Rivista Diocesana Novarese

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Rivista Diocesana Novarese
R ivista D iocesana N ovarese
Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara
Sommario
ANNO XC - Nº 6 - GIUGNO/LUGLIO 2005
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Lettera in preparazione dell’Assemblea
403
pastorale su “Iniziazione cristiana e famiglia”
Studenti dell’Istituto ‘Don Bosco’ di Borgomanero
intervistano il Vescovo
408
Corpus Domini
Celebrazioni Eucaristiche a Borgomanero e Novara 414
Lettera in occasione della Giornata di
santificazione dei sacerdoti
422
La sfida della vita
Intervista sulla procreazione medicalmente assistita 425
LA PAROLA
DEL
PAPA
CENTRO DIOCESANO
GIOVANILE
La sollecitudine per la Chiesa intera
Ordinazioni sacerdotali
428
Matrimonio e famiglia - La minaccia
del relativismo
Discorso al Convegno su “Famiglia e comunità
cristiana”
433
Discorso in occasione della visita al Presidente
della Repubblica Italiana
440
Omelia nella festa dei Santi Pietro e Paolo
443
Dalla Commissione di Pastorale Giovanile
al Laboratorio Permanente
448
401
Assemblea pastorale diocesana
“Iniziazione cristiana e famiglia”
405
Proposte dei laboratori di Pastorale Giovanile
451
CONSULTA PASTORALE
SANITÀ
Bilancio a conclusione del quinquennio
e obiettivi per il prossimo quinquennio
452
ECONOMATO
Relazione al bilancio 2004 della Curia diocesana
456
CARITAS
Telesoccorso a favore delle persone anziane
460
CENTRO MISSIONARIO
DIOCESANO
Costituita una nuova Onlus per le molteplici
attività della Diocesi
462
Nasce la fondazione Missio
463
Tutela e promozione del patrimonio artistico
465
COORDINAMENTO
UFFICI PASTORALI
UFFICIO BENI CULTURALI
Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili 469
INFORMAZIONI
Dioecesis
470
IN MEMORIA
Don Giuseppe Bricco
471
Don Marino Bertoli
473
INSERTO: FIDANZATI CON IL VESCOVO
E GIORNATA DELLA FAMIGLIA
Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi
Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami
Amministrazione Stampa Diocesana Novarese S.r.l.
Vicolo Canonica, 9/15 Novara, • Tel. 0321/611077 • C.C.P. n. 15682289
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IN COPERTINA:
ULTIMA CENA di Gaudenzio Ferrari (1525 ca.) - DUOMO di Novara
Gesù porge il pane eucaristico a Giuda, mentre gli apostoli sono turbati dall’annuncio del tradimento
Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio
Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Il nascere e il crescere
dei figli di Dio
Lettera del Vescovo in preparazione dell’assemblea pastorale diocesana
su “Iniziazione cristiana e famiglia”
Miei cari,
alla fine di settembre vivremo un’assemblea pastorale che avrà come tema:
“Iniziazione cristiana e famiglia”. Mi viene spontaneo dire subito che sulla iniziazione
cristiana è già stato detto pressoché tutto. Basterebbe riandare a quanto, negli ultimi
anni, ha trovato approfondimento sia a livello di Chiesa italiana, sia nelle molteplici
riflessioni già svolte nella nostra Diocesi. Forse è bene fare memoria di tutto questo per
renderci conto che, a questo punto, il nostro compito non è quello di partire da zero,
quanto piuttosto di considerare le analisi fin qui compiute e le proposte più significative già emerse, nonché le esperienze più significative per vedere come tradurre in pratica tutto ciò e far maturare nelle nostre parrocchie un lavoro adeguato alla natura dell’iniziazione cristiana e al tempo nel quale viviamo.
***
Dopo un biennio dedicato agli adolescenti e ai giovani, in Diocesi stiamo prestando
attenzione, per un altro biennio, ai bambini e ai ragazzi. Già è terminato il primo di questi anni, utilizzato soprattutto come un tempo nel quale interrogare i sacerdoti. A loro è
stato chiesto di mettere in evidenza, partendo da ciò che toccano con mano ogni giorno,
i problemi che oggi si pongono. Sono stati però invitati anche a far emergere le migliori
esperienze presenti sul territorio (e sono molte!), così che tutti possano usufruire di questa ricchezza educativa, spirituale e pastorale. A loro è stato anche domandato di fare
delle proposte per il futuro. Il contributo dei sacerdoti è stato attentamente sintetizzato e sarà tenuto presente come base dalla quale non prescindere nella prossima assemblea pastorale diocesana.
***
Essa dovrà rispondere soprattutto a due domande. La prima, e fondamentale: quando
proponiamo a un ragazzo il cammino di iniziazione cristiana, quali esperienze desideriamo che compia perché, passando attraverso di esse, cresca come vero cristiano? Questa
domanda molto semplice va affrontata con senso di responsabilità da parte di noi tutti.
Solo in questo modo ci si può intendere bene su ciò che si intende fare e si evitano equivoci pericolosi, e talvolta causa anche di tensione nelle nostre parrocchie in occasione del-
403
LA PAROLA
DEL VESCOVO
la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In ogni caso, una cosa è comunque certa: l’iniziazione cristiana non è cosa formale, né è riducibile ad un’immagine puramente scolastica. Essa tende infatti a coinvolgere la vita. Ciò che è in gioco è il nascere
dei figli di Dio: quelli che – come leggiamo nel Vangelo di Giovanni – “non dalla carne e
dal sangue, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati”. La Chiesa è chiamata – con la
collaborazione di sacerdoti, catechisti, genitori, comunità – a svolgere questa meravigliosa funzione materna. La Visita Pastorale mi dice che, nella nostra Diocesi, questa
esperienza è già reale in diverse parrocchie. Vorrei che emergesse a beneficio di tutti e
per incoraggiare coloro che sono condotti, dalle difficoltà e dalle delusioni, a pensare che
ci troviamo dinanzi a un muro di incomprensione che sembra invalicabile. Abbiamo bisogno di coraggio e di fiducia. Le esperienze positive in atto ce ne possono fare dono.
***
La nostra assemblea di fine settembre sarà impegnata anche su un’altra domanda che
riguarda in maniera diretta la famiglia. Pur sapendo che l’iniziazione cristiana va
approfondita con il riferimento ai diversi soggetti chiamati in causa (ragazzi, genitori,
catechisti, comunità), ci domanderemo, in maniera particolare: quali sono i sentieri realisticamente praticabili e capaci di favorire una valida esperienza di coinvolgimento della famiglia nella crescita cristiana dei figli? Porremo dunque in primo piano la famiglia
perché persuasi che soltanto con questa scelta strategica ci si mette sulla strada giusta
per il futuro, non lasciandoci fuorviare da qualche sentimento di pessimismo suggerito
dalla crisi che molte famiglie attraversano. Mettere la famiglia in primo piano non
dovrà evidentemente significare soltanto “chiedere” qualcosa, ma anche interrogarci su
ciò che noi – come comunità cristiana, come sacerdoti o catechisti che portano una specifica responsabilità ecclesiale – siamo chiamati ad “offrire”: in quale modo possiamo
andare loro incontro? Per quali sentieri si può far avvertire che la loro felicità ci sta a
cuore e che vorremmo essere collaboratori della loro gioia, condividendo con sincerità e
concretezza le fatiche di vario genere alle quali i genitori sono chiamati per mettere in
atto la “sfida educativa” per la crescita umana e cristiana dei figli?
***
Invito tutti a pregare perché la prossima assemblea pastorale venga vissuta con una
larga partecipazione, con intensa riflessione e in un clima intensamente spirituale.
Chiedo inoltre a tutte le parrocchie di prevedere, fin da ora, una significativa partecipazione a questo rilevante appuntamento diocesano che aprirà il cammino di tutto il
prossimo anno pastorale.
Saluto cordialmente tutti e auguro buona estate.
+ Renato Corti
Novara, 17 giugno 2005
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COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI
Assemblea pastorale diocesana
La fede dei ragazzi, sguardo alla famiglia
Da venerdì 23 settembre a domenica 2 ottobre
Si terrà a fine settembre l’assemblea pastorale diocesana sul tema “Iniziazione cristiana e famiglia”. L’annuncio viene dato dalla lettera del vescovo alla diocesi, pubblicata in questa pagina.
Perché questa assemblea? Come si svolgerà? Chi è invitato a partecipare?
PERCHE’ QUESTA ASSEMBLEA?
Il termine “assemblea pastorale diocesana” rimanda ad una esperienza analoga
vissuta il 25 e il 26 aprile 2002 a Pallanza, presso il Collegio Santa Maria, partecipata da quasi settecento persone. Si era allora all’inizio del decennio pastorale e la
Chiesa novarese era stata convocata dal vescovo per rispondere a questo interrogativo: “Qual è il cammino che ci attende nei prossimi dieci anni?”
Dai lavori dell’assemblea era emersa una priorità: la Chiesa novarese è chiamata
a interrogarsi sul come comunicare il Vangelo alle nuove generazioni. Un interrogativo che prima di tutto, chiamava in causa le comunità cristiane e i passi di conversione che esse sarebbero state chiamate a compiere verso i giovani.
Sulla priorità “comunicare il Vangelo ai giovani” si è riflettuto per un biennio: nove
gruppi di lavoro si sono messi in ascolto dei giovani; hanno compiuto un discernimento sulle risposte raccolte, alla luce della Parola di Dio; hanno infine proposto
alcune priorità pastorali a riguardo del comunicare il Vangelo ai giovani, durante
l’assemblea convocata a Novara la vigilia di Pentecoste 2004.
Dopo questo biennio, il desiderio di comunicare il Vangelo alle nuove generazioni
ha suggerito di dedicare anche ai ragazzi e ai bambini un biennio pastorale.
Nell’anno pastorale 2004-2005 si è soprattutto interrogato i sacerdoti circa la pastorale dei ragazzi, con particolare riferimento a ciò che viene chiamato “iniziazione cristiana”, cioè il cammino di introduzione alla vita di fede scandito anche dalla celebrazione della prima Confessione, prima Comunione e Cresima.
Nel prossimo anno pastorale 2005-2006 si presterà particolare attenzione alle
famiglie, chiamate a coinvolgersi nel cammino di fede dei ragazzi.
L’assemblea di fine settembre si colloca dunque nel bel mezzo del biennio dedicato dalla diocesi ai ragazzi e ai bambini; sarà l’occasione per fare il punto sul primo
anno e per avviare il secondo anno, centrato in particolare sulla iniziazione cristiana e la famiglia.
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COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI
COME SI SVOLGERA’?
Per l’assemblea di fine settembre si prevede uno svolgimento originale rispetto a
quella dell’aprile del 2002 o ai tradizionali convegni pastorali di fine agosto, che per
anni hanno segnato il cammino della Chiesa novarese. L’originalità è dovuta al fatto che l’assemblea, nell’arco della settimana, sarà vissuta a livello diocesano, poi
vicariale, parrocchiale, e infine, di nuovo diocesano: l’obiettivo è quello di coinvolgere immediatamente il maggior numero di persone intorno al tema “iniziazione cristiana e famiglia”.
Si partirà, infatti con un momento diocesano al santuario di Boca, la sera di
venerdì 23 settembre, con la relazione di don Simone Giusti, parroco in diocesi di
Pisa, già assistente dell’Acr nazionale.
Si proseguirà sabato 24 settembre nei vicariati, con i rappresentanti di ogni parrocchia e con il particolare coinvolgimento delle commissioni catechistiche e delle
commissioni famiglia.
Poi, a partire da domenica 25 e per tutta la settimana successiva, il lavoro approderà nelle parrocchie, con la proposta della festa della iniziazione cristiana e la convocazione del consiglio pastorale parrocchiale sulla catechesi in parrocchia.
Domenica 2 ottobre si ritornerà alla dimensione diocesana, con la chiusura della
assemblea pastorale in duomo e il mandato ai catechisti. Questo appuntamento,
quest’anno, sostituisce il tradizionale convegno dei catechisti, solitamente collocato
alla prima domenica di ottobre.
CHI E’ INVITATO?
All’apertura dell’assemblea diocesana, venerdì 23 settembre e alla chiusura,
domenica 2 ottobre, sono attesi i sacerdoti, le comunità religiose, i rappresentanti di
ogni parrocchia, i membri dei consigli pastorali, i catechisti, i gruppi famiglia, i
movimenti e le associazioni. Sarà prossimamente predisposta una apposita scheda
di iscrizione.
Ogni vicariato e ogni parrocchia si attiverà poi per favorire il lavoro, in loco, da
sabato 24 settembre a sabato 1° ottobre.
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COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI
Apertura al santuario di Boca
e chiusura in Cattedrale
programma
Venerdì 23 settembre
Da lunedì 26 settembre a
sabato 1 ° ottobre
Apertura
dell’assemblea
pastorale diocesana alle 20.30,
al santuario di Boca, con la relazione di don Simone Giusti, parroco in diocesi di Pisa, già assistente dell’Acr nazionale.
Sabato 24 settembre
A partire dalla relazione di
don Giusti, riflessione nelle
assemblee vicariali con i rappresentanti di ogni parrocchia e
con il particolare coinvolgimento delle commissioni catechistiche e delle commissioni famiglia.
Domenica 25 settembre
Settimana di riflessione parrocchiale per i catechisti e gli
educatori; si propone la convocazione del consiglio pastorale
parrocchiale mettendo all’ordine del giorno la catechesi in parrocchia.
Domenica 2 ottobre
A Novara in cattedrale, nel
giorno anniversario della dedicazione della cattedrale: dalle
15 alle 17 conclusione dell’assemblea diocesana con le relazioni dei lavori dei vicariati e la
sintesi del vescovo; alle 17 celebrazione della Messa e “mandato” ai catechisti.
Giornata dedicata alla iniziazione cristiana in tutte le parrocchie; proposta della festa della iniziazione cristiana, con l’annuncio e la presentazione dell’anno catechistico.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Su una fragile canoa
Gli studenti dell’Istituto “Don Bosco”
intervistano il Vescovo
Borgomanero, 20 aprile 2005
1. IL VESCOVO, LA SUA VITA, LA SUA VOCAZIONE, IL SUO RUOLO NELLA CHIESA
Che cosa ci può dire del suo cammino di vocazione?
E del suo ministero sacerdotale ed episcopale?
La vocazione è come un amore. Chi la riceve è come se se la trovasse dinanzi.
Prima che una discussione essa chiede una constatazione. Ci si trova di fronte un
fatto. Avverti che la vita totalmente dedicata a Dio è fatta per te; il Signore ti chiama; i mille interessi che puoi avere possono piacerti ed essere molto belli, ma di nessuno di essi riesci più a dire: “È la mia vocazione”. La tua vocazione è un’altra: quella di diventare Sacerdote. Siamo di fronte ad un mistero di grazia, di una grande
grazia che solo Dio comprende fino in fondo. A te non resta che esprimere la tua
risposta al Signore, lasciare la barca e le reti in riva al lago; ti aspetta un altro
mare.
Quanto al ministero sacerdotale ed episcopale, chi diventa prete mette a disposizione di Dio e degli altri tutto quello che è e che ha. Come dice il Vangelo, “perde la
sua vita”. Non cerca la carriera, ma il servizio. Non ha un suo progetto circa il dove,
come, con chi realizzarlo. Dice soltanto: “Io sono qui. Dove la Chiesa ha bisogno di
me, io andrò”. Questa è l’ubbidienza che investe tutta la vita.
Questo criterio vale per chi diventa prete, per chi diventa vescovo, persino (e a
maggior ragione), per chi diventa Papa. Come diceva l’apostolo Paolo ai Corinti parlando di se stesso: “Noi siamo vostri servitori per amore di Gesù”. Nella vita di tutti i giorni il Vescovo sa di avere una grande responsabilità: sostenere la vita di fede
nei cristiani, alimentare l’attenzione e l’accoglienza in favore di ogni uomo, prestare attenzione a ciò che avviene nella società, indicando l’orientamento che il
Vangelo offre per affrontare i problemi in un modo veramente degno dell’uomo. Ma
in questa responsabilità il Vescovo non è solo. Molte persone la condividono: i genitori cristiani, tutti gli educatori ispirati dal Vangelo; i sacerdoti, religiosi e religiose; i cristiani laici, a cominciare dai giovani cristiani, presenti su tutte le frontiere
dell’umano. Chiedo anche a voi, giovani, di entrare in questa responsabilità. Il
Signore ha bisogno di voi; ne ha bisogno la Chiesa e ne ha bisogno la società.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
2. IL VESCOVO E IL PAPA
Che cosa ci può dire degli ultimi giorni di Giovanni Paolo II?
E dei suoi incontri con lui?
E del nuovo Papa?
Circa gli ultimi giorni c’è forse stata qualche strumentalizzazione, come qualcuno di voi ha osservato. Ma resta straordinario il fatto che una folla immensa, senza che alcuno gliel’abbia comandato, si sia mossa per andare a Roma o per partecipare a momenti di preghiera e riflessione nelle Diocesi (anche la nostra). In particolare, occorre riflettere sui tanti giovani che abbiamo visto presenti: essi sono il
segno abbastanza evidente che il Papa è stato una grazia di Dio per loro. Adesso si
tratterà di non sciupare il dono e di non dilapidare l’eredità.
Questa osservazione mi conduce a dire una parola su colui che, proprio ieri sera,
è stato eletto come successore: si tratta del Card. Joseph Ratzinger, che ha preso il
nome di Benedetto XVI. Se grande è il Papa che ci ha lasciato, il nuovo Papa va
accolto con alcune attenzioni proprie del cristiano. La prima è che i credenti cristiani ricordano la parola di Gesù: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
Chiesa”. Vi è una grazia specialissima di Cristo per Pietro e i suoi successori. Per
questo il cristiano guarda al futuro con speranza. La seconda attenzione è che proprio per il motivo indicato, i Cardinali chiamati a eleggere il Papa, nei giorni scorsi hanno dato molto spazio alla preghiera per lui, invocando i doni dello Spirito
Santo. Né andrebbe dimenticato che il luogo dell’elezione è la Cappella Sistina,
dominata, nella sua parete di fondo, dal giudizio finale di Michelangelo: è sotto
quello sguardo che la scelta di un nuovo Papa avviene. È facile avvertire l’originalità di questo stile che consiste nel lasciarsi interrogare da Cristo rimanendo liberi
nei confronti di ogni altra indebita ingerenza.
Nelle scorse settimane abbiamo più volte sentito la parola, pacata e forte, del
Card. Ratzinger. A lui è stato affidato di proporre i testi della “Via Crucis” del
venerdì santo al Colosseo. In qualche passaggio di quel testo egli ha richiamato,
anche in termini che hanno molto impressionato, la necessità della purificazione
nella vita della Chiesa. A lui è pure toccato, come Cardinale Decano, di presiedere
i funerali di Giovanni Paolo II. Ha svolto l’omilia ripercorrendo il cammino di Karol
Wojtyla e ne ha trovato il denominatore comune nella parola di Gesù a Pietro: “Tu
seguimi!”. Ha citato anche il penultimo libro scritto da Giovanni Paolo II - “Alzatevi,
andiamo!” – aggiungendo: “Con queste parole ci ha risvegliato da una fede stanca,
dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi”.
E infine, ha svolto anche l’omilia ai Cardinali mentre si radunavano per il
Conclave: “In questa ora di grande responsabilità, ascoltiamo quanto il Signore ci
dice…”. Commentando la seconda lettura della liturgia (Ef. 4,11-16) si è espresso
con una franchezza inusuale. Ha parlato di cammino verso “la maturità di Cristo”,
“la misura della pienezza di Cristo”, cui siamo chiamati per arrivare ad essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede – ha aggiunto – “sballottati dalle onde e portati qua e là – come dice l’apostolo Paolo – da qual-
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
siasi vento di dottrina” (v. 14). “Una descrizione – nota ancora il Card. Ratzinger –
molto attuale! Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante ideologie, quante mode del pensiero.. La piccola barca del pensiero di
molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo
all’altro… Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua
e là da qualsiasi vento di dottrina’ appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei
tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce
nulla come definitivo… Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero
uomo”. E conclude: “Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo”. Credo che questo nuovo Papa sarà un pungolo per
tutti. Penso anche che Giovanni Paolo II sia contento di avere questo successore. Se
fosse stato in Conclave forse gli avrebbe dato il suo voto.
Quanto ai miei incontri con Giovanni Paolo II, difficilmente potrò dimenticare di
aver trascorso una settimana presso di lui negli ultimissimi tempi della sua vita.
Anche per questo gli sono molto grato.
Ma devo aggiungere che la mia vicinanza a lui è avvenuta anche quando c’era una
lontananza fisica. Quante volte l’ho sentito vicino meditando le sue parole,
approfondendo i suoi documenti, riflettendo sui suoi incontri, accompagnandolo spiritualmente nei suoi viaggi pastorali e missionari, vedendolo affrontare i grandi
problemi del mondo contemporaneo. E poi c’è una vicinanza ancora più profonda: è
quella di condividere la stessa fede in Gesù Cristo, Dio fatto uomo, la stessa fatica
apostolica, la sollecitudine per tutte le Chiese nell’unica Chiesa cattolica sparsa in
tutto il mondo.
3. IL VESCOVO E LA SUA GENTE
Qual è il rapporto del Vescovo di Novara con la città?
Quando e come il Vescovo incontra le comunità cristiane sparse in tutta
la Diocesi?
Quanto alla città, devo anzitutto dire che il Vescovo di Novara non è semplicemente il Vescovo della città di Novara, bensì della Diocesi di Novara che è molto più
ampia e comprende tutta la provincia di Novara, quella di Verbania e parte di quella di Vercelli. Posso poi aggiungere che al Vescovo tocca valorizzare tutte le opportunità che si presentano per incontrare le realtà sociali, istituzionali, culturali. Se
penso, in concreto, a questi ultimi mesi, ricordo gli incontri con gli Amministratori
dei Comuni nei quali sto svolgendo la Visita Pastorale, l’incontro sulla “Bemberg”
(attualmente in grande difficoltà occupazionale), l’incontro con le Associazioni di
Volontariato, due incontri sull’Europa svoltisi nell’Aula Magna dell’Università,
alcune interviste a giornali, radio, tv locali.
410
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Quanto alle comunità cristiane, e in particolare alle Parrocchie, il Vescovo vive
costantemente in Visita Pastorale su tutto il territorio che comprende 346
Parrocchie. Il che vuol dire condividere, almeno per qualche momento, il cammino
delle comunità; rivedere insieme i vari capitoli del lavoro pastorale (ragazzi, giovani, famiglie; liturgia e preghiera; carità e missione) domandandoci come rendere
vigorosa e fedele la testimonianza che, come cristiani siamo chiamati a offrire in un
tempo di grandi e rapidi mutamenti. Insieme con questi incontri parrocchiali posso
ricordare anche quelli che avvengono a un livello più ampio (negli otto Vicariati o a
livello diocesano vero e proprio) sia con i sacerdoti e sia con i laici. Questi ultimi
incontri toccano fidanzati, famiglie, anziani, religiose e religiosi e, in modo particolarmente ampio, i giovani.
4. I GIOVANI E LA FEDE
Perché molti giovani sembrano allontanarsi dalla fede cristiana?
Quali sono le cause più importanti?
Che cosa può oggi aiutare un giovane a diventare cristiano come avvenne tanti secoli fa per un grande giovane chiamato Agostino?
Con queste domande entriamo nel vivo del rapporto “giovani - vita cristiana”: c’è
un interrogativo problematico da affrontare e ve n’è un altro che rivela un’attesa.
Quello problematico è la percezione che la fede vada da una parte e i giovani da
un’altra. A questo riguardo si deve anzitutto evitare di generalizzare perché, in
realtà, anche oggi ci sono giovani – e io ne conosco! – con una fede molto viva.
Giusta è la richiesta di indicare le principali cause dell’allontanamento di un giovane dalla fede. C’è una causa ambientale: mi riferisco ai vari “soggetti” che agiscono nella nostra società mass-mediatica e che si rivolgono in particolare ai giovani proponendo, attraverso le varie forme di comunicazione (la musica, la tv, il cinema, il teatro, eccetera) un modo di pensare e di comportarsi diverso, se non alternativo, al Vangelo.
Talvolta la difficoltà può nascere a livello specificamente culturale, legato allo
studio della storia, della letteratura, della filosofia, della psicologia, delle scienze,
ecc. Il giovane si trova di fronte alla complessità e non sempre vi è qualcuno in grado di aiutarlo a rispondere agli interrogativi, a fugare i dubbi. Il risultato può essere quindi lo spaesamento o anche la tentazione di cedere al relativismo e di ritenere che – come per anni pensava e temeva Agostino – la verità sia irraggiungibile.
Ma poi vi è un livello propriamente personale da considerare. Voglio dire che talvolta l’allontanamento dalla fede è provocato dal fatto di lasciarsi andare, soprattutto negli anni dell’adolescenza, a una condotta disordinata, istintiva, senza regole. Quando questo avviene, il Vangelo comincia a parere lontano, la preghiera viene lasciata cadere, Dio e Gesù Cristo vengono messi in un angolo.
Questi riferimenti già lasciano intuire come un giovane può crescere cristiano.
Primo, non bisogna avere paura di andare controcorrente; secondo, è necessario
conoscere e confrontarsi con qualche persona, meritevole della vostra stima, con la
411
LA PAROLA
DEL VESCOVO
quale affrontare con onestà e profondità le questioni più serie della vita umana; terzo, siete chiamati a diventare “responsabili” di voi stessi e a imporvi un certo rigore morale nella vita di ogni giorno, tenendo conto che con la vita non si gioca.
Ma c’è da aggiungere il punto più importante: il cristianesimo non è una teoria,
non è una filosofia, ancor meno un’ideologia. Il cristianesimo è una persona: Gesù
Cristo. È lui che va cercato, è la sua vicenda che va approfondita, è l’assoluta singolarità di un Dio fatto uomo che va meditata. Un giorno, quando numerose persone abbandonarono Gesù dopo il discorso sul “pane di vita” fatto a Cafarnao, egli disse ai discepoli: “Volete andarvene anche voi?”. I discepoli sono rimasti: “Signore, da
chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”.
5. I GIOVANI E LA CHIESA
Che cosa spiega un certo distacco e una certa diffidenza dei giovani nei
confronti della Chiesa?
Che cosa spiega il fascino di Giovanni Paolo II sui giovani?
In che modo un sacerdote dovrebbe accostarsi ai problemi dei giovani?
Qual è l’esempio umano che è stato molto importante per l’orientamento della sua vita?
Le domande che mi ponete sulla Chiesa accostano due termini fra loro opposti (o
quasi): diffidenza, fascino.
La diffidenza può essere provocata dal fatto di non sentirsi sufficientemente avvicinati, ascoltati, amati da coloro che danno volto alla Chiesa. Quando questo avviene è giusto chiedere a queste persone un cambiamento di stile, maggiore semplicità
e sincerità, rispetto e condivisione.
Talvolta la diffidenza nasce dai pregiudizi contro la Chiesa. A piene mani, ogni
giorno, essi vengono rovesciati addosso ai giovani (e anche agli adulti), talvolta con
un certo livore e con una spregiudicatezza impressionante. Qui viene chiesto ai giovani di aprire gli occhi, di scoprire l’inganno o la voluta parzialità, di farsi aiutare
da chi può dare saggiamente una mano per conoscere la verità.
Quanto al fascino, riscontro nel Papa Giovanni Paolo II ciò che l’apostolo Paolo
scriveva in forma autobiografica: “Noi non predichiamo noi stessi, ma Gesù Cristo
nostro Signore. Quanto a noi stessi siamo vostri servitori per amore di Gesù”. Non
dimenticando che il fascino non può voler dire, per la Chiesa, seguire le mode, ma
ancorarsi senza incertezze alla roccia che è Cristo, il quale non ha temuto di essere, per i suoi contemporanei “segno di contraddizione”.
A pochi giorni dalla morte di Giovanni Paolo II non posso non auspicare che i
sacerdoti sappiano accostare voi giovani come egli ha cercato – si direbbe testardamente – tutti i giovani del mondo. Anche per la prossima Giornata Mondiale della
Gioventù di Colonia, nei mesi scorsi egli ha coraggiosamente rivolto l’invito ad
esserci, non soltanto ai giovani credenti, ma anche ai non credenti. Spinto, in questo, dalla persuasione profonda che la conoscenza del Signore sia il dono più grande che la Chiesa ha ricevuto come tesoro per l’intera umanità.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Se devo dire qual è l’esempio umano che più mi ha aiutato nell’orientamento della mia vita, dovrei mettere al primo posto mia madre, testimone umile e fedele del
Vangelo. Poi il Padre spirituale che mi ha seguito con grande saggezza, freschezza
e fiducia negli anni del liceo. Dovrei nominare anche qualche altra persona. E
dovrei anche riferirmi agli studi, specialmente alla filosofia, che mi hanno permesso di approfondire molto seriamente domande radicali circa il senso della vita umana. Ma mi preme dire che, se questi aiuti umani hanno visibilizzato per me, per il
mio orientamento cristiano e per la decisione definitiva di diventare prete, un ruolo incomparabile ha giocato la preghiera, e soprattutto l’adorazione del Signore presente nell’Eucaristia e la preghiera a Maria. Hanno permesso di superare, con la
fragile canoa che ciascuno di noi è, anche i passaggi più difficili e le onde più impetuose.
Mi ritrovo pienamente nell’esperienza di cui racconta Giovanni Paolo II a proposito della sua adolescenza e giovinezza e del giorno nel quale è maturata una decisione definitiva circa il diventare prete: “Un’illuminazione interiore che portava in
sé gioia e sicurezza. E questa consapevolezza mi riempì di una grande pace interiore”. Dopo tanti anni di vita sacerdotale, posso dire che quel dono spiega tutta la
mia vita, anche adesso.
413
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Corpus Domini
Nell’anno dell’Eucaristia celebrazioni eucaristiche a Borgomanero e a Novara
Borgomanero - San Bartolomeo, 26 maggio 2005
I – LE
GIOVANNI PAOLO II PER L’ANNO DELL’EUCARISTIA
Celebrazione Eucaristica con i Sacerdoti del Vicariato
INTENZIONI DI
Borgomanero - San Bartolomeo, 26 maggio 2005
È già trascorso gran parte dell’ “anno dell’Eucaristia”, voluto da Giovanni Paolo
II. In questo momento possiamo soffermarci sulle intenzioni che stavano a cuore del
Papa e verificare come stiamo rispondendo al suo appello. È stato voluto perché
“l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero” (EdE, 10); perché quest’anno “sia per tutti occasione preziosa per una rinnovata consapevolezza
del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla sua Chiesa”; perché sia stimolo
ad “una celebrazione più viva e sentita, dalla quale scaturisca un’esistenza cristiana trasformata dall’amore” (MND, 29); perché si riconosca nell’Eucaristia “la radice e il segreto della vita spirituale dei fedeli, come anche di ogni iniziativa della
Chiesa locale” (MND, 5).
1. La prima intenzione è globale: è ciò che deve accompagnare tutto l’anno e che
ne indica anche il frutto. Più che in termini di dovere, il Papa si esprime in termini di bellezza, come si potrebbe dire di una grande opera d’arte. Non siamo chiamati
a rendere grande l’Eucaristia. Essa già lo è. Si tratta di non nascondere questo tesoro sotto la polvere o in qualche angolo buio, ma di porlo in primo piano perché ciascuno ne contempli la bellezza.
2. Di qui la seconda intenzione, che riguarda le nostre comunità nel loro insieme:
rinnovare la consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla
Chiesa. Il compito qui indicato ci fa pensare ai bambini che quest’anno ricevono la
Prima Comunione e al ruolo delicato che sono chiamate a svolgere le catechiste.
Senza dimenticare i ragazzi che riceveranno il sacramento della Confermazione e
quelli che stanno tra gli anni di mezzo: a loro va comunicata la consapevolezza che
l’Eucaristia è il vertice dell’Iniziazione cristiana. E senza dimenticare i loro genitori, ai quali compete di accompagnare il cammino di fede dei loro figli. Con la memoria ripenso pure all’esperienza della “lectio divina” che ho proposto in questo
Vicariato nei mesi scorsi agli adolescenti e ai giovani: mirava proprio a far loro
riscoprire il senso profondo e la straordinaria bellezza racchiusa nel sacramento
dell’Eucaristia.
414
LA PAROLA
DEL VESCOVO
3. Giustamente il Papa dà spazio a una terza intenzione che riguarda in modo
speciale i sacerdoti: si tratta di rendere “viva e sentita” la celebrazione e di mirare,
di settimana in settimana, ad alimentare un’esistenza cristiana trasformata dall’amore di Cristo con il quale si entra in comunione.
La celebrazione va dunque sempre ben preparata, anche con l’aiuto del gruppo
liturgico. Ogni particolare deve sostenere la preghiera di ciascuno e di tutti; soprattutto non va accettata una celebrazione fredda, e nemmeno quella frettolosa. Va
ogni volta rinnovato il desiderio di “ascoltare” la parola di Dio e di metterla in pratica. La mente distratta non ascolta. È impermeabile come la pietra. È il terreno
poroso quello al quale somigliare. Ogni volta va vissuta in prima persona la comunione con il Signore Gesù Cristo, ricevuto sotto i segni sacramentali: “Vieni in me,
abita nel mio cuore, nei miei pensieri, nella mia volontà, in tutto quello che faccio,
dovunque io mi trovi”: questa è la preghiera dell’adorazione e del ringraziamento
che deve occupare il momento nel quale ci presentiamo all’altare per ricevere la
Comunione eucaristica. È ciascuno dei membri della comunità presente alla Messa
che deve vivere questa esperienza. Solo in tal modo essa diventa quella di una
comunità viva e credente. Guai se essa rimanesse, per pigrizia o superficialità, una
“massa” amorfa: cosa ben diversa dalla comunità!
4. La quarta intenzione indicata dal Papa è il prolungamento di quella ora accennata. Riguarda ciò che costituisce il nostro vivere quotidiano, di giorno in giorno:
l’esperienza eucaristica è destinata ad arrivare fin lì perché quella è la sua meta più
vera sia a livello personale, sia a livello comunitario o parrocchiale. L’Eucaristia
può e vuole essere, “la radice e il segreto della vita spirituale di ciascuno di noi cristiani”. Essa vuole esserlo anche “di ogni iniziativa della Chiesa locale”, l’ispirazione della sua carità, il sostegno della sua fede, l’ossigeno per la sua speranza. Una
comunità cristiana è autentica se è eucaristica. Se cioè si pensa a partire
dall’Eucaristia e tende, in ogni ambito nel quale si esprime, a lasciarsi educare e
plasmare dall’Eucaristia.
***
Ho accennato all’inizio che, a questo punto dell’ “anno dell’Eucaristia”, occorre
anche una verifica: lo stiamo valorizzando nel migliore dei modi? Non è necessario
che mi dilunghi nel porre delle domande per l’esame di coscienza personale e pastorale. Basta che ciascuno di noi ritorni con calma su quanto ho detto circa le intenzioni fondamentali indicate dal Papa Giovanni Paolo II.
Lascio la parola conclusiva ad una ragazza di 17 anni che mi ha inviato in questi
giorni una lettera ricordando la domenica nella quale, in occasione della Visita
Pastorale, sono stato nella sua Parrocchia per la celebrazione della Santa Messa e
lei era presente. “Non è da molto – mi scrive – che ho sentito forte la presenza di
Gesù, nel senso che, prima, andavo a Messa un po’ perché si era ‘obbligati’ e perché
ci andavano tutti. Ora invece, vado a Messa perché dentro di me ho sentito Gesù e
perciò, ogni domenica ho bisogno di andarlo a trovare e di sentire la sua parola” (a
cui – aggiunge – si prepara prima utilizzando una “guida per la S. Messa”). “Come
le ho detto, dentro di me sento la presenza di Gesù, sento di ‘seguirlo’ dovunque, nel
415
LA PAROLA
DEL VESCOVO
senso di partecipare a veglie, incontri… dove lo sento ancora più forte dentro di
me”. E aggiunge infine: “Ecco perché ho deciso di andare a Colonia alla Giornata
Mondiale della Gioventù: non per andare in vacanza o a divertirmi, ma per andare
ad adorarlo, perché, Padre, io devo dirglielo, dentro di me sento veramente qualcosa di molto forte”. Ecco: questa ragazza è entrata in un cammino. A Gesù dà del tu.
Lo ascolta, vuole seguirlo, lo adora. Egli è al centro della sua vita. Come non augurare un po’ della freschezza di questa adolescente a tutti i suoi coetanei?
II – LA DOMENICA: IL SUO FONDAMENTO E IL SUO CUORE
Celebrazione Eucaristica e processione serale
Novara - San Rocco, 26 maggio 2005
Domenica scorsa, all’Angelus, il Papa Benedetto XVI diceva: “Sono lieto di rivolgere oggi, festa della Santissima Trinità, il mio saluto ai partecipanti al Congresso
Eucaristico della Chiesa italiana, che si è aperto ieri a Bari. Nel cuore di questo
anno dedicato all’Eucaristia, il popolo cristiano converge intorno a Cristo presente
nel Santissimo Sacramento, fonte e culmine della sua vita e della sua missione. In
particolare, ogni parrocchia è chiamata a riscoprire la bellezza della Domenica,
Giorno del Signore, in cui i discepoli di Cristo rinnovano nell’Eucaristia la comunione con Colui che dà senso alle gioie e alle fatiche di ogni giorno. «Senza la
Domenica non possiamo vivere»: così professavano i primi cristiani, anche a costo
della vita, e così siamo chiamati a ripetere noi oggi” (O.R. 23-24 maggio 2005).
Mi piace questa sottolineatura circa la bellezza della Domenica, giorno in cui i
discepoli di Cristo rinnovano la comunione con Colui che “dà senso alle gioie e alle
fatiche di ogni giorno”. Guardo a tutti voi, mentre siamo qui radunati per la festa
del Corpus Domini e trovandoci all’esterno della nuova Chiesa di San Rocco che
avrà come scopo fondamentale quello di accogliere i fedeli di questo quartiere, radunati dal Signore per ascoltare la sua Parola e unirsi in una reale comunione con lui
nel sacramento del corpo e del sangue di Cristo. Mentre guardo a voi, penso alla
vostra vita quotidiana, alle vostre speranze e ai vostri timori, alle vostre gioie e ai
vostri dolori. Con il Papa, anch’io dico a voi: “Miei cari, rinnovate ogni domenica,
celebrando l’Eucaristia, la comunione con Colui che dà senso alle gioie e alle fatiche
di ogni giorno”.
Giovanni Paolo II, che noi tutti amiamo, ci ha lasciato, nella Novo millennio
ineunte, una pagina sulla domenica, su ciò che ne costituisce il fondamento ciò che
ne va riconosciuto come il cuore (NMI, 35-36).
La domenica e la risurrezione di Cristo
Il vero punto di partenza della domenica è la risurrezione di Gesù (n. 35). “Fu essa
a rendere possibile che egli fosse realmente presente al di là dei limiti della sua corporeità terrena e realmente potesse essere partecipe” (J. Ratzinger, “Il Dio vicino”,
pag. 60). Senza di essa Gesù sarebbe rimasto un ricordo, e basta: e i discepoli di
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Gesù avrebbero dovuto limitarsi a guardare indietro per ricordare qualcosa del passato. Ma Gesù è risorto e più volte si è manifestato ai suoi discepoli. Per questo il
giorno della sua risurrezione era inteso e vissuto come il giorno della sua presenza,
in cui egli li chiamava a raccolta, in cui essi si radunavano intorno a lui. Così è nata
la domenica. Per questo venne chiamata “giorno del Signore”: per i primi cristiani
dire “il Signore” equivaleva a dire “Gesù è risorto” (cfr Ap 1,10).
Già all’inizio del secondo secolo Ignazio di Antiochia definiva i cristiani come coloro che “vivono secondo la domenica” (Magn. 9). Ciò voleva dire: vivere a partire dalla risurrezione di Cristo e dalla sua presenza tra noi, in particolare nella celebrazione eucaristica. Per questo quel giorno diventa giorno della gioia. Dagli Atti degli
Apostoli sappiamo che i cristiani celebravano l’Eucaristia con canti di lode.
Analogamente si esprime Paolo nelle sue lettere: “I cristiani glorificavano il
Signore” con salmi, inni e cantici spirituali (cfr Ef 5,19; Col 3,16).
La domenica e l’Eucaristia
Ho già accennato all’Eucaristia. Il cuore della domenica è proprio l’Eucaristia
(NMI, 36). Dobbiamo ricordare che, per i discepoli di Gesù, la domenica aveva preso il posto del sabato ebraico. “Il culto ebraico prevedeva due parti: uno era il culto
sacrificale nel tempio a Gerusalemme. Poi vi era un altro ambito, che si andò sviluppando sempre più: quello della sinagoga. In essa veniva letta la sacra Scrittura,
venivano recitati i salmi, si lodava insieme Dio” (id., pag. 62).
Per i discepoli di Gesù non sono più gli antichi sacrifici compiuti nel Tempio di
Gerusalemme ciò che conta: è invece il sacrificio di Cristo sulla croce, “il corpo dato
e il sangue sparso sulla croce”. È Gesù il vero agnello immolato, che aveva detto
loro: “Fate questo in memoria di me”. Quanto alla sinagoga i discepoli di Gesù
l’hanno frequentata fino a quando essa non si è chiusa nei confronti di Gesù e dal
fatto che proprio in lui le sacre Scritture trovavano pieno compimento. Alla fine del
primo secolo i discepoli svilupparono una liturgia della parola in proprio. “Fu così
che le due parti della liturgia sino ad allora separate arrivarono ad incontrarsi e
compenetrarsi: la liturgia della parola si unisce a quella eucaristica”. Questa nuova forma della liturgia viene spostata alla domenica mattina nell’ora della risurrezione” (id., pag. 65).
È ciò che ancora oggi costituisce la celebrazione eucaristica nella vita della
Chiesa.
***
Ringrazio di tutto quello che, in ciascuna delle nostre Parrocchie, si sta facendo
perché la domenica sia viva e partecipata sia da parte degli adulti che da parte dei
ragazzi. Poiché siamo nel biennio dedicato ai bambini e ai ragazzi, con esplicito riferimento ai sacramenti che ci introducono nella vita cristiana (Battesimo,
Confermazione, Eucaristia), sarei molto contento che il prossimo anno pastorale
venisse dedicato alla domenica, aiutando il maggior numero di persone a viverla
intensamente e gioiosamente e, se necessario, a riscoprirla di nuovo dopo averla
dimenticata o intesa come residuo di un passato ormai tramontato. Chiedo in particolare ai sacerdoti e ai catechisti di trovare modi, momenti, linguaggio per annun-
417
LA PAROLA
DEL VESCOVO
ciare il fatto originale sul quale poggia la fede cristiana e che sta all’origine anche
della domenica: Cristo risorto, Cristo vivo, Cristo presente, Cristo che si unisce
realmente a noi, Cristo che ci accompagna nel tempo e nella storia, Cristo che
sostiene la nostra speranza nei giorni difficili di esistenza, Cristo che rimane con
noi fino alla fine del mondo.
III – “SE
NOI CUSTODIREMO LA DOMENICA , LA DOMENICA CI
Celebrazione Eucaristica e processione serale
CUSTODIRÀ ”
Borgomanero / San Bartolomeo, 27 maggio 2005
Stasera vi voglio semplicemente spiegare le parole che già sono state indicate
all’inizio della celebrazione: “Se noi custodiremo la domenica, la Domenica ci custodirà”. Ma prima voglio osservare il contesto nel quale viviamo questo significativo
momento. Ci troviamo nella piazza centrale di Borgomanero. Mi sembra che questo
possa essere un simbolo di ciò che Gesù vuol essere per noi: il centro della nostra
fede e del nostro affetto; il centro del nostro cuore, delle nostre famiglie; il centro
delle nostre responsabilità negli ambiti della nostra professione e della vita sociale. Naturalmente egli si propone alla nostra libertà, bussa alla porta. Tocca a noi
aprirgli.
Osservo un altro particolare: vedo che, a fare quasi da parete a questa Chiesa senza mura, sono le case. Vedo anche dei lumini accesi. Questo dato concreto mi fa pensare alla missione di ognuna delle nostre Parrocchie: “Essere la Chiesa che vive tra
le case della gente”. Ai numerosi sacerdoti presenti mi piace dire, in cospetto di questa grande assemblea, che le attese di tante persone, la cui vita non è mai facile, è
che la Parrocchia sia un luogo, una casa di comunione, un luogo di fraterna accoglienza, un segno dell’umanità di Dio rivelata dal Verbo fatto carne per amore dell’uomo.
Ma vengo all’affermazione che indicato in apertura: “Se noi custodiremo la domenica, la domenica ci custodirà”.
Che cosa la domenica custodirà per noi?
La domanda che voi mi potete porre è: che cosa la domenica custodirà? Vorrei dare
la risposta anzitutto riferendo ciò che ho raccolto nei giorni scorsi dalla conversazione con un ebreo, molto convinto della rilevanza del sabato. Mi diceva: “Il sabato
è il giorno nel quale faccio i conti con me stesso: mi guardo dentro. È il giorno nel
quale innalzo il mio sguardo e mi metto in ascolto di Dio e delle sue parole. È il giorno nel quale mi chiedo come va la mia esperienza di relazione, anzitutto in famiglia, e poi nei vari ambiti di vita professionale e sociale”.
La domenica custodisce la nostra umanità, a rischio di dissolvimento nel fare, nel
correre dal mattino alla sera. La domenica custodisce la nostra appartenenza ecclesiale e il nostro essere una comunità, contro i rischi sempre incombenti di dispersione e di non avere una “casa” per il proprio cammino spirituale. Quest’ultimo cenno mi conduce a dire che la domenica custodisce in noi la fede: quella luce che ci
illumina di dentro e ci permette di essere liberi dalle tenebre e dall’ombra della
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
morte; quella luce che ci permette di comprendere il senso profondo della nostra esistenza e che ci svela l’identità profonda di Dio.
In quale maniera la domenica ci custodisce?
La risposta fondamentale a questa domanda è che essa ci ottiene questo dono
attraverso ciò che ne costituisce il cuore: la celebrazione dell’Eucaristia.
Osserviamo ciò a cui, in questo momento della celebrazione, ci stiamo dedicando:
è il momento della liturgia della parola, porta di ingresso nella Santa Messa. La
domenica ci custodisce se, entrando dal portale della Chiesa della vostra
Parrocchia, dite a voi stessi: “Vado ad ascoltare Gesù”. È fondamentale questo desiderio e va richiamato esplicitamente a noi stessi perché si eviti un atteggiamento
passivo che ci renderebbe sordi di fronte a una parola che invece ha come sua dimora propria il nostro cuore. Se affronteremo la liturgia della Parola come chi chiede
al Signore una “lampada” sui passi che i giorni seguenti chiederanno, perché siano
compiuti nel modo che piace a Dio, noi vivremo la settimana accompagnati e guidati nel profondo dalla Parola di Dio.
Devo aggiungere che la domenica ci custodisce se, nella parte centrale della Santa
Messa – la consacrazione e la comunione eucaristica – ricorderemo a noi stessi che
il Signore ha voluto stabilire una relazione profonda con l’uomo. In vista di questo
il Verbo si è fatto carne. Al vertice della sua missione per noi, egli è andato liberamente incontro alla passione: il suo corpo è diventato “il corpo dato”; il suo sangue
è diventato “il sangue sparso”. E tutto ciò per svelare quanto Dio voglia fare alleanza con noi, stringere con noi un legame di amicizia profonda. In correlazione a questo “cuore eucaristico”, la domenica ci custodisce se la nostra partecipazione al
sacrifico del Cristo e il ricevere la Santa Comunione diventano il momento nel quale ciascuno di noi dà risposta al Signore che ci domanda: “Vuoi fare un patto di amicizia con me? Lo vuoi confermare e rinnovare?”.
***
Quanto sto accennando è stato, durante questo anno pastorale, argomento della
“lectio divina” che ho proposto agli adolescenti e ai giovani del vostro Vicariato perché comprendessero il significato profondo e la bellezza incomparabile
dell’Eucaristia per la loro vita. Propongo, in questa occasione, che tutto il prossimo
anno, in ideale prosecuzione dell’ “anno dell’Eucaristia”, venga dedicato, in tutte le
Parrocchie, a una riscoperta della domenica. Questa attenzione ben ci connette con
il fatto che in questo anno e nel prossimo, la Diocesi sta mettendo in primo piano
bambini e ragazzi e la loro introduzione nella vita cristiana attraverso il Battesimo,
la Confermazione, l’Eucaristia. È sotto gli occhi di tutti quanto ai ragazzi vada fatto comprendere che è l’Eucaristia il vertice dell’iniziazione cristiana. Mentre mi
rivolgo a voi, chiedo che diveniate persone che aiutano altre persone, che magari
stanno sciupando la domenica, a riscoprirla in tutto il suo valore umano e cristiano. Naturalmente, per essere apostoli del “giorno del Signore” occorre che noi, per
primi, lo viviamo nel modo più ricco e profondo. Dio ci aiuti.
419
LA PAROLA
IV – IL
DEL VESCOVO
MALATO , L’E UCARISTIA , IL
GIORNO DEL SIGNORE
Celebrazione Eucaristica con malati, anziani e disabili
con la presenza di numerose associazioni di volontariato
Boca / Santuario del Crocifisso, 2 giugno 2005
Lodo Dio nel vedere tanta attenzione a coloro che stanno attraversando il tempo
della malattia. La giornata di oggi vuol essere di aiuto a trovare, nella grazia della
fede e della comunione con il Signore, le energie spirituali necessarie per percorrere un sentiero mai facile per nessuno, e spesso molto ripido e aspro.
Vorrei ricordare, in maniera particolare, i papà e le mamme (e più ampiamente i
familiari) degli anziani, dei malati, dei disabili. So bene che se è difficile per un
malato accettare la propria condizione, molto grande è pure l’impegno chiesto alle
famiglie: talvolta sembra che sia loro domandato persino l’eroismo. Perciò questa
giornata non può non diventare un momento nel quale affermare esplicitamente
quanto sia importante non lasciare nella solitudine coloro che devono portare, per
un tempo lungo, un peso grave all’interno della loro famiglia; e che, guardando al
futuro, riflettono con grande preoccupazione su ciò che avverrà ai loro figli disabili
quando mancherà l’aiuto di un padre o di una madre.
Sul tema del convegno “Il malato, l’Eucaristia, il Giorno del Signore” ci possono
aiutare le pagine bibliche che sono state appositamente scelte: una pagina dell’apostolo Paolo (1 Cor 12,12-14.20-27) e alcuni versetti del Vangelo secondo Giovanni
(Gv 6,54-59). Paolo parla di unità; Giovanni del pane di vita.
Mentre mi preparavo a questa celebrazione, mi tornavano alla mente alcune
parole dette dal Papa domenica scorsa a Bari, concludendo il Congresso Eucaristico
Nazionale. Lascio perciò a lui stesso la parola.
Il pane di vita
Egli ha fatto riferimento al pane di vita ricordando che il popolo ebraico, negli
anni del deserto, trovò alimento nel dono della manna. Aggiungeva che Gesù ha
promesso e donato una nuova manna: “Questo è il pane disceso dal cielo. Non come
quello che mangiarono i padri vostri nel deserto e morirono. Chi mangia di questo
pane vivrà in eterno”. Il Papa aggiungeva: “Abbiamo bisogno di questo pane per
affrontare le fatiche e le stanchezze del viaggio. Partecipare alla celebrazione domenicale e cibarsi del Pane Eucaristico è un bisogno per il cristiano, il quale può così
trovare l’energia necessaria per il cammino da percorrere. Proprio per questo chi è
malato o sta attraversando un tempo difficile della sua vita può dire: “L’Eucaristia
è per me; ho un motivo in più per alimentarmi interiormente con questo cibo”.
Analogamente tutti voi - familiari e malati, anziani o disabili - potete dire la stessa cosa.
Aggiungo due notazioni che rivolgo ai ministri straordinari della Comunione e ai
sacerdoti. Quanto ai primi ricordo che tocca loro prendere coscienza che l’incarico
ricevuto mette nelle loro mani quanto di più prezioso ogni uomo e donna possa ricevere. Perciò l’esercizio del ministero deve accompagnarsi con una costante medita-
420
LA PAROLA
DEL VESCOVO
zione del mistero eucaristico. Non mancano gli strumenti idonei per farlo. Quanto
ai sacerdoti, invito voi tutti a pregare per loro, ministri dell’altare e strumenti di
Cristo capo e pastore. Essi soltanto possono dire: “Questo è il mio corpo…; questo è
il sangue della nuova ed eterna alleanza”. Chiediamo la grazia che la loro vita
sacerdotale prenda “forma” dall’Eucaristia e divenga una “consegna” totale di sé ogni giorno, per tutta la vita - al Signore.
Molte membra, un solo corpo
Il Papa ha fatto anche un’altra osservazione: “Il Cristo che incontriamo nel
Sacramento è lo stesso a Bari, a Roma” e in ogni luogo del mondo. “È l’unico e medesimo Cristo che è presente nel Pane Eucaristico in ogni luogo della terra”. E aggiungeva: “Questo significa che noi possiamo incontrarlo solo insieme con tutti gli altri.
Possiamo riceverlo solo nell’unità”. Proprio come dice l’apostolo Paolo: “Poiché c’è
un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo
all’unico pane”. La conseguenza: “Non possiamo comunicare con il Signore se non
comunichiamo fra noi. Se vogliamo presentarci a lui dobbiamo anche muoverci per
andare gli uni incontro agli altri”. E con stile concreto concludeva: “Per questo bisogna imparare la grande lezione del perdono: non lasciare lavorare nell’animo il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità dell’ascolto dell’altro, della comprensione nei suoi confronti, dell’eventuale accettazione delle scuse, della
generosa offerta delle proprie”.
***
Grande richiamo, questo che ci viene offerto dal Papa! È necessario per la consolazione delle persone e per mettere unguento alle piaghe. È necessario per affrontare impegni faticosi e circostanze difficili sentendosi avvolti da un’atmosfera di
serenità e dal calore dell’amore fraterno. È necessario perché tutti abbiamo bisogno
di convertire il nostro sguardo sugli altri, magari anche le nostre parole e talvolta
per correggere alcune nostre scelte che, invece di dare gioia, fanno soffrire.
Perciò ogni mattino ciascuno di noi inizi la giornata dicendo a se stesso: “Tutto ciò
che sta al di dentro del perimetro dell’amore sarà oggetto del mio desiderio, delle
mie parole e delle mie scelte; tutto quello che invece ne sta fuori, dovrà stare fuori
anche dalla mia vita”.
421
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Voi dite: “Sì, lo voglio!”
Lettera del Vescovo in occasione
della Giornata di santificazione dei sacerdoti
Cari Sacerdoti,
in questi giorni celebriamo la festa del Sacro Cuore di Gesù, tradizionalmente dedicata, nelle nostre comunità cristiane, ad implorare che la vita dei
sacerdoti sia santa. L’invocazione sgorga dal cuore dei fedeli che amano veramente
il Regno di Dio e vivono un’appartenenza profonda alla Chiesa. Naturalmente trova spazio soprattutto nella preghiera dei sacerdoti stessi: essi infatti sanno, per
esperienza diretta, quanto una vita santa sia dono prezioso e necessario per le
comunità loro affidate e per la Chiesa tutta.
***
Non è casuale che Benedetto XVI, nel suo primo incontro, svoltosi nella Basilica
di San Giovanni in Laterano con i sacerdoti di Roma, abbia detto: “Cari sacerdoti
non sottolineeremo mai abbastanza quanto la nostra personale risposta alla chiamata alla santità sia fondamentale e decisiva”. Il Papa ne ricorda due motivi,
entrambi importanti. Primo, “perché il nostro personale apostolato sia fruttuoso”:
come infatti illuderci che la fruttuosità di tutto ciò che costituisce il nostro ministero pastorale sia da cercare o possa essere trovata altrove? Secondo motivo, “perché, e più ampiamente, il volto della Chiesa rifletta la luce di Cristo, inducendo così
gli uomini a riconoscere e ad adorare il Signore”: come, infatti, possiamo affascinare e attrarre al Signore gli uomini perché lo riconoscano e lo adorino, se non siamo
santi?
Questo vuol dire coltivare un’esistenza sacerdotale che abbia, come suoi tratti
fondamentali, una grande passione apostolica, una ricchezza di umanità e sensibilità nella relazione con i singoli e con la comunità, una fedeltà robusta e gioiosa agli
impegni sacerdotali del celibato, dell’obbedienza e della povertà, una vigilanza e
una ponderata riflessione sulle domande e i problemi che stanno in primo piano nel
dibattito pubblico della nostra società e che talvolta mettono in difficoltà l’appartenenza ecclesiale, se non addirittura la fede. Sì, la nostra santità è necessaria: indica amore alla Chiesa, alla purezza del suo volto, al fatto che sia senza macchia e
senza ruga.
422
LA PAROLA
DEL VESCOVO
***
È per questi motivi che il Papa chiede (e noi con lui), come grazia per tutti i sacerdoti, che essi allontanino da loro stessi, con cuore sincero e animo coraggioso, “tutto ciò che li separa dal Signore ed è in contrasto con la missione che hanno ricevuto”. Un sincero desiderio di conversione dei sacerdoti troverà il Signore misericordioso e desideroso di esaudirli.
Senza cedere a nessun pessimismo, e soprattutto riconoscendo con gratitudine
che nella nostra Diocesi i sacerdoti sono molto generosi e fedeli, e che non mancano i santi, merita molta attenzione, da parte nostra, il riferimento che il Papa fa a
ciò che “ci separa dal Signore” e a quanto “è in contrasto con la nostra missione”.
Non dimenticando un dato concreto al quale ha fatto riferimento nella sua prima
omilia in piazza san Pietro, quando parlava dei deserti interiori del nostro tempo e
dei deserti esteriori che ne derivano, con molte sofferenze per tanta gente.
Rivolgendosi ai sacerdoti metteva in rilievo che “le cause del deserto spirituale che
affligge l’umanità del nostro tempo minano anche la Chiesa che vive in questa umanità. Come non temere che esse possano insidiare anche la vita dei Sacerdoti?”.
***
Non ci manca certo l’aiuto del Signore. Quest’ “anno dell’Eucaristia” ci esorta ad
attingere ogni giorno alle fonti della salvezza. Noi, che siamo pastori chiamati a
condurre il popolo di Dio a tali fonti e a pascoli ubertosi, riceveremo dall’esercizio
stesso del nostro ministero, debitamente compiuto, la sovrabbondanza della grazia
del Signore.
In particolare noi saremo sempre più “di Cristo” e sempre meno “del mondo”
quanto più l’Eucaristia costituirà il centro premurosamente amato e intensamente
vissuto di ogni nostra giornata. È proprio questo che il Papa Giovanni Paolo II diceva di se stesso. E tutti abbiamo visto quali frutti di santità sono maturati nella sua
esistenza. Egli dal cielo si rivolge a tutti noi che siamo diventati ministri di Cristo
capo e pastore e ci dice: “State sempre anche voi su questa strada: sarà la strada
della vostra santificazione e sarà anche il massimo aiuto che potrete offrire perché
quanti sono affidati alle vostre cure pastorali si mettano, a loro volta, sul sentiero
che conduce alla pienezza della vita.
***
Oggi è il 31 maggio. Mons. Aldo Del Monte avrebbe compiuto 90 anni. Ci ha
lasciato il 16 febbraio scorso, varcando le porte della Gerusalemme celeste poco più
di un mese prima di Giovanni Paolo II. Sarebbe bello e fruttuoso riprendere in
mano i discorsi da lui svolti per molti anni nella Messa Crismale del Giovedì Santo
mattino. Con la sua consueta intensità, percepibile non solo nelle parole, ma ancor
prima nello sguardo, ha efficacemente educato generazioni di preti ad essere santi.
Nell’omilia del 1985, quando si era ormai quasi alla vigilia del XX Sinodo, riprendeva la domanda che la liturgia pone ai sacerdoti durante la Messa Crismale:
“Volete rinnovare le promesse che, al momento dell’ordinazione, avete fatto davan-
423
LA PAROLA
DEL VESCOVO
ti al Vescovo e al popolo santo di Dio?”. E commentava: “Voi, con un solenne «sì, lo
voglio!», rinnovate questo duplice impegno: il primo è quello della fedeltà nella santità, nell’intima unione al Signore Gesù, modello di ubbidienza, di povertà e di verginità; il secondo è di essere fedeli dispensatori del mistero della Parola, del mistero dell’Eucaristia e di tutti i Sacramenti, e del mistero della vera carità, sull’esempio di Cristo, capo e pastore. Voi rispondete «Sì, lo voglio!». È uno spettacolo commovente, perché voi sapete bene quello che comporta questa fedeltà. Eppure dite:
«Sì, lo voglio!».
Nel ricordo di Mons. Del Monte auguro a ogni sacerdote di sentirsi guardato negli
occhi da questo nostro caro e grande Vescovo e di rispondergli con sincerità di cuore: «Sì, lo voglio!».
***
Sono certo che nelle nostre comunità cristiane l’amore e la riconoscenza nei confronti dei sacerdoti possa diventare preghiera perché siano santi ministri di Dio
lungo tutta la loro vita. Chiedo questa preghiera per me e per tutti i Sacerdoti, specialmente in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù, perché tutti diventiamo
– di giorno in giorno – preti secondo il suo cuore.
Buona festa del Sacro Cuore di Gesù, a ciascuno di voi e un saluto cordiale a tutti.
+ Renato Corti
Novara, 31 maggio 2005
90° anniversario della nascita di Mons. Aldo Del Monte
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
La sfida della vita
Intervista al Vescovo durante il dibattito
sulla procreazione medicalmente assistita
Il nostro Vescovo è intervenuto con questa intervista, rilasciata al condirettore della Stampa diocesana, sul tema della procreazione medicalmente assistita durante il
dibattito in vista della scadenza referendaria del 12 giugno.
Lei ha già affrontato il tema che in queste settimane sta in primo piano
nel dibattito pubblico. Lo ha fatto nello scorso mese di gennaio intervenendo, a Borgomanero, in occasione della “ Giornata della vita”. Può
riprendere le osservazioni principali fatte in quell’occasione?
Volentieri. In quell’occasione ricordavo le quattro sfide delle quali, poco prima,
Giovanni Paolo II aveva parlato rivolgendosi al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede: la sfida della vita, quella del pane, quella della pace, quella della
libertà.
Il Papa ha messo in assoluta evidenza la sfida della vita. Perché?
La risposta l’ha data il Papa stesso con parole semplici: “La vita è il primo dono
che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l’uomo può godere”.
A questo proposito, le vorrei domandare qual è il compito della Chiesa?
La Chiesa deve illuminare le coscienze di ogni uomo su questo punto capitale.
Deve, in primo luogo, alimentare una coraggiosa e gioiosa testimonianza dei cristiani. E deve poi rivolgersi a tutti gli uomini di buona volontà, in particolare a coloro che portano una responsabilità all’interno della società, perché avvertano, come
loro impegno primario, precisamente la tutela e la promozione della vita umana.
Perché la Chiesa considera urgente, oggi più di ieri, mettere in primo
piano questa sfida?
Anche a questo riguardo la risposta di Giovanni Paolo II è molto franca: perché
la sfida della vita “si va facendo sempre più vasta e cruciale”. Vasta perché investe
molte nazioni; cruciale perché la posta in gioco non è assolutamente sottovalutabile: vi è infatti di mezzo il modo stesso di intendere la vita umana. Giustamente è
stato detto che alcune realtà che entrano nel panorama della nostra esistenza quotidiana hanno un prezzo, mentre altre hanno una dignità senza prezzo. La vita dell’uomo appartiene a queste ultime: non è un mezzo; rimane sempre un fine.
425
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Quali sono, in concreto, i fronti della sfida per la vita?
Sono certamente più di uno perché ci è chiesto di considerare la vita umana
come un fine dall’inizio sino alla sua conclusione, con tutto quello che vi è di mezzo. I problemi aperti sono dunque molti e tutti sollecitano la nostra coscienza e la
nostra responsabilità. Oggi – diceva il Papa – “concezioni opposte si manifestano
sui temi dell’aborto, della procreazione assistita, dell’impiego di cellule staminali
embrionali umane a scopi scientifici, della clonazione”.
In questi mesi è la questione della fecondazione a stare in primo piano.
Sì. E credo che la prima esigenza da rispettare nel dibattito pubblico sia quella
della verità. Ciò significa grande senso di responsabilità da parte di coloro che si
rivolgono a intere assemblee o attraverso i mass-media. Chiede anche, a ciascuno
di noi, di impegnarsi ad acquisire una certa consapevolezza di ciò di cui si parla,
soprattutto tenendo conto che non si tratta semplicemente di questioni tecniche,
bensì di scelte che racchiudono una forte valenza etica. Proprio perché si tratta di
problemi antropologici ed etici, la Chiesa è chiamata a svolgere il suo ruolo a favore di una coscienza retta e giusta.
Nel dibattito attuale sta in primo piano la questione dell’embrione.
È vero, e proprio su un punto come questo la coscienza di ogni uomo di buona
volontà è chiamata in causa. Giovanni Paolo II ne ha parlato molte volte.
Nell’intervento recente al quale già mi sono riferito diceva, sempre con la sua cristallina franchezza, che l’embrione “è soggetto identico all’uomo nascituro e all’uomo nato che se ne sviluppa. Nulla pertanto è eticamente ammissibile che ne violi
l’integrità e la dignità”. Con questo insegnamento la Chiesa offre una grande difesa all’uomo e offre un futuro di vera civiltà. Talvolta la Chiesa è stata accusata di
aver taciuto di ciò di cui doveva parlare. Certamente questo non si può dire di
Giovanni Paolo II a proposito delle grandi questioni umane, in particolare di quella della vita nascente. Ne consegue che, anche di fronte ai vari quesiti previsti per
il prossimo referendum, l’invito della Chiesa è a contrastare ciò che, di fatto, costituirebbe un cedimento morale su questo punto. Ciò non significa – come qualcuno
dice – porre un indebito limite alla scienza, quanto piuttosto esprimere la persuasione che in gioco non vi è “qualcosa”, ma “qualcuno” che va rispettato, a maggior
ragione perché è assolutamente debole.
Che ne pensa della legge 40/2004?
Questa legge non è una legge cattolica. Per vari aspetti è insoddisfacente per i
cristiani. E tuttavia era necessario arrivare (ed è avvenuto molto faticosamente) a
una legge per porre un freno al cosiddetto far-west quanto all’importante capitolo
della fecondazione assistita.
426
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Di fronte alla prossima scadenza referendaria, il Comitato “Scienza e
vita” propone l’astensione. Che dire di questa scelta?
Anzitutto che è una scelta costituzionalmente legittima e ragionevole. Ha come
primo obiettivo non certo quello di favorire il disimpegno dei cittadini, quanto piuttosto – come ha detto il card. Ruini – “quello di impedire un grave peggioramento
della legge: il che avverrebbe qualora i referendum avessero esito positivo. È anche
un modo di affermare la non opportunità di applicare lo strumento del referendum
in materia di tanta complessità”.
Superata la scadenza del referendum, qualunque sia il suo esito, la
Chiesa cosa pensa di fare?
Continuerà – come ha detto ancora il card. Ruini - a “dedicarsi alla formazione
delle coscienze riguardo alla dignità della vita umana fin dal suo inizio, alla tutela
della famiglia e al diritto dei figli di conoscere i propri genitori. E lo farà con lo stesso amore e la medesima sollecitudine per l’uomo che si esprime nella cura della
Chiesa per i poveri e per le altre persone in difficoltà”.
427
LA PAROLA
DEL VESCOVO
La sollecitudine per la Chiesa intera
Ordinazioni sacerdotali
Novara - Cattedrale, 11 giugno 2005
Saluto tutta questa numerosa assemblea. In particolare guardo con gioia voi che
oggi diventate preti. Il mio pensiero va alle vostre famiglie, dato che il vostro cammino personale è diventato certamente anche un cammino familiare perché, chiamando voi, attraverso di voi il Signore sta parlando anche ai vostri familiari.
Vedo presenti, anche quest’anno, ragazzi, adolescenti e giovani. Sono qui sulla
spinta di un legame con l’uno o l’altro di questi diaconi. Anche a voi ragazzi oggi Dio
parla attraverso di loro. Vi interroga: che cosa pensi di te e del tuo futuro? E a qualcuno di voi può dire: “Lascia tutto e vieni con me per dedicare la vita intera ad
annunciare il Vangelo ad ogni uomo”. Io vi suggerisco: qualunque invito il Signore
vi rivolga, dite: “Eccomi!”. La Chiesa ha molto bisogno di nuovi Sacerdoti. In particolare ne ha bisogno la nostra Diocesi.
La celebrazione di oggi ci fa pensare a tutti i popoli della terra perché sono qui
presenti, e li ringrazio, anche due Vescovi che vengono da lontano: uno dall’Africa
e un altro dall’America Latina. Questo orizzonte mondiale è pure richiamato da due
ordinandi: Antimo, della Guinea Equatoriale, e Honoré, del Togo. Mi viene spontaneo aggiungere che uno dei preti novelli di quest’anno andrà a sostituire un nostro
giovane prete che, tra pochi mesi, partirà come “fidei donum” per l’Uruguay.
Sottolineo questi dati perché chi diventa prete lo diventa per l’intera Chiesa cattolica. La nostra Diocesi non ha che da guadagnare tenendo ben vivo, in tutte le
nostre Parrocchie, l’orizzonte missionario: non potrà che stimolare al coraggio e alla
gioia di appartenere alla grande famiglia dei discepoli e degli inviati dal Signore. A
dire questo mi sospinge anche il fatto che, proprio oggi, ricorre la festa liturgica dell’apostolo San Barnaba, primo missionario insieme con Paolo.
***
Le pagine bibliche scelte per questa circostanza (Is 49,1-6; Ps 70; 1 Cor 9,16-22;
Lc 22,14-20) ci conducono anzitutto nel Cenacolo, là dove è stata istituita
l’Eucaristia e cioè il sacramento che si pone al centro della vita ecclesiale e del ministero sacerdotale: “Dopo duemila anni continuiamo a realizzare quella immagine
primigenia di Chiesa” (EdE, 3). Ci viene anche offerta la testimonianza dell’apostolo delle genti, il quale dice di se stesso: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”; e
428
LA PAROLA
DEL VESCOVO
che aggiunge: “Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono
fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo,
per diventarne partecipe con loro”. E prima di tutto, ci è stata proclamata una pagina del profeta Isaia nella quale, parlando del “servo di Javhé”, che troverà la sua
realizzazione piena nel Signore Gesù Cristo, si dice: “È troppo poco che tu sia mio
servo per restaurare le tribù di Giacobbe. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”.
Ciascuna di queste letture meriterebbe la nostra attenta meditazione. Ma in questo momento mi piace chiedere un commento a Giovanni Paolo II, che da poco ci ha
lasciato per entrare nella Gerusalemme celeste, e di Benedetto XVI, che è a lui
subentrato come Vicario di Cristo e successore di Pietro. Non chiedo loro un commento esegetico puntuale, quanto piuttosto di dirci con quali pensieri hanno vissuto il momento nel quale sono diventati preti e come hanno cominciato il loro ministero sacerdotale.
L’ordinazione di Karol Wojtyla
Incomincio da Giovanni Paolo II. Di lui ho già parlato recentemente, raccontando
la sua ricerca vocazionale e la sua esperienza di seminarista. A quanto ho già detto vorrei aggiungere il riferimento estremamente commovente al giorno nel quale
divenne prete. Era la festa di Ognissanti. L’ordinazione avvenne nella cappella privata dell’Arcivescovo di Cracovia. Alla cerimonia, svoltasi nelle ore mattutine, partecipò un piccolo gruppo di parenti e amici.
Vi è un particolare di quella celebrazione che rimarrà sempre nella memoria di
Karol Wojtyla: la prostrazione a terra: “Mi rivedo, così, in quella cappella durante
il canto del Veni Creator Spiritus e delle litanie dei santi, mentre, steso per terra in
forma di croce, aspetto il momento dell’imposizione delle mani. Un momento emozionante! C’è qualcosa di impressionante nella prostrazione degli ordinandi: è il
simbolo della loro totale sottomissione di fronte alla maestà di Dio e contemporaneamente della piena disponibilità all’azione dello Spirito Santo che discende in
loro come artefice della consacrazione”.
Nell’approfondimento del significato di quel gesto aggiunge ancora qualcosa: “Chi
si appresta a ricevere la sacra Ordinazione si prostra con tutto il corpo e poggia la
fronte sul pavimento del tempio, manifestando con ciò la sua completa disponibilità
ad intraprendere il ministero che gli viene affidato. Quel rito ha segnato profondamente la mia esistenza sacerdotale”.
Tanti anni dopo, all’inizio del Concilio Vaticano II, trovandosi nella basilica di San
Pietro tornò a riflettere su quella esperienza e scrisse una poesia. Si rivolge a
Pietro:
“Sei tu, Pietro.
Vuoi essere qui il pavimento
sul quale camminano gli altri
per giungere là dove
guidi i loro passi”.
429
LA PAROLA
DEL VESCOVO
In quel giorno non pensava solo a Pietro, ma a tutta la realtà del sacerdozio ministeriale. Non immaginava che, circa un decennio dopo, egli sarebbe stato Pietro e
che quelle parole avrebbero quindi avuto per lui un valore ancora più grande e che
le avrebbe comprese in modo più pieno. E infatti, in occasione del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale scriverà: “In quel giacere per terra in forma di croce,
accogliendo nella propria vita – come Pietro – la croce di Cristo e facendosi con
l’Apostolo Pietro ‘pavimento’ per i fratelli, sta il senso più profondo della spiritualità sacerdotale” (cfr “Dono e mistero”, pagg. 51-54).
***
È difficile non riconoscere la dimensione mistica di K. Wojtyla. Essa emerge già
quando ha ventisei anni. Per la verità, già attorno ai vent’anni, nella sua
Parrocchia di Debniki, un laico di nome Jan Tiranowski, educatore dei giovani, gli
metteva tra le mani gli scritti di San Giovanni della Croce e di Teresa d’Avila. Egli
stesso dirà: “Una lettura straordinaria per la mia età” (pag. 32).
L’estrema concentrazione di questo giovane durante l’ordinazione sacerdotale viene
eloquentemente testimoniata da ciò che egli pensa soprattutto mentre, prostrato a
terra, e soprattutto dalla preghiera silenziosa che egli compie nel suo cuore. Si riconosce un nulla dinanzi a Dio, che solo è grande. Invoca e accoglie l’azione trasformante dello Spirito Santo facendo sue le parole dell’inno: “Veni, Creator Spiritus,
mentes tuorum visita, imple superna gratia que Tu creasti pectora”. Mette in paragone quanto avviene in lui con la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel
sangue di Cristo nella Santa Messa. Sa che “il Vescovo, che conferisce il sacramento
dell’Ordine, è dispensatore umano del mistero divino” (pag. 53). Pensa anche al ministero sacerdotale, disponibile e desideroso di intraprenderlo. Sorprendentemente è il
pavimento a offrirgli una chiave interpretativa: tutto quel che egli dirà e farà vorrà
essere come una strada sulla quale tanta gente potrà camminare, facilitata in questo
modo ad avvicinarsi alla meta verso la quale il Signore guida i loro passi. L’essere steso a terra in forma di croce gli dice che questo avverrà se, come Pietro, accoglierà “nella propria vita la croce di Cristo” (pag. 54). Davvero impressionante!
Ordinazione e prima destinazione pastorale di Joseph Ratzinger
Anche il Papa Benedetto XVI descrive, nella sua autobiografia “La mia vita”, i
momenti dell’ordinazione e, un po’ più ampiamente, del suo primo anno di ministero. Del giorno dell’ordinazione, avvenuta nella festa dei Santi Pietro e Paolo del
1951, sottolinea due particolari: l’ “adsumus” e un imprevisto gioioso.
L’ “adsumus”: “Eravamo più di quaranta candidati; quando siamo stati chiamati,
abbiamo risposto. ‘Adsum’, ‘Sono qui’. Era una splendida giornata d’estate, che
resta indimenticabile, come il momento più importante della mia vita”. Una presenza imprevista: “Nel momento nel quale l’anziano Arcivescovo Faulhaber mi
imponeva le mani, un uccellino – forse un’allodola – si levò dall’altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso. Per me fu come se una voce dall’alto
mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta”.
430
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Uno spazio maggiore egli dà all’ingresso nel ministero. Anche se destinato agli
studi, da prete novello venne introdotto nel ministero parrocchiale nelle sue forme
più ordinarie. Prima di fare l’elenco dei compiti che gli vennero assegnati sosta su
una persona per lui indimenticabile: il suo parroco. “Il primo agosto iniziai il mio
ministero come coadiutore nella Parrocchia del Preziosissimo Sangue di Monaco.
La cosa più decisiva fu l’incontro con il buon parroco Blumschein, che non si limitò
a dire che un Sacerdote deve ‘ardere’, ma era egli stesso un uomo che ardeva interiormente. Fino al suo ultimo respiro volle svolgere il servizio di Sacerdote con tutte le fibre della sua esistenza. Morì mentre portava il viatico a un malato grave. La
sua bontà e la sua passione per il ministero diedero a questa Parrocchia la sua
impronta”.
Come non fare memoria, in questo momento, dei nostri Parroci? Come non pregare perché tutti siano ardenti? E come non dare, anche da parte mia, grande rilievo all’importanza del fatto che un prete novello, entrando in Parrocchia, trovi nel
suo parroco un riferimento significativo del cammino sacerdotale, un maestro che
accompagna con saggezza l’apprendistato sacerdotale del prete novello?
Quanto al quadro concreto del lavoro quotidiano del giovane Joseph Ratzinger, mi
colpiscono alcune notazioni. Prima di tutto che, entrare in Parrocchia ha voluto dire
lavorare, e lavorare sodo: “Dovevo tenere sedici ore di religione in cinque classi
diverse, e questo esigeva molta preparazione. Ogni domenica dovevo celebrare due
volte e tenere due prediche diverse; ogni mattino, dalle sei alle sette ero in confessionale; il sabato pomeriggio quattro ore. Ogni settimana c’erano da celebrare
parecchi funerali nei diversi cimiteri della città. Tutto il lavoro con i giovani era sulle mie spalle e a ciò si aggiungevano gli impegni straordinari, come Battesimi,
Matrimoni… Dato che il parroco non si risparmiava, anch’io non potevo e non volevo farlo”.
Anche voi, preti novelli, amate il lavoro: accettate la fatica e non dimenticate mai
le fatiche quotidiane della gente. Sia facile riconoscere in voi grande generosità e
una assoluta estraneità ad ogni forma di pigrizia. Come diceva l’apostolo Paolo
rivolgendosi ai presbiteri di Efeso radunati a Mileto: “Voi sapete come non mi sono
mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in
pubblico e nelle vostre case” (At 20,20). Ma già scrivendo ai Corinti, come abbiamo
ascoltato oggi nella seconda lettura, Paolo dice: “Mi sono fatto tutto a tutti” (1 Cor
9,22).
Entrare in Parrocchia ha inoltre voluto dire, per Joseph Ratzinger, coltivare e
costruire valide relazioni interpersonali con i giovani: “Vista la mia scarsa preparazione pratica, all’inizio affrontavo i vari impegni con una certa preoccupazione”.
Ma “presto il lavoro con i ragazzi a scuola, che poi implicava anche l’incontro con i
genitori, divenne motivo di grande gioia, e anche con i diversi gruppi giovanili cattolici crebbe rapidamente una buona intesa”.
Tema anche questo rilevante per chi incomincia il ministero sacerdotale. Chiama
in causa soprattutto la maturità umana del giovane prete. Egli non deve semplicemente “fare delle cose”, quanto “camminare insieme” ed essere luogo nel quale la
431
LA PAROLA
DEL VESCOVO
relazione prende la forma di saper parlare, e anche di saper tacere; di saper proporre, e insieme ascoltare; di seminare sempre e di avere anche la pazienza del contadino che sa di dover fare i conti con le stagioni.
Entrare in Parrocchia ha infine stimolato Joseph Ratzinger a riflettere sulla
situazione religiosa presente in Germania agli inizi degli anni cinquanta: “Presto
mi sono reso conto di quanto la mentalità e il modo di vivere di molti ragazzi fossero lontani dalla fede, quanto poco l’insegnamento della religione trovasse ancora
appoggio nella vita e nel modo di pensare delle famiglie. Inoltre, non potevo non
riconoscere che il modo in cui veniva organizzato il lavoro con i giovani, che era
quello maturato nel periodo tra le due guerre, non era più all’altezza dei tempi, che
intanto erano mutati, e che quindi occorreva mettersi alla ricerca di forme nuove”
(“La mia vita”, pagg. 63-65).
La riflessione necessaria negli anni cinquanta non lo è certamente di meno nel
2005. A questo è destinata la formazione permanente proposta, in forme anche speciali, nei primi anni di Sacerdozio; ma a questo vanno dedicati con decisione, insieme con momenti comunitari nel presbiterio vicariale e diocesano, anche tempi da
trovare nel ritmo di vita personale: nell’orario di ogni giorno e nel calendario della
settimana, del mese, dell’anno. Si può invecchiare da giovani e si può rimanere giovani da vecchi. La cura di se stessi è un modo per garantire che non ci si siede, né
ci si addormenta, ma si rimane ben vivi e in cammino.
Conclusione
Mi pare bello che i preti novelli di quest’anno vengano aiutati a vivere questo
momento e l’inizio del ministero dalla testimonianza di due Pontefici. Lo dico anche
nel senso che, in loro, responsabili nel nome della Chiesa universale, si esprime in
concreto la parola di Isaia sul servo di Javhè: “Io ti renderò luce delle nazioni” (Is
49,61). Giovanni Paolo II ricorda che, dopo gli anni di studio trascorsi a Roma, è tornato a Cracovia “con quel senso di universalità della missione sacerdotale che è stato magistralmente espresso dal Concilio Vaticano II. Non soltanto il Vescovo, ma
anche ogni sacerdote deve vivere in sé la sollecitudine per la Chiesa intera e sentirsi di essa, in qualche modo, responsabile” (pag. 68). È la grazia che chiedo per me
e per tutto il presbiterio diocesano. Ci accompagni Maria, che ha condiviso la vita
pubblica di suo Figlio Gesù.
432
LA PAROLA
DEL
PAPA
Matrimonio e famiglia
La minaccia del relativismo
Discorso di Benedetto XVI all’apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi
di Roma su “Famiglia e comunità cristiana”
Roma, 6 giugno 2005
Cari fratelli e sorelle,
ho accolto molto volentieri l’invito a introdurre con una
mia riflessione questo nostro Convegno Diocesano, anzitutto perché ciò mi dà la
possibilità di incontrarvi, di avere un contatto diretto con voi, e poi anche perché
posso aiutarvi ad approfondire il senso e lo scopo del cammino pastorale che la
Chiesa di Roma sta percorrendo.
Saluto con affetto ciascuno di voi, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e in particolare voi laici e famiglie che assumete consapevolmente quei compiti
di impegno e testimonianza cristiana che hanno la loro radice nel sacramento del
battesimo e, per coloro che sono sposati, in quello del matrimonio. Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario e i coniugi Luca e Adriana Pasquale per le parole che mi hanno rivolto a nome di voi tutti.
Questo Convegno, e l’anno pastorale di cui esso fornirà le linee guida, costituiscono una nuova tappa del percorso che la Chiesa di Roma ha iniziato, sulla base
del Sinodo diocesano, con la Missione cittadina voluta dal nostro tanto amato Papa
Giovanni Paolo II, in preparazione al Grande Giubileo del 2000. In quella Missione
tutte le realtà della nostra Diocesi - parrocchie, comunità religiose, associazioni e
movimenti - si sono mobilitate, non solo per una missione al popolo di Roma, ma per
essere esse stesse “popolo di Dio in missione”, mettendo in pratica la felice espressione di Giovanni Paolo II “parrocchia, cerca te stessa e trova te stessa fuori di te
stessa”: nei luoghi cioè nei quali la gente vive. Così, nel corso della Missione cittadina, molte migliaia di cristiani di Roma, in gran parte laici, si sono fatti missionari
e hanno portato la parola della fede dapprima nelle famiglie dei vari quartieri della città e poi nei diversi luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle scuole e nelle università, negli spazi della cultura e del tempo libero.
Dopo l’Anno Santo, il mio amato Predecessore vi ha chiesto di non interrompere
questo cammino e di non disperdere le energie apostoliche suscitate e i frutti di grazia raccolti. Perciò, a partire dal 2001, il fondamentale indirizzo pastorale della
Diocesi è stato quello di dare forma permanente alla missione, caratterizzando in
senso più decisamente missionario la vita e le attività delle parrocchie e di ogni
433
LA PAROLA
DEL
PAPA
altra realtà ecclesiale. Voglio dirvi anzitutto che intendo confermare pienamente
questa scelta: essa infatti si rivela sempre più necessaria e senza alternative, in un
contesto sociale e culturale nel quale sono all’opera forze molteplici che tendono ad
allontanarci dalla fede e dalla vita cristiana.
Da ormai due anni l’impegno missionario della Chiesa di Roma si è concentrato
soprattutto sulla famiglia, non solo perché questa fondamentale realtà umana oggi
è sottoposta a molteplici difficoltà e minacce e quindi ha particolare bisogno di essere evangelizzata e concretamente sostenuta, ma anche perché le famiglie cristiane
costituiscono una risorsa decisiva per l’educazione alla fede, l’edificazione della
Chiesa come comunione e la sua capacità di presenza missionaria nelle più diverse
situazioni di vita, oltre che per fermentare in senso cristiano la cultura diffusa e le
strutture sociali. Su queste linee proseguiremo anche nel prossimo anno pastorale
e perciò il tema del nostro Convegno è “Famiglia e comunità cristiana: formazione
della persona e trasmissione della fede”.
Il presupposto dal quale occorre partire, per poter comprendere la missione della famiglia nella comunità cristiana e i suoi compiti di formazione della persona e
trasmissione della fede, rimane sempre quello del significato che il matrimonio e la
famiglia rivestono nel disegno di Dio, creatore e salvatore. Questo sarà dunque il
nocciolo della mia riflessione di questa sera, richiamandomi all’insegnamento
dell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (Parte seconda, nn. 12-16).
Il fondamento antropologico della famiglia
Matrimonio e famiglia non sono in realtà una costruzione sociologica casuale,
frutto di particolari situazioni storiche ed economiche. Al contrario, la questione del
giusto rapporto tra l’uomo e la donna affonda le sue radici dentro l’essenza più
profonda dell’essere umano e può trovare la sua risposta soltanto a partire da qui.
Non può essere separata cioè dalla domanda antica e sempre nuova dell’uomo su se
stesso: chi sono? cosa è l’uomo? E questa domanda, a sua volta, non può essere separata dall’ interrogativo su Dio: esiste Dio? e chi è Dio? qual è veramente il suo volto? La risposta della Bibbia a questi due quesiti è unitaria e consequenziale: l’uomo
è creato ad immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione all’amore è
ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio: egli diventa simile a Dio nella
misura in cui diventa qualcuno che ama.
Da questa fondamentale connessione tra Dio e l’uomo ne consegue un’altra: la
connessione indissolubile tra spirito e corpo: l’uomo è infatti anima che si esprime
nel corpo e corpo che è vivificato da uno spirito immortale. Anche il corpo dell’uomo
e della donna ha dunque, per così dire, un carattere teologico, non è semplicemente corpo, e ciò che è biologico nell’uomo non è soltanto biologico, ma è espressione e
compimento della nostra umanità. Parimenti, la sessualità umana non sta accanto
al nostro essere persona, ma appartiene ad esso. Solo quando la sessualità si è integrata nella persona, riesce a dare un senso a se stessa.
434
LA PAROLA
DEL
PAPA
Così, dalle due connessioni, dell’uomo con Dio e nell’uomo del corpo con lo spirito, ne scaturisce una terza: quella tra persona e istituzione. La totalità dell’uomo
include infatti la dimensione del tempo, e il “sì” dell’uomo è un andare oltre il
momento presente: nella sua interezza, il “sì” significa “sempre”, costituisce lo spazio della fedeltà. Solo all’interno di esso può crescere quella fede che dà un futuro e
consente che i figli, frutto dell’amore, credano nell’uomo. La libertà del “sì” si rivela dunque libertà capace di assumere ciò che è definitivo: la più grande espressione della libertà non è allora la ricerca del piacere, senza mai giungere a una vera
decisione; è invece la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la
libertà, donandosi, ritrova pienamente se stessa.
In concreto, il “sì” personale e reciproco dell’uomo e della donna dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e al tempo stesso è destinato
al dono di una nuova vita. Perciò questo “sì” personale non può non essere un “sì”
anche pubblicamente responsabile, con il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà. Nessuno di noi infatti appartiene esclusivamente a se
stesso: pertanto ciascuno è chiamato ad assumere nel più intimo di sé la propria
responsabilità pubblica. Il matrimonio come istituzione non è quindi una indebita
ingerenza della società o dell’autorità, l’imposizione di una forma dal di fuori; è
invece esigenza intrinseca del patto dell’amore coniugale.
Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il
“matrimonio di prova”, fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso,
sono invece espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera
liberazione dell’uomo. Una tale pseudo-libertà si fonda su una banalizzazione del
corpo, che inevitabilmente include la banalizzazione dell’uomo. Il suo presupposto
è che l’uomo può fare di sé ciò che vuole: il suo corpo diventa così una cosa secondaria dal punto di vista umano, da utilizzare come si vuole. Il libertinismo, che si
fa passare per scoperta del corpo e del suo valore, è in realtà un dualismo che rende spregevole il corpo, collocandolo per così dire fuori dall’autentico essere e dignità
della persona.
Matrimonio e famiglia nella storia della salvezza
La verità del matrimonio e della famiglia, che affonda le sue radici nella verità
dell’uomo, ha trovato attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la
parola: “Dio ama il suo popolo”. La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d’amore, la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini: perciò la
storia dell’amore e dell’unione di un uomo ed una donna nell’alleanza del matrimonio ha potuto essere assunta da Dio quale simbolo della storia della salvezza. Il fatto inesprimibile, il mistero dell’amore di Dio per gli uomini, riceve la sua forma linguistica dal vocabolario del matrimonio e della famiglia, in positivo e in negativo:
l’accostarsi di Dio al suo popolo viene presentato infatti nel linguaggio dell’amore
sponsale, mentre l’infedeltà di Israele, la sua idolatria, è designata come adulterio
e prostituzione.
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LA PAROLA
DEL
PAPA
Nel Nuovo Testamento Dio radicalizza il suo amore fino a divenire Egli stesso,
nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo. In questo modo l’unione di Dio
con l’uomo ha assunto la sua forma suprema, irreversibile e definitiva. E così viene
tracciata anche per l’amore umano la sua forma definitiva, quel “sì” reciproco che
non può essere revocato: essa non aliena l’uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per riportarlo alla verità della creazione. La sacramentalità che il matrimonio assume in Cristo significa dunque che il dono della creazione è stato elevato
a grazia di redenzione. La grazia di Cristo non si aggiunge dal di fuori alla natura
dell’uomo, non le fa violenza, ma la libera e la restaura, proprio nell’innalzarla al
di là dei suoi propri confini. E come l’incarnazione del Figlio di Dio rivela il suo vero
significato nella croce, così l’amore umano autentico è donazione di sé, non può esistere se vuole sottrarsi alla croce.
Cari fratelli e sorelle, questo legame profondo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio
e l’amore umano, trova conferma anche in alcune tendenze e sviluppi negativi, di
cui tutti avvertiamo il peso. Lo svilimento dell’amore umano, la soppressione dell’autentica capacità di amare si rivela infatti, nel nostro tempo, l’ arma più adatta
e più efficace per scacciare Dio dall’uomo, per allontanare Dio dallo sguardo e dal
cuore dell’uomo. Analogamente, la volontà di “liberare” la natura da Dio conduce a
perdere di vista la realtà stessa della natura, compresa la natura dell’uomo, riducendola a un insieme di funzioni, di cui disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore e una presunta umanità più felice.
I figli
Anche nella generazione dei figli il matrimonio riflette il suo modello divino, l’amore di Dio per l’uomo. Nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come
il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data
interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che
rendono possibile dire sì a questa vita. Proprio da qui diventa del tutto chiaro quanto sia contrario all’amore umano, alla vocazione profonda dell’uomo e della donna,
chiudere sistematicamente la propria unione al dono della vita, e ancora più sopprimere o manomettere la vita che nasce.
Nessun uomo e nessuna donna, però, da soli e unicamente con le proprie forze,
possono dare ai figli in maniera adeguata l ’amore e il senso della vita. Per poter
infatti dire a qualcuno “la tua vita è buona, per quanto io non conosca il tuo futuro”, occorrono un’autorità e una credibilità superiori a quello che l’individuo può
darsi da solo. Il cristiano sa che questa autorità è conferita a quella famiglia più
vasta che Dio, attraverso il Figlio suo Gesù Cristo e il dono dello Spirito Santo, ha
creato nella storia degli uomini, cioè alla Chiesa. Egli riconosce qui all’opera quell’amore eterno e indistruttibile che assicura alla vita di ciascuno di noi un senso
permanente. Per questo motivo l’edificazione di ogni singola famiglia cristiana si
colloca nel contesto della più grande famiglia della Chiesa, che la sostiene e la porta con sé. E reciprocamente la Chiesa viene edificata dalle famiglia, “piccole Chiese
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LA PAROLA
DEL
PAPA
domestiche”, come le ha chiamate il Concilio Vaticano II (Lumen gentium, 11;
Apostolicam actuositatem, 11), riscoprendo un’antica espressione patristica (San
Giovanni Crisostomo, In Genesim serm. VI, 2; VII,1). Nel medesimo senso la
Familiaris consortio afferma che “Il matrimonio cristiano… è il luogo naturale nel
quale si compie l’inserimento della persona umana nella grande famiglia della
Chiesa” (n. 14).
La famiglia e la Chiesa
Da tutto ciò scaturisce una conseguenza evidente: la famiglia e la Chiesa, in concreto le parrocchie e le altre forme di comunità ecclesiale, sono chiamate alla più
stretta collaborazione per quel compito fondamentale che è costituito, inseparabilmente, dalla formazione della persona e dalla trasmissione della fede. Sappiamo
bene che per un’autentica opera educativa non basta una teoria giusta o una dottrina da comunicare. C’è bisogno di qualcosa di molto più grande e umano, di quella vicinanza, quotidianamente vissuta, che è propria dell’amore e che trova il suo
spazio più propizio anzitutto nella comunità familiare, ma poi anche in una parrocchia, o movimento o associazione ecclesiale, in cui si incontrino persone che si
prendono cura dei fratelli, in particolare dei bambini e dei giovani, ma anche degli
adulti, degli anziani, dei malati, delle stesse famiglie, perché, in Cristo, vogliono
loro bene. Il grande Patrono degli educatori, San Giovanni Bosco, ricordava ai suoi
figli spirituali che “l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone”
(Epistolario, 4,209).
Centrale nell’opera educativa, e specialmente nell’educazione alla fede, che è il
vertice della formazione della persona e il suo orizzonte più adeguato, è in concreto la figura del testimone: egli diventa punto di riferimento proprio in quanto sa
rendere ragione della speranza che sostiene la sua vita (cfr 1 Pt 3,15), è personalmente coinvolto con la verità che propone. Il testimone, d’altra parte, non rimanda
mai a se stesso, ma a qualcosa, o meglio a Qualcuno più grande di lui, che ha incontrato e di cui ha sperimentato l’affidabile bontà. Così ogni educatore e testimone
trova il suo modello insuperabile in Gesù Cristo, il grande testimone del Padre, che
non diceva nulla da se stesso, ma parlava così come il Padre gli aveva insegnato (cfr
Gv 8,28).
Questo è il motivo per il quale alla base della formazione della persona cristiana e della trasmissione della fede sta necessariamente la preghiera, l’amicizia con
Cristo e la contemplazione in Lui del volto del Padre. E la stessa cosa vale, evidentemente, per tutto il nostro impegno missionario, in particolare per la pastorale
familiare: la Famiglia di Nazareth sia dunque, per le nostre famiglie e per le nostre
comunità, oggetto di costante e fiduciosa preghiera, oltre che modello di vita.
Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, cari sacerdoti, conosco la generosità e
la dedizione con cui servite il Signore e la Chiesa. Il vostro lavoro quotidiano per la
formazione alla fede delle nuove generazioni, in stretta connessione con i sacra-
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LA PAROLA
DEL
PAPA
menti dell’iniziazione cristiana, come anche per la preparazione al matrimonio e
per l’accompagnamento delle famiglie nel loro spesso non facile cammino, in particolare nel grande compito dell’educazione dei figli, è la strada fondamentale per
rigenerare sempre di nuovo la Chiesa e anche per vivificare il tessuto sociale di questa nostra amata città di Roma.
La minaccia del relativismo
Continuate dunque, senza lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà che incontrate. Il
rapporto educativo è per sua natura una cosa delicata: chiama in causa infatti la
libertà dell’altro che, per quanto dolcemente, viene pur sempre provocata a una
decisione. Né i genitori, né i sacerdoti o i catechisti, né gli altri educatori possono
sostituirsi alla libertà del fanciullo, del ragazzo o del giovane a cui si rivolgono. E
specialmente la proposta cristiana interpella a fondo la libertà, chiamandola alla
fede e alla conversione. Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel
relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura
solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione. Dentro a un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi,
una vera educazione: senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti
condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune.
E’ chiaro dunque che non soltanto dobbiamo cercare di superare il relativismo
nel nostro lavoro di formazione delle persone, ma siamo anche chiamati a contrastare il suo predominio nella società e nella cultura. E’ molto importante perciò,
accanto alla parola della Chiesa, la testimonianza e l’impegno pubblico delle famiglie cristiane, specialmente per riaffermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi e amministrativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli, compito essenziale per il nostro comune futuro. Anche per questo impegno vi dico un
grazie cordiale.
Sacerdozio e vita consacrata
Un ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al
sacerdozio e alla vita consacrata: sappiamo tutti quanto la Chiesa ne abbia bisogno!
Perché queste vocazioni nascano e giungano a maturazione, perché le persone chiamate si mantengano sempre degne della loro vocazione, è decisiva anzitutto la preghiera, che non deve mai mancare in ciascuna famiglia e comunità cristiana. Ma è
anche fondamentale la testimonianza di vita dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la gioia che essi esprimono per essere stati chiamati dal Signore. Ed è ugualmente essenziale l’esempio che i figli ricevono all’interno della propria famiglia e la
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LA PAROLA
DEL
PAPA
convinzione delle famiglie stesse che, anche per loro, la vocazione dei propri figli è
un grande dono del Signore. La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la
valorizzazione del matrimonio cristiano: l’uno e l’altra, in due maniere differenti e
complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell’alleanza tra Dio e
il suo popolo.
Cari fratelli e sorelle, vi affido queste riflessioni come contributo al vostro lavoro nelle serate del Convegno e poi durante il prossimo anno pastorale. Chiedo al
Signore di darvi coraggio ed entusiasmo, perché questa nostra Chiesa di Roma, ciascuna parrocchia, comunità religiosa, associazione o movimento partecipi più intensamente alla gioia e alle fatiche della missione e così ogni famiglia e l’intera comunità cristiana riscopra nell’amore del Signore la chiave che apre la porta dei cuori
e che rende possibile una vera educazione alla fede e formazione delle persone. Il
mio affetto e la mia benedizione vi accompagnano oggi e per il futuro.
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LA PAROLA
DEL
PAPA
Soluzioni ‘umane’ per tre preoccupazioni:
famiglia, vita, educazione
Discorso del Santo Padre in occasione della visita
al Presidente della Repubblica Italiana
Roma, 24 giugno 2005
Signor Presidente!
Ho la gioia di ricambiare, oggi, la visita cordialissima che
Lei, nella Sua qualità di Capo dello Stato italiano, ha voluto rendermi il 3 maggio
scorso in occasione del nuovo servizio pastorale a cui il Signore mi ha chiamato.
Desidero, perciò, anzitutto ringraziarLa e, in Lei, ringraziare il Popolo italiano per
l’accoglienza calorosa che mi ha riservato fin dal primo giorno del mio servizio
pastorale come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale.
Da parte mia, assicuro anzitutto la cittadinanza romana, e poi anche l’intera
Nazione italiana, del mio impegno a lavorare con tutte le forze per il bene religioso
e civile di coloro che il Signore ha affidato alle mie cure pastorali. L’annuncio del
Vangelo, che in comunione con i Vescovi italiani sono chiamato a portare a Roma e
all’Italia, è a servizio non solo della crescita del Popolo italiano nella fede e nella
vita cristiana, ma anche del suo progresso sulle vie della concordia e della pace.
Cristo è il Salvatore di tutto l’uomo, del suo spirito e del suo corpo, del suo destino
spirituale ed eterno e della sua vita temporale e terrestre. Così, quando il suo messaggio viene accolto, la comunità civile si fa anche più responsabile, più attenta alle
esigenze del bene comune e più solidale con le persone povere, abbandonate ed
emarginate.
Scorrendo la storia italiana, si resta impressionati dalle innumerevoli opere di
carità a cui la Chiesa, con grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza. Su questa stessa via la Chiesa intende oggi proseguire il suo cammino, senza mire di potere e senza chiedere privilegi o posizioni di vantaggio sociale o economico. L’esempio di Gesù Cristo, che “passò beneficando e risanando tutti”
(At 10,3), resta per essa la norma suprema di condotta in mezzo ai popoli.
Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato italiano sono fondate sul principio enunciato
dal Concilio Vaticano II, secondo cui “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone
umane” (Gaudium et spes, 76). E’ principio, questo, già presente nei Patti
Lateranensi e poi confermato negli Accordi di modifica del Concordato. Legittima è
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LA PAROLA
DEL
PAPA
dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici
che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino.
Mi è caro assicurare a Lei, Signor Presidente, e a tutto il Popolo italiano che la
Chiesa desidera mantenere e promuovere un cordiale spirito di collaborazione e di
intesa a servizio della crescita spirituale e morale del Paese, a cui è legata da vincoli particolarissimi, che sarebbe gravemente dannoso, non solo per essa, ma anche
per l’Italia, tentare di indebolire e spezzare. La cultura italiana è una cultura intimamente permeata di valori cristiani, come appare dagli splendidi capolavori che
la Nazione ha prodotto in tutti i campi del pensiero e dell’arte. Il mio augurio è che
il Popolo italiano, non solo non rinneghi l’eredità cristiana che fa parte della sua
storia, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre ancora frutti degni del
passato. Ho fiducia che l’Italia, sotto la guida saggia ed esemplare di coloro che sono
chiamati a governarla continui a svolgere nel mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei secoli. In virtù della sua storia e della sua
cultura, l’Italia può recare un contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande
nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente.
Come Ella, Signor Presidente, può ben comprendere, non poche preoccupazioni
accompagnano questo inizio del mio servizio pastorale sulla Cattedra di Pietro. Tra
di esse vorrei segnalarne alcune che, per il loro carattere universalmente umano,
non possono non interessare anche chi ha la responsabilità della cosa pubblica.
Intendo alludere al problema della tutela della famiglia fondata sul matrimonio,
quale è riconosciuta anche nella Costituzione italiana (art. 29), al problema della
difesa della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e infine
al problema dell’educazione e conseguentemente della scuola, palestra indispensabile per la formazione delle nuove generazioni.
La Chiesa, abituata com’è a scrutare la volontà di Dio iscritta nella natura stessa della creatura umana, vede nella famiglia un valore importantissimo che deve
essere difeso da ogni attacco mirante a minarne la solidità e a metterne in questione la stessa esistenza. Nella vita umana, poi, la Chiesa riconosce un bene primario,
presupposto di tutti gli altri beni, e chiede perciò che sia rispettata tanto nel suo
inizio quanto nel suo termine, pur sottolineando la doverosità di adeguate cure palliative che rendano la morte più umana. Quanto alla scuola, poi, la sua funzione si
connette alla famiglia come naturale espansione del compito formativo di quest’ultima. A questo proposito, ferma restando la competenza dello Stato a dettare le norme generali dell’istruzione, non posso non esprimere l’auspicio che venga rispettato concretamente il diritto dei genitori ad una libera scelta educativa, senza dover
sopportare per questo l’onere aggiuntivo di ulteriori gravami. Confido che i legislatori italiani, nella loro saggezza, sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni
“umane”, rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati.
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LA PAROLA
DEL
PAPA
Esprimendo, da ultimo, l’augurio di un continuo progresso della Nazione sulla via
del benessere spirituale e materiale, mi associo a Lei, Signor Presidente, nell’esortare tutti i cittadini e tutte le componenti della società a vivere ed operare sempre
in spirito di autentica concordia, in un contesto di dialogo aperto e di mutua fiducia, nell’impegno di servire e promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona.
Mi è caro concludere, Signor Presidente, ricordando la stima e l’affetto che il
Popolo italiano nutre per la Sua persona, come pure la piena fiducia che esso ha nell’assolvimento dei doveri che la Sua altissima carica Le impone. A questa stima
affettuosa e a questa fiducia ho la gioia di associarmi, mentre affido Lei e la
Consorte Signora Franca, come anche i Responsabili della vita della Nazione e l’intero Popolo italiano, alla protezione della Vergine Maria, così intensamente venerata negli innumerevoli santuari a Lei dedicati.
Con questi sentimenti, su tutti invoco la benedizione di Dio, apportatrice di ogni
desiderato bene.
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LA PAROLA
DEL
PAPA
La cattolicità dono
e meta da raggiungere
Omelia nella festa dei Santi Pietro e Paolo
Mercoledì, 29 giugno 2005
Cari fratelli e sorelle,
la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo è insieme una
grata memoria dei grandi testimoni di Gesù Cristo e una solenne confessione in
favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. È anzitutto una festa della
cattolicità. Il segno della Pentecoste – la nuova comunità che parla in tutte le lingue e unisce tutti i popoli in un unico popolo, in una famiglia di Dio – è diventato
realtà. La nostra assemblea liturgica, nella quale sono riuniti Vescovi provenienti
da tutte le parti del mondo, persone di molteplici culture e nazioni, è un’immagine
della famiglia della Chiesa distribuita su tutta la terra. Stranieri sono diventati
amici; al di là di tutti i confini, ci riconosciamo fratelli. Con ciò è portata a compimento la missione di san Paolo, che sapeva di “essere liturgo di Gesù Cristo tra i
pagani… oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo” (Rm 15,16). Lo scopo
della missione è un’umanità divenuta essa stessa una glorificazione vivente di Dio,
il culto vero che Dio s’aspetta: è questo il senso più profondo di cattolicità – una cattolicità che già ci è stata donata e verso la quale tuttavia dobbiamo sempre di nuovo incamminarci.
Festa della cattolicità
Cattolicità non esprime solo una dimensione orizzontale, il raduno di molte
persone nell’unità; esprime anche una dimensione verticale: solo rivolgendo lo
sguardo a Dio, solo aprendoci a Lui noi possiamo diventare veramente una cosa
sola. Come Paolo, così anche Pietro venne a Roma, nella città che era il luogo di convergenza di tutti i popoli e che proprio per questo poteva diventare prima di ogni
altra espressione dell’universalità del Vangelo. Intraprendendo il viaggio da
Gerusalemme a Roma, egli sicuramente si sapeva guidato dalle voci dei profeti, dalla fede e dalla preghiera d’Israele. Fa parte infatti anche dell’annuncio dell’Antica
Alleanza la missione verso tutto il mondo: il popolo di Israele era destinato ad essere luce per le genti. Il grande salmo della Passione, il salmo 21, il cui primo versetto “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Gesù ha pronunciato sulla croce, terminava con la visione: “Torneranno al Signore tutti i confini della terra, si
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LA PAROLA
DEL
PAPA
prostreranno davanti a Lui tutte le famiglie dei popoli” (Sal 21,28). Quando Pietro
e Paolo vennero a Roma il Signore, che aveva iniziato quel salmo sulla croce, era
risuscitato; questa vittoria di Dio doveva ora essere annunciata a tutti i popoli, compiendo così la promessa con la quale il salmo si concludeva.
Cattolicità e unità
Cattolicità significa universalità – molteplicità che diventa unità; unità che
rimane tuttavia molteplicità. Dalla parola di Paolo sulla universalità della Chiesa
abbiamo già visto che fa parte di questa unità la capacità dei popoli di superare se
stessi, per guardare verso l’unico Dio. Il vero fondatore della teologia cattolica,
sant’Ireneo di Lione, ha espresso questo legame tra cattolicità e unità in modo molto bello: “Questa dottrina e questa fede la Chiesa disseminata in tutto il mondo
custodisce diligentemente formando quasi un’unica famiglia: la stessa fede con una
sola anima e un solo cuore, la stessa predicazione, insegnamento, tradizione come
avesse una sola bocca. Diverse sono le lingue secondo le regioni, ma unica e medesima è la forza della tradizione. Le Chiese di Germania non hanno una fede o tradizione diversa, come neppure quelle di Spagna, di Gallia, di Egitto, di Libia,
dell’Oriente, del centro della terra; come il sole creatura di Dio è uno solo e identico in tutto il mondo, così la luce della vera predicazione splende dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla cognizione della verità” (Adv. haer. I
10,2). L’unità degli uomini nella loro molteplicità è diventata possibile perché Dio,
questo unico Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi; perché la verità essenziale sulla nostra vita, sul nostro “di dove?” e “verso dove?”, è diventata visibile
quando Egli si è mostrato a noi e in Gesù Cristo ci ha fatto vedere il suo volto, se
stesso. Questa verità sull’essenza del nostro essere, sul nostro vivere e sul nostro
morire, verità che da Dio si è resa visibile, ci unisce e ci fa diventare fratelli.
Cattolicità e unità vanno insieme. E l’unità ha un contenuto: la fede che gli Apostoli
ci hanno trasmesso da parte di Cristo.
Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
Sono contento che ieri – nella festa di sant’Ireneo e nella vigilia della solennità
dei santi Pietro e Paolo – ho potuto consegnare alla Chiesa una nuova guida per la
trasmissione della fede, che ci aiuta a meglio conoscere e poi anche a meglio vivere
la fede che ci unisce: il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quello
che nel grande Catechismo, mediante le testimonianze dei santi di tutti i secoli e
con le riflessioni maturate nella teologia, è presentato in maniera dettagliata, è qui
ricapitolato nei suoi contenuti essenziali, che sono poi da tradurre nel linguaggio
quotidiano e da concretizzare sempre di nuovo. Il libro è strutturato come colloquio
in domande e risposte; quattordici immagini associate ai vari campi della fede invitano alla contemplazione e alla meditazione. Riassumono per così dire in modo visibile ciò che la parola sviluppa nel dettaglio. All’inizio c’è un’icona di Cristo del VI
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LA PAROLA
DEL
PAPA
secolo, che si trova sul monte Athos e rappresenta Cristo nella sua dignità di
Signore della terra, ma insieme come araldo del Vangelo, che porta in mano. “Io
sono colui che sono” – questo misterioso nome di Dio proposto nell’Antica Alleanza
– è riportato lì come suo nome proprio: tutto ciò che esiste viene da Lui; Egli è la
fonte originaria di ogni essere. E perché è unico, è anche sempre presente, è sempre vicino a noi e allo stesso tempo sempre ci precede: come “indicatore” sulla via
della nostra vita, anzi essendo Egli stesso la via. Non si può leggere questo libro
come si legge un romanzo. Bisogna meditarlo con calma nelle sue singole parti e
permettere che il suo contenuto, mediante le immagini, penetri nell’anima. Spero
che sia accolto in questo modo e possa diventare una buona guida nella trasmissione della fede.
La Chiesa è apostolica
Abbiamo detto che cattolicità della Chiesa e unità della Chiesa vanno insieme.
Il fatto che entrambe le dimensioni si rendano visibili a noi nelle figure dei santi
Apostoli, ci indica già la caratteristica successiva della Chiesa: essa è apostolica.
Che cosa significa? Il Signore ha istituito dodici Apostoli, così come dodici erano i
figli di Giacobbe, indicandoli con ciò come capostipiti del popolo di Dio che, diventato ormai universale, da allora in poi comprende tutti i popoli. San Marco ci dice
che Gesù chiamò gli Apostoli perché “stessero con lui e anche per mandarli” (Mc
3,14). Sembra quasi una contraddizione. Noi diremmo: o stanno con lui o sono mandati e si mettono in cammino. C’è una parola sugli angeli del santo Papa Gregorio
Magno che ci aiuta a sciogliere la contraddizione. Egli dice che gli angeli sono sempre mandati e allo stesso tempo sempre davanti a Dio: “Ovunque sono mandati,
ovunque vanno, camminano sempre nel seno di Dio” (Omelia 34,13). L’Apocalisse
ha qualificato i Vescovi come “angeli” della loro Chiesa, e possiamo quindi fare questa applicazione: gli Apostoli e i loro successori dovrebbero stare sempre con il loro
Signore e proprio così – ovunque vadano – essere sempre in comunione con Lui e
vivere di questa comunione.
Il pallio espressione della nostra missione apostolica
e della nostra comunione
La Chiesa è apostolica, perché confessa la fede degli Apostoli e cerca di viverla. Vi è una unicità che caratterizza i Dodici chiamati dal Signore, ma esiste allo
stesso tempo una continuità nella missione apostolica. San Pietro nella sua prima
lettera si è qualificato come “co-presbitero” con i presbiteri ai quali scrive (5,1). E
con ciò ha espresso il principio della successione apostolica: lo stesso ministero che
egli aveva ricevuto dal Signore ora continua nella Chiesa grazie all’ordinazione
sacerdotale. La Parola di Dio non è soltanto scritta ma, grazie ai testimoni che il
Signore nel sacramento ha inserito nel ministero apostolico, resta parola vivente.
Così ora mi rivolgo a Voi, cari confratelli Vescovi. vi saluto con affetto, insieme con
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LA PAROLA
DEL
PAPA
i vostri familiari e con i pellegrini delle rispettive Diocesi. Voi state per ricevere il
pallio dalle mani del Successore di Pietro. L’abbiamo fatto benedire, come da Pietro
stesso, ponendolo accanto alla sua tomba. Ora esso è espressione della nostra comune responsabilità davanti all’”arci-pastore” Gesù Cristo, del quale parla Pietro (1 Pt
5,4). Il pallio è espressione della nostra missione apostolica. È espressione della
nostra comunione, che nel ministero petrino ha la sua garanzia visibile. Con l’unità,
così come con l’apostolicità, è collegato il servizio petrino, che riunisce visibilmente
la Chiesa di tutte le parti e di tutti i tempi, difendendo in tal modo ciascuno di noi
dallo scivolare in false autonomie, che troppo facilmente si trasformano in interne
particolarizzazioni della Chiesa e possono compromettere così la sua indipendenza
interna. Con questo non vogliamo dimenticare che il senso di tutte le funzioni e
ministeri è in fondo che “arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del
Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo”, perché cresca il corpo di Cristo “in modo da edificare se stesso nella
carità” (Ef 4,13.16).
Saluto alla Chiesa Ortodossa di Costantinopoli
In questa prospettiva saluto di cuore e con gratitudine la delegazione della
Chiesa ortodossa di Costantinopoli, che è inviata dal Patriarca ecumenico
Bartolomeo I, al quale rivolgo un cordiale pensiero. Guidata dal Metropolita
Ioannis, è venuta a questa nostra festa e partecipa alla nostra celebrazione. Anche
se ancora non concordiamo nella questione dell’interpretazione e della portata del
ministero petrino, stiamo però insieme nella successione apostolica, siamo profondamente uniti gli uni con gli altri per il ministero vescovile e per il sacramento del
sacerdozio e confessiamo insieme la fede degli Apostoli come ci è donata nella
Scrittura e come è interpretata nei grandi Concili. In quest’ora del mondo piena di
scetticismo e di dubbi, ma anche ricca di desiderio di Dio, riconosciamo nuovamente la nostra missione comune di testimoniare insieme Cristo Signore e, sulla base
di quell’unità che già ci è donata, di aiutare il mondo perché creda. E supplichiamo
il Signore con tutto il cuore perché ci guidi all’unità piena in modo che lo splendore
della verità, che sola può creare l’unità, diventi di nuovo visibile nel mondo.
La Chiesa è santa
Il Vangelo di questo giorno ci parla della confessione di san Pietro da cui ha
avuto inizio la Chiesa: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Avendo
parlato oggi della Chiesa una, cattolica e apostolica, ma non ancora della Chiesa
santa, vogliamo ricordare in questo momento un’altra confessione di Pietro pronunciata nel nome dei Dodici nell’ora del grande abbandono: “Noi abbiamo creduto
e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,69). Che cosa significa? Gesù, nella
grande preghiera sacerdotale, dice di santificarsi per i discepoli, alludendo al sacrificio della sua morte (Gv 17,19). Con questo Gesù esprime implicitamente la sua
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LA PAROLA
DEL
PAPA
funzione di vero Sommo Sacerdote che realizza il mistero del “Giorno della
Riconciliazione”, non più soltanto nei riti sostitutivi, ma nella concretezza del proprio corpo e sangue. La parola “il Santo di Dio” nell’Antico Testamento indicava
Aronne come Sommo Sacerdote che aveva il compito di compiere la santificazione
d’Israele (Sal 105,16; vgl. Sir 45,6). La confessione di Pietro in favore di Cristo, che
egli dichiara il Santo di Dio, sta nel contesto del discorso eucaristico, nel quale Gesù
annuncia il grande Giorno della Riconciliazione mediante l’offerta di se stesso in
sacrificio: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Così,
sullo sfondo di questa confessione, sta il mistero sacerdotale di Gesù, il suo sacrificio per tutti noi.
La Chiesa non è santa da se stessa; consiste infatti di peccatori – lo sappiamo
e lo vediamo tutti. Piuttosto, essa viene sempre di nuovo santificata dall’amore
purificatore di Cristo. Dio non solo ha parlato: ci ha amato molto realisticamente,
amato fino alla morte del proprio Figlio. E’ proprio da qui che ci si mostra tutta la
grandezza della rivelazione che ha come iscritto nel cuore di Dio stesso le ferite.
Allora ciascuno di noi può dire personalmente con san Paolo: “Io vivo nella fede del
Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Preghiamo il
Signore perché la verità di questa parola si imprima profondamente, con la sua
gioia e la sua responsabilità, nel nostro cuore; preghiamo perché irradiandosi dalla
Celebrazione eucaristica, essa diventi sempre di più la forza che plasma la nostra
vita.
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CENTRO DIOCESANO GIOVANILE
Dalla Commissione di Pastorale Giovanile
al Laboratorio Permanente
La Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile ha dato ampio spazio negli
incontri tenuti nell’anno pastorale 2004-2005 alla riflessione sul Progetto di
Pastorale Giovanile della nostra Diocesi. La riflessione è maturata come conseguenza al biennio 2002-2004 dedicato ai Giovani e più precisamente ai passi di conversione che la nostra Chiesa locale deve attuare per comunicare loro il Vangelo in
modo più adeguato all’oggi, considerati i continui cambiamenti del mondo in cui
viviamo.
La riflessione, ancora in atto, pur tenendo conto del biennio dedicato ai giovani,
non ha tralasciato di considerare come punto di partenza quello che è l’attuale
Progetto di Pastorale Giovanile, e che a noi è stato consegnato nell’ultimo Sinodo
diocesano.
Si riportano sinteticamente le linee che hanno portato a considerare la
Commissione Diocesana di PG come un “laboratorio” ed è proprio nello stile del
laboratorio che si vorrà procedere nei prossimi mesi.
1. I perché della proposta
All’interno degli incontri della Commissione Diocesana di Pastorale Giovanile è
emersa la difficoltà di definire il livello e la struttura del Progetto di Pastorale
Giovanile che il Vescovo aveva chiesto di realizzare.
A che livello si deve porre un progetto diocesano? Deve dare solo le linee generali o deve dettagliare percorsi e metodologie? Nella prima ipotesi le indicazioni del
Sinodo diocesano sembrano esser per molti versi già sufficienti e, in ogni caso, si
rischia di costruire un documento poco applicabile all’interno delle singole realtà o
troppo generico per dare indicazioni pastorali chiare. Nel secondo caso il problema
sta nella grande eterogeneità delle situazioni (parrocchie piccole e grandi, movimenti, associazioni) in cui si realizzano interventi di pastorale giovanile e nella
molteplicità dei destinatari degli interventi.
Un secondo elemento di riflessione riguarda il tipo di modello pedagogico ed educativo a cui fare riferimento. Anche in questo caso l’eterogeneità delle situazioni che
si incontrano quotidianamente a livello pastorale, mettono in crisi l’ipotesi di poter
adottare un unico modello applicabile all’interno dei diversi contesti.
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CENTRO DIOCESANO GIOVANILE
Per questi fattori si vuole adottare un modello che si caratterizza per una maggiore flessibilità e per una modalità di costruzione degli interventi che non avviene
attraverso una previa programmazione fatta a tavolino, quanto attraverso un processo di costruzione e verifica in itinere degli interventi secondo una logica incrementale, per cui il passo successivo viene deciso solo durante o al termine del passo precedente.
Da queste riflessioni e facendo tesoro dei recenti incontri della Commissione
Diocesana di Pastorale Giovanile, così come del lavoro di ascolto degli anni precedenti, la proposta che viene presentata è quella di rivedere l’impostazione e le
modalità operative della Commissione, trasformandola in un laboratorio continuo
che, piuttosto che definire un progetto completo di pastorale giovanile, mette a
disposizione della diocesi una mappa di azioni, metodologie e obiettivi che possano
essere adattati ai singoli contesti locali.
2. Intendere la Commissione come un Laboratorio
Trasformare la Commissione in un Laboratorio vuol dire trasformarla in un luogo in cui si confrontano esperienze realizzate, si riflette su di esse e si sistematizzano in modo da poter essere confrontate e trasferite in altre realtà, così come in
parte si è cominciato a fare già quest’anno.
La proposta che viene presentata non è un semplice cambiamento di nome, ma
intende un cambiamento di prospettiva centrata sul “lavorare insieme”, per confrontarsi, sperimentare nuove soluzioni e proporre modelli ed esperienze concrete
di intervento con i giovani della diocesi.
Il laboratorio diventa in questo modo il luogo in cui vengono accolte le diverse
esperienze condotte all’interno della diocesi, vengono collegate agli strumenti, alle
tecniche, alle metodologie, agli obiettivi, alle finalità. Vengono individuate le connessioni e fornite le indicazioni per costruire quella mappa per la Pastorale
Giovanile che sarà messa a disposizione di tutti gli operatori presenti in diocesi.
3. Costruire una mappa per la Pastorale Giovanile
La mappa rappresenta una sorta di grande ipertesto organizzato secondo una
pluralità di livelli (finalità, obiettivi, metodi/modalità di azione, strumenti, esperienze).
Ogni livello è connesso a tutti gli altri, può essere arricchito progressivamente
(questo il senso del Laboratorio Permanente) e può rappresentare una porta di
accesso alla mappa. In pratica è possibile accedere alla mappa da uno qualsiasi dei
livelli, esplorandone le connessioni.
La logica è quella del processo per domande e risposte: a partire da una domanda specifica (come organizzare un corso per fidanzati? Come riuscire a trasmettere
ai ragazzi il valore della solidarietà?) si entra nella mappa al livello in cui si pensa
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CENTRO DIOCESANO GIOVANILE
di poter trovare la risposta cercata e da lì si esplora individuando gli obiettivi, le
metodologie, le esperienze, etc… connessi alla risposta.
Questo permetterà ad ogni operatore di costruire percorsi individualizzati in base
alle esigenze e alle risorse a disposizione, ma rimanendo all’interno di un contesto
di riflessione e condivisione generale delle azioni che dà coerenza e continuità all’azione pastorale della diocesi.
Anno Pastorale 2005-2006
Il Vescovo incontrerà la Commissione Diocesana e le Commissioni Vicariali di
Pastorale Giovanile, e tutti gli educatori di adolescenti e giovani Venerdì 16 settembre 2005 a Borgomanero, presso l’oratorio, alle ore 18,30.
In quella riunione verranno presentati i passi fatti dalla Commissione Diocesana
e quelli che saranno da compiere, contando sulla collaborazione di tutti gli operatori di PG, nel nuovo anno pastorale.
450
COORDINAMENTO UFFICI PASTORALI
Proposte dei laboratori
di Pastorale Giovanile
A conclusione del biennio dedicato ai giovani
Vengono segnalate alcune proposte che gli Uffici diocesani, dando seguito alle
indicazioni conclusive dei gruppi di lavoro del biennio dedicato ai giovani, hanno
elaborato per l’anno pastorale 2005-2006, dopo aver avviato l’esperienza dei laboratori di pastorale giovanile. Altri Uffici stanno elaborando le loro proposte, le quali verranno presentate dopo l’estate.
Ufficio catechistico – Sez. Scuola
• Promozione di opportune iniziative di formazione per i Docenti di Religione.
Alcune sono realizzabili già prima dell’estate nonostante il clima di incertezza
che vi è per i risultati del concorso. Per il prossimo anno tutto dipende da chi
dovrà tenere i corsi di approfondimento previsti dal MIUR per quanti entrano
in ruolo.
• Rinnovo del gruppo UCIIM grazie alla collaborazione dei Vicariati (individuazione di due docenti per ogni Vicariato).
• Attuazione di un forte legame di collaborazione tra UCIIM, AIMC e Ufficio
Scuola (esiste già un gruppo che lavora su questa linea). Il raggiungimento di
questo obiettivo dipende soprattutto dall’iniziativa di chi in Diocesi si occupa
delle Associazioni professionali.
• Programmazione in ogni Vicariato, come già si fa ad Arona, di un incontro fra i
Docenti di Religione e i Sacerdoti che si occupano dei giovani: per conoscersi,
per aiutarsi vicendevolmente, per preparare almeno una iniziativa comune.
Caritas diocesana
• Impegno della Caritas Diocesana affinché le Caritas Parrocchiali diano spazio
alla presenza di giovani nelle strutture caritative e promuovano in tutte le età
una formazione aperta alla carità.
• Ormai abrogato il servizio di leva e la conseguente obiezione di coscienza, impegno della Caritas Diocesana per la promozione del servizio civile attraverso contatti diretti nelle scuole e spettacoli mirati a una migliore percezione delle possibilità offerte in proposito.
Ufficio famiglia
• Preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia con l’orizzonte del
“dopo”.
• Accompagnamento delle giovani coppie.
• Famiglia e iniziazione cristiana.
Ufficio missionario
• Sensibilizzazione dei giovani alla Missione ad gentes (Pella, 1-3 luglio; Veglia
missionaria, 22 ottobre)
451
CONSULTA DIOCESANA PASTORALE
DELLA
SANITÀ
Bilancio a conclusione del 1° quinquennio
(2001-2005) e obiettivi per il prossimo
quinquennio della Pastorale della Sanità
1. Il cammino fatto
Nell’anno 2005 si chiude il primo quinquennio in cui la Diocesi di Novara è stata
dotata di un Ufficio autonomo per la Pastorale della Sanità con la nomina di uno
specifico responsabile nella persona di don Pier Davide Guenzi. A questo Ufficio
afferisce la Consulta Diocesana per la Pastorale della Sanità istituita con decreto
vescovile il 20 febbraio 2001.
L’attenzione alla sanità, come uno dei capitoli della pastorale ecclesiale, è stata
proposta in modo autorevole nella Nota della Consulta nazionale per la pastorale
della sanità La pastorale della salute nella Chiesa italiana del 30 marzo 1989, che
costituisce a tutt’oggi il più completo documento di riferimento per delimitare e
comprendere gli aspetti peculiari di tale servizio della Chiesa nel mondo della
malattia e della sofferenza. L’Assemblea della CEI del prossimo autunno probabilmente fornirà un più aggiornato documento che consentirà di riprendere e
approfondire, nonché rilanciare e promuovere in modo più ampio la pastorale della
sanità, anche nella nostra Diocesi.
Il numero 20 della Nota del 1989 forniva un campionario esauriente dei vari
aspetti della pastorale della sanità. Su di esso si sono mossi i lavori e le iniziative
della Consulta Diocesana in questo quinquennio, dopo un adeguato discernimento
delle indicazioni emerse nella sessione del Consiglio Pastorale Diocesano del 19
maggio 2001 (Pella), tenendo conto di obiettivi realisticamente perseguibili. Diamo
per disteso, semplificandoli, gli obiettivi proposti già nel 1989 dalla CEI per la
Pastorale della Sanità:
•
•
•
illuminare con la fede il mondo della sanità e della ricerca tecno-scientifica in
campo medico;
svolgere opera di educazione sanitaria e morale, alla luce della dignità della
persona umana;
contribuire all’umanizzazione delle strutture ospedaliere comprendendo le problematiche connesse con l’evoluzione del modello di ospedale e il suo rapporto
con il territorio;
452
CONSULTA DIOCESANA PASTORALE
•
•
•
DELLA
SANITÀ
aiutare le persone ammalate e disabili a vivere un percorso di recupero del senso della vita e un adeguato cammino di fede e accompagnare i famigliari che
sono accanto a loro;
favorire percorsi di formazione per il personale sanitario per unire alla competenza professionale adeguate qualità umane ed etiche;
sensibilizzare le comunità cristiane sul problema della pastorale degli ammalati e offrire sussidi in tal senso.
2. Le realizzazioni di questi ultimi anni
Nel 2004-2005 è stato approfondito il lavoro programmato e verificato per il
quinquennio 2000-2005, puntualmente proposto ogni anno nel fascicolo del mese di
maggio o giugno-luglio della Rivista Diocesana Novarese. In particolare:
•
il potenziamento dell’animazione nelle parrocchie in occasione della Giornata
Mondiale del Malato;
•
l’attenzione alla cura pastorale delle persone disabili, per la quale è stato redatto un documento diocesano pubblicato nel giugno 2004 e per le quali nel prossimo anno pastorale dovrebbe essere avviato un percorso di catechesi destinato
in particolare all’area della disabilità psichica;
•
la riorganizzazione della sezione diocesana dell’Associazione Medici Cattolici
Italiani, compiutasi con l’elezione di un nuovo Consiglio di Presidenza nel mese
di febbraio 2005;
•
l’avvio di un gruppo di riflessione per operatori sanitari nell’area della provincia del Verbano-Cusio-Ossola;
•
la promozione di più momenti di incontro di carattere etico-professionale destinati al personale medico-infermieristico dei presidi ospedalieri territoriali;
•
l’accompagnamento di un gruppo di laici (35 persone) che hanno completato nell’anno 2004 il percorso biennale di formazione sull’animazione spirituale delle
persone ammalate;
•
i contatti con le istituzioni ospedaliere territoriali;
•
l’incontro annuale con i membri delle Associazioni cristiane impegnate nella
cura degli ammalati tenutosi lo scorso 2 giugno 2005 e, dal 2003, pensato e preparato insieme come momento di comunione tra le varie Associazioni (CVS,
MAS, MAC, OFTAL, AMCI, Volontari della notte, AVO, AVULS, AVAS).
A questi impegni gestiti in solidum dalla Consulta si sono aggiunti i momenti
in cui il Responsabile diocesano è stato invitato a svolgere relazioni, a tenere seminari, a guidare momenti di spiritualità presso istituzioni civili (Università del
Piemonte Orientale, Presidi ospedalieri territoriali, Associazioni di volontariato) e
religiose. È possibile complessivamente rilevare che, almeno per il territorio della
provincia di Novara (comprendente gli Ospedali di Novara, Borgomanero, Arona,
Galliate), sono state avviate feconde collaborazioni che si sono consolidate nel corso di questi anni e possono far ben sperare per il futuro anche in vista dell’allargamento di operatività in altre aree del territorio diocesano (VCO).
453
CONSULTA DIOCESANA PASTORALE
DELLA
SANITÀ
3. Obiettivi per il prossimo quinquennio
In vista del prossimo quinquennio si pongono i seguenti obiettivi:
a) Lo sviluppo, a partire dal prossimo anno pastorale, di momenti coordinati a
livello diocesano di catechesi per ragazzi e giovani affetti da disabilità psichica secondo il progetto varato nel 2004.
b) La verifica del servizio dei cappellani ospedalieri con una più decisa azione
per il rafforzamento delle cappellanie ospedaliere. In particolare occorrerà
tenere presente la necessità di formare qualche sacerdote al delicato compito di accompagnamento dei malati terminali che saranno accolti negli
Hospice di prossima costituzione o seguiti dalle equipe di cure palliative
territoriali.
c)
L’organizzazione durante il prossimo quinquennio di un corso biennale di
formazione per laici e laiche cristiani nel servizio di animazione spirituale
ai malati sia ospedalizzati o ospiti presso “case di riposo” che nelle parrocchie. A questo proposito il Corso residenziale potrebbe essere avviato già nei
primi mesi del 2006, usufruendo della struttura diocesana di accoglienza di
Verbania (“Famiglia Studenti”), e aprendolo anche a laici e laiche di altre
diocesi.
d) La messa in opera di momenti formativi rivolti al clero delle parrocchie e di
aggiornamento sulla pastorale delle persone ammalate. Il potenziamento
del servizio dei ministri straordinari della comunione eucaristica.
L’inserimento di momenti formativi (nella forma di stage presso l’Ospedale
Maggiore di Novara) con i diaconi che si preparano a ricevere l’ordinazione
sacerdotale.
e) L’attenzione alle Associazioni presenti in Diocesi che a vario titolo si occupano di pastorale della sanità per qualificare meglio il servizio che ciascuna può offrire ai malati nelle parrocchie.
f)
Una maggiore presenza nelle istituzioni sanitarie degli ospedali, dei luoghi
di cura e di degenza per verificare la qualità e le possibilità di un adeguato
servizio religioso e per offrire momenti formativi sui valori della cura dovuta alla persona ammalata.
g) La composizione di una nuova Consulta Diocesana della Sanità (ancora da
delineare per conferirvi maggiore rappresentatività e qualità di contributi)
per dare corso a queste iniziative.
454
CONSULTA DIOCESANA PASTORALE
DELLA
SANITÀ
4. Che cosa viene chiesto ai Vicariati e alle parrocchie per il prossimo
quinquennio
Il Responsabile diocesano ha avuto già modo negli anni scorsi di scrivere ai
vicari territoriali segnalando qualche richiesta, qui ripresa, offrendo la sua piena
disponibilità alla collaborazione per la realizzazione di eventuali iniziative territoriali. Quanto proposto è stato oggetto di comunicazione ai vicari territoriali nella
riunione programmata a giugno 2005.
Per una più significativa attenzione alla pastorale della sanità e delle persone
ammalate sul territorio e nelle parrocchie, sono da ritenere importanti le seguenti
iniziative.
a) Dedicare qualche tempo di riflessione nel Consiglio Pastorale vicariale al
capitolo della pastorale della sanità, invitando anche le parrocchie a riprendere questo aspetto.
b) Dedicare almeno un incontro formativo per il clero di aggiornamento sulla
bioetica e un’altro di riflessione sulla pastorale del tempo della malattia
(magari rivisitando lo stesso Rituale per l’Unzione degli infermi e la loro
cura pastorale).
c)
Verificare la possibilità di potenziare e qualificare il servizio domenicale dei
ministri della comunione eucaristica accanto a quanti sono impediti nella
partecipazione alla messa parrocchiale.
d) Reperire laici e laiche, già dotati di una specifica sensibilità, per invitarli al
prossimo corso di formazione per operatori pastorali di animazione spirituale accanto alle persone ammalate.
e) Invitare i medici che vivono la loro professione con spirito cristiano, presenti nelle parrocchie, ad aderire alla sezione di Novara dell’Associazione
Medici Cattolici Italiani.
455
ECONOMATO
Relazione al bilancio 2004
della Curia diocesana
Per rendere informata e corresponsabile la comunità diocesana viene presentato il bilancio della Curia con i costi sostenuti per il funzionamento dei vari uffici e i proventi che vengono utilizzati per far
fronte alle varie uscite.
L’esercizio 2004 della Curia Diocesana si è chiuso con una perdita di
euro 133.738,32, inferiore di 107.000,00 euro rispetto al 2003.
Per il funzionamento degli uffici di Curia si è dovuta utilizzare una
quota dei Fondi otto per mille pari a euro 247.815,30. La suddivisione di tale cifra è riportata di seguito al bilancio.
Si ricorda che gli uffici hanno un proprio bilancio di entrata e di
uscita. La quota indicata tra le uscite di questo bilancio rappresenta
solo il contributo della Diocesi e dell’otto per mille all’attività degli
uffici.
L’assegnazione fatta alla Caritas Diocesana di euro 116.123,00 è
comprensiva di un contributo straordinario alla Cooperativa “Porte
Aperte”.
Le assegnazioni dei fondi stanziati dalla CEI per la nostra Diocesi
per “il Culto e la Pastorale” (euro 1.017.570,05) e per le “iniziative di
Carità” (euro 543.964,93) sono state pubblicate sulla Rivista
Diocesana del dicembre 2004.
Per l’Inventario dei Beni Culturali viene presentato a parte il bilancio in modo dettagliato in quanto risulta un impegno notevole per la
Diocesi e coinvolge tutte le parrocchie.
456
ECONOMATO
ENTRATE
QUOTE PROVENIENTI DALL’IDSC
Diritti di Curia
€
DALLE PARROCCHIE
Messe binate e ad mentem episcopi
Offerte deducibili
Rivista Diocesana
Giornata Diocesana
PROVENTI FINANZIARI
Interessi conto corrente bancario
Interessi investimenti mobiliari
ALTRI PROVENTI
Sopravvenienze attive
Rimborsi servizi e stampati
Affitti attivi
Quote Otto per mille dalla CEI
€
€
€
€
€
21.000,00
€
223.513,10
€
30.474,10
€
620.659,04
€
895.646,24
€
107.328,97
€
38.791,90
€
131.638,33
21.000,00
120.013,00
28.000,00
25.140,00
50.360,10
€
€
1.118,24
29.355,86
€ 37.172,38
€
891,44
€ 334.779,92
€ 247.815,30
TOTALE ENTRATE
USCITE
GESTIONE IMMOBILIARE
Immobile Curia
Assicurazioni
Gas
Luce e forza motrice
Acqua
Nettezza urbana
Pulizia uffici Curia
Vigilanza notturna
Manutenzioni
Affitto ufficio Centro Missionario
€
€
€
€
€
€
€
€
€
1.942,04
33.423,67
10.584,13
900,96
4.160,11
29.640,00
567,00
12.445,89
13.665,17
Gestione altri edifici
€
38.791,90
GESTIONE UFFICI
Cancelleria e stampati
Spese postali
Spese telefoniche
Abbonamenti riviste e giornali
€
€
€
€
20.528,61
5.694,61
27.367,46
3.043,99
457
ECONOMATO
Manutenzione macchine ufficio
Spese Bancarie
Pubblicazioni
Rivista Diocesana
Consulenze
Visure catastali
Utilizzo Internet
€
€
€
€
€
€
€
10.247,35
1.472,59
27.629,40
19.940,94
10.415,75
1.877,63
3.420,00
SPESE ATTIVITA’ UFFICI
Ufficio Catechistico Scuola
€
Caritas Diocesana
€
€
Pastorale sanitaria
Pastorale del lavoro
€
€
Centro Diocesano Vocazionale
Casa Vescovile
€
Archivio
€
Ufficio Clero
€
€
Consiglio Pastorale e Laicato
Centro Diocesano Giovanile
€
Past. Universitaria e Prog. Culturale €
Beni Culturali Ecclesiastici
€
Consultorio familiare
€
Pastorale Familiare
€
Inventario Beni Culturali
€
Migrantes
€
Ufficio Comunicazioni Sociali
€
595,30
116.123,00
2.103,62
7.500,00
14.000,00
33.395,07
13.230,91
399,08
1.950,00
8.009,05
15.000,00
10.977,32
60.000,00
4.380,64
28.589,28
4.000,00
753,58
PERSONALE
Stipendi
Contributi
Accantonamento TFR
Borse di studio ai sacerdoti studenti
Diaconi seminaristi
€
€
€
€
€
163.215,29
92.313,81
17.867,13
9.865,37
11.430,00
ONERI FINANZIARI
Interessi passivi
€
37.560,59
SPESE VARIE
Ammortamenti
Manifestazioni culturali e convegni
Conferenza Episcopale Piemontese
Spese diverse
Affitto uffici Stampa Diocesana
Novarien
€
€
€
€
€
€
26.900,00
13.881,97
15.909,00
31.130,84
6.426,15
10.000,00
458
€
321.006,85
€
294.691,60
€
37.560,59
€
104.247,96
ECONOMATO
€
24.118,36
TOTALE SPESE
€
1.059.384,56
ENTRATE
USCITE
PERDITA D’ESERCIZIO
€
€
€
895.646,24
1.059.384,56
133.738,32
IMPOSTE E TASSE
Imposte e tasse
€
24.118,36
DIVISIONE DEI CONTRIBUTI OTTO PER MILLE
PRESENTI IN BILANCIO
Pubblicazioni
€
27.629,40
Uffici diocesani
€
65.000,00
Affitto uffici Stampa Diocesana
€
6.426,15
Pastorale universitaria
€
15.000,00
€
7.636,75
Rette sacerdoti studenti
Contributi Caritas
€
86.123,00
Consultorio
€
40.000,00
€
TOTALE CONTRIBUTI
247.815,30
INVENTARIO BENI CULTURALI
ENTRATE
Contributi Parrocchie
€
20.520,50
Contributi Regione
€
37.915,00
Stanziamento fondi Otto per mille
€
50.000,00
€
108.435,50
Totale Uscite
€
137.024,78
Disavanzo 2004
€
28.589,28
Disavanzo anni precedenti
€
48.216,62
Totale Disavanzo
€
76.805,20
Totale Entrate
USCITE
Stipendi personale
Rimborsi spese personale
Costi di gestione
€
€
€
459
79.330,88
12.600,00
45.093,20
CARITAS DIOCESANA
Telesoccorso... una buona idea
diventata una realtà
Iniziativa della Caritas Diocesana a favore delle persone anziane
Con la prima settimana di maggio 2005 è terminato il corso di Formazione
Vivi la vita” per i Volontari che si alternano nella Centrale
dell’Associazione “V
telefonica 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno. Il corso aveva come titolo
“L’unione fa la forza” e come sottotitolo “per essere Volontari fino in fondo”. Le quattro serate formative avevano per argomento l’ascolto delle persone anziane, che
usufruiscono del servizio di Telesoccorso e che vengono contattate telefonicamente
dai Volontari.
Il servizio di Telesoccorso è sorto il 1° Luglio 1990 da una iniziativa della Caritas
a seguito di un rilevamento effettuato a Novara. Si scoprì che la nostra città era abitata da molti anziani con un età compresa dai 60 ai 90 anni. Molti di loro restavano in casa quasi tutto il giorno, mantenendo pochi contatti con il mondo esterno.
Per queste persone la malattia e la perdita dell’autosufficienza potevano significare un ricovero in istituto, un ricovero non desiderato.
Ragionando sul tema della qualità della vita, la Caritas si volle adoperare per
permettere a queste persone di rimanere in casa coi propri affetti e ricordi. La soluzione venne trovata con l’adozione di una apparecchiatura che permetteva di mettersi in contatto in “viva voce” con la persona anziana quando questa avesse premuto un apposito telecomando. Il servizio, nato in forma sperimentale, con l’impegno di Volontari e di obiettori di coscienza, ha poi continuato ad operare ininterrottamente 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Successivamente, nel 1993, tra i
Vivi la Vita” che prese in
Volontari che già operavano, si costituì l’Associazione “V
gestione dalla Caritas il servizio di Telesoccorso-telecontrollo-teleassistenza.
Il servizio si articola in tre momenti:
Il telesoccorso è un sistema di sicurezza e consente all’operatore Volontario di
mettersi immediatamente in contatto con l‘Utente che ha premuto il telecomando
in dotazione. Questo sistema “viva voce” consente di collegarsi in tempo reale con
l’abitazione dell’Utente per accertare i motivi della chiamata di allarme e per attivare immediatamente, se necessario, gli opportuni soccorsi.
460
CARITAS DIOCESANA
Il telecontrollo è un contatto telefonico mensile nel quale si invita l’Utente a
fare una prova di allarme, con il duplice scopo di verificare l’efficienza dell’apparecchiatura e di far prendere confidenza con l’apparecchiatura.
La teleassistenza è un servizio di “intimità a distanza”; viene svolto da
Volontari che, motivati da spirito di solidarietà umana, telefonano agli Utenti due
volte alla settimana. Si tratta di un rapporto interpersonale finalizzato a infondere
sicurezza, ad alleviare il timore della solitudine, facendo sentire ogni persona non
dimenticata ed ancora importante.
Le apparecchiature vengono fornite in comodato d’uso.
Per tutto questo, al fine di ottenere i migliori risultati, è necessario creare intorno alla persona anziana una rete di referenti (parenti, amici, vicini di casa) da far
intervenire in caso di necessità.
Il servizio di Telesoccorso si può ottenere direttamente tramite contatto telefoniVivi la Vita” in Via San Gaudenzio n.11
co con la Segreteria dell’Associazione “V
Novara (tel. 0321/629200; Fax: 0321/683266; e-mail: [email protected]) oppure informandosi presso i Servizi Sociali del comune di residenza, il quale, sulla base dei parametri ISEE, può assumersi in tutto od in parte l’onere per il
canone del servizio.
461
CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO
Costituita una nuova Onlus
per un miglior servizio
verso le molteplici attività della Diocesi
Sollecitato da tempo e da diverse persone, in modo particolare da quei benefattori che intendevano detrarre dalla loro dichiarazione dei redditi le offerte destinate
al sostegno delle opere attivate dai nostri missionari, il Centro Missionario
Diocesano, dopo un’attenta considerazione dei pro e dei contro, ha chiesto alla
Curia Diocesana di istituire una Onlus che servisse per queste richieste.
La risposta è stata positiva e la nuova Onlus comprende inoltre altre attività che
permetteranno a diversi offerenti di usufruire di questo servizio anche per offerte
non specificatamente dirette ai paesi di missione.
Così oltre alle offerte per i nostri missionari, a quelle per le adozioni a distanza
ed al sostegno di progetti che sono già in atto, si potranno far confluire sul conto:
Diocesi di Novara “Gocce di Solidarietà” - Onlus, anche le offerte per alcune
attività sociali e per il mantenimento dei beni culturali della nostra diocesi, secondo quanto specificato nel testo dello statuto della Onlus stessa.
In tal modo si spera di andare incontro ad una richiesta sempre più pressante, e
soddisfare le esigenze di quelle persone che richiedono questa opzione.
A partire dal mese di giugno, il Centro Missionario Diocesano che funge da
segreteria operativa della neo-costituita Onlus diocesana, potrà rilasciare la ricevuta necessaria da allegare alle future dichiarazioni dei redditi.
I riferimenti operativi per chi volesse usufruirne, sono i seguenti:
1. bonifico bancario intestato a:
Diocesi di Novara - “Gocce di solidarietà” - Onlus
C.C.B. N° 9000 della Banca Popolare di Novara (Ag.1)
CIN T; ABI 05608; CAB 10101;
Per le offerte pervenute tramite banca, ai fini della detrazione fiscale, fa
fede la ricevuta del bonifico bancario;
2. versamenti presso l’ufficio del Centro Missionario Diocesano (Vicolo
Canonica 3/b Novara):
- se effettuati a mezzo assegno bancario intestato a‘Diocesi di Novara “Gocce di
solidarietà” – Onlus’, verrà rilasciata opportuna ricevuta valida ai fini della detrazione fiscale;
- se effettuato in contanti provvederemo a girare l’offerta, con bonifico, sul c/c bancario della Onlus per conto dell’offerente al quale verrà inviata la contabile della
banca, che potrà essere utilizzata per la dichiarazione dei redditi.
In ogni caso ci sarà bisogno che l’offerente indichi sempre il proprio codice fiscale, le generalità e l’indirizzo, specificando, ovviamente, con precisione la causale
del versamento, data la diversa tipologia degli interventi della Onlus.
462
CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO
Nasce la fondazione Missio
nuovo strumento della CEI per migliorare
il servizio missionario della Chiesa italiana
Da sempre il variegato arcipelago missionario italiano, che caratterizza il panorama del servizio “Ad Gentes”, sentiva il bisogno di trovare un’unitarietà di conduzione e di direzione, per migliorare l’impegno che offriva alle nuove giovani Chiese.
Le PP.OO.MM che svolgevano un meritorio lavoro di sensibilizzazzione, soprattutto attraverso una sempre più accurata valorizzazione dell’ottobre missionario,
erano in un certo qual modo quasi “estranee” alla attività missionaria, che a partire dal Concilio, era andata sempre più emergendo nelle diocesi italiane, in modo
particolare nelle diocesi di Piemonte, Lombardia e Triveneto.
Allo stesso modo l’Ufficio per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese che la CEI
aveva costituito per seguire l’attività dei sacerdoti Fidei Donum e successivamente
per integrare le attività missionarie di una sempre più vasta rete di associazioni
laicali, rischiava di lavorare solo su alcuni settori, senza per altro incidere su una
programmazione più articolata che coinvolgesse l’intera famiglia missionaria.
In questa linea lo stesso CUM di Verona (Centro Unitario Missionario) che già
all’inizio degli anni novanta aveva inglobato il CEIAL e il CEIAS, pur svolgendo
una meritoria opera di preparazione e di accompagnamento dei missionari italiani
partenti per le diverse frontiere della evangelizzazione e della promozione umana,
rischiava di rimanere isolato nel suo impegno per la mancanza di un più stretto collegamento con le altre realtà missionarie.
Si tenga inoltre conto che dal punto di vista istituzionale, le PP.OO.MM. rispondevano alla Congregazione Vaticana di Propaganda Fide, mentre l’Ufficio
Missionario Nazionale e il CUM, avevano come riferimento la Conferenza
Episcopale Italiana.
Questa situazione portava a volte questi tre meritori organismi missionari a lavorare più su piani paralleli, che non ad integrarsi con un più incisivo lavoro fatto utilizzando le varie sinergie dei diversi componenti.
463
CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO
I Centri Missionari più impegnati, specialmente quelli del Nord Italia, da tempo
segnalavano l’incongruenza della situazione, tanto più che nelle diocesi italiane la
costituzione, su sollecitazione del Concilio, dei Centri Missionari Diocesani portava
ad accorpare i vari servizi in un unico Consiglio Missonario, affidandone nel contempo le diverse responsabilità ad un unico direttore.
Tale situazione veniva segnalata sempre più frequentemente, come un impedimento ad una più sollecita animazione missionaria, tanto da spingere i vari
Direttori nazionali succedutisi in questi anni a trovare una soluzione che desse
ordine ad una situazione non più sostenibile. Questo lungo cammino si è concretizzato nel mese di marzo di quest’anno, con la costituzione della fondazione MISSIO
facente capo alla CEI, che a sua volta ha inglobato sia il Consiglio Nazionale
Missionario, il CUM, come le PPOOMM, scorporandole in questo da Propaganda
Fide.
Questa operazione ha portato la Direzione Nazionale delle PP.OO.MM. italiane
ad assumere una più precisa configurazione giuridica ed a avere una nuova sede a
Roma, facendo risaltare così il comune servizio all’universalità missionaria della
Chiesa italiana, grazie al collegamento più stretto con le altre realtà operanti in
Italia.
La fondazione MISSIO, a partire dal 2005, si trova così ad aver inglobato dentro
di se tutto il lavoro che veniva fatto per la Chiesa universale a carico delle
PP.OO.MM. e tutta la responsabilità legata ai diversi progetti delle singole diocesi
italiane facenti capo all’Ufficio missionario nazionale. Nulla vieta per il futuro che
potranno confluire nella fondazione MISSIO altri settori ed altre realtà missionarie, realizzando così quella unitarietà di intenti tanto desiderata quanto di difficile
realizzazione.
E’ significativo che nel decennio dedicato a “Comunicare il Vangelo in un mondo
che cambia” la CEI abbia inteso rilanciare con forza l’impegno “Ad Gentes” e la cooperazione missionaria della Chiesa in Italia, costituendo questa fondazione MISSIO, autentica novità nel panorama missionario italiano degli ultimi decenni.
Un auspicio di comunione e di impegno a più voci che certamente troverà un
riscontro positivo, non solo nella grande famiglia missionaria italiana, ma anche e
soprattutto in quella realtà ecclesiale sempre attenta e sensibile ai problemi
dell’Evangelizzazione e della Promozione Umana che caratterizza il lavoro dei
nostri missionari.
Don Mario Bandera
Direttore CMD -Novara
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UFFICIO BENI CULTURALI
Tutela e promozione
del patrimonio artistico
Pratiche di restauro-inventario-pubblicazioni
Viene presentata l’attività dell’Ufficio svolta nel periodo gennaio - giugno 2005,
cogliendo l’occasione per sottolineare l’impegno prezioso e insostituibile delle
Parrocchie nell’attenzione e nella tutela dei Beni Culturali religiosi.
ESAME E INOLTRO DELLE PRATICHE DI RESTAURO
Questo l’elenco delle pratiche esaminate ed inoltrate agli Organi di Tutela da gennaio a giugno 2005, ai sensi dell’Intesa del 13 settembre 1996, nonché delle precisazioni, della osservazioni e dei consigli offerti alle Parrocchie.
SA = Soprintendenza Archeologica
SBAA = Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio
SBAS = Soprintendenza per il patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico
AGNONA – Chiesa San Grato – Copertura – SBAA
AMENO – Chiesa S.Giovanni – Restauro superfici interne ed esterne – SBAA – SBAS
ANTRONA SCHIERANCO – Chiesa Parr. – Consolidamento conservativo – SBAA
ARTO’ – Chiesa Parrocchiale – Parere di fattibilità modifiche facciata – SBAA
BACENO – Chiesa Parrocchiale – Nuovo impianto illuminazione esterna – SBAA
BAGNELLA – Cappelle votive e risanamento opere murarie – SBAA
BELLINZAGO – Chiesa Parrocchiale – Statua – Restauro – SBAS
BELLINZAGO – Chiesa S.Anna – Restauro affreschi e decorazioni – SBAA – SBAS
BORGOMANERO – Chiesa SS.Trinità – Restauro murature perimetrali – SBAA
BORGOMANERO – Parrocchia S. Marco – Cappella – Restauro – SBAA – SBAS
BORGOSESIA – Oratorio S.Bernardo in Verzura – Dipinto su tela – Restauro – SBAS
BUGNATE – Chiesa Parrocchiale – Impianto di riscaldamento – SBAA
CAMERI – Padri Passionisti – Fabbricato – Ristrutturazione interna – SBAA
CAMPERTOGNO – Oratorio San Carlo – Dipinto su tela – Restauro – SBAS
CAMPINO-SOMERARO – Chiesa Parr. – Dipinto su tela – Restauro – SBAS
CARCEGNA – Chiesa Parr. – Affreschi e arredi lignei – Restauro – SBAA – SBAS
CARCEGNA – Chiesa Parrocchiale – Restauro portale – SBAS – SBAA
CAVAGLIANO – Chiesa S.Quirico e Giulitta – Ritinteggiatura facciata – SBAA
CHESIO – Chiesa Parrocchiale – Restauro armadio reliquie – SBAS
COSASCA – Chiesa S.Lorenzo – Risanamento intonaci e coperture – SBAA – SBAS
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UFFICIO BENI CULTURALI
CRESSA – Chiesa Parrocchiale – Organo – Restauro – SBAS
CUZZAGO – Chiesa Parr. – Gruppo scultoreo ligneo – Restauro – SBAS – SBAA
DAGNENTE – Chiesa Parr. – Adeguamento impianto elettrico e riscaldamento – SBAA
DOMODOSSOLA – Chiesa Fraz. Anzuno – Dipinto su tela - Restauro – SBAS
FARA NOVARESE – Chiesa Parrocchiale – Organo – SBAS
FOSSENO – Chiesa Parrocchiale – Cappella – Restauro – SBAA – SBAS
GARBAGNA – Chiesa Parr. – Coperture, facciate e decorazioni interne – SBAA – SBAS
GHEMME – Chiesa Parrocchiale – Dipinti su tela – Restauro – SBAS
GHEVIO – Fabbricato parrocchiale – Manutenzione straordinaria e recupero – SBAA
GHIFFA – Monastero – Ampliamento Chiesa e sistemazione aree esterne – SBAA
GHIFFA – Monastero Benedettine – Ampliamento fabbricato e recupero – SBAA
GIGNESE – Chiesa San Rocco – Nuovo impianto di riscaldamento – SBAA
GIONZANA – Chiesa Madonna del Latte – Restauro strutturale – SBAA – SBAS
GRAGLIA PIANA – Chiesa – Risanamento e restauro conservativo – SBAS
GRAVELLONA LOM. – Chiesa Barbavara – Rimozione statue e pennacchi – SBAA
INTRAGNA – Casa Parrocchiale – Opere interne – SBAA
INVORIO SUP. – Chiesa Parr. – Cantoria dell’organo e mobile – Restauro – SBAS
INVORIO SUP. – Chiesa Parr. – Manutenzione straordinaria dell’organo – SBAS
MACUGNAGA – Oratorio - Fraz. Borca – Altare ligneo – Restauro – SBAS
MAGGIORA – Chiesa Parrocchiale – Dipinto su tela – Restauro – SBAS
MARANO – Chiesa S.Maria della Concezione – Intonaci e decorazioni – SBAA – SBAS
MASERA – Chiesa Parrocchiale – Restauro e conservazione – SBAA – SBAS
MERCURAGO – Chiesa Parr. – Affresco – Restauro conservativo – SBAA – SBAS
MERGOZZO – Chiesa Parr. – Affreschi Via Crucis – Restauro – SBAS – SBAA
MERGOZZO – Chiesa S. Marta – Restauro superfici interne – SBAS – SBAA
MEZZOMERICO – Chiesa Parr. – Restauro decorazioni interne – SBAA – SBAS
MIASINO – Chiesa Parr. – Affreschi, Cappella Annunciazione – Restauro – SBAS – SBAA
MIASINO – Chiesa Parr. – Affreschi, Cappella S. Giuseppe – Restauro – SBAS – SBAA
MIASINO – Chiesa Parr. – Tele, Cappella Annunciazione – Restauro – SBAS
MIASINO – Chiesa S. Maria – Restauro portale cappella – SBAS – SBAA
MOLLIA – Cappella Faz. Piana Fontana – Restauro conservativo – SBAS – SBAA
MOMO – Chiesa Parr. – Manutenzione ordinaria delle facciate – SBAA – SBAS
MOMO – Chiesa San Rocco – Restauro facciata – SBAA – SBAS
MOMO – Chiesa SS.Trinità – Impermeabilizzazione copertura – SBAA
MONTECRESTESE – Chiesa Parrocchiale – Organo – Restauro – SBAS
MONTECRESTESE – Chiesa Parr. – Restauro superfici interne – SBAS – SBAA
NOVARA – Parrocchia Santa Rita – Statua lignea – Restauro – SBAS
NOVARA – Loc. Agognate – Complesso conventuale – Restauro sacrestia – SBAA
OLEGGIO – Museo d’Arte Religiosa – Dipinto su tela – Restauro – SBAS
OLEGGIO – Oratorio in Gaggiolo – Tinteggiatura facciate – SBAA – SBAS
OLEGGIO – Oratorio S. Gaudenzio – Segnalazione demolizione muretto – SBAA
ORNAVASSO – Chiesa S. Rocco – Manutenzione coperture e tinteggiatura facciate – SBAA
PALLANZA – Chiesa Madonna di Campagna – Edificio parr. – Copertura – SBAA
PALLANZA – Chiesa S. Leonardo – Restauro conservativo altari – SBAS – SBAA
PALLANZA – Chiesa S. Stefano – Restauro conservativo architettonico – SBAA – SBAS
PIODE – Oratorio Fraz. Dughera – Manutenzione e restauro - SBAA – SBAS
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UFFICIO BENI CULTURALI
POGNO – Chiesa Fraz. Prerro – Restauro impianto elettrico e termico – SBAA
POMBIA – Chiesa S.Maria della Pila – Restauro oratorio – SBAS – SBAA
POMBIA – Chiesa S.Maria della Pila – Consolidamento chiesa e campanile – SBAA
QUARNA SOPRA – Oratorio San Rocco – Restauro pronao – SBAS – SBAA
QUARNA SOTTO – Chiesa Parrocchiale – Restauro reliquiari – SBAS –SBAA
QUARONA – Chiesa Parrocchiale – Cappella – Restauro – SBAS – SBAA
ROMENTINO – Chiesa Madonna della Neve – Restauro Altare – SBAS – SBAA
SCOPA – Casa Parrocchiale in Fraz. Villa – Restauro conservativo – SBAA
SCOPELLO – Chiesa Parr. – Sagrato e immagini terracotta cappelle Via Crucis – SBAA
SILLAVENGO – Chiesa Parrocchiale – Coperture – SBAA
SOLOGNO-MORGHENGO – Chiesa S. Martino – Affresco – Restauro – SBAS – SBAA
SOVAZZA – Chiesa Parrocchiale – Manutenzione ordinaria copertura – SBAA
TRAFFIUME – Chiesa Parrocchiale – Impianto illuminazione – SBAA – SBAS
TRAREGO-VIGGIONA – Chiesa Parr. S.Maurizio – Manto di copertura – SBAA
TRECATE – Santuario Madonna delle Grazie – Restauro affreschi – SBAA – SBAS
VALDUGGIA – Chiesa S.Antonio Fraz. Colma – Consolidamento volta presbiterio – SBAA
VALDUGGIA – Chiesa Fraz. Soliva – Copertura e restauro campanile – SBAA
VANZONE SAN CARLO – Oratorio San Rocco – Manutenzione – SBAA
VARALLO – Collegiata – Restauro conservativo affreschi cappella – SBAS – SBAA
VARZO – Oratorio - Fraz. Riceno – Manutenzione straordinaria – SBAA
VERGANO – Chiesa Parr. – Manutenzione straordinaria campanile – SBAA
VEZZO – Chiesa Madonna Assunta – Cimitero – Coperture, intonaco facciate – SBAA
VIGNONE – Oratorio S.Elisabetta – Affresco facciata – Restauro – SBAA – SBAS
VOGOGNA – Chiesa Parr. – Restauro apparato decorativo interno – SBAA – SBAS
ZUCCARO – Chiesa Rastiglione – Restauro conservativo decorazioni – SBAS – SBAA
INIZIATIVE CULTURALI
Si è concluso il con esito positivo per tutti i partecipanti il Corso di Base per
Tecnici conservatori dei Beni Culturali: intonaci, dipinti murali, stucchi, organizzato a Druogno da Formont, a cura della Fondazione Novalia in cui hanno partecipato come docenti Don Carlo M. Scaciga e Francesco Gonzales
Interventi sui Beni culturali della Diocesi sono stati richiesti a don Carlo M.
Scaciga e a Francesco Gonzales dal Lions Club Ovest Ticino di Novara, dal Museo
d’Arte Religiosa di Oleggio con una conferenza sul l’Osservanza tra ‘400 e ‘500 nella Diocesi di Novara, dalla Provincia di Novara per il convegno : Miglioriamo l’accoglienza turistica presso l’università del Piemonte Orientale A. Avogadro.
Mostra dell’anno è stata sicuramente quella del Cerano a Palazzo Reale di Milano
dove la Diocesi ha avuto un ruolo fondamentale con il prestito di 3 opere monumentali: da Trecate I confratelli del Gonfalone venerano l’incoronazione della
Vergine, da Cerano l’Ultima Cena, da Oleggio-Fornaci San Lorenzo al Pozzo e San
Lorenzo diacono. E’ terminata a Rancate in Svizzera presso la Pinacoteca
Cantonale Züst la mostra monografica su Ludovico Antonio David dove la Diocesi
è presente con la tela di F. Cairo Assunzione della Vergine proveniente da Orta San
Giulio ed è iniziata, sempre nella stessa sede, la mostra Carpoforo Tencalla: da
467
UFFICIO BENI CULTURALI
Bissone all’Europa e l’arte milanese di secondo seicento dove, proveniente da Arona,
è presente la tela del Morazzone Adorazione dei Magi.
Tra le pubblicazioni riguardanti i Beni culturali citiamo l’importante saggio di
Marina dell’Omo e Flavia Fiori
I tesori degli emigranti edito da Interlinea.
INVENTARIO
Don Tino Temporelli prosegue con gli schedatori diocesani il lavoro di inventariazione dei Beni Culturali religiosi delle parrocchie. E’ stato portato a termine l’inventario nelle Parrocchie di Santa Cristina di Borgomanero, Maggiate Inferiore e
Superiore, Comignago, Borgoticino, Castelletto Ticino, Buzzurri e Glisente. Si sta
realizzando l’inventario nella parrocchia di Dormelletto.
IMPORTANTE
Si ricorda ancora una volta che è obbligatorio per legge (Intesa Ministero-CEI
del 13 settembre 1996) presentare tutti i progetti di restauro a questo Ufficio
che li esamina e li trasmette, con le debite osservazioni, agli Organi di Tutela. Non
tutti i professionisti, i sindaci (e anche qualche parroco) se ne ricordano.
Le Soprintendenze respingono al mittente tutte le pratiche che non seguano la
prassi corretta e in questo modo i tempi di autorizzazione saranno fatalmente
ancora più dilatati.
Si precisa che per l’autorizzazione al restauro di BENI MOBILI (tele, paramenti, portali, organi) occorre inviarci DUE COPIE dei progetti e delle foto.
Per l’autorizzazione al restauro di BENI IMMOBILI (tetti, sagrati, facciate)
occorrono TRE COPIE dei progetti e delle foto.
468
UFFICIO BENI CULTURALI
Verifica dell’interesse culturale
dei beni immobili
Accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la CEI
Sul sito della Diocesi è stata pubblicata la Circolare n. 4 della CEI – Ufficio
Nazionale per i beni culturali ecclesiastici – che riporta le modalità per ottenere la
verifica dell’interesse culturale di beni da alienare o da sottoporre a manutenzione
straordinaria.
In sintesi si riportano le modalità operative, ma si invita tutti a voler leggere per
intero la circolare suddetta.
Il Parroco della parrocchia proprietaria del bene immobile di cui si intende chiedere la verifica dell’interesse culturale deve prendere contatto con il responsabile
diocesano per i beni culturali ecclesiastici della diocesi, per ottenere le informazioni del caso e indicazioni circa la documentazione richiesta.
Il materiale necessario per l’introduzione della procedura per la verifica dell’interesse culturale deve essere accompagnato dalla richiesta del decreto diocesano
per l’alienazione o per i lavori di manutenzione straordinaria del bene.
Il Parroco dovrà presentare al responsabile diocesano una relazione dalla quale
risultino i seguenti elementi indispensabili per la predisposizione dell’istanza e per
la sua trasmissione anche in via informatica:
-
denominazione e natura del bene e periodo di costruzione;
localizzazione geografico – amministrativa e catastale;
destinazione d’uso;
descrizione del bene con eventuali elementi decorativi;
documentazione fotografica (almeno 10 foto chiare e a colori) e planimetrica (stralcio della mappa catastale);
L’accordo dovrà essere sottoscritto a livello regionale dalla Conferenza
Episcopale e dalla Soprintendenza regionale.
Le domande di autorizzazione finora presentate rimangono inevase in attesa
della firma dell’accordo che in Piemonte è previsto per la fine del mese di luglio.
469
INFORMAZIONI
DIOECESIS
Cronaca breve
del territorio gaudenziano
ORDINAZIONI
PRESBITERALI
NOMINE
Con decreto vescovile
in data 1° luglio 2005
Sabato 11 giugno 2005, nella Chiesa
Cattedrale di Novara, mons. Renato
Corti ha ordinato sacerdoti:
Don Franco Ramella è stato nominato
parroco della parrocchia S. Andrea in
Novara
Don Marco Barontini della comunità
parrocchiale di San Giuliano in
Gozzano
Con lettera dell’Ordinario
Diocesano in data 14 giugno 2005
Don Fabrizio Coppola della comunità parrocchiale di San Michele
Arcangelo in Cameri
Don Stefano Maria Gallina dei padri
Premostratensi è stato nominato animatore spirituale diocesano dell’associazione “Cursillos di cristianità in
Italia”
Don Honorè Kwakou Boating
dell’Archidiocesi di Lomé in Togo
AGGIORNAMENTO
INDIRIZZARIO
Don Antimo Okee Ntugu Eyenga
della comunità di Santa Barbara,
Akurenam–Guinea Equatoriale
BOTTAREL don MASSIMO
cell. 00235/317599
GAIANI don MARCO
cell. 338/8815801
Don Lorenzo Rosa della comunità
parrocchiale di San Giuseppe in
Novara
POZZI don LUIGI
cell. 347/9907648
REGALLI don GIANFRANCO
cell. 333/9354006
Don Riccardo Maria Zaninetti della
comunità parrocchiale di San Vittore
in Sizzano.
470
IN
MEMORIA
Don Giuseppe Bricco
giovani e con gli uomini un’amicizia sincera e una rinnovata vicinanza alla Chiesa.
Nel 1958 il vescovo gli affidò la parrocchia di Viganella in Valle Antrona,
dal
1956
nuovamente
comune
autonomo e che contava circa 400 abitanti. Viganella con la bella chiesa parrocchiale, i numerosi oratori sparsi su
di un territorio modellato dal duro
lavoro di quella gente di montagna
divenne la sua prima parrocchia. In
quegli anni Viganella viveva un notevole cambiamento determinato dall’abbandono da parte dei giovani e degli
uomini del lavoro agricolo e di allevamento del bestiame per scendere a
Villadossola e a Pieve Vergonte per
trovare un lavoro più redditizio. Don
Giuseppe, incontrando le famiglie, con
la sua capacità di dialogo, promuovendo la fedeltà alle antiche tradizioni
religiose, seppe aiutare la sua gente a
conservare i valori di umanità e di fede
dei padri.
Sabato 28 maggio, presso la Casa
di cura “I Cedri” di Fara è deceduto
don Giuseppe Bricco, parroco di
Agrano.
Solo alla fine di marzo si è manifestata la malattia che, dopo vari
ricoveri in ospedale, lo ha così rapidamente portato alla morte.
Don Giuseppe era nato a Cerano il
14 dicembre 1929 ed era stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1952.
Nel 1965 il vescovo lo ha nominato
parroco di Cireggio. Allora era un piccolo quartiere di Omegna, circondato
dal verde dei prati, che stava per
vivere una grande trasformazione.
L’industria del casalingo aveva
richiamato un intenso flusso migrato-
Iniziò il suo ministero a Bogogno,
collaborando con l’anziano parroco
don Picena. Con la giovialità del
suo carattere seppe stabilire con i
471
IN
MEMORIA
rio con la costruzione di grandi caseggiati e condomini. Don Giuseppe ancora una volta con le sue doti di umanità
si impegnò a favorire l’inserimento dei
nuovi arrivati e il formarsi di una vera
comunità.
La folta partecipazione al pellegrinaggio a Roma nel giorno della beatificazione ha testimoniato la venerazione
presente per lui tra la popolazione di
Agrano.
L’affetto che ha legato la comunità di
Agrano a don Giuseppe si è manifestato nella vicinanza a lui dopo la morte
della mamma, che lo aveva sempre
accompagnato nel suo ministero, e in
particolare con le numerose visite
durante la sua malattia.
Nel 1975 il vescovo gli affidò la parrocchia di Agrano con Bassola e
Pescone. La parrocchia, dedicata al
monaco francese S. Maiolo, per alcuni
anni ospitò la comunità monastica dei
santi Pietro e Paolo, ora trasferita a
Germagno.
Per favorire gli incontri catechistici,
pastorali e conviviali promosse la
ristrutturazione del ‘Circolino’.
La liturgia esequiale, celebrata martedì 31 maggio nella chiesa parrocchiale
di Agrano, ha raccolto attorno al vescovo e a numerosi sacerdoti le comunità
di Agrano, Cireggio, e Viganella per
esprimere
nella
preghiera
la
riconoscenza a don Giuseppe, prima
che la sua salma venisse sepolta a
Cerano.
Un avvenimento di grazia per la sua
comunità fu la beatificazione nel 1997
di Giovanni Battista Piamarta (18411913) sacerdote e fondatore di straordinarie opere sociali per giovani
operai, poveri e orfani. Il nonno del
beato era nativo di Agrano e all’inizio
dell’800 si era trasferito a Brescia.
472
IN
MEMORIA
Don Marino Bertoli
Messa dell’ultima sua domenica vissuta a Scopello.
Era nato il 26 settembre 1926 ad
Urrugne, in Francia, nel dipartimento
degli Alti Pirenei, dove la famiglia si
era trasferita da Corciago di Nebbiuno
e aveva trovato lavoro. Con l’inizio della guerra dell’Italia contro la Francia
la sua famiglia, come tutti gli altri italiani, venne espulsa.
Don Marino entrò nei seminari diocesani e il 29 giugno 1952 venne ordinato sacerdote. Il suo primo ministero
lo svolse all’oratorio di Castelletto
Ticino. Nel 1954 il vescovo lo nominò
coadiutore di Gozzano. In una pubblicazione della parrocchia di Gozzano,
don Marino iniziava così la descrizione
del suo arrivo in paese: “Giunsi a
Gozzano una sera, già fredda, ai primi
di novembre del 1954”. Ricordava poi i
primi incontri con i ragazzi e i giovani
e come fu coinvolto dal prevosto nel
coraggioso progetto di costruire un
nuovo oratorio, vicino alle scuole. I giovani si resero protagonisti nella raccolta dei fondi con la promozione delle
autotassazioni delle famiglie e con le
festose raccolte della carta.
La pastorale giovanile di quegli anni
era impegnata nella catechesi, nelle
adunanze formative, nella Messa dei
Sabato 18 giugno don Marino Bertoli
è deceduto presso l’ospedale di
Borgosesia, dopo aver combattuto per
un anno un grave male che lo aveva
colpito. Dopo i primi mesi di cura era
rinata la speranza di un’inaspettata
guarigione e don Marino, rinfrancato
da questa notizia, aveva preparato il
progetto di una nuova collocazione delle reliquie di San Fabiano, del restauro
del piazzale e delle cappelle della Via
Crucis.
E alla sua “Via della Croce” rimase
fedele fino alla celebrazione della
473
IN
MEMORIA
ragazzi e dei giovani nella chiesa di
Santa Marta e nella valorizzazione dello sport come strumento di formazione
del carattere e della personalità. Il
Centro sportivo italiano, infatti, con la
sua forza di aggregazione, coinvolse i
giovani che aderirono con entusiasmo
alle varie discipline sportive.
valle e le varie iniziative volevano essere un segno per la comunità del rinnovamento che il Concilio aveva avviato.
Con particolare sensibilità alla bellezza curò le celebrazioni liturgiche, il
canto partecipato dall’assemblea, l’adorazione eucaristica, il culto del Sacro
Cuore.
Con entusiasmo accolse le proposte
del vescovo perché ogni parrocchia
vivesse la “lectio divina” per i giovani e
gli Esercizi spirituali parrocchiali. Per
tredici anni a Scopello e a Piode offrì
questa proposta di grazia a tutte le
famiglie e la partecipazione ogni anno
è stata notevole. In questa iniziativa
coinvolse i sacerdoti della valle con cui
sempre aveva favorito lo spirito di fraternità.
Nel 1960 il vescovo gli affidò la parrocchia di Scopello. I suoi giovani volevano intervenire presso il vescovo, ma
don Marino parlò loro del suo impegno
di ubbidienza e fu anche quello per loro
un insegnamento di formazione. Don
Marino ricorderà sempre come una
tappa molto significativa il ministero
vissuto da lui, con slancio giovanile, tra
i giovani di Gozzano.
Lunedì 20 giugno i suoi parrocchiani, numerose persone dei paesi vicini e
delle famiglie villeggianti, insieme a
molti sacerdoti, hanno gremito la chiesa parrocchiale di Scopello per esprimere la riconoscenza e la stima per don
Marino nella liturgia esequiale, prima
di accompagnare la sua salma nel vicino cimitero.
Il vescovo, che è sempre stato a lui
vicino, ha voluto esprimere la riconoscenza della diocesi ai familiari, a don
Domenico Guala e ai sacerdoti della
valle, alle suore di Santa Antida, ai
medici e a tutte le persone che lo hanno sostenuto e accompagnato, in particolare in questo anno di malattia.
Scopello stava vivendo un notevole
sviluppo, con la costruzione di numerose abitazioni, l’arrivo dei turisti residenziali e di quelli che affluivano alle
attrezzature turistiche di Mera. Per
quarantacinque anni don Marino
accompagnò, con l’ansia del pastore e
l’autorevolezza di una guida sicura, il
cammino di fede della sua gente. Nel
1977 gli fu affidata anche la parrocchia
di Piode. In questi anni è stato sostenuto dalla valida collaborazione delle
suore di Sant’Antida.
I lavori di restauro della chiesa e della casa parrocchiale, il suo sogno di
costruire un centro per i giovani della
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