo, che conferisce il sacramento dell’Ordine, è dispensatore umano del mistero divino” (pag. 53). Pensa anche al ministero sacerdotale, disponibile e desideroso di intraprenderlo. Sorprendentemente è il pavimento a offrirgli una chiave interpretativa: tutto quel che egli dirà e farà vorrà essere come una strada sulla quale tanta gente potrà camminare, facilitata in questo modo ad avvicinarsi alla meta verso la quale il Signore guida i loro passi. L’essere steso a terra in forma di croce gli dice che questo avverrà se, come Pietro, accoglierà “nella propria vita la croce di Cristo” (pag. 54). Davvero impressionante! Ordinazione e prima destinazione pastorale di Joseph Ratzinger Anche il Papa Benedetto XVI descrive, nella sua autobiografia “La mia vita”, i momenti dell’ordinazione e, un po’ più ampiamente, del suo primo anno di ministero. Del giorno dell’ordinazione, avvenuta nella festa dei Santi Pietro e Paolo del 1951, sottolinea due particolari: l’ “adsumus” e un imprevisto gioioso. L’ “adsumus”: “Eravamo più di quaranta candidati; quando siamo stati chiamati, abbiamo risposto. ‘Adsum’, ‘Sono qui’. Era una splendida giornata d’estate, che resta indimenticabile, come il momento più importante della mia vita”. Una presenza imprevista: “Nel momento nel quale l’anziano Arcivescovo Faulhaber mi imponeva le mani, un uccellino – forse un’allodola – si levò dall’altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso. Per me fu come se una voce dall’alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta”. 430 LA PAROLA DEL VESCOVO Uno spazio maggiore egli dà all’ingresso nel ministero. Anche se destinato agli studi, da prete novello venne introdotto nel ministero parrocchiale nelle sue forme più ordinarie. Prima di fare l’elenco dei compiti che gli vennero assegnati sosta su una persona per lui indimenticabile: il suo parroco. “Il primo agosto iniziai il mio ministero come coadiutore nella Parrocchia del Preziosissimo Sangue di Monaco. La cosa più decisiva fu l’incontro con il buon parroco Blumschein, che non si limitò a dire che un Sacerdote deve ‘ardere’, ma era egli stesso un uomo che ardeva interiormente. Fino al suo ultimo respiro volle svolgere il servizio di Sacerdote con tutte le fibre della sua esistenza. Morì mentre portava il viatico a un malato grave. La sua bontà e la sua passione per il ministero diedero a questa Parrocchia la sua impronta”. Come non fare memoria, in questo momento, dei nostri Parroci? Come non pregare perché tutti siano ardenti? E come non dare, anche da parte mia, grande rilievo all’importanza del fatto che un prete novello, entrando in Parrocchia, trovi nel suo parroco un riferimento significativo del cammino sacerdotale, un maestro che accompagna con saggezza l’apprendistato sacerdotale del prete novello? Quanto al quadro concreto del lavoro quotidiano del giovane Joseph Ratzinger, mi colpiscono alcune notazioni. Prima di tutto che, entrare in Parrocchia ha voluto dire lavorare, e lavorare sodo: “Dovevo tenere sedici ore di religione in cinque classi diverse, e questo esigeva molta preparazione. Ogni domenica dovevo celebrare due volte e tenere due prediche diverse; ogni mattino, dalle sei alle sette ero in confessionale; il sabato pomeriggio quattro ore. Ogni settimana c’erano da celebrare parecchi funerali nei diversi cimiteri della città. Tutto il lavoro con i giovani era sulle mie spalle e a ciò si aggiungevano gli impegni straordinari, come Battesimi, Matrimoni… Dato che il parroco non si risparmiava, anch’io non potevo e non volevo farlo”. Anche voi, preti novelli, amate il lavoro: accettate la fatica e non dimenticate mai le fatiche quotidiane della gente. Sia facile riconoscere in voi grande generosità e una assoluta estraneità ad ogni forma di pigrizia. Come diceva l’apostolo Paolo rivolgendosi ai presbiteri di Efeso radunati a Mileto: “Voi sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case” (At 20,20). Ma già scrivendo ai Corinti, come abbiamo ascoltato oggi nella seconda lettura, Paolo dice: “Mi sono fatto tutto a tutti” (1 Cor 9,22). Entrare in Parrocchia ha inoltre voluto dire, per Joseph Ratzinger, coltivare e costruire valide relazioni interpersonali con i giovani: “Vista la mia scarsa preparazione pratica, all’inizio affrontavo i vari impegni con una certa preoccupazione”. Ma “presto il lavoro con i ragazzi a scuola, che poi implicava anche l’incontro con i genitori, divenne motivo di grande gioia, e anche con i diversi gruppi giovanili cattolici crebbe rapidamente una buona intesa”. Tema anche questo rilevante per chi incomincia il ministero sacerdotale. Chiama in causa soprattutto la maturità umana del giovane prete. Egli non deve semplicemente “fare delle cose”, quanto “camminare insieme” ed essere luogo nel quale la 431 LA PAROLA DEL VESCOVO relazione prende la forma di saper parlare, e anche di saper tacere; di saper proporre, e insieme ascoltare; di seminare sempre e di avere anche la pazienza del contadino che sa di dover fare i conti con le stagioni. Entrare in Parrocchia ha infine stimolato Joseph Ratzinger a riflettere sulla situazione religiosa presente in Germania agli inizi degli anni cinquanta: “Presto mi sono reso conto di quanto la mentalità e il modo di vivere di molti ragazzi fossero lontani dalla fede, quanto poco l’insegnamento della religione trovasse ancora appoggio nella vita e nel modo di pensare delle famiglie. Inoltre, non potevo non riconoscere che il modo in cui veniva organizzato il lavoro con i giovani, che era quello maturato nel periodo tra le due guerre, non era più all’altezza dei tempi, che intanto erano mutati, e che quindi occorreva mettersi alla ricerca di forme nuove” (“La mia vita”, pagg. 63-65). La riflessione necessaria negli anni cinquanta non lo è certamente di meno nel 2005. A questo è destinata la formazione permanente proposta, in forme anche speciali, nei primi anni di Sacerdozio; ma a questo vanno dedicati con decisione, insieme con momenti comunitari nel presbiterio vicariale e diocesano, anche tempi da trovare nel ritmo di vita personale: nell’orario di ogni giorno e nel calendario della settimana, del mese, dell’anno. Si può invecchiare da giovani e si può rimanere giovani da vecchi. La cura di se stessi è un modo per garantire che non ci si siede, né ci si addormenta, ma si rimane ben vivi e in cammino. Conclusione Mi pare bello che i preti novelli di quest’anno vengano aiutati a vivere questo momento e l’inizio del ministero dalla testimonianza di due Pontefici. Lo dico anche nel senso che, in loro, responsabili nel nome della Chiesa universale, si esprime in concreto la parola di Isaia sul servo di Javhè: “Io ti renderò luce delle nazioni” (Is 49,61). Giovanni Paolo II ricorda che, dopo gli anni di studio trascorsi a Roma, è tornato a Cracovia “con quel senso di universalità della missione sacerdotale che è stato magistralmente espresso dal Concilio Vaticano II. Non soltanto il Vescovo, ma anche ogni sacerdote deve vivere in sé la sollecitudine per la Chiesa intera e sentirsi di essa, in qualche modo, responsabile” (pag. 68). È la grazia che chiedo per me e per tutto il presbiterio diocesano. Ci accompagni Maria, che ha condiviso la vita pubblica di suo Figlio Gesù. 432 LA PAROLA DEL PAPA Matrimonio e famiglia La minaccia del relativismo Discorso di Benedetto XVI all’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma su “Famiglia e comunità cristiana” Roma, 6 giugno 2005 Cari fratelli e sorelle, ho accolto molto volentieri l’invito a introdurre con una mia riflessione questo nostro Convegno Diocesano, anzitutto perché ciò mi dà la possibilità di incontrarvi, di avere un contatto diretto con voi, e poi anche perché posso aiutarvi ad approfondire il senso e lo scopo del cammino pastorale che la Chiesa di Roma sta percorrendo. Saluto con affetto ciascuno di voi, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e in particolare voi laici e famiglie che assumete consapevolmente quei compiti di impegno e testimonianza cristiana che hanno la loro radice nel sacramento del battesimo e, per coloro che sono sposati, in quello del matrimonio. Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario e i coniugi Luca e Adriana Pasquale per le parole che mi hanno rivolto a nome di voi tutti. Questo Convegno, e l’anno pastorale di cui esso fornirà le linee guida, costituiscono una nuova tappa del percorso che la Chiesa di Roma ha iniziato, sulla base del Sinodo diocesano, con la Missione cittadina voluta dal nostro tanto amato Papa Giovanni Paolo II, in preparazione al Grande Giubileo del 2000. In quella Missione tutte le realtà della nostra Diocesi - parrocchie, comunità religiose, associazioni e movimenti - si sono mobilitate, non solo per una missione al popolo di Roma, ma per essere esse stesse “popolo di Dio in missione”, mettendo in pratica la felice espressione di Giovanni Paolo II “parrocchia, cerca te stessa e trova te stessa fuori di te stessa”: nei luoghi cioè nei quali la gente vive. Così, nel corso della Missione cittadina, molte migliaia di cristiani di Roma, in gran parte laici, si sono fatti missionari e hanno portato la parola della fede dapprima nelle famiglie dei vari quartieri della città e poi nei diversi luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle scuole e nelle università, negli spazi della cultura e del tempo libero. Dopo l’Anno Santo, il mio amato Predecessore vi ha chiesto di non interrompere questo cammino e di non disperdere le energie apostoliche suscitate e i frutti di grazia raccolti. Perciò, a partire dal 2001, il fondamentale indirizzo pastorale della Diocesi è stato quello di dare forma permanente alla missione, caratterizzando in senso più decisamente missionario la vita e le attività delle parrocchie e di ogni 433 LA PAROLA DEL PAPA altra realtà ecclesiale. Voglio dirvi anzitutto che intendo confermare pienamente questa scelta: essa infatti si rivela sempre più necessaria e senza alternative, in un contesto sociale e culturale nel quale sono all’opera forze molteplici che tendono ad allontanarci dalla fede e dalla vita cristiana. Da ormai due anni l’impegno missionario della Chiesa di Roma si è concentrato soprattutto sulla famiglia, non solo perché questa fondamentale realtà umana oggi è sottoposta a molteplici difficoltà e minacce e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e concretamente sostenuta, ma anche perché le famiglie cristiane costituiscono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, l’edificazione della Chiesa come comunione e la sua capacità di presenza missionaria nelle più diverse situazioni di vita, oltre che per fermentare in senso cristiano la cultura diffusa e le strutture sociali. Su queste linee proseguiremo anche nel prossimo anno pastorale e perciò il tema del nostro Convegno è “Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede”. Il presupposto dal quale occorre partire, per poter comprendere la missione della famiglia nella comunità cristiana e i suoi compiti di formazione della persona e trasmissione della fede, rimane sempre quello del significato che il matrimonio e la famiglia rivestono nel disegno di Dio, creatore e salvatore. Questo sarà dunque il nocciolo della mia riflessione di questa sera, richiamandomi all’insegnamento dell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (Parte seconda, nn. 12-16). Il fondamento antropologico della famiglia Matrimonio e famiglia non sono in realtà una costruzione sociologica casuale, frutto di particolari situazioni storiche ed economiche. Al contrario, la questione del giusto rapporto tra l’uomo e la donna affonda le sue radici dentro l’essenza più profonda dell’essere umano e può trovare la sua risposta soltanto a partire da qui. Non può essere separata cioè dalla domanda antica e sempre nuova dell’uomo su se stesso: chi sono? cosa è l’uomo? E questa domanda, a sua volta, non può essere separata dall’ interrogativo su Dio: esiste Dio? e chi è Dio? qual è veramente il suo volto? La risposta della Bibbia a questi due quesiti è unitaria e consequenziale: l’uomo è creato ad immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio: egli diventa simile a Dio nella misura in cui diventa qualcuno che ama. Da questa fondamentale connessione tra Dio e l’uomo ne consegue un’altra: la connessione indissolubile tra spirito e corpo: l’uomo è infatti anima che si esprime nel corpo e corpo che è vivificato da uno spirito immortale. Anche il corpo dell’uomo e della donna ha dunque, per così dire, un carattere teologico, non è semplicemente corpo, e ciò che è biologico nell’uomo non è soltanto biologico, ma è espressione e compimento della nostra umanità. Parimenti, la sessualità umana non sta accanto al nostro essere persona, ma appartiene ad esso. Solo quando la sessualità si è integrata nella persona, riesce a dare un senso a se stessa. 434 LA PAROLA DEL PAPA Così, dalle due connessioni, dell’uomo con Dio e nell’uomo del corpo con lo spirito, ne scaturisce una terza: quella tra persona e istituzione. La totalità dell’uomo include infatti la dimensione del tempo, e il “sì” dell’uomo è un andare oltre il momento presente: nella sua interezza, il “sì” significa “sempre”, costituisce lo spazio della fedeltà. Solo all’interno di esso può crescere quella fede che dà un futuro e consente che i figli, frutto dell’amore, credano nell’uomo. La libertà del “sì” si rivela dunque libertà capace di assumere ciò che è definitivo: la più grande espressione della libertà non è allora la ricerca del piacere, senza mai giungere a una vera decisione; è invece la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la libertà, donandosi, ritrova pienamente se stessa. In concreto, il “sì” personale e reciproco dell’uomo e della donna dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e al tempo stesso è destinato al dono di una nuova vita. Perciò questo “sì” personale non può non essere un “sì” anche pubblicamente responsabile, con il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà. Nessuno di noi infatti appartiene esclusivamente a se stesso: pertanto ciascuno è chiamato ad assumere nel più intimo di sé la propria responsabilità pubblica. Il matrimonio come istituzione non è quindi una indebita ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori; è invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale. Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il “matrimonio di prova”, fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono invece espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell’uomo. Una tale pseudo-libertà si fonda su una banalizzazione del corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo. Il suo presupposto è che l’uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria dal punto di vista umano, da utilizzare come si vuole. Il libertinismo, che si fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà un dualismo che rende spregevole il corpo, collocandolo per così dire fuori dall’autentico essere e dignità della persona. Matrimonio e famiglia nella storia della salvezza La verità del matrimonio e della famiglia, che affonda le sue radici nella verità dell’uomo, ha trovato attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la parola: “Dio ama il suo popolo”. La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d’amore, la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini: perciò la storia dell’amore e dell’unione di un uomo ed una donna nell’alleanza del matrimonio ha potuto essere assunta da Dio quale simbolo della storia della salvezza. Il fatto inesprimibile, il mistero dell’amore di Dio per gli uomini, riceve la sua forma linguistica dal vocabolario del matrimonio e della famiglia, in positivo e in negativo: l’accostarsi di Dio al suo popolo viene presentato infatti nel linguaggio dell’amore sponsale, mentre l’infedeltà di Israele, la sua idolatria, è designata come adulterio e prostituzione. 435 LA PAROLA DEL PAPA Nel Nuovo Testamento Dio radicalizza il suo amore fino a divenire Egli stesso, nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo. In questo modo l’unione di Dio con l’uomo ha assunto la sua forma suprema, irreversibile e definitiva. E così viene tracciata anche per l’amore umano la sua forma definitiva, quel “sì” reciproco che non può essere revocato: essa non aliena l’uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per riportarlo alla verità della creazione. La sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura dell’uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell’innalzarla al di là dei suoi propri confini. E come l’incarnazione del Figlio di Dio rivela il suo vero significato nella croce, così l’amore umano autentico è donazione di sé, non può esistere se vuole sottrarsi alla croce. Cari fratelli e sorelle, questo legame profondo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio e l’amore umano, trova conferma anche in alcune tendenze e sviluppi negativi, di cui tutti avvertiamo il peso. Lo svilimento dell’amore umano, la soppressione dell’autentica capacità di amare si rivela infatti, nel nostro tempo, l’ arma più adatta e più efficace per scacciare Dio dall’uomo, per allontanare Dio dallo sguardo e dal cuore dell’uomo. Analogamente, la volontà di “liberare” la natura da Dio conduce a perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice. I figli Anche nella generazione dei figli il matrimonio riflette il suo modello divino, l’amore di Dio per l’uomo. Nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita. Proprio da qui diventa del tutto chiaro quanto sia contrario all’amore umano, alla vocazione profonda dell’uomo e della donna, chiudere sistematicamente la propria unione al dono della vita, e ancora più sopprimere o manomettere la vita che nasce. Nessun uomo e nessuna donna, però, da soli e unicamente con le proprie forze, possono dare ai figli in maniera adeguata l ’amore e il senso della vita. Per poter infatti dire a qualcuno “la tua vita è buona, per quanto io non conosca il tuo futuro”, occorrono un’autorità e una credibilità superiori a quello che l’individuo può darsi da solo. Il cristiano sa che questa autorità è conferita a quella famiglia più vasta che Dio, attraverso il Figlio suo Gesù Cristo e il dono dello Spirito Santo, ha creato nella storia degli uomini, cioè alla Chiesa. Egli riconosce qui all’opera quell’amore eterno e indistruttibile che assicura alla vita di ciascuno di noi un senso permanente. Per questo motivo l’edificazione di ogni singola famiglia cristiana si colloca nel contesto della più grande famiglia della Chiesa, che la sostiene e la porta con sé. E reciprocamente la Chiesa viene edificata dalle famiglia, “piccole Chiese 436 LA PAROLA DEL PAPA domestiche”, come le ha chiamate il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 11; Apostolicam actuositatem, 11), riscoprendo un’antica espressione patristica (San Giovanni Crisostomo, In Genesim serm. VI, 2; VII,1). Nel medesimo senso la Familiaris consortio afferma che “Il matrimonio cristiano… è il luogo naturale nel quale si compie l’inserimento della persona umana nella grande famiglia della Chiesa” (n. 14). La famiglia e la Chiesa Da tutto ciò scaturisce una conseguenza evidente: la famiglia e la Chiesa, in concreto le parrocchie e le altre forme di comunità ecclesiale, sono chiamate alla più stretta collaborazione per quel compito fondamentale che è costituito, inseparabilmente, dalla formazione della persona e dalla trasmissione della fede. Sappiamo bene che per un’autentica opera educativa non basta una teoria giusta o una dottrina da comunicare. C’è bisogno di qualcosa di molto più grande e umano, di quella vicinanza, quotidianamente vissuta, che è propria dell’amore e che trova il suo spazio più propizio anzitutto nella comunità familiare, ma poi anche in una parrocchia, o movimento o associazione ecclesiale, in cui si incontrino persone che si prendono cura dei fratelli, in particolare dei bambini e dei giovani, ma anche degli adulti, degli anziani, dei malati, delle stesse famiglie, perché, in Cristo, vogliono loro bene. Il grande Patrono degli educatori, San Giovanni Bosco, ricordava ai suoi figli spirituali che “l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone” (Epistolario, 4,209). Centrale nell’opera educativa, e specialmente nell’educazione alla fede, che è il vertice della formazione della persona e il suo orizzonte più adeguato, è in concreto la figura del testimone: egli diventa punto di riferimento proprio in quanto sa rendere ragione della speranza che sostiene la sua vita (cfr 1 Pt 3,15), è personalmente coinvolto con la verità che propone. Il testimone, d’altra parte, non rimanda mai a se stesso, ma a qualcosa, o meglio a Qualcuno più grande di lui, che ha incontrato e di cui ha sperimentato l’affidabile bontà. Così ogni educatore e testimone trova il suo modello insuperabile in Gesù Cristo, il grande testimone del Padre, che non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (cfr Gv 8,28). Questo è il motivo per il quale alla base della formazione della persona cristiana e della trasmissione della fede sta necessariamente la preghiera, l’amicizia con Cristo e la contemplazione in Lui del volto del Padre. E la stessa cosa vale, evidentemente, per tutto il nostro impegno missionario, in particolare per la pastorale familiare: la Famiglia di Nazareth sia dunque, per le nostre famiglie e per le nostre comunità, oggetto di costante e fiduciosa preghiera, oltre che modello di vita. Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, cari sacerdoti, conosco la generosità e la dedizione con cui servite il Signore e la Chiesa. Il vostro lavoro quotidiano per la formazione alla fede delle nuove generazioni, in stretta connessione con i sacra- 437 LA PAROLA DEL PAPA menti dell’iniziazione cristiana, come anche per la preparazione al matrimonio e per l’accompagnamento delle famiglie nel loro spesso non facile cammino, in particolare nel grande compito dell’educazione dei figli, è la strada fondamentale per rigenerare sempre di nuovo la Chiesa e anche per vivificare il tessuto sociale di questa nostra amata città di Roma. La minaccia del relativismo Continuate dunque, senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà che incontrate. Il rapporto educativo è per sua natura una cosa delicata: chiama in causa infatti la libertà dell’altro che, per quanto dolcemente, viene pur sempre provocata a una decisione. Né i genitori, né i sacerdoti o i catechisti, né gli altri educatori possono sostituirsi alla libertà del fanciullo, del ragazzo o del giovane a cui si rivolgono. E specialmente la proposta cristiana interpella a fondo la libertà, chiamandola alla fede e alla conversione. Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione. Dentro a un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione: senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune. E’ chiaro dunque che non soltanto dobbiamo cercare di superare il relativismo nel nostro lavoro di formazione delle persone, ma siamo anche chiamati a contrastare il suo predominio nella società e nella cultura. E’ molto importante perciò, accanto alla parola della Chiesa, la testimonianza e l’impegno pubblico delle famiglie cristiane, specialmente per riaffermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi e amministrativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli, compito essenziale per il nostro comune futuro. Anche per questo impegno vi dico un grazie cordiale. Sacerdozio e vita consacrata Un ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata: sappiamo tutti quanto la Chiesa ne abbia bisogno! Perché queste vocazioni nascano e giungano a maturazione, perché le persone chiamate si mantengano sempre degne della loro vocazione, è decisiva anzitutto la preghiera, che non deve mai mancare in ciascuna famiglia e comunità cristiana. Ma è anche fondamentale la testimonianza di vita dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la gioia che essi esprimono per essere stati chiamati dal Signore. Ed è ugualmente essenziale l’esempio che i figli ricevono all’interno della propria famiglia e la 438 LA PAROLA DEL PAPA convinzione delle famiglie stesse che, anche per loro, la vocazione dei propri figli è un grande dono del Signore. La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la valorizzazione del matrimonio cristiano: l’uno e l’altra, in due maniere differenti e complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Cari fratelli e sorelle, vi affido queste riflessioni come contributo al vostro lavoro nelle serate del Convegno e poi durante il prossimo anno pastorale. Chiedo al Signore di darvi coraggio ed entusiasmo, perché questa nostra Chiesa di Roma, ciascuna parrocchia, comunità religiosa, associazione o movimento partecipi più intensamente alla gioia e alle fatiche della missione e così ogni famiglia e l’intera comunità cristiana riscopra nell’amore del Signore la chiave che apre la porta dei cuori e che rende possibile una vera educazione alla fede e formazione delle persone. Il mio affetto e la mia benedizione vi accompagnano oggi e per il futuro. 439 LA PAROLA DEL PAPA Soluzioni ‘umane’ per tre preoccupazioni: famiglia, vita, educazione Discorso del Santo Padre in occasione della visita al Presidente della Repubblica Italiana Roma, 24 giugno 2005 Signor Presidente! Ho la gioia di ricambiare, oggi, la visita cordialissima che Lei, nella Sua qualità di Capo dello Stato italiano, ha voluto rendermi il 3 maggio scorso in occasione del nuovo servizio pastorale a cui il Signore mi ha chiamato. Desidero, perciò, anzitutto ringraziarLa e, in Lei, ringraziare il Popolo italiano per l’accoglienza calorosa che mi ha riservato fin dal primo giorno del mio servizio pastorale come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale. Da parte mia, assicuro anzitutto la cittadinanza romana, e poi anche l’intera Nazione italiana, del mio impegno a lavorare con tutte le forze per il bene religioso e civile di coloro che il Signore ha affidato alle mie cure pastorali. L’annuncio del Vangelo, che in comunione con i Vescovi italiani sono chiamato a portare a Roma e all’Italia, è a servizio non solo della crescita del Popolo italiano nella fede e nella vita cristiana, ma anche del suo progresso sulle vie della concordia e della pace. Cristo è il Salvatore di tutto l’uomo, del suo spirito e del suo corpo, del suo destino spirituale ed eterno e della sua vita temporale e terrestre. Così, quando il suo messaggio viene accolto, la comunità civile si fa anche più responsabile, più attenta alle esigenze del bene comune e più solidale con le persone povere, abbandonate ed emarginate. Scorrendo la storia italiana, si resta impressionati dalle innumerevoli opere di carità a cui la Chiesa, con grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza. Su questa stessa via la Chiesa intende oggi proseguire il suo cammino, senza mire di potere e senza chiedere privilegi o posizioni di vantaggio sociale o economico. L’esempio di Gesù Cristo, che “passò beneficando e risanando tutti” (At 10,3), resta per essa la norma suprema di condotta in mezzo ai popoli. Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato italiano sono fondate sul principio enunciato dal Concilio Vaticano II, secondo cui “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane” (Gaudium et spes, 76). E’ principio, questo, già presente nei Patti Lateranensi e poi confermato negli Accordi di modifica del Concordato. Legittima è 440 LA PAROLA DEL PAPA dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino. Mi è caro assicurare a Lei, Signor Presidente, e a tutto il Popolo italiano che la Chiesa desidera mantenere e promuovere un cordiale spirito di collaborazione e di intesa a servizio della crescita spirituale e morale del Paese, a cui è legata da vincoli particolarissimi, che sarebbe gravemente dannoso, non solo per essa, ma anche per l’Italia, tentare di indebolire e spezzare. La cultura italiana è una cultura intimamente permeata di valori cristiani, come appare dagli splendidi capolavori che la Nazione ha prodotto in tutti i campi del pensiero e dell’arte. Il mio augurio è che il Popolo italiano, non solo non rinneghi l’eredità cristiana che fa parte della sua storia, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre ancora frutti degni del passato. Ho fiducia che l’Italia, sotto la guida saggia ed esemplare di coloro che sono chiamati a governarla continui a svolgere nel mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei secoli. In virtù della sua storia e della sua cultura, l’Italia può recare un contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente. Come Ella, Signor Presidente, può ben comprendere, non poche preoccupazioni accompagnano questo inizio del mio servizio pastorale sulla Cattedra di Pietro. Tra di esse vorrei segnalarne alcune che, per il loro carattere universalmente umano, non possono non interessare anche chi ha la responsabilità della cosa pubblica. Intendo alludere al problema della tutela della famiglia fondata sul matrimonio, quale è riconosciuta anche nella Costituzione italiana (art. 29), al problema della difesa della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e infine al problema dell’educazione e conseguentemente della scuola, palestra indispensabile per la formazione delle nuove generazioni. La Chiesa, abituata com’è a scrutare la volontà di Dio iscritta nella natura stessa della creatura umana, vede nella famiglia un valore importantissimo che deve essere difeso da ogni attacco mirante a minarne la solidità e a metterne in questione la stessa esistenza. Nella vita umana, poi, la Chiesa riconosce un bene primario, presupposto di tutti gli altri beni, e chiede perciò che sia rispettata tanto nel suo inizio quanto nel suo termine, pur sottolineando la doverosità di adeguate cure palliative che rendano la morte più umana. Quanto alla scuola, poi, la sua funzione si connette alla famiglia come naturale espansione del compito formativo di quest’ultima. A questo proposito, ferma restando la competenza dello Stato a dettare le norme generali dell’istruzione, non posso non esprimere l’auspicio che venga rispettato concretamente il diritto dei genitori ad una libera scelta educativa, senza dover sopportare per questo l’onere aggiuntivo di ulteriori gravami. Confido che i legislatori italiani, nella loro saggezza, sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni “umane”, rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati. 441 LA PAROLA DEL PAPA Esprimendo, da ultimo, l’augurio di un continuo progresso della Nazione sulla via del benessere spirituale e materiale, mi associo a Lei, Signor Presidente, nell’esortare tutti i cittadini e tutte le componenti della società a vivere ed operare sempre in spirito di autentica concordia, in un contesto di dialogo aperto e di mutua fiducia, nell’impegno di servire e promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona. Mi è caro concludere, Signor Presidente, ricordando la stima e l’affetto che il Popolo italiano nutre per la Sua persona, come pure la piena fiducia che esso ha nell’assolvimento dei doveri che la Sua altissima carica Le impone. A questa stima affettuosa e a questa fiducia ho la gioia di associarmi, mentre affido Lei e la Consorte Signora Franca, come anche i Responsabili della vita della Nazione e l’intero Popolo italiano, alla protezione della Vergine Maria, così intensamente venerata negli innumerevoli santuari a Lei dedicati. Con questi sentimenti, su tutti invoco la benedizione di Dio, apportatrice di ogni desiderato bene. 442 LA PAROLA DEL PAPA La cattolicità dono e meta da raggiungere Omelia nella festa dei Santi Pietro e Paolo Mercoledì, 29 giugno 2005 Cari fratelli e sorelle, la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo è insieme una grata memoria dei grandi testimoni di Gesù Cristo e una solenne confessione in favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. È anzitutto una festa della cattolicità. Il segno della Pentecoste – la nuova comunità che parla in tutte le lingue e unisce tutti i popoli in un unico popolo, in una famiglia di Dio – è diventato realtà. La nostra assemblea liturgica, nella quale sono riuniti Vescovi provenienti da tutte le parti del mondo, persone di molteplici culture e nazioni, è un’immagine della famiglia della Chiesa distribuita su tutta la terra. Stranieri sono diventati amici; al di là di tutti i confini, ci riconosciamo fratelli. Con ciò è portata a compimento la missione di san Paolo, che sapeva di “essere liturgo di Gesù Cristo tra i pagani… oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo” (Rm 15,16). Lo scopo della missione è un’umanità divenuta essa stessa una glorificazione vivente di Dio, il culto vero che Dio s’aspetta: è questo il senso più profondo di cattolicità – una cattolicità che già ci è stata donata e verso la quale tuttavia dobbiamo sempre di nuovo incamminarci. Festa della cattolicità Cattolicità non esprime solo una dimensione orizzontale, il raduno di molte persone nell’unità; esprime anche una dimensione verticale: solo rivolgendo lo sguardo a Dio, solo aprendoci a Lui noi possiamo diventare veramente una cosa sola. Come Paolo, così anche Pietro venne a Roma, nella città che era il luogo di convergenza di tutti i popoli e che proprio per questo poteva diventare prima di ogni altra espressione dell’universalità del Vangelo. Intraprendendo il viaggio da Gerusalemme a Roma, egli sicuramente si sapeva guidato dalle voci dei profeti, dalla fede e dalla preghiera d’Israele. Fa parte infatti anche dell’annuncio dell’Antica Alleanza la missione verso tutto il mondo: il popolo di Israele era destinato ad essere luce per le genti. Il grande salmo della Passione, il salmo 21, il cui primo versetto “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Gesù ha pronunciato sulla croce, terminava con la visione: “Torneranno al Signore tutti i confini della terra, si 443 LA PAROLA DEL PAPA prostreranno davanti a Lui tutte le famiglie dei popoli” (Sal 21,28). Quando Pietro e Paolo vennero a Roma il Signore, che aveva iniziato quel salmo sulla croce, era risuscitato; questa vittoria di Dio doveva ora essere annunciata a tutti i popoli, compiendo così la promessa con la quale il salmo si concludeva. Cattolicità e unità Cattolicità significa universalità – molteplicità che diventa unità; unità che rimane tuttavia molteplicità. Dalla parola di Paolo sulla universalità della Chiesa abbiamo già visto che fa parte di questa unità la capacità dei popoli di superare se stessi, per guardare verso l’unico Dio. Il vero fondatore della teologia cattolica, sant’Ireneo di Lione, ha espresso questo legame tra cattolicità e unità in modo molto bello: “Questa dottrina e questa fede la Chiesa disseminata in tutto il mondo custodisce diligentemente formando quasi un’unica famiglia: la stessa fede con una sola anima e un solo cuore, la stessa predicazione, insegnamento, tradizione come avesse una sola bocca. Diverse sono le lingue secondo le regioni, ma unica e medesima è la forza della tradizione. Le Chiese di Germania non hanno una fede o tradizione diversa, come neppure quelle di Spagna, di Gallia, di Egitto, di Libia, dell’Oriente, del centro della terra; come il sole creatura di Dio è uno solo e identico in tutto il mondo, così la luce della vera predicazione splende dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla cognizione della verità” (Adv. haer. I 10,2). L’unità degli uomini nella loro molteplicità è diventata possibile perché Dio, questo unico Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi; perché la verità essenziale sulla nostra vita, sul nostro “di dove?” e “verso dove?”, è diventata visibile quando Egli si è mostrato a noi e in Gesù Cristo ci ha fatto vedere il suo volto, se stesso. Questa verità sull’essenza del nostro essere, sul nostro vivere e sul nostro morire, verità che da Dio si è resa visibile, ci unisce e ci fa diventare fratelli. Cattolicità e unità vanno insieme. E l’unità ha un contenuto: la fede che gli Apostoli ci hanno trasmesso da parte di Cristo. Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica Sono contento che ieri – nella festa di sant’Ireneo e nella vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo – ho potuto consegnare alla Chiesa una nuova guida per la trasmissione della fede, che ci aiuta a meglio conoscere e poi anche a meglio vivere la fede che ci unisce: il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quello che nel grande Catechismo, mediante le testimonianze dei santi di tutti i secoli e con le riflessioni maturate nella teologia, è presentato in maniera dettagliata, è qui ricapitolato nei suoi contenuti essenziali, che sono poi da tradurre nel linguaggio quotidiano e da concretizzare sempre di nuovo. Il libro è strutturato come colloquio in domande e risposte; quattordici immagini associate ai vari campi della fede invitano alla contemplazione e alla meditazione. Riassumono per così dire in modo visibile ciò che la parola sviluppa nel dettaglio. All’inizio c’è un’icona di Cristo del VI 444 LA PAROLA DEL PAPA secolo, che si trova sul monte Athos e rappresenta Cristo nella sua dignità di Signore della terra, ma insieme come araldo del Vangelo, che porta in mano. “Io sono colui che sono” – questo misterioso nome di Dio proposto nell’Antica Alleanza – è riportato lì come suo nome proprio: tutto ciò che esiste viene da Lui; Egli è la fonte originaria di ogni essere. E perché è unico, è anche sempre presente, è sempre vicino a noi e allo stesso tempo sempre ci precede: come “indicatore” sulla via della nostra vita, anzi essendo Egli stesso la via. Non si può leggere questo libro come si legge un romanzo. Bisogna meditarlo con calma nelle sue singole parti e permettere che il suo contenuto, mediante le immagini, penetri nell’anima. Spero che sia accolto in questo modo e possa diventare una buona guida nella trasmissione della fede. La Chiesa è apostolica Abbiamo detto che cattolicità della Chiesa e unità della Chiesa vanno insieme. Il fatto che entrambe le dimensioni si rendano visibili a noi nelle figure dei santi Apostoli, ci indica già la caratteristica successiva della Chiesa: essa è apostolica. Che cosa significa? Il Signore ha istituito dodici Apostoli, così come dodici erano i figli di Giacobbe, indicandoli con ciò come capostipiti del popolo di Dio che, diventato ormai universale, da allora in poi comprende tutti i popoli. San Marco ci dice che Gesù chiamò gli Apostoli perché “stessero con lui e anche per mandarli” (Mc 3,14). Sembra quasi una contraddizione. Noi diremmo: o stanno con lui o sono mandati e si mettono in cammino. C’è una parola sugli angeli del santo Papa Gregorio Magno che ci aiuta a sciogliere la contraddizione. Egli dice che gli angeli sono sempre mandati e allo stesso tempo sempre davanti a Dio: “Ovunque sono mandati, ovunque vanno, camminano sempre nel seno di Dio” (Omelia 34,13). L’Apocalisse ha qualificato i Vescovi come “angeli” della loro Chiesa, e possiamo quindi fare questa applicazione: gli Apostoli e i loro successori dovrebbero stare sempre con il loro Signore e proprio così – ovunque vadano – essere sempre in comunione con Lui e vivere di questa comunione. Il pallio espressione della nostra missione apostolica e della nostra comunione La Chiesa è apostolica, perché confessa la fede degli Apostoli e cerca di viverla. Vi è una unicità che caratterizza i Dodici chiamati dal Signore, ma esiste allo stesso tempo una continuità nella missione apostolica. San Pietro nella sua prima lettera si è qualificato come “co-presbitero” con i presbiteri ai quali scrive (5,1). E con ciò ha espresso il principio della successione apostolica: lo stesso ministero che egli aveva ricevuto dal Signore ora continua nella Chiesa grazie all’ordinazione sacerdotale. La Parola di Dio non è soltanto scritta ma, grazie ai testimoni che il Signore nel sacramento ha inserito nel ministero apostolico, resta parola vivente. Così ora mi rivolgo a Voi, cari confratelli Vescovi. vi saluto con affetto, insieme con 445 LA PAROLA DEL PAPA i vostri familiari e con i pellegrini delle rispettive Diocesi. Voi state per ricevere il pallio dalle mani del Successore di Pietro. L’abbiamo fatto benedire, come da Pietro stesso, ponendolo accanto alla sua tomba. Ora esso è espressione della nostra comune responsabilità davanti all’”arci-pastore” Gesù Cristo, del quale parla Pietro (1 Pt 5,4). Il pallio è espressione della nostra missione apostolica. È espressione della nostra comunione, che nel ministero petrino ha la sua garanzia visibile. Con l’unità, così come con l’apostolicità, è collegato il servizio petrino, che riunisce visibilmente la Chiesa di tutte le parti e di tutti i tempi, difendendo in tal modo ciascuno di noi dallo scivolare in false autonomie, che troppo facilmente si trasformano in interne particolarizzazioni della Chiesa e possono compromettere così la sua indipendenza interna. Con questo non vogliamo dimenticare che il senso di tutte le funzioni e ministeri è in fondo che “arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo”, perché cresca il corpo di Cristo “in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef 4,13.16). Saluto alla Chiesa Ortodossa di Costantinopoli In questa prospettiva saluto di cuore e con gratitudine la delegazione della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, che è inviata dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I, al quale rivolgo un cordiale pensiero. Guidata dal Metropolita Ioannis, è venuta a questa nostra festa e partecipa alla nostra celebrazione. Anche se ancora non concordiamo nella questione dell’interpretazione e della portata del ministero petrino, stiamo però insieme nella successione apostolica, siamo profondamente uniti gli uni con gli altri per il ministero vescovile e per il sacramento del sacerdozio e confessiamo insieme la fede degli Apostoli come ci è donata nella Scrittura e come è interpretata nei grandi Concili. In quest’ora del mondo piena di scetticismo e di dubbi, ma anche ricca di desiderio di Dio, riconosciamo nuovamente la nostra missione comune di testimoniare insieme Cristo Signore e, sulla base di quell’unità che già ci è donata, di aiutare il mondo perché creda. E supplichiamo il Signore con tutto il cuore perché ci guidi all’unità piena in modo che lo splendore della verità, che sola può creare l’unità, diventi di nuovo visibile nel mondo. La Chiesa è santa Il Vangelo di questo giorno ci parla della confessione di san Pietro da cui ha avuto inizio la Chiesa: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Avendo parlato oggi della Chiesa una, cattolica e apostolica, ma non ancora della Chiesa santa, vogliamo ricordare in questo momento un’altra confessione di Pietro pronunciata nel nome dei Dodici nell’ora del grande abbandono: “Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,69). Che cosa significa? Gesù, nella grande preghiera sacerdotale, dice di santificarsi per i discepoli, alludendo al sacrificio della sua morte (Gv 17,19). Con questo Gesù esprime implicitamente la sua 446 LA PAROLA DEL PAPA funzione di vero Sommo Sacerdote che realizza il mistero del “Giorno della Riconciliazione”, non più soltanto nei riti sostitutivi, ma nella concretezza del proprio corpo e sangue. La parola “il Santo di Dio” nell’Antico Testamento indicava Aronne come Sommo Sacerdote che aveva il compito di compiere la santificazione d’Israele (Sal 105,16; vgl. Sir 45,6). La confessione di Pietro in favore di Cristo, che egli dichiara il Santo di Dio, sta nel contesto del discorso eucaristico, nel quale Gesù annuncia il grande Giorno della Riconciliazione mediante l’offerta di se stesso in sacrificio: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Così, sullo sfondo di questa confessione, sta il mistero sacerdotale di Gesù, il suo sacrificio per tutti noi. La Chiesa non è santa da se stessa; consiste infatti di peccatori – lo sappiamo e lo vediamo tutti. Piuttosto, essa viene sempre di nuovo santificata dall’amore purificatore di Cristo. Dio non solo ha parlato: ci ha amato molto realisticamente, amato fino alla morte del proprio Figlio. E’ proprio da qui che ci si mostra tutta la grandezza della rivelazione che ha come iscritto nel cuore di Dio stesso le ferite. Allora ciascuno di noi può dire personalmente con san Paolo: “Io vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Preghiamo il Signore perché la verità di questa parola si imprima profondamente, con la sua gioia e la sua responsabilità, nel nostro cuore; preghiamo perché irradiandosi dalla Celebrazione eucaristica, essa diventi sempre di più la forza che plasma la nostra vita. 447 CENTRO DIOCESANO GIOVANILE Dalla Commissione di Pastorale Giovanile al Laboratorio Permanente La Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile ha dato ampio spazio negli incontri tenuti nell’anno pastorale 2004-2005 alla riflessione sul Progetto di Pastorale Giovanile della nostra Diocesi. La riflessione è maturata come conseguenza al biennio 2002-2004 dedicato ai Giovani e più precisamente ai passi di conversione che la nostra Chiesa locale deve attuare per comunicare loro il Vangelo in modo più adeguato all’oggi, considerati i continui cambiamenti del mondo in cui viviamo. La riflessione, ancora in atto, pur tenendo conto del biennio dedicato ai giovani, non ha tralasciato di considerare come punto di partenza quello che è l’attuale Progetto di Pastorale Giovanile, e che a noi è stato consegnato nell’ultimo Sinodo diocesano. Si riportano sinteticamente le linee che hanno portato a considerare la Commissione Diocesana di PG come un “laboratorio” ed è proprio nello stile del laboratorio che si vorrà procedere nei prossimi mesi. 1. I perché della proposta All’interno degli incontri della Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile è emersa la difficoltà di definire il livello e la struttura del Progetto di Pastorale Giovanile che il Vescovo aveva chiesto di realizzare. A che livello si deve porre un progetto diocesano? Deve dare solo le linee generali o deve dettagliare percorsi e metodologie? Nella prima ipotesi le indicazioni del Sinodo diocesano sembrano esser per molti versi già sufficienti e, in ogni caso, si rischia di costruire un documento poco applicabile all’interno delle singole realtà o troppo generico per dare indicazioni pastorali chiare. Nel secondo caso il problema sta nella grande eterogeneità delle situazioni (parrocchie piccole e grandi, movimenti, associazioni) in cui si realizzano interventi di pastorale giovanile e nella molteplicità dei destinatari degli interventi. Un secondo elemento di riflessione riguarda il tipo di modello pedagogico ed educativo a cui fare riferimento. Anche in questo caso l’eterogeneità delle situazioni che si incontrano quotidianamente a livello pastorale, mettono in crisi l’ipotesi di poter adottare un unico modello applicabile all’interno dei diversi contesti. 448 CENTRO DIOCESANO GIOVANILE Per questi fattori si vuole adottare un modello che si caratterizza per una maggiore flessibilità e per una modalità di costruzione degli interventi che non avviene attraverso una previa programmazione fatta a tavolino, quanto attraverso un processo di costruzione e verifica in itinere degli interventi secondo una logica incrementale, per cui il passo successivo viene deciso solo durante o al termine del passo precedente. Da queste riflessioni e facendo tesoro dei recenti incontri della Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile, così come del lavoro di ascolto degli anni precedenti, la proposta che viene presentata è quella di rivedere l’impostazione e le modalità operative della Commissione, trasformandola in un laboratorio continuo che, piuttosto che definire un progetto completo di pastorale giovanile, mette a disposizione della diocesi una mappa di azioni, metodologie e obiettivi che possano essere adattati ai singoli contesti locali. 2. Intendere la Commissione come un Laboratorio Trasformare la Commissione in un Laboratorio vuol dire trasformarla in un luogo in cui si confrontano esperienze realizzate, si riflette su di esse e si sistematizzano in modo da poter essere confrontate e trasferite in altre realtà, così come in parte si è cominciato a fare già quest’anno. La proposta che viene presentata non è un semplice cambiamento di nome, ma intende un cambiamento di prospettiva centrata sul “lavorare insieme”, per confrontarsi, sperimentare nuove soluzioni e proporre modelli ed esperienze concrete di intervento con i giovani della diocesi. Il laboratorio diventa in questo modo il luogo in cui vengono accolte le diverse esperienze condotte all’interno della diocesi, vengono collegate agli strumenti, alle tecniche, alle metodologie, agli obiettivi, alle finalità. Vengono individuate le connessioni e fornite le indicazioni per costruire quella mappa per la Pastorale Giovanile che sarà messa a disposizione di tutti gli operatori presenti in diocesi. 3. Costruire una mappa per la Pastorale Giovanile La mappa rappresenta una sorta di grande ipertesto organizzato secondo una pluralità di livelli (finalità, obiettivi, metodi/modalità di azione, strumenti, esperienze). Ogni livello è connesso a tutti gli altri, può essere arricchito progressivamente (questo il senso del Laboratorio Permanente) e può rappresentare una porta di accesso alla mappa. In pratica è possibile accedere alla mappa da uno qualsiasi dei livelli, esplorandone le connessioni. La logica è quella del processo per domande e risposte: a partire da una domanda specifica (come organizzare un corso per fidanzati? Come riuscire a trasmettere ai ragazzi il valore della solidarietà?) si entra nella mappa al livello in cui si pensa 449 CENTRO DIOCESANO GIOVANILE di poter trovare la risposta cercata e da lì si esplora individuando gli obiettivi, le metodologie, le esperienze, etc… connessi alla risposta. Questo permetterà ad ogni operatore di costruire percorsi individualizzati in base alle esigenze e alle risorse a disposizione, ma rimanendo all’interno di un contesto di riflessione e condivisione generale delle azioni che dà coerenza e continuità all’azione pastorale della diocesi. Anno Pastorale 2005-2006 Il Vescovo incontrerà la Commissione Diocesana e le Commissioni Vicariali di Pastorale Giovanile, e tutti gli educatori di adolescenti e giovani Venerdì 16 settembre 2005 a Borgomanero, presso l’oratorio, alle ore 18,30. In quella riunione verranno presentati i passi fatti dalla Commissione Diocesana e quelli che saranno da compiere, contando sulla collaborazione di tutti gli operatori di PG, nel nuovo anno pastorale. 450 COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI Proposte dei laboratori di Pastorale Giovanile A conclusione del biennio dedicato ai giovani Vengono segnalate alcune proposte che gli Uffici diocesani, dando seguito alle indicazioni conclusive dei gruppi di lavoro del biennio dedicato ai giovani, hanno elaborato per l’anno pastorale 2005-2006, dopo aver avviato l’esperienza dei laboratori di pastorale giovanile. Altri Uffici stanno elaborando le loro proposte, le quali verranno presentate dopo l’estate. Ufficio catechistico – Sez. Scuola • Promozione di opportune iniziative di formazione per i Docenti di Religione. Alcune sono realizzabili già prima dell’estate nonostante il clima di incertezza che vi è per i risultati del concorso. Per il prossimo anno tutto dipende da chi dovrà tenere i corsi di approfondimento previsti dal MIUR per quanti entrano in ruolo. • Rinnovo del gruppo UCIIM grazie alla collaborazione dei Vicariati (individuazione di due docenti per ogni Vicariato). • Attuazione di un forte legame di collaborazione tra UCIIM, AIMC e Ufficio Scuola (esiste già un gruppo che lavora su questa linea). Il raggiungimento di questo obiettivo dipende soprattutto dall’iniziativa di chi in Diocesi si occupa delle Associazioni professionali. • Programmazione in ogni Vicariato, come già si fa ad Arona, di un incontro fra i Docenti di Religione e i Sacerdoti che si occupano dei giovani: per conoscersi, per aiutarsi vicendevolmente, per preparare almeno una iniziativa comune. Caritas diocesana • Impegno della Caritas Diocesana affinché le Caritas Parrocchiali diano spazio alla presenza di giovani nelle strutture caritative e promuovano in tutte le età una formazione aperta alla carità. • Ormai abrogato il servizio di leva e la conseguente obiezione di coscienza, impegno della Caritas Diocesana per la promozione del servizio civile attraverso contatti diretti nelle scuole e spettacoli mirati a una migliore percezione delle possibilità offerte in proposito. Ufficio famiglia • Preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia con l’orizzonte del “dopo”. • Accompagnamento delle giovani coppie. • Famiglia e iniziazione cristiana. Ufficio missionario • Sensibilizzazione dei giovani alla Missione ad gentes (Pella, 1-3 luglio; Veglia missionaria, 22 ottobre) 451 CONSULTA DIOCESANA PASTORALE DELLA SANITÀ Bilancio a conclusione del 1° quinquennio (2001-2005) e obiettivi per il prossimo quinquennio della Pastorale della Sanità 1. Il cammino fatto Nell’anno 2005 si chiude il primo quinquennio in cui la Diocesi di Novara è stata dotata di un Ufficio autonomo per la Pastorale della Sanità con la nomina di uno specifico responsabile nella persona di don Pier Davide Guenzi. A questo Ufficio afferisce la Consulta Diocesana per la Pastorale della Sanità istituita con decreto vescovile il 20 febbraio 2001. L’attenzione alla sanità, come uno dei capitoli della pastorale ecclesiale, è stata proposta in modo autorevole nella Nota della Consulta nazionale per la pastorale della sanità La pastorale della salute nella Chiesa italiana del 30 marzo 1989, che costituisce a tutt’oggi il più completo documento di riferimento per delimitare e comprendere gli aspetti peculiari di tale servizio della Chiesa nel mondo della malattia e della sofferenza. L’Assemblea della CEI del prossimo autunno probabilmente fornirà un più aggiornato documento che consentirà di riprendere e approfondire, nonché rilanciare e promuovere in modo più ampio la pastorale della sanità, anche nella nostra Diocesi. Il numero 20 della Nota del 1989 forniva un campionario esauriente dei vari aspetti della pastorale della sanità. Su di esso si sono mossi i lavori e le iniziative della Consulta Diocesana in questo quinquennio, dopo un adeguato discernimento delle indicazioni emerse nella sessione del Consiglio Pastorale Diocesano del 19 maggio 2001 (Pella), tenendo conto di obiettivi realisticamente perseguibili. Diamo per disteso, semplificandoli, gli obiettivi proposti già nel 1989 dalla CEI per la Pastorale della Sanità: • • • illuminare con la fede il mondo della sanità e della ricerca tecno-scientifica in campo medico; svolgere opera di educazione sanitaria e morale, alla luce della dignità della persona umana; contribuire all’umanizzazione delle strutture ospedaliere comprendendo le problematiche connesse con l’evoluzione del modello di ospedale e il suo rapporto con il territorio; 452 CONSULTA DIOCESANA PASTORALE • • • DELLA SANITÀ aiutare le persone ammalate e disabili a vivere un percorso di recupero del senso della vita e un adeguato cammino di fede e accompagnare i famigliari che sono accanto a loro; favorire percorsi di formazione per il personale sanitario per unire alla competenza professionale adeguate qualità umane ed etiche; sensibilizzare le comunità cristiane sul problema della pastorale degli ammalati e offrire sussidi in tal senso. 2. Le realizzazioni di questi ultimi anni Nel 2004-2005 è stato approfondito il lavoro programmato e verificato per il quinquennio 2000-2005, puntualmente proposto ogni anno nel fascicolo del mese di maggio o giugno-luglio della Rivista Diocesana Novarese. In particolare: • il potenziamento dell’animazione nelle parrocchie in occasione della Giornata Mondiale del Malato; • l’attenzione alla cura pastorale delle persone disabili, per la quale è stato redatto un documento diocesano pubblicato nel giugno 2004 e per le quali nel prossimo anno pastorale dovrebbe essere avviato un percorso di catechesi destinato in particolare all’area della disabilità psichica; • la riorganizzazione della sezione diocesana dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, compiutasi con l’elezione di un nuovo Consiglio di Presidenza nel mese di febbraio 2005; • l’avvio di un gruppo di riflessione per operatori sanitari nell’area della provincia del Verbano-Cusio-Ossola; • la promozione di più momenti di incontro di carattere etico-professionale destinati al personale medico-infermieristico dei presidi ospedalieri territoriali; • l’accompagnamento di un gruppo di laici (35 persone) che hanno completato nell’anno 2004 il percorso biennale di formazione sull’animazione spirituale delle persone ammalate; • i contatti con le istituzioni ospedaliere territoriali; • l’incontro annuale con i membri delle Associazioni cristiane impegnate nella cura degli ammalati tenutosi lo scorso 2 giugno 2005 e, dal 2003, pensato e preparato insieme come momento di comunione tra le varie Associazioni (CVS, MAS, MAC, OFTAL, AMCI, Volontari della notte, AVO, AVULS, AVAS). A questi impegni gestiti in solidum dalla Consulta si sono aggiunti i momenti in cui il Responsabile diocesano è stato invitato a svolgere relazioni, a tenere seminari, a guidare momenti di spiritualità presso istituzioni civili (Università del Piemonte Orientale, Presidi ospedalieri territoriali, Associazioni di volontariato) e religiose. È possibile complessivamente rilevare che, almeno per il territorio della provincia di Novara (comprendente gli Ospedali di Novara, Borgomanero, Arona, Galliate), sono state avviate feconde collaborazioni che si sono consolidate nel corso di questi anni e possono far ben sperare per il futuro anche in vista dell’allargamento di operatività in altre aree del territorio diocesano (VCO). 453 CONSULTA DIOCESANA PASTORALE DELLA SANITÀ 3. Obiettivi per il prossimo quinquennio In vista del prossimo quinquennio si pongono i seguenti obiettivi: a) Lo sviluppo, a partire dal prossimo anno pastorale, di momenti coordinati a livello diocesano di catechesi per ragazzi e giovani affetti da disabilità psichica secondo il progetto varato nel 2004. b) La verifica del servizio dei cappellani ospedalieri con una più decisa azione per il rafforzamento delle cappellanie ospedaliere. In particolare occorrerà tenere presente la necessità di formare qualche sacerdote al delicato compito di accompagnamento dei malati terminali che saranno accolti negli Hospice di prossima costituzione o seguiti dalle equipe di cure palliative territoriali. c) L’organizzazione durante il prossimo quinquennio di un corso biennale di formazione per laici e laiche cristiani nel servizio di animazione spirituale ai malati sia ospedalizzati o ospiti presso “case di riposo” che nelle parrocchie. A questo proposito il Corso residenziale potrebbe essere avviato già nei primi mesi del 2006, usufruendo della struttura diocesana di accoglienza di Verbania (“Famiglia Studenti”), e aprendolo anche a laici e laiche di altre diocesi. d) La messa in opera di momenti formativi rivolti al clero delle parrocchie e di aggiornamento sulla pastorale delle persone ammalate. Il potenziamento del servizio dei ministri straordinari della comunione eucaristica. L’inserimento di momenti formativi (nella forma di stage presso l’Ospedale Maggiore di Novara) con i diaconi che si preparano a ricevere l’ordinazione sacerdotale. e) L’attenzione alle Associazioni presenti in Diocesi che a vario titolo si occupano di pastorale della sanità per qualificare meglio il servizio che ciascuna può offrire ai malati nelle parrocchie. f) Una maggiore presenza nelle istituzioni sanitarie degli ospedali, dei luoghi di cura e di degenza per verificare la qualità e le possibilità di un adeguato servizio religioso e per offrire momenti formativi sui valori della cura dovuta alla persona ammalata. g) La composizione di una nuova Consulta Diocesana della Sanità (ancora da delineare per conferirvi maggiore rappresentatività e qualità di contributi) per dare corso a queste iniziative. 454 CONSULTA DIOCESANA PASTORALE DELLA SANITÀ 4. Che cosa viene chiesto ai Vicariati e alle parrocchie per il prossimo quinquennio Il Responsabile diocesano ha avuto già modo negli anni scorsi di scrivere ai vicari territoriali segnalando qualche richiesta, qui ripresa, offrendo la sua piena disponibilità alla collaborazione per la realizzazione di eventuali iniziative territoriali. Quanto proposto è stato oggetto di comunicazione ai vicari territoriali nella riunione programmata a giugno 2005. Per una più significativa attenzione alla pastorale della sanità e delle persone ammalate sul territorio e nelle parrocchie, sono da ritenere importanti le seguenti iniziative. a) Dedicare qualche tempo di riflessione nel Consiglio Pastorale vicariale al capitolo della pastorale della sanità, invitando anche le parrocchie a riprendere questo aspetto. b) Dedicare almeno un incontro formativo per il clero di aggiornamento sulla bioetica e un’altro di riflessione sulla pastorale del tempo della malattia (magari rivisitando lo stesso Rituale per l’Unzione degli infermi e la loro cura pastorale). c) Verificare la possibilità di potenziare e qualificare il servizio domenicale dei ministri della comunione eucaristica accanto a quanti sono impediti nella partecipazione alla messa parrocchiale. d) Reperire laici e laiche, già dotati di una specifica sensibilità, per invitarli al prossimo corso di formazione per operatori pastorali di animazione spirituale accanto alle persone ammalate. e) Invitare i medici che vivono la loro professione con spirito cristiano, presenti nelle parrocchie, ad aderire alla sezione di Novara dell’Associazione Medici Cattolici Italiani. 455 ECONOMATO Relazione al bilancio 2004 della Curia diocesana Per rendere informata e corresponsabile la comunità diocesana viene presentato il bilancio della Curia con i costi sostenuti per il funzionamento dei vari uffici e i proventi che vengono utilizzati per far fronte alle varie uscite. L’esercizio 2004 della Curia Diocesana si è chiuso con una perdita di euro 133.738,32, inferiore di 107.000,00 euro rispetto al 2003. Per il funzionamento degli uffici di Curia si è dovuta utilizzare una quota dei Fondi otto per mille pari a euro 247.815,30. La suddivisione di tale cifra è riportata di seguito al bilancio. Si ricorda che gli uffici hanno un proprio bilancio di entrata e di uscita. La quota indicata tra le uscite di questo bilancio rappresenta solo il contributo della Diocesi e dell’otto per mille all’attività degli uffici. L’assegnazione fatta alla Caritas Diocesana di euro 116.123,00 è comprensiva di un contributo straordinario alla Cooperativa “Porte Aperte”. Le assegnazioni dei fondi stanziati dalla CEI per la nostra Diocesi per “il Culto e la Pastorale” (euro 1.017.570,05) e per le “iniziative di Carità” (euro 543.964,93) sono state pubblicate sulla Rivista Diocesana del dicembre 2004. Per l’Inventario dei Beni Culturali viene presentato a parte il bilancio in modo dettagliato in quanto risulta un impegno notevole per la Diocesi e coinvolge tutte le parrocchie. 456 ECONOMATO ENTRATE QUOTE PROVENIENTI DALL’IDSC Diritti di Curia € DALLE PARROCCHIE Messe binate e ad mentem episcopi Offerte deducibili Rivista Diocesana Giornata Diocesana PROVENTI FINANZIARI Interessi conto corrente bancario Interessi investimenti mobiliari ALTRI PROVENTI Sopravvenienze attive Rimborsi servizi e stampati Affitti attivi Quote Otto per mille dalla CEI € € € € € 21.000,00 € 223.513,10 € 30.474,10 € 620.659,04 € 895.646,24 € 107.328,97 € 38.791,90 € 131.638,33 21.000,00 120.013,00 28.000,00 25.140,00 50.360,10 € € 1.118,24 29.355,86 € 37.172,38 € 891,44 € 334.779,92 € 247.815,30 TOTALE ENTRATE USCITE GESTIONE IMMOBILIARE Immobile Curia Assicurazioni Gas Luce e forza motrice Acqua Nettezza urbana Pulizia uffici Curia Vigilanza notturna Manutenzioni Affitto ufficio Centro Missionario € € € € € € € € € 1.942,04 33.423,67 10.584,13 900,96 4.160,11 29.640,00 567,00 12.445,89 13.665,17 Gestione altri edifici € 38.791,90 GESTIONE UFFICI Cancelleria e stampati Spese postali Spese telefoniche Abbonamenti riviste e giornali € € € € 20.528,61 5.694,61 27.367,46 3.043,99 457 ECONOMATO Manutenzione macchine ufficio Spese Bancarie Pubblicazioni Rivista Diocesana Consulenze Visure catastali Utilizzo Internet € € € € € € € 10.247,35 1.472,59 27.629,40 19.940,94 10.415,75 1.877,63 3.420,00 SPESE ATTIVITA’ UFFICI Ufficio Catechistico Scuola € Caritas Diocesana € € Pastorale sanitaria Pastorale del lavoro € € Centro Diocesano Vocazionale Casa Vescovile € Archivio € Ufficio Clero € € Consiglio Pastorale e Laicato Centro Diocesano Giovanile € Past. Universitaria e Prog. Culturale € Beni Culturali Ecclesiastici € Consultorio familiare € Pastorale Familiare € Inventario Beni Culturali € Migrantes € Ufficio Comunicazioni Sociali € 595,30 116.123,00 2.103,62 7.500,00 14.000,00 33.395,07 13.230,91 399,08 1.950,00 8.009,05 15.000,00 10.977,32 60.000,00 4.380,64 28.589,28 4.000,00 753,58 PERSONALE Stipendi Contributi Accantonamento TFR Borse di studio ai sacerdoti studenti Diaconi seminaristi € € € € € 163.215,29 92.313,81 17.867,13 9.865,37 11.430,00 ONERI FINANZIARI Interessi passivi € 37.560,59 SPESE VARIE Ammortamenti Manifestazioni culturali e convegni Conferenza Episcopale Piemontese Spese diverse Affitto uffici Stampa Diocesana Novarien € € € € € € 26.900,00 13.881,97 15.909,00 31.130,84 6.426,15 10.000,00 458 € 321.006,85 € 294.691,60 € 37.560,59 € 104.247,96 ECONOMATO € 24.118,36 TOTALE SPESE € 1.059.384,56 ENTRATE USCITE PERDITA D’ESERCIZIO € € € 895.646,24 1.059.384,56 133.738,32 IMPOSTE E TASSE Imposte e tasse € 24.118,36 DIVISIONE DEI CONTRIBUTI OTTO PER MILLE PRESENTI IN BILANCIO Pubblicazioni € 27.629,40 Uffici diocesani € 65.000,00 Affitto uffici Stampa Diocesana € 6.426,15 Pastorale universitaria € 15.000,00 € 7.636,75 Rette sacerdoti studenti Contributi Caritas € 86.123,00 Consultorio € 40.000,00 € TOTALE CONTRIBUTI 247.815,30 INVENTARIO BENI CULTURALI ENTRATE Contributi Parrocchie € 20.520,50 Contributi Regione € 37.915,00 Stanziamento fondi Otto per mille € 50.000,00 € 108.435,50 Totale Uscite € 137.024,78 Disavanzo 2004 € 28.589,28 Disavanzo anni precedenti € 48.216,62 Totale Disavanzo € 76.805,20 Totale Entrate USCITE Stipendi personale Rimborsi spese personale Costi di gestione € € € 459 79.330,88 12.600,00 45.093,20 CARITAS DIOCESANA Telesoccorso... una buona idea diventata una realtà Iniziativa della Caritas Diocesana a favore delle persone anziane Con la prima settimana di maggio 2005 è terminato il corso di Formazione Vivi la vita” per i Volontari che si alternano nella Centrale dell’Associazione “V telefonica 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno. Il corso aveva come titolo “L’unione fa la forza” e come sottotitolo “per essere Volontari fino in fondo”. Le quattro serate formative avevano per argomento l’ascolto delle persone anziane, che usufruiscono del servizio di Telesoccorso e che vengono contattate telefonicamente dai Volontari. Il servizio di Telesoccorso è sorto il 1° Luglio 1990 da una iniziativa della Caritas a seguito di un rilevamento effettuato a Novara. Si scoprì che la nostra città era abitata da molti anziani con un età compresa dai 60 ai 90 anni. Molti di loro restavano in casa quasi tutto il giorno, mantenendo pochi contatti con il mondo esterno. Per queste persone la malattia e la perdita dell’autosufficienza potevano significare un ricovero in istituto, un ricovero non desiderato. Ragionando sul tema della qualità della vita, la Caritas si volle adoperare per permettere a queste persone di rimanere in casa coi propri affetti e ricordi. La soluzione venne trovata con l’adozione di una apparecchiatura che permetteva di mettersi in contatto in “viva voce” con la persona anziana quando questa avesse premuto un apposito telecomando. Il servizio, nato in forma sperimentale, con l’impegno di Volontari e di obiettori di coscienza, ha poi continuato ad operare ininterrottamente 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Successivamente, nel 1993, tra i Vivi la Vita” che prese in Volontari che già operavano, si costituì l’Associazione “V gestione dalla Caritas il servizio di Telesoccorso-telecontrollo-teleassistenza. Il servizio si articola in tre momenti: Il telesoccorso è un sistema di sicurezza e consente all’operatore Volontario di mettersi immediatamente in contatto con l‘Utente che ha premuto il telecomando in dotazione. Questo sistema “viva voce” consente di collegarsi in tempo reale con l’abitazione dell’Utente per accertare i motivi della chiamata di allarme e per attivare immediatamente, se necessario, gli opportuni soccorsi. 460 CARITAS DIOCESANA Il telecontrollo è un contatto telefonico mensile nel quale si invita l’Utente a fare una prova di allarme, con il duplice scopo di verificare l’efficienza dell’apparecchiatura e di far prendere confidenza con l’apparecchiatura. La teleassistenza è un servizio di “intimità a distanza”; viene svolto da Volontari che, motivati da spirito di solidarietà umana, telefonano agli Utenti due volte alla settimana. Si tratta di un rapporto interpersonale finalizzato a infondere sicurezza, ad alleviare il timore della solitudine, facendo sentire ogni persona non dimenticata ed ancora importante. Le apparecchiature vengono fornite in comodato d’uso. Per tutto questo, al fine di ottenere i migliori risultati, è necessario creare intorno alla persona anziana una rete di referenti (parenti, amici, vicini di casa) da far intervenire in caso di necessità. Il servizio di Telesoccorso si può ottenere direttamente tramite contatto telefoniVivi la Vita” in Via San Gaudenzio n.11 co con la Segreteria dell’Associazione “V Novara (tel. 0321/629200; Fax: 0321/683266; e-mail: [email protected]) oppure informandosi presso i Servizi Sociali del comune di residenza, il quale, sulla base dei parametri ISEE, può assumersi in tutto od in parte l’onere per il canone del servizio. 461 CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO Costituita una nuova Onlus per un miglior servizio verso le molteplici attività della Diocesi Sollecitato da tempo e da diverse persone, in modo particolare da quei benefattori che intendevano detrarre dalla loro dichiarazione dei redditi le offerte destinate al sostegno delle opere attivate dai nostri missionari, il Centro Missionario Diocesano, dopo un’attenta considerazione dei pro e dei contro, ha chiesto alla Curia Diocesana di istituire una Onlus che servisse per queste richieste. La risposta è stata positiva e la nuova Onlus comprende inoltre altre attività che permetteranno a diversi offerenti di usufruire di questo servizio anche per offerte non specificatamente dirette ai paesi di missione. Così oltre alle offerte per i nostri missionari, a quelle per le adozioni a distanza ed al sostegno di progetti che sono già in atto, si potranno far confluire sul conto: Diocesi di Novara “Gocce di Solidarietà” - Onlus, anche le offerte per alcune attività sociali e per il mantenimento dei beni culturali della nostra diocesi, secondo quanto specificato nel testo dello statuto della Onlus stessa. In tal modo si spera di andare incontro ad una richiesta sempre più pressante, e soddisfare le esigenze di quelle persone che richiedono questa opzione. A partire dal mese di giugno, il Centro Missionario Diocesano che funge da segreteria operativa della neo-costituita Onlus diocesana, potrà rilasciare la ricevuta necessaria da allegare alle future dichiarazioni dei redditi. I riferimenti operativi per chi volesse usufruirne, sono i seguenti: 1. bonifico bancario intestato a: Diocesi di Novara - “Gocce di solidarietà” - Onlus C.C.B. N° 9000 della Banca Popolare di Novara (Ag.1) CIN T; ABI 05608; CAB 10101; Per le offerte pervenute tramite banca, ai fini della detrazione fiscale, fa fede la ricevuta del bonifico bancario; 2. versamenti presso l’ufficio del Centro Missionario Diocesano (Vicolo Canonica 3/b Novara): - se effettuati a mezzo assegno bancario intestato a‘Diocesi di Novara “Gocce di solidarietà” – Onlus’, verrà rilasciata opportuna ricevuta valida ai fini della detrazione fiscale; - se effettuato in contanti provvederemo a girare l’offerta, con bonifico, sul c/c bancario della Onlus per conto dell’offerente al quale verrà inviata la contabile della banca, che potrà essere utilizzata per la dichiarazione dei redditi. In ogni caso ci sarà bisogno che l’offerente indichi sempre il proprio codice fiscale, le generalità e l’indirizzo, specificando, ovviamente, con precisione la causale del versamento, data la diversa tipologia degli interventi della Onlus. 462 CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO Nasce la fondazione Missio nuovo strumento della CEI per migliorare il servizio missionario della Chiesa italiana Da sempre il variegato arcipelago missionario italiano, che caratterizza il panorama del servizio “Ad Gentes”, sentiva il bisogno di trovare un’unitarietà di conduzione e di direzione, per migliorare l’impegno che offriva alle nuove giovani Chiese. Le PP.OO.MM che svolgevano un meritorio lavoro di sensibilizzazzione, soprattutto attraverso una sempre più accurata valorizzazione dell’ottobre missionario, erano in un certo qual modo quasi “estranee” alla attività missionaria, che a partire dal Concilio, era andata sempre più emergendo nelle diocesi italiane, in modo particolare nelle diocesi di Piemonte, Lombardia e Triveneto. Allo stesso modo l’Ufficio per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese che la CEI aveva costituito per seguire l’attività dei sacerdoti Fidei Donum e successivamente per integrare le attività missionarie di una sempre più vasta rete di associazioni laicali, rischiava di lavorare solo su alcuni settori, senza per altro incidere su una programmazione più articolata che coinvolgesse l’intera famiglia missionaria. In questa linea lo stesso CUM di Verona (Centro Unitario Missionario) che già all’inizio degli anni novanta aveva inglobato il CEIAL e il CEIAS, pur svolgendo una meritoria opera di preparazione e di accompagnamento dei missionari italiani partenti per le diverse frontiere della evangelizzazione e della promozione umana, rischiava di rimanere isolato nel suo impegno per la mancanza di un più stretto collegamento con le altre realtà missionarie. Si tenga inoltre conto che dal punto di vista istituzionale, le PP.OO.MM. rispondevano alla Congregazione Vaticana di Propaganda Fide, mentre l’Ufficio Missionario Nazionale e il CUM, avevano come riferimento la Conferenza Episcopale Italiana. Questa situazione portava a volte questi tre meritori organismi missionari a lavorare più su piani paralleli, che non ad integrarsi con un più incisivo lavoro fatto utilizzando le varie sinergie dei diversi componenti. 463 CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO I Centri Missionari più impegnati, specialmente quelli del Nord Italia, da tempo segnalavano l’incongruenza della situazione, tanto più che nelle diocesi italiane la costituzione, su sollecitazione del Concilio, dei Centri Missionari Diocesani portava ad accorpare i vari servizi in un unico Consiglio Missonario, affidandone nel contempo le diverse responsabilità ad un unico direttore. Tale situazione veniva segnalata sempre più frequentemente, come un impedimento ad una più sollecita animazione missionaria, tanto da spingere i vari Direttori nazionali succedutisi in questi anni a trovare una soluzione che desse ordine ad una situazione non più sostenibile. Questo lungo cammino si è concretizzato nel mese di marzo di quest’anno, con la costituzione della fondazione MISSIO facente capo alla CEI, che a sua volta ha inglobato sia il Consiglio Nazionale Missionario, il CUM, come le PPOOMM, scorporandole in questo da Propaganda Fide. Questa operazione ha portato la Direzione Nazionale delle PP.OO.MM. italiane ad assumere una più precisa configurazione giuridica ed a avere una nuova sede a Roma, facendo risaltare così il comune servizio all’universalità missionaria della Chiesa italiana, grazie al collegamento più stretto con le altre realtà operanti in Italia. La fondazione MISSIO, a partire dal 2005, si trova così ad aver inglobato dentro di se tutto il lavoro che veniva fatto per la Chiesa universale a carico delle PP.OO.MM. e tutta la responsabilità legata ai diversi progetti delle singole diocesi italiane facenti capo all’Ufficio missionario nazionale. Nulla vieta per il futuro che potranno confluire nella fondazione MISSIO altri settori ed altre realtà missionarie, realizzando così quella unitarietà di intenti tanto desiderata quanto di difficile realizzazione. E’ significativo che nel decennio dedicato a “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” la CEI abbia inteso rilanciare con forza l’impegno “Ad Gentes” e la cooperazione missionaria della Chiesa in Italia, costituendo questa fondazione MISSIO, autentica novità nel panorama missionario italiano degli ultimi decenni. Un auspicio di comunione e di impegno a più voci che certamente troverà un riscontro positivo, non solo nella grande famiglia missionaria italiana, ma anche e soprattutto in quella realtà ecclesiale sempre attenta e sensibile ai problemi dell’Evangelizzazione e della Promozione Umana che caratterizza il lavoro dei nostri missionari. Don Mario Bandera Direttore CMD -Novara 464 UFFICIO BENI CULTURALI Tutela e promozione del patrimonio artistico Pratiche di restauro-inventario-pubblicazioni Viene presentata l’attività dell’Ufficio svolta nel periodo gennaio - giugno 2005, cogliendo l’occasione per sottolineare l’impegno prezioso e insostituibile delle Parrocchie nell’attenzione e nella tutela dei Beni Culturali religiosi. ESAME E INOLTRO DELLE PRATICHE DI RESTAURO Questo l’elenco delle pratiche esaminate ed inoltrate agli Organi di Tutela da gennaio a giugno 2005, ai sensi dell’Intesa del 13 settembre 1996, nonché delle precisazioni, della osservazioni e dei consigli offerti alle Parrocchie. SA = Soprintendenza Archeologica SBAA = Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio SBAS = Soprintendenza per il patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico AGNONA – Chiesa San Grato – Copertura – SBAA AMENO – Chiesa S.Giovanni – Restauro superfici interne ed esterne – SBAA – SBAS ANTRONA SCHIERANCO – Chiesa Parr. – Consolidamento conservativo – SBAA ARTO’ – Chiesa Parrocchiale – Parere di fattibilità modifiche facciata – SBAA BACENO – Chiesa Parrocchiale – Nuovo impianto illuminazione esterna – SBAA BAGNELLA – Cappelle votive e risanamento opere murarie – SBAA BELLINZAGO – Chiesa Parrocchiale – Statua – Restauro – SBAS BELLINZAGO – Chiesa S.Anna – Restauro affreschi e decorazioni – SBAA – SBAS BORGOMANERO – Chiesa SS.Trinità – Restauro murature perimetrali – SBAA BORGOMANERO – Parrocchia S. Marco – Cappella – Restauro – SBAA – SBAS BORGOSESIA – Oratorio S.Bernardo in Verzura – Dipinto su tela – Restauro – SBAS BUGNATE – Chiesa Parrocchiale – Impianto di riscaldamento – SBAA CAMERI – Padri Passionisti – Fabbricato – Ristrutturazione interna – SBAA CAMPERTOGNO – Oratorio San Carlo – Dipinto su tela – Restauro – SBAS CAMPINO-SOMERARO – Chiesa Parr. – Dipinto su tela – Restauro – SBAS CARCEGNA – Chiesa Parr. – Affreschi e arredi lignei – Restauro – SBAA – SBAS CARCEGNA – Chiesa Parrocchiale – Restauro portale – SBAS – SBAA CAVAGLIANO – Chiesa S.Quirico e Giulitta – Ritinteggiatura facciata – SBAA CHESIO – Chiesa Parrocchiale – Restauro armadio reliquie – SBAS COSASCA – Chiesa S.Lorenzo – Risanamento intonaci e coperture – SBAA – SBAS 465 UFFICIO BENI CULTURALI CRESSA – Chiesa Parrocchiale – Organo – Restauro – SBAS CUZZAGO – Chiesa Parr. – Gruppo scultoreo ligneo – Restauro – SBAS – SBAA DAGNENTE – Chiesa Parr. – Adeguamento impianto elettrico e riscaldamento – SBAA DOMODOSSOLA – Chiesa Fraz. Anzuno – Dipinto su tela - Restauro – SBAS FARA NOVARESE – Chiesa Parrocchiale – Organo – SBAS FOSSENO – Chiesa Parrocchiale – Cappella – Restauro – SBAA – SBAS GARBAGNA – Chiesa Parr. – Coperture, facciate e decorazioni interne – SBAA – SBAS GHEMME – Chiesa Parrocchiale – Dipinti su tela – Restauro – SBAS GHEVIO – Fabbricato parrocchiale – Manutenzione straordinaria e recupero – SBAA GHIFFA – Monastero – Ampliamento Chiesa e sistemazione aree esterne – SBAA GHIFFA – Monastero Benedettine – Ampliamento fabbricato e recupero – SBAA GIGNESE – Chiesa San Rocco – Nuovo impianto di riscaldamento – SBAA GIONZANA – Chiesa Madonna del Latte – Restauro strutturale – SBAA – SBAS GRAGLIA PIANA – Chiesa – Risanamento e restauro conservativo – SBAS GRAVELLONA LOM. – Chiesa Barbavara – Rimozione statue e pennacchi – SBAA INTRAGNA – Casa Parrocchiale – Opere interne – SBAA INVORIO SUP. – Chiesa Parr. – Cantoria dell’organo e mobile – Restauro – SBAS INVORIO SUP. – Chiesa Parr. – Manutenzione straordinaria dell’organo – SBAS MACUGNAGA – Oratorio - Fraz. Borca – Altare ligneo – Restauro – SBAS MAGGIORA – Chiesa Parrocchiale – Dipinto su tela – Restauro – SBAS MARANO – Chiesa S.Maria della Concezione – Intonaci e decorazioni – SBAA – SBAS MASERA – Chiesa Parrocchiale – Restauro e conservazione – SBAA – SBAS MERCURAGO – Chiesa Parr. – Affresco – Restauro conservativo – SBAA – SBAS MERGOZZO – Chiesa Parr. – Affreschi Via Crucis – Restauro – SBAS – SBAA MERGOZZO – Chiesa S. Marta – Restauro superfici interne – SBAS – SBAA MEZZOMERICO – Chiesa Parr. – Restauro decorazioni interne – SBAA – SBAS MIASINO – Chiesa Parr. – Affreschi, Cappella Annunciazione – Restauro – SBAS – SBAA MIASINO – Chiesa Parr. – Affreschi, Cappella S. Giuseppe – Restauro – SBAS – SBAA MIASINO – Chiesa Parr. – Tele, Cappella Annunciazione – Restauro – SBAS MIASINO – Chiesa S. Maria – Restauro portale cappella – SBAS – SBAA MOLLIA – Cappella Faz. Piana Fontana – Restauro conservativo – SBAS – SBAA MOMO – Chiesa Parr. – Manutenzione ordinaria delle facciate – SBAA – SBAS MOMO – Chiesa San Rocco – Restauro facciata – SBAA – SBAS MOMO – Chiesa SS.Trinità – Impermeabilizzazione copertura – SBAA MONTECRESTESE – Chiesa Parrocchiale – Organo – Restauro – SBAS MONTECRESTESE – Chiesa Parr. – Restauro superfici interne – SBAS – SBAA NOVARA – Parrocchia Santa Rita – Statua lignea – Restauro – SBAS NOVARA – Loc. Agognate – Complesso conventuale – Restauro sacrestia – SBAA OLEGGIO – Museo d’Arte Religiosa – Dipinto su tela – Restauro – SBAS OLEGGIO – Oratorio in Gaggiolo – Tinteggiatura facciate – SBAA – SBAS OLEGGIO – Oratorio S. Gaudenzio – Segnalazione demolizione muretto – SBAA ORNAVASSO – Chiesa S. Rocco – Manutenzione coperture e tinteggiatura facciate – SBAA PALLANZA – Chiesa Madonna di Campagna – Edificio parr. – Copertura – SBAA PALLANZA – Chiesa S. Leonardo – Restauro conservativo altari – SBAS – SBAA PALLANZA – Chiesa S. Stefano – Restauro conservativo architettonico – SBAA – SBAS PIODE – Oratorio Fraz. Dughera – Manutenzione e restauro - SBAA – SBAS 466 UFFICIO BENI CULTURALI POGNO – Chiesa Fraz. Prerro – Restauro impianto elettrico e termico – SBAA POMBIA – Chiesa S.Maria della Pila – Restauro oratorio – SBAS – SBAA POMBIA – Chiesa S.Maria della Pila – Consolidamento chiesa e campanile – SBAA QUARNA SOPRA – Oratorio San Rocco – Restauro pronao – SBAS – SBAA QUARNA SOTTO – Chiesa Parrocchiale – Restauro reliquiari – SBAS –SBAA QUARONA – Chiesa Parrocchiale – Cappella – Restauro – SBAS – SBAA ROMENTINO – Chiesa Madonna della Neve – Restauro Altare – SBAS – SBAA SCOPA – Casa Parrocchiale in Fraz. Villa – Restauro conservativo – SBAA SCOPELLO – Chiesa Parr. – Sagrato e immagini terracotta cappelle Via Crucis – SBAA SILLAVENGO – Chiesa Parrocchiale – Coperture – SBAA SOLOGNO-MORGHENGO – Chiesa S. Martino – Affresco – Restauro – SBAS – SBAA SOVAZZA – Chiesa Parrocchiale – Manutenzione ordinaria copertura – SBAA TRAFFIUME – Chiesa Parrocchiale – Impianto illuminazione – SBAA – SBAS TRAREGO-VIGGIONA – Chiesa Parr. S.Maurizio – Manto di copertura – SBAA TRECATE – Santuario Madonna delle Grazie – Restauro affreschi – SBAA – SBAS VALDUGGIA – Chiesa S.Antonio Fraz. Colma – Consolidamento volta presbiterio – SBAA VALDUGGIA – Chiesa Fraz. Soliva – Copertura e restauro campanile – SBAA VANZONE SAN CARLO – Oratorio San Rocco – Manutenzione – SBAA VARALLO – Collegiata – Restauro conservativo affreschi cappella – SBAS – SBAA VARZO – Oratorio - Fraz. Riceno – Manutenzione straordinaria – SBAA VERGANO – Chiesa Parr. – Manutenzione straordinaria campanile – SBAA VEZZO – Chiesa Madonna Assunta – Cimitero – Coperture, intonaco facciate – SBAA VIGNONE – Oratorio S.Elisabetta – Affresco facciata – Restauro – SBAA – SBAS VOGOGNA – Chiesa Parr. – Restauro apparato decorativo interno – SBAA – SBAS ZUCCARO – Chiesa Rastiglione – Restauro conservativo decorazioni – SBAS – SBAA INIZIATIVE CULTURALI Si è concluso il con esito positivo per tutti i partecipanti il Corso di Base per Tecnici conservatori dei Beni Culturali: intonaci, dipinti murali, stucchi, organizzato a Druogno da Formont, a cura della Fondazione Novalia in cui hanno partecipato come docenti Don Carlo M. Scaciga e Francesco Gonzales Interventi sui Beni culturali della Diocesi sono stati richiesti a don Carlo M. Scaciga e a Francesco Gonzales dal Lions Club Ovest Ticino di Novara, dal Museo d’Arte Religiosa di Oleggio con una conferenza sul l’Osservanza tra ‘400 e ‘500 nella Diocesi di Novara, dalla Provincia di Novara per il convegno : Miglioriamo l’accoglienza turistica presso l’università del Piemonte Orientale A. Avogadro. Mostra dell’anno è stata sicuramente quella del Cerano a Palazzo Reale di Milano dove la Diocesi ha avuto un ruolo fondamentale con il prestito di 3 opere monumentali: da Trecate I confratelli del Gonfalone venerano l’incoronazione della Vergine, da Cerano l’Ultima Cena, da Oleggio-Fornaci San Lorenzo al Pozzo e San Lorenzo diacono. E’ terminata a Rancate in Svizzera presso la Pinacoteca Cantonale Züst la mostra monografica su Ludovico Antonio David dove la Diocesi è presente con la tela di F. Cairo Assunzione della Vergine proveniente da Orta San Giulio ed è iniziata, sempre nella stessa sede, la mostra Carpoforo Tencalla: da 467 UFFICIO BENI CULTURALI Bissone all’Europa e l’arte milanese di secondo seicento dove, proveniente da Arona, è presente la tela del Morazzone Adorazione dei Magi. Tra le pubblicazioni riguardanti i Beni culturali citiamo l’importante saggio di Marina dell’Omo e Flavia Fiori I tesori degli emigranti edito da Interlinea. INVENTARIO Don Tino Temporelli prosegue con gli schedatori diocesani il lavoro di inventariazione dei Beni Culturali religiosi delle parrocchie. E’ stato portato a termine l’inventario nelle Parrocchie di Santa Cristina di Borgomanero, Maggiate Inferiore e Superiore, Comignago, Borgoticino, Castelletto Ticino, Buzzurri e Glisente. Si sta realizzando l’inventario nella parrocchia di Dormelletto. IMPORTANTE Si ricorda ancora una volta che è obbligatorio per legge (Intesa Ministero-CEI del 13 settembre 1996) presentare tutti i progetti di restauro a questo Ufficio che li esamina e li trasmette, con le debite osservazioni, agli Organi di Tutela. Non tutti i professionisti, i sindaci (e anche qualche parroco) se ne ricordano. Le Soprintendenze respingono al mittente tutte le pratiche che non seguano la prassi corretta e in questo modo i tempi di autorizzazione saranno fatalmente ancora più dilatati. Si precisa che per l’autorizzazione al restauro di BENI MOBILI (tele, paramenti, portali, organi) occorre inviarci DUE COPIE dei progetti e delle foto. Per l’autorizzazione al restauro di BENI IMMOBILI (tetti, sagrati, facciate) occorrono TRE COPIE dei progetti e delle foto. 468 UFFICIO BENI CULTURALI Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili Accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la CEI Sul sito della Diocesi è stata pubblicata la Circolare n. 4 della CEI – Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici – che riporta le modalità per ottenere la verifica dell’interesse culturale di beni da alienare o da sottoporre a manutenzione straordinaria. In sintesi si riportano le modalità operative, ma si invita tutti a voler leggere per intero la circolare suddetta. Il Parroco della parrocchia proprietaria del bene immobile di cui si intende chiedere la verifica dell’interesse culturale deve prendere contatto con il responsabile diocesano per i beni culturali ecclesiastici della diocesi, per ottenere le informazioni del caso e indicazioni circa la documentazione richiesta. Il materiale necessario per l’introduzione della procedura per la verifica dell’interesse culturale deve essere accompagnato dalla richiesta del decreto diocesano per l’alienazione o per i lavori di manutenzione straordinaria del bene. Il Parroco dovrà presentare al responsabile diocesano una relazione dalla quale risultino i seguenti elementi indispensabili per la predisposizione dell’istanza e per la sua trasmissione anche in via informatica: - denominazione e natura del bene e periodo di costruzione; localizzazione geografico – amministrativa e catastale; destinazione d’uso; descrizione del bene con eventuali elementi decorativi; documentazione fotografica (almeno 10 foto chiare e a colori) e planimetrica (stralcio della mappa catastale); L’accordo dovrà essere sottoscritto a livello regionale dalla Conferenza Episcopale e dalla Soprintendenza regionale. Le domande di autorizzazione finora presentate rimangono inevase in attesa della firma dell’accordo che in Piemonte è previsto per la fine del mese di luglio. 469 INFORMAZIONI DIOECESIS Cronaca breve del territorio gaudenziano ORDINAZIONI PRESBITERALI NOMINE Con decreto vescovile in data 1° luglio 2005 Sabato 11 giugno 2005, nella Chiesa Cattedrale di Novara, mons. Renato Corti ha ordinato sacerdoti: Don Franco Ramella è stato nominato parroco della parrocchia S. Andrea in Novara Don Marco Barontini della comunità parrocchiale di San Giuliano in Gozzano Con lettera dell’Ordinario Diocesano in data 14 giugno 2005 Don Fabrizio Coppola della comunità parrocchiale di San Michele Arcangelo in Cameri Don Stefano Maria Gallina dei padri Premostratensi è stato nominato animatore spirituale diocesano dell’associazione “Cursillos di cristianità in Italia” Don Honorè Kwakou Boating dell’Archidiocesi di Lomé in Togo AGGIORNAMENTO INDIRIZZARIO Don Antimo Okee Ntugu Eyenga della comunità di Santa Barbara, Akurenam–Guinea Equatoriale BOTTAREL don MASSIMO cell. 00235/317599 GAIANI don MARCO cell. 338/8815801 Don Lorenzo Rosa della comunità parrocchiale di San Giuseppe in Novara POZZI don LUIGI cell. 347/9907648 REGALLI don GIANFRANCO cell. 333/9354006 Don Riccardo Maria Zaninetti della comunità parrocchiale di San Vittore in Sizzano. 470 IN MEMORIA Don Giuseppe Bricco giovani e con gli uomini un’amicizia sincera e una rinnovata vicinanza alla Chiesa. Nel 1958 il vescovo gli affidò la parrocchia di Viganella in Valle Antrona, dal 1956 nuovamente comune autonomo e che contava circa 400 abitanti. Viganella con la bella chiesa parrocchiale, i numerosi oratori sparsi su di un territorio modellato dal duro lavoro di quella gente di montagna divenne la sua prima parrocchia. In quegli anni Viganella viveva un notevole cambiamento determinato dall’abbandono da parte dei giovani e degli uomini del lavoro agricolo e di allevamento del bestiame per scendere a Villadossola e a Pieve Vergonte per trovare un lavoro più redditizio. Don Giuseppe, incontrando le famiglie, con la sua capacità di dialogo, promuovendo la fedeltà alle antiche tradizioni religiose, seppe aiutare la sua gente a conservare i valori di umanità e di fede dei padri. Sabato 28 maggio, presso la Casa di cura “I Cedri” di Fara è deceduto don Giuseppe Bricco, parroco di Agrano. Solo alla fine di marzo si è manifestata la malattia che, dopo vari ricoveri in ospedale, lo ha così rapidamente portato alla morte. Don Giuseppe era nato a Cerano il 14 dicembre 1929 ed era stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1952. Nel 1965 il vescovo lo ha nominato parroco di Cireggio. Allora era un piccolo quartiere di Omegna, circondato dal verde dei prati, che stava per vivere una grande trasformazione. L’industria del casalingo aveva richiamato un intenso flusso migrato- Iniziò il suo ministero a Bogogno, collaborando con l’anziano parroco don Picena. Con la giovialità del suo carattere seppe stabilire con i 471 IN MEMORIA rio con la costruzione di grandi caseggiati e condomini. Don Giuseppe ancora una volta con le sue doti di umanità si impegnò a favorire l’inserimento dei nuovi arrivati e il formarsi di una vera comunità. La folta partecipazione al pellegrinaggio a Roma nel giorno della beatificazione ha testimoniato la venerazione presente per lui tra la popolazione di Agrano. L’affetto che ha legato la comunità di Agrano a don Giuseppe si è manifestato nella vicinanza a lui dopo la morte della mamma, che lo aveva sempre accompagnato nel suo ministero, e in particolare con le numerose visite durante la sua malattia. Nel 1975 il vescovo gli affidò la parrocchia di Agrano con Bassola e Pescone. La parrocchia, dedicata al monaco francese S. Maiolo, per alcuni anni ospitò la comunità monastica dei santi Pietro e Paolo, ora trasferita a Germagno. Per favorire gli incontri catechistici, pastorali e conviviali promosse la ristrutturazione del ‘Circolino’. La liturgia esequiale, celebrata martedì 31 maggio nella chiesa parrocchiale di Agrano, ha raccolto attorno al vescovo e a numerosi sacerdoti le comunità di Agrano, Cireggio, e Viganella per esprimere nella preghiera la riconoscenza a don Giuseppe, prima che la sua salma venisse sepolta a Cerano. Un avvenimento di grazia per la sua comunità fu la beatificazione nel 1997 di Giovanni Battista Piamarta (18411913) sacerdote e fondatore di straordinarie opere sociali per giovani operai, poveri e orfani. Il nonno del beato era nativo di Agrano e all’inizio dell’800 si era trasferito a Brescia. 472 IN MEMORIA Don Marino Bertoli Messa dell’ultima sua domenica vissuta a Scopello. Era nato il 26 settembre 1926 ad Urrugne, in Francia, nel dipartimento degli Alti Pirenei, dove la famiglia si era trasferita da Corciago di Nebbiuno e aveva trovato lavoro. Con l’inizio della guerra dell’Italia contro la Francia la sua famiglia, come tutti gli altri italiani, venne espulsa. Don Marino entrò nei seminari diocesani e il 29 giugno 1952 venne ordinato sacerdote. Il suo primo ministero lo svolse all’oratorio di Castelletto Ticino. Nel 1954 il vescovo lo nominò coadiutore di Gozzano. In una pubblicazione della parrocchia di Gozzano, don Marino iniziava così la descrizione del suo arrivo in paese: “Giunsi a Gozzano una sera, già fredda, ai primi di novembre del 1954”. Ricordava poi i primi incontri con i ragazzi e i giovani e come fu coinvolto dal prevosto nel coraggioso progetto di costruire un nuovo oratorio, vicino alle scuole. I giovani si resero protagonisti nella raccolta dei fondi con la promozione delle autotassazioni delle famiglie e con le festose raccolte della carta. La pastorale giovanile di quegli anni era impegnata nella catechesi, nelle adunanze formative, nella Messa dei Sabato 18 giugno don Marino Bertoli è deceduto presso l’ospedale di Borgosesia, dopo aver combattuto per un anno un grave male che lo aveva colpito. Dopo i primi mesi di cura era rinata la speranza di un’inaspettata guarigione e don Marino, rinfrancato da questa notizia, aveva preparato il progetto di una nuova collocazione delle reliquie di San Fabiano, del restauro del piazzale e delle cappelle della Via Crucis. E alla sua “Via della Croce” rimase fedele fino alla celebrazione della 473 IN MEMORIA ragazzi e dei giovani nella chiesa di Santa Marta e nella valorizzazione dello sport come strumento di formazione del carattere e della personalità. Il Centro sportivo italiano, infatti, con la sua forza di aggregazione, coinvolse i giovani che aderirono con entusiasmo alle varie discipline sportive. valle e le varie iniziative volevano essere un segno per la comunità del rinnovamento che il Concilio aveva avviato. Con particolare sensibilità alla bellezza curò le celebrazioni liturgiche, il canto partecipato dall’assemblea, l’adorazione eucaristica, il culto del Sacro Cuore. Con entusiasmo accolse le proposte del vescovo perché ogni parrocchia vivesse la “lectio divina” per i giovani e gli Esercizi spirituali parrocchiali. Per tredici anni a Scopello e a Piode offrì questa proposta di grazia a tutte le famiglie e la partecipazione ogni anno è stata notevole. In questa iniziativa coinvolse i sacerdoti della valle con cui sempre aveva favorito lo spirito di fraternità. Nel 1960 il vescovo gli affidò la parrocchia di Scopello. I suoi giovani volevano intervenire presso il vescovo, ma don Marino parlò loro del suo impegno di ubbidienza e fu anche quello per loro un insegnamento di formazione. Don Marino ricorderà sempre come una tappa molto significativa il ministero vissuto da lui, con slancio giovanile, tra i giovani di Gozzano. Lunedì 20 giugno i suoi parrocchiani, numerose persone dei paesi vicini e delle famiglie villeggianti, insieme a molti sacerdoti, hanno gremito la chiesa parrocchiale di Scopello per esprimere la riconoscenza e la stima per don Marino nella liturgia esequiale, prima di accompagnare la sua salma nel vicino cimitero. Il vescovo, che è sempre stato a lui vicino, ha voluto esprimere la riconoscenza della diocesi ai familiari, a don Domenico Guala e ai sacerdoti della valle, alle suore di Santa Antida, ai medici e a tutte le persone che lo hanno sostenuto e accompagnato, in particolare in questo anno di malattia. Scopello stava vivendo un notevole sviluppo, con la costruzione di numerose abitazioni, l’arrivo dei turisti residenziali e di quelli che affluivano alle attrezzature turistiche di Mera. Per quarantacinque anni don Marino accompagnò, con l’ansia del pastore e l’autorevolezza di una guida sicura, il cammino di fede della sua gente. Nel 1977 gli fu affidata anche la parrocchia di Piode. In questi anni è stato sostenuto dalla valida collaborazione delle suore di Sant’Antida. I lavori di restauro della chiesa e della casa parrocchiale, il suo sogno di costruire un centro per i giovani della 474